Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Quando vedo i giovani tutti occupati nel gioco son sicuro che il demonio ha un bel fare, ma non riesce a nulla. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 2° settimana del tempo di Avvento

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 9

1Passando vide un uomo cieco dalla nascita2e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?".3Rispose Gesù: "né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.4Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.5Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo".6Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco7e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?".9Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!".10Allora gli chiesero: "Come dunque ti furono aperti gli occhi?".11Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista".12Gli dissero: "Dov'è questo tale?". Rispose: "Non lo so".
13Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco:14era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo".16Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri dicevano: "Come può un peccatore compiere tali prodigi?". E c'era dissenso tra di loro.17Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!".18Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista.19E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?".20I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco;21come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso".22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga.23Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!".
24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore".25Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo".26Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?".27Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?".28Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè!29Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia".30Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.31Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.32Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.33Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla".34Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?".36Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?".37Gli disse Gesù: "Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui".38Ed egli disse: "Io credo, Signore!". E gli si prostrò innanzi.39Gesù allora disse: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?".41Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane".


Primo libro dei Re 18

1Dopo molto tempo, il Signore disse a Elia, nell'anno terzo: "Su, mostrati ad Acab; io concederò la pioggia alla terra".2Elia andò a farsi vedere da Acab.
In Samaria c'era una grande carestia.3Acab convocò Abdia maggiordomo. Abdia temeva molto Dio;4quando Gezabele uccideva i profeti del Signore, Abdia prese cento profeti e ne nascose cinquanta alla volta in una caverna e procurò loro pane e acqua.5Acab disse ad Abdia: "Va' nel paese verso tutte le sorgenti e tutti i torrenti della regione; forse troveremo erba per tenere in vita cavalli e muli e non dovremo uccidere una parte del bestiame".6Si divisero la regione da percorrere; Acab andò per una strada e Abdia per un'altra.
7Mentre Abdia era in cammino, ecco farglisi incontro Elia. Quegli lo riconobbe e si prostrò con la faccia a terra dicendo: "Non sei tu il mio signore Elia?".8Gli rispose: "Lo sono; su, di' al tuo padrone: C'è qui Elia".9Quegli disse: "Che male ho fatto perché tu consegni il tuo servo ad Acab perché egli mi uccida?10Per la vita del Signore tuo Dio, non esiste un popolo o un regno in cui il mio padrone non abbia mandato a cercarti. Se gli rispondevano: Non c'è! egli faceva giurare il popolo o il regno di non averti trovato.11Ora tu dici: Su, di' al tuo signore: C'è qui Elia!12Appena sarò partito da te, lo spirito del Signore ti porterà in un luogo a me ignoto. Se io vado a riferirlo ad Acab egli, non trovandoti, mi ucciderà; ora il tuo servo teme il Signore fin dalla sua giovinezza.13Non ti hanno forse riferito, mio signore, ciò che ho fatto quando Gezabele sterminava tutti i profeti del Signore, come io nascosi cento profeti, cinquanta alla volta, in una caverna e procurai loro pane e acqua?14E ora tu comandi: Su, di' al tuo signore: C'è qui Elia? Egli mi ucciderà".15Elia rispose: "Per la vita del Signore degli eserciti, alla cui presenza io sto, oggi stesso io mi mostrerò a lui".
16Abdia andò incontro ad Acab e gli riferì la cosa. Acab si diresse verso Elia.17Appena lo vide, Acab disse a Elia: "Sei tu la rovina di Israele!".18Quegli rispose: "Io non rovino Israele, ma piuttosto tu insieme con la tua famiglia, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito Baal.19Su, con un ordine raduna tutto Israele presso di me sul monte Carmelo insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele".
20Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo.21Elia si accostò a tutto il popolo e disse: "Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!". Il popolo non gli rispose nulla.22Elia aggiunse al popolo: "Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta.23Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l'altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco.24Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!". Tutto il popolo rispose: "La proposta è buona!".
25Elia disse ai profeti di Baal: "Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi. Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco".26Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: "Baal, rispondici!". Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all'altare che avevano eretto.27Essendo già mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: "Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà".28Gridarono a voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue.29Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione.
30Elia disse a tutto il popolo: "Avvicinatevi!". Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l'altare del Signore che era stato demolito.31Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei discendenti di Giacobbe, al quale il Signore aveva detto: "Israele sarà il tuo nome".32Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme.33Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna.34Quindi disse: "Riempite quattro brocche d'acqua e versatele sull'olocausto e sulla legna!". Ed essi lo fecero. Egli disse: "Fatelo di nuovo!". Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: "Per la terza volta!". Lo fecero per la terza volta.35L'acqua scorreva intorno all'altare; anche il canaletto si riempì d'acqua.36Al momento dell'offerta si avvicinò il profeta Elia e disse: "Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando.37Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!".38Cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l'acqua del canaletto.39A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: "Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!".40Elia disse loro: "Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!". Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò.
41Elia disse ad Acab: "Su, mangia e bevi, perché sento un rumore di pioggia torrenziale".42Acab andò a mangiare e a bere. Elia si recò alla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la faccia tra le proprie ginocchia.43Quindi disse al suo ragazzo: "Vieni qui, guarda verso il mare". Quegli andò, guardò e disse. "Non c'è nulla!". Elia disse: "Tornaci ancora per sette volte".44La settima volta riferì: "Ecco, una nuvoletta, come una mano d'uomo, sale dal mare". Elia gli disse: "Va' a dire ad Acab: Attacca i cavalli al carro e scendi perché non ti sorprenda la pioggia!".45Subito il cielo si oscurò per le nubi e per il vento; la pioggia cadde a dirotto. Acab montò sul carro e se ne andò a Izrèel.46La mano del Signore fu sopra Elia che, cintosi i fianchi, corse davanti ad Acab finché giunse a Izrèel.


