Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Quando si incomincia a introdurre l'ozio, la comunità  resta bell'è rovinata; invece, finché si lavorerà  molto nessun pericolo per voi. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 2° settimana del tempo di Avvento

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 27

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Genesi 27

1Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: "Figlio mio". Gli rispose: "Eccomi".2Riprese: "Vedi, io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte.3Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, esci in campagna e prendi per me della selvaggina.4Poi preparami un piatto di mio gusto e portami da mangiare, perché io ti benedica prima di morire".5Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a casa.6Rebecca disse al figlio Giacobbe: "Ecco, ho sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù:7Portami la selvaggina e preparami un piatto, così mangerò e poi ti benedirò davanti al Signore prima della morte.8Ora, figlio mio, obbedisci al mio ordine:9Va' subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io ne farò un piatto per tuo padre, secondo il suo gusto.10Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà, perché ti benedica prima della sua morte".11Rispose Giacobbe a Rebecca sua madre: "Sai che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia.12Forse mio padre mi palperà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione".13Ma sua madre gli disse: "Ricada su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu obbedisci soltanto e vammi a prendere i capretti".14Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre.15Rebecca prese i vestiti migliori del suo figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe;16con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo.17Poi mise in mano al suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato.
18Così egli venne dal padre e disse: "Padre mio". Rispose: "Eccomi; chi sei tu, figlio mio?".19Giacobbe rispose al padre: "Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Alzati dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica".20Isacco disse al figlio: "Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!". Rispose: "Il Signore me l'ha fatta capitare davanti".21Ma Isacco gli disse: "Avvicinati e lascia che ti palpi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no".22Giacobbe si avvicinò ad Isacco suo padre, il quale lo tastò e disse: "La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù".23Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e perciò lo benedisse.24Gli disse ancora: "Tu sei proprio il mio figlio Esaù?". Rispose: "Lo sono".25Allora disse: "Porgimi da mangiare della selvaggina del mio figlio, perché io ti benedica". Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve.26Poi suo padre Isacco gli disse: "Avvicinati e baciami, figlio mio!".27Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l'odore degli abiti di lui e lo benedisse:

"Ecco l'odore del mio figlio
come l'odore di un campo
che il Signore ha benedetto.
28 Dio ti conceda rugiada del cielo
e terre grasse
e abbondanza di frumento e di mosto.
29 Ti servano i popoli
e si prostrino davanti a te le genti.
Sii il signore dei tuoi fratelli
e si prostrino davanti a te i figli di tua madre.
Chi ti maledice sia maledetto
e chi ti benedice sia benedetto!".

30Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isacco, quando arrivò dalla caccia Esaù suo fratello.31Anch'egli aveva preparato un piatto, poi lo aveva portato al padre e gli aveva detto: "Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio, perché tu mi benedica".32Gli disse suo padre Isacco: "Chi sei tu?". Rispose: "Io sono il tuo figlio primogenito Esaù".33Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: "Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l'ha portata? Io ho mangiato di tutto prima che tu venissi, poi l'ho benedetto e benedetto resterà".34Quando Esaù sentì le parole di suo padre, scoppiò in alte, amarissime grida. Egli disse a suo padre: "Benedici anche me, padre mio!".35Rispose: "È venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la tua benedizione".36Riprese: "Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già due volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!". Poi soggiunse: "Non hai forse riservato qualche benedizione per me?".37Isacco rispose e disse a Esaù: "Ecco, io l'ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l'ho provveduto di frumento e di mosto; per te che cosa mai potrò fare, figlio mio?".38Esaù disse al padre: "Hai una sola benedizione padre mio? Benedici anche me, padre mio!". Ma Isacco taceva ed Esaù alzò la voce e pianse.39Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse:

"Ecco, lungi dalle terre grasse
sarà la tua sede
e lungi dalla rugiada del cielo dall'alto.
40 Vivrai della tua spada
e servirai tuo fratello;
ma poi, quando ti riscuoterai,
spezzerai il suo giogo dal tuo collo".

41Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: "Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe".42Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed essa mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: "Esaù tuo fratello vuol vendicarsi di te uccidendoti.43Ebbene, figlio mio, obbedisci alla mia voce: su, fuggi a Carran da mio fratello Làbano.44Rimarrai con lui qualche tempo, finché l'ira di tuo fratello si sarà placata;45finché si sarà placata contro di te la collera di tuo fratello e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto. Allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un sol giorno?".
46Poi Rebecca disse a Isacco: "Ho disgusto della mia vita a causa di queste donne hittite: se Giacobbe prende moglie tra le hittite come queste, tra le figlie del paese, a che mi giova la vita?".


Giobbe 31

1Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
2Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
3Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
4Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
5Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
6mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
7Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
8io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
9Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
10mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
11difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
12quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
13Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
14che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
15Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
16Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
17mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
18poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
19Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
20se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
21se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
22mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
23perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
24Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: "Tu sei la mia fiducia";
25se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
26se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
27si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
28anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
29Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
30io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
31Non diceva forse la gente della mia tenda:
"A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?".
32All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
33Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
34come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
35Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
36vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
37Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
38Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
39se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
40in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.


Salmi 136

1Alleluia.

Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.

4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.

10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.

13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.

16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.

20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.

23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.

26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.


Daniele 6

1Volle Dario costituire nel suo regno centoventi sàtrapi e ripartirli per tutte le province.2A capo dei sàtrapi mise tre governatori, di cui uno fu Daniele, ai quali i sàtrapi dovevano render conto perché nessun danno ne3soffrisse il re. Ora Daniele era superiore agli altri governatori e ai sàtrapi, perché possedeva uno spirito eccezionale, tanto che il re pensava di metterlo a capo di tutto il suo regno.4Perciò tanto i governatori che i sàtrapi cercavano il modo di trovar qualche pretesto contro Daniele nell'amministrazione del regno.5Ma non potendo trovare nessun motivo di accusa né colpa, perché egli era fedele e non aveva niente da farsi rimproverare,6quegli uomini allora pensarono: "Non possiamo trovare altro pretesto per accusare Daniele, se non nella legge del suo Dio".
7Perciò quei governatori e i sàtrapi si radunarono presso il re e gli dissero: "Re Dario, vivi per sempre!8Tutti i governatori del regno, i magistrati, i sàtrapi, i consiglieri e i capi sono del parere che venga pubblicato un severo decreto del re secondo il quale chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica alcuna a qualsiasi dio o uomo all'infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni.9Ora, o re, emana il decreto e fallo mettere per iscritto, perché sia irrevocabile, come sono le leggi di Media e di Persia, che non si possono mutare".10Allora il re Dario fece scrivere il decreto.

11Daniele, quando venne a sapere del decreto del re, si ritirò in casa. Le finestre della sua stanza si aprivano verso Gerusalemme e tre volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era solito fare anche prima.
12Allora quegli uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio.13Subito si recarono dal re e gli dissero riguardo al divieto del re: "Non hai tu scritto un decreto che chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi dio o uomo, all'infuori di te, re, sia gettato nella fossa dei leoni?". Il re rispose: "Sì. Il decreto è irrevocabile come lo sono le leggi dei Medi e dei Persiani".
14"Ebbene - replicarono al re - Daniele, quel deportato dalla Giudea, non ha alcun rispetto né di te, re, né del tuo decreto: tre volte al giorno fa le sue preghiere".
15Il re, all'udir queste parole, ne fu molto addolorato e si mise in animo di salvare Daniele e fino al tramonto del sole fece ogni sforzo per liberarlo.
16Ma quegli uomini si riunirono di nuovo presso il re e gli dissero: "Sappi, re, che i Medi e i Persiani hanno per legge che qualunque decreto firmato dal re è irrevocabile".

17Allora il re ordinò che si prendesse Daniele e si gettasse nella fossa dei leoni. Il re, rivolto a Daniele, gli disse: "Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!".18Poi fu portata una pietra e fu posta sopra la bocca della fossa: il re la sigillò con il suo anello e con l'anello dei suoi grandi, perché niente fosse mutato sulla sorte di Daniele.19Quindi il re ritornò alla reggia, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta alcuna donna e anche il sonno lo abbandonò.20La mattina dopo il re si alzò di buon'ora e sullo spuntar del giorno andò in fretta alla fossa dei leoni.21Quando fu vicino, chiamò: "Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con perseveranza ti ha potuto salvare dai leoni?".22Daniele rispose: "Re, vivi per sempre.23Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male"

24Il re fu pieno di gioia e comandò che Daniele fosse tirato fuori dalla fossa. Appena uscito, non si riscontrò in lui lesione alcuna, poiché egli aveva confidato nel suo Dio.25Quindi, per ordine del re, fatti venire quegli uomini che avevano accusato Daniele, furono gettati nella fossa dei leoni insieme con i figli e le mogli. Non erano ancor giunti al fondo della fossa, che i leoni furono loro addosso e stritolarono tutte le loro ossa.

26Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano tutta la terra: "Pace e prosperità.27Per mio comando viene promulgato questo decreto: In tutto l'impero a me soggetto si onori e si tema il Dio di Daniele,

perché egli è il Dio vivente,
che dura in eterno;
il suo regno è tale che non sarà mai distrutto
e il suo dominio non conosce fine.
28Egli salva e libera,
fa prodigi e miracoli in cielo e in terra:
egli ha liberato Daniele dalle fauci dei leoni".

29Questo Daniele prosperò durante il regno di Dario e il regno di Ciro il Persiano.


Lettera a Tito 3

1Ricorda loro di esser sottomessi ai magistrati e alle autorità, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona;2di non parlar male di nessuno, di evitare le contese, di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini.3Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda.4Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini,5egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo,6effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,7perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.

8Questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone. Ciò è bello e utile per gli uomini.9Guàrdati invece dalle questioni sciocche, dalle genealogie, dalle questioni e dalle contese intorno alla legge, perché sono cose inutili e vane.10Dopo una o due ammonizioni sta' lontano da chi è fazioso,11ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa.

12Quando ti avrò mandato Àrtema o Tìchico, cerca di venire subito da me a Nicòpoli, perché ho deciso di passare l'inverno colà.13Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giureconsulto, e di Apollo, che non manchi loro nulla.14Imparino così anche i nostri a distinguersi nelle opere di bene riguardo ai bisogni urgenti, per non vivere una vita inutile.
15Ti salutano tutti coloro che sono con me. Saluta quelli che ci amano nella fede.
La grazia sia con tutti voi!


Capitolo XXXVII: L’assoluta e totale rinuncia a se stesso per ottenere libertà di spirito

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 1. O figlio, abbandona te stesso, e mi troverai. Vivi libero da preferenze, libero da tutto ciò che sia tuo proprio, e ne avrai sempre vantaggio; ché una grazia sempre più grande sarà riversata sopra di te, non appena avrai rinunciato a te stesso, senza volerti più riavere. O Signore, quante volte dovrò rinunciare, e in quali cose dovrò abbandonare me stesso? Sempre, e in ogni momento, sia nelle piccole come nelle grandi cose. Nulla io escludo: ti voglio trovare spogliato di tutto. Altrimenti, se tu non fossi interiormente ed esteriormente spogliato di ogni tua volontà, come potresti essere mio; e come potrei io essere tuo? Più presto lo farai, più sarai felice; più completamente e sinceramente lo farai, più mi sarai caro e tanto maggior profitto spirituale ne trarrai. Ci sono alcuni che rinunciano a se stessi, ma facendo certe eccezioni: essi non confidano pienamente in Dio, e perciò si affannano a provvedere a se stessi. Ci sono alcuni che dapprima offrono tutto; ma poi, sotto i colpi della tentazione, ritornano a ciò che è loro proprio, senza progredire minimamente nella virtù. Alla vera libertà di un cuore puro e alla grazia della rallegrante mia intimità, costoro non giungeranno, se non dopo una totale rinuncia e dopo una continua immolazione; senza di che non si ha e non si avrà una giovevole unione con me.

 2. Te l'ho detto tante volte, ed ora lo ripeto: lascia te stesso, abbandona te stesso e godrai di grande pace interiore. Da' il tutto per il tutto; non cercare, non richiedere nulla; sta' risolutamente soltanto in me, e mi possederai, avrai libertà di spirito, e le tenebre non ti schiacceranno. A questo debbono tendere il tuo sforzo, la tua preghiera, il tuo desiderio: a saperti spogliare di tutto ciò che è tuo proprio, a metterti nudo al seguito di Cristo nudo, a morire a te stesso, a vivere sempre in me. Allora i vani pensieri, i perversi turbamenti, le inutili preoccupazioni, tutto questo scomparirà. Allora scompariranno il timore dissennato, e ogni amore non conforme al volere di Dio.


LETTERA 220: Agostino a Bonifacio, conte dell'Africa, esortandolo ad aspirare ai beni eterni .

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta tra il 426 e il 427.

Agostino a Bonifacio, conte dell'Africa, esortandolo ad aspirare ai beni eterni (nn. 1-2). Concepito il proposito d'abbracciare la vita monastica, aveva assunto, per consiglio di Agostino, la carica di governatore dell'Africa, ma contro il desiderio di Agostino s'era sposato ed era caduto in molti vizi (nn. 3-4). Agostino lo scongiura di liberarsi dall'amore del mondo e dalla brama di vendetta (nn. 5-10); di vivere cristianamente, di cercare nelle stesse guerre la pace e di tornare all'antico proposito, qualora la moglie acconsentisse (nn. 11-12).

AGOSTINO A BONIFACIO, SUO SIGNORE E FIGLIO, DEGNO D'ESSER PROTETTO E GUIDATO DALLA BONTÀ DI DIO ALLA SALVEZZA TEMPORALE ED ETERNA

Bonifacio disprezzi i beni terreni.

1. Non avrei mai potuto trovare una persona più fidata e che si potesse recare più facilmente da te, di quella offertami adesso dal Signore, cioè il diacono Paolo, servo e ministro di Cristo, carissimo a tutti e due noi, per farti recapitare questa mia lettera; con essa vorrei parlarti alquanto non della tua potenza né della carica che ricopri in questo mondo malvagio e nemmeno dell'incolumità del tuo corpo corruttibile e mortale 1, poiché anch'essa è di breve durata ed è sempre incerto fino a quando possa durare, ma della salvezza promessaci da Cristo, il quale quaggiù si lasciò coprire d'obbrobri e mettere in croce, per insegnarci a disprezzare anziché amare i beni terreni, e ad amare e sperare da lui l'immortalità che ci mostrò nella sua risurrezione. Poiché egli risuscitò dai morti e non muore più e la morte non può esercitare più alcun dominio su di lui 2.

Sollecitudine di Agostino per Bonifacio.

