Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Gesù Cristo, dopo averci dato tutto quello che poteva darci, vuole ancora farci eredi di ciò che c'è di più prezioso, e cioè della sua Santa Madre. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 3° settimana del tempo di Avvento

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 14

1In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù.2Egli disse ai suoi cortigiani: "Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui".

3Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello.4Giovanni infatti gli diceva: "Non ti è lecito tenerla!".5Benché Erode volesse farlo morire, temeva il popolo perché lo considerava un profeta.
6Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode7che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato.8Ed essa, istigata dalla madre, disse: "Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista".9Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data10e mandò a decapitare Giovanni nel carcere.11La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre.12I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù.

13Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città.14Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare".16Ma Gesù rispose: "Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare".17Gli risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci!".18Ed egli disse: "Portatemeli qua".19E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.20Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati.21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

22Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.23Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
24La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.25Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.26I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura.27Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura".28Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque".29Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.30Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!".31E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?".
32Appena saliti sulla barca, il vento cessò.33Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!".

34Compiuta la traversata, approdarono a Genèsaret.35E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati,36e lo pregavano di poter toccare almeno l'orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano.


Giuditta 11

1Allora Oloferne le rivolse la parola: "Sta' tranquilla, o donna, il tuo cuore non abbia timore, perché io non ho mai fatto male ad alcun uomo che abbia accettato di servire Nabucodònosor, re di tutta la terra.2Quanto al tuo popolo che abita su questi monti, se non mi avessero disprezzato, non avrei alzato la lancia contro di loro; essi stessi si sono procurati tutto questo.3Ma ora dimmi per qual motivo sei fuggita da loro e sei venuta da noi. Certamente sei venuta per trovar salvezza. Fatti animo: resterai viva questa notte e in seguito.4Nessuno ti può fare un torto, ma ti useranno ogni riguardo, come si fa con i servi del mio signore, il re Nabucodònosor".
5Giuditta gli rispose: "Degnati di accogliere le parole della tua serva e possa la tua schiava parlare alla tua presenza. Io non dirò il falso al mio signore in questa notte.6Certo, se vorrai seguire le parole della tua serva, Dio agirà magnificamente con te e il mio signore non fallirà nei suoi progetti.7Perché, per la vita di Nabucodònosor, re di tutta la terra, e per la potenza di lui che ti ha inviato a riordinare ogni essere vivente, non gli uomini soltanto per mezzo tuo lo servono, ma anche le bestie selvatiche e gli armenti e gli uccelli del cielo vivranno in grazia della tua forza per l'onore di Nabucodònosor e di tutta la sua casa.8Abbiamo già conosciuto per fama la tua saggezza e le abili astuzie del tuo genio ed è risaputo in tutta la terra che tu sei il migliore in tutto il regno, esperto nelle conoscenze e meraviglioso nelle imprese militari.9Quanto al discorso tenuto da Achior nella tua riunione, noi ne abbiamo udito il contenuto, perché gli uomini di Betulia l'hanno risparmiato ed egli ha rivelato loro quanto aveva detto davanti a te.10Perciò, signore sovrano, non trascurare le sue parole, ma imprimile bene nella tua memoria perché sono vere: realmente il nostro popolo non sarà punito e non prevarrà la spada contro di lui, se non avrà peccato contro il suo Dio.11Ora perché il mio signore non resti deluso e a mani vuote, sappia che si avventerà la morte contro di loro, perché li stringe il peccato per il quale provocheranno l'ira del loro Dio appena compiranno un gesto inconsulto.12Siccome sono venuti a mancare loro i viveri e tutta l'acqua è stata consumata, han deciso di mettere le mani sul loro bestiame e deliberato di consumare quanto Dio con leggi ha vietato loro di mangiare.13Hanno perfino decretato di dar fondo alle primizie del frumento e alle decime del vino e dell'olio che conservavano come diritto sacro dei sacerdoti che stanno in Gerusalemme e fanno servizio alla presenza del nostro Dio, tutte cose che a nessuno del popolo era permesso neppure di toccare con la mano.14Perciò hanno mandato messaggeri a Gerusalemme, dove anche i cittadini hanno fatto altrettanto, perché riportino loro il permesso da parte del consiglio degli anziani.15Ma, quando riceveranno la risposta e la eseguiranno, in quel giorno preciso saranno messi in tuo potere per l'estrema rovina.16Per questo, io tua serva, conscia di tutte queste cose, sono fuggita da loro e Dio mi ha indirizzata a compiere con te un'impresa che farà stupire la terra ovunque ne giungerà la fama.17La tua serva è religiosa e serve notte e giorno al Dio del cielo. Ora io intendo restare con te, mio signore, ma uscirà la tua serva di notte nella valle; io pregherò il mio Dio ed egli mi rivelerà quando essi avranno commesso i loro peccati.18Allora verrò a riferirti e tu uscirai con tutto l'esercito e nessuno di loro potrà opporti resistenza.19Io ti guiderò attraverso la Giudea, finché giungerò davanti a Gerusalemme e vi porrò in mezzo il tuo trono. Tu li potrai condurre via come pecore senza pastore e nemmeno un cane abbaierà davanti a te. Queste cose mi sono state dette prima, io ne ho avuto la rivelazione e l'incarico di annunziarle a te".
20Le parole di lei piacquero a Oloferne e ai suoi servi, i quali tutti ammirarono la sua sapienza e dissero:21"Da un capo all'altro della terra non esiste donna simile, per la bellezza dell'aspetto e il senno della parola".22E Oloferne le disse: "Bene ha fatto Dio a mandarti avanti al tuo popolo, perché resti nelle vostre mani la forza e coloro che hanno disprezzato il mio signore vadano in rovina.23Tu sei bella d'aspetto e saggia nelle parole; se farai come hai detto, il tuo Dio sarà mio Dio e tu siederai nel palazzo del re Nabucodònosor e sarai famosa in tutto il mondo.


