Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 4° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Matteo 18
1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?".2Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:3"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.4Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
5E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.9E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.11È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto.
12Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?13Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.14Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
15Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché 'ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni'.17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?".22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".
Primo libro dei Maccabei 4
1Gorgia prese allora cinquemila uomini e mille cavalli scelti e si levò il campo di notte2per sorprendere il campo dei Giudei e annientarli all'improvviso; gli uomini dell'Acra gli facevano da guida.3Ma Giuda lo venne a sapere e mosse anche lui con i suoi valorosi per assalire le forze del re che sostavano in Emmaus,4mentre i soldati erano ancora dispersi fuori del campo.5Gorgia giunse al campo di Giuda di notte e non vi trovò nessuno; li andava cercando sui monti dicendo: "Costoro ci sfuggono".6Fattosi giorno, Giuda apparve nella pianura con tremila uomini; non avevano però né corazze né spade come avrebbero voluto.7Videro l'accampamento dei pagani difeso e fortificato e la cavalleria disposta intorno e tutti esperti nella guerra.8Ma Giuda disse ai suoi uomini: "Non temete il loro numero, né abbiate paura dei loro assalti;9ricordate come i nostri padri furono salvati nel Mare Rosso, quando il faraone li inseguiva con l'esercito.10Alziamo la nostra voce al Cielo, perché ci usi benevolenza e si ricordi dell'alleanza con i nostri padri e voglia sconfiggere questo schieramento davanti a noi oggi;11si accorgeranno tutti i popoli che c'è uno che riscatta e salva Israele".12Gli stranieri alzarono gli occhi e videro che quelli venivano loro incontro;13così uscirono dagli accampamenti per dar battaglia. Gli uomini di Giuda diedero fiato alle trombe14e attaccarono. I pagani furono sconfitti e fuggirono verso la pianura,15ma quelli che erano più indietro caddero tutti uccisi di spada. Li inseguirono fino a Ghezer e fino alle pianure dell'Idumea e di Asdod e di Iamnia; ne furono uccisi circa tremila.16Quando Giuda e i suoi armati tornarono dal loro inseguimento,17egli disse alla sua gente: "Non siate avidi delle spoglie, perché ci attende ancora la battaglia. Gorgia e il suo esercito è sul monte vicino a noi;18ora voi state pronti ad opporvi ai nemici e a combatterli; in seguito farete tranquillamente bottino".19Aveva appena finito di parlare, quando apparve un reparto che spiava dal monte.20Avevano visto infatti che i loro erano stati sconfitti e gli altri incendiavano il campo: il fumo che si scorgeva segnalava l'accaduto.21Ed essi a quello spettacolo si sgomentarono grandemente; vedendo inoltre giù nella pianura lo schieramento di Giuda pronto all'attacco,22fuggirono tutti nel territorio dei Filistei.23Allora Giuda ritornò a depredare il campo e raccolsero oro e argento in quantità e stoffe tinte di porpora viola e porpora marina e grandi ricchezze.24Di ritorno cantavano e innalzavano benedizioni al cielo "'perché egli è buono e la sua grazia dura sempre'".25Fu quello un giorno di grande liberazione in Israele.
26Quanti degli stranieri erano scampati, presentandosi a Lisia, gli narrarono tutto quello che era accaduto.27Egli sentendo ciò, fu preso da turbamento e scoraggiamento, perché le cose in Israele non erano andate come egli voleva e l'esito non era stato secondo gli ordini del re.
28Perciò l'anno dopo mise insieme sessantamila uomini scelti e cinquemila cavalli per combattere contro di loro.29Vennero nell'Idumea e si accamparono in Bet-Zur. Giuda mosse contro di essi con diecimila uomini.30Quando vide l'imponente accampamento, innalzò questa preghiera: "Benedetto sei tu, o salvatore d'Israele, tu che hai fiaccato l'impeto del potente per mezzo del tuo servo Davide e hai fatto cadere l'esercito degli stranieri nelle mani di Giònata, figlio di Saul e del suo scudiero;31fa' cadere ancora nello stesso modo questo esercito nelle mani di Israele tuo popolo e fa' ricadere l'obbrobrio sul loro esercito e sulla loro cavalleria;32infondi in loro timore e spezza l'audacia della loro forza, siano travolti nella loro rovina.33Abbattili con la spada dei tuoi devoti; ti lodino con canti tutti coloro che riconoscono il tuo nome".34Poi sferrarono l'attacco da una parte e dall'altra e caddero davanti ai Giudei circa cinquemila uomini del campo di Lisia.35Vedendo Lisia lo scompiglio delle sue file, mentre alle schiere di Giuda cresceva il coraggio ed erano pronti a vivere o a morire gloriosamente, se ne tornò in Antiochia dove assoldò mercenari in maggior numero per venire di nuovo in Giudea.
36Giuda intanto e i suoi fratelli dissero: "Ecco sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo".37Così si radunò tutto l'esercito e salirono al monte Sion.38Trovarono il santuario desolato, l'altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili come in un luogo selvatico o montuoso, e gli appartamenti sacri in rovina.39Allora si stracciarono le vesti, fecero grande pianto, si cosparsero di cenere,40si prostrarono con la faccia a terra, fecero dare i segnali con le trombe e alzarono grida al Cielo.41Giuda ordinò ai suoi uomini di tenere impegnati quelli dell'Acra, finché non avesse purificato il santuario.42Poi scelse sacerdoti incensurati, osservanti della legge,43i quali purificarono il santuario e portarono le pietre profanate in luogo immondo.44Tennero consiglio per decidere che cosa fare circa l'altare degli olocausti, che era stato profanato.45Vennero nella felice determinazione di demolirlo, perché non fosse loro di vergogna, essendo stato profanato dai pagani. Demolirono dunque l'altare46e riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente finché fosse comparso un profeta a decidere di esse.47Poi presero pietre grezze secondo la legge ed edificarono un altare nuovo come quello di prima;48restaurarono il santuario e consacrarono l'interno del tempio e i cortili;49rifecero gli arredi sacri e collocarono il candelabro e l'altare degli incensi e la tavola nel tempio.50Poi bruciarono incenso sull'altare e accesero sul candelabro le lampade che splendettero nel tempio.51Posero ancora i pani sulla tavola e stesero le cortine. Così portarono a termine le opere intraprese.52Si radunarono il mattino del venticinque del nono mese, cioè il mese di Casleu, nell'anno centoquarantotto,53e offrirono il sacrificio secondo la legge sull'altare degli olocausti che avevano rinnovato.54Nella stessa stagione e nello stesso giorno in cui l'avevano profanato i pagani, fu riconsacrato fra canti e suoni di cetre e arpe e cembali.55Tutto il popolo si prostrò con la faccia a terra e adorarono e benedissero il Cielo che era stato loro propizio.56Celebrarono la dedicazione dell'altare per otto giorni e offrirono olocausti con gioia e sacrificarono vittime di ringraziamento e di lode.57Poi ornarono la facciata del tempio con corone d'oro e piccoli scudi. Rifecero i portoni e le camere e vi misero le porte.58Vi fu gioia molto grande in mezzo al popolo, perché era stata cancellata la vergogna dei pagani.59Poi Giuda e i suoi fratelli e tutta l'assemblea d'Israele stabilirono che si celebrassero i giorni della dedicazione dell'altare nella loro ricorrenza, ogni anno, per otto giorni, cominciando dal venticinque del mese di Casleu, con gioia e letizia.60Edificarono in quel tempo intorno al monte Sion mura alte e torri solide, perché i pagani non tornassero a calpestarlo come avevano fatto la prima volta.61Vi stabilì un contingente per presidiarlo e fortificò il presidio di Bet-Zur perché il popolo avesse una difesa contro l'Idumea.
