Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 3° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Giovanni 7
1Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
2Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;3i suoi fratelli gli dissero: "Parti di qui e va' nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai.4Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifèstati al mondo!".5Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui.6Gesù allora disse loro: "Il mio tempo non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto.7Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive.8Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto".9Dette loro queste cose, restò nella Galilea.
10Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.11I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: "Dov'è quel tale?".12E si faceva sommessamente un gran parlare di lui tra la folla; gli uni infatti dicevano: "È buono!". Altri invece: "No, inganna la gente!".13Nessuno però ne parlava in pubblico, per paura dei Giudei.
14Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava.15I Giudei ne erano stupiti e dicevano: "Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?".16Gesù rispose: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.17Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso.18Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia.19Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?".20Rispose la folla: "Tu hai un demonio! Chi cerca di ucciderti?".21Rispose Gesù: "Un'opera sola ho compiuto, e tutti ne siete stupiti.22Mosè vi ha dato la circoncisione - non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi - e voi circoncidete un uomo anche di sabato.23Ora se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato?24Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!".
25Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: "Non è costui quello che cercano di uccidere?26Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?27Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia".28Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: "Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.29Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato".30Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
31Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: "Il Cristo, quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?".
32I farisei intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui e perciò i sommi sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo.33Gesù disse: "Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato.34Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire".35Dissero dunque tra loro i Giudei: "Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?36Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove sono io voi non potrete venire?".
37Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva38chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno".39Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.
40All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: "Questi è davvero il profeta!".41Altri dicevano: "Questi è il Cristo!". Altri invece dicevano: "Il Cristo viene forse dalla Galilea?42Non dice forse la Scrittura che il Cristo 'verrà dalla stirpe di Davide' e 'da Betlemme', il villaggio di Davide?".43E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.
44Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.45Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: "Perché non lo avete condotto?".46Risposero le guardie: "Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!".47Ma i farisei replicarono loro: "Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?48Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?49Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!".50Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù:51"La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?".52Gli risposero: "Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea".
53E tornarono ciascuno a casa sua.
Genesi 47
1Giuseppe andò ad informare il faraone dicendogli: "Mio padre e i miei fratelli con i loro greggi e armenti e con tutti i loro averi sono venuti dal paese di Canaan; eccoli nel paese di Gosen".2Intanto prese cinque uomini dal gruppo dei suoi fratelli e li presentò al faraone.3Il faraone disse ai suoi fratelli: "Qual è il vostro mestiere?". Essi risposero al faraone: "Pastori di greggi sono i tuoi servi, noi e i nostri padri".4Poi dissero al faraone: "Siamo venuti per soggiornare come forestieri nel paese perché non c'è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la carestia nel paese di Canaan. E ora lascia che i tuoi servi risiedano nel paese di Gosen!".
5Allora il faraone disse a Giuseppe: "Tuo padre e i tuoi fratelli sono dunque venuti da te.6Ebbene, il paese d'Egitto è a tua disposizione: fa' risiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella parte migliore del paese. Risiedano pure nel paese di Gosen. Se tu sai che vi sono tra di loro uomini capaci, costituiscili sopra i miei averi in qualità di sovrintendenti al bestiame".7Poi Giuseppe introdusse Giacobbe, suo padre, e lo presentò al faraone e Giacobbe benedisse il faraone.8Il faraone domandò a Giacobbe: "Quanti anni hai?".9Giacobbe rispose al faraone: "Centotrenta di vita errabonda, pochi e tristi sono stati gli anni della mia vita e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al tempo della loro vita nomade".10Poi Giacobbe benedisse il faraone e si allontanò dal faraone.
11Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi fratelli e diede loro una proprietà nel paese d'Egitto, nella parte migliore del paese, nel territorio di Ramses, come aveva comandato il faraone.12Giuseppe diede il sostentamento al padre, ai fratelli e a tutta la famiglia di suo padre, fornendo pane secondo il numero dei bambini.
13Ora non c'era pane in tutto il paese, perché la carestia era molto grave: il paese d'Egitto e il paese di Canaan languivano per la carestia.14Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nel paese d'Egitto e nel paese di Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo denaro alla casa del faraone.