Siracide 30

1Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta,
per gioire di lui alla fine.
2Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio
e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti.
3Chi ammaestra il proprio figlio renderà geloso il
nemico,
mentre davanti agli amici potrà gioire.
4Muore il padre? È come se non morisse,
perché lascia un suo simile dopo di sé.
5Durante la vita egli gioiva nel contemplarlo,
in punto di morte non prova dolore.
6Di fronte ai nemici lascia un vendicatore,
per gli amici uno che sa ricompensarli.
7Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite,
a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto.
8Un cavallo non domato diventa restio,
un figlio lasciato a se stesso diventa sventato.
9Coccola il figlio ed egli ti incuterà spavento,
scherza con lui, ti procurerà dispiaceri.
10Non ridere con lui per non doverti con lui rattristare,
che non debba digrignare i denti alla fine.
11Non concedergli libertà in gioventù,
non prendere alla leggera i suoi difetti.
12Piegagli il collo in gioventù
e battigli le costole finché è fanciullo,
perché poi intestardito non ti disobbedisca
e tu ne abbia un profondo dolore.
13Educa tuo figlio e prenditi cura di lui,
così non dovrai affrontare la sua insolenza.

14Meglio un povero di aspetto sano e forte
che un ricco malato nel suo corpo.
15Salute e vigore valgono più di tutto l'oro,
un corpo robusto più di un'immensa fortuna.
16Non c'è ricchezza migliore della salute del corpo
e non c'è contentezza al di sopra della gioia del cuore.
17Meglio la morte che una vita amara,
il riposo eterno che una malattia cronica.
18Leccornie versate su una bocca chiusa
tali le offerte cibarie poste su una tomba.
19A che serve all'idolo l'offerta di frutti?
Esso non mangia né sente il profumo;
così è il perseguitato dal Signore.
20Osserva con gli occhi e sospira,
come un eunuco che abbraccia una vergine e sospira.

21Non abbandonarti alla tristezza,
non tormentarti con i tuoi pensieri.
22La gioia del cuore è vita per l'uomo,
l'allegria di un uomo è lunga vita.
23Distrai la tua anima, consola il tuo cuore,
tieni lontana la malinconia.
La malinconia ha rovinato molti,
da essa non si ricava nulla di buono.
24Gelosia e ira accorciano i giorni,
la preoccupazione anticipa la vecchiaia.
25Un cuore sereno è anche felice davanti ai cibi,
quello che mangia egli gusta.


Salmi 77

1'Al maestro del coro. Su "Iditum". Di Asaf. Salmo.'
2La mia voce sale a Dio e grido aiuto;
la mia voce sale a Dio, finché mi ascolti.
3Nel giorno dell'angoscia io cerco il Signore,
tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca;
io rifiuto ogni conforto.
4Mi ricordo di Dio e gemo,
medito e viene meno il mio spirito.

5Tu trattieni dal sonno i miei occhi,
sono turbato e senza parole.
6Ripenso ai giorni passati,
ricordo gli anni lontani.
7Un canto nella notte mi ritorna nel cuore:
rifletto e il mio spirito si va interrogando.

8Forse Dio ci respingerà per sempre,
non sarà più benevolo con noi?
9È forse cessato per sempre il suo amore,
è finita la sua promessa per sempre?
10Può Dio aver dimenticato la misericordia,
aver chiuso nell'ira il suo cuore?

11E ho detto: "Questo è il mio tormento:
è mutata la destra dell'Altissimo".
12Ricordo le gesta del Signore,
ricordo le tue meraviglie di un tempo.
13Mi vado ripetendo le tue opere,
considero tutte le tue gesta.

14O Dio, santa è la tua via;
quale dio è grande come il nostro Dio?
15Tu sei il Dio che opera meraviglie,
manifesti la tua forza fra le genti.
16È il tuo braccio che ha salvato il tuo popolo,
i figli di Giacobbe e di Giuseppe.

17Ti videro le acque, Dio,
ti videro e ne furono sconvolte;
sussultarono anche gli abissi.
18Le nubi rovesciarono acqua,
scoppiò il tuono nel cielo;
le tue saette guizzarono.
19Il fragore dei tuoi tuoni nel turbine,
i tuoi fulmini rischiararono il mondo,
la terra tremò e fu scossa.

20Sul mare passava la tua via,
i tuoi sentieri sulle grandi acque
e le tue orme rimasero invisibili.
21Guidasti come gregge il tuo popolo
per mano di Mosè e di Aronne.


Isaia 41

1Ascoltatemi in silenzio, isole,
e voi, nazioni, badate alla mia sfida!
Si accostino e parlino;
raduniamoci insieme in giudizio.
2Chi ha suscitato dall'oriente
colui che chiama la vittoria sui suoi passi?
Chi gli ha consegnato i popoli
e assoggettato i re?
La sua spada li riduce in polvere
e il suo arco come paglia dispersa dal vento.
3Li insegue e passa oltre, sicuro;
sfiora appena la strada con i piedi.
4Chi ha operato e realizzato questo,
chiamando le generazioni fin dal principio?
Io, il Signore, sono il primo
e io stesso sono con gli ultimi.
5Le isole vedono e ne hanno timore;
tremano le estremità della terra,
insieme si avvicinano e vengono.