Salmi 34
1'Di Davide, quando si finse pazzo in presenza di Abimelech e, da lui scacciato, se ne andò.'
2Alef. Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3Bet. Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
4Ghimel. Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
5Dalet. Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
6He. Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
7Zain. Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
8Het. L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.
9Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia.
10Iod. Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
11Caf. I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.
12Lamed. Venite, figli, ascoltatemi;
v'insegnerò il timore del Signore.
13Mem. C'è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?
14Nun. Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
15Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
cerca la pace e perseguila.
16Ain. Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
17Pe. Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
18Sade. Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19Kof. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.
20Res. Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
21Sin. Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.
22Tau. La malizia uccide l'empio
e chi odia il giusto sarà punito.
23Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.
Salmi 48
1'Cantico. Salmo. Dei figli di Core.'
2Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
3Il suo monte santo, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra.
Il monte Sion, dimora divina,
è la città del grande Sovrano.
4Dio nei suoi baluardi
è apparso fortezza inespugnabile.
5Ecco, i re si sono alleati,
sono avanzati insieme.
6Essi hanno visto:
attoniti e presi dal panico,
sono fuggiti.
7Là sgomento li ha colti,
doglie come di partoriente,
8simile al vento orientale
che squarcia le navi di Tarsis.
9Come avevamo udito, così abbiamo visto
nella città del Signore degli eserciti,
nella città del nostro Dio;
Dio l'ha fondata per sempre.
10Ricordiamo, Dio, la tua misericordia
dentro il tuo tempio.
11Come il tuo nome, o Dio,
così la tua lode si estende
sino ai confini della terra;
è piena di giustizia la tua destra.
12Gioisca il monte di Sion,
esultino le città di Giuda
a motivo dei tuoi giudizi.
13Circondate Sion, giratele intorno,
contate le sue torri.
14Osservate i suoi baluardi,
passate in rassegna le sue fortezze,
per narrare alla generazione futura:
15Questo è il Signore, nostro Dio
in eterno, sempre:
egli è colui che ci guida.
Geremia 17
1Il peccato di Giuda è scritto
con uno stilo di ferro,
con una punta di diamante
è inciso sulla tavola del loro cuore
e sugli angoli dei loro altari,
2come per ricordare ai loro figli
i loro altari e i loro pali sacri presso gli alberi verdi,
sui colli elevati,
3sui monti e in aperta campagna.
"I tuoi averi e tutti i tuoi tesori
li abbandonerò al saccheggio,
a motivo di tutti i peccati
che hai commessi in tutti i tuoi territori.
4Tu dovrai ritirare la mano dall'eredità
che ti avevo data;
ti farò schiavo dei tuoi nemici
in un paese che non conosci,
perché avete acceso il fuoco della mia ira,
che arderà sempre".
Così dice il Signore:
5"Maledetto l'uomo che confida nell'uomo,
che pone nella carne il suo sostegno
e il cui cuore si allontana dal Signore.
6Egli sarà come un tamerisco nella steppa,
quando viene il bene non lo vede;
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
7Benedetto l'uomo che confida nel Signore
e il Signore è sua fiducia.
8Egli è come un albero piantato lungo l'acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi;
nell'anno della siccità non intristisce,
non smette di produrre i suoi frutti.
9Più fallace di ogni altra cosa
è il cuore e difficilmente guaribile;
chi lo può conoscere?
10Io, il Signore, scruto la mente
e saggio i cuori,
per rendere a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni.11Come una pernice che cova uova da lei non deposte
è chi accumula ricchezze, ma senza giustizia.
A metà dei suoi giorni dovrà lasciarle
e alla sua fine apparirà uno stolto".
12Trono di gloria, eccelso fin dal principio,
è il luogo del nostro santuario!
13O speranza di Israele, Signore,
quanti ti abbandonano resteranno confusi;
quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere,
perché hanno abbandonato
la fonte di acqua viva, il Signore.
14Guariscimi, Signore, e io sarò guarito,
salvami e io sarò salvato,
poiché tu sei il mio vanto.
15Ecco, essi mi dicono:
"Dov'è la parola del Signore?
Si compia finalmente!".
16Io non ho insistito presso di te nella sventura
né ho desiderato il giorno funesto, tu lo sai.
Ciò che è uscito dalla mia bocca è innanzi a te.
17Non essere per me causa di spavento,
tu, mio solo rifugio nel giorno della sventura.
18Siano confusi i miei avversari ma non io,
si spaventino essi, ma non io.
Manda contro di loro il giorno della sventura,
distruggili, distruggili per sempre.
19Il Signore mi disse: "Va' a metterti alla porta dei Figli del popolo, per la quale entrano ed escono i re di Giuda, e a tutte le porte di Gerusalemme.20Dirai loro: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e voi tutti Giudei e abitanti di Gerusalemme, che entrate per queste porte.21Così dice il Signore: Per amore della vostra vita guardatevi dal trasportare un peso in giorno di sabato e dall'introdurlo per le porte di Gerusalemme.22Non portate alcun peso fuori dalle vostre case in giorno di sabato e non fate alcun lavoro, ma santificate il giorno di sabato, come io ho comandato ai vostri padri.23Ma essi non vollero ascoltare né prestare orecchio, anzi indurirono la loro cervice per non ascoltarmi e per non accogliere la lezione.24Ora, se mi ascolterete sul serio - dice il Signore - se non introdurrete nessun peso entro le porte di questa città in giorno di sabato e santificherete il giorno di sabato non eseguendo in esso alcun lavoro,25entreranno per le porte di questa città i re, che siederanno sul trono di Davide, su carri e su cavalli, essi e i loro ufficiali, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme. Questa città sarà abitata per sempre.26Verranno dalle città di Giuda e dai dintorni di Gerusalemme, dalla terra di Beniamino e dalla Sefèla, dai monti e dal meridione presentando olocausti, sacrifici, offerte e incenso e sacrifici di lode nel tempio del Signore.27Ma se non ascolterete il mio comando di santificare il giorno di sabato, di non trasportare pesi e di non introdurli entro le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e mai si estinguerà".
Prima lettera a Timoteo 6
1Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavitù, trattino con ogni rispetto i loro padroni, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina.2Quelli poi che hanno padroni credenti, non manchino loro di riguardo perché sono fratelli, ma li servano ancora meglio, proprio perché sono credenti e amati coloro che ricevono i loro servizi.
Questo devi insegnare e raccomandare.
3Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina secondo la pietà,4costui è accecato dall'orgoglio, non comprende nulla ed è preso dalla febbre di cavilli e di questioni oziose. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi,5i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la pietà come fonte di guadagno.
6Certo, la pietà è un grande guadagno, congiunta però a moderazione!7Infatti non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via.8Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo.9Al contrario coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione.10L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori.
11Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.12Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
13Al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato,14ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,
15che al tempo stabilito sarà a noi rivelata
dal beato e unico sovrano,
il re dei regnanti e signore dei signori,
16il solo che possiede l'immortalità,
che abita una luce inaccessibile;
che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.
17Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché ne possiamo godere;18di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi,19mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera.
20O Timòteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza,21professando la quale taluni hanno deviato dalla fede.
La grazia sia con voi!
Capitolo IV: Mantenersi intimamente uniti in Dio, in spirito di verità e di umiltà
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, cammina alla mia presenza in spirito di verità, e cercami sempre con semplicità di cuore. Chi cammina dinanzi a me in spirito di verità sarà protetto dagli assalti malvagi; la verità lo farà libero da quelli che cercano di sedurlo e dai perversi, con le loro parole infamanti. Se ti farà libero la verità, sarai libero veramente e non terrai in alcun conto le vane parole degli uomini. E' vero, o Signore: ti prego, così mi avvenga, come tu dici. Mi sia maestra la tua verità; mi custodisca e mi conduca alla meta di salvezza; mi liberi da effetti e da amori perversi, contrari alla divina volontà. Allora camminerò con te, con grande libertà di spirito.
2. Io ti insegnerò, dice la Verità, ciò che è retto e mi è gradito. Ripensa con grande, amaro dolore, ai tuoi peccati, e non credere mai di valere qualcosa, per opere buone che tu abbia compiuto. In realtà sei un peccatore, irretito da molte passioni e schiavo di esse. Da te non giungi a nulla: subitamente cadi e sei vinto; subitamente vieni sconvolto e dissolto. Non hai nulla di che ti possa vantare; hai molto, invece, di che ti debba umiliare, giacché sei più debole assi di quanto tu possa capire. Di tutto quello che fai, niente ti sembri grande, prezioso e ammirevole; niente ti sembri meritevole di stima. Alto, lodevole e desiderabile davvero ti sembri soltanto ciò che è eterno. Più di ogni altra cosa, ti sia cara la verità eterna; e sempre ti dispiaccia la tua estrema pochezza. Nulla devi temere, disprezzare e fuggire quanto i tuoi vizi e i tuoi peccati; cose che ti debbono affliggere più di ogni danno materiale.
3. Ci sono persone che camminano al mio cospetto con animo non puro: persone che - dimentiche di se stesse e della propria salvezza, e mosse da una certa curiosità e superbia - vorrebbero conoscere i miei segreti, e comprendere gli alti disegni di Dio. Costoro cadono sovente in grandi tentazioni e in grandi peccati per quella loro superbia e curiosità, che io ho in odio. Mantieni una religiosa riverenza dinanzi al giudizio divino, dinanzi allo sdegno dell'Onnipotente. Non volere, dunque, sondare l'operato dell'Altissimo. Esamina invece le tue iniquità: in quante cose hai errato e quante cose buone hai tralasciato. Ci sono alcuni che fanno consistere la loro pietà soltanto nelle letture, nelle immagini sacre e nelle raffigurazioni esteriori e simboliche; altri mi hanno sulla bocca, ma poco c'è nel loro cuore. Ci sono invece altri che, illuminati nella mente e puri nei loro affetti, anelando continuamente alle cose eterne, provano fastidio a sentir parlare di cose terrene e soffrono ad assoggettarsi a ciò che la natura impone. Sono questi che ascoltano ciò che dice, dentro di loro, lo spirito di verità. Il quale li ammaestra a disprezzare le cose di questa terra e ad amare quelle del cielo; ad abbandonare il mondo e ad aspirare, giorno e notte, al cielo.
LETTERA 94: Paolino ringrazia Agostino per il libro o lettera ricevuta
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta il 25 maggio del 408 o del 409.
Paolino ringrazia Agostino per il libro o lettera ricevuta (n. 1), tesse l'elogio di Melania e del figlio Publicola, morto da poco (n. 2-4); propone infine alcune questioni sul futuro modo di agire dei beati dopo la loro risurrezione (n. 5-8).
PAOLINO E TERASIA, PECCATORI, AD AGOSTINO, BEATISSIMO E SANTO VESCOVO DEL SIGNORE, SINGOLARMENTE A NOI INTIMO E VENERABILE PADRE, FRATELLO E MAESTRO NOSTRO
Paolino ringrazia per le lettere ricevute.
1. La tua parola è sempre lampada ai miei passi e luce ai mie sentieri 1. Così, ogni qual volta ricevo una lettera dalla tua beatissima Santità, vedo dileguarsi le tenebre della mia ignoranza e, come se mi venisse spalmato del collirio rischiarante sugli occhi della mente, vedo più chiaramente come se si fosse dissipata la notte della mia ignoranza e dissolta la caligine del dubbio. Ho provato spesso altre volte questo effetto delle tue lettere, ma lo provo al massimo grado per la tua ultima lettera in forma di opuscolo, di cui fu latore tanto gradito quanto degno il diacono Quinto, nostro fratello benedetto dal Signore. Egli mi recapitò la tua lettera contenente le sante parole della tua bocca dopo un bel pezzo dalla sua venuta a Roma, ove io mi ero recato, secondo la mia abitudine di ogni anno, dopo la Pasqua, in devoto pellegrinaggio a venerare le tombe degli Apostoli e dei martiri. Poiché ignoravo il tempo da lui trascorso a Roma a mia insaputa, mi parve che arrivasse proprio allora dal tuo cospetto, in modo che, appena lo vidi e mi consegnò il tuo opuscolo, pieno del profumo della tua soavità, esalante dalle tue espressioni fragranti di un purissimo balsamo celeste, stentai a credere che gli si fosse potuto allontanare dalla tua presenza e arrivare così presto da me. Confesso tuttavia alla tua veneranda Carità di non aver potuto leggere subito a Roma il tuo opuscolo appena mi fu consegnato; c'era lì tanta gente, che non ebbi modo d'esaminare diligentemente il tuo scritto prezioso e godermelo come era mio desiderio, leggendolo tutto di seguito da cima a fondo, appena avessi potuto iniziarne la lettura. Quindi, come suole accadere allorché si attende sicuri una mensa già imbandita, sebbene dovessi frenare la fame dell'avida mente, tenni in mano il tuo libro, ch'era come il pane tanto desiderato, nella sicura speranza che in seguito avrei trovato piena soddisfazione nel divorarlo; esso infatti di lì a non molto arrecò invincibile dolcezza alla mia bocca e al mio corpo. Potei così trattenere facilmente la gola avida d'assaporare il miele della tua lettera fino a quando non partii da Roma e non interruppi il viaggio, durante la sosta d'un giorno che avrei dovuto fare e che realmente feci, nella città di Formia, allora impiegai quell'intero giorno nella lettura della tua opera. Potei in tal modo assaporare le delizie spirituali della tua lettera, libero com'ero da ogni preoccupazione, lontano dallo strepito assordante della folta.
Lodi a Melania.