15Quando fu esaurito il denaro del paese di Egitto e del paese di Canaan, tutti gli Egiziani vennero da Giuseppe a dire: "Dacci il pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c'è più denaro".16Rispose Giuseppe: "Cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro bestiame, se non c'è più denaro".17Allora condussero a Giuseppe il loro bestiame e Giuseppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle pecore, dei buoi e degli asini; così in quell'anno li nutrì di pane in cambio di tutto il loro bestiame.
18Passato quell'anno, vennero a lui l'anno dopo e gli dissero: "Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore, non rimane più a disposizione del mio signore se non il nostro corpo e il nostro terreno.19Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi, noi e la nostra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi con la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!".20Allora Giuseppe acquistò per il faraone tutto il terreno dell'Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo, tanto infieriva su di loro la carestia. Così la terra divenne proprietà del faraone.21Quanto al popolo, egli lo fece passare nelle città da un capo all'altro della frontiera egiziana.22Soltanto il terreno dei sacerdoti egli non acquistò, perché i sacerdoti avevano un'assegnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell'assegnazione che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno.
23Poi Giuseppe disse al popolo: "Vedete, io ho acquistato oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno.24Ma quando vi sarà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre, per la semina dei campi, per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini".25Gli risposero: "Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovar grazia agli occhi del mio signore e saremo servi del faraone!".26Così Giuseppe fece di questo una legge che vige fino ad oggi sui terreni d'Egitto, per la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero del faraone.
27Gli Israeliti intanto si stabilirono nel paese d'Egitto, nel territorio di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi.
28Giacobbe visse nel paese d'Egitto diciassette anni e gli anni della sua vita furono centoquarantasette.29Quando fu vicino il tempo della sua morte, Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e fedeltà: non seppellirmi in Egitto!30Quando io mi sarò coricato con i miei padri, portami via dall'Egitto e seppelliscimi nel loro sepolcro". Rispose: "Io agirò come hai detto".31Riprese: "Giuramelo!". E glielo giurò; allora Israele si prostrò sul capezzale del letto.
Giobbe 29
1Giobbe continuò a pronunziare le sue sentenze e disse:
2Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo,
ai giorni in cui Dio mi proteggeva,
3quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo
e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre;
4com'ero ai giorni del mio autunno,
quando Dio proteggeva la mia tenda,
5quando l'Onnipotente era ancora con me
e i giovani mi stavano attorno;
6quando mi lavavo in piedi nel latte
e la roccia mi versava ruscelli d'olio!
7Quando uscivo verso la porta della città
e sulla piazza ponevo il mio seggio:
8vedendomi, i giovani si ritiravano
e i vecchi si alzavano in piedi;
9i notabili sospendevano i discorsi
e si mettevan la mano sulla bocca;
10la voce dei capi si smorzava
e la loro lingua restava fissa al palato;
11con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felice,
con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza,
12perché soccorrevo il povero che chiedeva aiuto,
l'orfano che ne era privo.
13La benedizione del morente scendeva su di me
e al cuore della vedova infondevo la gioia.
14Mi ero rivestito di giustizia come di un
vestimento;
come mantello e turbante era la mia equità.
15Io ero gli occhi per il cieco,
ero i piedi per lo zoppo.
16Padre io ero per i poveri
ed esaminavo la causa dello sconosciuto;
17rompevo la mascella al perverso
e dai suoi denti strappavo la preda.
18Pensavo: "Spirerò nel mio nido
e moltiplicherò come sabbia i miei giorni".
19La mia radice avrà adito alle acque
e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo.
20La mia gloria sarà sempre nuova
e il mio arco si rinforzerà nella mia mano.
21Mi ascoltavano in attesa fiduciosa
e tacevano per udire il mio consiglio.
22Dopo le mie parole non replicavano
e su di loro scendevano goccia a goccia i miei detti.
23Mi attendevano come si attende la pioggia
e aprivano la bocca come ad acqua primaverile.
24Se a loro sorridevo, non osavano crederlo,
né turbavano la serenità del mio volto.
25Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo,
e vi rimanevo come un re fra i soldati
o come un consolatore d'afflitti.
Salmi 53
1'Al maestro del coro. Su "Macalat". Maskil. Di Davide.'
2Lo stolto pensa:
"Dio non esiste".
Sono corrotti, fanno cose abominevoli,
nessuno fa il bene.
3Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo
per vedere se c'è un uomo saggio che cerca Dio.
4Tutti hanno traviato,
tutti sono corrotti;
nessuno fa il bene;
neppure uno.
5Non comprendono forse i malfattori
che divorano il mio popolo come il pane
e non invocano Dio?
6Hanno tremato di spavento,
là dove non c'era da temere.
Dio ha disperso le ossa degli aggressori,
sono confusi perché Dio li ha respinti.
7Chi manderà da Sion la salvezza di Israele?
Quando Dio farà tornare i deportati del suo popolo,
esulterà Giacobbe, gioirà Israele.
Ezechiele 13
1Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, profetizza contro i profeti d'Israele, profetizza e di' a coloro che profetizzano secondo i propri desideri: Udite la parola del Signore:3Così dice il Signore Dio:
Guai ai profeti stolti, che seguono il loro spirito senza avere avuto visioni.4Come sciacalli fra le macerie, tali sono i tuoi profeti, Israele.5Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore.6Hanno avuto visioni false, vaticini menzogneri coloro che dicono: Oracolo del Signore, mentre il Signore non li ha inviati. Eppure confidano che si avveri la loro parola!7Non avete forse avuto una falsa visione e preannunziato vaticini bugiardi, quando dite: Parola del Signore, mentre io non vi ho parlato?8Pertanto dice il Signore Dio: Poiché voi avete detto il falso e avuto visioni bugiarde, eccomi dunque contro di voi, dice il Signore Dio.9La mia mano sarà sopra i profeti dalle false visioni e dai vaticini bugiardi; non avranno parte nell'assemblea del mio popolo, non saranno scritti nel libro d'Israele e non entreranno nel paese d'Israele: saprete che io sono il Signore Dio,10poiché ingannano il mio popolo dicendo: Pace! e la pace non c'è; mentre egli costruisce un muro, ecco essi lo intonacano di mota.11Di' a quegli intonacatori di mota: Cadrà! Scenderà una pioggia torrenziale, una grandine grossa, si scatenerà un uragano12ed ecco, il muro è abbattuto. Allora non vi sarà forse domandato: Dov'è la calcina con cui lo avevate intonacato?13Perciò dice il Signore Dio: Con ira scatenerò un uragano, per la mia collera cadrà una pioggia torrenziale, nel mio furore per la distruzione cadrà grandine come pietre;14demolirò il muro che avete intonacato di mota, lo atterrerò e le sue fondamenta rimarranno scoperte; esso crollerà e voi perirete insieme con esso e saprete che io sono il Signore.
15Quando avrò sfogato l'ira contro il muro e contro coloro che lo intonacarono di mota, io vi dirò: Il muro non c'è più e neppure gli intonacatori,16i profeti d'Israele che profetavano su Gerusalemme e vedevano per essa una visione di pace, mentre non vi era pace. Oracolo del Signore.
17Ora tu, figlio dell'uomo, rivolgiti alle figlie del tuo popolo che profetizzano secondo i loro desideri e profetizza contro di loro.18Dirai loro: Dice il Signore Dio: Guai a quelle che cuciono nastri magici a ogni polso e preparano veli per le teste di ogni grandezza per dar la caccia alle persone. Pretendete forse di dare la caccia alla gente del mio popolo e salvare voi stesse?19Voi mi avete disonorato presso il mio popolo per qualche manciata d'orzo e per un tozzo di pane, facendo morire chi non doveva morire e facendo vivere chi non doveva vivere, ingannando il mio popolo che crede alle menzogne.
