Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

“Sii umile e obbediente che lo Spirito Santo ti insegnerà  a pregare”. “Ottimo mezzo per imparare a pregare è il leggere le vite dei Santi, non per mera curiosità , ma posatamente, a poco a poco, fermandosi dove l'anima si sente compungere a devozione” (San Filippo Neri)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 2° settimana del tempo di Avvento

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 19

1Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.2E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati.
3Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?".4Ed egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio 'li creò maschio e femmina' e disse:5Per questo l'uomo 'lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola'?6Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi".7Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato 'di darle l'atto di ripudio e mandarla via'?".8Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.9Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio".

10Gli dissero i discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi".11Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.12Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca".

13Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.14Gesù però disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli".15E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.

16Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?".17Egli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti".18Ed egli chiese: "Quali?". Gesù rispose: "'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,'19'onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso'".20Il giovane gli disse: "Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?".21Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi".22Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

23Gesù allora disse ai suoi discepoli: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.24Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli".25A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: "Chi si potrà dunque salvare?".26E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile".

27Allora Pietro prendendo la parola disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?".28E Gesù disse loro: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.29Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
30Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".


Primo libro delle Cronache 1

1Adamo, Set, Enos,2Kenan, Maalaleèl, Iared,3Enoch, Matusalemme, Lamech,4Noè, Sem, Cam e Iafet.
5Figli di Iafet: Gomer, Magòg, Media, Grecia, Tubal, Mesech e Tiras.
6Figli di Gomer: Ascanàz, Rifat e Togarmà.7Figli di Grecia: Elisà, Tarsìs, quelli di Cipro e quelli di Rodi.
8Figli di Cam: Etiopia, Egitto, Put e Canaan.9Figli di Etiopia: Seba, Avila, Sabta, Raemà e Sabtecà. Figli di Raemà: Saba e Dedan.
10Etiopia generò Nimròd, che fu il primo eroe sulla terra.11Egitto generò i Ludi, gli Anamiti, i Leabiti, i Naftuchiti,12i Patrositi, i Casluchiti e i Caftoriti, dai quali derivarono i Filistei.13Canaan generò Sidòne suo primogenito, Chet,14il Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo,15l'Eveo, l'Archita, il Sineo,16l'Arvadeo, lo Zemareo e l'Amateo.
17Figli di Sem: Elam, Assur, Arpacsàd, Lud e Aram. Figli di Aram: Uz, Cul, Gheter e Mesech.18Arpacsàd generò Selàch; Selàch generò Eber.19A Eber nacquero due figli, uno si chiamava Peleg, perché ai suoi tempi si divise la terra, e suo fratello si chiamava Ioktàn.20Ioktàn generò Almodàd, Salef, Cazarmàvet, Ièrach,21Adoràm, Uzàl, Diklà,22Ebàl, Abimaèl, Saba,23Ofir, Avila e Iobàb; tutti costoro erano figli di Ioktàn.
24Sem, Arpacsàd, Selàch,25Eber, Peleg, Reu,26Serug, Nacor, Terach,27Abram, cioè Abramo.
28Figli di Abramo: Isacco e Ismaele.
29Ecco la loro discendenza:
Primogenito di Ismaele fu Nebaiòt; altri suoi figli: Kedàr, Adbeèl, Mibsàm,30Mismà, Duma, Massa, Cadàd, Tema,31Ietur, Nafis e Kedma; questi furono discendenti di Ismaele.
32Figli di Keturà, concubina di Abramo: essa partorì Zimràn, Ioksàn, Medan, Madian, Isbak e Suach. Figli di Ioksàn: Saba e Dedan.33Figli di Madian: Efa, Efer, Enoch, Abibà ed Eldaà; tutti questi furono discendenti di Keturà.
34Abramo generò Isacco. Figli di Isacco: Esaù e Israele.35Figli di Esaù: Elifàz, Reuèl, Ieus, Ialam e Core.36Figli di Elifàz: Teman, Omar, Zefi, Gatam, Kenaz, Timna e Àmalek.37Figli di Reuèl: Nacat, Zerach, Sammà e Mizza.
38Figli di Seir: Lotàn, Sobàl, Zibeòn, Ana, Dison, Eser e Disan.39Figli di Lotàn: Corì e Omàm. Sorella di Lotàn: Timna.40Figli di Sobàl: Alvan, Manàcat, Ebal, Sefi e Onam. Figli di Zibeòn: Aia e Ana.41Figli di Ana: Dison. Figli di Dison: Camràn, Esban, Itràn e Cheràn.
42Figli di Eser: Bilàn, Zaavàn, Iaakàn. Figli di Dison: Uz e Aran.
43Ecco i re che regnarono nel paese di Edom, prima che gli Israeliti avessero un re: Bela, figlio di Beòr; la sua città si chiamava Dinàba.44Morto Bela, divenne re al suo posto Iobàb, figlio di Zerach di Bozra.45Morto Iobàb, divenne re al suo posto Cusàm della regione dei Temaniti.46Morto Cusàm, divenne re al suo posto Hadàd figlio di Bedàd, il quale sconfisse i Madianiti nei campi di Moab; la sua città si chiamava Avit.47Morto Hadàd, divenne re al suo posto Saul di Recobòt sul fiume.48Morto Samlà, divenne re al suo posto Saul di Recobòt, sul fiume.49Morto Saul, divenne re al suo posto Baal-Canàn, figlio di Acbòr.50Morto Baal-Canàn, divenne re al suo posto Hadàd; la sua città si chiamava Pai; sua moglie si chiamava Mechetabèl, figlia di Matred, figlia di Mezaàb.
51Morto Hadàd, in Edom ci furono capi: il capo di Timna, il capo di Alva, il capo di Ietet,52il capo di Oolibamà, il capo di Ela, il capo di Pinon,53il capo di Kenaz, il capo di Teman, il capo di Mibzar,54il capo di Magdièl, il capo di Iram. Questi furono i capi di Edom.