2. So che non mancano persone che ti vogliono bene per quel che riguarda la vita di questo mondo e in relazione ad essa ti danno consigli, talora utili, talora inutili poiché sono uomini e, come possono, si danno pensiero solo per il presente non sapendo che cosa accadrà il giorno seguente. Ma difficilmente si trova qualcuno che pensi a te in relazione a Dio affinché la tua anima non si perda. Non che manchino persone disposte a farlo, ma è un grosso problema trovare il tempo in cui possano parlarti di tali argomenti. Anch'io, per esempio, ho sempre desiderato, ma non ho mai trovato l'occasione e l'opportunità, di trattare con te argomenti di cui era mio dovere trattare con una persona come te, per la quale nutro un grande affetto in Cristo. Del resto tu sai bene in quali condizioni mi trovasti quando venisti a farmi visita a Ippona: ero fisicamente così debole e stanco, che stentavo a parlare. Adesso perciò, figlio mio, ascoltami almeno mentre converso con te attraverso la presente lettera, che non ho mai potuto farti recapitare in mezzo ai rischi in cui ti trovi, pensando al pericolo cui potrebbe andare incontro il latore e badando che la mia lettera non capitasse nelle mani di persone alle quali non vorrei. Ti prego perciò di perdonarmi, se pensi ch'io abbia temuto più di quel che avrei dovuto temere; ti ho comunque spiegato perché io temevo.

Perché Bonifacio abbandonò il proposito di consacrarsi a Dio.

3. Ascoltami, dunque, o meglio, per mezzo della mia debole persona, ascolta il Signore Dio nostro. Rammenta come ti comportavi quando era ancora viva la prima tua moglie, di santa memoria, e come poco dopo la sua morte sentisti nausea delle vanità mondane e come bramasti di consacrarti al servizio di Dio. Sappiamo, anzi siamo testimoni della conversazione avuta tra noi a Tubune circa i tuoi sentimenti e propositi. Eravamo soli con te io e il fratello Alipio. Non posso credere che gli affari terreni, dai quali sei stato assorbito, abbiano avuta tanta forza da cancellartela completamente dalla memoria. Tu desideravi appunto d'abbandonare tutte le cariche pubbliche, in cui eri occupato, per ritirarti nella santa vita contemplativa, a vivere cioè la vita dei monaci servi di Dio. Ma che cosa ti dissuase dal farlo se non il fatto che tu considerasti quanto noi stessi ti dicevamo, quanto cioè era utile alle chiese di Cristo il compito che tu esplicavi, purché anzitutto tu lo esplicassi con l'intenzione di difenderle dalle incursioni dei barbari, in modo che potessero condurre una vita serena e tranquilla - come dice l'Apostolo - in tutta pietà e dignità 3, e in secondo luogo che tu non chiedessi a questo mondo se non quanto fosse necessario a sostentare la tua vita e quella dei tuoi, tenendo bene stretto ai tuoi fianchi il cingolo della perfetta castità e, vivendo tra le armi materiali, tu fossi difeso in modo più saldo e sicuro dalle armi spirituali?

Bonifacio diventato eretico e vizioso.

4. Mentre ci rallegravamo di quella tua risoluzione, attraversasti il mare e passasti a seconde nozze; ma il viaggio attraverso il mare fu dovuto affrontare per l'ubbidienza che, secondo l'Apostolo, dovevi prestare alle autorità superiori 4; non ti saresti invece risposato se, abbandonando la castità già abbracciata, non fossi stato vinto dalla passione. Quando venni a sapere la cosa - lo confesso - rimasi meravigliato e trasecolato, ma il mio dolore fu in parte alleviato dal sapere che non avevi voluto sposare quest'altra donna se prima non fosse diventata cattolica. Ciononostante l'eresia di coloro i quali negano che Cristo sia vero Figlio di Dio ha avuto tanta influenza nella tua casa che la tua figliola è stata battezzata proprio da essi. Ora poi, se è vero quanto m'è stato riferito (Dio volesse che non lo fosse!), che cioè delle vergini consacrate a Dio sono state ribattezzate da quegli eretici, con quante fonti di lacrime dovremo piangere un male sì grave? Si dice che non ti è bastata neppure la seconda moglie e che ti sei macchiato unendoti a non so quante concubine, ma può darsi che sia una bugia.

L'amore del mondo distoglie il cuore da Dio.

5. Di tanti e sì gravi mali che sono derivati da te dopo che ti sei risposato e che sono noti a tutti, che cosa dovrei dire, io? Sei cristiano, hai intelligenza, hai il timore di Dio: rifletti da te stesso a quel ch'io non voglio dire e scoprirai quante sono le colpe per le quali devi far penitenza, in virtù della quale credo che il Signore ti perdonerà e ti libererà da tutti i pericoli, purché tu faccia penitenza come si deve e purché tu ascolti ciò che sta scritto: Non tardare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno 5. In verità tu dici d'avere un motivo plausibile per agire così, io però non posso esserne giudice, essendo nell'impossibilità di sentire tutt'e due le parti. Ma quale che sia il motivo, sul quale adesso non è necessario indagare o discutere, puoi forse davanti a Dio negare che non saresti giunto a situazioni critiche, se non avessi attaccato il tuo cuore ai beni di questo mondo, che tu come servo di Dio, quale sapevamo ch'eri prima, avresti dovuto assolutamente disprezzare e non tenere in nessun conto? Se ti fossero stati profferti, avresti dovuto accettarli, è vero, per farne uso a scopi di religione, ma, se ti fossero stati negati o se fossero stati attribuiti ad altri, non avresti dovuto andarne in cerca in modo da venir condotto a queste circostanze critiche a causa di essi: quando si amano i beni menzogneri, si commettono dei misfatti, pochi invero da te, ma parecchi per causa tua, e quando si temono danni di breve durata, seppure sono veri danni, si commettono colpe che costituiscono un danno per l'eternità.

Come frenare le brame insaziabili.

6. Per fare appena un cenno di siffatti mali, chi non capirebbe che hai molte persone sempre ai tuoi fianchi per difendere la tua potenza o la tua salute; ma sebbene essi ti siano tutti fedeli e non ci sia da temere, da parte di alcuno di essi, alcun tradimento, in realtà (tuttavia) essi bramano d'arrivare, per mezzo di te, ai beni che anch'essi amano non secondo Dio, ma secondo il mondo? Per questo motivo sei costretto a soddisfare le brame degli altri proprio tu che avresti dovuto frenare e soffocare le tue! Perché tu possa fare ciò è inevitabile che compia molte azioni che dispiacciono a Dio e neppure così riesci ad appagare tali brame. È più facile ch'esse vengano troncate in coloro che amano Dio, anziché vengano appagate una volta in coloro che amano il mondo. Per questo motivo la Sacra Scrittura afferma: Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui: poiché tutto ciò ch'è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita, proveniente non già dal Padre ma dal mondo. Ma il mondo passa e così anche la sua concupiscenza; chi invece fa la volontà di Dio, rimane in eterno, come anche Dio rimane in eterno 6. Quando mai, dunque, potrai appagare la concupiscenza di bande così numerose di armati, di cui devi accarezzare le aspirazioni e i desideri sfrenati mentre ne temi la condotta efferata? Quando mai potrai non dico appagare - cosa questa, assolutamente impossibile - la concupiscenza di simili individui che amano il mondo, ma nutrirla solo in parte per non mandare ogni cosa in rovina, senza compiere azioni che Dio proibisce minacciando coloro che le compiono? Ecco perché tu vedi tante distruzioni che non si trova quasi più nulla anche di poco valore, che possa venire rapito.

Bonifacio responsabile degli orrori perpetrati dai barbari.

7. Ma che dire della devastazione dell'Africa compiuta dai barbari dell'Africa senza che nessuno vi si opponga, mentre tu ti trovi preoccupato per la tua situazione critica e non dai nessun ordine per tenere lontana una sì grande sventura? Chi mai avrebbe creduto, chi mai avrebbe temuto che proprio ora, dopo che Bonifacio, generale della Guardia del corpo, s'è trovato in Africa come governatore dell'Africa, con un esercito e un potere così grande, i barbari avrebbero avuto tanto ardire, si sarebbero avanzati tanto e avrebbero compiute tante devastazioni e avrebbero rese deserte tante regioni fin allora tanto popolate, mentre, quando egli era solo tribuno, aveva domato tutte quelle tribù vincendole in battaglia e incutendo il terrore con un manipolo di alleati? Non era forse voce comune che, appena avresti assunto il potere di governatore, avresti non solo domato ma resi anche tributari dello Stato romano i barbari dell'Africa? Ora invece tu vedi come si sia rivolta in senso opposto la speranza della gente. Né occorre parlare più a lungo con te di queste cose, poiché puoi meglio pensarle da te che non esprimerle noi.

Rendere bene per male.

8. Ma può darsi che a questi rimproveri tu risponda che la situazione è da imputarsi piuttosto a coloro che ti hanno arrecato offesa, rendendoti non il contraccambio per le tue servizievoli prodezze, ma il contrario. Io però non posso ascoltare né giudicare queste ragioni; esamina piuttosto attentamente la questione che sai di avere con Dio; poiché vivi da fedele cristiano, devi temere di offendere Dio. Orbene, io considero piuttosto le ragioni superiori, poiché se l'Africa soffre tante sventure, gli uomini devono imputarlo ai propri peccati. Non vorrei però tu appartenessi ai malvagi ed iniqui dei quali Dio si serve per punire, con castighi temporali, coloro che egli vuol punire; poiché agli stessi iniqui, della cui malvagità giustamente si serve per infliggere agli altri sventure temporali, riserba i supplizi eterni qualora non si correggano. Tu fissa il tuo sguardo in Dio, osserva attentamente Cristo che ci ha procurato tanti beni e ha sofferto tante pene per noi. Coloro che desiderano appartenere al suo regno e vivere con lui e sotto di lui nell'eterna felicità, amano anche i propri nemici, fanno del bene a coloro che li odiano e pregano per coloro che li perseguitano 7, e se talora per correggere usano la molesta severità, non perdono tuttavia la sincerissima carità. Se perciò dall'impero romano hai ricevuto dei beni quantunque caduchi e terreni, come è caduco anch'esso, non celeste, e non può dare se non quanto è in suo potere; se dunque ti sono stati concessi dei beni, non devi rendere male per bene. Se invece ti è stato fatto del male, non rendere male per male 8. Quale delle due condizioni di spirito sia la tua, non voglio discuterlo né sono capace di giudicarlo. Parlo a un cristiano: Non ricambiare male per bene né male per male.

Vincere le passioni e pentirsi.

9. Forse tu dirai: " Che vuoi ch'io faccia nella situazione critica in cui mi trovo? " Se mi chiedi un consiglio conforme alle massime di questo mondo, come cioè assicurare la tua salute transitoria e come conservare o accrescere l'attuale tua potenza politica ed economica, non so proprio cosa risponderti 9, poiché non si può dare un consiglio sicuro su cose mal sicure. Se invece, poiché vuoi evitare la perdizione dell'anima e temi le parole della Verità che dice: Che giova mai all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la propria anima? 10, mi domandi un consiglio conforme alla legge di Dio, so perfettamente quel che ti debbo dire, ho un consiglio che potresti udire da me. Ma che altro dovrei dirti, se non quello che t'ho già detto più sopra? Non amare il mondo né ciò ch'è nel mondo. Se uno ama il mondo, non è in lui l'amore del Padre: poiché tutto ciò ch'è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita, proveniente non già dal Padre ma dal mondo. Ma il mondo passa e così anche la sua concupiscenza; chi invece fa la volontà di Dio, rimane in eterno come anche Dio rimane in eterno 11. Ecco il mio consiglio: prendilo e mettilo in pratica. Qui si parrà se sei uomo coraggioso: vinci le passioni con cui viene amato questo mondo, fa penitenza dei tuoi peccati commessi nel passato allorché, vinto da quelle passioni, ti lasciavi trascinare a desiderare cose non buone. Se accoglierai questo consiglio, se lo seguirai e l'osserverai, non solo giungerai ai beni sicuri, ma passerai anche sicuro tra i beni insicuri di quaggiù e ti salverai l'anima.

Pregare Dio per vincere i nemici invisibili.

10. Ma forse mi domanderai ancora una volta come fare per mettere in pratica questi consigli, impegolato come sei in tanti impacci di questo mondo. Prega con ardore e ripeti a Dio quel che trovi nel Salmo: Liberami, o Signore, dalle mie angustie 12. Queste angustie finiranno quando saranno vinte le passioni. Come Dio ha esaudito le tue e nostre preghiere e t'ha liberato da tanti gravi pericoli di guerre corporee e visibili nelle quali corre pericolo solo la vita terrena, che una volta ha pur da finire, ma non perisce l'anima, se non è tenuta prigioniera dalle passioni cattive, così anche ti esaudirà per farti vincere i nemici interni e invisibili (dell'anima), ossia le tue passioni, con armi invisibili e spirituali e in modo che ti serva di questo mondo come se non te ne servissi 13 e mediante i beni di esso tu possa fare il bene e non diventare cattivo. Poiché sono beni anche quelli terreni e non vengono concessi agli uomini se non dal Signore, che ha il dominio di tutte le cose celesti e terrestri. Ma perché non si creda che siano un male, sono concessi anche ai buoni; perché non si creda che siano un grande o il sommo bene, sono concessi anche ai cattivi. Allo stesso modo questi beni vengono tolti sia ai buoni affinché siano provati, sia ai cattivi affinché siano tormentati.

Solo i buoni acquistano i beni eterni.

11. Chi infatti non saprebbe o sarebbe tanto stolto da non capire che la salute del corpo mortale, la vigoria delle membra corruttibili, la vittoria sugl'individui che ci avversano, le ricompense onorifiche e la potenza terrena, come tutti gli altri beni di quaggiù, sono concessi tanto ai buoni quanto ai cattivi e sono tolti via tanto ai buoni che ai cattivi? Al contrario la salvezza dell'anima con l'immortalità del corpo e la vigoria della giustizia, la vittoria sulle passioni che ci avversano, la gioia, la ricompensa e la pace eterna non sono concesse che ai buoni. Ecco i beni che devi amare, desiderare e cercare in tutti i modi. Per ottenerli e mantenerli, distribuisci elemosine, innalza preghiere, fa continui digiuni, senza peraltro danneggiare la tua salute. Al contrario non attaccare il cuore ai beni terreni per quanto considerevoli siano quelli che ti appartengono. Usali in modo da compiere con essi molte cose buone, ma nessun male a causa di essi. Poiché passa ogni bene terreno, ma non periscono le opere buone anche se compiute con i beni caduchi.

Bonifacio torni alla continenza, la moglie permettendo.

