Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Racconta Maria Teresa: «Un giorno le chiedo: "Con gli amici al bar, ti capita di parlare di Gesù, cerchi di far passare qualcosa di Dio?". E lei con naturalezza mi risponde: "No, non parlo di Dio". La guardo e dico: "Ma come, ti fai sfuggire le occasioni?". E lei: "Non conta tanto parlare di Dio. Io lo devo dare ». (Beata Chiara "Luce" Badano)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 2° settimana del tempo di Avvento

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 15

1"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.3Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.9Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.11Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.14Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.17Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

18Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me.19Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.20Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra.21Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato.22Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato.23Chi odia me, odia anche il Padre mio.24Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio.25Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: 'Mi hanno odiato senza ragione'.
26Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza;27e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.


Secondo libro delle Cronache 24

1Quando Ioas divenne re aveva sette anni; regnò quarant'anni in Gerusalemme. Sua madre, di Bersabea, si chiamava Sibia.2Ioas fece ciò che è retto agli occhi del Signore finché visse il sacerdote Ioiadà.
3Ioiadà gli diede due mogli ed egli generò figli e figlie.
4In seguito, Ioas decise di restaurare il tempio.5Radunò i sacerdoti e i leviti e disse loro: "Andate nelle città di Giuda e raccogliete ogni anno da tutti gli Israeliti denaro per restaurare il tempio del vostro Dio. Cercate di sollecitare il lavoro". Ma i leviti non mostrarono nessuna fretta.6Allora il re convocò Ioiadà loro capo e gli disse: "Perché non hai richiesto dai leviti che portassero da Giuda e da Gerusalemme la tassa prescritta da Mosè servo del Signore e fissata dall'assemblea di Israele per la tenda della testimonianza?7L'empia Atalia, infatti, e i suoi adepti hanno dilapidato il tempio di Dio; perfino tutte le cose consacrate del tempio hanno adoperato per i Baal".
8Per ordine del re fecero una cassa, che posero davanti alla porta del tempio.9Quindi fecero un proclama in Giuda e in Gerusalemme perché si portasse al Signore la tassa imposta da Mosè servo di Dio a Israele nel deserto.10Tutti i capi e tutto il popolo si rallegrarono e portarono il denaro che misero nella cassa fino a riempirla.11Quando la cassa veniva portata per l'ispezione reale affidata ai leviti ed essi vedevano che c'era molto denaro, allora veniva lo scriba del re e l'ispettore nominato dal sommo sacerdote, vuotavano la cassa, quindi la prendevano e la ricollocavano al suo posto. Facevano così ogni giorno e così misero insieme molto denaro.12Il re e Ioiadà lo diedero ai dirigenti dei lavori addetti al tempio ed essi impegnarono scalpellini e falegnami per le riparazioni del tempio; anche lavoratori del ferro e del bronzo si misero al lavoro per riparare il tempio.13I dirigenti dei lavori si mostrarono molto attivi; per la loro opera le riparazioni progredirono; essi riportarono il tempio di Dio allo stato di una volta e lo consolidarono.14Quando ebbero finito, portarono davanti al re e a Ioiadà il resto del denaro e con esso fecero arredi per il tempio: vasi per il servizio liturgico e per gli olocausti, coppe e altri oggetti d'oro e d'argento.
Finché visse Ioiadà, si offrirono sempre olocausti nel tempio.15Ma Ioiadà, divenuto vecchio e sazio di anni, morì a centotrenta anni.16Lo seppellirono nella città di Davide con i re, perché aveva agito bene in Israele per il servizio del Signore e per il suo tempio.
17Dopo la morte di Ioiadà, i capi di Giuda andarono a prostrarsi davanti al re, che allora diede loro ascolto.18Costoro trascurarono il tempio del Signore Dio dei loro padri, per venerare i pali sacri e gli idoli. Per questa loro colpa si scatenò l'ira di Dio su Giuda e su Gerusalemme.19Il Signore mandò loro profeti perché li facessero ritornare a lui. Essi comunicarono loro il proprio messaggio, ma non furono ascoltati.20Allora lo spirito di Dio investì Zaccaria, figlio del sacerdote Ioiadà, che si alzò in mezzo al popolo e disse: "Dice Dio: perché trasgredite i comandi del Signore? Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore, anch'egli vi abbandona".21Ma congiurarono contro di lui e per ordine del re lo lapidarono nel cortile del tempio.22Il re Ioas non si ricordò del favore fattogli da Ioiadà padre di Zaccaria, ma ne uccise il figlio, che morendo disse: "Il Signore lo veda e ne chieda conto!".
23All'inizio dell'anno successivo, marciò contro Ioas l'esercito degli Aramei. Essi vennero in Giuda e in Gerusalemme, sterminarono fra il popolo tutti i capi e inviarono l'intero bottino al re di Damasco.24L'esercito degli Aramei era venuto con pochi uomini, ma il Signore mise nelle loro mani un grande esercito, perché essi avevano abbandonato il Signore Dio dei loro padri. Gli Aramei fecero giustizia di Ioas.25Quando furono partiti, lasciandolo gravemente malato, i suoi ministri ordirono una congiura contro di lui per vendicare il figlio del sacerdote Ioiadà e lo uccisero nel suo letto. Così egli morì e lo seppellirono nella città di Davide, ma non nei sepolcri dei re.
26Questi furono i congiurati contro di lui: Zabàd figlio di Simeat, l'Ammonita, e Iozabàd figlio di Simrit, il Moabita.
27Quanto riguarda i suoi figli, la quantità dei tributi da lui riscossi, il restauro del tempio di Dio, ecco tali cose sono descritte nella memoria del libro dei re. Al suo posto divenne re suo figlio Amazia.


