Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 4° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Giovanni 4
1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".
43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
Secondo libro dei Re 18
1Nell'anno terzo di Osea figlio di Ela, re di Israele, divenne re Ezechia figlio di Acaz, re di Giuda.2Quando egli divenne re, aveva venticinque anni; regnò ventinove anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abi, figlia di Zaccaria.3Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, secondo quanto aveva fatto Davide suo antenato.4Egli eliminò le alture e frantumò le stele, abbatté il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, eretto da Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso e lo chiamavano Necustan.5Egli confidò nel Signore, Dio di Israele. Fra tutti i re di Giuda nessuno fu simile a lui, né fra i suoi successori né fra i suoi predecessori.6Attaccato al Signore, non se ne allontanò; osservò i decreti che il Signore aveva dati a Mosè.7Il Signore fu con Ezechia e questi riuscì in tutte le iniziative. Egli si ribellò al re d'Assiria e non gli fu sottomesso.8Sconfisse i Filistei fino a Gaza e ai suoi confini, dal più piccolo villaggio fino alle fortezze.
9Nell'anno quarto del re Ezechia, cioè l'anno settimo di Osea figlio di Ela, re di Israele, Salmanassar re di Assiria marciò contro Samaria e la assediò.10Dopo tre anni la prese; nell'anno sesto di Ezechia, cioè l'anno nono di Osea re di Israele, Samaria fu presa.11Il re d'Assiria deportò gli Israeliti in Assiria, destinandoli a Chelach, al Cabor, fiume del Gozan, e alle città della Media.12Ciò accadde perché quelli non avevano ascoltato la voce del Signore loro Dio e ne avevano trasgredito l'alleanza e non avevano ascoltato né messo in pratica quanto aveva loro comandato Mosè, servo di Dio.
13Nell'anno quattordici del re Ezechia, Sennàcherib re di Assiria assalì e prese tutte le fortezze di Giuda.14Ezechia, re di Giuda, mandò a dire al re d'Assiria in Lachis: "Ho peccato; allontànati da me e io sopporterò quanto mi imporrai". Il re di Assiria impose a Ezechia re di Giuda trecento talenti d'argento e trenta talenti d'oro.15Ezechia consegnò tutto il denaro che si trovava nel tempio e nei tesori della reggia.16In quel tempo Ezechia staccò dalle porte del tempio del Signore e dagli stipiti l'oro, di cui egli stesso re di Giuda li aveva rivestiti, e lo diede al re d'Assiria.
17Il re d'Assiria mandò il 'tartan', il capo delle guardie e il gran coppiere da Lachis a Gerusalemme, al re Ezechia, con un grande esercito. Costoro salirono e giunsero a Gerusalemme; si fermarono al canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio.
18Essi chiesero del re e incontro a loro vennero Eliakìm figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Ioach figlio di Asaf, l'archivista.19Il gran coppiere disse loro: "Riferite a Ezechia: Dice il gran re, il re d'Assiria: Che fiducia è quella su cui ti appoggi?20Pensi forse che la semplice parola possa sostituire il consiglio e la forza nella guerra? Ora, in chi confidi ribellandoti a me?21Ecco, tu confidi su questo sostegno di canna spezzata, che è l'Egitto, che penetra nella mano, forandola, a chi vi si appoggia; tale è il faraone re di Egitto per chiunque confida in lui.22Se mi dite: Noi confidiamo nel Signore nostro Dio, non è forse quello stesso del quale Ezechia distrusse le alture e gli altari, ordinando alla gente di Giuda e di Gerusalemme: Vi prostrerete soltanto davanti a questo altare in Gerusalemme?23Ora vieni al mio signore, re d'Assiria; io ti darò duemila cavalli, se potrai procurarti cavalieri per essi.24Come potresti fare retrocedere uno solo dei più piccoli servi del mio signore? Eppure tu confidi nell'Egitto per i carri e i cavalieri.25Ora, non è forse secondo il volere del Signore che io sono venuto contro questo paese per distruggerlo? Il Signore mi ha detto: Va' contro questo paese e distruggilo".
26Eliakìm figlio di Chelkia, Sebna e Ioach risposero al gran coppiere: "Parla, ti prego, ai tuoi servi in aramaico, perché noi lo comprendiamo; non parlare in ebraico, mentre il popolo che è sulle mura ascolta".27Il gran coppiere replicò: "Forse io sono stato inviato al tuo signore e a te dal mio signore per pronunziare tali parole e non piuttosto agli uomini che stanno sulle mura, i quali saranno ridotti a mangiare i loro escrementi e a bere la loro urina con voi?".28Il gran coppiere allora si alzò e gridò a gran voce in ebraico: "Udite la parola del gran re, del re d'Assiria:29Dice il re: Non vi inganni Ezechia, poiché non potrà liberarvi dalla mia mano.30Ezechia non vi induca a confidare nel Signore, dicendo: Certo, il Signore ci libererà, questa città non sarà messa nelle mani del re d'Assiria.31Non ascoltate Ezechia, poiché dice il re d'Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della sua vigna e dei suoi fichi, ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna,32finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, in un paese che produce frumento e mosto, in un paese ricco di pane e di vigne, in un paese di ulivi e di miele; voi vivrete e non morirete. Non ascoltate Ezechia che vi inganna, dicendovi: Il Signore ci libererà!33Forse gli dèi delle nazioni hanno liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re d'Assiria?34Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim, di Ena e di Ivva? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano?35Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle nazioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse il Signore liberare Gerusalemme dalla mia mano?".
36Quelli tacquero e non gli risposero neppure una parola, perché l'ordine del re era: "Non rispondete loro".
37Eliakìm figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Ioach figlio di Asaf, l'archivista, si presentarono a Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere.
Salmi 81
1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Di Asaf.'
2Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate al Dio di Giacobbe.
3Intonate il canto e suonate il timpano,
la cetra melodiosa con l'arpa.