12. Ora, se tu non avessi moglie, ti direi quanto dicemmo anche a Tubune, di vivere cioè nella santità della continenza; aggiungerei quanto allora ti sconsigliammo di fare, di abbandonare cioè la vita militare, per quanto fosse possibile, senza compromettere la pace delle condizioni umane, e dedicarti, come lo desideravi allora, a vivere in comunità coi fedeli servitori di Dio, ove i soldati di Cristo combattono nella tranquillità, non per uccidere gli uomini ma per debellare i prìncipi, le potenze e gli spiriti del male 14, cioè il diavolo e i suoi angeli 15. I fedeli servi di Dio infatti vincono questi nemici ch'essi non possono vedere e, tuttavia, pur non vedendoli, li vincono col vincere la sensualità. Ma esortarti a questa vita me lo impedisce tua moglie, poiché non ti è lecito vivere nella continenza senza il suo consenso. Sebbene, dopo quanto m'avevi detto a Tubune, tu non avresti dovuto sposarla, essa tuttavia non ha colpa alcuna poiché ti ha sposato in tutta buona fede non essendo per nulla a conoscenza dei tuoi propositi precedenti. Volesse il cielo che tu potessi persuaderla ad essere continente in modo che tu potessi osservare il voto che sai d'aver fatto a Dio! Ma se non puoi ottenere ciò, osserva almeno la castità coniugale e prega il Signore che ti liberi dalle angustie, in modo da poter fare un giorno ciò che non puoi fare adesso. I doveri coniugali non t'impediscono comunque, o non debbono impedirti d'amare Dio e di non affezionarti al mondo, di mantenere la parola data, di cercare la pace perfino nelle guerre, se mai è necessario che tu vi prenda ancora parte, di servirti dei beni di questo mondo per fare opere buone e non fare del male a causa dei beni del mondo. Ecco, dilettissimo figlio, quanto mi ha spinto a scriverti la carità con la quale ti amo secondo lo spirito cristiano e non secondo lo spirito del mondo, poiché anche pensando a ciò che sta scritto: Rimprovera il sapiente e ti vorrà bene, rimprovera lo stolto e ti odierà 16, avrei dovuto considerarti senz'altro sapiente, non già uno stolto.

 

1 - 1 Cor 15, 53.

2 - Rm 6, 9.

3 - 1 Tm 2, 2.

4 - Rm 13, 1.

5 - Sir 5, 10.

6 - 1 Gv 2, 15-17.

7 - Mt 5, 44; Lc 6, 27-28.

8 - Rm 12, 17; 1 Ts 5, 15; 1 Pt 3, 9.

9 - TERENT., Eun. 57-63.

10 - Mt 16, 26; Mc 8, 36; Lc 9, 25.

11 - 1 Gv 2, 15-17.

12 - Sal 24, 17.

13 - 1 Cor 7, 31.

14 - Ef 6, 12.

15 - Mt 25, 41.

16 - Prv 9, 8 ( cf. sec. LXX: prosqhvsei )


Apparizione della Beata Vergine sulla montagna di La Salette con altri fatti prodigiosi

San Giovanni Bosco - San Giovanni Bosco

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Protesta dell’Autore.

 

            Per ubbidire ai decreti di Urbano VIII mi protesto, che a quanto si dirà nel libro di miracoli, rivelazioni, o di altri fatti, non intendo di attribuire altra autorità, che umana; e dando ad alcuno titolo di Santo o Beato, non intendo darlo se non secondo l'opinione; eccettuate quelle cose e persone, che sono state già approvate dalla S. Sede Apostolica. {4 [403]}

 

 

Al lettore

 

            Un fatto certo e maraviglioso, attestato da migliaia di persone, e che tutti possono anche oggidì verificare, è l'apparizione della beata Vergine, avvenuta il 19 settembre 1846[1].

            Questa nostra pietosa Madre è apparsa in forma e figura di gran Signora a due pastorelli, cioè ad un {5 [405]} fanciullo di 11 anni, e ad una villanella di 15 anni, là sopra una montagna della catena delle Alpi situata nella parochia di La Salette in Francia. Ed essa comparve non pel bene soltanto della Francia, come dice il Vescovo di Grenoble, ma pel bene di tutto il mondo; e ciò per avvertirci della gran collera del suo Divin Figlio, accesa specialmente pei tre peccati: la bestemmia, la profanazione delle feste e il mangiar grasso ne'giorni proibiti.

            A questo tengono dietro altri fatti prodigiosi raccolti eziandio da pubblici documenti, oppure attestati da persone la cui fede esclude ogni dubbio intorno a quanto riferiscono.

            Questi fatti valgano a confermare i buoni nella religione, a confutare quelli che forse per ignoranza vorrebbero porre un limite alla potenza e alla misericordia del Signore dicendo: Non è più il tempo dei miracoli.

            Gesù disse che nella sua Chiesa si sarebbero operati miracoli maggiori che Egli non operò: e non fissò nè tempo nè numero, perciò finchè vi sarà la {6 [406]} Chiesa, noi vedremo sempre la mano del Signore che farà manifesta la sua potenza con prodigiosi avvenimenti, perchè ieri ed oggi e sempre G. C. sarà quello che governa e assiste la sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli.

            Ma questi segni sensibili della Onnipotenza Divina sono sempre presagio di gravi avvenimenti che manifestano la misericordia e la bontà del Signore, oppure la sua giustizia e il suo sdegno, ma in modo che se ne tragga la sua maggior gloria e il maggior vantaggio delle anime.

            Facciamo che per noi siano sorgente di grazie e di benedizioni; servano di eccitamento alla fede viva, fede operosa, fede che ci muova a fare il bene e a fuggire il male per renderci degni della sua infinita misericordia nel tempo e nella eternità. {7 [407]}

 

 

Apparizione della B. Vergine sulle montagne della Salette

 

            Massimino, figlio di Pietro Giraud, falegname del borgo di Corps, era un fanciullo di 11 anni: Francesca Melania figlia di poveri parenti, nativa di Corps era una giovinetta di anni 15. Niente avevano di singolare: Amendue ignoranti e rozzi, amendue addetti a guardare il bestiame su pei monti. - Massimino non sapeva altro che il Pater e l'Ave; Melania ne sapeva poco più, tanto che per la sua ignoranza non era ancora stata ammessa alla s. Comunione.

            Mandati dai loro genitori a guidare il bestiame nei pascoli, non fu se non per puro accidente che il giorno 18 {9 [409]} settembre, vigilia del grande avvenimento, s'incontrarono sul monte, mentre abbeveravano le loro vacche ad una fontana.

            La sera di quel giorno, nel far ritorno a casa col bestiame, Melania disse a Massimino: «Domani chi sarà il primo a trovarsi sulla Montagna?» E all'indomani, 19 settembre, che era un sabato vi salivano insieme, conducendo ciascuno quattro vacche ed una capra. La giornata era bella e serena il sole brillante. Verso il mezzogiorno udendo suonare la campana dell'Angelus, fanno breve preghiera col segno della s. Croce; di poi prendono le loro provvisioni di bocca e vanno a mangiare presso una piccola sorgente, che era a sinistra d'un ruscelletto. Finito di mangiare, passano il ruscello, depongono i loro sacchi presso una fontana asciutta, discendono ancora qualche passo, e contro il solito si addormentano a qualche distanza l'uno dall'altro.

            Ora ascoltiamo il racconto dagli stessi pastorelli tal quale essi lo fecero la {10 [410]} sera del 19 ai loro padroni e di poi le mille volte a migliaia di persone.

            «Noi ci eravamo addormentati... racconta Melania, io mi sono svegliata la prima; e, non vedendo le mie vacche, svegliai Massimino dicendogli: Su andiamo a cercare le nostre vacche. Abbiamo passato il ruscello, siamo saliti un po’in su, e le vedemmo dalla parte opposta coricate. Esse non erano lontane. Allora tornai giù a basso; e a cinque o sei passi prima di arrivare al ruscello, vidi un chiarore come il Sole, ma ancor più brillante, non però del medesimo colore, e dissi a Massimino: Vieni, vieni presto a veder là abbasso un chiarore[2].

            «Massimino discese subito dicendomi: Ov'è questo chiarore? E glielo indicai col dito rivolto alla piccola fontana; ed ei si fermò quando lo vide. Allora noi vedemmo una Signora in mezzo alla luce; essa sedeva sopra un mucchio di sassi, col volto tra le

{11 [411]} mani. Per la paura io lasciai cadere il mio bastone. Massimino mi disse: tienlo il bastone; se la ci farà qualche cosa, le darò una buona bastonata.

            «In seguito questa Signora si levò in piedi, incrocicchiò le braccia e ci disse: Avanzatevi, miei ragazzi: Non abbiate paura; son qui per darvi una gran nuova.» Allora noi passammo il ruscello, ed essa si avanzò sino al luogo, dove prima ci eravamo addormentati. Essa era in mezzo a noi due, e ci disse piangendo tutto il tempo che ci parlò (ho veduto benissimo le sue lagrime): «Se il mio popolo non si vuole sottomettere, sono costretta dì lasciar libera la mano di mio Figlio. Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla.

            «È gran tempo che soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, debbo pregarlo costantemente; e voi altri non ne fate conto. Voi potrete ben pregare, ben fare, giammai non potrete compensare la sollecitudine, che mi sono data per voi. {12 [412]}

            «Vi ho dati sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo. Questo è ciò che rende tanto pesante la mano di mio Figlio.

            «Se le patate si guastano, è tutto per causa vostra. Ve lo feci vedere 1'anno scorso (1845); e voi non avete voluto farne caso, e, trovando patate guaste, bestemmiavate mettendovi frammezzo il nome di mio Figlio.

            «Continueranno a guastarsi, e quest'anno per Natale non ne avrete più (1846).

            «Se avete del grano non dovete seminarlo: tutto ciò che voi seminerete, sarà dai vermi mangiato; e quello che nascerà andrà in polvere, quando lo batterete.

            «Verrà una grande carestia[3]. {13 [413]}

            «Avanti che venga la carestia, i fanciulli al di sotto dei sette anni saranno presi da un tremore e moriranno tra le mani delle persone che li terranno: gli altri faranno penitenza per la carestia.

            «Le noci si guasteranno, e le uve marciranno...[4]

            «Se si convertono, le pietre e gli scogli si cambieranno in mucchi di grano, e le patate verranno prodotte dalla terra stessa.»

            «Quindi ci disse: {14 [414]}

            «Dite voi bene le vostre orazioni, o miei ragazzi?

            «Noi rispondemmo entrambi: Non troppo bene, o Signora.

            «Ah miei fanciulli, dovete dirle bene la sera e la mattina. Quando non avete tempo dite almeno un Pater ed un'Ave Maria: e quando avrete tempo ditene di più.

            «Alla Messa non vanno che alcune donne vecchie, e le altre lavorano alla Domenica tutta 1'estate; e all'inverno i giovani, quando non sanno che fare, vanno alla Messa per mettere in ridicolo la religione. In quaresima si va alla macelleria a guisa di cani.

            «Quindi ella disse: Non hai tu veduto, o mio ragazzo, del grano guasto?

            «Massimino rispose: Oh! no,Signora. Io, non sapendo a chi facesse que¬sta domanda, risposi sotto voce.

            «No, Signora, non ne ho ancora veduto.

            «Voi dovete averne veduto, mio ragazzo (rivolgendosi a Massimino), una volta verso il territorio di Coïn con vostro {15 [415]} padre. Il padrone del campo disse a vostro padre che andasse a vedere il suo grano guasto; voi ci siete andati entrambi. Prendeste alcune spighe nelle vostre mani, e strofinate andarono tutte in polvere, e voi vi ritornaste. Quando eravate ancora una mezz'ora distanti da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane, e vi disse: Prendi, o figlio mio, mangia ancora del pane in quest'anno; non so chi ne mangierà l'anno venturo, se il grano continua a guastarsi in questo modo.

            «Massimino rispose: Oh! si, Signora, ora me ne ricordo; poco fa non me ne sovveniva.

            «Dopo ciò quella Signora ci disse: «Ebbene, miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo.

            «Indi ella passò il ruscello, ed a due passi di distanza, senza rivolgersi verso di noi, ci disse di nuovo: Ebbene, miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo.

            «Ella salì di poi una quindicina di passi, sino al luogo ove eravamo andati per cercare le nostre vacche; {16 [416]} ma essa camminava sopra l'erba; i suoi piedi non ne toccavano che la cima. Noi la seguivamo; io passai davanti alla Signora e Massimino un poco di fianco, a due o tre passi di distanza. E la bella Signora si è innalzata così (Melania fa un gesto levando la mano di un metro e più); Ella rimase così sospesa nell'aria un momento. Dopo Ella rivolse uno sguardo al Cielo, indi alla terra; dopo non vedemmo più la testa... non più le braccia... non più i piedi... sembrava che si fondesse; non si vide più che un chiarore nell'aria; e dopo il chiarore disparve.

            «Dissi a Massimino: È forse una gran santa? Massimino mi rispose: Oh! se avessimo saputo ch'era una gran santa, noi le avremmo detto di condurci con essa. Ed io gli dissi: E se ci fosse ancora? Allora Massimino slanciò la mano per raggiungere un poco del chiarore, ma tutto era scomparso. Osservammo bene, per iscorgere se non la vedevamo più.

            E dissi: Essa non vuol farsi vederem per non farci sapere ove sen vada. Dopo ciò andammo dietro alle nostre vacche.»

            Questo è il racconto di Melania; la quale interrogata come quella Signora fosse vestita rispose:

            «Essa avea scarpe bianche con rose attorno... ve ne erano di tutti i colori; aveva le calze gialle, un grembiale giallo, una veste bianca tutta cospersa di perle, un fazzoletto bianco al collo contornato di rose, una cuffia alta un poco pendente avanti con una corona di rose attorno. Aveva una catenella, alla quale era appesa una croce col suo Cristo: a diritta una tanaglia, a sinistra un martello; all'estremità della Croce un'altra gran catena pendeva, come le rose intorno al suo fazzoletto da collo. Aveva il volto bianco, allungato; io non poteva riguardarla molto tempo, perchè ci abbagliava.»

            Interrogato separatamente Massimino fa lo stessissimo racconto, senza variazione alcuna, nè per la sostanza {18 [418]} e neppure per la forma; il quale perciò ci asteniamo di qui ripetere.

            Sono infinite e stravaganti le insidiose domande che loro si fecero, specialmente per ben due anni, e sotto interrogatorii di 5, 6, 7 ore di seguito coll'intento di imbarazzarli, di confonderli, di trarli in contraddizione. Certo è, che forse mai nessun reo fu dai tribunali di giustizia investito così con tante difficoltà e interrogazioni intorno ad un delitto imputatogli.

 

 

Segreto dei due pastorelli.

 

            Subito dopo 1'apparizione, Massimino e Melania, nel far ritorno a casa, s'interrogarono tra di loro, perche mai la gran Dama dopo che ebbe detto «le uve marciranno» ha tardato un poco a parlare e non faceva che muovere le labbra, senza far intendere che cosa dicesse?

            Nell'interrogarsi su di ciò a vicenda, diceva Massimino a Melania «A me essa ha detto una cosa, ma mi ha proibito {19 [419]} di dirtelo.» S'accorsero entrambi d'aver ricevuto dalla Signora, ciascuno separatamente, un segreto colla proibizione di non dirlo ad altri. Or pensa tu, o lettore, se i ragazzi possono lacere.

            È cosa incredibile a dirsi quanto siasi fatto e tentato per cavar loro di bocca in qualche modo questo secreto. Fa meraviglia a leggere i mille e mille tentativi adoperati a quest'uopo da centinaia e centinaia di persone per ben vent'anni. Preghiere, sorprese, minaccie, ingiurie, regali e seduzioni d'ogni maniera, tutto andò a vuoto; essi sono impenetrabili.

