Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 2° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Marco 5
1Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni.2Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo.3Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene,4perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo.5Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.6Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi,7e urlando a gran voce disse: "Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!".8Gli diceva infatti: "Esci, spirito immondo, da quest'uomo!".9E gli domandò: "Come ti chiami?". "Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti".10E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione.
11Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo.12E gli spiriti lo scongiurarono: "Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi".13Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare.14I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
15Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.16Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci.17Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.18Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui.19Non glielo permise, ma gli disse: "Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato".20Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.
21Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.22Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi23e lo pregava con insistenza: "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva".24Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,27udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:28"Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".29E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
30Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi mi ha toccato il mantello?".31I discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?".32Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.33E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.34Gesù rispose: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male".
35Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?".36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, continua solo ad aver fede!".37E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.39Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme".40Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.41Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!".42Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.43Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.
Giudici 5
1In quel giorno Debora, con Barak, figlio di Abinoam, pronunciò questo canto:
2"Ci furono capi in Israele
per assumere il comando;
ci furono volontari
per arruolarsi in massa:
Benedite il Signore!
3Ascoltate, re,
porgete gli orecchi, o principi;
io voglio cantare al Signore,
voglio cantare al Signore,
voglio cantare inni al Signore, Dio d'Israele!
4Signore, quando uscivi dal Seir,
quando avanzavi dalla steppa di Edom,
la terra tremò, i cieli si scossero,
le nubi si sciolsero in acqua.
5Si stemperarono i monti
davanti al Signore, Signore del Sinai,
davanti al Signore, Dio d'Israele.
6Ai giorni di Samgar, figlio di Anat,
ai giorni di Giaele,
erano deserte le strade
e i viandanti deviavano su sentieri tortuosi.
7Era cessata ogni autorità di governo,
era cessata in Israele,
fin quando sorsi io, Debora,
fin quando sorsi come madre in Israele.
8Si preferivano divinità straniere
e allora la guerra fu alle porte,
ma scudo non si vedeva né lancia
né quarantamila in Israele.
9Il mio cuore si volge ai comandanti d'Israele,
ai volontari tra il popolo;
benedite il Signore!
10Voi, che cavalcate asine bianche,
seduti su gualdrappe,
voi che procedete sulla via, raccontate;
11unitevi al grido degli uomini
schierati fra gli abbeveratoi:
là essi proclamano le vittorie del Signore,
le vittorie del suo governo in Israele,
quando scese alle porte il popolo del Signore.
12Dèstati, dèstati, o Debora,
dèstati, dèstati, intona un canto!
Sorgi, Barak, e cattura i tuoi prigionieri,
o figlio di Abinoam!
13Allora scesero i fuggiaschi
per unirsi ai principi;
il popolo del Signore
scese a sua difesa tra gli eroi.
14Quelli della stirpe di Efraim
scesero nella pianura,
ti seguì Beniamino fra le tue genti.
Dalla stirpe di Machir scesero i comandanti
e da Zàbulon chi impugna lo scettro del comando.
15I principi di Issacar mossero con Debora;
Barak si lanciò sui suoi passi nella pianura.
Presso i ruscelli di Ruben grandi erano le esitazioni.
16Perché sei rimasto seduto tra gli ovili,
ad ascoltare le zampogne dei pastori?
Presso i ruscelli di Ruben
erano ben grandi le dispute...
17Gàlaad dimora oltre il Giordano
e Dan perché vive straniero sulle navi?
Aser si è stabilito lungo la riva del grande mare
e presso le sue insenature dimora.
18Zàbulon invece è un popolo che si è esposto alla morte,
come Nèftali, sui poggi della campagna!
19Vennero i re, diedero battaglia,
combatterono i re di Canaan,
a Taanach sulle acque di Meghiddo,
ma non riportarono bottino d'argento.
20Dal cielo le stelle diedero battaglia,
dalle loro orbite combatterono contro Sisara.
21Il torrente Kison li travolse;
torrente impetuoso fu il torrente Kison...
Anima mia, calpesta con forza!
22Allora martellarono gli zoccoli dei cavalli
al galoppo, al galoppo dei corsieri.
23Maledite Meroz - dice l'angelo del Signore -
maledite, maledite i suoi abitanti,
perché non vennero in aiuto al Signore,
in aiuto al Signore tra gli eroi.
24Sia benedetta fra le donne Giaele,
la moglie di Eber il Kenita,
benedetta fra le donne della tenda!
25Acqua egli chiese, latte essa diede,
in una coppa da principi offrì latte acido.
26Una mano essa stese al picchetto
e la destra a un martello da fabbri,
e colpì Sisara, lo percosse alla testa,
ne fracassò, ne trapassò la tempia.
27Ai piedi di lei si contorse, ricadde, giacque;
ai piedi di lei si contorse, ricadde,
dove si contorse, là ricadde finito.
28Dietro la finestra si affaccia e si lamenta
la madre di Sisara, dietro la persiana:
Perché il suo carro tarda ad arrivare?
Perché così a rilento procedono i suoi carri?
29Le più sagge sue principesse rispondono
e anche lei torna a dire a se stessa:
30Certo han trovato bottino, stan facendo le parti:
una fanciulla, due fanciulle per ogni uomo;
un bottino di vesti variopinte per Sisara,
un bottino di vesti variopinte a ricamo;
una veste variopinta a due ricami
è il bottino per il mio collo...
31Così periscano tutti i tuoi nemici, Signore!
Ma coloro che ti amano siano come il sole,
quando sorge con tutto lo splendore".
Poi il paese ebbe pace per quarant'anni.
Cantico 1
1Cantico dei cantici, che è di Salomone.
2Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
3Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
4Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!
5Bruna sono ma bella,
o figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar,
come i padiglioni di Salma.
6Non state a guardare che sono bruna,
poiché mi ha abbronzato il sole.
I figli di mia madre si sono sdegnati con me:
mi hanno messo a guardia delle vigne;
la mia vigna, la mia, non l'ho custodita.
7Dimmi, o amore dell'anima mia,
dove vai a pascolare il gregge,
dove lo fai riposare al meriggio,
perché io non sia come vagabonda
dietro i greggi dei tuoi compagni.
8Se non lo sai, o bellissima tra le donne,
segui le orme del gregge
e mena a pascolare le tue caprette
presso le dimore dei pastori.
9Alla cavalla del cocchio del faraone
io ti assomiglio, amica mia.
10Belle sono le tue guance fra i pendenti,
il tuo collo fra i vezzi di perle.
11Faremo per te pendenti d'oro,
con grani d'argento.
12Mentre il re è nel suo recinto,
il mio nardo spande il suo profumo.
13Il mio diletto è per me un sacchetto di mirra,
riposa sul mio petto.
14Il mio diletto è per me un grappolo di cipro
nelle vigne di Engàddi.
15Come sei bella, amica mia, come sei bella!
I tuoi occhi sono colombe.
16Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso!
Anche il nostro letto è verdeggiante.
17Le travi della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto sono i cipressi.
Salmi 108
1'Canto. Salmo. Di Davide.'
2Saldo è il mio cuore, Dio,
saldo è il mio cuore:
voglio cantare inni, anima mia.