Salmi 116

1Alleluia.

Amo il Signore perché ascolta
il grido della mia preghiera.
2Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.

3Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi.
Mi opprimevano tristezza e angoscia
4e ho invocato il nome del Signore:
"Ti prego, Signore, salvami".
5Buono e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
6Il Signore protegge gli umili:
ero misero ed egli mi ha salvato.

7Ritorna, anima mia, alla tua pace,
poiché il Signore ti ha beneficato;
8egli mi ha sottratto dalla morte,
ha liberato i miei occhi dalle lacrime,
ha preservato i miei piedi dalla caduta.
9Camminerò alla presenza del Signore
sulla terra dei viventi.

10Alleluia.

Ho creduto anche quando dicevo:
"Sono troppo infelice".
11Ho detto con sgomento:
"Ogni uomo è inganno".

12Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato?
13Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

14Adempirò i miei voti al Signore,
davanti a tutto il suo popolo.
15Preziosa agli occhi del Signore
è la morte dei suoi fedeli.

16Sì, io sono il tuo servo, Signore,
io sono tuo servo, figlio della tua ancella;
hai spezzato le mie catene.
17A te offrirò sacrifici di lode
e invocherò il nome del Signore.

18Adempirò i miei voti al Signore
e davanti a tutto il suo popolo,
19negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.


Salmi 10

1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'

2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.

4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.

6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.

8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.

10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.

12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.

14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.

16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.

18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.

20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.

22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.

26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.

27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".

33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?

35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.

37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.


Ezechiele 14

1Vennero a trovarmi alcuni anziani d'Israele e sedettero dinanzi a me.2Mi fu rivolta allora questa parola del Signore:3"Figlio dell'uomo, questi uomini hanno posto idoli nel loro cuore e tengono fisso lo sguardo all'occasione della loro iniquità appena si mostri. Mi lascerò interrogare da loro?4Parla quindi e di' loro: Dice il Signore Dio: Qualunque Israelita avrà innalzato i suoi idoli nel proprio cuore e avrà rivolto lo sguardo all'occasione della propria iniquità e verrà dal profeta, gli risponderò io, il Signore, riguardo alla moltitudine dei suoi idoli,5per raggiungere al cuore gli Israeliti, che si sono allontanati da me a causa di tutti i loro idoli.6Riferisci pertanto al popolo d'Israele: Dice il Signore Dio: Convertitevi, abbandonate i vostri idoli e distogliete la faccia da tutte le vostre immondezze,7poiché a qualunque Israelita e a qualunque straniero abitante in Israele, che si allontana da me e innalza nel suo cuore i suoi idoli e rivolge lo sguardo all'occasione della propria iniquità e poi viene dal profeta a consultarmi, risponderò io, il Signore, da me stesso.8Distoglierò la faccia da costui e ne farò un esempio e un proverbio, e lo sterminerò dal mio popolo: saprete così che io sono il Signore.
9Se un profeta si lascia sedurre e fa una profezia, io, il Signore, ho sedotto quel profeta: stenderò la mano contro di lui e lo cancellerò dal mio popolo Israele.10Ambedue porteranno la pena della loro iniquità. La pena di chi consulta sarà uguale a quella del profeta,11perché gli Israeliti non vadano più errando lontano da me, né più si contaminino con tutte le loro prevaricazioni: essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Parola del Signore".