2. Che cosa potrei dunque rispondere io, tanto basso e terreno, alla tua sapienza concèssati dall'alto, non compresa dal mondo, non gustata se non da chi è sapiente della sapienza di Dio ed eloquente della parola di Dio? Ti risponderò quindi di avere la prova che Cristo parla per tuo mezzo: loderò in Dio le tue parole 2, non temerò lo spavento notturno 3, poiché mediante lo spirito di verità mi hai insegnato la salutare rassegnazione dell'animo nei casi luttuosi della vita, con la quale hai visto la beata madre e nonna Melania piangere la morte fisica del suo unico figlio con tacito cordoglio, è vero, ma pure con dolore non privo di lacrime materne. E tu, per essere più vicino e più simile di spirito a lei, hai potuto comprendere più a fondo le sue modeste e nobili lacrime e senza perdere la forza del tuo animo virile, hai potuto contemplare meglio il cuore materno di quella perfetta donna cristiana, data la somiglianza del tuo cuore col suo e la condizione di spirito consimile alla sua. L'hai osservata dapprima commossa per causa dell'affetto naturale e poi, fortemente addolorata per un motivo più elevato, l'hai vista piangere non tanto per il fatto umano d'aver perduto in questa vita l'unico suo figlio (pur sempre soggetto alla condizione mortale), quanto per il fatto ch'egli - così essa pensava - era stato per così dire sorpreso dalla morte nella vanità della vita umana, quando ancora non aveva rinunciato al fasto della dignità senatoriale. La madre lo piangeva soprattutto perché era stato tolto da questo mondo non come essa avrebbe bramato nei suoi santi desideri, perché avrebbe voluto che dalla gloria di questa terra fosse passato alla gloria della risurrezione per ricevere con la madre il premio del riposo e della corona celeste, qualora nella vita terrena, seguendo l'esempio della madre, avesse preferito l'umile abito monacale alla toga pretesta e il monastero al senato.
Lodi a Publicola, suo figlio.
3. Ciononostante lo stesso nobile uomo, come credo d'aver già fatto sapere alla tua Santità, è morto ricco di tali opere buone che, anche se non mostrò con l'abito la nobiltà dell'umile vita della madre, non di meno la diede a vedere nell'intimo dell'animo. In realtà fu tanto mite di costumi e tanto umile di cuore secondo la parola del Signore 4, che possiamo a ragione crederlo già entrato nella pace del Signore, poiché appartengono al pacifico i beni degli uomini che restano alla fine 5, e possederanno la terra i mansueti 6, e saranno accetti a Dio nella regione dei vivi 7. Egli infatti non solo era religioso nel segreto affetto dell'animo, ma pure nell'adempimento delle sue mansioni mise certamente in pratica la massima dell'Apostolo: così, pur essendo per ceto e per dignità collega dei grandi di questo mondo, non aspirò alle grandezze come i desiderosi di gloria di questa terra, ma, da perfetto imitatore di Cristo, si lasciò attrarre dalle cose umili 8 e neppure un giorno cessò di essere compassionevole e largo nel dare 9. Anche la sua discendenza perciò è diventata potente sulla terra tra coloro i quali, come gli dei potenti della terra, sono stati grandemente esaltati 10. Per conseguenza il santo merito del nostro amico si è reso manifesto nella beatissima afflizione della sua famiglia e della sua casa. La generazioni dei giusti - dice la Scrittura - sarà benedetta, [regnerà] gloria - non caduca - e ricchezza - non passeggera - nella sua casa 11; casa che viene costruita nei cieli non con la fatica delle mani, ma con la santità delle opere. Tralascio di rievocare tanti altri ricordi di questo mio tanto caro amico e tanto devoto di Cristo, rammentandomi di aver già rievocati tanti particolari sulla sua persona nella mia lettera precedente. Io poi non saprei neppure elogiare la beata madre di tanto figlio e di Melania seniore, radice comune di santi discendenti, in modo migliore e più santo di quanto si è già degnata di parlarmene e di trattarne la tua Santità. Io, peccatore dalle labbra immonde, nulla di degno saprei dire, troppo essendo lontano dai meriti e dalle virtù di quell'anima. Tu, invece, uomo di Cristo, maestro d'Israele nella Chiesa della verità, per una disposizione provvidenziale di Dio, sei più atto e più degno di celebrare quell'anima virile in Cristo; poiché hai potuto contemplare - come ho già detto - con spirito più simile la sua mente resa forte dalla grazia di Dio, e lodarne con espressioni più degne la pietà unita alla virtù.
Morire al mondo.
4. Tu hai avuto la degnazione di chiedermi quale sarà l'occupazione dei beati nella vita futura, dopo la risurrezione della carne. Io, al contrario, chiedo consiglio a te, mio maestro e medico spirituale, circa lo stato presente della mia vita, affinché tu mi voglia insegnare a fare la volontà di Dio e a camminare sulle tue orme al seguito di Cristo e a morire in anticipo della morte di cui parla il Vangelo 12, prevenendo la morte fisica con la morte volontaria, ritirandoci cioè, non con la morte fisica ma con saggia decisione, dalla vita mondana, tutta piena di tentazioni, che tu stesso una volta hai detto essere una serie di tentazioni. Voglia dunque Dio che le mie vie siano dirette sulle tue orme in modo che, sul tuo esempio, sciogliendomi dai piedi i vecchi calzari, io spezzi le mie catene e mi slanci speditamente a percorrere la via 13 per la quale arrivare alla morte, secondo la quale tu sei già morto al mondo, e vivi con Dio in Cristo il quale vive in te, e la cui morte e vita sono manifeste nel tuo corpo, nel tuo cuore e sulle tue stesse labbra. Il tuo cuore infatti non ha alcun gusto per le cose terrene, né la tua bocca parla delle opere umane, ma la parola di Cristo abbonda nel tuo cuore 14 e lo spirito della verità è sparso sulla tua lingua, allietando la città di Dio coll'impetuosità del fiume che sgorga dall'alto 15.
Come morire al mondo.
5. Ma qual è la virtù che produce in noi questa morte se non la carità, forte come la morte 16? E' essa a cancellare e distruggere nel nostro spirito questo mondo, in modo da produrre l'effetto di questa morte con l'affetto di Cristo: convertendoci a Lui ci distacchiamo da questo mondo e vivendo in Lui moriamo agli elementi materiali del mondo visibile 17. Allora non giudicheremo più come se vivessimo soltanto in vista di essi e del loro godimento, poiché parteciperemo alla morte di Cristo; ma non arriveremo a meritare la sua risurrezione dai morti nella gloria, se prima non avremo imitato la sua morte in croce mortificando le membra del nostro corpo e i sensi della nostra carne. Dovremmo insomma vivere non secondo i nostri istinti o capricci, ma secondo la volontà del Signore che vuole la nostra santificazione 18. Poiché Egli è morto per noi ed è risorto affinché noi non vivessimo più per noi ma per Lui 19, che è morto e risorto e ci ha dato col suo Spirito il pegno della promessa, come ha posto nei cieli il pegno della nostra vita col suo corpo, che è il capo del nostro corpo. Pertanto il Signore è quel che noi aspettiamo al presente e presso di Lui è il nostro bene 20 creato da Lui e in Lui e per mezzo di Lui, che s'è conformato a questo nostro misero corpo per conformare noi al suo corpo glorioso 21 e collocarci presso di sé nelle regioni celesti. Coloro, quindi, che sono degni della vita eterna, saranno nella gloria del suo regno per vivere, come dice l'Apostolo, insieme con Lui 22 e restare con Lui secondo quanto Egli ha detto al Padre: Voglio che dove sono io, siano pure essi con me 23.