3Svegliatevi, arpa e cetra,
voglio svegliare l'aurora.
4Ti loderò tra i popoli, Signore,
a te canterò inni tra le genti,
5perché la tua bontà è grande fino ai cieli
e la tua verità fino alle nubi.
6Innàlzati, Dio, sopra i cieli,
su tutta la terra la tua gloria.
7Perché siano liberati i tuoi amici,
8Dio ha parlato nel suo santuario:
"Esulterò, voglio dividere Sichem
e misurare la valle di Succot;
9mio è Gàlaad, mio Manasse,
Èfraim è l'elmo del mio capo,
Giuda il mio scettro.
10Moab è il catino per lavarmi,
sull'Idumea getterò i miei sandali,
sulla Filistea canterò vittoria".
11Chi mi guiderà alla città fortificata,
chi mi condurrà fino all'Idumea?
12Non forse tu, Dio, che ci hai respinti
e più non esci, Dio, con i nostri eserciti?
13Contro il nemico portaci soccorso,
poiché vana è la salvezza dell'uomo.
14Con Dio noi faremo cose grandi
ed egli annienterà chi ci opprime.
Isaia 36
1Nell'anno decimoquarto del re Ezechia, Sennàcherib re di Assiria assalì e si impadronì di tutte le fortezze di Giuda.2Il re di Assiria mandò poi da Lachis a Gerusalemme contro il re Ezechia il gran coppiere con un grande esercito. Egli fece sosta presso il canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio.
3Gli andarono incontro Eliakìm figlio di Chelkìa, il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e Ioach figlio di Asaf, l'archivista.4Il gran coppiere disse loro: "Riferite a Ezechia: Così dice il grande re, il re di Assiria: Che significa questa sicurezza che dimostri?5Pensi forse che la semplice parola possa sostituire il consiglio e la forza nella guerra? Ora, in chi confidi tu, che ti ribelli contro di me?6Ecco, tu confidi nell'Egitto, in questo sostegno di canna spezzata che penetra la mano e la fora a chi vi si appoggia; tale è il faraone re d'Egitto per chiunque confida in lui.7Se mi dite: Noi confidiamo nel Signore nostro Dio, non è forse lo stesso a cui Ezechia distrusse le alture e gli altari, ordinando alla gente di Giuda e di Gerusalemme: Vi prostrerete solo davanti a questo altare?8Or bene, fa' una scommessa con il mio signore, il re di Assiria; io ti darò duemila cavalli, se puoi procurarti cavalieri per essi.9Come potresti far indietreggiare uno solo dei più piccoli sudditi del mio signore? Eppure tu confidi nell'Egitto per i carri e i cavalieri!10Ora, è forse contro il volere del Signore che io mi sono mosso contro questo paese per distruggerlo? Il Signore mi ha detto: Muovi contro questo paese e distruggilo".
11Eliakìm, Sebnà e Ioach risposero al gran coppiere: "Parla ai tuoi servi in aramaico, poiché noi lo comprendiamo; non parlare in ebraico alla portata degli orecchi del popolo che è sulle mura".12Il gran coppiere replicò: "Forse sono stato mandato al tuo signore e a te dal mio signore per dire tali parole o non piuttosto agli uomini che stanno sulle mura, i quali presto saranno ridotti a mangiare i loro escrementi e a bere la loro urina con voi?".
13Il gran coppiere allora si alzò e gridò in ebraico: "Udite le parole del gran re, del re di Assiria.14Dice il re: Non vi inganni Ezechia, poiché egli non potrà salvarvi.15Ezechia non vi induca a confidare nel Signore dicendo: Certo, il Signore ci libererà; questa città non sarà messa nelle mani del re di Assiria.16Non date ascolto a Ezechia, poiché così dice il re di Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della propria vigna e del proprio fico e ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna,17finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, paese di frumento e di mosto, di pane e di vigne.18Non vi illuda Ezechia dicendovi: Il Signore ci libererà. Gli dèi delle nazioni hanno forse liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re di Assiria?19Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano?20Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle regioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse il Signore liberare Gerusalemme dalla mia mano?".
21Quelli tacquero e non gli risposero neppure una parola, perché l'ordine del re era: "Non rispondetegli".
22Eliakìm figlio di Chelkìa, il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e Ioach figlio di Asaf, l'archivista, si presentarono a Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere.
Lettera ai Colossesi 1
1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo,2ai santi e fedeli fratelli in Cristo dimoranti in Colossi grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro!
3Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi,4per le notizie ricevute della vostra fede in Cristo Gesù, e della carità che avete verso tutti i santi,5in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l'annunzio dalla parola di verità del vangelo6che è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa; così anche fra voi dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità,7che avete appresa da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero; egli ci supplisce come un fedele ministro di Cristo,8e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.
9Perciò anche noi, da quando abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale,10perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio;11rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto;12ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
13È lui infatti che ci ha liberati
dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti
nel regno del suo Figlio diletto,
14per opera del quale abbiamo la redenzione,
la remissione dei peccati.
15Egli è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
16poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potestà.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
17Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui.
18Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa;
il principio, il primogenito di coloro
che risuscitano dai morti,
per ottenere il primato su tutte le cose.
19Perché piacque a Dio
di fare abitare in lui ogni pienezza
20e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose,
rappacificando con il sangue della sua croce,
cioè per mezzo di lui,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.
21E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate,22ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto:23purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato ministro.
24Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.25Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola,26cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi,27ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della gloria.28È lui infatti che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo.29Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
Capitolo VIII: L'intima amicizia con Gesù
Leggilo nella Biblioteca1. Quando è presente Gesù, tutto è per il bene, e nulla pare difficile. Invece, quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non parla nell'intimo, ogni consolazione vale assai poco. Invece, se Gesù dice anche soltanto una parola, sentiamo una grande consolazione. Forse che Maria Maddalena non balzò subitamente dal luogo in cui stava in pianto, quando Marta le disse: "C'è qui il maestro, ti chiama?" (Gv 11,28). Momento felice, quello in cui Gesù ci invita dal pianto al gaudio spirituale. Come sei arido e aspro, lontano da Gesù; come sei sciocco e vuoto se vai dietro a qualcosa d'altro, che non sia Gesù. Non è, questo, per te, un danno più grande che perdere il mondo intero? Che cosa ti può mai dare il mondo se non possiedi Gesù? Essere senza Gesù è un duro inferno; essere con Gesù è un dolce paradiso. Non ci sarà nemico che possa farti del male, se avrai Gesù presso di te. Chi trova Gesù trova un grande tesoro prezioso; anzi, trova un bene più grande di ogni altro bene. Chi perde Gesù perde più che non si possa dire; perde più che se perdesse tutto quanto il mondo. Colui che vive senza Gesù è privo di tutto; colui che vive saldamente con lui è ricco di tutto.