20Perciò dice il Signore Dio: Eccomi contro i vostri nastri magici con i quali voi date la caccia alla gente come a uccelli; li strapperò dalle vostre braccia e libererò la gente che voi avete catturato come uccelli.21Straccerò i vostri veli e libererò il mio popolo dalle vostre mani e non sarà più una preda in mano vostra; saprete così che io sono il Signore.22Voi infatti avete rattristato con menzogne il cuore del giusto, mentre io non l'avevo rattristato e avete rafforzato il malvagio perché non desistesse dalla sua vita malvagia e vivesse.23Per questo non avrete più visioni false, né più spaccerete incantesimi: libererò il mio popolo dalle vostre mani e saprete che io sono il Signore".
Atti degli Apostoli 25
1Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme.2I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo,3chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso.4Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito fra breve.5"Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell'uomo, lo denuncino".
6Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, discese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo.7Appena giunse, lo attorniarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli numerose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle.8Paolo a sua difesa disse: "Non ho commesso alcuna colpa, né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare".9Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: "Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?".10Paolo rispose: "Mi trovo davanti al tribunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente.11Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare".12Allora Festo, dopo aver conferito con il consiglio, rispose: "Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai".
13Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo.14E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: "C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale,15durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna.16Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa.17Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo.18Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo;19avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita.20Perplesso di fronte a simili controversie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giudicato là di queste cose.21Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell'imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare".22E Agrippa a Festo: "Vorrei anch'io ascoltare quell'uomo!". "Domani, rispose, lo potrai ascoltare".
23Il giorno dopo, Agrippa e Berenìce vennero con gran pompa ed entrarono nella sala dell'udienza, accompagnati dai tribuni e dai cittadini più in vista; per ordine di Festo fu fatto entrare anche Paolo.24Allora Festo disse: "Re Agrippa e cittadini tutti qui presenti con noi, voi avete davanti agli occhi colui sul conto del quale tutto il popolo dei Giudei si è appellato a me, in Gerusalemme e qui, per chiedere a gran voce che non resti più in vita.25Io però mi sono convinto che egli non ha commesso alcuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all'imperatore ho deciso di farlo partire.26Ma sul suo conto non ho nulla di preciso da scrivere al sovrano; per questo l'ho condotto davanti a voi e soprattutto davanti a te, o re Agrippa, per avere, dopo questa udienza, qualcosa da scrivere.27Mi sembra assurdo infatti mandare un prigioniero, senza indicare le accuse che si muovono contro di lui".
Capitolo XII: I vantaggi delle avversità
Leggilo nella Biblioteca1. E' bene per noi che incontriamo talvolta difficoltà e contrarietà; queste, infatti, richiamano l'uomo a se stesso, nel profondo, fino a che comprenda che quaggiù egli è in esilio e che la sua speranza non va riposta in alcuna cosa di questo mondo. E' bene che talvolta soffriamo contraddizione e che la gente ci giudichi male e ingiustamente, anche se le nostre azioni e le nostre intenzioni sono buone. Tutto ciò suol favorire l'umiltà, e ci preserva dalla vanagloria. Invero, proprio quando la gente attorno a noi ci offende e ci scredita, noi aneliamo con maggior forza al testimone interiore, Iddio.
2. Dovremmo piantare noi stessi così saldamente in Dio, da non avere necessità alcuna di andar cercando tanti conforti umani. Quando un uomo di buona volontà soffre tribolazioni e tentazioni, o è afflitto da pensieri malvagi, allora egli sente di aver maggior bisogno di Dio, e di non poter fare nulla di bene senza di lui. E si rattrista e piange e prega, per il male che soffre; gli viene a noia che la vita continui; e spera che sopraggiunga la morte (2 Cor 1,8), così da poter scomparire e dimorare in Cristo (Fil 1,23). Allora egli capisce che nel mondo non può esserci completa serenità e piena pace.
LETTERA 99: Agostino esprime la costernazione per le stragi commesse nella devastazione di Roma e saluta i figlioli della pia signora
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta verso la fine del 408 - inizio 409.
Agostino esprime la costernazione per le stragi commesse nella devastazione di Roma e saluta i figlioli della pia signora (n. 3).
AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE LA RELIGIOSISSIMA SERVA DI DIO ITALICA, SANTISSIMA E LODEVOLISSIMA TRA I MEMBRI DI CRISTO
Desidera notizie dell'assedio di Roma.
1. Ti scrivo la presente dopo aver ricevuto tre lettere della tua Benignità: una che aspettava ancora la mia risposta, una seconda indicante che la risposta era già arrivata e una terza esprimente la tua premura verso di me e la questione concernente la casa dell'illustrissimo ed egregio giovane Giuliano, contigua alla mia. Appena ricevuta quest'ultima, non ho voluto rimandare la risposta ad altro tempo, poiché l'amministratore dell'Eccellenza tua aveva scritto che te la poteva inviare presto a Roma. Sono rimasto molto addolorato della sua lettera perché non si è preoccupato di farmi sapere i fatti che avvengono lì a Roma o nei dintorni, in modo da farmi conoscere con certezza ciò che non volevo credere da notizie poco attendibili. E' vero che da una lettera dei fratelli, inviatami antecedentemente dall'Italia, mi erano state riferite notizie spiacevoli e dolorose, ma molto meno allarmanti. Mi sono stupito, più di quanto si possa esprimere a parole, del fatto che né i santi vescovi miei fratelli mi abbiano scritto, pur potendo approfittare delle frequenti occasioni dei tuoi servi, né che la tua lettera mi abbia fatto alcun cenno di sì gravi vostre tribolazioni. Esse però sono certamente anche mie per i sentimenti profondi della carità che ci unisce. Ma forse hai pensato di non fare una simile cosa non ritenendola di alcun giovamento o non hai voluto rattristarmi con la tua lettera. A mio giudizio però giova alquanto avere tali informazioni, anzitutto perché è ingiusto voler godere con chi gode e non voler piangere con chi piange 1; in secondo luogo perché l'afflizione produce la pazienza, la pazienza virtù provata, la virtù provata speranza; la speranza poi non inganna, perché l'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per virtù dello Spirito Santo che ci è stato dato 2.
Le lotte della vita e il premio eterno.
2. Non sarà mai quindi che mi rifiuti di udire notizie spiacevoli e tristi sul conto dei nostri carissimi. Non so come mai la sofferenza di un membro diviene minore se insieme con esso soffrono le altre membra 3. Né la manifestazione di una sventura arreca ad altri la calamità, ma il sollievo della carità. In tal modo, sebbene alcuni patiscano la sofferenza e altri la compatiscano venendone a conoscenza, l'afflizione tuttavia è comune per coloro che hanno comuni la prova, la speranza, l'amore e lo spirito. Tutti poi siamo consolati da Dio che tali sciagure temporali predisse e dopo di queste promise gli eterni beni. Non deve quindi scoraggiarsi durante il combattimento chi vuol essere coronato dopo la contesa, poiché ai combattenti somministra le forze Colui che prepara ineffabili premi per i vincitori.
Commiato.
3. Le mie risposte passate non ti tolgano la confidenza di scrivermi, soprattutto perché hai diminuito il mio timore con una giustificazione non priva di buone ragioni. Ricambio i saluti ai tuoi bambini e faccio voti che ti crescano in Cristo, comprendendo essi, malgrado la loro tenera età, quanto l'amore di questo mondo sia pericoloso e dannoso. Volesse il cielo che nelle gravi e tristi condizioni, da cui sono afflitti, si emendassero dei loro piccoli e ancor teneri difetti! Riguardo alla casa di cui si trattava, cosa dovrò dirti se non ringraziarti delle tue premure per essa? Poiché quella che posso dare non la vogliono e quella che vogliono non posso darla. Non è vero quanto essi hanno sentito dire: che cioè sia stata lasciata alla Chiesa dal mio predecessore, ma fa ancora parte dei suoi possedimenti con gli altri poderi ed è contigua ad una antica chiesa, come questa di cui ora si tratta è contigua ad un'altra.
1 - Rm 12, 15.
2 - Rm 5, 3-5.
3 - 1 Cor 12, 26.