4Suonate la tromba
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
5Questa è una legge per Israele,
un decreto del Dio di Giacobbe.
6Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe,
quando usciva dal paese d'Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
7"Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
8Hai gridato a me nell'angoscia
e io ti ho liberato,
avvolto nella nube ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Meriba.
9Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire;
Israele, se tu mi ascoltassi!
10Non ci sia in mezzo a te un altro dio
e non prostrarti a un dio straniero.
11Sono io il Signore tuo Dio,
che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto;
apri la tua bocca, la voglio riempire.
12Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito.
13L'ho abbandonato alla durezza del suo cuore,
che seguisse il proprio consiglio.
14Se il mio popolo mi ascoltasse,
se Israele camminasse per le mie vie!
15Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari porterei la mia mano.
16I nemici del Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre;
17li nutrirei con fiore di frumento,
li sazierei con miele di roccia".
Salmi 104
1Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
2avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
3costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
4fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.
5Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
6L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
7Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
8Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
9Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.
10Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
11ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
12Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.
13Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
14Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
15il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.
16Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
17Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
18Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.
19Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
20Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
21ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
22Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
23Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.
24Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
25Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
26Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.
27Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
28Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
29Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
30Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
31La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
32Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
33Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
34A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
35Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.
Daniele 2
1Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire.2Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si presentarono al re.3Egli disse loro: "Ho fatto un sogno e il mio animo si è tormentato per trovarne la spiegazione".4I caldei risposero al re: "Re, vivi per sempre. Racconta il sogno ai tuoi servi e noi te ne daremo la spiegazione".5Rispose il re ai caldei: "Questa è la mia decisione: se voi non mi rivelate il sogno e la sua spiegazione sarete fatti a pezzi e le vostre case saranno ridotte in letamai.6Se invece mi rivelerete il sogno e me ne darete la spiegazione, riceverete da me doni, regali e grandi onori. Ditemi dunque il sogno e la sua spiegazione".7Essi replicarono: "Esponga il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo la spiegazione".8Rispose il re: "Comprendo bene che voi volete guadagnar tempo, perché avete inteso la mia decisione.9Se non mi dite qual era il mio sogno, una sola sarà la vostra sorte. Vi siete messi d'accordo per darmi risposte astute e false in attesa che le circostanze si mutino. Perciò ditemi il sogno e io saprò che voi siete in grado di darmene anche la spiegazione".10I caldei risposero davanti al re: "Non c'è nessuno al mondo che possa soddisfare la richiesta del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo.11La richiesta del re è tanto difficile, che nessuno ne può dare al re la risposta, se non gli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini".
12Allora il re, acceso di furore, ordinò che tutti i saggi di Babilonia fossero messi a morte.13Il decreto fu pubblicato e già i saggi venivano uccisi; anche Daniele e i suoi compagni erano ricercati per essere messi a morte.
14Ma Daniele rivolse parole piene di saggezza e di prudenza ad Ariòch, capo delle guardie del re, che stava per uccidere i saggi di Babilonia,15e disse ad Ariòch, ufficiale del re: "Perché il re ha emanato un decreto così severo?". Ariòch ne spiegò il motivo a Daniele.16Egli allora entrò dal re e pregò che gli si concedesse tempo: egli avrebbe dato la spiegazione dei sogni al re.17Poi Daniele andò a casa e narrò la cosa ai suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria,18ed essi implorarono misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero, perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con tutti gli altri saggi di Babilonia.
19Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo:
20"Sia benedetto il nome di Dio di secolo in secolo,
perché a lui appartengono la sapienza e la potenza.
21Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e li innalza,
concede la sapienza ai saggi,
agli intelligenti il sapere.
22Svela cose profonde e occulte
e sa quel che è celato nelle tenebre
e presso di lui è la luce.
23Gloria e lode a te, Dio dei miei padri,
che mi hai concesso la sapienza e la forza,
mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandato
e ci hai illustrato la richiesta del re".
24Allora Daniele si recò da Ariòch, al quale il re aveva affidato l'incarico di uccidere i saggi di Babilonia, e presentatosi gli disse: "Non uccidere i saggi di Babilonia, ma conducimi dal re e io gli farò conoscere la spiegazione del sogno".25Ariòch condusse in fretta Daniele alla presenza del re e gli disse: "Ho trovato un uomo fra i Giudei deportati, il quale farà conoscere al re la spiegazione del sogno".26Il re disse allora a Daniele, chiamato Baltazzàr: "Puoi tu davvero rivelarmi il sogno che ho fatto e darmene la spiegazione?".27Daniele, davanti al re, rispose: "Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né da maghi, né da indovini;28ma c'è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha rivelato al re Nabucodònosor quel che avverrà al finire dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto.29O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto svelarti ciò che dovrà avvenire.30Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore.31Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto.32Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo,33le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta.34Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò.35Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione.
36Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re.37Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria.38A te ha concesso il dominio sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro.39Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra.40Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto.41Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all'argilla.42Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile.43Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla.44Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre.45Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione".
46Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi.47Quindi rivolto a Daniele gli disse: "Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero".48Il re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi di Babilonia;49su richiesta di Daniele, il re fece amministratori della provincia di Babilonia, Sadràch, Mesàch e Abdènego. Daniele rimase alla corte del re.
Atti degli Apostoli 16
1Paolo si recò a Derbe e a Listra. C'era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;2egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.4Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.5Le comunità intanto si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno.
6Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato loro di predicare la parola nella provincia di Asia.7Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro;8così, attraversata la Misia, discesero a Tròade.9Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: "Passa in Macedonia e aiutaci!".10Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore.
11Salpati da Tròade, facemmo vela verso Samotràcia e il giorno dopo verso Neàpoli e12di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.14C'era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: "Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa". E ci costrinse ad accettare.
16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l'indovina.17Essa seguiva Paolo e noi gridando: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza".18Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: "In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei". E lo spirito partì all'istante.19Ma vedendo i padroni che era partita anche la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città;20presentandoli ai magistrati dissero: "Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare".22La folla allora insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli23 e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia.24Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi.