Salmi 73

1'Salmo. Di Asaf.'

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.

4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.

9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.

19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.

25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.


Salmi 9

1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'

2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.

4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.

6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.

8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.

10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.

12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.

14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.

16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.

18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.

20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.

26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.

27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".

33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?

35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.

37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.


Zaccaria 14

1Ecco, viene un giorno per il Signore; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te.2Il Signore radunerà tutte le genti contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violate, una metà della cittadinanza partirà per l'esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città.3Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combatté nel giorno della battaglia.4In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli Ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda; una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra verso mezzogiorno.5Sarà ostruita la valle fra i monti, poiché la nuova valle fra i monti giungerà fino ad Asal; sarà ostruita come fu ostruita durante il terremoto, avvenuto al tempo di Ozia re di Giuda. Verrà allora il Signore mio Dio e con lui tutti i suoi santi.6In quel giorno
non vi sarà né luce né freddo, né gelo:7sarà un unico giorno, il Signore lo conosce; non ci sarà né giorno né notte; verso sera risplenderà la luce.8In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il Mar Mediterraneo, sempre, estate e inverno.9Il Signore sarà re di tutta la terra e ci sarà il Signore soltanto, e soltanto il suo nome.10Tutto il paese si trasformerà in pianura da Gàbaa fino a Rimmòn nel Negheb; Gerusalemme si eleverà e sarà abitata nel luogo dov'è, dalla porta di Beniamino fino al posto della prima porta, cioè fino alla porta dell'Angolo, e dalla torre di Cananeèl fino ai torchi del re.11Ivi abiteranno: non vi sarà più sterminio e Gerusalemme se ne starà tranquilla e sicura.
12Questa sarà la piaga con cui il Signore colpirà tutti i popoli che avranno mosso guerra a Gerusalemme: imputridiranno le loro carni, mentre saranno ancora in piedi; i loro occhi marciranno nelle orbite; la lingua marcirà loro in bocca.13In quel giorno vi sarà per opera del Signore un grande tumulto tra di loro: uno afferrerà la mano dell'altro e alzerà la mano sopra la mano del suo amico.14Anche Giuda combatterà in Gerusalemme e là si ammasseranno le ricchezze di tutte le nazioni vicine: oro, argento e vesti in grande quantità.15Di piaga simile saranno colpiti i cavalli, i muli, i cammelli, gli asini e tutte le bestie degli accampamenti.16Allora fra tutte le genti che avranno combattuto contro Gerusalemme, i superstiti andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la solennità delle capanne.17Se qualche stirpe della terra non andrà a Gerusalemme per adorare il re, il Signore degli eserciti, su di essa non ci sarà pioggia.18Se la stirpe d'Egitto non salirà e non vorrà venire, sarà colpita dalla stessa pena che il Signore ha inflitta alle genti che non sono salite a celebrare la festa delle capanne.19Questo sarà il castigo per l'Egitto e per tutte le genti che non saliranno a celebrare la festa delle capanne.
20In quel tempo anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto: "Sacro al Signore", e le caldaie nel tempio del Signore saranno come i bacini che sono davanti all'altare.21Anzi, tutte le caldaie di Gerusalemme e di Giuda saranno sacre al Signore, re degli eserciti; quanti vorranno sacrificare verranno e le adopereranno per cuocere le carni. In quel giorno non vi sarà neppure un Cananeo nella casa del Signore degli eserciti.