Siracide 38

1Onora il medico come si deve secondo il bisogno,
anch'egli è stato creato dal Signore.
2Dall'Altissimo viene la guarigione,
anche dal re egli riceve doni.
3La scienza del medico lo fa procedere a testa alta,
egli è ammirato anche tra i grandi.
4Il Signore ha creato medicamenti dalla terra,
l'uomo assennato non li disprezza.
5L'acqua non fu forse resa dolce per mezzo di un legno,
per rendere evidente la potenza di lui?
6Dio ha dato agli uomini la scienza
perché potessero gloriarsi delle sue meraviglie.
7Con esse il medico cura ed elimina il dolore
e il farmacista prepara le miscele.
8Non verranno meno le sue opere!
Da lui proviene il benessere sulla terra.
9Figlio, non avvilirti nella malattia,
ma prega il Signore ed egli ti guarirà.
10Purìficati, lavati le mani;
monda il cuore da ogni peccato.
11Offri incenso e un memoriale di fior di farina
e sacrifici pingui secondo le tue possibilità.
12Fa' poi passare il medico
- il Signore ha creato anche lui -
non stia lontano da te, poiché ne hai bisogno.
13Ci sono casi in cui il successo è nelle loro mani.
14Anch'essi pregano il Signore
perché li guidi felicemente ad alleviare la malattia
e a risanarla, perché il malato ritorni alla vita.
15Chi pecca contro il proprio creatore
cada nelle mani del medico.

16Figlio, versa lacrime sul morto,
e come uno che soffre crudelmente inizia il lamento;
poi seppelliscine il corpo secondo il suo rito
e non trascurare la sua tomba.
17Piangi amaramente e alza il tuo lamento,
il lutto sia proporzionato alla sua dignità,
un giorno o due, per prevenire le dicerie,
quindi consòlati del tuo dolore.
18Difatti il dolore precede la morte,
il dolore del cuore logora la forza.
19In una disgrazia resta a lungo il dolore,
una vita di miseria è dura al cuore.
20Non abbandonare il tuo cuore al dolore;
scaccialo pensando alla tua fine.
21Non dimenticare: non ci sarà infatti ritorno;
al morto non gioverai e farai del male a te stesso.
22Ricòrdati della mia sorte che sarà anche la tua:
"Ieri a me e oggi a te".
23Nel riposo del morto lascia riposare anche il suo
ricordo;
consòlati di lui, ora che il suo spirito è partito.

24La sapienza dello scriba si deve alle sue ore di
quiete;
chi ha poca attività diventerà saggio.
25Come potrà divenir saggio chi maneggia l'aratro
e si vanta di brandire un pungolo?
Spinge innanzi i buoi e si occupa del loro lavoro
e parla solo di vitelli?
26Pone la sua mente a tracciare solchi,
non dorme per dare il foraggio alle giovenche.
27Così ogni artigiano e ogni artista
che passa la notte come il giorno:
quelli che incidono incisioni per sigilli
e con pazienza cercano di variare l'intaglio;
pongono mente a ritrarre bene il disegno
e stanno svegli per terminare il lavoro.
28Così il fabbro siede davanti all'incudine
ed è intento ai lavori del ferro:
la vampa del fuoco gli strugge le carni,
e col calore del fornello deve lottare;
il rumore del martello gli assorda gli orecchi,
i suoi occhi sono fissi al modello dell'oggetto,
è tutto preoccupato per finire il suo lavoro,
sta sveglio per rifinirlo alla perfezione.
29Così il vasaio seduto al suo lavoro
gira con i piedi la ruota,
è sempre in ansia per il suo lavoro;
tutti i suoi gesti sono calcolati.
30Con il braccio imprime una forma all'argilla,
mentre con i piedi ne piega la resistenza;
è preoccupato per una verniciatura perfetta,
sta sveglio per pulire il fornello.
31Tutti costoro hanno fiducia nelle proprie mani;
ognuno è esperto nel proprio mestiere.
32Senza di loro sarebbe impossibile costruire una città;
gli uomini non potrebbero né abitarvi né circolare.
33Ma essi non sono ricercati nel consiglio del popolo,
nell'assemblea non hanno un posto speciale,
non siedono sul seggio del giudice,
non conoscono le disposizioni del giudizio.
34Non fanno brillare né l'istruzione né il diritto,
non compaiono tra gli autori di proverbi;
ma sostengono le cose materiali,
e la loro preghiera riguarda i lavori del mestiere.


Salmi 5

1'Al maestro del coro. Per flauti. Salmo. Di Davide.'

2Porgi l'orecchio, Signore, alle mie parole:
intendi il mio lamento.
3Ascolta la voce del mio grido,
o mio re e mio Dio,
perché ti prego, Signore.

4Al mattino ascolta la mia voce;
fin dal mattino t'invoco e sto in attesa.
5Tu non sei un Dio che si compiace del male;
presso di te il malvagio non trova dimora;
6gli stolti non sostengono il tuo sguardo.

Tu detesti chi fa il male,
7fai perire i bugiardi.
Il Signore detesta sanguinari e ingannatori.
8Ma io per la tua grande misericordia
entrerò nella tua casa;
mi prostrerò con timore
nel tuo santo tempio.

9Signore, guidami con giustizia
di fronte ai miei nemici;
spianami davanti il tuo cammino.
10Non c'è sincerità sulla loro bocca,
è pieno di perfidia il loro cuore;
la loro gola è un sepolcro aperto,
la loro lingua è tutta adulazione.
11Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame,
per tanti loro delitti disperdili,
perché a te si sono ribellati.
12Gioiscano quanti in te si rifugiano,
esultino senza fine.
Tu li proteggi e in te si allieteranno
quanti amano il tuo nome.
13Signore, tu benedici il giusto:
come scudo lo copre la tua benevolenza.