25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.26D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.27Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.28Ma Paolo gli gridò forte: "Non farti del male, siamo tutti qui".29Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;30poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?".31Risposero: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia".32E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.33Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: "Libera quegli uomini!".36Il carceriere annunziò a Paolo questo messaggio: "I magistrati hanno ordinato di lasciarvi andare! Potete dunque uscire e andarvene in pace".37Ma Paolo disse alle guardie: "Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, sebbene siamo cittadini romani, e ci hanno gettati in prigione; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano di persona a condurci fuori!".38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All'udire che erano cittadini romani, si spaventarono;39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di partire dalla città.40Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi partirono.
Capitolo XXXI: Abbandonare ogni creatura, per poter trovare Dio
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore, davvero mi occorre una grazia sempre più grande, se debbo giungere là dove nessuno né alcuna cosa creata mi potrà essere di impaccio; infatti, finché una qualsiasi cosa mi trattenga, non potrò liberamente volare a te. E liberamente volare a te, era appunto, l'ardente desiderio di colui che esclamava: "Chi mi darà ali come di colomba, e volerò, e avrò pace?" (Sal 54,7).
Quale pace più grande di quella di un occhio puro? Quale libertà più grande di quella di chi non desidera nulla di terreno? Occorre dunque passare oltre ad ogni creatura; occorre tralasciare pienamente se stesso, uscire spiritualmente da sé; occorre capire che tu, che hai fatto tutte le cose, non hai nulla in comune con le creature.
Chi non è libero da ogni creatura, non potrà attendere liberamente a ciò che è divino. Proprio per questo sono ben pochi coloro che sanno giungere alla contemplazione, perché pochi riescono a separarsi appieno dalle cose create, destinate a perire.
Per giungere a ciò, si richiede una grazia grande, che innalzi l'anima e la rapisca più in alto di se medesima. Ché, se uno non è elevato nello spirito e libero da ogni creatura; se non è totalmente unito a Dio, tutto quello che sa e anche tutto quello che possiede non ha grande peso. Sarà sempre piccolo e giacerà a terra colui che apprezza qualcosa che non sia il solo, unico, immenso ed eterno bene. In verità ogni cosa, che non sia Dio, è un nulla, e come un nulla va considerata.
Ben differenti sono la virtù della sapienza, propria dell'uomo illuminato e devoto, e la scienza, propria dell'erudito e dotto uomo di studio. Giacché la sapienza che emana da Dio, e fluisce dall'alto in noi, è di gran lunga più sublime di quella che faticosamente si acquista con il nostro intelletto.
2. Troviamo non poche persone che desiderano la contemplazione, ma poi non si preoccupano di mettere in pratica ciò che si richiede per la contemplazione stessa; e il grande ostacolo consiste in questo, che ci si accontenta degli indizi esterni e di ciò che cade sotto i sensi, possedendo ben poco della perfetta mortificazione.
Non so come sia, da quale spirito siamo mossi, a quale meta tendiamo, noi che sembriamo aver fama di spirituali: ci diamo tanta pena e ci preoccupiamo tanto di queste cose che passano e non hanno valore alcuno, mentre a stento riusciamo, qualche rara volta, a pensare al nostre essere interiore, in totale raccoglimento. Un raccoglimento breve, purtroppo; dopo del quale ben presto ci buttiamo alle cose esteriori, senza più sottoporre il nostro agire a un vaglio severo.
Dove siano posti e ristagnino i nostri affetti, noi non badiamo; e non ci disgusta che tutto sia corrotto. Invece il grande diluvio avvenne perché "ciascuno aveva corrotto la sua vita" (Gn 6,12).
Quando, dunque, la nostra interna inclinazione è profondamente guastata, necessariamente si guasta anche la conseguente azione esterna, rivelatrice di scarsa forza interiore. E' dal cuore puro che discendono frutti di vita virtuosa.
Si indaga quanto uno abbia fatto, ma non si indaga attentamente con quanta virtù egli abbia agito. Si guarda se uno sia stato uomo forte e ricco e nobile; se sia stato abile e valente scrittore, cantante eccellente o bravo lavoratore; ma si tace, da parte di molti, su quanto egli sia stato povero in spirito e paziente e mite e devoto, e quanta spiritualità interiore egli abbia avuto.
La natura bada alle cose esterne dell'uomo; la grazia si rivolge alle cose interiori. Quella frequentemente si inganna, questa si affida a Dio per non essere ingannata.
DISCORSO 77 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 15, 21-28: "GESÙ USCITO DA GENEZARET, RIPARÒ DALLE PARTI DI TIRO E SIDONE, ED ECCO UNA DONNA CANANEA" ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa donna cananea esempio d'umiltà.
1. 1. Questa donna cananea di cui il brano del Vangelo letto poc'anzi fa un grande elogio, ci offre un esempio d'umiltà e una condotta ispirata alla fede e ci mostra come innalzarci dall'umiltà fino al cielo. Essa però, com'è chiaro, non apparteneva al popolo d'Israele, al quale appartenevano i Patriarchi, i Profeti, i parenti di nostro Signore Gesù Cristo e la stessa Vergine Maria, madre di Cristo. Questa donna non era di questo popolo, ma era pagana. Il Signore infatti, come abbiamo sentito, s'era ritirato nella regione di Tiro e Sidone. La donna cananea era venuta di lì e con insistenza petulante implorava la grazia della guarigione per la figlia ch'era crudelmente straziata dal demonio 1. Tiro e Sidone erano città dei pagani e non del popolo d'Israele, anche se vicine a quel popolo. La cananea dunque, bramosa di ottenere la grazia, gridava e picchiava con forza alla porta, ma Cristo si mostrava indifferente verso di lei, non per rifiutarle la misericordia, ma per infiammarne il desiderio; e non solo perché fosse più ardente il suo desiderio, ma - come ho detto prima - fosse messa in risalto la sua umiltà. Gridava come se il Signore non la sentisse, mentre invece egli disponeva in silenzio ciò che aveva intenzione di fare. I discepoli pregarono per lei il Signore e dissero: Mandala a casa perché ci vien dietro e continua a gridare 2. Ma egli rispose: Io sono stato mandato solo alle pecore sperdute del popolo d'Israele 3.