Atti degli Apostoli 18

1Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.2Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro3e poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì nella loro casa e lavorava. Erano infatti di mestiere fabbricatori di tende.4Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci.
5Quando giunsero dalla Macedonia Sila e Timòteo, Paolo si dedicò tutto alla predicazione, affermando davanti ai Giudei che Gesù era il Cristo.6Ma poiché essi gli si opponevano e bestemmiavano, scuotendosi le vesti, disse: "Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente; da ora in poi io andrò dai pagani".7E andatosene di là, entrò nella casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che onorava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga.8Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e anche molti dei Corinzi, udendo Paolo, credevano e si facevano battezzare.
9E una notte in visione il Signore disse a Paolo: "Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere,10'perché io sono con te' e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città".11Così Paolo si fermò un anno e mezzo, insegnando fra loro la parola di Dio.

12Mentre era proconsole dell'Acaia Gallione, i Giudei insorsero in massa contro Paolo e lo condussero al tribunale dicendo:13"Costui persuade la gente a rendere un culto a Dio in modo contrario alla legge".14Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: "Se si trattasse di un delitto o di un'azione malvagia, o Giudei, io vi ascolterei, come di ragione.15Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di queste faccende".16E li fece cacciare dal tribunale.17Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale ma Gallione non si curava affatto di tutto ciò.

18Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s'imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto.19Giunsero a Èfeso, dove lasciò i due coniugi, ed entrato nella sinagoga si mise a discutere con i Giudei.20Questi lo pregavano di fermarsi più a lungo, ma non acconsentì.21Tuttavia prese congedo dicendo: "Ritornerò di nuovo da voi, se Dio lo vorrà", quindi partì da Èfeso.22Giunto a Cesarèa, si recò a salutare la Chiesa di Gerusalemme e poi scese ad Antiòchia.
23Trascorso colà un po' di tempo, partì di nuovo percorrendo di seguito le regioni della Galazia e della Frigia, confermando nella fede tutti i discepoli.

24Arrivò a Èfeso un Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture.25Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni.26Egli intanto cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio.27Poiché egli desiderava passare nell'Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto colà, fu molto utile a quelli che per opera della grazia erano divenuti credenti;28confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo.