2. Grande avvedutezza è saper stare vicino a Gesù; grande sapienza sapersi tenere stretti a lui. Abbi umiltà e pace, e Gesù sarà con te; abbi devozione e tranquillità di spirito, e Gesù starà con te. Che se comincerai a deviare verso le cose esteriori, potrai subitamente allontanare da te Gesù, perdendo la sua grazia; e se avrai cacciato lui, e l'avrai perduto, a chi correrai per rifugio, a chi ti volgerai come ad amico? Senza un amico non puoi vivere pienamente; e se non hai come amico, al di sopra di ogni altro, Gesù, sarai estremamente triste e desolato.
3. E' da stolto, dunque, quello che fai, ponendo la tua fiducia e la tua gioia in altri che in Gesù. E' preferibile avere il mondo intero contro di te che avere Gesù disgustato di te. Sicché, tra tutte le persone care, caro, per sé, sia il solo Gesù; tutti gli altri si devono amare a causa di Lui; Lui, invece, per se stesso. Gesù Cristo, il solo che troviamo buono e fedele più di ogni altro amico, lui solo dobbiamo amare, di amore particolare. Per lui e in lui ti saranno cari sia gli amici che i nemici; e lo pregherai per gli uni e per gli altri, affinché tutti lo conoscano e lo amino. Non desiderare di essere apprezzato od amato per te stesso, poiché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno che gli somigli. Non volere che uno si lasci prendere, nel suo cuore, tutto da te, né lasciarti tutto prendere tu dall'amore di chicchessia. Gesù soltanto deve essere in te, come in ognuno che ami il bene. Sii puro interiormente e libero, senza legami con le creature. Se vuoi essere pienamente aperto a gustare "com'è soave il Signore" (Sal 33,9), devi essere del tutto spoglio e offrire a Dio un cuore semplice e puro.
4. Ma, in verità, a tanto non giungerai, se prima non sarà venuta a te la sua grazia trascinandoti, cosicché, scacciata e gettata via ogni cosa, tu possa unirti con Lui, da solo a solo. Quando la grazia di Dio scende sull'uomo, allora egli diventa capace di ogni impresa; quando invece la grazia viene meno, l'uomo diventa misero e debole, quasi abbandonato al castigo. Ma anche così non ci si deve lasciare abbattere; né si deve disperare. Occorre piuttosto stare fermamente alla volontà di Dio e, qualunque cosa accada, sopportarla sempre a lode di Gesù Cristo; giacché dopo l'inverno viene l'estate, dopo la tempesta una grande quiete.
DISCORSO 285 NEL NATALE DEI MARTIRI CASTO ED EMILIO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
La solennità dei martiri si deve celebrare in modo che desti attrattiva la loro imitazione.
1. La virtù dei santi martiri non solo eminente ma anche religiosa (è infatti utile, anzi, proprio quella che non lotta per affermazione di superiorità, ma per Dio, è la vera e la sola cui si conviene il nome di virtù) ci esorta a parlare alla Carità vostra e ancora avvertirla di celebrare le solennità dei martiri in modo che si susciti attrattiva per l'imitazione ripercorrendone le orme. Anche quanto ai martiri, infatti, non fu bene loro proprio essere stati forti. Quella sorgente non si diffuse fermandosi a loro. Chi ad essi l'ha concesso può donarlo anche a noi: poiché unico è il prezzo che è stato dato per tutti noi.
Non è la pena, ma la causa a fare i martiri. La fede del ladrone sulla croce cambiò la causa del suo soffrire. Tre croci. La croce di Cristo seggio del giudice.
2. Che il martire di Dio non è tale per la pena ma per la causa è, dunque, una verità che dovete tener presente in modo particolare, vi si deve ricordare di frequente e dovete sempre tornarci su con il pensiero. La nostra giustizia, infatti, e non i tormenti attira la compiacenza di Dio; nel giudizio dell'Onnipotente e del Verace non si ricerca che cosa ciascuno soffra, ma la ragione del patire. Pertanto, il poterci segnare con la croce del Signore non è frutto delle sofferenze di lui, ma della causa. Per cui, se lo avesse procurato la pena, sarebbe stata in grado di apportarlo anche la pena simile dei ladroni. In uno stesso luogo erano tre crocifissi, al centro il Signore che venne annoverato tra i malfattori 1. Posero i due ladroni da ambo i lati: ma non ebbero in comune la causa. Venivano accostati ai lati di Gesù che pendeva, ma si distanziavano assai. Furono i loro personali delitti a crocifiggerli, i nostri a crocifiggerlo. Nondimeno, anche in uno di essi fu ben chiaro quale valore avesse non il tormento dell'uomo crocifisso, ma l'umile riconoscimento del reo. Il ladrone guadagnò nel dolore quel che Pietro aveva perduto nella paura: riconobbe il delitto, salì sulla croce; cambiò la causa, acquistò il paradiso. Meritò indubbiamente di cambiare la causa quello che non disprezzò in Cristo la somiglianza della pena. I Giudei lo trattarono con disprezzo quando compiva i miracoli, quello credette in lui quando era crocifisso. In chi gli era compagno sulla croce riconobbe il Signore e, credendo, fece violenza al Regno dei cieli. Il ladrone credette in Cristo proprio quando la fede degli Apostoli vacillò. Giustamente meritò di ascoltare: Oggi sarai con me in paradiso 2. Certamente da parte sua non se l'aspettava, era certo di affidarsi ad una grande misericordia, ma pensava anche alle sue colpe: Signore - disse - ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno 3. Prevedeva che sarebbe rimasto a soffrire finché il Signore non fosse giunto nel suo regno e si limitava a sollecitare vivamente che gli venisse usata misericordia all'arrivo di lui. Perciò il ladrone, tutto preso dal pensiero delle sue colpe, era disposto ad attendere: ma il Signore offriva al ladrone quel che non sperava; come se dicesse: Tu chiedi che io mi ricordi di te quando sarò giunto nel mio regno, in verità, in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso 4. Riconosci Colui al quale ti affidi: Io, che tu credi debba venire, sono dovunque, prima che io venga. Perciò, sebbene io sia per discendere agli inferi, oggi ti avrò in paradiso; non affidato ad un altro, ma con me. Nella natura della mia umiliazione discesi infatti tra gli uomini mortali e persino tra i morti stessi, però la mia divinità non si allontana mai dal paradiso. Così, ecco tre croci, tre cause. Uno dei ladroni insultava Cristo, l'altro, confessando le proprie malefatte, si affidava alla misericordia di Cristo. La croce di Cristo, al centro, non fu uno strumento di supplizio, ma un tribunale: in realtà, dalla croce condannò l'offensore, liberò il credente. Abbiate timore, voi persecutori, godete, voi credenti: quanto egli operò nell'abbiezione, quello farà nella gloria.
I doni di grazia provengono dall'insondabile giudizio di Dio. Pietro presuntuoso è abbandonato per un poco a se stesso perché si conosca. Dio detesta i presuntuosi.