12Mi fu rivolta questa parola del Signore:13"Figlio dell'uomo, se un paese pecca contro di me e si rende infedele, io stendo la mano sopra di lui e gli tolgo la riserva del pane e gli mando contro la fame e stérmino uomini e bestie;14anche se nel paese vivessero questi tre uomini: Noè, Daniele e Giobbe, essi con la loro giustizia salverebbero solo se stessi, dice il Signore Dio.15Oppure se io infestassi quel paese di bestie feroci, che lo privassero dei suoi figli e ne facessero un deserto che nessuno potesse attraversare a causa delle bestie feroci,16anche se in mezzo a quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com'è vero ch'io vivo, dice il Signore Dio: non salverebbero né figli né figlie, soltanto loro si salverebbero, ma la terra sarebbe un deserto.
17Oppure, se io mandassi la spada contro quel paese e dicessi: Spada, percorri quel paese; e sterminassi uomini e bestie,18anche se in mezzo a quel paese ci fossero questi tre uomini, giuro com'è vero ch'io vivo, dice il Signore: non salverebbero né figli né figlie, soltanto loro si salverebbero.
19Oppure, se io mandassi la peste contro quella terra e sfogassi nella strage lo sdegno e sterminassi uomini e bestie,20anche se in mezzo a quella terra ci fossero Noè, Daniele e Giobbe, giuro com'è vero ch'io vivo, dice il Signore Dio: non salverebbero né figli né figlie, soltanto essi si salverebbero per la loro giustizia.
21Dice infatti il Signore Dio: Quando manderò contro Gerusalemme i miei quattro tremendi castighi: la spada, la fame, le bestie feroci e la peste, per estirpare da essa uomini e bestie,22ecco vi sarà in mezzo un residuo che si metterà in salvo con i figli e le figlie. Essi verranno da voi perché vediate la loro condotta e le loro opere e vi consoliate del male che ho mandato contro Gerusalemme, di quanto ho mandato contro di lei.23Essi vi consoleranno quando vedrete la loro condotta e le loro opere e saprete che non invano ho fatto quello che ho fatto in mezzo a lei". Parola del Signore Dio.


Apocalisse 14

1Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.2Udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe.3Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra.4Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l'Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello.5Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia.

6Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo.7Egli gridava a gran voce:

"Temete Dio e dategli gloria,
perché è giunta l'ora del suo giudizio.
Adorate colui che ha fatto
il cielo e la terra,
il mare e le sorgenti delle acque".

8Un secondo angelo lo seguì gridando:

"È caduta, è caduta
Babilonia la grande,
quella che ha abbeverato tutte le genti
col vino del furore della sua fornicazione".

9Poi, un terzo angelo li seguì gridando a gran voce: "Chiunque adora la bestia e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano,10berrà il vino dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello.11Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome".12Qui appare la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.
13Poi udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono".

14Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata.15Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura".16Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata.18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature".19L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio.20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia.


Capitolo LIX: Porre ogni nostra speranza e ogni fiducia soltanto in Dio

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1. O Signore, che cosa è mai la fiducia che ho in questa vita. Quale è il mio più grande conforto, tra tutte le cose che si vedono sotto il cielo? Non sei forse tu, o Signore, mio Dio di infinita misericordia? Dove mai ho avuto bene, senza di te; quando mai ho avuto male con te? Voglio essere povero per te, piuttosto che ricco senza di te; voglio restare pellegrino su questa terra, con te, piuttosto che possedere il cielo, senza di te. Giacché dove sei tu, là è cielo; e dove tu non sei, là è morte ed inferno. Sei tu il mio desiderio ultimo; perciò io ti debbo seguire, con gemiti e lacrime ed alte, commosse preghiere. In una parola, non posso avere piena fiducia in alcuno che mi venga in aiuto nelle varie necessità, fuori che in te soltanto, mio Dio. "La mia speranza" e la mia fiducia sei tu (Sal 141,6); tu, il mio consolatore, il più fedele in ogni momento. "Ognuno va cercando ciò che a lui giova" (Fil 2,21); e tu, o Dio, ti prefiggi soltanto la mia salvezza e tutto volgi in bene per me. Pur quando mi esponi a varie tentazioni e avversità, tutto questo tu lo vuoi per il mio bene, giacché quelli che tu ami usi metterli in vario modo alla prova; e in questa prova io debbo amare e ringraziare, non meno che quando tu mi colmi di celesti consolazioni.

2. In te, dunque, o Signore Dio, ripongo tutta la mia speranza; in te cerco il mio rifugio; in te rimetto tutte le mie tribolazioni e le mie difficoltà, ché tutto trovo debole e insicuro ciò che io vedo fuori di te. Non mi gioveranno, infatti, i molti amici; non mi saranno di aiuto coloro che vengono a soccorrermi, per quanto forti; non mi potranno dare un parere utile i prudenti, per quanto saggi; non mi potranno dare conforto i libri dei sapienti; non ci sarà una preziosa ricchezza che mi possa dare libertà; non ci sarà un luogo ameno e raccolto che mi possa dare sicurezza, se non sarai presente tu ad aiutarmi, a confortarmi, a consolarmi; se non sarai presente tu ad ammaestrarmi e a proteggermi. In verità, tutte le cose che sembrano fatte per dare pace e felicità non sono nulla e non danno realmente felicità alcuna, se non ci sei tu. Tu sei, dunque, l'ultimo termine di ogni bene, il supremo senso della vita, la massima profondità di ogni parola. Sperare in te sopra ogni cosa è il maggior conforto di chi si è posto al tuo servizio. "A te sono rivolti i miei occhi (Sal 140,80); in te confido, o mio Dio (Sal 24,1s), padre di misericordia" (2Cor 1,3). Benedici e santifica, con la tua celeste benedizione, l'anima mia, affinché essa sia fatta tua santa dimora e sede della eterna gloria; e nulla si trovi in questo tempio della tua grandezza, che offenda l'occhio della tua maestà. Guarda a me, nella tua immensa bontà e nell'abbondanza della tua misericordia; ascolta la preghiera del tuo servo, che va peregrinando in questa terra oscura di morte. Proteggi e custodisci l'anima di questo tuo piccolo servo, nei tanti pericoli della vita di quaggiù; dirigila con la tua grazia per la via della pace, alla patria della eterna luce. Amen.