Capitolo LIV: Gli opposti impulsi della natura e della grazia

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1. Figlio, considera attentamente gli impulsi della natura e quelli della grazia; come si muovono in modo nettamente contrario, ma così sottilmente che soltanto, e a fatica, li distingue uno che sia illuminato da interiore spiritualità. Tutti, invero, desiderano il bene e, con le loro parole e le loro azioni, tendono a qualcosa di buono; ma, appunto per una falsa apparenza del bene, molti sono ingannati. La natura è scaltra, trascina molta gente, seduce, inganna e mira sempre a se stessa. La grazia, invece, cammina schietta, evita il male, sotto qualunque aspetto esso appaia; non prepara intrighi; tutto fa soltanto per amore di Dio, nel quale, alla fine, trova la sua quiete. La natura non vuole morire, non vuole essere soffocata e vinta, non vuole essere schiacciata, sopraffatta o sottomessa, né mettersi da sé sotto il giogo. La grazia, invece, tende alla mortificazione di sé e resiste alla sensualità, desidera e cerca di essere sottomessa e vinta; non vuole avere una sua libertà, preferisce essere tenuta sotto disciplina; non vuole prevalere su alcuno, ma vuole sempre vivere restando sottoposta a Dio; è pronta a cedere umilmente a ogni creatura umana, per amore di Dio. La natura s'affanna per il suo vantaggio, e bada all'utile che le possa venire da altri. La grazia, invece, tiene conto di ciò che giova agli altri, non del profitto e dell'interesse propri. La natura gradisce onori e omaggi. La grazia, invece, ogni onore e ogni lode li attribuisce a Dio. La natura rifugge dalla vergogna e dal disprezzo. La grazia, invece, si rallegra "di patire oltraggi nel nome di Gesù" (At 5,41). La natura inclina all'ozio e alla tranquillità materiale. La grazia, invece, non può stare oziosa e accetta con piacere la fatica. La natura mira a possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle spregevoli e grossolane. La grazia, invece, si compiace di ciò che è semplice e modesto; non disprezza le cose rozze, né rifugge dal vestire logori panni.

2. La natura guarda alle cose di questo tempo; gioisce dei guadagni e si rattrista delle perdite di quaggiù; si adira per una piccola parola offensiva. La grazia, invece, non sta attaccata all'oggi, ma guarda all'eternità; non si agita per la perdita di cose materiali; non si inasprisce per una parola un po' brusca, perché il suo tesoro e la sua gioia li pone nel cielo dove nulla perisce. La natura è avida, preferisce prendere che donare, ha caro ciò che è proprio e personale. La grazia, invece, è caritatevole e aperta agli altri; rifugge dalle cose personali, si contenta del poco, ritiene "più bello dare che ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature e al proprio corpo, alla vanità e alle chiacchiere. La grazia, invece, si volge a Dio e alle virtù; rinuncia alle creature, fugge il mondo, ha in orrore i desideri della carne, frena il desiderio di andare di qua e di là, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche svago esteriore, nel quale trovino piacere i sensi. La grazia, invece, cerca consolazione soltanto in Dio, e, al di sopra di ogni cosa di questo mondo, mira a godere del sommo bene. La natura tutto fa per il proprio guadagno e il proprio vantaggio; non può fare nulla senza ricevere nulla; per ogni favore spera di conseguirne uno uguale o più grande, oppure di riceverne lodi e approvazioni; desidera ardentemente che i suoi gesti e i suoi doni siano molto apprezzati. La grazia, invece, non cerca nulla che sia passeggero e non chiede, come ricompensa, altro premio che Dio soltanto; delle cose necessarie in questa vita non vuole avere più di quanto le possa essere utile a conseguire le cose eterne.

3. La natura si compiace di annoverare molte amicizie e parentele; si vanta della provenienza da un luogo celebre o della discendenza da nobile stirpe; sorride ai potenti, corteggia i ricchi ed applaude coloro che sono come lei. La grazia, invece, ama anche i nemici; non si esalta per la quantità degli amici; non dà importanza al luogo di origine o alla famiglia da cui discende, a meno che in essa vi sia una virtù superiore; è ben disposta verso il povero, più che verso il ricco; simpatizza maggiormente con la povera gente che con i potenti; sta volentieri con le persone sincere, non già con gli ipocriti; esorta sempre le anime buone ad ambire a "doni spirituali sempre più grandi" (1Cor 12,31), così da assomigliare, per le loro virtù, al Figlio di Dio. La natura, di qualcosa che manchi o che dia noia, subito si lamenta. La grazia sopporta con fermezza ogni privazione. La natura riferisce tutto a sé; lotta per sé, discute per sé. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, da cui provengono come dalla loro origine; nulla di buono attribuisce a se stessa, non presume di sé con superbia; non contende, non pone l'opinione propria avanti alle altre; anzi si sottomette, in ogni suo sentimento e in ogni suo pensiero, all'eterna sapienza e al giudizio di Dio. La natura è avida di conoscere cose segrete e vuol sapere ogni novità; ama uscir fuori, per fare molte esperienze; desidera distinguersi e darsi da fare in modo che ad essa possa venirne lode e ammirazione. La grazia, invece, non si preoccupa di apprendere novità e curiosità, perché tutto il nuovo nasce da una trasformazione del vecchio, non essendoci mai, su questa terra, nulla che sia nuovo e duraturo. La grazia insegna, dunque, a tenere a freno i sensi, a evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tener umilmente nascosto ciò che sarebbe degno di lode e di ammirazione, infine a tendere, in tutte le nostre azioni e i nostri studi, al vero profitto, alla lode e alla gloria di Dio. Non vuol far parlare di sé e delle cose sue, desiderando, invece, che, in tutti i suoi doni, sia lodato Iddio, che tutto elargisce per puro amore.