Daniele 13

1Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm,2il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio.3I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè.4Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.5In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: "L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo".6Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.7Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.8I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un'ardente passione per lei:9persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.10Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei,11ma l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.12Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all'altro:13"Andiamo pure a casa: è l'ora di desinare" e usciti se ne andarono.14Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
15Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.16Non c'era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.17Susanna disse alle ancelle: "Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno".18Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.19Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero:20"Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi.21In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle".22Susanna, piangendo, esclamò: "Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani.23Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!".24Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei25e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
26I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.27Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
28Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.29Rivolti al popolo dissero: "Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm". Mandarono a chiamarla30ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.31Susanna era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme;32aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza.33Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
34I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa.35Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.36Gli anziani dissero: "Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle.37Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei.38Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme.39Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito.40Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni".41La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.42Allora Susanna ad alta voce esclamò: "Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano,43tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me".44E il Signore ascoltò la sua voce.
45Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,46il quale si mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!".
47Tutti si voltarono verso di lui dicendo: "Che vuoi dire con le tue parole?".48Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: "Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità!49Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei".
50Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: "Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità".51Daniele esclamò: "Separateli bene l'uno dall'altro e io li giudicherò".52Separati che furono, Daniele disse al primo: "O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,53quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l'innocente.54Ora dunque, se tu hai visto costei, di': sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un lentisco".55Disse Daniele: "In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Già l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due".56Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: "Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!57Così facevate con le donne d'Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.58Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?". Rispose: "Sotto un leccio".59Disse Daniele: "In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire".
60Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.61Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo62e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.63Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.64Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.


Seconda lettera a Timoteo 4

1Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno:2annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina.3Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie,4rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole.5Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero.

6Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele.7Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.8Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.

9Cerca di venire presto da me,10perché Dema mi ha abbandonato avendo preferito il secolo presente ed è partito per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia.11Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero.12Ho inviato Tìchico a Èfeso.13Venendo, portami il mantello che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo e anche i libri, soprattutto le pergamene.14Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. 'Il Signore' gli 'renderà secondo le sue opere';15guàrdatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione.
16Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro.17Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone.18Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

19Saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesìforo.20Eràsto è rimasto a Corinto; Tròfimo l'ho lasciato ammalato a Milèto.21Affrettati a venire prima dell'inverno.
Ti salutano Eubùlo, Pudènte, Lino, Claudia e tutti i fratelli.
22Il Signore Gesù sia con il tuo spirito. La grazia sia con voi!


Capitolo XLIX: Il desiderio della vita eterna. I grandi beni promessi a quelli che lottano

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1. Figlio, quando senti, infuso dall'alto, un desiderio di eterna beatitudine; quando aspiri ad uscire dalla povera dimora del tuo corpo, per poter contemplare il mio splendore, senza ombra di mutamento, allarga il tuo cuore e accogli con grande sollecitudine questa santa ispirazione. Rendi grazie senza fine alla superna bontà, che si mostra tanto benigna con te, venendo indulgente presso di te; ti risolleva con ardore e ti innalza con forza, cosicché, con la tua pesantezza, tu non abbia a inclinare verso le tue cose terrene. Tutto ciò, infatti, non lo devi ad una tua iniziativa o ad un tuo sforzo, ma soltanto al favore della grazia di Dio, che dall'alto guarda a te. Ti sarà dato così di progredire nelle virtù, in una sempre più grande umiltà, preparandoti alle lotte future attaccato a me con tutto lo slancio del tuo cuore e intento a servirmi con volonteroso fervore.

2. Figlio, il fuoco arde facilmente, ma senza fumo la fiamma non ascende. Così certuni ardono dal desiderio delle cose celesti, ma non sono liberi dalla tentazione di restare attaccati alle cose terrene; e perciò, quello che pur avevano chiesto a Dio con tanto desiderio, non lo compiono esclusivamente per la gloria di Dio. Tale è sovente il tuo desiderio, giacché vi hai immesso un fermento così poco confacente: non è puro e perfetto, infatti, quello che è inquinato dal comodo proprio. Non chiedere ciò che ti piace e ti è utile, ma piuttosto ciò che è gradito a me e mi rende gloria. A ben vedere, al tuo desiderio e ad ogni cosa desiderata devi preferire il mio comando, e seguirlo. Conosco la tua brama, ho ascoltato i frequenti tuoi gemiti: già vorresti essere nella libertà gloriosa dei figlio di Dio; già ti alletta la dimora eterna, la patria del cielo, pienamente felice. Ma un tale momento non è ancora venuto; questo è tuttora un momento diverso: il momento della lotta, della fatica e della prova. Tu brami di essere ricolmo del sommo bene, ma questo non lo puoi ottenere adesso. Sono io "aspettami, dice il Signore" (Sof 3,8), finché venga il regno di Dio. Devi essere ancora provato qui in terra, e travagliato in vario modo. Qualche consolazione ti sarà data talvolta; ma non ti sarà concessa una piena sazietà. "Confortati, pertanto e sii gagliardo" (Gs 1,7), nell'agire e nel sopportare ciò che va contro la natura. Occorre che tu ti rivesta dell'uomo nuovo; che tu ti trasformi in un altro uomo. Occorre, ben spesso, che tu faccia quello che non vorresti e che tu tralasci quello che vorresti. Avrà successo quanto è voluto da altri, e quanto vuoi tu non andrà innanzi. Sarà ascoltato quanto dicono gli altri, e quanto dici tu sarà preso per un nulla. Altri chiederanno, e riceveranno; tu chiederai, e non otterrai. Altri saranno grandi al cospetto degli uomini; sul tuo conto, silenzio. Ad altri sarà affidata questa o quella faccenda; tu, invece, non sarai ritenuto utile a nulla. Da ciò la natura uscirà talvolta contristata; e già sarà molto se sopporterai in silenzio.