In che senso Cristo fu inviato solo agli israeliti.
2. 2. A questo punto sorge un problema a proposito di queste parole. In qual modo noi siamo venuti all'ovile di Cristo dai pagani, s'egli è stato mandato solo alle pecore sperdute del popolo d'Israele? Che significa il piano provvidenziale di questo mistero tanto profondo? Perché mai il Signore, pur sapendo lo scopo per cui era venuto, per formarsi senza dubbio la Chiesa tra tutti i popoli, disse d'essere stato inviato solo alle pecore sperdute del popolo d'Israele? Noi comprendiamo dunque ch'egli doveva mostrarsi presente col suo corpo tra quel popolo, nascere, compiere i miracoli e risorgere per proprio potere; comprendiamo che così era stato disposto, così era stato dichiarato fin dall'inizio, così era stato predetto, così era stato compiuto; poiché il Cristo doveva venire in mezzo al popolo dei giudei per essere visto, essere ucciso allo scopo di riconciliare in tal modo con Dio coloro ch'erano l'oggetto della sua prescienza. Quel popolo infatti non fu condannato ma passato al vaglio. In mezzo ad esso c'era una gran quantità di paglia, ma anche una certa quantità di buon grano nascosto; vi era ciò che doveva essere bruciato ma anche ciò di cui si sarebbe riempito il granaio. Da dove vennero gli Apostoli se non da quel popolo? Donde Pietro? Donde tutti gli altri fedeli?.
Saulo mutato in Paolo.
2. 3. Donde proveniva lo stesso Paolo, dapprima Saulo, cioè prima superbo e poi umile? Poiché quando si chiamava Saulo, il suo nome derivava da Saul. Ora Saul era un re superbo e durante il suo regno perseguitava l'umile Davide 4. Quando dunque era Saulo colui che poi fu Paolo, allora era certamente superbo, persecutore di persone innocenti, uno che cercava di distruggere la Chiesa 5. Egli infatti, infiammato, per così dire, di zelo per la sinagoga e di odio verso la religione cristiana, aveva ricevuto lettere di presentazione dai sacerdoti per deferire [al Sinedrio] tutti i cristiani che avesse trovati e far infliggere loro il supplizio. Cammin facendo, aspirando con tutta l'anima di fare strage, mentre era assetato di sangue, dalla parola di Cristo scesa dal cielo venne abbattuto come persecutore, e fu rialzato come banditore del Vangelo. Si adempì a suo riguardo quanto sta scritto nel Profeta: Sarò io a colpire e sarò io a guarire 6. Dio colpisce ciò che nell'uomo s'innalza contro Dio. Non è cattivo il medico che taglia una tumefazione, che amputa un membro cancrenoso o lo cauterizza. Procura dolore, sì, ma lo procura per far riacquistare la sanità. È molesto, sì, ma se non lo fosse, sarebbe inutile. Cristo dunque atterrò con una sola parola Saulo ma rialzò Paolo; vale a dire abbatté il superbo e innalzò l'umile. Quale fu in effetti il motivo di cambiarsi il nome, per cui mentre prima si chiamava Saulo, dopo volle chiamarsi Paolo, se non perché riconobbe che il nome di Saulo ch'egli aveva quando perseguitava la Chiesa, era un nome di superbia? Preferì quindi chiamarsi con un nome umile come quello di Paolo, cioè "il più piccolo". Paulum (un'inezia) non vuol dire altro che parum, cioè: "cosa di poco conto". Vantandosi ormai di un tal nome e mettendo in risalto l'umiltà: lo - dice - sono il più insignificante degli Apostoli 7. Donde proveniva dunque egli se non dal popolo dei giudei? Da quel popolo provenivano gli altri Apostoli, da esso proveniva Paolo e tutti quei discepoli i quali, come lo stesso Paolo ricorda, videro il Signore dopo la risurrezione. Dice infatti che fu visto da più di cinquecento discepoli riuniti insieme, la maggior parte dei quali è ancora in vita mentre alcuni sono già morti 8.
I giudei si convertirono all'udire Pietro.
2. 4. Appartenevano inoltre a quel popolo anche coloro che ascoltarono il discorso in cui Pietro mise in evidenza la passione, la risurrezione e divinità di Cristo e ciò dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, allorché tutti coloro sui quali era disceso lo Spirito Santo parlarono nella lingua di tutti i popoli; quelli del popolo giudaico i quali stavano ad ascoltarlo, si sentirono come trafitti nel cuore e chiesero consiglio per sapere che cosa dovessero fare per salvarsi; avevano infatti compreso d'essere colpevoli dell'uccisione del Cristo, poiché erano stati proprio essi a crocifiggerlo, ucciderlo, e ora vedevano tanti miracoli compiuti nel nome di Colui ch'essi avevano ucciso e vedevano la presenza dello Spirito Santo.