            Il vescovo di Grenoble, uomo ottuagenario, si credette in dovere di comandare ai due privilegiati fanciulli di far almeno pervenire il loro segreto al santo Padre, Pio IX. Al nome del Vicario di Gesù Cristo i due pastorelli ubbidirono prontamente e si decisero a rivelare un segreto, che fino allora nulla aveva potuto strappar loro di bocca. L'hanno dunque scritto essi medesimi (dal giorno dell'apparizione {20 [420]} in poi erano stati messi alla scuola, e ciascheduno separatamente); quindi piegarono e suggellarono la loro lettera; e tutto ciò alla presenza di persone ragguardevoli, scelte dallo stesso vescovo a servir loro di testimonii. Indi il vescovo inviò due sacerdoti a portare a Roma questo misterioso dispaccio.

            Il 18 luglio 1851 rimettevano a S. S. Pio IX tre lettere, una di Monsignor vescovo di Grenoble, che accreditava questi due inviati, le due altre contenevano il segreto dei due giovanetti della Salette; ciascun di essi aveva scritto e sigillata la lettera contenente il suo segreto alla presenza di testimonii che avevano dichiarato 1'autenticità delle medesime sulla coperta.

            S. S. aprì le lettere, e cominciata a leggere quella di Massimino, «Vi ha proprio, disse, il candore e la semplicità di un fanciullo.» Durante quella lettura si manifestò sul volto del Santo Padre una certa emozione; gli si contrassero le labbra, gli si gonfiarono {21 [421]} le gote. «Trattasi, disse il Papa ai» due sacerdoti, trattasi di flagelli, di» cui la Francia è minacciata. Non» essa sola è colpevole, lo sono pure» 1'Allemagna, 1'Italia, 1'Europa» intiera, e meritano dei castighi. Io» temo assai l'indifferenza religiosa» ed il rispetto umano.»

 

 

Concorso alla Salette.

 

            La fontana, presso alla quale erasi riposata la Signora, cioè la V. Maria, era come dicemmo, asciutta; e, a detta di tutti i pastori e paesani di quei contorni, non dava acqua se non dopo abbondanti pioggie e dopo lo scioglimento delle nevi. Ora questa fontana, asciutta nello stesso giorno dell'apparizione, il giorno dopo cominciò a zampillare, e da quell'epoca l'acqua scorre chiara e limpida senza interruzione.

            Quella montagna nuda, dirupata, deserta, abitata dai pastori, appena quattro mesi dell'anno, è divenuta il teatro di un concorso immenso di {22 [422]} gente. Intere popolazioni traggono da ogni parte a quella privilegiata montagna; e piangendo per tenerezza, e cantando inni e cantici si vedono chinare la fronte sopra quella terra benedetta, dove ha risuonato la voce di Maria: si vedono baciare rispettosamente il luogo santificato dai piedi di Maria; e ne discendono pieni di gioia, di fiducia e di riconoscenza.

            Ogni giorno un numero immenso di fedeli vanno divotamente a visitare il luogo del prodigio. Nel primo anniversario dell'apparizione (19 settembre 1847), oltre a settanta mila pellegrini d'ogni età, d'ogni sesso, d'ogni condizione ed anche d'ogni nazione coprivano la superficie di quel terreno...

            Ma ciò che fa sentire vie più la potenza di quella voce venuta dal Cielo, è che si produsse un mirabile cambiamento di costumi negli abitanti di Corps, di La Salette, di tutto il cantone e di tutti i dintorni, e in lontane parti ancora si diffonde e si propaga... {23 [423]} Hanno cessato di lavorare la Domenica: hanno dismessa la bestemmia... Frequentano la Chiesa, accorrono alla voce dei loro Pastori, si accostano ai santi Sacramenti, adempiono con edificazione il precetto della Pasqua fino a quel momento generalmente negletto. Taccio le molte e strepitose conversioni, e le grazie straordinarie nell'ordine spirituale.

            Nel luogo dell'apparizione sorge ora una Chiesa maestosa con vastissimo edifizio, dove i viaggiatori dopo di aver soddisfatta la loro divozione possono agiatamente ristorarsi ed anche passarvi a gradimento la notte.

 

            Dopo il fatto di La Salette Melania fu inviata alle scuole con maraviglioso progresso nella scienza e nella virtù. Ma si sentì ognora sì accesa di divozione verso alla B. V. Maria, che determinò di consacrarsi tutta a Lei. Entrò di fatto nelle carmelitane scalze tra cui, secondo il giornale Echo de Fourvière 22 ottobre 1870, sarebbe {24 [424]} stata dalla s. Vergine chiamata al cielo. Poco prima di morire scrisse la se guente lettera a sua madre.

 

11 settembre 1870.

 

            «CARISSIMA ED AMATISSIMA MADRE,

 

            «Che Gesù sia amato da tutti i cuori. - Questa lettera non è solo per voi, ma è per tutti gli abitanti del mio caro paese di Corps. Un padre di famiglia, amorosissimo verso i suoi figli, vedendo che dimenticavano i loro doveri, che disprezzavano la legge loro imposta da Dio, che diventavano ingrati, si risolvette di castigarli severamente. La sposa del Padre di famiglia dimandava grazia, e nello stesso tempo recavasi dai due più giovani figli del Padre di famiglia, cioè i due più deboli e più ignoranti. La sposa che non può piangere nella casa del suo sposo (che è il Cielo) trova nei campi di questi miserabili figliuoli lagrime in abbondanza: essa espone i suoi timori e le sue minaccie, se non si torna indietro, se non si osserva {25 [425]} la legge del Padrone di casa. Un piccolissimo numero di persone abbraccia la riforma del cuore, e si mette ad osservare la santa legge del Padre di famiglia; ma ahimè! la maggioranza rimane nel delitto e vi si immerge sempre più. Allora il Padre di famiglia manda dei castighi per punirli e per trarli da questo stato di induramento. Questi figli sciagurati pensano di poter sottrarsi al castigo, afferrano e spezzano le verghe che li percuotono, invece di cader ginocchioni, domandar grazia e misericordia, e specialmente promettere di cambiar vita. Infine il padre di famiglia, irritato ancor di più, da mano ad una verga ancor più forte e batte e batterà infino a che lo si riconosca, si umiliino e domandino misericordia a Colui che regna sulla terra e nei cieli.

            «Voi mi avete capito, cara madre e cari abitanti di Corps: questo Padre di famiglia è Dio. Noi siamo tutti suoi figli; nè io nè voi 1'abbiamo amato come avremmo dovuto; non abbiamo {26 [426]} adempito, come conveniva, i suoi comandamenti: ora Dio ci castiga. Un gran numero dei nostri fratelli soldati muoiono, famiglie e città intere son ridotte alla miseria; e se non ci rivolgiamo a Dio, non è finito. Parigi è colpevole assai perchè ha premiato un uomo cattivo che ha scritto contro la divinità di Gesù Cristo. Gli uomini hanno un tempo solo per commettere peccati; ma Dio è eterno, e castiga i peccatori. Dio è irritato per la moltiplicità dei peccati, e perchè è quasi sconosciuto e dimenticato. Ora chi potrà arrestare la guerra che fa tanto male in Francia, e che fra poco ricomincerà in Italia? ecc. ecc. Chi potrà arrestare questo flagello?

            «Bisogna 1o che la Francia riconosca che in questa guerra vi è unicamente la mano di Dio; 2° che si umilii e chiegga colla mente e col cuore perdono de'suoi peccati; che prometta sinceramente di servire Dio colla mente e col cuore, e di obbedire ai suoi comandamenti senza rispetto umano. Alcuni pregano, domandano a {27 [427]} Dio il trionfo di noi Francesi. No, non è questo che vuole il buon Dio: vuole la conversione dei francesi. La Beatissima Vergine è venuta in Francia, e questa non si è convertita: è perciò più colpevole delle altre nazioni; se non si umilia, sarà grandemente umiliata. Parigi, questo focolare della vanità e dell'orgoglio, chi potrà salvarla se fervorose preghiere non s'innalzano al cuore del buon Maestro?

            «Mi ricordo, cara madre e carissimi abitanti, del mio caro paese, mi ricordo, quelle divote processioni, che facevate sul sacro monte della Salette, perchè la collera di Dio non colpisse il vostro paese! La S. Vergine ascoltò le vostre fervide preci, le vostre penitenze e tutto quanto faceste per amor di Dio. Penso e spero, che attualmente tanto più dovete fare delle belle processioni per la salvezza della Francia; cioè perchè la Francia ritorni a Dio, perchè Dio non aspetta che questo per ritirare la verga, di cui si serve per flagellare il suo popolo ribelle. Preghiamo dunque molto, {28 [428]} sì, preghiamo; fate le vostre processioni, come le faceste nel 1846 e 47: credete che Dio ascolta sempre le preghiere sincere dei cuori umili. Preghiamo molto, preghiamo sempre. Non ho mai amato Napoleone, perchè ricordo la intiera sua vita. Possa il divin Salvatore perdonargli tutto il male che ha fatto; e che fa ancora!

            «Ricordiamoci che siam creati per amare e servire Dio, e che fuori di questo non vi ha vera felicità. Le madri allevino cristianamente i loro figliuoli, perchè il tempo delle tribulazioni non è finito. Se io ve ne svelassi il numero e le qualità, ne restereste inorriditi. Ma non voglio spaventarvi; abbiate fiducia in Dio, che ci ama infinitamente più dì quello che noi possiamo amarlo. Preghiamo, preghiamo, e la buona, la divina, la tenera Vergine Maria sarà sempre con noi: la preghiera disarma la collera di Dio; la preghiera è la chiave del Paradiso.

            «Preghiamo pei nostri poveri soldati, preghiamo per tante madri desolate {29 [429]} per la perdita dei loro figliuoli, consacriamo noi stessi alla nostra buona Madre celeste: preghiamo per questi ciechi, che non vedono che è la mano di Dio, che ora percuote la Francia. Preghiamo molto e facciamo penitenza. Tenetevi tutti attaccati alla santa Chiesa, e al nostro S. Padre che ne è il Capo visibile e il Vicario di Nostro Signor Gesù Cristo sulla terra. Nelle vostre processioni, nelle vostre penitenze pregate molto per lui. Infine mantenetevi in pace, amatevi come fratelli, promettendo a Dio di osservare i suoi comandamenti e di osservarli davvero. E per la misericordia di Dio voi sarete felici, e farete una buona e santa morte, che desidero a tutti mettendovi tutti sotto la protezione dell'augusta Vergine Maria. Abbraccio di cuore (i parenti). La mia salute è nella Croce. Il cuore di Gesù veglia su di me.

 

MARIA, DELLA CROCE, vittima di Gesù. {30 [430]}

 

 

Altra apparizione della santa Vergine in Francia

 

            Altra apparizione che sembra presagire cose più consolanti è quella avvenuta in Francia il 17 gennaio 1871. Noi ci serviamo delle stesse parole con cui è raccontato dal giornale La Frusta di Roma, 7 marzo e dalla Décentralisation giornale di Francia.

 

            Racconto di un'apparizione della SS. Vergine accaduta nel villaggio di Pont-Min, comune di Saint-Ellier, cantone di Landivy, dipartimento della Mayenne in Francia, al 17 gennaio 1871.

 

            «Un ragazzo di 11 anni, era occupato a pestare la biada pel suo cavallo in compagnia di suo padre in un granaio del borgo. {31 [431]}

            «Essendo uscito verso le sei della sera, egli considerava il tempo, che gli sembrava assai bello, quando fu tutto ad un tratto preso da stupore e di ammirazione nel vedere al di sopra della casa del signor Lecoq, una donna alta e bella, vestita con una sottana turchina seminata di stelle, acconciato il capo di un velo sormontato da una corona.

            «Il fanciullo chiama subito suo padre, che accorre, ma non vedendo nulla, si burla di suo figlio e lo rimanda al lavoro.

            «La curiosità peraltro ricondusse il piccolo ragazzo nel luogo ove egli avevi veduto la Signora colle scarpe e colla corona di oro. La maravigliosa apparizione continua ad incantarlo. Esso chiama sua madre, che al pari di suo marito non potendo vedere niente sgrida il povero fanciullo e lo tratta da insensato.

            «Allora egli grida a suo fratello dell'età di 9 anni, di venire presto accanto a sè e questo pure distingue perfettamente l'immagine aerea radiante {32 [432]} di bellezza. Invano i parenti stupefatti dubitano ancora... I due fanciulli sostengono di avere la Signora innanzi agli occhi e ne fanno la medesima descrizione.

            «Grande agitazione regna in questo umile villaggio; un assembramento si forma subito e cresce sempre più intorno a quei piccoli ragazzi che raccontano così belle cose.

            «Due monache istitutrici, uscendo dalla loro scuola, maravigliate di questo assembramento, si avvicinano e si informano dell'avvenimento che può attrarre tanta gente e cagionare una tale emozione. Esse interrogano i fanciulli e ricevono con pio incanto le loro dichiarazioni persistenti; ma è invano che esse tengono i loro occhi fìssi verso il luogo dell'apparizione, non vedono niente.

            «Rientrate nel loro convitto, le Monache ancor tutte commosse, invitano tre delle loro scolari di andare a vedere presso ai giovani ragazzi al di sopra dell'abitazione di Lecoq. Tre piccole fanciulle 1'una di 12 anni, {33 [433]} l'altra di 9, e 1' ultima di 8 anni e mezzo, si affrettano di rendersi al luogo della visione celeste.

            «Appena arrivate, la più avanzata in età esclama: - È la Madonna SS. Oh! quanto è bella!

            «Essa è alta come suor Vitaliana, disse 1'altra di 9 anni.

            E le due piccole fanciulle fanno una descrizione simile del tutto a quella de'piccoli ragazzi.

            «Allora l'emozione e la maraviglia raddopiano in presenza delle affermazioni sempre più precise di questi giovani testimonii, che, così fortuitamente riuniti, non possono veramente essere nè gli autori, nè i complici di una soperchieria di questa natura.

            «Il fatto diventa seriissimo ed allora si manda a chiamare il Curato, venerando vecchio, che conduce ed edifica quella parochietta da 37 o 38 anni.

            «Senza dare molta importanza a queste prime informazioni, egli giudica, e con ragione, di andare ad esaminare ciò che accade, e verificare {34 [434]} da se medesimo ciò che vi può essere di vero in questi rumori, e di fondato in queste relazioni.

            «Appena arrivato al luogo, i fanciulli esclamavano: - Una croce rossa si forma sul petto della Madonna Santissima! - Allora il buon curato disse ai suoi parochiani: - Figli miei, preghiamo e recitiamo la corona.

            «Nel mentre che si recitavano le Ave Maria, le stelle si moltiplicavano sulla veste di Maria, era al dire dei fanciulli, come un formicaio di scintillette dorate.

            «Dopo la recita della corona, si cantò il Magnificat: allora si sviluppò uno stendardo lungo dieci metri incirca e largo un metro.

            «Tutto ad un tratto un'asta dorata si formò sullo stendardo, e nel mentre che si cantavano i versetti del Cantico della SS. Vergine appariva l'iscrizione seguente.

            «Sulla medesima riga... - Mais priez, mes enfants, Dieu vous exaucera eh peu de temps. Ma pregate, figli miei, Iddio vi esaudirà fra poco tempo! poi {35 [435]} un punto dorato rosso come il sole e al disotto: Mon fils se laisse toucher! Mio figlio si lascia placare! - E la linea si termina da una grande balza rossa.

