Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Ci sono dei cristiani che hanno abbandonato la preghiera e vivono come se Dio non esistesse. Per lunghi anni si sono sforzarti di vivere di fede, ora avvertono senso di stanchezza e delusione. Si sentono persi. Vorrebbero che Dio fosse ancora una realtà  concreta e viva, ma purtroppo Lo sentono lontano o addirittura inesistente. Vorrebbero credere, ma hanno smarrito la via del cuore. Criticano la Chiesa, si sentono amareggiati e, per mascherare la loro sconfitta, hanno bisogno di distruggere. Nell'udire la loro critica, non posso fare altro che ritirarmi in un rispettoso silenzio e pregare per loro. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 1° settimana del tempo di Avvento

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 12

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.2E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:5"Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?".6Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.7Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
9Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.10I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

12Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:

'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,'
il re d'Israele!

14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:

15'Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.'

16Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto.17Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza.18Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno.19I farisei allora dissero tra di loro: "Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!".

20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci.21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.23Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.24In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.25Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.26Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.27Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!28Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!".
29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato".30Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi.31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.32Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".33Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.34Allora la folla gli rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?".35Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va.36Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.

37Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui;38perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia:

'Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?'

39E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora:

40'Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore, e si convertano
e io li guarisca!'

41Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui.42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga;43amavano infatti la gloria degli uomini più della gloria di Dio.
44Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.46Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.48Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.49Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".