4. E', codesta grazia, una luce sovrannaturale, propriamente un dono particolare di Dio, un segno distintivo degli eletti, una garanzia della salvezza eterna. La grazia innalza l'uomo dalle cose terrestri all'amore del cielo e lo trasforma da carnale in spirituale. Adunque, quanto più si tiene in freno e si vince la natura, tanto maggior grazia viene infusa in noi; così, per mezzo di continue e nuove manifestazioni divine, l'uomo interiore si trasforma secondo l'immagine di Dio.


DISCORSO 319/A SUL MARTIRE STEFANO

Discorsi - Sant'Agostino

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I cristiani impegnati: gioia e corona del pastore.

1. È certo nostra premura la vostra edificazione, e la vostra salute è la nostra gioia: la salute temporale e quella eterna. Abbiamo infatti la promessa - come ha detto l'Apostolo - della vita presente e di quella futura 1. Ma la salute della vita presente è dono di Dio per gli uomini come per gli animali, è dono di Dio per i buoni come per i cattivi: i martiri, in vista della vita eterna, hanno disprezzato questa vita temporale. Indubbiamente vi rallegrate della nostra salute come noi, in Cristo, ci rallegriamo della vostra. Ma impegnatevi a far sì che anche in quel giorno noi possiamo rallegrarci con voi; infatti è quanto dice l'Apostolo - in riferimento alla sua responsabilità pastorale tanto onerosa e di così vasto raggio, per cui a stento possiamo tener dietro a lui -, cioè a quel che dice a noi; a quelli che edificava pure asseriva: Voi siete mia gioia e mia corona 2. Perciò, quanti fanno profitto in Cristo delle nostre fatiche, sono nostra gioia e nostra corona: è nostro compito infatti elargire fedelmente non denaro nostro, ma denaro del Signore, ed è vostro dovere ricevere con attenzione e grande zelo. Perciò, da parte mia, posso porgere, non esigere; e non come dispensatore di qualcosa di, proprietà mia, ma di Dio; anch'io vivo di questo: infatti noi facciamo parte di un'unica grande famiglia, abbiamo, tutti, un solo Padre di famiglia. Egli possiede una dispensa di grandi dimensioni, di cui anche noi e voi potessimo vivere. Soltanto dobbiamo pregarlo perché tolga l'inappetenza; doni prima la fame e, quindi, porga il pane. Parlo di ciò di cui io vivo; di che mi nutro, questo io servo. Sono povero, infatti, insieme a voi; abbiamo ricchezze in comune: il Signore nostro. La vita di noi tutti è beata ed eterna. Perciò, chi si vanta, si vanti nel Signore 3.

 

1 - Cf. 1 Tm 4, 8.

2 - Fil 4, 1.

3 - 1 Cor 1, 31.