Capitolo X: Dolce cosa, abbandonare il mondo e servire a Dio
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. Parlerò ancora, e non tacerò; dirò all'orecchio del mio Dio, mio signore e mio re, che sta nei cieli: se "è tanto grande e sovrabbondante, o Signore, la dolcezza che hai preparato per coloro che ti temono" (Sal 30,20), che cosa sei tu, per coloro che ti amano e per coloro che ti servono con tutto il cuore? Davvero ineffabile è la dolcezza della tua contemplazione, che tu concedi a coloro che ti amano. Ecco dove massimamente mostrasti la soavità del tuo amore per me: non ero, e mi hai creato; mi ero allontanato da te, e tu mi hai ricondotto a servirti; infine mi hai comandato di amarti. Oh!, fonte di eterno amore, che potrò dire di te; come mi potrò dimenticare di te, che ti sei degnato di ricordarti di me, dopo che mi ero perduto nel marciume? Hai usato misericordia con il tuo servo, al di là di ogni speranza; gli hai offerto grazia ed amicizia, al di là di ogni merito. Che cosa mai potrò dare in cambio di un tal beneficio? Giacché non a tutti è concesso di abbandonare ogni cosa, di rinunciare al mondo e di scegliere la vita del monastero.
2. E' forse gran cosa che io serva a te, al quale ogni creatura deve servire? Non già il servirti mi deve sembrare gran cosa; piuttosto mi deve sembrare grande e meraviglioso che tu, unendolo ad eletti tuoi servi, ti degni di accogliere quale servo, uno come me, così misero e privo di meriti. A te appartiene chiaramente tutto ciò che io posseggo e con cui ti servo. E invece sei tu che mi servi, più di quanto io non serva te. Ecco, tutto fanno prontamente, secondo il tuo comando, il cielo e la terra, che tu hai creati per servizio dell'uomo. E questo è ancor poco; ché anche gli angeli li hai predisposti per servizio dell'uomo. Ma, al di sopra di tutto ciò, sta il fatto che tu stesso ti sei degnato di servire l'uomo, promettendogli in dono te stesso. E io che darò, in cambio di tutti questi innumerevoli benefici? Potessi stare al tuo servizio tutti i giorni della mia vita; potessi almeno riuscire a servirti degnamente per un solo giorno. In verità, a te è dovuto ogni servizio, ogni onore e ogni lode, in eterno. In verità tu sei il mio Signore, ed io sono il tuo misero servo, che deve porre al tuo servizio tutte le sue forze, senza mai stancarsi di cantare le tue lodi. Questo è il mio desiderio, questa è la mia volontà. Degnati tu di supplire alle mie deficienze.
3. Mettersi al tuo servizio, disprezzando ogni cosa per amor tuo, è grande onore e grande merito. Infatti, coloro che si saranno sottoposti spontaneamente al tuo santo servizio avranno grazia copiosa. Coloro che, per tuo amore, avranno lasciato ogni piacere della carne troveranno la soave consolazione dello Spirito Santo. Coloro che, per il tuo nome, saranno entrati nella via stretta, lasciando ogni cosa mondana, conseguiranno una grande libertà interiore. Quanto è grato e lieto questo servire a Dio, che rende l'uomo veramente libero e santo. Quanto è benedetta la condizione del religioso servizio, che rende l'uomo simile agli angeli: compiacenza di Dio, terrore dei demoni, esempio ai fedeli. Con indefettibile desiderio dobbiamo, dunque, abbracciare un tale servizio, che ci assicura il sommo bene e ci fa conseguire una gioia perenne, senza fine.