8Ma tu, Israele mio servo,
tu Giacobbe, che ho scelto,
discendente di Abramo mio amico,
9sei tu che io ho preso dall'estremità della terra
e ho chiamato dalle regioni più lontane
e ti ho detto: "Mio servo tu sei
ti ho scelto, non ti ho rigettato".
10Non temere, perché io sono con te;
non smarrirti, perché io sono il tuo Dio.
Ti rendo forte e anche ti vengo in aiutoe ti sostengo con la destra vittoriosa.
11Ecco, saranno svergognati e confusi
quanti s'infuriavano contro di te;
saranno ridotti a nulla e periranno
gli uomini che si opponevano a te.
12Cercherai, ma non troverai,
coloro che litigavano con te;
saranno ridotti a nulla, a zero,
coloro che ti muovevano guerra.
13Poiché io sono il Signore tuo Dio
che ti tengo per la destra
e ti dico: "Non temere, io ti vengo in aiuto".
14Non temere, vermiciattolo di Giacobbe,
larva di Israele;
io vengo in tuo aiuto - oracolo del Signore-
tuo redentore è il Santo di Israele.
15Ecco, ti rendo come una trebbia acuminata, nuova,
munita di molte punte;
tu trebbierai i monti e li stritolerai,
ridurrai i colli in pula.
16Li vaglierai e il vento li porterà via,
il turbine li disperderà.
Tu, invece, gioirai nel Signore,
ti vanterai del Santo di Israele.
17I miseri e i poveri cercano acqua ma non ce n'è,
la loro lingua è riarsa per la sete;
io, il Signore, li ascolterò;
io, Dio di Israele, non li abbandonerò.
18Farò scaturire fiumi su brulle colline,
fontane in mezzo alle valli;
cambierò il deserto in un lago d'acqua,
la terra arida in sorgenti.
19Pianterò cedri nel deserto,
acacie, mirti e ulivi;
porrò nella steppa cipressi,
olmi insieme con abeti;
20perché vedano e sappiano,
considerino e comprendano a un tempo
che questo ha fatto la mano del Signore,
lo ha creato il Santo di Israele.

21Presentate la vostra causa, dice il Signore,
portate le vostre prove, dice il re di Giacobbe.
22Vengano avanti e ci annunzino
ciò che dovrà accadere.
Narrate quali furono le cose passate,
sicché noi possiamo riflettervi.
Oppure fateci udire le cose future,
così che possiamo sapere quello che verrà dopo.
23Annunziate quanto avverrà nel futuro
e noi riconosceremo che siete dèi.
Sì, fate il bene oppure il male
e lo sentiremo e lo vedremo insieme.
24Ecco, voi siete un nulla,
il vostro lavoro non vale niente,
è abominevole chi vi sceglie.
25Io ho suscitato uno dal settentrione ed è venuto,
dal luogo dove sorge il sole l'ho chiamato per nome;
egli calpesterà i potenti come creta,
come un vasaio schiaccia l'argilla.
26Chi lo ha predetto dal principio, perché noi lo sapessimo,
chi dall'antichità, così che dicessimo: "È vero"?
Nessuno lo ha predetto,
nessuno lo ha fatto sentire,
nessuno ha udito le vostre parole.
27Per primo io l'ho annunziato a Sion
e a Gerusalemme ho inviato un messaggero di cose liete.
28Guardai ma non c'era nessuno,
tra costoro nessuno era capace di consigliare;
nessuno da interrogare per averne una risposta.
29Ecco, tutti costoro sono niente;
nulla sono le opere loro, vento e vuoto i loro idoli.


Prima lettera ai Corinzi 16

1Quanto poi alla colletta in favore dei fratelli, fate anche voi come ho ordinato alle Chiese della Galazia.2Ogni primo giorno della settimana ciascuno metta da parte ciò che gli è riuscito di risparmiare, perché non si facciano le collette proprio quando verrò io.3Quando poi giungerò, manderò con una mia lettera quelli che voi avrete scelto per portare il dono della vostra liberalità a Gerusalemme.4E se converrà che vada anch'io, essi partiranno con me.
5Verrò da voi dopo aver attraversato la Macedonia, poiché la Macedonia intendo solo attraversarla;6ma forse mi fermerò da voi o anche passerò l'inverno, perché siate voi a predisporre il necessario per dove andrò.7Non voglio vedervi solo di passaggio, ma spero di trascorrere un po' di tempo con voi, se il Signore lo permetterà.8Mi fermerò tuttavia a Èfeso fino a Pentecoste,9perché mi si è aperta una porta grande e propizia, anche se gli avversari sono molti.10Quando verrà Timòteo, fate che non si trovi in soggezione presso di voi, giacché anche lui lavora come me per l'opera del Signore.11Nessuno dunque gli manchi di riguardo; al contrario, accomiatatelo in pace, perché ritorni presso di me: io lo aspetto con i fratelli.12Quanto poi al fratello Apollo, l'ho pregato vivamente di venire da voi con i fratelli, ma non ha voluto assolutamente saperne di partire ora; verrà tuttavia quando gli si presenterà l'occasione.
13Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti.14Tutto si faccia tra voi nella carità.15Una raccomandazione ancora, o fratelli: conoscete la famiglia di Stefana, che è primizia dell'Acaia; hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli;16siate anche voi deferenti verso di loro e verso quanti collaborano e si affaticano con loro.17Io mi rallegro della visita di Stefana, di Fortunato e di Acàico, i quali hanno supplito alla vostra assenza;18essi hanno allietato il mio spirito e allieteranno anche il vostro. Sappiate apprezzare siffatte persone.
19Le comunità dell'Asia vi salutano. Vi salutano molto nel Signore Àquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa.20Vi salutano i fratelli tutti. Salutatevi a vicenda con il bacio santo.
21Il saluto è di mia mano, di Paolo.22Se qualcuno non ama il Signore sia anàtema. 'Maranà tha': vieni, o Signore!23La grazia del Signore Gesù sia con voi.24Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù!