Condizione dei beati in cielo.
6. Senza dubbio ritrovi questa espressione anche nei salmi: Beati coloro che abitano nella tua casa; essi ti loderanno per tutti i secoli 24. Orbene, io penso che tale lode sarà espressa dalle voci di persone cantanti in coro, anche se i corpi dei santi nella risurrezione saranno trasfigurati perché siano simili a quello del Signore, quale apparve dopo la sua risurrezione, in essa in anticipo risplende una viva immagine della risurrezione umana, poiché il Signore risuscitando col medesimo corpo con cui aveva sofferto, è stato per tutti come uno specchio in cui possiamo contemplare quel che sarà il nostro dopo la risurrezione. Il Signore infatti, dopo essere risorto nella stessa carne in cui era morto ed era stato sepolto, spesso apparve agli uomini facendo presenti ai loro occhi e alle loro orecchie le funzioni di ciascuna delle proprie membra. Ora se si dice che anche gli Angeli, la cui natura è semplicemente spirituale, hanno una lingua per cantare certamente le lodi a Dio creatore senza mai cessare di rendergli grazie, quanto più i corpi degli uomini, sebbene spiritualizzati dopo la risurrezione, conservando nondimeno tutte le membra del corpo glorificato con le relative fattezze e proporzioni, avranno pure la lingua nella loro bocca? Articolando la loro lingua essi faranno sentire la loro voce 25! con cui cantano le lodi di Dio ed esprimono con parole gli affetti e i sentimenti della loro gioia! Forse il Signore aggiungerà tanta grazia e gloria ai suoi santi nel suo regno eterno da renderli capaci di cantare con lingue e voci tanto più potenti, quanto più alto sarà il grado della natura beata dei loro corpi conseguito mediante la beata trasfigurazione. Col corpo ormai spiritualizzato parleranno forse con parole non più umane ma angeliche e celestiali, come quelle che l'Apostolo udì in paradiso 26. Forse per questo egli dichiarò che non è lecito ad alcun uomo proferire simili parole, perché per i santi sono preparate, tra le altre specie di premi, anche lingue nuove: ecco perché non è concesso agli uomini di potersene servire in questa terra essendo riservate, in quanto convenienti alla loro gloria, a quelli già diventati immortali, di essi infatti è detto: Leveranno la voce e canteranno inni 27. Ciò avverrà senza dubbio nei cieli, dove saranno col Signore e godranno dell'abbondanza della pace 28, tripudiando davanti al trono dell'Agnello, deponendo coppe e corone ai suoi piedi, cantandogli un inno nuovo 29, uniti ai cori degli Angeli, delle Virtù, delle Dominazioni, dei Troni; assieme ai Cherubini e ai Serafini e ai quattro animali, cantando con incessante voce, ripetano: Santo, santo, santo è il Signore, Dio degli eserciti 30, col resto a te ben noto.
Con quali organi si esprimano le voci degli Angeli.
7. Su questo argomento io, bisognoso, povero, ignorante e meschino tuo allievo, che tu, veramente saggio, sei ormai abituato a sopportare, ti prego di insegnarmi qual è la tua convinzione o la tua opinione, sapendo che sei illuminato da Dio stesso, ispiratore e fonte dei sapienti. Allo stesso modo con cui conosci le cose passate e capisci le presenti, con cui congetturi le future 31, così vorrei mi indicassi cosa pensi a proposito di tali parole eterne delle creature celesti o che vivono al di sopra dei cieli al cospetto dell'Altissimo, e finalmente con quali organi si esprimono. Sì, è vero, l'Apostolo dicendo: Se per parlare mi servissi della lingua degli Angeli 32, ha mostrato come essi hanno un linguaggio appropriato alla loro natura, e per così dire, alla loro stirpe; un linguaggio tanto più alto della facoltà di intendere e di esprimersi degli uomini, quanto la natura e la dimora degli Angeli è superiore alla natura ed alla dimora degli abitanti della terra. Nondimeno egli, parlando di lingue degli Angeli, ha inteso forse parlare delle varie specie di voci e di parole, come quando, parlando di vari carismi, fra i doni della grazia enumera le varie specie di lingue 33, volendo con questo termine significare come a ciascuno di essi fu concesso il dono di parlare le lingue di molti popoli. Ma anche la voce di Dio, fatta giungere ai santi dall'interno di una nube, dimostra come può esistere un linguaggio senza l'articolazione della lingua. Questa è solo un membro più o meno grande del corpo; ma siccome Dio ha attribuito a questo membro la funzione della voce, forse ha chiamato lingua anche la parola e la voce degli Angeli, creature incorporee, al modo stesso che la Scrittura suole attribuire a Dio diverse specie di operazioni, indicandone pure le membra con cui si effettuano. Prega per noi ed illuminaci.
Quinto desidera di tornare subito da Agostino.
8. Il carissimo e dolcissimo nostro fratello Quinto, come è stato pigro nel partire da te per recarsi da noi, così ha avuto fretta di partire da noi per tornarsene da te. Anche questa lettera, contenente più cancellature che righe scritte, rivela l'insistenza di lui per averla al più presto; e la stessa lettera una volta scritta, ha acuito nel suddetto esattore la fretta di partire. E' venuto il 14 maggio a chiedermi la risposta e ha avuto il permesso di congedarsi il 15 maggio prima di mezzogiorno. Vedi ora da te stesso se, dicendo così, te lo raccomando o te lo accuso. Poiché forse e senza forse sarà giudicato da te più lodevole che colpevole, in quanto dalle tenebre, che sono io in confronto a te che sei la luce, egli si è affrettato più che giustamente a fare ritorno alla luce.
1 - Sal 118, 105.
2 - Sal 55, 11.
3 - Sal 90, 5.
4 - Mt 11, 29.
5 - Sal 36, 37.
6 - Mt 5, 4.
7 - Sal 114, 9.
8 - Rm 12, 16.
9 - Sal 36, 26; 111, 2-3.
10 - Sal 46, 10.
11 - Sal 111, 2.
12 - Gv 12, 24 s.
13 - Cf. Sal 18, 6.
14 - Cf. Col 3, 6.
15 - Cf. Sal 45, 5.
16 - Ct 8, 6.
17 - Cf. Col 2, 20; Gal 4, 3.
18 - 1 Ts 4, 3.
19 - Cf. 2 Cor 5, 15.
20 - Cf. Sal 38, 8.
21 - Cf. Fil 3, 21.
22 - 1 Ts 4, 17.
23 - Gv 17, 24.
24 - Sal 83, 5.
25 - Cf. Sal 103, 12.
26 - 2 Cor 12, 4.
27 - Sal 64, 14.
28 - Sal 36, 11.
29 - Ap 4, 10; 5, 9.
30 - Is 6, 3; Ap 4, 8.
31 - Cf. Sap 8, 8.
32 - 1 Cor 13, 1.
33 - 1 Cor 12, 10-28.
Secondo Venerdì: LA MERITRICE DI MAGDALA
I nove primi venerdì del mese - AA.VV.