3. In questi, e in consimili vari modi, il servo fedele del Signore viene si solito sottoposto a prova, come sappia rinnegare e vincere del tutto se stesso. Altro, forse, non c'è, in cui tu debba essere così morto a te stesso, fuor che constatare ciò che contrasta con la tua volontà, e doverlo sopportare; specialmente allorché ti viene imposto di fare cosa che non ti sembra opportuna o utile. Non osando opporre resistenza a un potere superiore, tu, che sei sottoposto, trovi duro camminare al comando di altri, e lasciar cadere ogni tua volontà. Ma se consideri, o figlio, quale sia il frutto di queste sofferenze, cioè il rapido venire della fine e il premio, allora non troverai più alcun peso in tali sofferenze, ma un validissimo conforto al tuo soffrire. Giacché, invece di quella scarsa volontà che ora, da te, non sai coltivare, godrai per sempre nei cieli la pienezza della tua volontà. Nei cieli, invero, troverai tutto ciò che vorrai, tutto ciò che potrai desiderare; nei cieli godrai integralmente di ciò che è bene e non temerai che esso ti venga a mancare. Nei cieli il tuo volere, a me sempre unito, a nulla aspirerà che venga di fuori, a nulla che sia tuo proprio. Nei cieli nessuno ti farà resistenza, nessuno si lamenterà di te, nessuno ti sarà di ostacolo e nulla si porrà contro di te; ma tutti i desideri saranno insieme realizzati e ristoreranno pienamente il tuo animo, appagandolo del tutto. Nei cieli, per ogni oltraggio patito, io darò gloria; per la tristezza, un premio di lode; per l'ultimo posto, una dimora nel regno, nei secoli. Nei cieli si vedrà il frutto dell'obbedienza; avrà gioia il travaglio della penitenza; sarà coronata di gloria l'umile soggezione. Ora, dunque, devi chinarti umilmente sotto il potere di ognuno, senza preoccuparti di sapere chi sia colui che ti ha detto o comandato alcunché; bada sommamente - sia un superiore, o uno più giovane di te o uno pari a te, a chiederti o ad importi qualcosa - di accettare tutto come giusto, facendo in modo di eseguirlo con buona volontà. Altri vada cercando questo, altri quello; che uno si glori in una cosa, e un altro sia lodato mille volte per un'altra: quanto a te, invece, non in questa o in quest'altra cosa devi trovare la tua gioia, ma nel disprezzare te stesso, nel piacere soltanto a me e nel darmi gloria. E' questo che devi desiderare, che in te sia glorificato sempre Iddio, "per la vita e per la morte" (Fil 1,20).


DISCORSO 242 NEI GIORNI DI PASQUA SULLA RISURREZIONE DEI CORPI, CONTRO I PAGANI

Discorsi - Sant'Agostino

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La risurrezione è il più grande dei miracoli di Dio.

1. 1. In questi giorni santi dedicati a commemorare la resurrezione del Signore trattiamo - per quanto egli ce ne farà dono - della resurrezione della carne. Questa infatti è la nostra fede, questo il dono che ci è stato promesso tramite la carne del nostro Signore Gesù Cristo e del quale in Cristo stesso abbiamo l'archetipo. Egli infatti volle non solo predirci quel che ci prometteva per i tempi della fine ma volle anche farcelo vedere. E così lo videro coloro che in quel tempo erano con lui, ma, siccome erano sbigottiti credendo di vedere uno spirito, fu loro concesso di toccare la concretezza del suo corpo. Parlò non solo a voce, facendo ascoltare le sue parole, ma presentandosi visibilmente ai loro occhi; e, come se fosse stato poco mostrarsi e farsi vedere, ecco che si lascia anche afferrare e toccare. Diceva: Perché siete turbati e pensieri si levano nel vostro cuore? Erano infatti convinti di vedere uno spirito. Perché siete turbati - diceva - e pensieri si levano nel vostro cuore? Osservate le mie mani e i miei piedi; toccatemi e riconoscete che uno spirito non ha carne né ossa come vedete che io ho 1. Contro tale evidenza gli uomini discutono e discutono. Cos'altro, in realtà, potrebbero fare gli uomini assuefatti a gustare le cose umane se non discutere di Dio in contrasto con Dio? Lui infatti è Dio, loro uomini; ma Dio conosce i pensieri dell'uomo che son vani 2. Nell'uomo carnale ogni norma di intendere si riduce alla capacità di vedere. Ciò che vedono credono; ciò che non vedono non credono. Ma Dio, essendo appunto Dio, fa dei miracoli, oltrepassando il corso ordinario e, tra questi miracoli, è più grande il fatto che ogni giorno nascano tanti uomini che prima non c'erano, che non il fatto che risorgano alcuni che già erano esistiti. Eppure questi miracoli non sono presi in considerazione: a motivo della loro frequenza sono diventati insignificanti. Ma ecco che Cristo risorge: ogni questione è finita. Era corpo, era carne, fu sospeso ad una croce, spirò e fu deposto nel sepolcro. Ma lui, che viveva unito alla carne, mostrò questa carne viva. Perché stupirci? perché non credere? Era Dio colui che operò tale miracolo. Rifletti chi l'abbia compiuto e scaccia ogni dubbio.

Motivi per cui il Signore risorto prese cibo e conservò le cicatrici.

2. 2. Ma i profani insistono nel domandarci se la corruttibilità, che è propria del corpo e che essi avvertono esistere nella loro carne, seguiterà ad esserci dopo la resurrezione dei morti. Noi rispondiamo che non ci sarà più. Al che essi replicano: Se non ci sarà più la corruttibilità, che bisogno c'è di mangiare? Viceversa, se non ci sarà più bisogno di mangiare, per qual motivo il Signore risorto volle mangiare? Or ora infatti, mentre si leggeva il Vangelo, abbiamo udito che il Signore volle mostrarsi vivo ai suoi discepoli facendosi vedere e toccare. Ma sembrandogli poco tutto questo, per mostrare fino all'evidenza la realtà del suo corpo aggiunse: Avete fra mano qualcosa da mangiare? Ed essi offrirono una porzione di pesce arrostito e un favo di miele. Egli ne mangiò e porse loro gli avanzi 3. Ebbene, ecco l'obiezione che ci si muove: Se il corpo non risorge nel suo stato di corruttibilità, perché Cristo Signore si mise a mangiare? Avete letto che egli mangiò: ma avete forse anche letto che ebbe fame? Il mangiare fu un gesto dimostrativo del suo potere, non di un suo bisogno. Ma [dicono ancora], desiderando mangiare mostrò che ne aveva bisogno. Tutt'altro! se non avesse avuto ancora la facoltà di mangiare, sarebbe stato sminuito il suo potere. O che forse gli angeli che furono accolti ospitalmente dai nostri padri non mangiarono anch'essi 4? Eppure non erano certo esseri corruttibili!