DISCORSO 89 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 21, 12-19, DOVE GESÙ FECE SECCARE L'ALBERO DI FICO E SU QUELLE DI LC 24, 28, OVE IL SIGNORE FINSE DI ANDARE PIÙ LONTANO

Discorsi - Sant'Agostino

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Di che cosa ci ammonisce la maledizione del fico.

1. Il passo del santo Vangelo ch'è stato letto or ora ci ha ammoniti e atterriti affinché non abbiamo solo foglie senza avere frutti. Ciò si spiega in due parole: non ci dev'essere abbondanza di parole e mancanza di fatti. Grande terrore! Chi non sarebbe preso da terrore durante questa lettura vedendo con gli occhi del cuore l'albero reso arido e immaginando di sentirsi dire: Mai più in eterno nascano frutti da te! 1. Il terrore ci corregga e la correzione ci faccia produrre frutti. Senza dubbio Cristo Signore prevedeva che un certo albero di fico si sarebbe giustamente seccato perché aveva foglie ma non aveva frutti. Quell'albero era la Sinagoga, non quella chiamata alla vita eterna ma quella riprovata. Poiché dal seno di essa fu chiamato alla fede il popolo di Dio; il quale veracemente e sinceramente attendeva Gesù Cristo quale salvezza di Dio in base alla predizione dei Profeti. E poiché l'attendeva con fede, meritò di conoscerlo presente. Da quel popolo provenivano gli Apostoli, da esso tutta la folla che camminava davanti al puledro del Signore e gridava: Osanna al Figlio di Davide, benedetto colui che viene nel nome del Signore 2. Era una gran folla di giudei fedeli, era una gran folla di credenti in Cristo prima che fosse sparso il suo sangue per la loro salvezza. Non inutilmente infatti il Signore in persona era venuto solo per le pecore sperdute del popolo d'Israele 3. Ma dopo essere stato crocifisso e ormai esaltato nel cielo, trovò in altri il frutto del ravvedimento e non li fece seccare ma li coltivò nel campo e l'irrigò con la sua parola. A quel popolo appartenevano i quattromila giudei che credettero in Cristo dopo che i discepoli e quelli ch'erano con loro, ripieni dello Spirito Santo, presero a parlare nella lingua di tutti i popoli 4 e con quella diversità di lingue predissero in certo qual modo che la Chiesa si sarebbe diffusa per tutta la terra. Allora credettero in Cristo ed erano proprio le pecore sperdute del popolo d'Israele, ma poiché il Figlio dell'uomo era venuto a cercare e a salvare quelli ch'erano perduti 5, trovò anch'essi. Ma, non so dove, erano nascosti tra i rovi come se fossero stati assaliti dai lupi, e poiché stavano nascosti tra i rovi, arrivò a trovarli solo dopo essere stato straziato dalle spine della passione, ma tuttavia ci arrivò, li trovò, li riscattò. Quelli avevano ucciso non tanto lui quanto piuttosto se stessi e furono salvati da Colui ch'era stato ucciso per loro. Poiché mentre gli Apostoli parlavano, coloro che lo avevano trafitto con la lancia si sentirono come trafiggere il cuore e così chiesero consiglio, lo ebbero, lo accolsero 6, si pentirono e trovarono grazia; credendo bevvero il sangue che avevano sparso infierendo contro il Cristo. Ma quelli che sono rimasti con i sentimenti di quella perversa e infruttuosa stirpe fino al presente e rimarranno tali fino alla fine, sono stati raffigurati in quell'albero. Se tu ora vai da loro, trovi presso di essi tutte le predizioni dei Profeti, ma queste sono soltanto foglie, mentre Cristo ha fame e cerca i frutti, ma non li trova perché in loro non trova se stesso. Poiché non ha frutti chi non ha Cristo. Ma non ha Cristo chi non conserva l'unità di Cristo, chi non ha la carità. In forza di questa serie di ragioni non ha dunque frutti chi non ha la carità. Ascolta l'Apostolo: Il frutto dello spirito invece è la carità 7, parole con cui intende mettere in risalto, per così dire, il grappolo, cioè il frutto. Il frutto dello spirito invece - dice - è la carità, la gioia, la pace, la tolleranza 8. Non ti stupire delle virtù che seguono la carità, dal momento che alla loro origine c'è essa.

Il monte trasferito dagli Apostoli nel mare.