Capitolo XXXVI: Contro i vuoti giudizi umani

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1. O figlio, poni saldamente il tuo cuore nel Signore; e se la coscienza ti proclama onesto e senza colpa, non temere il giudizio degli uomini. Cosa buona e santa è sopportare il giudizio umano; cosa non gravosa per chi è umile di cuore e confida in Dio, più che in se stesso. C'è molta gente che parla tanto: e, perciò, poco è il credito che le si deve dare. Del resto, fare contenti tutti non è possibile. Che se Paolo cercò di piacere a tutti nel Signore e si fece "tutto per tutti" (1Cor 9,22), tuttavia non diede alcuna importanza al fatto d'essere giudicato da questo tempo"(1Cor 4,3). Egli operò grandemente, con tutto se stesso e con tutte le sue forze, per l'edificazione e la salvezza del prossimo; ma non poté impedire che talvolta fosse giudicato e persino disprezzato dagli altri. Per questo, tutto mise nelle mani di Dio, a cui tutto è noto. Con la pazienza e con l'umiltà egli si difese dalla sfrontatezza di quelli che dicevano iniquità o pensavano vuotaggini e menzogne o buttavano fuori ogni cosa a loro capriccio: pur talvolta rispondendo, perché dal suo silenzio non nascesse scandalo ai deboli.

2. "Chi sei tu mai, per avere paura di un uomo mortale? " (Is 51,12). L'uomo, oggi c'è, e domani non lo si vede più. Temi Iddio, e non ti sgomenterai di ciò che può farti paura da parte degli uomini. Che cosa può un uomo contro di te, con parole e improperi? Egli nuoce a se stesso, più che a te; né potrà sfuggire al giudizio di Dio, chiunque egli sia. Per quanto ti riguarda, tu tieni fissi gli occhi in Dio, e "non voler opporti a lui, con parole di lamento" ("Tm 2,14). Che se, al momento, sembra che tu soccomba e che tu sia coperto di vergogna immeritata, non devi, per questo, sdegnarti; né devi fare che sia più piccolo il tuo premio, per difetto di pazienza. Guarda, invece, a me, cui è dato di strappare l'uomo da ogni ingiustizia, "rendendo a ciascuno secondo le sue opere" (Mt 16,27; Rm 2,6).


DISCORSO 326 NEL NATALE DEI MARTIRI

Discorsi - Sant'Agostino

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I Martiri, senza impedimenti, si affrettavano verso la felicità.

1. La solennità dei beatissimi martiri ci restituisce un giorno assai lieto. Ci rallegriamo che i martiri, dalla terra della fatica, sono passati nella regione del riposo: e questo non a passo di danza, ma con la preghiera; non lo meritarono con l'intemperanza, ma col digiuno; non in contese, ma nella pazienza. I genitori si afflissero, credo, quando si separarono diretti al martirio: quelli, però, si rallegravano, ripetendo: Ho provato grande gioia alle parole che mi sono state rivolte, andremo alla casa del Signore 1. No, non piangete, o genitori, la nostra felicità. Se volete che i figli da voi cresciuti non finiscano nell'inferno; in luogo di trattenerli, è vostro dovere imitarli. Erano consapevoli, quelli, della meta verso la quale erano incamminati, mentre i genitori, privi di fede, piangevano senza ragione. Allora, per affetto, piangevano i loro figli secondo la carne: in seguito, per la fede in Dio, dicevano: Hai mutato il mio pianto nella mia grande gioia, mi hai strappato di dosso la mia veste di sacco e mi hai rivestito di letizia 2. Voglia il cielo, fratelli, che si rompa in noi il sacco della penitenza e si riversi fuori il prezzo del perdono! Qui i martiri deposero ogni carico dei guadagni di questo mondo, qui l'abbandonarono e, senza bagagli, come bravi soldati, percorsero in fretta la via che conduce alla vita, come è stato scritto: Simili a chi non ha nulla e tutto possiede 3. E, in realtà, niente avevano sulla terra, ma in cielo possedevano la felicità eterna. Fedelmente, si affrettavano verso il cielo e, sicuri, acceleravano il passo lungo la via della vita; pur trovandosi ancora a distanza, tendevano le mani alla palma della vittoria. Correte, o Santi; correte in tal modo per afferrarla. Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono 4. Non è limitato nello spazio: chiunque vuole essere felice, si affretti verso il regno dei cieli. Per nessuno è chiuso, a meno che non si tratti di chi si esclude da sé. Cristo è pronto ad accogliere i suoi confessori. Egli dice dall'alto: Il mio sguardo è su di voi, vi aiuterò mentre siete nella lotta, vi coronerò vincitori.

Le domande del persecutore e le risposte dei Martiri.

2. In possesso di questa promessa, i martiri non fecero alcun conto dei terrori e delle minacce del persecutore. A costui che diceva: "Sacrificate agli idoli", risposero: "Non lo facciamo, perché nei cieli abbiamo il Dio eterno, al quale sempre offriamo il sacrificio; infatti non sacrifichiamo ai demoni". E il giudice: "Per quale ragione, dunque, compite contro ordine riti sacri?". Risposero: "Perché il Maestro che è in cielo ci dice nel Vangelo: Chiunque avrà lasciato padre e madre, e moglie e figli, e tutto ciò che possiede, per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna 5 ". E il giudice: "Dunque, non vi sottomettete agli ordini degli Imperatori?". E risposero: "No". E quello: "Su quale potere potete allora contare nel caso veniate a trovarvi in preda ai supplizi?". E i martiri affermarono: "Siamo portatori della potenza del Re eterno, pertanto non diamo importanza al potere di un uomo mortale". Condotti allora in carcere, furono caricati di catene. Quanto spesso fu detto dagli empi: Dov'è il loro Dio? 6 Venga pure il loro Dio, nel quale credettero, a liberarli dalle carceri, a sottrarli alla spada, a scamparli dalle belve. Queste espressioni essi avevano, ma non smuovevano quelli fondati sulla roccia. Essi infierivano, ma quelli erano senza timore. Sapevano dove li lasciavano e dove si affrettavano. I martiri confessori sono coronati, e sono restati i giudici disertori. Dio vuole provare qualsiasi cristiano, così che, una volta provato, lo corona insieme ai martiri.

 


1 - Sal 121, 1.

2 - Sal 29, 12.

3 - 2 Cor 6, 10.

4 - Mt 11, 12.

5 - Mt 19, 29.

6 - Sal 113, 2.