2. 3. Obiettano ancora: E i difetti che erano stati nel corpo dell'uomo e con i quali l'uomo muore risorgeranno anch'essi? Rispondiamo: I difetti non risorgono. Ma ci si chiede: Perché allora il Signore risorse conservando le cicatrici delle sue ferite? Che risponderemo a questa difficoltà se non che il suo fu un gesto di potere, non di necessità? Fu lui che volle risorgere così e così mostrarsi a certuni che erano dubbiosi. La cicatrice rimasta sulla sua carne servi a guarire la ferita dell'incredulità.

La risurrezione dei bambini.

3. 4. Le loro obiezioni continuano. Ci chiedono: Coloro che muoiono bambini risorgeranno bambini? ovvero l'età di chi torna in vita sarà pienamente matura, anche se quando morirono era infantile? Veramente, riguardo a questo problema non troviamo nelle Scritture una soluzione definitiva. Ci è stato promesso che i corpi una volta risorti saranno incorruttibili e immortali. Ma quand'anche l'età che ci si ridona fosse tenera e la statura piccina, forse che per questo si potrebbe dire che ci viene restituita in condizione di miseria? E se saranno piccoli, forse che saranno obbligati a starsene a letto e impediti dal camminare? Tuttavia è più conforme alla fede e più probabile e più ragionevole dire che si risorgerà nella pienezza dell'età matura, e che con un dono venga aggiunto ai bambini quel che avrebbero conseguito vivendo più a lungo. Non crediamo infatti che, per quanto concerne i vecchi, essi risorgeranno curvi e respirando con difficoltà. Ma, alla fine delle fini, basta che escludi ogni corruttibilità; per il resto mettila come vuoi.

Nulla ripugna a che il nostro corpo salga in cielo.

3. 5. Dirai: Ma come potrà un corpo terreno avere la sua sede in cielo? I filosofi pagani, quei pensatori straordinari di cui vi ho riferito le opinioni o pazzesche o, quanto meno, di levatura umana, in quanto investigarono tali problemi non mossi dallo Spirito di Dio ma basandosi su congetture del sentire umano, sollevano a questo riguardo grandissime difficoltà. Trattano con acume le questioni inerenti alla consistenza dei pesi e alla disposizione degli elementi, e concludono - come del resto anche noi vediamo - che il mondo ha tale conformazione per la quale in basso c'è la terra, che starebbe come sul fondo; sopra la terra, secondo elemento, si posa l'acqua; al terzo posto viene l'aria, e quarto è l'etere che tutto copre 5. Riguardo a questo elemento posto più in alto, che essi chiamano etere, dicono che è un fuoco liquido e puro con cui sono formate le stelle. In esso non può esserci nulla di terreno poiché una cosa del genere sarebbe incompossibile con la disposizione dei pesi. Se osassimo dire ad essi che i nostri corpi vivranno nella nuova terra e non ascenderanno in cielo, parleremmo con presunzione e temerarietà, anzi tradiremmo la nostra fede. Dobbiamo infatti ritenere per fede che avremo dei corpi tali che ci consentano di essere dove vogliamo e quando lo vogliamo. Se al contrario, per dare una soluzione al problema della disposizione dei pesi, rispondessimo che noi vivremo sulla terra, rimarrebbe il problema del corpo stesso del Signore, che sappiamo essere asceso al cielo.

Cristo salì in cielo rivestito di corpo.

4. 6. Avete ascoltato or ora le parole del Vangelo che son risuonate ai vostri orecchi. Alzando le mani li benedisse, e accadde che, mentre li benediceva, si distaccò da loro e veniva portato in cielo 6. Chi veniva portato in cielo? Cristo Signore. Quale Cristo Signore? Il Signore Gesù. Perché infatti vuoi separare l'uomo da Dio e costituire in lui una duplice persona: una quella di Dio e un'altra quella dell'uomo? Ne otterresti che non c'è più una Trinità ma una quaternità. Come tu, uomo, sei anima e corpo, così Cristo Signore è Verbo, anima e corpo. Come Verbo non si allontanò mai dal Padre; venne fra noi ma non abbandonò il Padre; prese un corpo nel seno della Madre, ma continuò a reggere l'universo. Cosa dunque s'innalzò in cielo se non ciò che aveva preso dalla terra? S'innalzò quella carne, quel corpo parlando del quale diceva ai discepoli: Toccatemi e riflettete che lo spirito non ha né ossa né carne come invece vedete che io ho 7. Crediamo a questa verità, fratelli! E, se anche ci rimane difficile trovare la soluzione degli argomenti dei filosofi, riteniamo senza vacillare nella fede quanto è avvenuto nel Signore. Ciarlino pure i sapienti, noi conserviamo la fede.

La volontà di Dio non conosce ostacoli.

5. 7. Affermano: Un corpo terrestre non può trovarsi in cielo. Ma se Dio vuole così? Fa' a Dio le tue rimostranze e di': Dio non può. Ma non è forse vero che tu, pagano quanto e come ti pare, sei convinto dell'onnipotenza di Dio? Ieri leggemmo un brano di un libro di Platone nel quale il Dio non fatto stava parlando con gli dèi che egli aveva fatti. Diceva loro: Siccome avete avuto un'origine, non potete essere né immortali né incorruttibili; tuttavia non sarete dissolti né ci sarà destino mortale che vi annienti. Nulla infatti prevarrà sulla mia decisione, per la quale il legame che vi garantisce la perpetuità è più forte di tutti gli altri vincoli da cui siete astretti 8. Dio rapporta tutto alla sua volontà: egli può anche l'impossibile. Cos'altro infatti significa l'espressione: Voi non potete essere immortali ma io ho il potere di non farvi morire, se non: Io faccio anche ciò che sarebbe impossibile fare?