3. I doni divini provengono dall'insondabile giudizio di Dio: li possiamo ammirare, non siamo capaci di approfondirne la conoscenza. Infatti: Chi ha potuto conoscere il pensiero del Signore? 5 e: Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e investigabili le sue vie! 6 Tenendosi sempre dietro a Cristo, Pietro si confonde, e rinnega: è guardato, e piange; il pianto lava ciò che la paura aveva macchiato. Quello di Pietro non fu un disertare, ma un uscire dall'ignoranza. Senza dubbio, alla richiesta se amasse il Signore, si era creduto capace anche di morire per lui. Lo aveva attribuito alle proprie risorse: se non gli si fosse sottratto per un poco Colui che lo sosteneva, non avrebbe raggiunto consapevolezza di sé. Arrivò a dire: Darò la mia vita per te 7. Azzardava di voler dare la vita per Cristo il presuntuoso, per il quale il liberatore non aveva ancora dato la sua. Quando poi lo agita la paura, come il Signore aveva predetto, rinnega tre volte Colui per il quale aveva promesso di morire. Come è stato scritto: il Signore lo guardò. E quello pianse amaramente 8. Era amaro il ricordo del rinnegamento perché risultasse dolce la grazia della redenzione. Se non fosse rimasto in balia di se stesso, non avrebbe rinnegato; se non fosse stato guardato, non avrebbe pianto. Dio detesta quanti contano sulle proprie forze e, da medico, asporta questo tumore da coloro che ama. Procura certamente dolore tagliando: ma fortifica la salute. Pertanto, alla risurrezione, il Signore affida le sue pecore a Pietro, a chi aveva rinnegato, al rinnegatore, ma in quanto pieno di sé; più tardi al pastore, in quanto pieno di amore. Per quale ragione infatti interpella tre volte chi ama se non a compunzione di chi tre volte ha negato? Dunque, per la grazia di Dio, Pietro realizzò in seguito quanto in un primo momento, nella sicurezza di sé, non gli riuscì. Infatti, dopo che ebbe affidato le pecore a Pietro, non come sue ma quali proprie, perché ne avesse cura non a suo vantaggio ma per il Signore, gli fece prevedere la passione che lo attendeva e che prima si era fatto sfuggire dimostrando una premura troppo precipitosa. Quando sarai vecchio - disse - un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi. Ma gli disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato il Signore 9. Si realizzò, arrivò l'ora del martirio per Pietro che aveva lavato nelle lacrime la negazione. Il tentatore non poté portargli via ciò che il Salvatore gli aveva promesso.
Per quale ragione Casto ed Emilio, in un primo tempo, si dettero per vinti durante i tormenti e perché furono vittoriosi.
4. Mi sembra che qualcosa di simile si sia verificato in questi santi martiri Casto ed Emilio dei quali oggi celebriamo la ricorrenza. Probabilmente anch'essi, in un primo tempo, contarono sulle loro forze e perciò vennero meno. Cristo mostrò loro chi veramente egli fosse e chi essi fossero. Rintuzzò i presuntuosi e suscitò i credenti: sostenne i combattenti, coronò i vincitori. Insomma, già al primo assalto, il nemico ne gioiva; quando si arresero ai dolori, li contava dalla sua parte, già esultava, già li aveva in possesso: ma tanto quanto fu loro permesso dalla misericordia del Signore; alcuni martiri vinsero il diavolo insidiatore, questi persino il diavolo certo della vittoria. Pertanto, fratelli miei, conserviamo il ricordo della festa solenne che oggi celebriamo; guardandoci dall'imitarli in ciò che ne fece dei vinti, ma piuttosto in ciò che li rese vincitori. Se le cadute dei grandi non sono rimaste nascoste è perché siano nel timore quanti sono stati troppo sicuri di sé. In ogni senso ci viene raccomandata premurosamente l'umiltà del Maestro buono. Giacché anche la nostra salvezza in Cristo è l'umiltà di Cristo. Infatti, non ci sarebbe per noi salvezza se Cristo non si fosse degnato di farsi umile per noi. Teniamo ben presente che non dobbiamo riporre molta fiducia in noi stessi. Rimettiamo a Dio quel che abbiamo e imploriamo da lui quel che ci manca.
I martiri sono i nostri avvocati, pur tuttavia abbiamo un solo avvocato: Cristo.
5. La giustizia dei martiri è perfetta perché raggiunsero la perfezione proprio nel crogiuolo della passione. È per questo che nella Chiesa non si prega per loro. Per gli altri fedeli defunti si prega, per i martiri non si prega. Infatti, ne uscirono così purificati da non essere i nostri protetti ma i nostri avvocati. E questo non di per se stessi ma in Colui al quale, come Capo, le membra perfette sono strettamente connesse. Egli è infatti veramente l'unico avvocato 10, che sta alla destra del Padre e intercede per noi 11; ma quale unico avvocato, come anche unico pastore. Dice infatti: Devo condurre anche quelle pecore che non sono di quest'ovile 12. Come Cristo è pastore, non è pastore anche Pietro? Ma certo, anche Pietro è pastore, ed anche gli altri pastori sono tali senza alcun dubbio. Infatti, se non è pastore, come gli si può dire: Pasci le mie pecore 13? Pur tuttavia, il vero pastore è colui che pasce le pecore di sua proprietà. Non fu detto perciò a Pietro: Pasci le tue pecore; ma le mie. Quindi, Pietro è pastore non di per sé, ma nella persona del Pastore. Se infatti volesse pascere le pecore come proprie, diventerebbero subito capri quelli del suo pascolo.
Non ci sono pecore di Cristo fuori dalla Chiesa, ma capri condotti al pascolo dagli scismatici. La voce dei donatisti.
6. Diversamente da quel che si dice a Pietro: Pasci le mie pecore 14, nel Cantico dei Cantici è detto: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne 15. Ci rendiamo senz'altro conto a chi si parla ed in essa siamo anche noi ad ascoltare. Certamente la Chiesa questo ascolta da Cristo, la sposa ascolta dallo sposo: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne, esci tu 16. Quant'è brutta la parola esci! Disse: Uscirono da noi ma non erano dei nostri 17. A tale severa parola qual è esci, fa contrasto, in senso buono, quell'espressione amabile: Entra nel gaudio del tuo Signore 18. Dunque, se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, o cattolica, bella tra le eresie: Se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, esci tu: non è infatti che io ti scaccio ma esci tu. Uscirono infatti da noi quelli che si separano, vivi della vita del corpo, privi dello Spirito 19. Non fu detto infatti: Furono cacciati via; ma: Uscirono. Anche nei riguardi dei primi peccatori la giustizia divina operò in tal modo. Infatti, quasi curvi ormai sotto il proprio peso, li scacciò, non li escluse dal paradiso 20. Dunque, Se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, esci tu, non sono io a scacciarti, esci tu. Da parte mia voglio risanarti nel mio corpo, tu aspiri ad essere mondata della tua putredine. Questo fu detto a coloro che si prevedeva sarebbero usciti perché potessero riconoscersi e lo avessero evitato quanti sarebbero rimasti. Per quale ragione, infatti, pure quelli uscirono se non perché non riconobbero se stessi? Quindi, se l'avessero fatto, si sarebbero allora accorti che quanto davano non apparteneva a loro, ma a Dio. Sono io a dare: è mio quel che cedo ed è cosa santa proprio perché sono io a dare. Non ti sei riconosciuta e di conseguenza sei uscita. Infatti non hai voluto ascoltare chi dice: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne. Eri bella infatti una volta, quando ti tenevi stretta alle membra del tuo sposo. Perciò non hai voluto ascoltare e soppesare in che consista il se non avrai riconosciuto te stessa, perché è certo che ti ha trovata brutta, perché da brutta ti ha resa bella, perché da nera ti ha resa bianca. Che cos'hai che non hai ricevuto? 21 Dunque, non badi in qual senso sia stato detto: Se non avrai riconosciuto te stessa, esci tu. Ed hai creduto di dover pascere pecore tue, non come fu detto a Pietro: Pasci le mie pecore 22. Ma attenta a quel che ti ha aggiunto, al fatto che ti ha predetto queste cose: Esci tu dietro le orme delle greggi 23; non del gregge, ma delle greggi. Ivi infatti si conducono al pascolo le pecore di Cristo, dov'è un solo gregge ed un solo pastore. Dunque: Esci tu dietro le orme delle greggi disposta a dividerti, già divisa, lacerata. Esci tu sulle orme delle greggi: e pasci i tuoi capretti; non come Pietro, le mie pecore, ma i tuoi capretti presso le tende dei pastori 24, non nella tenda del Pastore. Pietro entra, animato da carità, tu esci presa da malanimo; proprio perché Pietro giunse a conoscersi, perciò pianse se stesso a causa della sua presunzione e meritò di incontrare chi era là ad aiutarlo; quindi, esci tu. Pietro le mie pecore, tu i tuoi capretti. Quello nella tenda del Pastore, tu nelle tende dei pastori. Perché vai in giro ostentando la tua ingiusta pena, tu che non sei animata da una causa retta?