            «Nel mentre che si recitava il Rosario, avevano fatto venire un altro fanciullo di sei anni che vide anche egli benissimo 1'apparizione.

            Ciò che testimonierebbe irrefutabilmente della realtà del prodigio, sarebbe l'attitudine e le mosse d'un fanciullo di 18 mesi. Quando la madre lo voltava dalla parte opposta egli faceva visibili sforzi per essere rivoltato verso la splendida apparizione.

            «Dopo il Magnificat si cantò l’Inviolata. Nel mentre la Madonna SS. alzò un poco gli occhi e sorrise ai fanciulli.

            «In seguito s'intuonò la Salve Regina. Allora Maria Santissima ravvicinò e riunì le sue mani chiuse come per portare una bandiera.

            «Una croce rossa venne a collocarvisi. Un Crocifisso più rosso era collocato sulla Croce ed al posto dell’iscrizione {36 [436]} INRI si trovava in lettere lunghe di 10 centimetri: Iésus Christ.

            Si recitarono ancora più Cantici e le Litanie. Allora intorno alla Madonna Santissima si formò un'aureola azzurra che l’inviluppò interamente. All'altezza de'piedi e delle spalle apparirono nell'aureola medesima quattro ceri cortissimi. Poi una stella sembrò uscire dai piedi della Santissima Vergine ed accese successivamente i due ceri dei piedi, e i due delle spalle e venne a collocarsi sulla corona.

            «Infine la Vergine sembrò prendere dietro a sè un gran velo bianco di cui si coprì tutta intera. Non si vide più altro che l'alto della corona ed il tutto sparì. {37 [347]}

 

 

Relazione di Monsig. Pietro Losanna vescovo di Biella

 

            INTORNO AL FATTO AVVENUTO NELLA CAPPELLA DELLA MADONNA D'OROPA

 

            Il 28 luglio 1869

 

            La istantanea guarigione ottenuta per l'intercessione di Maria SS. d'Oropa dalla giovane Vittoria Maria Meinardi di Carignano ha meritamente commossi i fedeli di questa nostra Diocesi, e tutti i devoti di quel Santuario, che sappiamo vivamente desiderosi di conoscere da quali circostanze fosse accompagnato quel mirabile fatto. Crediamo pertanto opportuno, appoggiati anche all'unanime parere di una Commissione di dotti e pii Teologi e Sacerdoti, presso noi espressamente {38 [438]} convocati, di pubblicare la presente notificanza a sfogo della comune pietà.

            L'Amministrazione del R. Ospizio di Carità della città di Carignano che suole annualmente concedere uno o due giorni di diporto alli poveri ricoverati, aderiva nello scorso luglio alle vive istanze dei medesimi, di permettere loro quest'anno una visita al Santuario d'Oropa. Fra i ricoverati avvi una povera giovane, per nome Vittoria Meinardi, nata il sette maggio mille ottocento trentasei, orfana fin da tenera età d'amendue i genitori, ed entrata in quell’Ospizio il 23 agosto 1842. Sugli undici anni essa fu colpita da gravi dolori ai piedi e da forti artriti, che in breve tempo la ridussero nell'impossibilità di camminare, neppur colle gruccie, e neanco di star ginocchioni. Il medico dell'Ospizio, sig. Bionda, ora defunto e il quale allora la visitò, a nulla riuscendo ogni rimedio, la dichiarava incurabile. Lo stato dell'infelice era veramente miserevole. Essa non è alta che un {39 [439]} metro e tre centimetri, totalmente rachitica, con un apparato muscolare esilissimo, un'ossatura universalmente disgraziata, e gibbosità alla colonna vertebrale; da oltre vent'anni ovunque dovesse trasferirsi, o alla chiesa o al dormitorio o a mensa e via dicendo, bisognava che alcuna delle compagne di peso ve la portasse, e nell'atto del trasporto la regione sua lombare cadeva inerte fuor delle braccia della portante, essendo essa fin costretta ad aggrapparsi al collo della medesima onde tenervisi, come i due medici attuali dell'Ospizio di cui l'uno la conosce da 20 anni e 1'altro da 18, espressamente attestano.

            Molti di Carignano lo sanno ed han dichiarato, che la conoscevano e la visitavano, massime per motivo dei lavori in cui è valente assai, come sa pure molto bene leggere e scrivere.

            La buona Vittoria saputo della progettata visita all'insigne nostro Santuario, supplicò caldamente di esservi pure condotta per chiedere la grazia della guarigione alla Madonna in cui da {40 [440]} lungo tempo aveva riposto una singolare fiducia. L'Amministrazione in vista del gran desiderio della medesima e conoscendone la vivissima fede e pietà, glie lo concedeva. Partirono da Carignano alle due antimeridiane del 27 luglio 1869 in numero di oltre 80 persone, tra cui il M. Rev. Rettore dell'Ospizio e quattro Suore di carità, dette Figlie di s. Vincenzo, alle quali è affidato il regime interno del pio stabilimento. Verso le ore dieci del mattino stesso già erano a Biella, donde non guari dopo si avviarono alla volta d'Oropa parte a piedi e parte in vettura, tra cui la Vittoria. La quale con amabile e pia ingenuità nella relazione, che ne scrisse poi, racconta, come lungo quel viaggio di quando in quando si rivolgesse con confidenza alla Madre delle misericordie, supplicandola di volerle fare quella grazia, e per questo ancora si astenesse dal guardar alcun paese od altra curiosità, e ad ogni immagine della Vergine che per via incontrava, le rivolgesse al medesino le più ferventi preghiere. {41 [441]}

            Al Santuario quella sera nulla avvenne di notevole, se non il racconto fatto dal Sacerdote Collegiale cui spettava di predicare, come suol farsi ogni giorno nell'estate. Egli prese appunto a parlare delle grazie singolarissime ottenutesi per intercessione di Maria SS. di Oropa e fra molti altri ricorda specialmente il fatto di quel fanciullo da quattro anni, incapace di camminare, e portato dalla madre sua in quella stessa Basilica, dove a suggerimento di lei avendo proferto quelle parole: Vergine Santissima, vi prego di farmi guarire, sull'istante guarì.

            Cominciò egli tosto a camminare per la chiesa con universale maraviglia; il quale racconto fece sovra la povera Vittoria sì profonda impressione, e le inspirò tanta confidenza, da tenersi già sicura di conseguire essa pure la desiderata grazia. Onde quella sera e la seguente mattina non cessava mai di ripetere quella preghiera medesima.

            Il mattino del mercoledì, 28 luglio, quasi tutta la Comunità accostossi alla s. Comunione, e vi fu portata anche {42 [442]} la Vittoria, e quindi dopo la refezione recaronsi alla visita delle Cappelle in gruppi distinti: nell'ultimo, insieme colla madre superiora suor Luigia Chiattone, eravi la nostra giovane con alcune caritatevoli compagne che se la trasmettevano a vicenda. Lesse ella medesima quasi tutte le considerazioni e preghiere apposite, supplicando in ciascuna delle cappelle, come essa racconta, la Santissima Vergine di ottenermi dal suo e mio Gesù la grazia di guarire.

            Verso le 2 1/2 pomeridiane del giorno stesso, la comunità si raccolse nella chiesa pel canto delle Litanie. Vittoria fu seduta nel banco prossimo all'altare di s. Filippo, rimpetto alla cappella della Madonna. Ecco il momento, disse allora a Maria, nel quale mi farete questa grazia; tutti pregano per me, fate conoscere a tutti la grande vostra potenza e misericordia; non avete da dir altro a Gesù che un voglio, e subito è fatto, e andava ripetendo: Vergine Santissima, fatemi guarire, fatemi guarire, con altre simili invocazioni. {43 [443]} Cantate le Litanie, una delle compagne per nome Domenica Brusa, avvicinatasi a lei, Vittoria, le disse, vieni, ora ti porto dentro nella cappella, ma non voglio più portarti via. Giuntevi, essa volle esser posta a terra, ove potè stare inginocchiata a gran stupore delle compagne. Rivoltasi quindi alla superiora, signora madre, le disse, guardi Vittoria è in ginocchio, che le era prima del tutto impossibile. Qui essa a'piedi dell'altare rinnova le sue fervide preghiere, e votasi a Maria, promettendole, se guarisce, e i superiori il permettano, di tornare un altro anno al Santuario con una guernitura di propria mano per l'altare di Lei. La superiora intenerita in vederla così ginocchioni, le si pone accanto e le dice all'orecchio, Vittoria, prega, Vittoria abbi fede... E poco stante, alzati Vittoria, alzati... Ed ella; non so se posso. La madre l'aiuta, e già Vittoria è in piedi; e quella insistendo, Vittoria coraggio, cammina, cammina... essa, giunte le mani, fissa un istante la Statua della Vergine, quindi {44 [444]} rivolta alla superiora, la Madonna mi ha ottenuta la grazia, afferma con sicurezza, e porgendole la madre un dito della sua sinistra mano, essa il prese e si fa per camminare verso la porticina della cappella, e di fatto sull'istante cammina, esce, discende il gradino... Prodigio, prodigio, esclama, non potendo più contenere la sua gioia la buona superiora, ed esclamano con lei dentro la cappella, e nella chiesa tutti i presenti, che erano in gran numero, e non pure dell'Ospizio di Garignano, ma di altri luoghi assai. La commozione prodotta nel loro animo da questa repentina guarigione non è possibile a descriversi da noi... altro non udivasi, scrive con graziosa e commovente semplicità la stessa Vittoria, che singhiozzi e pianti di consolazione: di me non parlo perchè in quel gran momento non so quel che passava, nè che si operava, ma quello che so certamente, si è che io non poteva camminare ed ora la SS. Vergine d'Oropa mi ha ottenuta la grazia e cammino, e la ricevetti nel giorno 28 luglio. {45 [445]}

            Fu quel di per tutto il Santuario d'Oropa un giorno di festa, di cantici, di lode e ringraziamenti a Dio ed alla Vergine, non saziandosi i fedeli di cercare della Vittoria onde coi loro occhi vederla a camminare e rivolgendo nel tempo stesso a lei ed alle suore mille interrogazioni.

            Noi pure, che del fatto avevamo tosto ricevuto annunzio dal Canonico Rettore, e con grande consolazione il mattino seguente potemmo vedere quella buona giovane nel nostro palazzo, dove i superiori e le suore dell'Istituto con altre signore di Carignano ce la condussero e dove fece alla presenza nostra alcuni passi senza appoggio di sorta. Ci risulta inoltre da autentiche relazioni già rimesseci dietro nostro invito dall'Ospizio di Carignano, che grandissima fn il mattino delli 30 luglio la sorpresa degli amministratori del medesimo, quando videro comparirsi dinanzi camminando sui suoi piedi la Vittoria Meinardi, e fare alcuni giri per la sala senza essere sostenuta. Siccome alta maraviglia {46 [446]} destò l’annunzio di tale guarigione in quanti di quella città l'aveano prima conosciuta, ond'è, che ordinatosi tosto un triduo di ringraziamento nella chiesa dell'Ospizio, v'intervenne, oltre ai ricoverati, numeroso clero e popolo, maravigliati tutti di vedere la Vittoria stessa traversare sovra i suoi piedi la navata della chiesa.

            Essa frattanto continua a camminare; anzi come attesta 1'amministrazione, con sempre maggior facilità e disinvoltura.

            Ora chi ponga mente a tutte le circostanze onde venne preceduto ed accompagnato il fatto in discorso e segnatamente alle sì diverse condizioni della Vittoria prima e dopo la visita al Santuario d'Oropa, per cui mentre da più di 20 anni era inabile a muoversi ora cammina, come attestano i due dottori nella accennata loro relazione, non potrà a meno di affermare che il dito di Maria è qui manifesto.

            Uniamoci pertanto tutti a rendere le più vive grazie all'Altissimo, e prendiamo da tal fatto opportuno argomento {47 [447]} onde celebrare la prossima solennità con più d'entusiasmo, ravvivando nel nostro cuore la pietà e la fiducia nella gran Donna d'Oropa, la s. Madre di Dio, per cui mezzo l'Unigenito suo figliuolo e Redentor nostro si compiace ognora di compiere le più splendide maraviglie della sua misericordiosa onnipotenza. Così sia.

 

Biella, dal nostro palazzo vescovile il 25 agosto 1869.

 

GIO. PIETRO VESCOVO.

 

D. IORIO Segretario. {48 [448]}

 

 

Maravigliosa efficaccia di una processione[5].

 

            Una grande siccità desolava i paesi della Giudea e si temeva che andando perduti i raccolti la fame venisse a decimare quelle infelici popolazioni. I Turchi atterriti dal timore di quel disastro si radunarono nelle moschee a fare suppliche al loro Maometto, ma non essendo stati esauditi fecero ricorso ai padri francescani dimoranti in Aen-Karem, supplicandoli a pregare il Signore Iddio dei cristiani affinchè si degnasse di concedere una benefica pioggia. I religiosi {49 [449]} approfittando delle buone disposizioni di quegli infedeli decisero di fare una pubblica processione di penitenza portando la statua di s. Giovanni Battista dalla chiesa del loro convento a quella di s. Elisabetta fuori dell'abitato. I Turchi avvisati preventivamente dal piissimo curato, P. Avila francescano, spazzarono le vie per le quali doveva passare la processione. Il giorno 23 marzo dell'anno 1870 dopo il lasso di molti secoli si vedeva la prima volta inalberata in quel paese la croce e si udivano per le strade i sacri cantici dei cattolici. Gl'infedeli pieni anch'essi d'entusiasmo sparavano le loro pistole ed i loro fucili in segno di allegria e inchinavano riverentemente all'immagine del gran precursore.

            L'immagine divota rimase nella chiesa di s. Elisabetta dove si andava a pregare ogni giorno per ottenere la sospirata grazia. Il dì seguente, 4 marzo fu visto il cielo annuvolarsi quasi all'istante, e poco dopo cominciò la pioggia che durò due giorni di seguito. {50 [450]} I Turchi riconobbero in ciò un miracolo di san Giovanni, per cui nel giorno 22 dello stesso mese quando la statua fu riportata nella chiesa del convento dei Francescani, raddoppiarono la loro festa e vollero pure penetrare in Chiesa, dove assistettero divoti e silenziosi alla funzione di rendimento di grazie all'Altissimo pel beneficio ricevuto.

 

 

Prodigiosa manifestazione di Gesù nella ss. Eucaristia.

 

            Lo stesso anno, nello stesso paese si fece la solenne processione del SS. Sacramento, nel giorno del Corpus Domini. Le strade per le quali passava erano state ornate ed abbellite dai Turchi, i quali diceano pubblicamente che da quella processione speravano la preservazione delle cavallette, le quali minacciavano la totale distruzione dei frutti della terra, mangiando perfino le radici delle piante e le cortecce degli alberi. Intervennero alla {51 [451]} religiosa processione oltre i Francescani dimoranti di famiglia in s. Giovanni, varii altri del convento del SS. Salvatore e di quello di Betlemme, le monache del monte Sion, le loro alunne in numero di circa ottanta tutte bianco vestite e con bandiere e fiori in mano. Il sacerdote Ratisbona, il famoso Ebreo convertito dalla Regina dei cieli in Roma nella chiesa di s. Andrea delle Fratte, e quanti cattolici si trovavano nei dintorni ci prendevan parte. Il nostro Dio Sacramentato portavasi sotto baldachino dal padre Giuseppe da Iesi Minore Osservante. Questo venerando vecchio dall'alta statura, dai bianchi capelli, dalla candida e lunga barba conosciuto da tutti per la semplicità di colomba e per la santità della vita, risvegliava nella mente di chi lo vedeva l'idea del santo vecchio Simeone.