3. 4. Avendo chiesto dunque che cosa dovessero fare, ebbero questa risposta: Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e riceverete il perdono dei vostri peccati 9. Chi avrebbe perduto la speranza che potessero ricevere il perdono dei peccati, dal momento che ricevevano il perdono coloro ch'erano colpevoli d'aver ucciso Cristo? Si convertirono molti appartenenti allo stesso popolo giudaico; si convertirono e si fecero battezzare. Si accostarono alla mensa del Signore e, divenuti credenti, bevvero il sangue che avevano versato nel loro furore. In qual modo, quanto interamente e perfettamente si fossero convertiti lo indicano gli Atti degli Apostoli. Poiché vendevano tutto ciò che possedevano e i soldi ricavati dalle loro proprietà li mettevano a disposizione degli Apostoli e venivano distribuiti a ciascuno secondo le proprie necessità, e nessuno chiamava alcunché proprietà privata, ma tutto quel che avevano lo mettevano in comune 10. Essi inoltre vivevano unanimi e concordi tesi verso Dio 11. Queste sono le pecore a proposito delle quali diceva: Non sono stato inviato se non alle pecore sperdute del popolo d'Israele 12. A essi egli si mostrò presente e quand'era inchiodato alla croce per essi pregò dicendo: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno 13. Il medico sapeva bene ch'erano dei furiosi e dei forsennati che uccidevano il medico senza sapere quello che facevano, e con l'uccidere il medico si procuravano la medicina. Infatti tutti siamo stati guariti dal Signore ucciso, siamo stati riscattati con il suo sangue, siamo stati liberati dalla fame con il pane di quel corpo. In tal modo Cristo mostrò dunque ai giudei la sua presenza fisica. Dice: Non sono inviato se non alle pecore sperdute del popolo d'Israele, per mostrare loro la sua presenza fisica e non per disprezzare e trascurare le pecore che aveva tra i pagani.
Cristo non era stato inviato ai pagani ma inviò i discepoli.
4. 5. Egli non si recò di persona ai pagani ma inviò loro i discepoli. Allora si adempì quanto aveva predetto il Profeta: Mi servì un popolo che io non conoscevo 14. Vedete quanto è profonda, quanto è evidente, quanto è precisa questa profezia. Mi servì un popolo che io non conoscevo, cioè al quale non mi mostrai presente. In qual modo mi servì? Così, come continua la profezia: Mi ubbidì al solo udirmi 15, cioè credettero senza vedere, ma solo udendo. Per questo motivo i pagani meritano lode maggiore, poiché i giudei videro il Cristo ma lo uccisero; i pagani invece lo udirono soltanto e credettero in lui. Ma per chiamare alla fede e radunare i pagani perché così si adempisse la profezia che abbiamo cantato poco prima: Radunaci da tutte le nazioni, perché possiamo lodare il tuo santo nome e gloriarci nella tua lode 16, fu inviato l'apostolo Paolo. Il minimo tra gli Apostoli, diventato grande non per virtù propria, ma grazie a Colui ch'egli perseguitava, fu inviato ai pagani, da brigante divenuto pastore, da lupo diventato pecora. Il più piccolo degli Apostoli fu inviato ai pagani 17, e molto si affaticò tra i pagani, e per opera sua i pagani abbracciarono la fede, come attestano le sue Lettere.
La figlia del capo-sinagoga e l'emorroissa.
4. 6. Questo fatto si trova prefigurato simbolicamente e in modo assai profondo anche nel Vangelo. Era morta la figlia di un caposinagoga e suo padre pregava il Signore di recarsi da lei; l'aveva lasciata inferma e in grave pericolo. Il Signore stava recandosi a visitare e a guarire l'inferma, ma nel frattempo un tale recò la notizia che quella figliola era morta e disse al padre: La ragazza è morta; non disturbare più il Maestro 18. Ma il Signore, che sapeva di poter risuscitare i morti, non tolse la speranza a chi l'aveva perduta e disse al padre: Non temere, ma abbi soltanto fiducia 19. Proseguì il cammino verso la casa della ragazza; lungo la strada in mezzo alla folla s'introdusse a spintoni, come le fu possibile, una donna che soffriva di perdite di sangue: a causa di quella malattia che l'affliggeva da lungo tempo aveva speso tutto il suo denaro con i medici senza alcun risultato. Appena riuscì a toccare l'orlo del suo mantello rimase guarita. E il Signore: Chi mi ha toccato? 20, chiese. I discepoli, all'oscuro dell'accaduto e vedendo ch'era premuto dalla folla e che s'era preoccupato solo d'una donna che lo aveva toccato leggermente si stupirono e risposero: La folla ti opprime e tu chiedi chi ti ha toccato? Ma Gesù replicò: Qualcuno mi ha toccato 21. Era vero: quelli spingono, questa invece lo ha solo toccato. Molti dunque opprimono molestamente il corpo di Cristo, solo pochi lo toccano salutarmente. Qualcuno - disse - mi ha toccato; poiché mi sono accorto che un'energia è uscita da me. Ma appena quella vide che non era rimasta nascosta, si gettò ai piedi di Gesù e dichiarò davanti a tutti che cos'era avvenuto. Dopo questo fatto Gesù proseguì il cammino verso il luogo ove era diretto e risuscitò la figliola del capo-sinagoga da lui trovata morta 22.
Questi fatti anche se compiuti realmente dal Signore, possono avere un senso figurato.
5. 7. Il fatto fu compiuto veramente così com'è raccontato, ma tuttavia anche le stesse azioni compiute dal Signore avevano un significato simbolico, come se fossero parole, se così può dirsi, visibili e aventi un loro significato. Ciò è chiaro soprattutto nel fatto che andò a vedere se trovava dei frutti in un albero quando non era la stagione e, poiché non ve li trovò, maledisse l'albero e lo fece seccare 23. Se questo fatto non fosse inteso in senso figurato, sarebbe riconosciuto stolto; sarebbe anzitutto sciocco il fatto d'essere andato a vedere se si trovavano frutti su quell'albero, quando non era la stagione di frutti in alcun albero; in secondo luogo, pur ammesso che fosse già la stagione dei frutti, che colpa avrebbe commesso quell'albero di non portare frutti? Ma la cosa aveva un significato simbolico, che cioè egli cercava non solo delle foglie ma anche dei frutti, ossia non solo le parole ma anche le azioni degli uomini; per questo col far seccare l'albero in cui trovò solo delle foglie volle indicare il castigo per coloro che sono capaci di parlare del bene, ma si rifiutano di compierlo. Così dunque è anche per il fatto qui narrato. Si tratta evidentemente d'un fatto simbolico. Colui che prevede ogni cosa dice: Chi mi ha toccato? 24. Il Creatore ha l'aria di non sapere e domanda, proprio lui che non solo sapeva quello che domandava ma sapeva in antecedenza tutte le altre cose. Si tratta certamente di qualcosa d'importante che Cristo vuol dirci mediante un fatto che ha un suo significato simbolico.