Giosuè 15

1La porzione che toccò in sorte alla tribù dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie, si trova ai confini di Edom, dal deserto di Sin verso il Negheb, all'estremo sud.2Il loro confine a mezzogiorno cominciava alla parte estrema del Mar Morto, dalla punta rivolta verso mezzodì,3poi procedeva a sud della salita di Akrabbim, passava per Sin e risaliva a sud di Kades-Barnea; passava poi da Chezron, saliva ad Addar e girava verso Karkaa;4passava poi da Azmon e raggiungeva il torrente d'Egitto e faceva capo al mare. Questo sarà il vostro confine meridionale.5A oriente il confine era costituito dal Mar Morto fino alla foce del Giordano. Dal lato settentrionale il confine partiva dalla lingua di mare presso la foce del Giordano,6saliva a Bet-Ogla e passava a nord di Bet-Araba e saliva alla Pietra di Bocan, figlio di Ruben.7Poi il confine saliva a Debir, per la valle di Acor e, a nord, girava verso le curve, che sono di fronte alla salita di Adummin, a mezzogiorno del torrente; passava poi alle acque di En-Semes e faceva capo a En-Roghel.8Saliva poi la valle di Ben-Innom a sud del fianco dei Gebusei, cioè di Gerusalemme; poi il confine saliva sulla vetta della montagna che domina la valle di Innom ad ovest ed è alla estremità della pianura dei Refaim, al nord.9Poi il confine piegava dalla vetta della montagna verso la fonte delle Acque di Neftoach e usciva al monte Efron; piegava poi verso Baala, che è Kiriat-Iearim.10Indi il confine girava da Baala, ad occidente, verso il monte Seir, passava sul pendio settentrionale del monte Iearim, cioè Chesalon, scendeva a Bet-Semes e passava a Timna.11Poi il confine raggiungeva il pendio settentrionale di Ekron, quindi piegava verso Siccaron, passava per il monte Baala, raggiungeva Iabneel e terminava al mare.12La frontiera occidentale era il Mar Mediterraneo. Questo era da tutti i lati il confine dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie.
13A Caleb figlio di Iefunne fu data una parte in mezzo ai figli di Giuda, secondo l'ordine del Signore a Giosuè: fu data Kiriat-Arba, padre di Anak, cioè Ebron.14Caleb scacciò di là i tre figli di Anak, Sesai, Achiman e Talmai, discendenti di Anak.15Di là passò ad assalire gli abitanti di Debir. Si chiamava Debir Kiriat-Sefer.16Disse allora Caleb: "A chi colpirà Kiriat-Sefer e se ne impadronirà, io darò in moglie Acsa, mia figlia".17Se ne impadronì Otniel, figlio di Kenaz, fratello di Caleb; a lui diede in moglie sua figlia Acsa.18Quand'essa arrivò presso il marito, questi la persuase a chiedere un campo al padre. Allora essa smontò dall'asino e Caleb le disse: "Che fai?".19Gli disse: "Concedimi un favore. Poiché tu mi hai dato il paese del Negheb, dammi anche alcune sorgenti d'acqua". Le diede allora la sorgente superiore e la sorgente inferiore.20Questa fu l'eredità della tribù dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie.
21Le città poste all'estremità della tribù dei figli di Giuda, verso il confine di Edom, nel Negheb, erano Kabseel, Eder, Iagur,22Kina, Dimona, Arara,23Kedes, Cazor-Itnan,24Zif, Telem, Bealot,25Caroz-Adatta, Keriot-Chezron, cioè Cazor,26Amam, Sema, Molada,27Cazar-Gadda, Esmon, Bet-Pelet,28Cazar-Sual, Bersabea e le sue dipendenze,29Baala, Iim, Ezem,30Eltolad, Chesil, Corma,31Ziklag, Madmanna, Sansanna,32Lebaot, Silchim, En-Rimmon: in tutto ventinove città e i loro villaggi.
33Nella Sefela: Estaol, Sorea, Asna,34Zanoach, En-Gannim, Tappuach, Enam,35Iarmut, Adullam, Soco, Azeka,36Saaraim, Aditaim, Ghedera e Ghederotaim: quattordici città e i loro villaggi;37Senan, Cadasa, Migdal-Gad,38Dilean, Mizpe, Iokteel,39Lachis, Boskat, Eglon,40Cabbon, Lacmas, Chitlis,41Ghederot, Bet-Dagon, Naama e Makkeda: sedici città e i loro villaggi;42Libna, Eter, Asan,43Iftach, Asna, Nesib,44Keila, Aczib e Maresa: nove città e i loro villaggi;45Ekron, le città del suo territorio e i suoi villaggi;46da Ekron fino al mare, tutte le città vicine a Asdod e i loro villaggi;47Asdod, le città del suo territorio e i suoi villaggi; Gaza, le città del suo territorio e i suoi villaggi fino al torrente d'Egitto e al Mar Mediterraneo, che serve di confine.
48Sulle montagne: Samir, Iattir, Soco,49Danna, Kiriat-Sanna, cioè Debir,50Anab, Estemoa, Anim,51Gosen, Olon e Ghilo: undici città e i loro villaggi.52Arab, Duma, Esean,53Ianum, Bet-Tappuach, Afeka,54Umta, Kiriat-Arba, cioè Ebron e Sior: nove città e i loro villaggi.55Maon, Carmelo, Zif, Iutta,56Izreel, Iokdeam, Zanoach,57Kain, Ghibea e Timna: dieci città e i loro villaggi.58Calcul, Bet-Sur, Ghedor,59Maarat, Bet-Anot e Eltekon: sei città e i loro villaggi. Tekoa, Efrata, cioè Betlemme, Peor, Etam, Culon, Tatam, Sores, Carem, Gallim, Beter, Manak: undici città e i loro villaggi.60Kiriat-Baal, cioè Kiriat-Iearim, e Rabba: due città e i loro villaggi.
61Nel deserto: Bet-Araba, Middin, Secaca,62Nibsan, la città del sale e Engaddi: sei città e i loro villaggi.
63Quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli; così i Gebusei abitano a Gerusalemme insieme con i figli di Giuda fino ad oggi.


Siracide 18

1Colui che vive per sempre ha creato l'intero universo.
2Il Signore soltanto è riconosciuto giusto.
3A nessuno è possibile svelare le sue opere
e chi può indagare le sue grandezze?
4La potenza della sua maestà chi potrà misurarla?
Chi riuscirà a narrare le sue misericordie?
5Non c'è nulla da togliere e nulla da aggiungere;
non è possibile indagare le meraviglie del Signore.
6Quando uno ha finito, allora comincia;
quando si ferma, allora rimane perplesso.