7 - Maria santissima prepara i pannicelli e le fasce per il bambino divino con l'ardentissimo desiderio di vederlo già nato.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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438. La divina gravidanza della Madre del Verbo eterno era già molto inoltrata. Ella sapeva, nella sua prudenza, che era necessario preparare i pannicelli e tutto l'occorrente per il parto tanto atteso, tuttavia, nulla volle disporre senza la volontà del Signore e del suo santo sposo, per adempiere in tutto la legge divina, come serva ubbidiente e fedelissima. E sebbene avrebbe potuto operare da sé quello che era esclusivo compito di madre - l'unica Madre del suo santissimo Figlio, al cui concepimento nessun'altra creatura aveva avuto parte - tuttavia non lo fece, senza prima parlarne al santo sposo Giuseppe, cui disse: «Signore mio, è già tempo di preparare le cose necessarie per la nascita del mio santissimo Figlio. E sebbene sua Maestà infinita vuole essere trattato come i figli degli uomini, umiliandosi a patire le loro pene, però, da parte nostra è giusto che, nel servirlo, onorarlo ed assisterlo, lo riconosciamo come nostro vero Dio, re e Signore. Se mi date il permesso, incomincerò a preparare le fasce e i pannicelli per avvolgerlo. Io ho una tela filata con le mie mani, che può servire adesso per i primi pannolini; voi, o signore, ne procurerete un'altra di lana, che sia soffice, morbida e di modesto colore, per formare altri pannicelli. In futuro gli farò una tunica inconsutile, tessuta, a lui adatta. E affinché compiamo ciò nel modo giusto, eleviamo una speciale orazione chiedendo a sua Altezza che ci illumini, ci guidi e ci manifesti la sua divina volontà in modo da procedere con il suo maggior compiacimento».

439. «Sposa e signora mia - rispose san Giuseppe - se con lo stesso sangue del cuore fosse possibile servire il mio Dio e Signore ed eseguire ciò che comandate, io mi riterrei soddisfatto e fortunato di spargerlo con atrocissimi tormenti. In mancanza di ciò vorrei possedere ricchi tesori e broccati, per potervi servire in questa occasione. Disponete, dunque, quello che sarà conveniente, perché in tutto voglio ubbidirvi come vostro servo». Dopo che ebbero pregato insieme, l'Altissimo rispose a ciascuno, in disparte, con le medesime parole, ripetendo quanto più volte aveva manifestato alla sovrana Signora, e dicendo: «Io sono sceso dal cielo sulla terra per innalzare l'umiltà ed umiliare la superbia; per onorare la povertà e disprezzare le ricchezze; per abolire la vanità e dare fondamento alla verità e per conferire degna stima ai travagli dell'uomo. E perciò è mia volontà che, nell'umanità da me assunta, mi trattiate all'esterno come se fossi vostro figlio; e nell'interno mi riconosciate invece come Figlio dell'eterno Padre e vero Dio, con la venerazione e l'amore che come uomo e Dio mi sono dovuti».

440. Maria santissima e san Giuseppe rafforzati da questa divina voce nella sapienza, con la quale dovevano allevare il bambino Dio, concertarono fra di loro il più nobile e perfetto modo di venerarlo come vero Dio infinito, e di trattarlo allo stesso tempo, agli occhi del mondo, come se egli fosse loro figlio: tale lo avrebbero creduto gli uomini, come il Signore stesso voleva. Adempirono così, pienamente, questo accordo, con meraviglia per il cielo; ma in seguito dirò qualcosa in più a questo proposito. Stabilirono così che nel loro stato di povertà era conveniente rendere ossequio al bambino Dio, per quanto fosse possibile, senza eccedere né lesinare, affinché il mistero del re restasse celato sotto il velo dell'umile povertà, ed il loro infiammato amore non venisse defraudato in ciò che eseguivano. Subito, san Giuseppe come contraccambio di alcuni lavori fatti con le sue mani si fece dare due tele di lana, conforme a quanto aveva detto la divina sposa, una bianca e l'altra di colore più sfumata sul bruno che sul grigio: le migliori che poté trovare. La divina Regina tagliò con queste i primi pannolini per il suo santissimo Figlio; e con la tela, che aveva filato, tagliò le camiciole e i panni per avvolgerlo. Era questa tela molto delicata, veramente uscita da tali mani; ed ella la iniziò a filare dal giorno in cui entrò in casa sua con san Giuseppe, con il proposito di portarla in offerta al tempio. Questo suo desiderio si cambiò in un altro migliore; e con la tela che avanzò, preparato l'occorrente per il divino bambino, poté compiere l'offerta al tempio santo di Gerusalemme. La Vergine santissima cucì con le proprie mani tutto ciò che era necessario per il parto divino, rimanendo sempre genuflessa e versando lacrime d'incomparabile devozione. San Giuseppe cercò i fiori e le erbe aromatiche che poté trovare; con questi la diligente Madre preparò un'acqua dal profumo angelico, asperse le fasce consacrate per la vittima in previsione del sacrificio', le piegò, le assestò e le pose in una cassettina, che portò poi con sé a Betlemme.