14 - Le attenzioni che Maria santissima ebbe nel corso della sua gravidanza

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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180. Appena la nostra Regina e signora ebbe ripreso i suoi sensi dopo l'estasi che ebbe nel concepimento del Verbo eterno incarnato, si prostrò a terra e lo adorò nel suo grembo, come si è già riferito. Questa adorazione continuò per tutta la sua vita. La cominciava ogni giorno a mezzanotte e sino all'altra seguente soleva ripetere le genuflessioni per trecento volte, e più, se ne aveva l'opportunità; in questo fu più diligente durante i nove mesi della sua divina gravidanza. Senza mancare ai doveri del suo stato, per adempiere pienamente anche quelli nuovi che aveva per la presenza del Figlio dell'eterno Padre nel suo talamo verginale, mise tutta la sua attenzione, con molte e fervorose suppliche, nel custodire bene il tesoro del cielo che le era stato affidato. Dedicò nuovamente a questo la sua anima santissima e le sue facoltà, esercitando tutti gli atti delle virtù in grado tanto eroico e sublime da muovere a nuova ammirazione gli angeli stessi. Consacrò anche tutte le azioni corporali al servizio del Dio che portava, bambino, nel suo corpo verginale. Se mangiava, dormiva, lavorava o riposava, tutto indirizzava al nutrimento ed alla custodia del suo dolcissimo figlio; ed in tutte queste opere s'infiammava sempre più nell'amore per Dio.

181. Il giorno dopo i mille angeli che la assistevano le si manifestarono in forma corporea e con profonda umiltà adorarono nel grembo della Madre il loro Re incarnato. Riconoscendola di nuovo come Regina e signora, le resero omaggio nel modo dovuto e le dissero: «Adesso, Signora, siete la vera arca dell'alleanza, perché racchiudete non solo le tavole della legge, ma il Legislatore stesso, e custodite la manna del cielo, che è il nostro pane vero. Ricevete dunque, Regina, le nostre congratulazioni per la vostra dignità e per la vostra somma fortuna, per la quale noi magnifichiamo l'Altissimo, perché giustamente vi ha eletta come sua madre e sua dimora. Ci offriamo di nuovo per il vostro ossequio e servizio, per ubbidirvi come vassalli del Re supremo ed onnipotente, del quale voi siete vera Madre». Questa offerta e questa venerazione dei santi angeli produssero nella Madre della sapienza nuovi ed incomparabili effetti di umiltà, di gratitudine e di amore per Dio. Infatti, in quel prudentissimo cuore, in cui stava il peso del santuario per dare a tutte le cose il giusto valore, fece grande impressione il vedersi riverita e riconosciuta come Signora e regina dagli spiriti angelici. È vero che era molto più il vedersi madre del medesimo re e Signore dell'intero creato; ma questa dignità e tutti questi benefici le si manifestavano meglio per mezzo dell'ossequio dei santi angeli.

182. Essi compivano tutto questo come esecutori e ministri della volontà dell'Altissimo. Quando la loro Regina e signora nostra si trovava sola, tutti la assistevano in forma corporea e la servivano nelle sue faccende ed occupazioni quotidiane. Se era impegnata in qualche lavoro manuale, le porgevano ciò che era necessario. Se per caso mangiava qualche volta in assenza di san Giuseppe, la servivano alla sua povera ed umile mensa. Da ogni parte la accompagnavano, aiutandola anche nel servire san Giuseppe. Malgrado tutti questi favori e aiuti, la purissima Signora non si dimenticava di domandare licenza al Maestro dei maestri per tutte le azioni e di chiedergli la sua direzione ed assistenza. Per questo, le sue opere erano talmente ben regolate e perfette che solamente il Signore lo può comprendere e ponderare.

183. Oltre a questo insegnamento ordinario, nel tempo in cui portava nel grembo il Verbo incarnato sentiva la sua divina presenza in diversi modi, tutti ammirabili e dolcissimi. Alcune volte egli le si manifestava in visione astrattiva, come sopra si è detto. Altre volte lo vedeva nel modo in cui stava nel suo tempio verginale, unito ipostaticamente alla natura umana. Altre volte le si manifestava l'umanità santissima, che ella guardava nel proprio grembo purissimo, come dietro un cristallo; questo genere di visione era di speciale consolazione e giubilo per la grande Regina. Altre volte ancora, conosceva che qualche influsso della gloria dell'anima santissima del bambino Dio ridondava nel corpo di lui; ella ne riceveva alcuni effetti, specialmente il chiarore e la luce che dal corpo naturale del figlio si riversavano nella madre con un irraggiamento ineffabile e divino. Questo favore la trasformava tutta in un altro essere, infiammando il suo cuore e causando in lei effetti tali da non poter essere spiegati da nessuna creatura. Si estenda pure e si dilati l'intelletto al di sopra dei più alti serafini, ma resterà oppresso da questa gloria, perché tutta questa santissima Regina era come un cielo infinito; ed in lei sola stava racchiusa quella grandezza e gloria che gli ampi confini dei cieli non possono abbracciare nè cingere.