Di che cosa erano figure quelle persone.
5. 8. La figlia del capo-sinagoga era simbolo del popolo giudaico per il quale era venuto il Cristo, che disse: Non sono stato inviato se non alle pecore sperdute della casa d'Israele 25. Al contrario la donna che soffriva perdite di sangue era figura simbolica della Chiesa formata dai provenienti dal paganesimo, ai quali Cristo non era stato inviato con la sua presenza fisica. Egli si recava dalla ragazza malata perché voleva salvarla; quella sopraggiunge, tocca l'orlo del mantello di Gesù che sembra non sappia chi lo tocchi, cioè viene guarita come da uno ch'è lontano. Egli chiede: Chi mi ha toccato? 26. Cioè: non conosco questo popolo. Mi servì un popolo che non conoscevo. Qualcuno mi ha toccato, poiché mi sono accorto che un'energia è uscita da me 27, cioè che il Vangelo è stato diffuso in tutto il mondo e lo ha riempito. Viene poi toccato l'orlo ch'è la più piccola ed ultima parte d'un vestito. Fa' conto che la veste di Cristo siano gli Apostoli. In esso Paolo era come l'orlo, cioè l'ultimo e il più piccolo. Infatti affermò di se stesso l'una e l'altra cosa. Io sono il minimo degli Apostoli 28. Infatti era stato chiamato, aveva creduto dopo tutti gli altri ma guarì più anime che tutti gli altri Apostoli. Il Signore non era stato inviato se non alle pecore sperdute della casa d'Israele, ma poiché lo avrebbero servito e gli avrebbero ubbidito, dando ascolto alla predicazione, anche popoli ch'egli non conosceva, non passò sotto silenzio neppure quelli mentre si trovava lì. Poiché il medesimo Signore dice in un passo: Ho anche altre pecore che non sono in questo ovile. Anche quelle devo condurle dentro in modo che vi sia un unico gregge e un solo pastore 29.
La cananea perseverante nella preghiera.
6. 9. Una di tali pecorelle era questa donna; per questo motivo non veniva trascurata ma la sua aspettativa veniva solo ritardata. Non sono stato inviato - dice Cristo - se non alle pecore sperdute della casa d'Israele 30. Ma quella insisteva gridando, continuava a pregare, a bussare, come se già avesse sentito dire: "Domanda e riceverai, cerca e troverai, bussa e la porta ti verrà aperta". Insistette e bussò. Infatti anche il Signore disse: Domandate e riceverete, cercate e troverete, bussate alla porta e vi sarà aperta 31, ma egli prima aveva detto: Non date ai cani ciò ch'è santo e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e, rivoltandosi contro di voi, vi sbranino 32; vale a dire: perché, dopo aver disdegnato le vostre perle, non vi siano anche molesti. Non gettate quindi loro ciò che disprezzano.
Perché i pagani sono chiamati " cani ".
6. 10. "E come faremo a distinguere - così possiamo immaginare che replicassero - quali sono i porci e quali i cani?". La cosa appare evidente nella risposta data a quella donna. Poiché alle sue insistenze il Signore rispose così: "Non sta bene portar via il cibo ai figli e buttarlo ai cani 33. Tu sei un cane, sei una pagana, adori gl'idoli ". Ma che cos'è tanto abituale ai cani quanto leccare i sassi? Non è dunque giusto portar via il pane ai figli e buttarlo ai cani. Se dopo aver sentito queste parole quella se ne fosse andata via, si sarebbe avvicinata come un cane e come un cane si sarebbe allontanata, ma con il bussare, da cane che era divenne una persona umana. Poiché insistette nel chiedere e, con l'accettare quello che poteva sonare come un rimprovero offensivo, diede prova d'umiltà e ottenne misericordia. In effetti non si turbò né si adirò d'essere stata chiamata "cane" mentre chiedeva una grazia, domandava misericordia. "È vero, Signore 34; mi hai chiamata cane, sono davvero un cane, riconosco il mio nome; è la Verità che parla, ma non per questo devo essere esclusa dal ricevere una grazia. Sono proprio un cane, ma anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni 35. Desidero una grazia piccola piccola, non voglio stare per forza a tavola, cerco solo delle briciole".
A proposito della cananea è messa in risalto l'umiltà.
7. 11. Vedete come è messa in risalto l'umiltà. Il Signore l'aveva chiamata cane; essa non lo negò ma disse di esserlo. E poiché riconobbe d'essere un cane, subito il Signore le disse: "O donna, grande è la tua fede. Accada come tu vuoi 36. Tu ti sei riconosciuta un cane, io perciò ti riconosco ormai come una persona umana. O donna, grande è la tua fede; hai chiesto, hai cercato, hai bussato alla porta; ora ricevi, trova, ti sia aperta la porta". Vedete, fratelli, come soprattutto l'umiltà è stata esaltata nei confronti di questa donna ch'era cananea, che cioè proveniva dal paganesimo ed era prefigurazione, cioè simbolo, della Chiesa. In realtà il popolo giudaico, per essere escluso dal Vangelo, s'era gonfiato di superbia per il fatto d'aver ricevuto la Legge, per il fatto che da esso erano discendenti i Patriarchi, erano usciti i Profeti, e Mosè, il servo di Dio, aveva compiuto nell'Egitto i grandi miracoli che abbiamo sentito ricordati nel salmo 37, aveva condotto il popolo attraverso il Mar Rosso mentre le acque si ritiravano, ricevette la Legge che diede allo stesso popolo. Il popolo giudaico aveva bene dei motivi per vantarsi ed esaltarsi, ma a causa della stessa superbia avvenne che non volle umiliarsi a Cristo, maestro d'umiltà, repressore dell'orgoglio, medico divino, il quale perciò, pur essendo Dio, si fece uomo affinché l'uomo si riconoscesse uomo. È una medicina molto efficace. Se questa medicina non cura la superbia, non so che cosa può curarla. È Dio e si fa uomo: mette da parte la divinità, cioè in qualche modo la depone, ossia nasconde la propria natura e appare la natura assunta. Si fa uomo pur essendo Dio, mentre invece l'uomo non si riconosce uomo, cioè non si riconosce mortale, fragile, peccatore, malato, in modo da ricercare il Medico almeno perché è malato; ma ciò ch'è più pericoloso, gli sembra d'esser sano.