25-8 Novembre 14, 1928 Come la creatura possiede l’unità umana, chi vive nel Voler Divino possiede l’unità Divina. Chi fa la Divina Volontà si rende madre.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sento tutta abbandonata nel Santo Voler Divino e ad onta delle privazioni di Gesù, la mia povera mente è presa da una forza irresistibile di seguirne i suoi atti. Credo che sia la stessa Divina Volontà che avendo soggiogato la mia, fa il suo corso richiamando tutti gli atti suoi, come se in atto le stesse facendo, ed io seguendola nei suoi atti pensavo ai primi tempi della Creazione, quando tutto era felicità nell’uomo, e che stando nella Volontà del suo Creatore viveva nella sua unità, nella quale tutto poteva ricevere e tutto poteva dare all’Ente Supremo, unità significa tutto. Ma mentre ciò pensava il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, Noi creavamo l’uomo con la nostra somiglianza, perciò anche lui possiede la sua unità umana. Perciò se parla, se opera, se cammina e altro, si possono chiamare gli effetti della sua unità, perché una è la sua volontà, uno il suo capo dal quale tutti i suoi atti dipendono. Quindi si può dire ch’è la forza dell’unità della sua volontà che parla, che opera, che cammina come effetti di essa; se l’uomo non avesse questa unità, tutti i suoi atti starebbero in contraddizione fra loro. Succede come al sole, dall’altezza della sua sfera uno è il suo atto di luce, e siccome possiede l’unità della luce datogli dal suo Creatore mentre è un’atto solo, i suoi effetti di luce sono innumerevoli. Ora per chi fa e vive nella mia Divina Volontà cessa l’umano volere, la sua vita finisce, né ha più ragione d’esistere, perché comincia la vita dell’unità della mia, e siccome la mia è un’atto solo e tutto ciò che ha creato o può fare, si possono chiamare gli effetti di quest’atto solo, quindi l’anima vivendo in questa unità del mio Voler Divino come nel suo proprio centro, si trova in tutti gli effetti dell’atto solo di Esso, ed oh! com’è bello vedere questa felice creatura in tutti gli effetti che sa e può produrre la nostra Volontà, lei corre nella luce del sole come effetto del nostro Volere, nel cielo, nel mare, nel vento, in tutto, corre come l’umana volontà corre in tutti gli atti umani e come la luce del sole corre in tutti i suoi effetti, così l’anima corre nel Fiat in tutti gli effetti che Esso possiede e produce. Ecco perciò che il vivere nel nostro Volere è il prodigio più grande, e se la nostra Divinità vorrebbe farne un altro più grande, non lo potrebbe, né troverebbe un’altra cosa più grande, più prodigiosa, più potente, più bella, più felice del nostro Volere da poter dare alla creatura, perché col dare la nostra Divina Volontà diamo tutto, e la sua Potenza fa l’eco nostro nel fondo dell’anima e ci forma le nostre immagini più belle, e l’eco della piccolezza umana fa un solo col nostro, in modo che unendosi al nostro primo atto, corre e si diffonde in tutti gli effetti che produce l’atto solo di Dio”.
(3) Dopo di ciò il mio amabile Gesù si faceva vedere da piccolo bambinello, il quale gettandomi le braccia al collo mi ha detto:
(4) “Mamma mia, mamma mia; chi fa la mia Divina Volontà si rende madre, il mio Fiat Divino me l’abbellisce, la trasforma e la rende feconda, in modo da darle tutte le qualità per essere vera madre. Ed Io mi vado formando questa madre coi riflessi del Sole del mio Voler Divino, e mi glorio e ne prendo tanto gusto col chiamarla mamma mia, mamma mia. E non solo la scelgo per madre mia, ma chiamo tant’altri piccoli piccini e do la madre mia, per madre loro”.
(5) E mentre ciò diceva mi faceva vedere intorno a me tanti piccoli bimbi e bimbe, ed il bambino Gesù gli diceva loro: “Questa è la madre mia e la mamma vostra”. Quei piccini facevano feste e si stringevano tutti a me d’intorno insieme con Gesù, e Gesù ha soggiunto:
(6) “Questi piccini che tu vedi non sono altri che la prima schiera dei figli del mio Voler Divino, in Esso tutti saranno piccoli, perché la mia Divina Volontà tiene virtù di conservarli freschi e belli, come sono usciti dalle nostre mani creatrici, e siccome ha chiamato la tua piccolezza a vivere in Essa, è giusto che come prima sia la piccola mammina dei piccoli bambini”.