2. Ecco perché ai discepoli ch'erano rimasti pieni di stupore nel vedere l'albero seccato, raccomandò la fede dicendo loro: Se avrete la fede e non farete distinzioni, cioè se avrete fede in Dio per ogni occorrenza, e non direte: "Dio può fare questo, ma non quest'altro" ma riporrete la vostra fiducia nell'onnipotenza dell'Onnipotente, non farete solo ciò ch'è successo a quest'albero ma se direte a questo monte: Sollévati e gettati nel mare, avverrà così. Tutto ciò che chiederete con fede, l'otterrete 9. Leggiamo di miracoli compiuti dai discepoli, o meglio compiuti dal Signore per mezzo dei discepoli, perché - dice egli stesso - senza di me non potete far nulla 10. Il Signore avrebbe potuto compierne molti senza i discepoli, ma nessuno i discepoli senza il Signore. Colui che poté fare anche gli stessi discepoli, non fu certamente aiutato da essi a fare loro. Leggiamo i miracoli fatti dagli Apostoli ma non leggiamo in nessun luogo di un albero reso da loro arido o di un monte trasferito nel mare. Cerchiamo dunque come un tal miracolo fu compiuto, poiché le parole del Signore non poterono rimanere senza effetto. Se si considerano i soliti e noti alberi della terra e i monti che noi vediamo, non fu compiuto. Se invece consideri l'albero di cui parla il Vangelo e il monte stesso del Signore, di cui il Profeta disse: Negli ultimi giorni sarà manifesto il monte del Signore 11; se consideri e comprendi queste cose, non solo quel miracolo fu compiuto, ma fu compiuto da loro. Quell'albero era il popolo giudaico ma, lo dico di nuovo, era la parte di esso riprovata, non quella chiamata alla salvezza; l'albero testé ricordato era il popolo giudaico. Il monte, come c'insegna il testo del Profeta, è il Signore stesso. L'albero secco è il popolo giudaico privo della gloria di Cristo; il mare è questo mondo per tutti i pagani. Considera dunque gli Apostoli che parlano all'albero destinato a seccare, e che gettano il monte nel mare. Parlano negli Atti degli Apostoli ai giudei che si oppongono e si ribellano alla parola della Verità, cioè che hanno le foglie, ma non hanno i frutti e dicono: Era necessario annunciare la parola di Dio prima di tutti a voi, ma poiché l'avete rigettata 12, poiché pur avendo sempre sulle labbra le parole dei Profeti, voi non riconoscete Colui ch'è stato preannunciato dai Profeti, ossia poiché avete solo foglie, noi ci rivolgiamo ai pagani 13. Ciò infatti è stato predetto anche dal Profeta: Ecco, io ti ho costituito luce per le genti, affinché tu sia la salvezza fino all'estremità della terra 14. Ecco, l'albero si è seccato, e Cristo andato tra i pagani è il monte trasferitosi nel mare. Come mai non si sarebbe seccato l'albero piantato nella vigna, della quale era stato detto: Comanderò alle mie nubi di non far cadere la pioggia su di essa 15?

La maledizione dell'albero prefigurava una realtà futura.

3. Che il Signore volesse indicarci d'aver compiuto un'azione profetica, che cioè a proposito di quell'albero non solo volle mostrare un miracolo ma con esso volle insegnarci un evento futuro, ce lo provano parecchie circostanze, le quali ci persuadono anzi ci forzano ad ammetterlo anche nostro malgrado. Anzitutto che colpa aveva quell'albero di non avere frutti? Anche se esso non ne avesse avuti nella debita stagione, cioè nella stagione dei fichi, l'albero non avrebbe avuto alcuna colpa, poiché un albero privo di sentimento non poteva averne colpa alcuna. A ciò s'aggiunge che, come si legge in un altro Evangelista il quale narra questo medesimo fatto, non era quella la stagione dei fichi 16. Era infatti la stagione in cui il fico porta le foglie tenere, che nascono - come sappiamo - prima dei frutti; proviamo questo col fatto che era vicino il tempo della passione del Signore, e sappiamo in qual tempo egli patì; anche se non riflettessimo a ciò, dovremmo credere all'Evangelista che dice precisamente: Non era la stagione dei fichi. Se dunque avesse dovuto esser messo in risalto solo il miracolo e non prefigurata allegoricamente qualche altra verità, il Signore molto più benignamente e in modo molto più degno della sua misericordia avrebbe fatto rinverdire un albero che avesse trovato secco, allo stesso modo che guarì gli ammalati, mondò i lebbrosi, risuscitò i morti. Allora invece, in modo opposto, quasi contro la norma della propria mitezza, trovò un albero verdeggiante, che prima della stagione non aveva ancora frutti, ma che tuttavia non li avrebbe negati al suo agricoltore, eppure lo fece seccare, come se volesse dire all'uomo: "Non trovo piacere nel fatto che quest'albero si sia seccato, ma ho voluto farti intendere d'aver voluto fare una tal cosa non senza un motivo, cioè solo perché ho voluto mettere in risalto quello che dovresti considerare con più attenzione". Io non ho maledetto quest'albero, non ho inflitto un castigo a un albero privo di sentimento; ma, se rifletti bene, ho inteso spaventarti, perché tu non trascurassi Cristo quando ha fame, e preferissi di portar molti frutti anziché coprirti di fitto fogliame".

Ogni espressione o fatto della Scrittura si può intendere in tre modi.