184. Questi ed altri benefici si alternavano e si succedevano a seconda dei diversi atti della santissima Madre: lcuni spirituali ed altri manuali e corporali, alcuni nel servire il suo sposo ed altri in favore del prossimo. Tutto ciò, riunito e governato dalla sapienza di una giovane donna, produceva un'armonia ammirabile e dolcissima per il Signore e meravigliosa per tutti gli spiriti angelici. Quando, poi, la Signora del mondo restava un po' più nello stato ordinario, perché così disponeva l'Altissimo, subito pativa un deliquio, causato dalla forza e violenza del suo stesso amore. Per questo con verità poté dire quello che per lei disse Salomone in nome della sposa: Rinfrancatemi con pomi, perché io sono malata d'amore. Così succedeva che con la ferita penetrante di questo dolcissimo dardo giungeva all'estremo della vita; ma subito il braccio onnipotente dell'Altissimo la confortava in modo soprannaturale.

185. Talvolta, per darle qualche sollievo sensibile, per comando dello stesso Signore venivano a visitarla molti uccellini. Come se avessero la ragione, la salutavano con i loro movimenti, le facevano in coro lieti e ben accordati concenti e non partivano prima di avere ottenuto la sua benedizione. Questo avvenne specialmente appena ebbe concepito il Verbo eterno, come se volessero felicitarsi con lei per la sua alta dignità, dopo che l'ebbero fatto gli angeli santi. In quel giorno la Signora delle creature parlò loro, ordinando a diverse specie di uccelli che le stavano intorno di riconoscere il loro Creatore, di magnificarlo e lodarlo con i loro canti, esprimendo riconoscenza per l'esistenza e la bellezza che aveva dato loro. Per questo essi, ubbidendole subito come a loro signora, fecero di nuovo cori e canti con dolcissima armonia e, umiliandosi fino a terra, si inchinarono al Creatore ed a sua Madre, che lo portava nel grembo. Altre volte portavano fiori nei loro becchi e glieli ponevano tra le mani, aspettando che ordinasse loro di cantare o tacere, come preferiva. Avveniva anche che, quando era cattivo tempo, alcuni uccellini venissero a rifugiarsi presso la loro clementissima Signora; sua altezza li accoglieva e nutriva con ammirabile affetto per la loro innocenza, glorificando per loro il Creatore di ogni cosa.

186. Non ci devono parere strane queste meraviglie, perché, sebbene la materia nella quale erano compiute si possa reputare di poco conto, le opere dell'Altissimo sono tutte grandi e venerabili nei loro fini, e grandiose erano anche quelle della nostra prudentissima Regina in qualsiasi materia in cui le facesse. Chi sarà mai tanto ignorante o temerario da non capire quanto il conoscere la partecipazione dell'essere di Dio e delle sue perfezioni in tutte le creature sia azione degna della creatura razionale, e così in tutte cercarlo, trovarlo, benedirlo e magnificarlo come ammirabile, onnipotente, liberale e santo, appunto come faceva Maria santissima, senza che vi fossero tempo nè luogo nè creatura visibile per lei inutili? Anzi, come non si confonderà la nostra ingrata dimenticanza, come non si addolcirà la nostra durezza e come non si accenderà il nostro tiepido cuore vedendoci ripresi ed ammaestrati dalle stesse creature irrazionali, le quali soltanto per l'esistenza che ricevono da Dio lo lodano senza offenderlo, mentre gli uomini, che sono fatti a sua immagine e somiglianza ed hanno la capacità di conoscerlo e di goderio eternamente, lo dimenticano senza conoscerlo, se lo conoscono non lo lodano e senza volerlo servire lo offendono? Costoro non hanno alcun diritto di preferirsi alle bestie, poiché vengono ad essere peggiori di quelle.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