Al posto dei giudei rigettati per la superbia Dio ha chiamato i pagani per la loro umiltà.
8. 12. Quel popolo dunque non si avvicinò al medico per questo motivo, cioè per la superbia. Si parla dei giudei come di rami naturali tagliati via dall'albero dell'ulivo, cioè dal popolo generato dai Patriarchi, rami tagliati giustamente perché sterili a causa dello spirito di superbia; in quell'ulivo fu poi innestato un ulivo selvatico 38. Quest'ulivo selvatico era il popolo dei pagani. Afferma l'Apostolo che l'ulivo selvatico fu innestato nell'ulivo domestico, ma i rami naturali furono tagliati via. Quelli furono tagliati a causa della superbia, l'ulivo selvatico fu invece innestato a causa dell'umiltà. Quest'umiltà era mostrata dalla donna quando diceva: "È vero, Signore 39; sono un cane, desidero solo mangiare le briciole". Per questa umiltà piacque anche il centurione; questo desiderava che il suo servo fosse guarito dal Signore e poiché il Signore gli disse: Verrò io stesso e lo guarirò, egli rispose: Signore, non sono degno che tu entri in casa mia, ma di' solo una parola e il mio servo sarà guarito 40. Non sono degno che tu entri netta mia casa. Non lo accolse nella sua casa ma lo aveva accolto già nel proprio cuore. Quanto più era umile, tanto più ne era capace, tanto più n'era pieno. Alla stessa maniera i colli respingono l'acqua mentre se ne riempiono le valli. Dopo che il centurione aveva detto: Non sono degno che tu entri in casa mia, ecco quanto disse il Signore a quelli che lo seguivano: Vi assicuro che non ho incontrato nessuno in Israele che avesse tanta fede 41; cioè non ho trovato tanta fede tra il popolo al quale sono venuto. Che significa: "Tanta"? "Tanto grande". Che cosa la rendeva così grande? Ciò che vi è di più piccolo, cioè l'umiltà. Non ho trovato tanta fede; simile al granello di senape che quanto più è piccolo, tanto più è fervente. Il Signore innestava già l'ulivo selvatico in quello domestico. Faceva ciò quando diceva: Vi assicuro che non ho trovato tanta fede in Israele.
Nel regno dei cieli non si devono aspettare piaceri terreni.
9. 13. Considera infine ciò che segue. Perciò io vi dico (poiché non ho trovato tanta fede in Israele, cioè tanta umiltà accompagnata dalla fede), perciò io vi dico che verranno molti dall'Oriente e dall'Occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 42. Sederanno a tavola - è detto - cioè riposeranno. Orbene, non dobbiamo immaginare che lì ci siano delle vivande materiali né desiderare qualcosa di simile in quel regno perché in tal caso scambieremmo i vizi con le virtù invece di sostituire le virtù ai vizi. Sono infatti due cose diverse desiderare il regno dei cieli per la sapienza e la vita eterna, e desiderarlo per la felicità terrena, come se lassù potessimo averla più splendida e più ampia. Se tu reputi che in quel regno tu sarai ricco, tu non amputi la cupidigia ma soltanto la muti; ma ciononostante sarai veramente ricco, e lo sarai soltanto lassù. Mi spiego: moltissime cose ammucchia quaggiù chi è bisognoso. Perché i ricchi hanno molti beni? Perché hanno bisogno di molte cose. Chi ha più bisogno si procura più sostanze, ma lassù scomparirà lo stesso bisogno. Tu sarai veramente ricco solo quando non avrai bisogno di nulla. Poiché non è che tu sia ricco e un angelo sia povero perché non ha bestie da soma e carrozze e molti servi. Perché? Perché non ne ha bisogno, perché quanto più è forte tanto meno ne ha bisogno. Sono dunque lassù le ricchezze, le vere ricchezze. Non devi immaginare vivande materiali. I cibi di questa terra sono rimedi necessari ogni giorno, sono indispensabili per la malattia con cui tutti noi veniamo al mondo. Ciascuno sperimenta questa malattia se passa l'ora della refezione. Vuoi vedere quanto pericolosa è questa malattia? È come una febbre acuta che in sette giorni può condurre alla morte. Non ti credere sano. La vera sanità sarà l'immortalità. La sanità di quaggiù è solo una lunga malattia. A te sembra di essere sano perché sostieni questa malattia con rimedi giornalieri; sopprimi questi rimedi e vedrai cosa sarai capace di fare.
La morte è inevitabile fin dalla nascita.
10. 14. Fin dalla nascita siamo esposti a una morte inevitabile. È inevitabile che la malattia, di cui parliamo, conduca alla morte. Così dicono certamente i medici quando visitano i malati. Così dicono, per esempio: "Costui è idropico, è vicino alla morte; è una malattia incurabile. È lebbroso, anche questa malattia è incurabile. Questo è malato di etisia, chi lo può guarire? È inevitabile che perisca, è inevitabile che muoia". Ecco, il medico ha già detto: "È tisico, non può far altro che morire"; eppure talora né l'idropico né il lebbroso né il tisico muore di quella malattia, ma ciononostante è inevitabile che chiunque è nato, in seguito muoia. Muore per questa malattia, non può essere diversamente. Ciò lo dichiara non solo il medico, ma anche un ignorante in medicina; ma se anche muore più tardi forse per questo non morrà? Quando avremo allora la vera sanità, se non quando avremo la vera immortalità? Se dunque ci sarà la vera immortalità e non ci sarà nessuna corruzione, nessun deperimento, che bisogno avremo di nutrirci? Quando dunque senti: Sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe 43, non devi preparare il ventre ma la mente; in essa troverai il tuo appagamento: ha le sue vivande anche lo stesso a "ventre" dell'anima. In rapporto a questo ventre è detto: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati 44. E saranno veramente saziati da non aver fame.