441. Tutte queste opere della Principessa del cielo si devono intendere e soppesare non così crude e senz'anima, come io le sto riferendo, ma rivestite di bellezza, di santità, magnificenza e perfezione a tal punto che l'umano giudizio giammai può investigare: ella trattava tutte le opere della sapienza divina come Madre della stessa sapienza e regina di tutte le virtù. Offriva il sacrificio della dedicazione del tempio del Dio vivente nella santissima umanità di suo Figlio, che doveva venire al mondo. La sovrana Signora conosceva, più di tutte le altre creature, l'altezza incomparabile del mistero dell'incarnazione del Verbo e della sua venuta al mondo. E non incredula, ma stupefatta, con infiammato amore e con profonda venerazione ripeteva molte volte ciò che diceva Salomone quando edificava il tempio: «Come sarà possibile che Dio abiti con gli uomini sulla terra? Se tutto il cielo e i cieli dei cieli sono angusti per contenerlo, quanto più non lo sarà questa dimora dell'umanità, che si è edificata nel mio grembo?». E se quel tempio, che servì solamente perché Iddio vi ascoltasse le preghiere che in esso si elevavano, fu costruito e dedicato con un tal sfarzo e sfoggio di tesori d'oro e di argento, e di sacrifici, cosa non doveva fare la Madre del vero Salomone nell'edificazione e nella dedicazione del tempio vivo, in cui abitava corporalmente la pienezza della divinità'? Tutto ciò che in figure contenevano quei sacrifici e quei tesori innumerevoli, offerti nel tempio simbolico, fu adempito da Maria santissima non con preparativi d'oro, di argento e con broccati - perché in questo tempo Dio non esigeva tali offerte - ma con eroiche virtù e con le ricchezze della grazia e dei doni dell'Altissimo, con i quali innalzava cantici di lode. Offriva olocausti dal suo ardentissimo cuore; scorreva tutta la sacra Scrittura e applicava a questo mistero gli inni, i salmi e i cantici, aggiungendovi molto di più. Imitava e realizzava le figure antiche con l'esercizio delle virtù e con gli atti interiori ed esteriori. Invitava e chiamava tutte le creature a lodare Dio, a dare onore, lode e gloria al loro creatore, e ad aspettarlo per essere santificate dalla sua venuta al mondo. In molte di queste opere l'accompagnava il fortunato e felicissimo sposo Giuseppe.

442. Non vi è lingua né intelletto umano capace di spiegare gli altissimi meriti che accumulò la Principessa del cielo con questi atti ed esercizi e tantomeno il compiacimento che ne riceveva il Signore. Se il minor grado di grazia che qualsiasi creatura riceve, con un atto di virtù che esercita, vale più di tutto l'universo, quale valore di grazia non dovette acquistare colei che non solo superò gli antichi sacrifici, le offerte, gli olocausti e tutti i meriti degli uomini, ma di gran lunga anche quelli dei supremi serafini? Attendendo il proprio figlio e vero Dio, per riceverlo nelle sue braccia, allevarlo al suo seno, alimentarlo con le sue mani, curarlo e servirlo - adorandolo fatto uomo dalla sua stessa carne e dal suo stesso sangue - gli affetti amorosi della divina Signora arrivavano a tal punto che in questo dolcissimo incendio di amore si sarebbe consumata se per la miracolosa assistenza di Dio non fosse stata preservata dalla morte, confortata, e corroborata nelle forze. E molte volte avrebbe perduto la vita se non gliela avesse mantenuta il suo santissimo Figlio. Ella costantemente lo rimirava nel seno verginale e con chiarezza divina vedeva la sua umanità unita alla divinità e tutti gli atti interiori di quella santissima anima: la forma e la posizione del corpo, e le orazioni che faceva per lei, per san Giuseppe, per tutto il genere umano e in particolar modo per quelli predestinati. Maria santissima conosceva tutti questi misteri, e nell'imitazione e nella preghiera di lode s'infiammava tutta, come colei che teneva racchiuso nel suo seno il fuoco che illumina e non consuma.

443. Nell'ardore amoroso della divina fiamma, diceva alcune volte, parlando con il suo santissimo Figlio: «Amor mio dolcissimo, Creatore dell'universo, quando godranno gli occhi miei della luce del vostro divino volto? Quando si consacreranno le mie braccia all'altare dell'ostia che attende il vostro eterno Padre? Quando bacerò come serva il luogo dove poseranno i vostri piedi, e giungerò come madre al bacio" desiderato dall'anima mia, affinché mi renda partecipe con il vostro divin fiato del vostro stesso Spirito? Quando la luce inaccessibile che siete voi', o Dio vero da Dio vero e luce da luce, si manifesterà ai mortali dopo tanti secoli che vi hanno tenuto nascosto alla nostra vista? Quando i figli di Adamo, schiavi per le loro colpe, conosceranno il loro Redentore, vedranno la loro salvezza' e troveranno il loro maestro'°, fratello e vero padre? O luce dell'anima mia, virtù mia, diletto mio, per cui vivo morendo! Figlio delle mie viscere, come eserciterà il compito di madre colei che non sa farlo nemmeno come serva, e non merita tale titolo? Con quale dignità vi tratterò, io che sono un povero e vile vermiciattolo? Come vi servirò ed assisterò, essendo voi santità e bontà infinita, ed io polvere e cenere? Come ardirò parlare alla vostra presenza, e stare dinanzi al vostro divin cospetto? Voi, o Signore di tutto il mio essere, che avete scelto me, infima tra le figlie di Adamo, illuminate voi le mie azioni, guidate i miei desideri ed infiammate i miei affetti, cosicché in tutto riesca a darvi onore e compiacimento. Ma che farò io, mio Bene, se voi uscite dal mio seno per soffrire oltraggi e morire per il genere umano? Come non morire con voi, accompagnandovi al sacrificio, essendo voi il mio essere e la mia vita? Tolga la mia vita la causa ed il motivo che devono togliere la vostra, giacché stanno così unite. Molto meno della vostra morte basterà per redimere il mondo e migliaia di mondi: muoia, dunque, io per voi, e patisca le vostre ignominie; e voi con il vostro amore e con la vostra luce santificate il mondo ed illuminate le tenebre dei mortali. E se non è possibile revocare il decreto dell'eterno Padre, affinché sia più copiosa la redenzione" e resti soddisfatta la vostra altissima carità, ricevete il mio amore e possa io aver parte in tutti i travagli della vostra vita, perché siete mio Figlio e Signore».