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Siamo a Magdala, paesino sulla riva occidentale del lago di
Tiberiade. Un giorno un fariseo, di nome Simone, invita Gesù a
pranzo.
Secondo il costume orientale di allora i pranzi di gala si
facevano non a porte chiuse, ma a vista di tutti. Chi organizzava
tali conviti doveva rassegnarsi a tenere il suo cortile aperto a
tutti i curiosi. Per gli Ebrei il mangiar bene, l’essere
fortunati e in agiatezza era ritenuto un segno della benevolenza
divina. La tavola veniva allestita nella sala più spaziosa o,
all’occorrenza, anche nel cortile. In occasioni di grandi
ricevimenti c’era tutto un cerimoniale da osservare prima
ancora di mettersi a tavola. Dapprima si presentava un servitore con
un bacile e una brocca d’acqua. Gli invitati si sedevano e si
lasciavano lavare i piedi, cosa necessaria per la polverosità
delle strade e il modo di calzare i sandali di cuoio: sudore e
polvere accumulata rendevano indispensabile tale cortesia, giacché
per mangiare ci si stendeva sui divani e non bisognava insudiciarli.
Altro segno di cortesia consisteva nel versare sul capo, sulle
braccia e sui piedi degli invitati un po’ d’olio
profumato; il caldo della giornata rendeva la pelle rugosa e
provocava prurito, ed un piccolo massaggio eseguito con materia
lubrificante addolciva e calmava l’irritazione, lasciando una
reale. sensazione di benessere. Inoltre l’olio profumato
neutralizzava l’odore sgradevole del sudore. Si passava poi
nella sala del banchetto, dove il padrone di casa salutava gli ospiti
baciandoli e facendo i convenevoli di uso. Quindi ci si metteva a
tavola sdraiandosi sui divani attorno a una tavola a ferro di cavallo
con i piedi distesi verso l’esterno.
Alla festa di Simone
non mancavano i suoi amici farisei che non vedevano di buon occhio
Gesù e quindi rimproveravano a Simone il suo gesto imprudente.
Questi fa rilevare ai suoi amici di aver invitato Gesù non per
ammirazione e deferenza, ma solo per curiosità, tanto è
vero che non gli ha fatto alcun segno di cortesia richiesto dal
cerimoniale: non gli ha lavato i piedi, non l’ha unto di olio
profumato, non l’ha baciato...
Gesù si sente spiato
da mille occhi, ma anche lui guarda i suoi ospiti e fra poco emetterà
il suo giudizio infallibile.
Incomincia il banchetto e a un certo
momento si vede arrivare attraverso il cortile una donna con un vaso
di olio profumato. E Maddalena, nota in tutto il paese come «la
meretrice». Ella, saputo che Gesù era stato invitato a
pranzo da Simone, va a trovarlo.
Questa donna di cattivi costumi
pensa che Gesù, conoscendo bene il suo pentimento, non la
disprezzerà, poiché lei è decisa a cambiar vita.
Non è più una peccatrice, una donna di strada che ha
venduto il suo corpo al capriccio degli uomini. Lei ha ascoltato la
parola di Gesù e ha capito ch'Egli annunzia l’amore vero
e più bello. Rinunzia alla vita cattiva fatta fino allora e
vuole iniziare una vita nuova di purezza e di amore. Ne è
tanta felice che ha voluto estimare la sua riconoscenza a Colui che
l’ha liberata dalla vergogna e ha rinnovato il suo cuore.
Commossa si mette a piangere le colpe passate e bagna i piedi di Gesù
con lacrime di riconoscente amore, li asciutta con i suoi capelli, li
unge con olio profumato e glieli copre di baci. Gesù lascia
fare pur sapendo che le colpe di quella infelice, nota a tutti,
solleveranno l’indignazione degl’invitati.
Simone è
pentito di averlo invitato, sente l’imbarazzo dei suoi amici
farisei e pensa dentro di sé: Se costui fosse un profeta,
saprebbe quale donna è colei che lo tocca: una peccatrice
pubblica. Dovrebbe respingerla subito!
L’errore di Simone
sta nel dire che la Maddalena « una peccatrice», mentre
lei «era stata una peccatrice», perché adesso non
lo è più. Ora vuole solo espiare, umiliarsi e
ringraziare il suo Liberatore.
Gesù, rispondendo al segreto
pensiero di Simone e degli altri convitati, dice al fariseo: «
Simone vorrei dirti una cosa». — Maestro, dì pure.
— «C’era una volta un banchiere che aveva due
debitori: il primo gli doveva 500 denari (moneta locale di allora),
l’altro 50. Trovandosi tutti e due in condizione di non poter
restituire, il banchiere condonò loro il debito. Secondo te,
chi dovrebbe essere più riconoscente?
— Evidentemente
quello che ha avuto il maggior condono.
— Ottima risposta...
Ora vedi questa donna: quando sono entrato da te, tu non mi hai dato
l’acqua per lavarmi i piedi, lei invece li ha bagnati con le
sue lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato
il bacio di benvenuto, ma lei da quando è entrata non ha
cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai fatto versare dell’olio
profumato sul mio capo, e lei ne ha bagnati perfino i miei piedi. Per
questo ti dico:
«Le sono perdonati i suoi molti peccati
perché ha molto amato, invece quello a cui si perdona poco,
ama poco». Quest’ultima frase «quello a cui si
perdona poco, i poco», va capita bene perché molti Santi
avevano poco da farsi perdonare, ma amavano molto lo stesso perché,
data la loro delicatezza di coscienza, il più piccolo peccato
lo piangevano per tutta la vita perché offesa di Dio,
dispiacere a Gesù. Del resto anche il più piccolo
peccato è una cosa grave perché impedisce l’ingresso
in Cielo e deve essere purificato con una sosta più o meno
lunga in Purgatorio.
- Gesù poi, commosso dal pentimento di
quella donna, volgendosi a lei, le dice: «Ti sono rimessi i
tuoi peccati».
Gesù non solo perdona la
Maddalena, ma la riabiliterà agli occhi del mondo intero
ricevendola a fianco di sua Madre nel numero delle pie donne che
saranno testimoni delle ultime sue sofferenze (Marco 15:40). E dopo
la sua resurrezione Gesù, non ricorda altro che l’amore
puro e ardente della sua illustre penitente, la favorì di una
delle sue prime apparizioni (marco 16:9), e la inviò ai suoi
Apostoli, diventando apostola degli Apostoli. Ecco perché fino
alla riforma liturgica alla Messa in suo onore caso unico si recitava
il Credo.
Termino l’episodio con l’epilogo di questa
meravigliosa storia. Si legge nella vita di S. Margherita da Cortona
che un giorno Gesù, volendola rafforzare nella pratica
generosa della penitenza, le apparve accompagnato da S. Maria
Maddalena, di cui la Chiesa si preparava a celebrare la festa: «Vedi
tu — le disse Gesù — quella a cui perdonai nella
casa di Simone il fariseo? Quella veste di argento che copre le sue
spalle, quei diamanti splendenti sulla sua corona, quella gloria che
la circonda, sono il premio della sua penitenza. E poiché
Margherita continuava a piangere per i suoi peccati, Gesù le
diceva: Margherita, sei la mia peccatrice! Voglio servirmi dite per
attirare altri peccatori a salvamento... — Sublime!