            I Musulmani usciti tutti dalle abitazioni, disposti a gruppi quinci e quindi lungo le vie per dove passava la processione, miravano il devoto corteggio e stupefatti davano sfogo agli affetti {52 [452]} del loro cuore con frequenti spari di archibugi e con altre dimostrazioni di gioia. Tutti i loro sguardi però stavano rivolti con compiacenza al padre Giuseppe che portava il SS. Sacramento. Ma che cosa vedevano mai quei poveri Turchi nelle mani di quel novello Simeone? Forse le specie Eucaristiche? Forse l'argentea sfera? Niente di tutto questo. Vedevano un bellissimo vivo e raggiante Bambino, che volgendo qua e là le dolci pupille, le piegava amorosamente sopra di quei miseri seguaci dell'Islamismo che nerimaneano maravigliati. Questo Bambino non fu veduto da alcun cristiano, forse perchè Signa dantur infidelibus, non fidelibus.

            I cristiani conobbero la maravigliosa apparizione quando terminata la processione udirono i Turchi uomini e donne che andavano con premura dicendo: Quanto era bello quel Bambino che il P. Giuseppe portava in processione? Dove lo ha trovato? - Ma il padre Giuseppe non portava alcun Bambino! Loro si rispondeva. - Sì che lo ha {53 [453]} portato: l'abbiam veduto noi: il Bambino appoggiava il capo sovra di un braccio e i piedi sull'altro braccio del padre Giuseppe. Ma quale non fu il loro stupore quando furono assicurati dai cristiani che veramente il padre Giuseppe non avea portato alcun Bambino ma lo stesso Uomo Dio vero, vivo e nascosto sotto le specie del pane! Si accrebbe poi al sommo la loro maraviglia quando si seppe da tutti, che nello stesso giorno di quella apparizione di Gesù Bambino, le cavallette si erano allontanate dai confini del loro territorio e che più non si videro.

            Fu in questo modo che Gesù Cristo, dopo molti secoli dalla caduta del regno dei Crociati, ha voluto essere riportato in processione solenne per la prima fiata, per le strade di quella città, dove chiuso tuttavia nel purissimo seno della Vergine Immacolata, si recò, or corre il decimo nono secolo, a visitare il suo Precursore nella casa di s. Elisabetta. {54 [454]}

 

 

Gesù predica agli infedeli.

 

            Nell'anno 1869 duecento Turchi della setta degli Scietlie, abitanti in un sobborgo di Damasco, chiamato Midan si dichiararono cristiani: ad essi poco dopo si aggiunsero oltre cento Scietlie della Celesiria, non che molti di altri paesi e Beduini. Queste conversioni avvennero in seguito a molte apparizioni di Gesù e di Maria sua vergine madre che si degnarono istruire personalmente intorno alla vera religione quei miseri seguaci dell'Islamismo. Più volte Maria SS. fece loro udire queste parole: Fuor di Gesù Cristo non vi ha salvezza.

            In una notte dopo di aver pregato per lungo tempo gli Scietlie si addormentarono, ed il Signore si compiacque di apparire a tutti, ma separatamente, senza saper l'uno ciò che accadeva all'altro. Svegliati che furono ciascheduno raccontava al compagno di aver veduto Gesù Cristo e tutti rispondevano: {55 [455]} anch'io l'ho veduto, anch'io l'ho veduto! In tale visione il Signore li aveva confortati, ed esortati a seguitare la via incominciata; ed essi erano tanto pieni d'allegrezza, gratitudine, fede e amore che non potevano contenersi e volevano uscire per la città a predicare la Divinità di Gesù Cristo. - Un'altra volta con Gesù apparve loro Maria la quale disse. Questo è mio figlio; Gesù è la verità e lo ripete per tre volte.

            Alla conversione di 300 Turchi tenne dietro quella di non poche donne turche tra cui una parente di certo Abdelcader. Cadata in grave malattia essa aveva fatto prova di tutti i mezzi che l'arte può suggerire. Ma un suo figlio che si era già fatto cristiano scorgendo inutile ogni mezzo umano, mosso da viva fede, madre, le disse, Se credi in Gesù Cristo, riacquisterai la salute. L'inferma promise di credere e di farsi cristiana se guariva; e la sua fede la guarì sull'istante. Per corrispondere meglio che poteva alla grazia ricevuta, cominciò tosto ad occuparsi della conversione {56 [456]} delle donne, esercitando l'ufficio di Catechista. Giovata dal divino aiuto riusci a convertire 9 donne, di cui quattro Algerine e quattro Damascene. Il marito di una di esse ne fu altamente sdegnato e nel trasporto del suo sdegno concepì il reo disegno di ucciderla; ma di nottegli apparvero due personaggi, i quali, come egli stesso riferisce, rimproverandolo della sua malvagia intenzione, lo minacciarono severamente e gli misero le gambe nel fuoco, significando che gli stavan pronti peggiori mali se avesse ancora recate altre molestie alla sua moglie per motivo della sua conversione. Atterrito da quelle minacce e dai mali sofferti quel marito non osò più nè dire nè fare cosa alcuna contro alla moglie cristiana.

            Malgrado questi ed altre prodigiose chiamate divine alcuni turchi non sapevano risolversi ad una sincera conversione, ma spaventevoli visioni punirono la loro ingratitudine verso un Dio che in modi cotanto prodigiosi manifestava la sua bontà. I Beduini

{57 [457]} un giorno mentre pregavano udirono diverse volte queste parole: Lasciate Maometto, non vi ha salvezza fuori di Gesù Cristo! Finalmente ebbero ordine dal Signore di venire in Damasco e da Lui stesso fu indicato loro la strada, la casa, il nome di Ibraim capo dei Neofiti[6].

 

 

S. Giuseppe salva dai briganti.

 

            La provincia di Ho-Nan (Cina) nella quale predicava il Missionario Ungaro era infestata orribilmente dai briganti i quali riuniti in eserciti sterminati scorrazzavano ovunque, saccheggiando, uccidendo, rovinando tutto ciò che loro si parava innanzi. Molti pacifici abitanti preferivano darsi da per se stessi la morte anzichè aspettarla da quei masnadieri. {58 [458]}

            Nel marzo del 1866, in preparazione alla festa di s. Giuseppe il Missionario dava gli esercizi spirituali in un villaggio quasi tutto cristiano. Quando ecco un forte allarme e un grido disperato: Fuggiamo, fuggiamo, s'avvicinano i briganti!

            Spaventati i cristiani si affollano intorno al sacerdote ricercando consiglio. Pieno di fede e certamente inspirato così dal Signore, miei figli, disse loro: «Non temete, la festa del nostro gran Patrono s. Giuseppe non è molto lontana. Abbiate fede in lui, fate col massimo fervore la sua novena; non abbiate alcun timore che egli ci salverà nè permetterà che i suoi divoti siano molestati dai briganti.»

            A queste parole si acquietarono e seguitarono a compiere tranquillamente le domestiche faccende: ma dopo alcuni giorni si ripetè l'allarme e si udiva in lontananza il rimbombo del cannone. Il Missionario riposta tutta la sua fiducia in s. Giuseppe si presentò in mezzo ai cristiani e li {59 [459]} assicurò senza esitazione. «Abbiate fede e siate certi che s. Giuseppe ci salverà ed il nemico non ci farà alcun male.» Tutti obbedirono nè alcuno fuggi. La gente dei vicini villaggi che fuggendo passava vicino alle case dei cristiani esortava i fedeli a darsi alla fuga, ma essi stavano sicuri e pieni di fiducia in s. Giuseppe. La festa del gran Taumaturgo si avvicinava. Si prepararono tutti con una buona confessione, e con piena tranquillità di spirito festeggiarono quel gran giorno colla comunione generale.  E san Giuseppe li esaudì. - In tutti i villaggi vicini non vi era più anima viva, che tutti erano fuggiti ed i cristiani tranquilli aspettavano gli eventi. I briganti non giunsero nemmeno dopo la festa, benchè fossero lontani soltanto poche miglia. Sia benedetto il Signore che ha scelto questo suolo per glorificare il suo padre putativo e per additare a noi un potentissimo avvocato. {60 [460]}

 

 

Conversione ottenuta per intercessione di s. Giuseppe.

 

            Un giovane di onesta famiglia sedotto dai compagni fuggì dalla casa paterna per  arruolarsi tra le bande dei masnadieri lasciando nel duolo la vedova madre. Dopo una serie di lacrimevoli vicende tornato a casa cadde infermo e si manifestò in lui una etisia polmonare. All'approssimarsi dell'estate cominciò a decadere in modo che vicina se ne prevedeva la fine. La Pasqua era passata, ma egli non avea potuto o voluto accostarsi ai Sacramenti. Venuta poi l'occasione del Giubileo e vedendosi vicino a soccombere vi fu chi l'esortò a chiamare un prete per confessarsi e comunicarsi. Ma egli si rifiutò dicendo con isdegno che se il Signore volea che facesse il Giubileo gli restituisse la sanità ed allora sarebbe andato da se alla Chiesa.

            Intanto il male aggravandosi la madre, {61 [461]} benchè piangesse amaramente, non avea il coraggio di chiamare il paroco, perchè la malattia del povero figlio, diceva essa, non desse il tracollo. Misera condizione di tanti ammalati, i quali per tal falso pretesto si lasciano morire senza sacramenti!

            Una parente dell'infermo, che più volte era stata a visitarlo, mossa a compassione del suo stato ne parlò con una sua amica divota di s. Giuseppe e detto fatto. Fu deciso di mandargli la reliquia di s. Giuseppe e suggerirgli che pregasse il santo ad impetrargli la salute per poter fare le sue divozioni.

            Accettò egli volentieri la reliquia e l'immagine di s. Giuseppe alle quali cose prese tanto amore che non le volle mai più lasciare finchè visse. Il dì seguente trovatolo meglio disposto la suddetta persona gli propose di permettere che un sacerdote di specchiata virtù lo visitasse e lo benedicesse. Avutone il consenso, tosto il sacerdote fu da lui e in breve dolcemente lo indusse a mondar 1'anima sua colla {62 [462]} confessione, ed a ricevere il S. Viatico. Non è a dire qual cambiamento operassero i Sacramenti nel cuore di quel povero giovane! Divenne tutto mansueto e paziente colle persone di famiglia, e rassegnato nel suo male. Passava le notti recitando la corona ed altre orazioni e quando era stanco si lamentava colla madre di non poter pregare più a lungo.

            Giunto agli estremi il medesimo sacerdote gli amministrò l'olio santo, dopo di che passato ancora alcun tempo nel modo più edificante spirò placidamente l'anima nel bacio del Signore invocando il nome di s. Giuseppe di cui si teneva appeso al collo la reliquia e lasciando in tutti fondata speranza ch'egli sia andato a godere in cielo una vita colma di veri beni che non finiranno mai più.

 

 

S. Giuseppe salva una fanciulla da morte.

 

            Manetta Frassè d'anni 11 del comune di Canopiana (Cremona) il giorno {63 [463]} 28 marzo 1865 facea la sua prima comunione e si aggregava alla congregazione del culto perpetuo di s. Giuseppe. Ritornava la pia giovanetta dalla Chiesa col cuore pieno di santo affetto, stringendo fra le mani l'immagine del s. Patriarca, dispensata dal paroco al popolo in segno delle comunione Pasquale. Entrato in casa, essendo salita per non so quali faccende sul solaio al dissopra del secondo piano, fu colta da vertigine e cadde da quell'altezza sul selciato della sottoposta via. Al colpo accorre la madre, ed oh spettacolo! vede sua figlia immobile e nuotante nel sangue, che in copia le sgorgava dalla bocca. Coll'aiuto dei vicini viene trasportata come cadavere sul suo letticciuolo. La voce corse tosto pel paese che ella era morta. Il paroco si recò tosto a quella casa più per consolare i desolati parenti, che per porgere aiuto a chi si credeva estinta. Entrato nella stanza ove giaceva la giovinetta la esaminò attentamente e si accorse che ella dava ancora qualche segno di vita. La chiamò {64 [464]} replicatamente, invocò s. Giuseppe, la benedisse nel nome di Lui, animandola a confidare nel santo, il quale o l'avrebbe portata in Paradiso, o risanata. Ed oh sorpresa! Dopo qualche momento manda un profondo sospiro,... apre gli occhi lordi di sangue,... li fissa nell'immagine del santo che le era stata posta a fianco,... pronuncia distintamente con voce animata le tre giaculatorie: Gesù, Giuseppe e Maria ecc. Non è a spiegare quanta sia stala la commozione di tutti gli astanti per tale avvenimento. Il paroco parti di là onde nascondere le lagrime di consolazione che gli pioveano dagli occhi, e non aveva ancor messo piede nella casa parochiale, che la figlia era fuori di letto e reggendosi da sè camminava e diremo saltava di gioia lodando Iddio e ringraziando s. Giuseppe pel segnalato benefizio che le aveva ottenuto dall'immensa bontà divina[7]. {65 [465]}

 

 

Repentina guarigione dalla sordità per intercessione di Maria Ausiliatrice.

 

            Chi entra nella chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Torino, ne vede le pareti, la sacra Immagine e l'altare ornati di una svariata quantità di voti che ricordano diversi segnalati benefizi che l'augusta Regina del Cielo ottenne a'suoi divoti. Uno di essi attesta la repentina guarigione dalla sordità del T. Antonio Cinzano prevosto vic. foraneo di Castelnuovo d'Asti.

            Fra i molti incqmmodi che travagliavano la cagionevole sanità di quel buon Pastore era la sordità, che lo rendeva inetto agli affari più importanti della parochia, specialmente 1'assistenza agli infermi e l'ascoltare le Confessioni dei fedeli.

            Dopo diciotto mesi di peggioramento il suo malore giunse a tanto, che udiva nemmeno più la parola pronunciata con tutta gagliardia vicino all'orecchio. {66 [466]} È difficile immaginarsi quale cordoglio cagionassegli un simile stato! Il rincrescimento di non poter compiere i suoi doveri degenerò in tetra malinconia, che finiva di rovinare quel po'di sanità che ancora gli rimaneva.

            Avendo inutilmente fatto prova dei ritrovati dell'arte, pensò di ricorrere all'aiuto del cielo, alla protezione della Vergine Ausiliatrice. Ascoltiamo le stesse sue parole con cui soleva con piacere raccontare quel fatto. Oggi, diceva, voglio raccomandarmi a questa buona Madre nella santa Messa, e se, come tanti ottennero, potrò anch'io essere liberato da questo mio miserabile stato, farò un offerta per la chiesa testè costrutta in Torino.