444. La ricchezza di questi ed altri dolcissimi sentimenti rendevano bellissima la Regina dei cieli agli occhi del Principe dell'eternità, che ella portava nel talamo del suo seno verginale. E tutte queste affettuose espressioni si riproducevano in lei secondo i movimenti di quella santissima umanità divinizzata, perché la degna Madre li osservava per imitarli. Talvolta il divino bambino nella santa dimora si metteva in ginocchio per pregare il Padre; altre volte a forma di croce: esercitandosi già fin d'ora in vista del sacrificio. E di là osservava attentamente - come dal supremo trono dei cieli fa adesso - e conosceva con la sua sapienza tutto quello che ora conosce, senza che gli si potesse nascondere alcuna creatura presente, passata o futura con tutti i suoi pensieri e movimenti: e tutti riguardava come maestro e Redentore. Questi misteri erano manifesti alla sua divina Madre che per corrispondere a tale scienza si trovava piena di grazie e di doni celesti; e perciò operava in tutto con pienezza e santità, che non vi sono parole adeguate con cui spiegarlo. Ma se il nostro giudizio non è cieco ed il nostro cuore non è duro ed insensibile come pietra, non sarà possibile che alla vista di opere così efficaci ed ammirabili non si sentano feriti da dolore amoroso e da umile gratitudine.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

445. Da questo capitolo, figlia mia, io desidero che tu rimanga istruita sulla decenza con cui si devono maneggiare tutte le cose consacrate e dedicate al culto divino; e che ne resti ripresa l'irriverenza con cui viene offeso il Signore, in questa materia, perfino dai suoi stessi ministri. Essi non devono biasimare né dimenticare il risentimento che sua Maestà nutre contro di loro per l'indecenza e l'ingratitudine con cui trattano gli ornamenti e le cose sacre, che ordinariamente tengono tra le mani senza attenzione né alcun rispetto. E molto più grande è l'indignazione dell'Altissimo contro coloro che ritraggono frutti e guadagni dal suo sangue preziosissimo, spendendoli e sperperandoli in cose vane, turpi, profane e poco decorose. Per i loro divertimenti vanno alla ricerca di ciò che è più prezioso e stimabile; mentre per il culto e l'onore del Signore si servono di ciò che è più grossolano, spregiato e vile. E quando questo accade, specialmente per i teli di lino che toccano il corpo o il sangue del mio santissimo Figlio, come i corporali e i purificatoi, voglio che sappi come sono mortificati i santi angeli che assistono all'eminente ed altissimo sacrificio della Messa: ritraggono lo sguardo da simili ministri e si meravigliano che l'Onnipotente usi con loro tanta indulgenza e dissimuli la loro temerarietà ed insolenza. E sebbene non tutti incorrono in questa colpa, tuttavia sono molti i delinquenti e pochi quelli che si contraddistinguono nello zelo e nella cura del culto divino, trattando gli oggetti sacri col giusto rispetto: ed anche tra questi pochi, non tutti fanno ciò con retta intenzione e per dovuta riverenza, ma per vanità o per altri fini terreni. In questo modo vengono ad essere molto rari quelli che con animo puro e sincero adorano il Creatore in spirito e verità.

446. Considera, carissima, quanto ciò debba sensibilizzare noi che stiamo sotto lo sguardo attento dell'Altissimo: se da un lato conosciamo la sua bontà immensa che creò gli uomini affinché lo adorassero e gli dessero riverenza e culto - e perciò infuse questa legge nella loro stessa natura e diede loro in potere, con liberalità, tutto il resto delle creature - dall'altro siamo costretti ad osservare 1'ingratitudine con la quale essi corrispondono al loro immenso creatore. Essi ricevono i beni dalla sua mano generosa e si comportano in modo meschino, lesinandogli persino l'onore: a tal fine scelgono, infatti, ciò che è più vile ed abietto; per la loro vanità, invece, ciò che è più prezioso e pregevole. Questa colpa è poco considerata e conosciuta; perciò voglio che tu non solo la pianga con sincero dolore, ma che faccia tutto il possibile, finché sarai superiora, per riparare tale errore. Dà il meglio al Signore, ed ammonisci le tue suore affinché, con il cuore colmo di rettitudine e devozione, si studino di venerare e mantenere monde le cose sacre, e non solo per il loro monastero, ma anche per le chiese povere che non sono provviste di corporali e altri oggetti ornamentali. Ed abbiano la ferma certezza che il Signore premierà il santo zelo per il suo sacro culto, e come Padre verrà incontro alla loro povertà e alle necessità del convento, che non dovrà mai più soffrire l'indigenza. Questo è l'ufficio più consono ed adatto alle spose di Cristo; ed in esso dovrebbero esercitarsi nel tempo che avanza dopo il coro e gli altri impegni dell'obbedienza. E se tutte le suore abbracceranno, con retto fine, le occupazioni oneste, lodevoli e gradite a Dio niente mancherà loro per il sostentamento della vita e già sulla terra vivranno in una condizione angelica e celeste. E proprio perché non vogliono attendere a questo servizio del Signore, molte, abbandonate dalla sua mano, si voltano verso pericolose leggerezze e distrazioni che essendo tanto abominevoli, agli occhi miei, non voglio che tu le scriva o le pensi se non per il solo motivo di piangerle nel tuo cuore e di chiedere a Dio il rimedio dei peccati che tanto lo irritano, offendono e disgustano.

447. Dal momento che il mio cuore è incline a rimirare amorosamente le monache del tuo convento, voglio che in nome mio e da parte mia tu le ammonisca a vivere sempre ritirate e morte al mondo, dimenticando tutto ciò che vi è in esso. Inoltre, la conversazione tra loro sia sulle cose celesti e divine e, soprattutto, cerchino di conservare intatta la pace e la carità. E se in ciò saranno ubbidienti, io prometto loro - come faccio con te - la mia eterna protezione quale Madre, rifugio e difesa. E similmente se non mi tradiranno, offrirò loro la mia continua ed efficace intercessione presso il mio santissimo Figlio. Per ottenere tutto ciò, inculcherai in loro speciale devozione e amore verso di me: siano essi impressi nel cuore, giacché con questa fedeltà otterranno tutto quello che tu desideri e che io farò per loro. Ed ancora con gioia si applichino prontamente alle cose del culto divino, ricordando quello che io facevo per il servizio del mio santissimo Figlio e del tempio. Voglio, inoltre, che sappi come i santi angeli restavano meravigliati dello zelo, della sollecitudine e dell'attenzione con cui io maneggiavo tutte le cose che dovevano servire al mio Figlio e Signore. Questa premura amorosa e riverente mi fece preparare tutto quello che era necessario per allevarlo, senza che mi mancasse - come alcuni credono - alcunché per coprirlo e accudirlo, perché come potrai intuire, in tutta questa Storia, non si confaceva, né alla mia accortezza e tantomeno al mio amore, l'essere negligente o distratta in questo servizio.