I martiri si devono onorare nell'unità della Chiesa.
7. Pertanto, diamo onore ai martiri nell'interno, nella tenda del Pastore, tra i membri del Pastore, animati dalla grazia, non da arroganza; da pietà, non da presunzione; da perseveranza, non da ostinazione; da concordia unanime, non da spirito di parte. Di conseguenza, se volete imitare i martiri autentici, scegliete quella causa che vi consenta di poter dire al Signore: Fammi giustizia, o Signore, distingui la mia causa da quella di gente spietata 25. Distingui non la mia pena - infatti è nella pena anche la gente spietata -, ma la mia causa, che è propria unicamente di chi ha la grazia. Dunque, scegliete per voi la causa, sostenete la causa buona e giusta, certi dell'aiuto del Signore, non vi spaventi alcuna pena. Rivolti al Signore.
1 - Is 53, 12.
2 - Lc 23, 43
3 - Lc 23, 42.
4 - Lc 23, 43
5 - Rm 11, 34.
6 - Rm 11, 33.
7 - Lc 22, 33.
8 - Lc 22, 61-62.
9 - Gv 21, 18-19.
10 - Cf. 1 Gv 2, 1.
11 - Cf. Rm 8, 34.
12 - Gv 10, 16.
13 - Gv 21, 17.
14 - Gv 21, 17.
15 - Ct 1, 7.
16 - Ct 1, 7.
17 - 1 Gv 2, 19.
18 - Mt 25, 21.
19 - Gd 19.
20 - Cf. Gn 3, 23.
21 - 1 Cor 4, 7.
22 - Gv 21, 17.
23 - Ct 1, 7.
24 - Ct 1, 7.
25 - Sal 42, 1.
DAL 1900 AL 1914: "STORIA DELLA VITA DI UNA DELLE SUE FIGLIE"
Il diario di Santa Teresa di Los Andes - Santa Teresa di Los Andes
Leggilo nella BibliotecaDAL 1900 AL 1914
"STORIA DELLA VITA DI UNA DELLE SUE FIGLIE"
Riassunto e divisione della mia vita
Madre: lei crederà di trovarsi davanti una storia interessante. Non voglio che si inganni. La storia che lei leggerà non è la storia della mia vita, ma la vita intima di una povera persona che, senza alcun merito, Gesù Cristo ha amato in modo speciale e ha colmato di benefici e grazie.
La storia della mia persona si riassume in due parole: "Soffrire ed Amare". Ecco qui tutta la mia vita da quando mi resi conto di tutto, cioè dai sei anni o anche prima. Soffrivo, ma Gesù mi insegnò a soffrire in silenzio e a sfogare in Lui il mio povero cuore. Lei comprende, Madre, che il cammino che mi indicò Gesù fin da piccola fu quello che Egli percorse ed amò; e siccome Egli mi amava, cercò di nutrire la mia povera anima con la sofferenza.
La mia vita si divide in due periodi: più o meno dall'età della ragione fino alla Prima Comunione. Gesù mi colmò di favori tanto nel primo periodo come nel secondo; cioè dalla Prima Comunione fino ad ora; o, meglio fino alla mia entrata nel porto del Carmelo.
Coccolata da tutti La mia famiglia
Nacqui nel 1900, il 13 luglio! Mia madre si chiama Lucia Solar de Fernàndez e mio padre Miguel Fernàndez Jara.
Abitavamo con il nonno, già anziano. Si chiamava Eulogio Solar. Si può dire che era un santo. Lo si vedeva tutto il giorno scorrere i grani del suo rosario.
Gesù non volle che nascessi povera come Lui. Nacqui in mezzo alle ricchezze, coccolata da tutti.
Ero la quarta figlia. La maggiore si chiamava Lucia, aveva sette anni; Miguel, il secondo, sei anni e Lucho, il terzo, aveva tre anni. Nella casa di mio nonno abitava anche mia zia Juanita Solar con quattro figli. Lo zio Luis Alberto Dominquez era già morto. Il maggiore dei miei cugini aveva tredici anni e il minore cinque. Abitava con noi anche la zia Teresa Vicuna, con due figli; un altro era morto ancor piccolo; il maggiore si chiamava Tomas Bernardo (il nome dello zio); la seconda, Teresita, aveva otto anni. Abitava anche con noi lo zio Francisco che era celibe ed aveva ventitré anni.
Poco dopo nacque Rebeca, un anno e otto mesi dopo di me. Ero molto timida, anche se molto coccolata. Rebeca era tutto il contrario. Entrambe eravamo molto coccolate. Con il nonno facevamo ciò che volevamo, ingannandolo con baci e carezze.
Fin da piccola mi dicevano che ero la più carina dei miei fratelli, non me ne accorgevo. Le stesse parole me le ripetevano quando ero più grande, di nascosto dalla mamma che non gradiva ciò. Dio solo sa quanto mi è costato estirpare questo orgoglio o vanità che si impossessò del mio cuore quando fui più grande. Avevo un carattere timido ed un cuore molto sensibile. Per tutto piangevo, ma avevo un carattere assai dolce, non mi arrabbiavo mai con nessuno.
Desiderio della Comunione Il collegio
Quando ebbe luogo il terremoto del 1906, Gesù incominciò a prendere il mio cuore per sé.
Ricordo che mamma e zia Juanita ci portavano a Messa e ci spiegavano sempre tutto; ed alla Messa, quando arrivava la Comunione, mi accendevo del desiderio di ricevere Nostro Signore. Domandavo alla mamma questo favore, ma grazie a Dio non mi trovò preparata per questo atto sublime. Ricordo che mamma e zia Juanita mi sedevano sul tavolo e mi interrogavano sull'Eucaristia. Rispondevo alle domande, ma siccome mi vedevano tanto piccola non me la lasciavano fare.