I corpi catalogati in base alla loro pesantezza.

6. 8. Voglio ora esaminare qualcosa anche a proposito della diversità dei pesi. Dimmi, ti prego: La terra è terra, l'acqua è acqua, l'aria è aria, l'etere - cioè il cielo - e quel famoso fuoco liquido è cielo. Questi quattro elementi, in un certo ordine di gradualità, costruirono e formarono l'universo, cioè l'universo fu formato da questi quattro elementi. Ricerca cosa si trovi negli strati più bassi e troverai che è la terra; sopra la terra c'è l'acqua; sopra l'acqua l'aria, sopra l'aria il cielo o etere. Che dire allora dei corpi liquidi che sfuggono al tatto e scorrono via; dico dei corpi che si possono tenere in mano: di chi fan parte? Bisogna assegnarli all'ambito della terra, o dell'acqua, o dell'aria, o dell'etere? Mi risponderai: Appartengono alla terra. Sarebbe quindi corpo terreno un pezzo di legno? Certo, è un corpo terreno: nasce dalla terra, è alimentato dalla terra, cresce sulla terra. È un corpo che si può tenere in mano, non sguscia via. Ripensa con me all'ordine dei pesi di cui sopra. La terra è in fondo. Seguita nell'ordine. Sopra la terra cosa c'è? L'acqua. Ma allora come fa quel legno a galleggiare sull'acqua? È un corpo terreno, e, se tieni presente quella successione dei pesi, dovrebbe andare sott'acqua, non galleggiare. Troviamo l'acqua fra la terra e il legno: al di sotto la terra, sopra l'acqua, e di nuovo, sopra l'acqua, la terra, se è vero che il legno è terra. Hai smarrito la successione dei pesi, tieni almeno salda la fede! Veramente corpi di terra si trovano sopra quell'elemento che nell'ordine è il secondo. Ciò quando pezzi di legno galleggiano e non vanno a fondo.

7. 9. Osserva un'altra cosa che ti lascerà ancor più sorpreso. I corpi più pesanti che conosci, corpi naturalmente terrestri, appena son posati sull'acqua subito colano a picco, finché non abbiano toccato le profondità più basse. Tali il ferro e il piombo. Cosa c'è infatti più pesante del piombo? Ecco però che un artigiano prende in mano un pezzo di piombo e ne fa un recipiente concavo: succede che il piombo galleggia sull'acqua. Pertanto non potrà Dio dare al mio corpo una qualità che un artigiano qualunque riesce a dare al piombo? Ancora: Qual è il posto che voi assegnate all'acqua? Ripensate alla disposizione degli elementi. Dovrete certo rispondere che l'acqua è situata sopra la terra. Ma com'è, allora, che i fiumi, prima di scorrere sulla terra, sono sospesi alle nubi?

Pesantezza dei corpi e loro velocità nel moto.

7. 10. Distogli da tali argomenti la tua riflessione e il tuo pensiero, e volgili a quel che sto per dirti, se lo potrò con l'aiuto del Signore. Cosa si muove più facilmente, cosa si sposta più velocemente: un corpo più pesante o uno più leggero? Chi non risponderebbe: Il corpo più leggero? E difatti i corpi più leggeri si muovono più facilmente e si spostano con maggiore velocità, mentre i corpi più pesanti si muovono più difficilmente e con maggiore lentezza. Hai evidentemente stabilito una norma, hai ben considerato la cosa e, tutto soppesato, hai potuto rispondere che i corpi più leggeri si muovono più facilmente e cambiano posizione più rapidamente che non i corpi più pesanti. È naturale, confermi. Allora rispondimi: Perché il ragno, tanto leggero, si muove con lentezza, mentre il cavallo, pesante, corre velocemente? Voglio parlarti degli uomini. La corporatura di un uomo più è grande più è pesante; mentre più è piccola, avendo meno pesantezza, più dovrà essere leggera. E le cose stanno davvero così, ma solo se a trasportarlo è un altro. Se viceversa è l'uomo stesso che deve trasportare il suo corpo, colui che è robusto corre, colui che è magro scheletrito ce la fa appena a muoversi. Metti sulla pesa un uomo magro e un altro corposo: il primo, consunto com'è, ti peserà sì e no qualche libbra; l'altro, col suo corpo che scoppia di salute, ha nel suo fisico una gran mole di carne. Provati a sollevare l'uno e l'altro: il robusto pesa di più, il macilento è più leggero. Ma non rapportiamoli a colui che deve trasportarli; lasciamoli piuttosto camminare. Lasciandoli a se stessi, facciamo muovere i loro corpi. Vedo il magro che a malapena riesce a muoversi; vedo il sano e robusto in grado di correre. Se di tali risultati è capace la salute, di che cosa non sarà capace l'immortalità?

Che significa corpo spirituale.

8. 11. Dio darà una meravigliosa facilità, una meravigliosa leggerezza. Non per nulla i corpi dei risorti son chiamati corpi spirituali. Non sono chiamati corpi spirituali nel senso che saranno spiriti e non più corpi. E potremmo qui pensare ai corpi che abbiamo adesso: li chiamiamo corpi animati, eppure non sono anime ma corpi. Orbene, come i corpi di adesso son chiamati corpi animati ma non sono anime, così anche i corpi risuscitati sono chiamati corpi spirituali; ma non sono spiriti, continuando ad essere corpi. E perché, o carissimi, un corpo è detto spirituale se non perché starà a disposizione dello spirito? Non ci sarà in te nulla che ti opponga resistenza, nulla che ti si ribelli. Non ci sarà più quello che faceva gemere l'Apostolo quando diceva: La carne ha brame contrarie a quelle dello spirito e lo spirito brame contrarie a quelle della carne 9. Non ci sarà quel Vedo nelle mie membra un'altra legge che si ribella alla legge della mia mente 10. Tutte queste guerre allora non ci saranno più: ci sarà la pace, la pace perfetta. Andrai dove vorrai, ma non ti allontanerai da Dio. Andrai dove vorrai, ma dovunque andrai avrai presente il tuo Dio. Di lui sarai beato, e sarai sempre con lui.