Un
giorno Gesù diceva alla sua confidente, Suor Benigna: «
Le anime più miserabili, più deboli, più
inferme, sono i clienti più buoni dell’amore, quelli che
la misericordia stima di più... e queste anime splenderanno in
Cìelo come gemme e saranno la corona della Divina
Misericordia; Io non cerco altro che di usare sempre misericordia;
l’usare la giustizia per me è come andare contro
corrente, mi tocca fare violenza! — Io, Dio di amore, vado in
cerca di ciò che il mondo disprezza, abborisce, abbandona cioè
dei poveri peccatori, e dopo averli convertiti, con le finezze della
mia carità e con le industrie della mia misericordia, se trovo
la corrispondenza che cerco, ne fo dei capolavori di santità».
Ecco
il Cuore di Gesù nella meravigliosa effusione del suo amore
misericordioso! Quale mirabile e confortante dottrina! Confidiamo
sempre nella bontà misericordiosa del Sacro Cuore di Gesù,
perché l’abisso della nostra miseria chiama l’abisso
senza fondo della sua misericordia ed approfittiamo della Sua Grande
Promessa dei Nove Primi Venerdì che è frutto della sua
misericordia portata all’eccesso.
Fratello carissimo,
che hai già iniziato la pratica in onore del Cuore di Gesù,
per fortificare la tua volontà nel respingere le insidie che
il demonio ti tenderà per scoraggiarti e farti interrompere i
primi venerdì, ti riporto la visione dell'inferno avuta dai
tre fanciulli di Fatima, per farti vedere da quale immensa disgrazia
scamperai se tu compirai bene i detti nove primi venerdì,
perché, per la promessa esplicita del Cuore di Gesù,
chi farà la Comunione nei primi nove venerdì del mese
non morirà senza aver il tempo di ravvedersi e di
salvarsi.
Scrive Lucia di Fatima: «Vedemmo come un mare di
fuoco. Immersi in quel fuoco i diavoli e le anime, in forma umana,
come braci trasparenti e nere o bronzee, che fluttuavano
nell’incendio e venivano trasportate, assieme a nuvole di fumo,
dalle fiamme che uscivano da loro stesse. Esse cadevano da ogni
parte, uguali al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza
peso né equilibrio tra grida, gemiti di dolore e disperazione
che suscitavano orrore e facevano tremare di paura. I demoni si
distinguev0 per le forme orribili e schifose di animali spaventosi e
sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni roventi. —
Spaventati e come per chiedere aiuto, alzammo gli occhi alla Madonna
che ci disse con bontà e tristezza: «Avete visto
l’inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori!» La
visione dell’inferno aveva spaventato terribilmente i tre
fanciulli e il suo pensiero li tormentava. Ti riferisco qualche
osservazione di Giacinta, la più piccola: «Quella gente
he vi si trova, brucia ma non muore!.., e non diventa cenere!
poverini!
Dobbiamo pregare e fare tanti sacrifici per scampare i
peccatori dall’inferno! L’inferno!. l’inferno!...
che pena mi fanno le anime che vanno all’inferno! e le persone
colà vive bruciano come legna nel fuoco!..
Lucia, io vado
in Paradiso, ma tu che resti quaggiù, se la Madonna te Io
permetterà, dì a tutti com’è l’inferno
affinché non commettano più peccati e non precipitino
più in esso. Tanta gente cade nell’inferno!... tanta
gente!...».
La visione dell’inferno aveva talmente
terrorizzata questa bambina di sette anni che tutte le penitenze e le
mortificazioni le sembravano un nulla purché servissero a
preservare qualche anima da esso.
Esempio : CONVERSIONE DI UN FEDERALE
Questo fatto accadde nel periodo in cui l’autore del
presente libretto studiava nel Seminario di Catania.
Durante il
fascismo c’era a Catania, quale federale onnipotente per tutta
la provincia (il «federale» era il rappresentante del
Partito Fascista in ogni provincia), l’avv. Pietro Angelo
Mammana, di pessimi costumi. Tra le sue innumerevoli malefatte, un
giorno aveva dato uno schiaffo a un giovane perché portava al
petto il distintivo di Azione Cattolica (c’era allora un po’
dì attrito tra il Vaticano e il Partito Fascista per il
moviento dell’Azione Cattolica Italiana che Mussolini non
vedeva di buon occhio); glielo aveva strappato, gettato a terra e
pestato, dicendo: Ora vai a dirlo al tuo Vescovo!
Un giorno
d’estate, durante l’ultima guerra, assistendo con una
sigaretta accesa, nella sua villa di Trecastagni, al travaso di
benzina da una macchina all’altra fatto dal suo autista, la
benzina s’incendiò e Mammana fu avvolto dalle fiamme.
Accorsi con delle coperte, i familiari gli spensero le fiamme addosso
e quindi lo ricoverarono all’Ospedale Vittorio Emanuele di
Catania. Le fiamme gli avevano bruciato tutta la pelle, per cui non
poté essere coperto con lenzuola perché si
appiccicavano le carni. Dovette essere messo sopra una incerata e
coperto con un’altra incerata.
Chiese subito un prete. Nella
stanza accanto alla sua c’era ricoverato il Sac. Giuseppe
Consoli, residente nella Chiesa di S. Giuliano in via Crociferi a
Catama. Egli accorse subito. Il federale Mammana, dopo avergli
raccontato l’accaduto, gli disse: «Quando fui avvolto
dalle fiamme sentii una voce che mi diceva:
“Dovresti morire
e andare all’Inferno, ma ti aspetta misericordia perché
hai fatto i Nove Primi Venerdì... Se tu non l’avessi
fatti quando eri ragazzo, ora ti avrei portato con me
all’Inferno!”».
Quindi si confessò e
comunicò con grande pentimento e devozione. Non volle ricevere
nessuno: né amanti, né amici, ma soltanto il Sac.
Consoli. Per i tormenti si torceva come un verme, ma ripeteva
continuamente: Me lo merito! Me lo merito! Sopravvisse 15 giorni in
quei tormenti e morì pienamente rassegnato e riconciliato con
Dio.
2-73 Settembre 19, 1899 Gesù parla della fede, della speranza e carità.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Trovandomi questa mattina un poco turbata, specialmente sul timore che non è Gesù che viene, ma il demonio, e che non fosse Volontà di Dio il mio stato. Mentre mi trovavo in questa agitazione, è venuto il mio adorabile Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non voglio che ci perda il tempo, col pensare a questo tu ti distrai da Me e vieni a farmi mancare il cibo come nutrirmi, ma quello che voglio, che pensi ad amarmi soltanto ed a starti tutta abbandonata in Me, che così mi appresterai un cibo molto a Me gradito, e non di tanto in tanto come faresti se continuassi a fare così, ma continuamente. E non sarebbe questo tuo contento grandissimo, che la tua volontà col stare abbandonata in Me e col amarmi, fosse cibo di Me, tuo Dio?”