A sette anni mi confessai. Ci prepararono le suore.
Ma prima voglio raccontarle la mia entrata al collegio. Il nonno non voleva affatto che entrassimo, però alla fine vinse mamma e mi mandò dalle Teresiane. Andavo dopo pranzo ed uscivo alle cinque, ma non frequentai quasi mai. Dopo un mese mi tolsero perché avevo notato che le maestre non vigilavano abbastanza durante le ricreazioni e che una bambina non era molto decente; raccontai alla mamma ciò che era successo.
Mamma si lamentò. Allora, in collera, la Madre Superiora mi mise in disparte il giorno dei voti e mi diede un brutto voto e poi mi rimproverò dicendo che quelle cose non si dicevano. Mi meravigliai perché mi avevano sempre detto che dovevo raccontare tutto alla mamma. Mi misero in castigo. Piansi moltissimo e quando tornai a casa, mamma scrisse una lettera alla Superiora dicendo che non sarei ritornata. Mi rallegrai perché le bambine erano molto litigiose. Soffrivo a causa di una che cercava sempre di farmi del male; mi toglieva sempre il velo quando andavamo in cappella. Io, piccola, non sapevo difendermi. Avevo una cugina che picchiavano moltissimo e io la dovevo difendere. Le altre mi volevano bene. Non ho conservato affetto per quel collegio, anche se là imparai a leggere.
Morte del nonno
Nel 1907 il nonno morì come un santo. Ricordo perfettamente quando andammo al fondo a Chacabuco che stava tanto bene. Vi andammo con la zia Teresa e i suoi bambini, perché lui non si separava mai da noi.
Ogni pomeriggio ci faceva montare a cavallo, tirando a sorte chi doveva essere la prima; toccava sempre a Rebeca. Stava bene, ma una notte gli venne un attacco di paralisi. Immediatamente mia zia lo riportò a Santiago, dove subito gli dissero che non c'era rimedio. Lo facevano soffrire con delle cure terribili, finché il povero vecchietto non sapeva più come stava. Il 13 maggio, giorno della sua morte, ricevette i Sacramenti. Chiamò i suoi figli e diede loro i suoi consigli. Accanto alla sua camera c'era l'oratorio. Quando iniziò la Messa lo videro con il viso sconvolto e diceva: "toglietelo" e si copriva la faccia con le mani. Erano terribili tentazioni del demonio. Mamma sparse l'acqua benedetta e il diavolo se ne andò. Poi lo tentò un'altra volta e se ne andò perché la sua morte fosse come era stata la sua vita: in pace. Quando alla consacrazione fu alzata l'Ostia, la sua anima volò al cielo senza che nessuno se ne accorgesse. Sembrava addormentato. La sua morte fu quella di un santo, come lo era stata la sua vita.
Immediatamente ci avvertirono a Chacabuco. Ricordo che ero a letto e dormivo e vennero ad avvertirci. Noi bambine non ci rendemmo conto, ma non piangemmo perché non volevano dire nulla a mio fratello Lucho che, malaticcio, era da poco uscito da una malattia mortale. Così noi, senza fare troppo sforzo, rimanemmo zitte. Più tardi quando ci stavamo vestendo, Lucho incominciò a gridare e a piangere amaramente. Andarono da lui e diceva: "Perché mi hanno ingannato? Perché non mi hanno avvertito? Mio nonno è morto". E piangeva molto. Non si seppe come lo avesse saputo, perché nessuno glielo aveva detto. Nonno lo avvertì mentre dormiva.
Pochi giorni dopo arrivò lo zio Francisco piangendo e raccontando le cose più tristi, allora incominciai a piangere molto, senza che mi si potesse consolare. Ci ricondussero a Santiago e trovando la camera vuota mi fece una impressione così grande che mi sembrava che tutto era finito. E rimasi così triste che non è possibile immaginare.
Poco tempo dopo la casa fu venduta e il fondo fu diviso in tre parti. La parte del mezzo toccò a don Salvador Huidobro, quella della salita allo zio Francisco e quella dei Bagni a, mia mamma.
La casa di Santiago rimase allo zio Eugenio.
Noi traslocammo a Calle Santo Domingo; anche questa casa, come l'altra, è piena di dolci ricordi. Mi accadde una cosa degna di essere raccontata. La notte, quando ci spegnevano la luce in camera, ma rimaneva accesa quella della camera della mia "Mamita", vedevo apparire il nonno ai piedi del letto di Rebeca, però vedevo solo metà del corpo. Mi apparve per otto giorni di seguito. Morivo di paura e andavo nel letto di Rebeca. Da li non lo vedevo.
Devozione alla Vergine Maria
Preparazione alla Prima Comunione
Quando andammo a Chacabuco per l'ultima volta, la zia Juanita, affinché io prendessi una medicina, mi regalò la statua della Madonna di Lourdes di porcellana che stava sempre accanto al mio letto. Presi la medicina e me la regalò. Questa è la Vergine che non ha mai smesso di consolarmi, e di ascoltarmi.
A quel tempo risale la mia devozione alla Vergine Maria. Fu mio fratello Lucho ad insegnarmi questa devozione che ho avuto e che avrò, così spero, fino alla morte. Tutti i giorni Lucho mi invitava a recitare il rosario e facemmo entrambi la promessa di recitarlo tutta la vita. Ciò che finora ho fatto. Solo una volta, quando ero più piccola, me ne dimenticai.
Da allora si può dire che Nostro Signore mi prese per mano, con la Santissima Vergine Maria. A partire da quel periodo, il mio carattere divenne iracondo, mi prendevano delle arrabbiature feroci, ma non erano frequenti. Dopo nessuno riusciva a
farmi perdere la pazienza. I bambini, i miei fratelli, lo facevano a proposito. Mi dicevano moltissime cose per farmi arrabbiare, ma facevo come se non li sentissi. Per questo mamma mi coccolava, ma dopo, quando venivo contrariata per qualunque motivo, mi mettevo a piangere e anche con pianto isterico.
Quando andammo a Chacabuco, venne con noi una cugina di mamma che non mi poteva soffrire, mentre Rebeca era la sua coccolina. Non si può immaginare quanto questo mi facesse soffrire, con lei ero terribile, non accettavo niente da lei.
Nel 1907 entrammo in collegio. Lei sa, Madre, quante noie demmo con il nostro carattere. Ricordiamo bene quando mamma le raccontava i litigi che facevamo con i nostri fratelli e lei ci chiamava e ci esortava ad essere buone.
È da questa epoca che Nostro Signore mi indicò la sofferenza. Papà perse una parte del patrimonio, e così fummo costretti a vivere più modestamente.
Ogni giorno domandavo a mamma il permesso per fare la Prima Comunione, finché nel 1910 accondiscese. Incominciai la preparazione. Mi sembrava, Madre cara, che quel giorno non arrivasse mai e piangevo dal desiderio di ricevere Nostro Signore; per un anno mi preparai a farlo, durante quel tempo la Vergine mi aiutò a purificare il cuore da ogni imperfezione.