Crediamo fermamente alle promesse di Dio.

8. 12. Nessuno quindi ti inganni, nessuno discuta, nessuno vaneggi seguendo le proprie congetture. Ciò che Dio ha promesso avverrà. Riteniamolo con tutta certezza. Miei fratelli, quando Cristo si lasciava vedere e qualcuno lo prendeva per uno spirito, per convincere che egli era un corpo non solo si lasciava vedere con gli occhi ma anche toccare con le mani. Per mostrar loro la realtà del suo corpo e farceli credere si degnò - non perché ne avesse bisogno ma per mostrare la sua onnipotenza - di prendere cibo, e, siccome per la troppa gioia avevano della trepidazione, confermò il loro cuore con argomenti tratti dalle sacre Scritture. Disse loro: Queste sono le parole che vi dicevo quando ero ancora in mezzo a voi: È necessario che si adempia tutto quello che è scritto nella Legge di Mosè e nei Profeti e nei Salmi a mio riguardo. Allora - riferisce il brano del Vangelo letto or ora - aprì la mente alla comprensione delle Scritture. E disse loro: Così fu scritto e così doveva accadere che il Cristo patisse e risorgesse da morte il terzo giorno e che nel suo nome fossero predicati la penitenza e il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme 11. Le cose di allora noi non le abbiamo viste, ma vediamo queste seconde, le quali quand'erano semplici promesse, non erano visibili. Gli Apostoli vedevano Cristo presente ma non vedevano la Chiesa sparsa per tutto il mondo. Vedevano il Capo e credevano a ciò che riguarda il corpo. Noi abbiamo la nostra missione, abbiamo la grazia assegnataci e dispensataci: i tempi dell'unica fede sono stati disposti a nostro favore perché avessimo argomenti irrefragabili per credere. Loro vedevano il Capo e credevano nel corpo; noi vediamo il corpo e dobbiamo credere nel Capo.

 


1 - Cf. Lc 24, 36-39.

2 - Sal 93, 11.

3 - Cf. Lc 24, 41-43.

4 - Cf. Gn 18, 1-9; Tb 12, 19.

5 - Cf. PLATO, Tm. 52d-63e.

6 - Lc 24, 50-51.

7 - Lc 24, 39.

8 - PLATO, Tm. 41b (cf. CICERO, Tm. 11, 40). Cf. AUG. De Civ. Dei 13, 16 et 22, 26.

9 - Gal 5, 17.

10 - Rm 7, 23.

11 - Lc 24, 44-47.


Grandi funerali a Corte

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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Grandi funerali a Corte Una notte, verso la fine del novembre 1854, Don Bosco sognò di trovarsi nel cortile circondato da preti e da chierici, quando comparve un valletto di corte con la sua rossa uniforme che, giunto alla sua presenza, gridò:
— Grande notizia!
— Quale? — chiese Don Bosco.
— Annunzia: gran funerale a Corte!
Don Bosco, dolorosamente sorpreso, voleva chiedergli spiegazioni, ma il valletto ripetendo:
— Gran funerale a Corte! — scomparve.
Appena destatosi, preparò subito una lettera per il Re Vittorio Emanuele II, nella quale gli esponeva il sogno fatto. A pranzo comparve tra i giovani con un fascio di lettere.
— Stamane — disse — ho scritto tre lettere a grandi personaggi: al Papa, al Re, al boia.
Al sentire accoppiati questi tre nomi, i giovani scoppiarono in una risata. Il nome del boia non fece loro meraviglia perché conoscevano le relazioni di Don Bosco con le autorità carcerarie. In quanto al Papa, sapevano che era con lui in relazione epistolare. Ciò che aguzzava la loro curiosità era il sapere che cosa avesse scritto al Re. Don Bosco raccontò loro il sogno e concluse:
— Questo sogno mi ha fatto star male tutta la notte.
Cinque giorni dopo, il sogno si rinnovò. Don Bosco è seduto a tavolino quando entra con impeto il valletto in rossa livrea e grida:
— Non gran funerale a Corte, ma grandi funerali a Corte!
Don Bosco scrisse al Re una seconda lettera, nella quale gli raccontava il secondo sogno e lo invitava a impedire che fosse approvato un progetto legge che proponeva lo scioglimento degli Ordini religiosi che non si dedicavano all’istruzione, alla predicazione o all’assistenza degli orfani, e l’incameramento di tutti i beni da parte dello Stato, con il pretesto che « con quei beni lo Stato avrebbe potuto provvedere alle parrocchie più povere». Proponente del progetto era Urbano Rattazzi. Mentre si discuteva questo progetto legge alle Camere, Don Bosco ripeteva ai suoi intimi:
— Questa legge attirerà su Casa Reale gravi disgrazie.
Il Re aveva fatto leggere quelle lettere al Marchese Fassati, che si recò da Don Bosco e gli disse:
— Ma le pare questa la maniera di mettere sossopra tutta la Corte? Il Re ne è rimasto più che impressionato e turbato. Anzi è montato sulle furie.
— Ciò che ho scritto è verità — rispose Don Bosco —. Mi rincresce di aver disgustato il Sovrano, ma si tratta del suo bene e di quello della Chiesa.
In quei giorni Vittorio Emanuele II scriveva al generale Alfonso Lamarmora: «Mia madre e mia moglie non fanno che ripeter mi che esse muoiono di dispiacere per causa mia». Esse infatti erano contrarie a quella legge settaria e ingiusta.
Il 5 gennaio 1855 si ammalava gravemente la Regina Madre Maria Teresa, e il 12 seguente si spegneva con una morte santa. Aveva 54 anni. Il lutto fu universale perché era molto amata per la sua carità verso tutti i bisognosi.
Il giorno 16 la Corte reale non era ancor tornata dai funerali della Regina Madre, quando ricevette l’urgente invito a partecipare al viatico della Regina Maria Adelaide. Essa aveva dato alla luce un bambino otto giorni prima e non si era più ripresa. Quattro giorni dopo, la sera del 20, l’augusta inferma spirava a soli 33 anni di età.
— I suoi sogni si sono avverati — dissero a Don Bosco i giovani al ritorno dal secondo funerale.
— E vero — rispose Don Bosco — e non sappiamo se con questo secondo funerale sia chiusa la serie dei lutti a Corte.
E realmente nella notte dal 10 all’11 febbraio, dopo venti giorni di grave malattia, moriva il principe Ferdinando di Savoia, Duca di Genova, fratello del re, anch’egli a soli 33 anni.
Il Sovrano fu talmente turbato da quelle profezie dolorosamente avveratesi, che un giorno esclamò: «Io non ho più un istante di pace! Don Bosco non mi lascia vivere!» E incaricò una personalità di Corte di riferire a Don Bosco queste sue parole.