187. Figlia mia, con l'aiuto dell'insegnamento che ti ho dato finora, puoi aspirare a procurarti la scienza divina che io bramo che tu apprenda, perché con essa tu intenda e conosca profondamente il decoro e la riverenza che devi usare con Dio. Di nuovo ti avverto che tra i mortali questa scienza è molto difficile e da pochi desiderata, e ciò con molto danno per loro. Così, quando si pongono di fronte all'Altissimo o si occupano del culto e servizio di lui, non si formano un concetto degno della sua grandezza infinita né si spogliano delle immagini tenebrose e delle opere terrene, che li rendono deformi, torpidi e carnali e quindi indegni e incapaci di trattare con la magnificenza dovuta la Divinità sovrana. A questa grossolanità segue un altro disordine, cioè che, se hanno a che fare con il prossimo, si abbandonano senza misura alle azioni esteriori, perdendo totalmente la memoria del loro Creatore e l'attenzione a lui dovuta; e con l'impeto delle passioni si danno in preda a tutto ciò che è terreno.

188. Voglio dunque, carissima, che ti allontani da questo pericolo ed apprenda quella scienza, il cui oggetto è l'essere immutabile di Dio, con i suoi infiniti attributi. Lo devi conoscere e devi unirti a lui in modo tale che nessuna cosa creata si frapponga tra il tuo spirito e la tua anima e il vero e sommo Bene. In ogni tempo, luogo, occupazione ed opera, lo devi contemplare, senza staccailo dall'intimo abbraccio del tuo cuore. Per questo ti comando di trattailo con magnificenza, con decoro, con riverenza e con intimo timore del tuo animo. Voglio che tu abbia ogni attenzione e stima per tutto ciò che riguarda il suo culto. Soprattutto, dovendo entrare alla sua presenza per pregare e supplicare, spogliati di ogni immagine sensibile e terrena. Poiché, inoltre, l'umana fragilità non può sempre essere stabile nella forza dell'amore nè sopportare i suoi moti violenti, potrai ammettere qualche sollievo conveniente e tale che pure in esso tu trovi Dio, come per esempio il lodarlo per la bellezza dei cieli e delle stelle, per la varietà delle erbe, per la gradevole vista dei campi, per le virtù degli elementi e maggiormente per la natura degli angeli e per la gloria dei santi.

189. Tuttavia, starai sempre bene attenta, senza scordarti mai questo insegnamento, che cioè per nessuna vicenda o sofferenza devi cercare sollievo o distrazione nelle creature umane, tanto più trattandosi di uomini. Nella tua natura debole ed inclinata a non preoccuparsi, infatti, potresti correre il pericolo di superare il limite di quello che è lecito e giusto, e il piacere sensibile potrebbe introdursi più di quello che conviene alle religiose, spose del mio Figlio santissimo. Questo pericolo non c'è solo per te, ma per tutte le creature umane che non stanno all'erta, perché, se si allenta il freno alla natura fragile, essa non bada più alla ragione nè alla vera luce dello spirito, ma scordandosi di tutto segue ciecamente l'impeto della passione, e la passione segue il piacere. Contro questo pericolo sono stati ordinati il ritiro e la clausura delle anime consacrate al mio figlio e Signore, per svellere dalla radice le occasioni infelici e disgraziate di quelle religiose che di propria volontà le cercano e si abbandonano ad esse. Il tuo sollievo, carissima, come quello delle tue sorelle, non deve essere pieno di pericolo e di veleno mortale, ma devi sempre cercare di proposito quello che troverai nel segreto del tuo cuore e stando ritirata con il tuo Sposo, che è fedele nel consolare l'afflitto e nell'assistere il tribolato.


30 aprile 1944

Madre Pierina Micheli

In un momento di tormento mi si presentò il mio caro Padre S. Silvestro. - Vuoi vedere il motivo delle tue lotte, e subito vidi in una grande pozzanghera tante persone sudice, infangate. La Madonna le toglieva e immergevale in una fonte di acqua limpidissima come una grande sorgente. Ecco il motivo delle tue sofferenze, mi disse. Stai facendo la strada che ti mostrai all'Eremo il giorno della guarigione. È ancora lunga e pesante, ma sta tranquilla che io non ti abbandono. Poi recitammo insieme l'Ufficio Divino e mi lasciò con nuova forza e grandi desideri di patire.