            Ciò detto si veste de'sacri arredi, va all'altare e comincia: In nomine Patris ecc. Colui che serviva la Messa secondo il solito risponde ad alta voce quanto poteva. Più sottovoce, dice il Prevosto, mi stordisci con queste parole, e continua: Iudica me, Deus ecc. L'altro risponde più piano ma con voce tuttora elevata. Ma il celebrante dice {67 [467]} recisamente: Io odo, parla più sotto voce, la Madonna mi ha fatta la grazia.

            Niuno può farsi giusta idea della commozione che provai nella celebrazione di quella memoranda Messa, narrava con trasporto di gioia. Ora mi cadevano le lagrime, ora innalzava giaculatorie di gratitudine alla santa Vergine Ausiliatrice. Ma il pensiero dominante era di dare a quel fatto tutta la pubblicità possibile affinchè fosse ovunque glorificata l'Augusta Madre del Salvatore ad esempio di chi, trovandosi in gravi tribolazioni, volesse fare a lei ricorso.

            Terminata la Messa e giunto in sacristia le sue prime parole furono: Io sono guarito, Maria Ausiliatrice mi ha fatto la grazia.

            Egli raccontava spesso questo fatto con gran compiacenza e desiderava che venisse quanto prima pubblicato, ma per ragionevoli motivi si giudicò bene di differire quella pubblicazione fino ad ora, che la Divina Provvidenza chiamò all'altra vita il compianto Pastore, che sarà sempre di grata {68 [468]} memoria presso ai Castelnovesi e presso a tutti quanti ebbero opportunità di conoscerlo[8].

            In confermazione di quanto sopra il sacerdote Savio Ascanio, allora viceparoco di Castelnuovo d'Asti, aggiugne quanto segue: La sordità del nostro prevosto era giunta a tal segno, che non udiva più il suono gagliardissimo del campanone. Quando parti dalla casa parochiale per recarsi a celebrar la s. Messa, il giorno della festa degli Angeli Custodi, era afflittissimo ed aveva fatto piangere la fantesca perchè credeva parlasse espressamente a bassa voce per fargli dispetto, mentre ella gridava con quanta ne aveva in gola per farsi capire sebbene inutilmente. {69 [469]} Diceva che ricuperò l'udito tutto ad un tratto nel cominciare In nomine Patris della s. Messa. Reduce dalla chiesa sembrava pazzo per la straordinaria contentezza. Chiamò subito il vicecurato facendo una lunga e così concitata scampanellata che sembrava volesse strappar la fune del campanello. Disceso il vicecurato gli raccontò come la Madonna gli avesse ottenuta la grazia e come era suo fermo proposito di recarsi all'Oratorio di s. Francesco di Sales, ossia alla chiesa di Maria Ausiliatrice per ringraziarla. Ciò che fece quanto prima con molta divozione. Quel dì che venne a compire quell’atto religioso sembrava fuor di se per la contentezza. Celebrata la santa messa all'altar di Maria Ausiliatrice, non finiva più lungo il giorno di raccontare la grazia ottenuta, magnificando la grande potenza di Maria. Di poi per dare ancora uno sfogo alla sua divozione, volle salire sulla cupola della chiesa per toccare e baciarvi i piedi della statua dorata che rappresenta colei che la Chiesa proclama potente

{70 [470]} aiuto dei cristiani. Ciò cagionò grande maraviglia atteso la sua avanzata età e la sua sanità da molto tempo cagionevole. È poi degno di osservazione che fino a tanto che visse godeva sempre assai quando aveva qualche occasione di parlare della Madonna, incoraggiando tutti a fare con fede ricorso a lei nei bisogni della vita.

 

(Fin qui il sac. Savio Ascanio).

 

 

Una medaglia di Maria Ausiliatrice.

 

            Se grande è la bontà divina quando concede qualche segnalato favore agli uomini, deve essere grande altresì la gratitudine di essi nel riconoscerlo, manifestarlo ed anche pubblicarlo ove possa tornar a sua maggior gloria.

            In questi tempi, è forza di proclamarlo, Dio vuole con molti eccelsi favori glorificare l'augusta sua Geninitrice invocata col titolo di AUSILIATRICE. {71 [471]}

            Il fatto che avvenne a me stessa è prova luminosa di quanto asserisco, liricamente adunque per dar gloria a Dio e dar vivo segno di gratitudine a Maria aiuto dei cristiani, testifico che nell'anno 1867 fui assalita da terribile mal d'occhi. I miei genitori mi posero sotto la cura dei medici, ma peggiorando vie più il mio male divenni come cieca, così che dal mese di agosto dell'anno 1868 mia zia Anna dovette condurmi per circa un anno sempre a mano alla chiesa per udire la santa Messa, cioè fino al mese di maggio del 1869.

            Al vedere poi che tutte le cure dell'arte più a nulla giovavano, mia zia ed io, avendo inteso come già a non pochi altri facendo preghiere a Maria Ausiliatrice avevansi ottenute grazie segnalate, piena di fede mi feci condurre al Santuario a lei testè dedicato in Torino. Giunti a quella città, passammo dal medico che aveva la cura de'miei occhi. Dopo attenta visita, sotto voce disse a mia zia: di questa zitella c'è poco a sperare.

            Come! rispose spontaneamente mia {72 [472]} zia, V. S. non sa che cosa sia per fare il Cielo. Essa parlava così per la grande fiducia che aveva nell'aiuto di Colei che tutto può presso Dio.

            Finalmente giungemmo alla meta del nostro viaggio.

            Era un sabato di maggio 1869, quando in sulla sera io veniva a mano condotta alla chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino. Desolata perchè priva affatto dell'uso della vista andava in cerca di conforto da Colei che è chiamata Aiuto dei Cristiani. - Aveva la faccia tutta coperta di panni neri, con un cappello di paglia; la detta zia e la nostra compaesana, maestra Maria Artero, m'introdussero in sacrestia. Noto qui di passaggio, che oltre alla privazione della vista pativa mal di capo e tali spasimi di occhi, che un solo raggio di luce bastava per farmi delirare. - Fatta breve preghiera all'altare di Maria Ausiliatrice, mi fu impartita la benedizione ed incoraggiata ad aver fiducia in Colei, che la Chiesa proclama Vergine potente che dà la vista ai ciechi. - Dopo il sacerdote {73 [473]} m'interrogò così: «Da quanto tempo avete questo male d'occhi?» «È molto tempo che soffro, ma che vedo più poco son circa tre anni, ma che vedo più niente è quasi un anno.» «Non avete consultati i dottori dell'arte? Che ne dicono essi? Avete usati rimedi?» «Abbiamo, disse mia zia, usato ogni sorta di rimedi, ma non potemmo ottenere alcun vantaggio. I medici dicono che essendo guasti gli occhi, non possono più darci speranza...» Dicendo queste parole si mise a piangere. «Non discerni più gli oggetti grossi dai piccoli?» Dissemi il Sacerdote. «Non discerno più niente, risposi.»

            In quel momento mi furono tolti i panni dalla faccia: di poi mi fu detto: Rimira le finestre, non puoi distinguere la luce di esse, dalle mura che sono totalmente opache?

            «Misera me? Non posso distinguere niente.

            «Desideri di vedere?

            «S'immagini quanto lo desidero? Lo desidero più che ogni altra cosa {74 [474]} del mondo. Io sono una povera fanciulla, la cecità mi rende infelice per tutta la vita.

            «Ti servirai degli occhi soltanto a vantaggio dell'anima, e non mai ad offendere Dio?

            «Lo prometto di tutto cuore. Ma povera me! Io sono una giovane sventurata!... Ciò detto proruppi in pianto.

            «Abbi fede, la s. Vergine ti aiuterà.

            «Spero che mi aiuterà, ma intanto io sono affatto cieca.

            «Tu vedrai.

            «Che cosa vedrò?

            «Dà gloria a Dio ed alla beata Vergine, e nomina l'oggetto che tengo tra mano.

            «Io allora facendo uno sforzo cogli occhi, li fissai; Oh sì, esclamai con sorpresa, io vedo.

            «Che?

            «Una medaglia.

            «Di chi?

            «Della s. Vergine.

            «E da quest'altro lato della medaglia che vedi? {75 [475]}

            «Da questo lato vedo un vecchio col bastone fiorito in mano; è s. Giuseppe.

            «Madonna SS., esclamò mia zia, dunque tu vedi?

            «Ma sì che ci vedo. O mio Dio! La s. Vergine m'ha fatta la grazia.

            In questo momento volendo colla mano prendere la medaglia, la spinsi in un angolo della sacrestia in mezzo ad un genuflessorio. La mia zia voleva tosto andarla a prendere ma ne fu proibita. Lasciate, le fu detto, che la vada a prendere la nipote stessa; e così farà conoscere che Maria le ottenne perfettamente la vista. La qual cosa io feci prontamente senza difficoltà.

            Allora io, la zia, colla maestra Artero empiendo la sacrestia di esclamazioni e di giaculatorie, senza più nulla dire a quelli che erano presenti, senza nemmeno ringraziare Dio del segnalato favore ricevuto, ce ne siamo partiti in fretta quasi deliranti per contentezza; io camminava avanti colla faccia scoperta, le due altre dietro.

            Ma di lì a pochi giorni ritornammo {76 [476]} a ringraziare la Madonna ed a benedire il Signore per l'ottenuto favore, e in pegno di questo abbiamo fatto un'offerta alla Vergine Ausiliatrice. E da quel beato giorno fino ad oggi non ho mai più sentito alcun dolore negli occhi e continuo a vedere come non avessi mai sofferto nulla. La mia zia poi asserisce che da lungo tempo pativa un violento reumatismo nella spina dorsale, con dolori al braccio destro e mal di capo, per cui era divenuta inabile ai lavori campestri. Nel momento che io acquistai la vista ella rimase eziandio perfettamente guarita. Sono già trascorsi due anni e nè io, come già dissi, nè mia zia avemmo a lamentare i mali da cui fummo per sì lungo tempo travagliate.

            A questa religiosa scena fra gli altri erano presenti Genta Francesco da Ghieri, sac. Scaravelli Alfonso, Maria Artero maestra di scuola.

            Gli abitanti di Vinovo poi, che prima erano soliti a vedermi condurre alla chiesa per mano, ed ora andare da me stessa, e leggendo in essa libri di {77 [477]} divozione pieni di maraviglia mi domandano: chi fece mai questo? ed io rispondo a tutti: È Maria Ausiliatrice che mi ha guarita. Perciò io ora a maggior gloria di Dio e della beata Vergine sono assai contenta che questo fatto sia ad altri raccontato e pubblicato, affinchè tutti conoscano la grande potenza di Maria, alla quale niuno mai fece ricorso senza essere esaudito.

 

            Vinovo 26 marzo 1871.

 

MARIA STARDERO.

 

 

Avvenimento prodigioso di soriano.

 

            Ecco ciò che scrive il Rev.mo P. Jandei Generale dell'Ordine dei PP. Predicatori intorno al prodigioso avvenimento di Soriano ai provinciali del suo ordine.

            «Memori delle divine parole, con cui lo Spirito Santo ci avvisa, che le {78 [478]} opere di Dio hanno a promulgarsi, perchè rendongli onore (Tob. c. 12), era Nostro desiderio sin dallo scorso settembre parteciparvi un prodigioso avvenimento, con cui Dio volle ancora una volta illustrare il famoso santuario del nostro s. Patriarca in Soriano di Calabria. Ma in consimili eventi non essendo prudente consiglio di prestar piena fede alle prime voci diffuse dalla fama, che spesso illude e travede, abbiamo differito sino a che il Pastore di quella diocesi avesse, dietro nostra preghiera, fatto procedere ad una regolare inchiesta, la quale in questi giorni ci venne da Lui stesso per mezzo del P. Provinciale di Calabria trasmessa, e della quale ci affrettiamo a comunicarvi il risultato.

            «A voi tutti è ben noto il Santuario di Soriano dedicato al P. s. Domenico, la cui antica immagine sia per l'origine che le viene attribuita, sia per le grazie che di continuo si ottengono, riscuote la più alta venerazione non solo di quella provincia, ma eziandio delle vicine e lontane. {79 [479]} Il giorno 15 di settembre che in tutto l'Ordine è sacro alla commemorazione di quella immagine, quivi si festeggia con maggiore solennità, la quale è terminata da divota processione con una statua scolpita in legno di naturale grandezza. Ora in quest'anno, essendo esposta alla pubblica venerazione al lato sinistro dell'altare la predetta statua, mentre compiute le sacre funzioni, circa trenta persone poco prima del mezzogiorno pregavano, d'improvviso si vide il sacro simulacro, come se vivo fosse, muoversi all'innanzi, quindi retrocedere, alzare e poi deporre il braccio destro e corrugando la fronte accompagnare questi moti con isguardi or severi e minacciosi verso gli astanti, ora mesti ed ora dolci e riverenti quando verso la Vergine del SS. Rosario volgevali a quella guisa, come ci vien riferito, che gli evangelici banditori adoprano dal sacro pergamo.

            «Quali si rimanessero a quella vista le persone che pregavano, non si potrà di leggieri immaginare o concepire: {80 [480]} il timore e la maraviglia quinci e quindi saccedendosi dentro di loro, le rese attonite e vacillanti, cosicchè sulle prime non prestarono fede a'loro medesimi occhi. Ma poichè dal vicendevole ed unanime consenso si avvidero non essere illusione, ma realtà, risuonò altamente la chiesa di voci che gridavano: s. Domenico, s. Domenico! Miracolo, miracolo! nè altro poteano o sapean pronunciare.

            «Il prodigioso avvenimento, come era ben naturale, colla rapidità del lampo si diffuse, ed in men che non si dice, l'intiera popolazione abbandonata ogni domestica faccenda trasse in folla al santuario, cosicchè ben duemila persone poterono essere spettatrici del prodigioso movimento del santo simulacro, che perdurò lo spazio di un'ora e mezza incirca. Intanto tra i presenti, ed i sopravvegnenti moltiplicavansi le preghiere, le lagrime, le acclamazioni, le maraviglie.

            E quantunque sì gran numero di spettatori, che ad una voce constatavano il prodigio, togliesse ogni sospetto {81 [481]} d’inganno o di frode, nondimeno si volle soddisfare a chi o per prudente dubitazione o per ispirito di incredulità non ne fosse pienamente convinto: e ciò tornò a maggior conferma, ed evidenza del prodigio, dissipandosi così ogni ombra, che poscia avrebbe potuto offuscarlo. Quindi per compiacere chi sospettava di qualche ottica illusione, si tolsero alcuni ornamenti di carta dorata, che in arco circondavano, senza però toccarlo, il sacro Simulacro: si discoprì la mensa che sostenevalo per assicurare taluno che aveva volto il pensiero a qualche frode od inganno. Altre minori riflessioni furono disciolte dal comune consenso dimostrandosi, che niuna naturale cagione come quella del forte vento che in quel giorno soffiava, poteva muovere in maniera si pronunciata ed espressiva una statua di legno di non mediocre peso, quando i ceri non si estinguevano, ed altri oggetti leggieri si rimanevano immobili, cosicchè ogni prova tornò a maggior certezza del prodigio. Perciò, questo {82 [482]} cessato, il divoto e grato popolo Sorianese volle si recasse in processione nelle ore pomeridiane quel portentoso simulacro, siccome prima delle luttuose vicende, che afflissero l'Italia, costumavasi dai nostri religiosi custodi del Santuario.