27-17 Novembre 30, 1929 Condizione dell’uomo prima di peccare. Come in ogni suo atto cercava Dio, trovava il suo Creatore, dava e riceveva. Come la volontà umana è notte per l’anima.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo secondo il mio solito incominciando il mio giro nella Divina Volontà, e volendo riordinare tutte le intelligenze create in ordine a Dio, dal primo all’ultimo uomo che verrà sulla terra, dicevo: “Metto il mio ti amo sopra ciascun pensiero di creatura, affinché in ogni pensiero chieda il dominio del Fiat Divino sopra di ciascuna intelligenza”. Ma mentre ciò facevo pensavo tra me: Come posso io giungere ad imperlare col mio ti amo ciascun pensiero di creatura? Ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, col mio Volere puoi tutto e puoi giungere a tutto. Or tu devi sapere che l’uomo prima della colpa, in ogni suo pensiero che faceva, in ogni sguardo, parola, opera, passo, palpito, dava a Dio il suo atto e Dio dava all’uomo il suo atto continuato, sicché le condizioni di lui erano di sempre dare al suo Creatore e di sempre ricevere. C’era tale armonia tra Creatore e creatura, che non potevano stare d’ambi le parti se l’uno non dava e l’altro non riceveva per ridare di nuovo l’atto suo, fosse pure un pensiero, uno sguardo. Perciò ogni pensiero dell’uomo cercava Dio e Dio correva per riempire il suo pensiero di grazia, di santità, di luce, di vita, di Volontà Divina. Si può dire che il più piccolo atto dell’uomo amava e riconosceva Colui che l’aveva dato la vita, e Dio riamava col contraccambiarlo col suo Amore e col far crescere in ogni piccolo e grande atto dell’uomo la sua Vita divina. Lui era incapace di ricevere tutta insieme la Vita Divina, era troppo stretto, e Dio gliela dava a sorsi a sorsi in ogni atto che faceva per amor suo, prendendo diletto nel dargli sempre, per formare in lui la sua Vita Divina. Quindi ogni pensiero e atto dell’uomo sboccava in Dio, e Dio sboccava in lui; questo era il vero ordine della Creazione: Trovare nell’uomo, in ogni atto suo, il suo Creatore, per potergli dare la sua luce e ciò che aveva stabilito di dargli. La nostra Divina Volontà che stava in Noi ed in lui, si faceva portatrice dell’uno e dell’altro, e formando in lui il pieno giorno, metteva in comune i beni dell’uno e dell’altro. Com’erano felici le condizioni dell’uomo quando il nostro Fiat Divino regnava in lui, si può dire che cresceva sulle nostre ginocchia, attaccato al nostro petto, da dove attingeva la crescenza e la sua formazione. Ecco perciò voglio che nel mio Voler Divino ogni atto di creatura abbia il tuo ti amo, per richiamare l’ordine tra Creatore e creatura, perché tu devi sapere che l’uomo col peccare non solo respinse il nostro Fiat, ma spezzò l’amore verso Colui che tanto lo aveva amato, si mise a distanza col suo Creatore, e l’amor lontano non può formare vita, perché il vero amore sente il bisogno d’essere alimentato dell’amore di Colui che ama e di starsi talmente vicino che le riesce impossibile il separarsi. Sicché la vita dell’amore creato da Noi nel creare l’uomo, restò senza alimento e quasi morendo; molto più che ogni atto umano che faceva senza della nostra Volontà Divina erano tante notti che formava nell’anima sua: se pensava era notte che formava, se guardava, parlava ed altro, tutto era tenebre che formavano una notte oscura. Senza del mio Fiat non ci può essere giorno, né sole, al più qualche piccola fiammella che stentatamente le strada il passo. Oh! se sapessero che significa vivere senza del mio Voler Divino, ancorché non fossero cattivi e facciano qualche bene; l’umana volontà è sempre notte per l’anima, che l’opprime, l’amareggia, le fa sentire il peso della vita. Perciò sii attenta, né ti far sfuggire nulla che non entri nel mio Fiat Divino, il quale ti farà sentire il pieno giorno che ti restituirà l’ordine della Creazione, richiamerà l’armonia che metterà in vigore il dare continuo degli atti tuoi ed il ricevere continuato del tuo Creatore, ed abbracciando tutta l’umana famiglia, potrai impetrare che ritorni l’ordine del come furono creati, che cessi la notte dell’umana volontà e sorga il pieno giorno della mia Divina Volontà”.