Durante il mese del Sacro Cuore modificai il mio carattere completamente, tanto che mamma era felice di vedere che mi preparavo così bene alla Prima Comunione.
Mi costava obbedire perché, soprattutto quando mi comandavano, per pigrizia, tardavo a muovermi. Allora dissi a me stessa che anche se non mi comandavano sarei andata di corsa prima degli altri. Non litigavo con i bambini. A volte mi mordevo le labbra e mi sbrigavo nel vestirmi. Facevo dei fioretti che appuntavo in un libretto, era pieno di fioretti quel libretto. Che differenza tra allora e adesso! Come vorrei tornare a quell'epoca! Ma, forse non ho ricevuto più favori da Gesù?
Prima Comunione
Il giorno della Prima Comunione fu un giorno senza nubi, per me.
Mi ricordo la confessione generale: quando uscii mi misero un velo bianco. Nel pomeriggio chiesi perdono. Ricordo ancora l'impressione del papà. Andai a chiedergli perdono e mi baciò. Allora mi inginocchiai piangendo e gli dissi di perdonarmi tutte le preoccupazioni che gli avevo dato con la mia condotta. A papà vennero le lacrime, mi alzò e mi baciava dicendo che non c'era motivo per chiedergli perdono perché non lo avevo mai disgustato e che era molto contento vedendomi così buona. Sì, papà, perché tu eri troppo indulgente e buono con me. Chiesi perdono alla mamma, che piangeva, a tutti i miei fratelli e infine alla mia "Mamita" ed agli altri domestici. Tutti mi rispondevano commossi. Stavo in ritiro, rimanevo da sola e non mangiavo a tavola con gli altri.
L'11 settembre 1910 anno del centenario della mia patria, anno di felicità e del ricordo più puro che avrò in tutta la mia vita.
Quel bel giorno per me fu un giorno bello anche per la natura. Il sole spandeva i suoi raggi ricolmando la mia anima di felicità e di ringraziamenti al Creatore.
Mi svegliai presto. Mamma mi vestì, mi fece indossare l'abito, mi pettinò. Fece tutto lei, ma io non pensavo a nulla. Ero indifferente a tutto, meno l'anima mia per Dio. Quando arrivammo ripetevamo il "rosario della Prima Comunione": invece della Ave Maria si ripeteva: Vieni Gesù mio, vieni. O mio Salvatore, vieni Tu stesso a preparare il mio cuore.
Finalmente arrivò il momento. Entrammo in cappella a due a due. Lei, Madre, era davanti a Mons. Jara che ci avrebbe dato la Santa Comunione era dietro e chiudeva la processione. Tutte entrammo con gli occhi bassi, senza vedere nessuno, ci inginocchiammo nei banchi ricoperti di tulle bianco con un giglio ed una candela al fianco. Mons. Jara ci disse parole tanto tenere e belle che tutte piangevamo. Ricordo una cosa che ci disse:
"Chiedete a Gesù che se doveste commettere un peccato mortale vi prenda oggi che le vostre anime sono pure come la neve delle montagne. Pregatelo per i vostri genitori, gli autori della vostra esistenza. E per quelli che li hanno persi, ora è il momento per incontrarli. Sì, si sono avvicinati qui per essere testimoni dell'unione intima delle vostre anime con Gesù Cristo. Guardate gli angeli dell'altare, care bambine, guardateli, vi invidiano. Tutto il cielo è presente". Piangevo. Infine ci disse che non voleva ritardare di più l'unione con Gesù, ormai eravamo assetate di Lui e Gesù lo stesso.
Ci avvicinammo all'altare mentre cantavano il bel canto Anima felice che mai dimenticherò.
Non si può descrivere quello che avvenne nella mia anima con Gesù. Gli chiesi mille volte che mi prendesse e sentii per la prima volta la sua cara voce. "Gesù, ti amo, ti adoro!" Lo pregai per tutti. Sentivo la Vergine vicino a me. Come si dilata il cuore! Per la prima volta sentii una pace deliziosa. Dopo il ringraziamento passammo nel cortile per distribuire doni ai poveri e per abbracciare i familiari. Il papà mi baciava e mi sollevava tra le sue braccia felice.
Quel giorno vennero a casa molte bambine. E’ inutile parlare dei regali che ricevetti: il comò e il letto ne erano pieni.
Passò quel giorno così lieto che sarà l'unico della mia vita.
Poco tempo dopo cambiammo casa. Ma Gesù da quel primo abbraccio non mi lasciò e mi prese per se.
Tutti i giorni mi comunicavo e parlavo a lungo con Gesù. Ma la mia devozione speciale era per la Vergine Maria. Le raccontavo tutto. Da quel giorno la terra, per me, non aveva più attrattiva. Volevo morire e domandavo a Gesù che mi portasse via l'otto dicembre.
L'8 dicembre, sempre ammalata
La Vergine Maria e Gesù mi parlano
Tutti gli anni ero ammalata l'8 dicembre; tanto che credevano che morissi. A dodici anni ebbi la difterite. L'8 dicembre ero vicina a morire. Mamma credette che sarei morta perché una mia zia era morta di questa malattia e l'avevo contratta peggio di lei. Quella zia mori a dodici anni. Fin da piccola era una santa. Per fare penitenze metteva pietrucce nelle scarpe, si flagellava con rami spinosi fino al sangue. Nella sua ultima malattia quando i medici le toglievano dalla gola le membrane che si formavano lei prendeva le pinze, le baciava e diceva:
"Questi sono gli strumenti che mi porteranno in cielo", poi prendeva il suo crocifisso e diceva: "Dottori, fatemi quello che volete". Quando arrivò l'ora della morte, chiese perdono ai miei nonni e poi a tutti, chiese scusa per i disturbi dati durante la malattia, poi rimase in estasi e disse: "Come è grande, come è immenso Dio!" e morì con il sorriso sulle labbra. Ma non assomigliavo a lei. Non meritavo ancora il cielo e Nostro Signore non mi prese.
Nel 1913 ebbi una febbre spaventosa. A quel tempo Nostro Signore mi chiamava per sé, ma non facevo caso alla sua voce. Allora, lo scorso anno (1914), mi mandò l'appendicite e questo mi fece udire la sua cara voce che mi chiamava per farmi sua sposa più tardi al Carmelo.
La mia devozione alla Vergine Maria era molto grande. Un giorno in cui avevo una grande pena per una cosa, la raccontai alla Vergine e la pregai per la conversione di un peccatore. Allora Lei mi rispose. Da allora la Vergine Maria, quando la chiamo, mi parla. Una volta le presentai un dubbio che avevo. Allora mi rispose una voce; mi dissi: non è la voce della Madre mia perché non può dirmi questo. La chiamai e mi disse che mi aveva risposto il demonio. Ebbi paura. Ella mi disse che quando sentivo la sua voce le chiedessi: "Sei tu Madre mia?". E faccio sempre così. Ogni volta che desideravo sapere una cosa gliela chiedevo e sempre ciò che mi diceva risultava vero. L'attacco di appendicite aggravò il mio stato di salute e dovetti rimanere a letto, per cui mi tolsero dal collegio, cosa che mi rallegrò molto.