Perché vengono tagliati i rami naturali e s'innesta l'ulivo selvatico?
10. 15. Il Signore dunque innestava già l'ulivo selvatico quando affermava: Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e sederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, cioè saranno innestati nell'ulivo, le cui radici sono Abramo, Isacco e Giacobbe, mentre i figli del regno, cioè i giudei increduli, andranno a finire fuori, nelle tenebre 45. Saranno tagliati i rami naturali affinché venga innestato l'ulivo selvatico. Ma perché mai i rami naturali hanno meritato d'essere tagliati se non a causa della superbia? e l'ulivo selvatico d'essere innestato se non per l'umiltà? Per questo motivo anche quella donna disse: È vero, Signore; ma anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni 46. E per questo sentì dirsi: O donna, grande è la tua fede! 47. Così anche il centurione: Non sono degno che tu entri in casa mia 48. Io vi assicuro [- rispose il Signore -] che non ho trovato tanta fede in Israele 49. Impariamo ad essere o a mantenerci umili. Se non abbiamo ancora l'umiltà, impariamola; se invece l'abbiamo già, non perdiamola. Se non l'abbiamo ancora, cerchiamo d'averla, per essere innestati; se l'abbiamo già, manteniamola per non essere tagliati via.
1 - Cf. Mt 14, 24 ss.
2 - Mt 16, 15-16.
3 - Mt 16, 17-18.
4 - Mt 16, 17-18.
5 - Mt 16, 18.
6 - 1 Cor 1, 12.
7 - 1 Cor 1, 13.
8 - Mt 16, 22.
9 - Mt 16, 23.
10 - Sal 81, 6.
11 - Sal 81, 7.
12 - Mt 16, 17.
13 - Gv 16, 15.
14 - Rm 15, 1.
15 - Mt 16, 15.
16 - Mt 14, 28.
17 - Mt 14, 29.
18 - Ef 5, 8.
19 - 1 Cor 1, 13.
20 - Sal 67, 10.
21 - Sal 67, 10.
22 - 1 Cor 15, 9.
23 - 1 Cor 15, 10.
24 - 1 Cor 15, 10.
25 - 1 Cor 15, 10.
26 - 1 Cor 15, 10.
27 - Cf. 2 Cor 12.
28 - 2 Cor 12, 9.
29 - Mt 14, 28.
30 - Mt 14, 30.
31 - Sal 93, 18.
32 - Sal 93, 18.
33 - Sir 2, 12.
34 - Gi 2, 32.
35 - Mt 14, 31.
36 - Mt 14, 30.
Capitolo IX: Riferire tutto a Dio, ultimo fine
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, se veramente desideri farti santo, devo essere io il tuo supremo ed ultimo fine: un fine che renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso piegati verso te stesso e verso le creature; ed è male giacché, quando in qualche cosa cerchi te stesso, immediatamente vieni meno ed inaridisci. Tutto devi dunque ricondurre, in primo luogo, a me; perché tutto da me proviene. Considera ogni cosa come emanata dal sommo bene, e perciò riferisci tutto a me, come alla sua origine. Acqua viva attingono a me, come a fonte viva, l'umile e il grande, il povero e il ricco. Colui che si mette al mio servizio, con spontaneità e libertà di spirito, riceverà grazia. Invece colui che cerca onore e gloria, non in me, ma altrove; colui che cerca diletto in ogni bene particolare non godrà di quella gioia vera e duratura che allarga il cuore. Anzi incontrerà molti ostacoli ed angustie.
2. Nulla di ciò che è buono devi ascrivere a te; nessuna capacità, devi attribuire ad un mortale. Riconosci, invece, che tutto è di Dio, senza del quale nulla ha l'uomo. Tutto è stato dato da me, tutto voglio riavere; e chiedo con forza che l'uomo me ne sia grato. E' questa la verità, che mette in fuga ogni inconsistente vanteria. Quando verranno la grazia celeste e il vero amore, allora scompariranno l'invidia e la grettezza del cuore; perché l'amore di Dio vince ogni cosa e irrobustisce le forze dell'anima. Se vuoi essere saggio, poni la tua gioia e la tua speranza soltanto in me. Infatti "nessuno è buono; buono è soltanto Iddio" (Lc 18,19). Sia egli lodato, al di sopra di ogni cosa; e sia in ogni cosa benedetto.
Oggi 9 luglio
Beata Edvige Carboni
La Mamma Celeste mi (si) presentò e mi disse: Come siete triste! Tu e tua sorella non avete fede in me, vostra Mamma! E non sai che io sono la tesoriera di tutte le grazie?
Recita ed innalza alla Santissima Trinità questa orazione:
- O Padre, o Figliuolo, o Spirito Santo, o Santissima Trinità, o Gesù e Maria, o Santi del Paradiso, questa grazia domando per il Sangue di Gesù Cristo.
Un giorno, in cotesto mese di luglio mi si presentò Gesù che aveva davanti una statua di marmo; rivoltosi a me, disse: Io sto ritoccando cotesta statua poco per volta. Col mio scarpellino (sic) la ritocco per divenire a perfezione.
Questa statua siete voi, figliuole, ed io vi ritocco ora con una tribolazione, ora con altre; ma voi non siete per niente capaci di soffrire la minima occasione, specie la tua sorella.