4. Questa è una prima verità che il Signore ci fa capire d'aver voluto inculcarci. Ce n'è un'altra? Egli sente fame, s'avvicina all'albero e vi cerca i frutti. Non sapeva forse che non era ancora la stagione? Il Creatore non sapeva ciò che sapeva il coltivatore dell'albero? Cerca dunque frutti sull'albero che ancora non li aveva. Li cerca oppure fa finta di cercarli? Poiché, se li cercava veramente, si sbagliava. Ma è impossibile che sbagliasse. Dunque finse. Se si teme di ammettere che fingeva, si ammette che sbagliava. Se uno si rifiuta d'ammettere l'errore, finisce per ammettere la finzione. Siamo indecisi e angustiati da un dubbio che ci brucia. Nella febbre dell'ansietà, auguriamoci la pioggia, per prender vigore e non divenire piuttosto secchi attribuendo al Signore azioni indegne di lui. Veramente l'Evangelista dice: Andò presso un albero, ma non vi trovò alcun frutto 17. Naturalmente a proposito di lui non avrebbe detto: non ne trovò, se non qualora li avesse cercati davvero, o avesse fatto finta di cercarli, pur sapendo che non ce n'erano. Non dobbiamo dire in alcun modo che Cristo sbagliava; riguardo a ciò non abbiamo alcun dubbio. Che fare, dunque? Diremo forse che fece finta o diremo che non fece finta? In qual modo usciremo da questo imbarazzo? Diciamo pure quanto dice del Signore un Evangelista in un altro passo, cosa che non oseremmo dire da noi stessi. Diciamo pure ciò che ha scritto quell'Evangelista e dopo averlo detto, cerchiamo di comprenderlo. Ma per comprenderlo, dobbiamo prima credere. Se non crederete - dice il Profeta - non intenderete 18. Dopo la sua risurrezione Cristo Signore camminava sulla strada con due suoi discepoli dai quali ancora non era stato riconosciuto, e si unì loro come un terzo compagno di viaggio. Giunsero al luogo dove quei due erano diretti e l'Evangelista dice che Gesù fece finta di voler continuare il viaggio 19. Essi invece cercarono di trattenerlo come vuole la norma di cortesia, dicendo che ormai annottava e pregandolo di restare con loro. Egli accettò l'ospitalità, spezzò il pane ed essi lo riconobbero allorché benedisse e spezzò il pane. Non dobbiamo dunque aver paura di dire che finse di cercare [i frutti sul fico] se finse di continuare il cammino. Ma qui sorge un'altra questione. Ieri abbiamo parlato a lungo mettendo in risalto la veracità degli Apostoli; come potremo trovare la finzione nel Signore? Si deve dunque dire, fratelli miei, e inculcarvi, nei limiti delle nostre tenui forze, concesseci dal Signore per farvi del bene, e vi si deve esporre ciò che dovete ritenere come regola a proposito di tutte le Scritture. Ogni detto o fatto può avere o un senso proprio o un significato simbolico, o di certo li ha tutt'e due, sia quello proprio che quello simbolico. Vi ho presentato tre ipotesi, e dovendovi dare degli esempi, da dove prenderli se non dalle Sacre Scritture? Deve intendersi in senso proprio l'affermazione che il Signore soffrì, risuscitò, salì al cielo, che noi risorgeremo alla fine del mondo e regneremo con lui in eterno, se non lo disprezzeremo. Queste espressioni devono intendersi in senso proprio; non vi si deve cercare un senso figurato. Le cose sono così come sono espresse. Lo stesso criterio vale per i fatti. L'Apostolo andò a Gerusalemme per vedere Pietro 20; l'Apostolo vi andò realmente ed è un'azione da prendersi in senso proprio. Ti narra un'azione compiuta, un fatto da intendersi in senso proprio. Invece la seguente è una frase di senso figurato: La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo 21. Se prendiamo la pietra in senso letterale, qual è la pietra scartata dai costruttori che è diventata testata d'angolo? Se intendiamo l'angolo in senso proprio, quale testata d'angolo è diventata questa pietra? Se invece ammettiamo che questa è un'espressione figurata e l'intendiamo in senso simbolico, la pietra angolare è Cristo, testata d'angolo, capo della Chiesa. Perché pietra angolare della Chiesa? Perché da una parte chiamò alla fede i giudei e dall'altra i pagani e unì insieme mediante la grazia della sua pace, per così dire, due pareti ch'erano dirette in senso diverso e s'incontrarono in lui, pietra angolare, poiché è proprio lui la nostra pace che ha fatto diventare uno solo i due popoli 22.

Fatti simbolici.