Un giorno ero sola nella mia camera. Con la malattia ero diventata così viziata che non potevo stare sola. Il giorno a cui mi riferisco, Lucita era ammalata ed Elisea una domestica che accudiva mio nonno le teneva compagnia. Allora sentii invidia e pena ed incominciai a piangere. I miei occhi pieni di lacrime si fissarono su un quadro del Sacro Cuore ed udii una voce molto dolce che mi diceva: "Come! Juanita,... sono solo nell'altare per tuo amore e tu non sopporti un momento?". Da allora Gesù mi parla. E passavo ore intere conversando con Lui. E così mi piaceva stare sola. Mi insegnava come dovevo soffrire e non lamentarmi... e l'intima unione con Lui. Allora mi disse che mi voleva per sé. Che voleva che diventassi Carmelitana. Madre, non può immaginare ciò che Gesù faceva nella mia anima. In quel tempo non vivevo in me stessa. Era Gesù che viveva in me. Mi alzavo alle sette, quando svegliavano Rebeca per il collegio. Seguivo un orario tutto il giorno, ma facevo tutto con Gesù e per Gesù.
Nostro Signore mi mostrò come fine la santità. L'avrei raggiunta facendo tutto nel miglior modo possibile. Poco tempo dopo il Padre, mio confessore, mi ripeté le stesse parole. Allora gli raccontai tutto.
Operazione di appendicite
I miei dolori e la malattia peggioravano ogni giorno. L'8 dicembre mi sentii morire. Da quel giorno rimasi a letto per alzarmi solo dopo l'operazione. La mamma incominciò una novena a suor Teresa di Gesù Bambino (Carmelitana allora appena morta) della quale sono molto devota. Migliorai ma il 24, mamma dimenticò di recitare la novena la sera ed ecco che all'indomani mi svegliai molto peggio. A mezzogiorno ebbi una crisi dalla quale si credette che sarei morta; ma nostro Signore volle conservarmi in vita. Come è buono il Signore con me.
Si decise di farmi operare. Mi portarono all'Ospedale San Vicente il lunedì 28. Solo Dio sa quello che soffrii. Dover andare a morire fuori casa mi dava pena. Inoltre avevo una ripugnanza così grande a dormire in letti dove vi erano stati altri ammalati... così mi diventava terribile andarci.
Ignacito entrava nella mia camera con gli occhietti pieni di lacrime, ma appena mi vedeva, si asciugava le lacrime e si metteva a giocare. Non l'ho visto piangere neppure un momento, cosa mirabile per un bambino che aveva appena compiuto quattro anni. Andai con mamma e "Mamita" il lunedì in automobile. Arrivai alla pensione come morta a causa delle coliche, ma poi mi ripresi.
Mi comunicai alle 5 del mattino. Che comunione! Credevo che fosse l'ultima. Chiesi a Nostro Signore con tutta l'anima che mi desse coraggio e serenità. Che cosa sarebbe stato di me senza l'aiuto di Gesù! O Gesù dolcissimo, ti amo!
Vennero le bambine a trovarmi. Giocai tranquillamente a carte con loro. Più tardi venne l'infermiera a preparami. Poi il medico ecc.
Dopo pranzo ero tanto nervosa che non sapevo cosa mi succedeva, incominciai a piangere e a ridere. Mamma mi diede una medicina e rimasi più tranquilla. Alle due arrivarono le bambine con zia Juanita, le chiesi che rimanesse durante l'operazione. Me lo promise. Venne poi lo zio Eulogio, fratello della mamma, e Juanita Ossa de Valdés che mi trascinarono in una conversazione ben distante da ciò che pensavo. Era per distrarmi. Ma mi preparavo a morire. In quel momento arrivò la Madre a prendermi. Non so dire quanto erano buone le Madri con me. Mi teneva compagnia quando poteva, metteva dei fiori nella mia camera perché apparisse allegra.
Presi la statua della Madonna, abbracciai il Crocefisso lo baciai e dissi: "Presto Vi contemplerò faccia a faccia. Addio". Mi diedero una quantità di reliquie e salii sulla barella. Mi spingevano le zie, ma accanto c'era mamma, Lucita e Rebeca. Ad ogni suora che vedevo dicevo di pregare per me e conversavo con tutte. Percorsi due isolati per arrivare alla clinica. Attraversai il reparto degli uomini. Non ne potevo più dalla voglia di piangere. Quando vidi uno degli anziani domestici che era stato operato, ebbi pena pensando che non lo avrei più rivisto, e mi sembrava che mi portavano come un agnello al macello per uccidermi, incominciai a piangere. Mi sfuggi un grido ed un singhiozzo, però mi dissi che non dovevo piangere, mi asciugai le lacrime e finsi di essere serena per non dare pena a mamma. Poi chiesi a Gesù che la mamma non si congedasse da me e Gesù me lo concesse. Mamma e zio Eulogio rimasero indietro senza che me ne accorgessi.
Quando arrivai alla clinica gli inservienti mi fecero salire i gradini. Allora Lucia e Rebeca mi dissero addio... quell'addio fu per me come un dardo che mi spezzò il cuore e mi caddero le lacrime. Ma, non avevo forse promesso a Gesù di non piangere? Facendo uno sforzo mi asciugai le lacrime e dissi loro addio.
Vennero i medici. Mi misi a parlare con loro tranquillamente, ma mi sembravano dei macellai; tuttavia Gesù vinse per me. Prima che mi dessero il cloroformio baciai la mia medaglia e mi posi nel cuore di Gesù dicendo addio al mondo.
Papà e zia Juanita dovevano assistere all'operazione, ma papà non ebbe il coraggio. Quando mi risvegliai avevo male alla testa e non sapevo dove fossi. Credevo di venire dall'altro mondo, tanto che ad ogni persona che vedevo mi mettevo a piangere. Il dolore era terribile e il cloroformio mi causò effetti terribili, pero mi ricordavo di offrire tutto a Nostro Signore, perché mamma me lo ricordava. Solo per un istante mi disperai, ma immediatamente me ne pentii.
Il giorno di capodanno mi giunse una lettera. La Madre che mi curava, era molto buona, quel giorno, dopo la comunione mi disse: "C'è una lettera per te". Ero felice e dicevo che le mie amiche mi avevano scritto. Ma quale non fu la mia sorpresa quando la aprii ed era di Gesù, in francese. Era la preziosa lettera che la Madre mi inviava con delle immagini bellissime. Quella buona Madre aveva mille delicatezze. Tutti i giorni mi portava dei fiori perché la camera fosse allegra. Un medico della pensione mi inviò delle orchidee, che sono dei fiori molto costosi. Era la prima volta che mi inviavano dei fiori e li mandai a Gesù. Questo sacrificio mi costò molto, ma lo feci.
15 settembre 1944
Madre Pierina Micheli
No ne posso più. Gesù aiutami... venne il mio caro Padre S. Silvestro e fui liberata...