1 aprile 1947

Maria Valtorta

 [Della stessa data è il capitolo 594 dell'opera L'EVANGELO]
   

   «Io sempre verrò. E per te sola. E sarà ancora più dolce perché sarò tutto per te… Non ti leverò nulla di ciò che hai meritato: vedermi e sentirmi. Ti porterò più su… Finora dovevi essere anche Marta perché dovevi lavorare attivamente per essere il portavoce. D'ora in poi contemplerai soltanto… Ed Io verrò a te… e ti smemorerò del mondo nel mio amore.»
 Dalle parole di Gesù a me, del 14 marzo 19471.


   Martedì Santo 1947


   (1° aprile - 14° anniversario della mia crocifissione)2

   Dice Gesù:
   «Prima del grande silenzio del Venerdì Santo, come agli Apostoli, il Verbo vuole parlare alle anime che ama per dare i consigli dell'amore. Vi appaio già legato e dolente nelle membra. Ma l'amore non conosce catene, e forte e sano è l'Amore per voi.
   Sempre Gesù ha desiderio di parlare ai suoi diletti. Ho ardente desiderio di comunicarmi con la parola alle anime che, come fiori, nella notte si ergono alle stelle, col calice aperto a bere la rugiada che piove dal cielo e ristora dalle vampe del giorno, e si piegano ansiosi versol'Oriente, per accogliere la luce dell'aurora a conforto delle notturne tenebre.
   L'Oriente: Io.
   Il giorno: il mondo che avvampa e spossa.
   La rugiada: la Sapienza che vi parla.
   Le notturne tenebre: ancora il mondo coi suoi interessi ed egoismi, il mondo che penetra dapertutto e offusca con le nebbie pesanti del fumigante io anche là dove dovrebbe aversi soltanto aria luminosa di carità.
   L'aurora: Io che vengo, Luce gioconda a chi mi vuole accogliere.
   E Io vi dico: Siate buoni e imitatori miei nella vostra "piccola" passione. Così "piccola" rispetto alla mia!
   Abbiate carità che si effonde umile e generosa anche ai colpevoli, come l'ebbi Io nell'ultima Cena.
   Abbiate fusione totale alla Volontà di Dio come l'ebbi Io nel Getsemani. Non giungerete mai al sudor sanguigno, perché ciò che il Cielo richiede alle creature è un nulla rispetto al tutto che fu ciò che il Cielo a Me richiese.
   Abbiate saluto di amicizia anche per il Giuda che è ovunque sono un maestro e dei discepoli.
   Abbiate l'eroismo del silenzio nelle offese, e del parlare a tempo giusto per servire la Verità e glorificare Iddio, come lo ebbi Io nelle aule del Sinedrio e del Pretorio e nelle sale infami della reggia di Erode.
   Abbiate sollecita premura di sottomettervi ai tormenti, di caricarvi del vostro dolore, come l'ebbi Io sottomettendomi ai flagelli e abbracciando la Croce.
   Abbiate costanza nel salire anche se la croce vi aggrava, e non vi accasciate se la debolezza vi fa cadere. Vi ricordo che Io caddi sempre più grandemente più ero vicino alla mèta, per simboleggiare che Satana pone più grandi inciampi più l'anima si avvicina all'ara del sacrificio che la fa ostia simile a Me e continuatrice di Me. Rialzatevi e proseguite. Dio sa distinguere caduta da caduta, ed è Padre che rialza coloro che cadono non per malizia ma per debolezza volontaria di creature e inciampo di Satana.
   Abbiate distacco assoluto, assoluta spogliazione anche dalle cose più lecite, per eseguire le estreme volontà di Dio, come l'ebbi Io che mi staccai dalla Madre, mi spogliai delle vesti, e rinunciai alla vita.
   E infine perdonate. Perdonate a coloro che sono di pensiero diverso dal vostro e vogliono ciò che voi non volete, come Io perdonai ai capi del Sinedrio che vollero la mia morte per regnare loro soli. Pensate che da se stessi si puniscono volendo ciò di cui non saranno felici, e che hanno bisogno del vostro perdono per avere un conforto quando comprenderanno il loro errore.
   Non mettete limiti a queste mie parole. Servono per tutti i tempi e tutte le circostanze. Perché sempre, là dove sono un maestro e dei discepoli, sempre là è un piccolo Cristo circondato da discepoli e avversato dal mondo.
   State nella mia pace. Ora e sempre. E posi su voi la benedizione delle mie Mani trafitte.»
           


   1 parole… del 14 marzo 1947, ma riferite nello scritto del 16 marzo. Il brano è trascritto sul frontespizio di un nuovo quaderno che contiene gli scritti dal 1° aprile al 27 luglio 1947, come la scrittrice stessa annota in cima al frontespizio. Tra questi non è, però, lo scritto del 2 aprile, che inseriremo secondo l'ordine cronologico e che è nel quaderno degli "appunti in margine" (vedere nota al 28 gennaio 1947), dove è scritto due volte: sulle pagine del quaderno e su un quinterno staccato.
           
   2 14° anniversario, ma era il 13° (o inizio del 14°), perché la scrittrice era divenuta inferma definitivamente il 1° aprile 1934.