5. Avete sentito che cos'è un'espressione in senso proprio e in senso figurato; avete sentito che cos'è un fatto in senso proprio, voi aspettate ora qualche esempio di fatti simbolici. Ce ne sono molti ma ecco intanto quello che mi viene in mente per l'associazione d'idee con la pietra angolare, quello di Giacobbe quando unse una pietra e la pose a capo del giaciglio e su di essa dormiva; durante il sonno ebbe un sogno straordinario: vide cioè una scala che dalla terra s'innalzava verso il cielo; su di essa salivano e scendevano gli angeli, e all'estremità di essa era Dio; comprese il suo vero significato simbolico e per dimostrarci di non essere estraneo alla comprensione di quella visione e rivelazione [unse la pietra] ritenendola come figura di Cristo 23. Non ti devi quindi stupire che unse la pietra, poiché Cristo ricevette il nome dall'unzione. Ora questo Giacobbe nella Scrittura è chiamato uomo senza inganno. Questo Giacobbe, come voi sapete, fu chiamato Israele 24. Per questo motivo il Signore nel Vangelo quando vide Natanaele: Ecco - disse - un vero israelita, in cui non c'è falsità 25. Quell'israelita, non sapendo ancora chi fosse Colui che parlava con lui, rispose: Come fai a conoscermi? E il Signore a lui: Ti ho visto quando eri sotto l'albero di fico, come se dicesse: "Quando tu eri all'ombra del peccato, io ti ho predestinato alla salvezza". Quello, ricordandosi d'essere stato sotto l'albero di fico, dove il Signore non c'era, ne riconobbe la divinità e rispose: "Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!". Egli sotto l'albero di fico non divenne un albero inaridito di fico; aveva riconosciuto il Cristo. E il Signore a lui: Poiché ti ho detto d'averti visto sotto il fico, tu credi in me? Vedrai cose ben più grandi! 26. Quali sono queste cose più grandi? È così, vi dico 27. Per il fatto che quello è un israelita senza inganno, pensa a Giacobbe anche del quale si dice che in lui non c'era inganno e ricorda il fatto cui allude Cristo, la pietra posta sotto il capo, la visione durante il sonno, la scala elevantesi dalla terra al cielo, gli angeli che scendevano e salivano e vedi che cosa dice il Signore all'israelita senza falsità: Vedrete il cielo aperto. Ascolta, Natanaele senza inganno, ciò che vide Giacobbe senza inganno: vedrete il cielo aperto e gli angeli salire e scendere - verso chi? - verso il Figlio dell'uomo 28. Quella pietra dunque, consacrata con l'olio a capo del giaciglio, era il Figlio dell'uomo, poiché capo della donna è l'uomo, ma capo di ogni uomo è Cristo 29. La Scrittura tuttavia non dice che gli angeli salivano dal Figlio dell'uomo e scendevano verso il Figlio dell'uomo, come se fosse soltanto nell'alto del cielo, ma dice che salivano e scendevano verso il Figlio dell'uomo. Ascolta il Figlio dell'uomo che nel cielo grida: Saulo, Saulo! Ascoltalo che sulla terra grida: Perché mi perseguiti? 30.

Un fatto veramente compiuto e tuttavia allegorico.

6. Avete sentito un'affermazione di senso proprio, come quella che noi risorgeremo, e un fatto in senso proprio che, come è stato detto, Paolo andò a Gerusalemme a vedere Pietro 31. Espressione simbolica è: La pietra scartata dai costruttori 32; un fatto simbolico è la pietra consacrata con l'olio posta a capo del giaciglio di Giacobbe. Devo ora presentare alla vostra aspettativa l'esempio di un fatto avvenuto in senso proprio e avente nello stesso tempo un significato simbolico. Sappiamo che Abramo ebbe due figli, uno nato dalla schiava e uno nato dalla moglie che era libera; è un fatto davvero compiuto, non solo narrato, ma anche avvenuto; vuoi sapere quale allegoria racchiude? I due figli rappresentano i due Testamenti 33. Ciò che dunque viene detto in senso figurato, in certo qual modo viene inventato. Ma siccome ha come risultato un significato allegorico e questo conserva la garanzia della verità, non può essere accusato di falsità. Ecco, il seminatore uscì a seminare e, nel seminare, una parte del seme cadde sulla strada, una parte cadde su luoghi sassosi, un'altra in mezzo alle spine, un'altra cadde su terreno fecondo. Chi fu che uscì a seminare, o quando uscì, o tra quali spine, o tra quali sassi, o su quale strada o in quale campo? Se lo s'intende come un fatto inventato, lo si comprende in senso figurato: è un fatto inventato. Se infatti si fosse trattato d'un seminatore che fosse uscito davvero e avesse sparso la semente - come abbiamo sentito - in luoghi differenti, non sarebbe un'invenzione, ma neppure una menzogna. Qui però non si tratta di un'invenzione, ma neppure d'una menzogna. Perché? Perché ciò ch'è inventato ha un significato allegorico, non t'inganna; richiede d'essere compreso ma non induce in errore. Volendoci insegnare ciò Cristo, quando cercava i frutti suggeriva con quel fatto un significato allegorico, non una finzione mendace, e perciò una finzione lodevole non biasimevole; una volta che da te sarà bene esaminata, non andrai a finire nella falsità ma dopo averla scrutata potrai trovare la verità.

Tenersi uniti a Cristo nell'Eucaristia.