(3) Dopo ciò mi ha fatto vedere il suo cuore, e dentro vi conteneva tre globi di luce distinti, che poi formavano uno solo, e Gesù riprendendo il suo dire mi ha detto:
(4) “I globi di luce che vedi nel mio cuore, sono la fede, la speranza e la carità che portai sulla terra per felicitare l’uomo sofferente, offerendogli in dono; onde, anche a te ne voglio fare un dono più speciale”.
(5) E mentre così diceva, da quei globi di luce uscivano come tanti fili di luce che inondavano l’anima mia, come una specie di rete, ed io vi rimanevo dentro.
(6) E Gesù: “Ecco dove voglio che occupi l’anima tua: Primo vola sulle ali della fede ed in quella luce, tuffandoti, conoscerai ed acquisterai sempre nuove notizie di Me, tuo Dio, ma col più conoscermi il tuo nulla si sentirà quasi disperso e non avrai dove appoggiarti. Ma tu, sollevati di più e gettandoti nel mare immenso della speranza, quali sono tutti i miei meriti che acquistai nel corso della mia vita mortale, tutte le pene della mia Passione che pure ne feci dono all’uomo, e che solo per mezzo di questi puoi sperare i beni immensi della fede, perché non c’è altro mezzo come poterli ottenere. Quindi, tu avvalendoti di questi miei meriti come se fossero tuoi, il tuo nulla non si sentirà più disperso e sprofondarsi nell’abisso del niente, ma acquistando nuova vita, resterà abbellito, arricchito, in modo tale da attirarsi gli stessi sguardi divini. Ed allora non più timida, ma la speranza gli somministrerà il coraggio, la fortezza, in modo da rendere l’anima stabile come colonna, esposta a tutte le intemperie dell’aria, quali sono le varie tribolazioni della vita e che non la smuovono un tantino, e la speranza farà che non solo l’anima senza timore s’immergerà nelle immense ricchezze della fede, ma se ne renderà padrona e giungerà a tanto con la speranza, da rendere suo lo stesso Dio. Ah! si, la speranza fa giungere l’anima dove vuole, la speranza è la porta del Cielo, sicché solo per suo mezzo si apre, perché chi tutto spera, tutto ottiene. Onde l’anima, giunta che avrà a farsi suo lo stesso Dio, subito, senza nessun ostacolo, si troverà nell’oceano immenso della carità, ed ivi portando con sé la fede e la speranza, s’immergerà dentro e farà una sola cosa con Me, suo Dio”.
(7) L’amantissimo Gesù continua a dire: “Se la fede è il re, la carità regina, la speranza è qual madre paciera che mette pace a tutto, perché con la fede e con la carità ci possono stare le turbazione, ma la speranza, essendo vincolo di pace, converte tutto in pace. La speranza è sostegno, la speranza è ristoro, e quando l’anima sollevandosi con la fede, vede la bellezza, la santità, l’amore con cui da Dio viene amata, l’anima si sente attirata ad amarlo, ma vedendo la sua insufficienza, il poco che fa per Dio, il come dovrebbe amarlo e non l’ama, si sente sconfortata, turbata e quasi non ardisce di avvicinarsi a Dio; subito esce questa madre paciera della speranza, e mettendosi in mezzo alla fede e la carità, incomincia a fare il suo ufficio di paciera, quindi mette in pace di nuovo l’anima, la spinge, la solleva, le dà nuove forze e portandola innanzi al re della fede ed alla regina della carità, fa le sue scuse per l’anima, mette innanzi all’anima nuova effusione dei suoi meriti e li prega a volerla ricevere, e la fede e la carità, avendo di mira solo questa madre paciera, sì tenera e compassionevole, ricevono l’anima e Dio forma la delizia dell’anima, e l’anima la delizia di Dio”.
(8) Oh! santa speranza, quanto tu sei ammirabile! Io m’immagino di vedere l’anima che è posseduta da questa bella speranza, come un nobile viandante, che cammina per andare a prendere possesso di un podere che formerà tutta la sua fortuna, ma siccome sconosciuto e viaggiando per terre che non sono sue, chi lo deride, chi lo insulta, chi lo spoglia delle sue vesti e chi giunge a bastonarlo ed a minacciarlo di toglierle anche la pelle, ed il nobile viandante, che fa in tutti questi cimenti? Si turberà egli? Ah! non mai, anzi deriderà coloro che gli faranno tutto questo, e conoscendo certo che quanto più soffrirà, tanto più sarà onorato e glorificato quando giungerà a prendere possesso del suo podere, quindi lui stesso stuzzica la gente a fare che più lo potessero tormentare. Ma lui è sempre tranquillo, gode la più perfetta pace, ma quello che più, mentre si trova in mezzo a questi insulti, egli se ne sta tanto calmo, che mentre gli altri sono tutti desti intorno a lui, egli se ne sta dormendo nel seno del suo sospirato Iddio. Chi somministra a questo viandante tanta pace e tanta fermezza nel seguitare l’intrapreso viaggio? Certo la speranza dei beni eterni che saranno suoi, ed essendo suoi supererà tutto per prenderne possesso. Ora pensando che sono suoi, viene ad amarli, ed ecco che la speranza fa nascere la carità.
(9) Chi può dire poi, secondo la luce che Gesù benedetto mi fa vedere? Avrei voluto passarlo in silenzio, ma veggo che la signora ubbidienza, deponendo le vesti amichevole di amicizia, prende aspetto di guerriero e sta armando le sue armi per farmi guerra e ferirmi. Deh! non vi armare così subito, deponete i vostri artigli, statevi quieta, che per quanto posso, farò come tu dici, e così resteremo sempre amiche.
(10) Ora, quando l’anima si porta nell’estesissimo mare della carità, prova delizie ineffabili, gode gioie inenarrabili ad anima mortale. Tutto è amore; i suoi sospiri, i suoi palpiti, i suoi pensieri, sono tante voci sonore che fa risuonare intorno al suo amantissimo Iddio, tutte d’amore, che lo chiamano a sé, dimodochè, Iddio benedetto, tirato, ferito da queste voci amorose, ne fa il contraccambio e ne avviene che i sospiri, i palpiti e tutto l’Essere Divino chiamano continuamente l’anima a Dio.
(11) Chi può dire, poi, come resta ferita l’anima da queste voci? Come incomincia a delirare come se fosse presa da febbre cocentissima, come corre quasi impazzita e va a tuffarsi nell’amoroso cuore del suo Diletto per trovare refrigerio ed a torrenti succhia le delizie divine? Ella vi resta ebbra d’amore e nella sua ebbrezza, fa dei cantici tutti amorosi al suo Sposo dolcissimo. Ma chi può dire tutto ciò che passa tra l’anima e Dio? Chi può dire su di questa carità, qual’è Dio medesimo?
(12) In questo istante mi vedo una luce grandissima e la mia mente ora rimane stupita, si applica ora ad un punto, ora ad un altro e faccio per dettarlo sulla carta e mi sento balbuziente nell’esprimerlo. Onde non sapendo che fare, per ora faccio silenzio; e credo che la signora obbedienza per questa volta voglia perdonarmi, che se essa vuole corrucciarsi meco, questa volta non ha tanta ragione, perché il torto è suo, ché non mi dà una lingua spedita a saperlo dire. Avete inteso, reverendissima obbedienza? Restiamo in pace, non è vero?