            «È questo, M. R. P. Provinciale, il prodigioso avvenimento, del quale prima ci pervennero da private lettere unanimi ragguagli, oggi confermati dal M. R. Vicario Foraneo di Soriano, il quale per ordine di S. E. Mons. Vescovo di Mileto ne distese autentica relazione sottoscritta con giuramento da trenta testimonii oculari scelti tra le persone più capaci ed oneste del paese, sebbene innumerevoli altri, come ivi si dice, avessero attestato la verità del prodigioso movimento.

            «A noi non è lecito investigare i giudizi di Dio, che solo dobbiamo umilmente adorare, ed è perciò che non possiamo sentenziare sull'intenzione de'suoi altissimi fini che sono a'mortali impenetrabili: quis cognovit sensum Domini, aut quis Consiliarius {83 [483]} eius fuit? Tuttavia sappiamo che tutte le vie del Signore sono misericordia e verità: universae viae Domini, misericordia et veritas: e quindi le luttuose circostanze del tempo in cui è accaduto quel prodigio ci permettono di legittimamente supporre, che Iddio abbia voluto dar questo segno per avvisarci, che i peccati del mondo hanno ricolmo il calice dell'ira sua, e per animarci a raddoppiare di fervore a fine di disarmare la sua vendicatrice giustizia. Comunque ella sia M. R. P. a questo avvenimento, che possiam chiamare domestico, scuotendo la nostra tiepidezza accendiamoci di santo zelo, animiamoci a calcare da buoni figli le vestigia del s. Patriarca, e coll'assidua preghiera imploriamo la divina misericordia affinchè, placato lo sdegno, conceda alla santa Chiesa ed alla società giorni di tranquillità e di pace.

            «Attesa la pressochè generale dispersione dei Religiosi in causa delle attuali vicende, non abbiamo diretta la presente a tutti come sarebbe stato {84 [484]} nostro desiderio, persuasi che la P. V. penserà a farla conoscere ai suoi religiosi.

            «In questa dolce lusinga benediciamo nel Signore la P. V. e tutta la sua Provincia e ci raccomandiamo alle orazioni di tutti.

            «Roma dal Conv. di S. M. sopra Minerva li 8 dicembre 1870.

 

Fr. A. VINCENTIUS JANDEL.

Mag. Ord. Praedicatorum.

 

            (Dai periodici: Il Divin Salvatore e la Buona Settimana).

 

 

Guarigione da una cancrena.

 

            Fra gli ameni e strepitosi fatti che si raccontano a gloria di Dio e ad onore di Maria Ausiliatrice, avvene uno succeduto nella persona di certa Castello Maria di Villastellone. Ella stessa ha voluto fare l'esposizione, che letteralmente {85 [485]} trascriviamo. Io era, ella dice, da tre anni travagliata da una pustola maligna al naso, che i medici qualificavano cancro-erpetico. Non ho mai risparmiato cosa che l'arte abbia potuto suggerirmi, ma senza alcun vantaggio. La piaga, dopo aver consumata la maggior parte del naso e del labbro superiore, cominciava a dilatarsi internamente al cervello: le stesse facoltà mentali cominciavano già a turbarsi. Priva affatto di speranza negli aiuti umanismi sono rivolta al Cielo, alla gran Madre di Dio, che nel nostro paese aveva già concessi straordinarii favori. Aveva udito a raccontare, come ad intercessione di Maria Ausiliatrice, alcuni miei patrioti avevano ottenuto abbondante raccolto dei bozzoli, altri la pioggia per le campagne e la cessazione dalla mortalità del bestiame, la sistemazione di affari o il termine di liti rovinose.

            Ognuno soleva ricorrere facendo una novena di preghiere con promessa di qualche limosina pel decoro della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in {86 [486]} Torino, dove ogni giorno hanno luogo particolari esercizi di cristiana pietà, per invocare la clemenza di questa celeste benefattrice a favore di chi trovasi nelle tribolazioni.

            Animata pertanto da questi fatti, e spinta dal male che prendeva proporzioni ognor più minacciose, mi risolsi di ricorrere anch'io a Colei che ogni giorno è chiamata aiuto dei cristiani. Promisi pertanto di recitare alcune preghiere per un tempo determinato con una offerta a quella chiesa se otteneva la grazia.

            In modo sensibile e, a giudizio dei medici, prodigioso, cominciò in quello stesso giorno a mitigarsi la crudezza del male a segno, che in pochi giorni fui totalmente guarita.

Chi mi rimira in faccia, giudica di veder un naso artefatto per la varietà della carnagione e del colore; ma è opera del Signore, che, facendomi in modo prodigioso guarire, mi ha in certo modo nuovamente creata quella parte del volto mio. A suo tempo mi sono recata a compire la mia obbligazione, {87 [487]} accostandomi eziandio ai Sacramenti della confessione e comunione, ed affinchè ognor più si accresca fra i cristiani la confidenza nel patrocinio di Maria Ausiliatrice, sono assai contenta che questa relazione sia ad altri raccontata, e se ne dia anche pubblicità in quel modo che si giudicherà tornare a maggior gloria di Dio e della Madre della Misericordia. Chi poi volesse viepiù accertarsi del fatto, rimiri la cicatrice che tuttora apparisce, e conoscerà chiaramente quanto profondo e inveterato fosse il male, da cui per intercessione della B. V. Maria sono stata guarita.

 

            Villastellone 15 ottobre 1870.

 

MARIA CASTELLO. {88 [488]}

            Con permissione ecclesiastica. {89 [489]}

 

 

Indice

 

            PROTESTA DELL'AUTORE

 pag. 3

            AL LETTORE.

 5

            APPARIZIONE DELLA B. VERGINE SULLE MONTAGNE DELLA SALETTE

 9

            Segreto dei due pastorelli

 19

            Concorso alla Solette

 22

            Altra apparizione della santa Vergine in Francia

 31

            Relazione di Monsig. Pietro Losanna vescovo di Biella intorno al fatto avvenuto nella cappella della Madonna d’Oropa il 28 luglio 1869

 38

            Maravigliosa efficacia di una processione

 49

            Prodigiosa manifestazione di Gesù nella SS. Eucaristia

 51 {90 [491]}

            Gesù predica agli infedeli

 pag. 55

            S. Giuseppe salva dai briganti.

 58

            Conversione ottenuta per intercessione di s. Giuseppe

 61

            S. Giuseppe salva una fanciulla da morte

 63

            Repentina guarigione dalla sordità per intercessione di Maria Ausiliatrice

 66

            Una medaglia di Maria Ausiliatrice

 71

            Avvenimento prodigioso di Soriano

 78

            Guarigione da una cancrena

 86 {91 [492]}

 

 



[1]Su questo fatto straordinario si possono consultare molte operette e parecchi giornali stampati contemporaneamente al fatto e segnatamente:

1.     Notizia sull'apparizione di Maria SS. (Torino, 1847).

2.   Santo officiale dell'apparizione, ecc. (1848).

3.   Il libretto stampato per cura del sac. Giuseppe Gonfalonieri (Novara, presso Enrico Grotti).

[2]Erano tra le due e le tre ore dopo mezzogiorno.

[3]Avvenne difatto una grande carestia in Francia, e sulle strade si trovavano grandi torme di pezzenti affamati, che si recavano a mille a mille per le città per questuare: e mentre che da noi in Italia incarì il grano in sul far della primavera 1847, in Francia per tutto l'inverno del 46 - 47 si patì gran fame. Ma la vera penuria di alimenti, la vera fame fu provata nei disastri della guerra del 1870-71. In Parigi da un grande personaggio fu imbandito ai suoi amici un lauto pranzo di grasso nel venerdì Santo. Pochi mesi dopo in questa medesima città i più agiati cittadini furono costretti a nutrirsi di vili alimenti e di carni dei più sozzi animali. Non pochi morirono di fame.

[4]Nel 1849 le noci andarono a male da per tutto; e quanto alle uve tutti ne lamentano ancora il guasto e la perdita. Ognuno rammenta il guasto immenso che la crittogama cagionò all'uva in tutta l'Europa per lo spazio d'oltre a venti anni dal 1849 al 1869.

[5]Dalle corrispondenze di Terra santa pubblicate dal giornale di Roma. Il Divin Salvatore ricaviamo le seguenti notizie.

[6]Le notizie riguardanti i fatti testè esposti sono più a lungo esposti nel giornale di Roma, Il Divin Salvatore nei numeri 1°, 2°, 4° 1870.

[7]I tre fatti antecedentemente esposti furono estratti dal periodico intitolato: Il Divoto di J. Giuseppe.

[8]Il T. Antonio Cinzano in età di anni 66, dopo aver esemplarmente governata la parochia di Castelnuovo d'Asti per anni 38, con generale rincrescimento cessava di vivere il 6 di marzo 1870. - Dio mandò un ottimo successore nel sacerdote Rossi, che in breve tempo seppe guadagnarsi l'affetto de'suoi parochiani, pel cui bene consacra il suo zelo e le sue fatiche.




16-39 Gennaio 4, 1924 Con le parole di Gesù nell’orto: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”, contrattò col suo Celeste Padre che la Volontà Divina prendesse il suo primo posto d’onore nella creatura.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo pensando alle parole di Gesù nell’orto quando disse: “Padre, se è possibile, passi da Me questo calice, ma però non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Ed il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, credi tu che fu il calice della mia Passione per cui dicevo al Padre: “Padre, se è possibile passi da Me questo calice? ” No, non affatto, era il calice della volontà umana che conteneva tale amarezza e pienezza di vizi, che la mia volontà umana unita alla Divina provò tale ribrezzo, terrore e spavento, che gridai: “Padre, se è possibile passi da Me questo calice”. Com’è brutta la volontà umana senza della Volontà Divina, che quasi come dentro di un calice si rinchiuse dentro di ciascuna creatura; non c’è male nelle generazioni, di cui essa non sia l’origine, il seme, la fonte, ed Io vedendomi coperto di tutti questi mali che ha prodotto l’umana volontà, innanzi alla santità della mia mi sentivo morire, e sarei morto difatti se la Divinità non mi avesse sostenuto. Ma sai tu perché soggiunsi, e per ben tre volte: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat? ” Io sentivo sopra di Me tutte le volontà delle creature unite insieme, tutti i loro mali, e a nome di tutti gridai al Padre: “Non più la volontà umana sia fatta sulla terra, ma la Divina; la volontà umana sia sbandita e la Tua vi regni”. Sicché fin d’allora, e lo volli fare sin dal principio della mia Passione, perché era la cosa che più m’interessava e la più importante, di chiamare sulla terra il Fiat Voluntas tua come in Cielo così in terra. Io ero a nome di tutti che dicevo: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Fin d’allora Io costituivo l’epoca del Fiat Voluntas tua sulla terra; e col dirlo per ben tre volte, nella prima la impetravo, nella seconda la facevo scendere, nella terza la costituivo regnante e dominatrice. E come dicevo: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”, Io intendevo di svuotare le creature della loro volontà e riempirle della Divina.

(3) Prima di morire, perché non mi restavano che ore, Io volli contrattare col mio Celeste Padre il mio primo scopo per cui venni sulla terra, che la Volontà Divina prendesse il suo primo posto d’onore nella creatura. Era stato questo il primo atto dell’uomo, cioè sottrarsi dalla Volontà Suprema, e quindi la nostra prima offesa, tutti gli altri mali di lui entrano nell’ordine secondario, ed Io dovetti prima realizzare lo scopo del Fiat Voluntas tua come in Cielo così in terra, e poi formare con le mie pene la Redenzione, perché la stessa Redenzione entra nell’ordine secondario; è sempre la mia Volontà che tiene il primato in tutte le cose, e sebbene dei frutti della Redenzione si videro gli effetti, ma fu in virtù di questo contratto che Io feci col mio Divino Padre, che il suo Fiat doveva venir a regnare sulla terra, realizzando il vero scopo della creazione dell’uomo ed il mio primo scopo per cui venni sulla terra, che potette ricevere i frutti della Redenzione; altrimenti avrebbe mancato l’ordine alla mia sapienza; se il principio del male fu la sua volontà, Io questa dovevo ordinare e ristabilire, riunire Volontà Divina e umana, e sebbene si videro prima i frutti della Redenzione, questo dice nulla; la mia Volontà è qual Re, che sebbene è il primo fra tutti, arriva l’ultimo, precedendolo per suo onore e decoro i suoi popoli, eserciti, ministri, principi e tutta la corte regale. Sicché prima erano necessari i frutti della mia Redenzione per far trovare la corte regale, i popoli, gli eserciti, i ministri, all’altezza della Maestà della mia Volontà.

(4) Ma sai tu chi fu la prima a gridare insieme con Me: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”? Fu la mia piccola neonata nella mia Volontà, la mia piccola figlia, che ebbe tale ribrezzo, tale spavento della sua volontà, che tremante si strinse a Me e gridò insieme con Me: “Padre, se è possibile passi da me questo calice della mia volontà”, e piangendo soggiungesti insieme con Me: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Ah! sì, fosti tu insieme con Me in quel primo contratto col mio Celeste Padre, perché ci voleva una creatura almeno che doveva rendere valido questo contratto, altrimenti, a chi donarlo? A chi affidarlo? E per rendere più sicura la custodia del contratto, ti feci dono di tutti i frutti della mia Passione, schierandoli intorno a te come un esercito formidabile, che mentre tiene il suo regale corteggio alla mia Volontà, fa guerra accanita alla tua volontà, perciò, coraggio nello stato in cui ti trovi, smetti il pensiero che Io possa lasciarti, andrebbe a scapito del mio Volere, essendo che tengo il contratto della mia Volontà deposto in te. Onde stati in pace, è la mia Volontà che ti prova, che vuole non solo purgarti ma distruggere anche l’ombra della tua volontà, onde con tutta pace segui il volo nel mio Volere, non ti dar pensiero di nulla, il tuo Gesù farà in modo che tutto ciò che potrà succedere dentro e fuori di te, farà risaltare maggiormente la mia Volontà, e allargherà in te i confini della mia nella tua volontà umana; sono Io che manterrò la battuta nel tuo interno, affinché diriga tutto in te secondo il mio Volere. Io non mi occupai d’altro che della sola Volontà del Padre mio, e siccome tutte le cose stanno in Essa, perciò mi occupai di tutto; e se una preghiera insegnai, non fu altra che la Volontà Divina si faccia come in Cielo così in terra, ma era la preghiera che racchiudeva tutto. Sicché Io non mi aggiravo che intorno alla Volontà Suprema, le mie parole, le mie pene, le mie opere, i miei palpiti erano pregni di Volontà Celeste. Così voglio che faccia tu, devi tanto girare intorno ad Essa, da farti bruciare dall’alito eterno del fuoco della mia Volontà, in modo da perdere qualunque altra conoscenza, e di null’altro sapere che solo e sempre il mio Volere”.