7. Vedo che cosa potrebbe dirmi qualcuno: "Spiegami quale senso figurato ha il fatto che Gesù finse di andare più lontano. Poiché se non aveva un senso allegorico, è una falsità, una menzogna". Con le nostre spiegazioni e in base alle regole più esatte dobbiamo dire qual era il significato simbolico d'una finzione come quella d'andare più lontano; finse, ma fu trattenuto perché non andasse più lontano. Quanto dunque alla presenza fisica Cristo Signore era considerato come assente, e questa assenza immaginata era simboleggiata dal suo far finta d'allontanarsi. Trattienilo con la fede, trattienilo al momento della frazione del pane. Che dire? L'avete riconosciuta? Se l'avete riconosciuta, allora in essa avete trovato Cristo. Ma non si deve parlare più a lungo di questo sacramento. Coloro che differiscono a istruirsi su questo sacramento lasciano andare Cristo più lontano da loro. Fissino bene in mente questa verità, e non la dimentichino; invitino Cristo come ospite e saranno invitati al cielo.

 

1 - Mt 21, 19.

2 - Mt 21, 9.

3 - Cf. Mt 15, 24.

4 - Cf. At 2, 4.

5 - Cf. Lc 19, 10.

6 - Cf. At 2, 37.

7 - Gal 5, 22.

8 - Gal 5, 22

9 - At 21, 21.

10 - Gv 15, 5.

11 - Is 2, 2.

12 - At 13, 46.

13 - At 13, 46.

14 - Is 49, 6.

15 - Is 5, 6.

16 - Mc 11, 13.

17 - Mt 21, 19.

18 - Is 7, 9 (sec. LXX).

19 - Lc 24, 28.

20 - Cf. Gal 1, 18.

21 - Mt 21, 42; Sal 117, 22.

22 - Ef 2, 14.

23 - Cf. Gn 28, 11-18.

24 - Cf. Gn 25, 27; 32, 29; 35, 10; 1 Sam 18, 51; 2 Sam 17, 34.

25 - Gv 1,47.

26 - Gv 1, 50.

27 - Gv 1, 51.

28 - Gv 1, 51.

29 - 1 Cor 11, 3.

30 - At 9, 4.

31 - Cf. Gal 1, 18.

32 - Mt 21, 42; Sal 117, 22.

33 - Gal 4, 22. 24.


Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.

Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.

C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.

E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.

2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.

"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.

Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).

3.  Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.

Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.

"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.

Ricordati, figlio mio, di queste parole.


4 novembre 1947

Maria Valtorta

Dico a Gesù, ripensando a quei dettati [1] sul Peccato Originale che Egli ha voluto annessi all'Opera: "Ora faranno nuove obbiezioni e mi tormenteranno ancora", e ho paura. Mi risponde Gesù:

   «L'opera è più per i maestri che per le folle. I maestri daranno alle folle il succo dell'opera. Ma essi, per dare quel miele, hanno bisogno di nutrirsi dei fiori di verità che Io ho dato.

   Tutto è verità nella Religione. Solo che da millenni e millenni alcune verità sono date e dette con figure o simboli. E questo non basta più ora, in questo secolo di razionalismo e di positivismo e – perché non dirlo? – di incredulità e dubbio che penetrano anche nei miei ministri.

   Non basta più. La favoletta del pomo, così come è detta, non persuade, non è accettata, non dà aumenti di fede, ma anzi indebolisce la fede sulla verità della Colpa d'origine, e perciò sulla verità della mia venuta per redimere la Colpa d'origine, e perciò sulla mia predicazione perché ero Maestro fra le folle, e perciò sull'istituzione divina della Chiesa, e perciò sulla verità dei Sacramenti, e potrei durare per molto ad elencare quanto fa crollare il non accettare la quarta verità di fede, ossia la colpa d'Adamo.

   La prima verità è l'esistenza di Dio.

   La seconda, la ribellione di Lucifero e perciò la libera trasformazione dell'arcangelo nel Demonio, in Satan, e perciò dello spirito del Male e delle Tenebre opposto allo spirito del Bene e della Luce.

   La terza, la creazione.

   La quarta, la colpa di Adamo, anteveduta nella sua divina conseguenza da Lucifero che divenne Satan per non adorare Me, Gesù Cristo, Figlio di Dio, Redentore dell'Uomo, suo Avversario e Vincitore.

   La favoletta del pomo non basta più alle folle di oggi e soprattutto ai maestri di oggi, i quali la insegnano male perché il loro pensiero non la può accogliere più. Alla sottile, metodica erosione e corrosione del razionalismo e altre tendenze dell'oggi, si opponga una aperta, schietta, plausibile, credibile, dignitosa – come si conviene a cosa che ha rapporto con Dio, che è prova messa da Dio ai suoi creati – versione, l'unica sincera, reale versione del primo peccato. E crederanno di più i maestri, e sapranno far credere di più i fedeli. Ciò che è buono all'alba dell'Umanità fra i crepuscoli dei primi evi, è insufficiente e anche nocivo alla sera dell'Umanità, quando gli spiriti sono adulti e ammaliziati da tante cose.

   Diamo luce! Diamo luce! Ché nella luce è vita.»
           

   
   1 dettati, che sono nel capitolo 17 dell'opera "L'Evangelo" e ai quali si rimanda, nel presente volume, in data 31 gennaio e 18 febbraio 1947.