7Che è l'uomo? E a che può servire?
Qual è il suo bene e qual è il suo male?
8Quanto al numero dei giorni dell'uomo,
cento anni sono già molti.
9Come una goccia d'acqua nel mare e un grano di sabbia
così questi pochi anni in un giorno dell'eternità.
10Per questo il Signore è paziente con gli uomini
e riversa su di essi la sua misericordia.
11Vede e conosce che la loro sorte è misera,
per questo moltiplica il perdono.
12La misericordia dell'uomo riguarda il prossimo,
la misericordia del Signore ogni essere vivente.
13Egli rimprovera, corregge, ammaestra
e guida come un pastore il suo gregge.
14Ha pietà di quanti accettano la dottrina
e di quanti sono zelanti per le sue decisioni.

15Figlio, ai benefici non aggiungere il rimprovero,
e a ogni dono parole amare.
16La rugiada non mitiga forse il calore?
Così una parola è più pregiata del dono.
17Ecco, non vale una parola più di un ricco dono?
L'uomo caritatevole offre l'una e l'altro.
18Lo stolto rimprovera senza riguardo,
il dono dell'invidioso fa languire gli occhi.

19Prima di parlare, impara;
curati ancor prima di ammalarti.
20Prima del giudizio esamina te stesso,
così al momento del verdetto troverai perdono.
21Umìliati, prima di cadere malato,
e quando hai peccato, mostra il pentimento.
22Nulla ti impedisca di soddisfare a tempo un voto,
non aspettare fino alla morte per sdebitarti.
23Prima di fare un voto prepara te stesso,
non fare come un uomo che tenta il Signore.
24Pensa all'ira del giorno della morte,
al tempo della vendetta,
quando egli distoglierà lo sguardo da te.
25Pensa alla carestia nel tempo dell'abbondanza;
alla povertà e all'indigenza nei giorni di ricchezza.
26Dal mattino alla sera il tempo cambia;
e tutto è effimero davanti al Signore.
27Un uomo saggio è circospetto in ogni cosa;
nei giorni del peccato si astiene dalla colpa.
28Ogni uomo assennato conosce la sapienza
e a colui che l'ha trovata rende omaggio.
29Quelli istruiti nel parlare anch'essi diventano saggi,
fanno piovere massime eccellenti.

30Non seguire le passioni;
poni un freno ai tuoi desideri.
31Se ti concedi la soddisfazione della passione,
essa ti renderà oggetto di scherno ai tuoi nemici.
32Non godere una vita di piaceri,
sua conseguenza è una doppia povertà.
33Non impoverire scialacquando con denaro preso a
prestito,
quando non hai nulla nella borsa.


Salmi 39

1'Al maestro del coro, Iditun. Salmo. Di Davide.'

2Ho detto: "Veglierò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca
mentre l'empio mi sta dinanzi".
3Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene,
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
4Ardeva il cuore nel mio petto,
al ripensarci è divampato il fuoco;
allora ho parlato:
5"Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita".

6Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
7come ombra è l'uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.

8Ora, che attendo, Signore?
In te la mia speranza.
9Liberami da tutte le mie colpe,
non rendermi scherno dello stolto.
10Sto in silenzio, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.

11Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.
12Castigando il suo peccato tu correggi l'uomo,
corrodi come tarlo i suoi tesori.
Ogni uomo non è che un soffio.

13Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l'orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
poiché io sono un forestiero,
uno straniero come tutti i miei padri.
14Distogli il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia.


Isaia 5

1Canterò per il mio diletto
il mio cantico d'amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
2Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato scelte viti;
vi aveva costruito in mezzo una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva,
ma essa fece uva selvatica.
3Or dunque, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
4Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha fatto uva selvatica?
5Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrà calpestata.
6La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
7Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa di Israele;
gli abitanti di Giuda
la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.

8Guai a voi, che aggiungete casa a casa
e unite campo a campo,
finché non vi sia più spazio,
e così restate soli ad abitare
nel paese.
9Ho udito con gli orecchi il Signore degli eserciti:
"Certo, molti palazzi
diventeranno una desolazione,
grandi e belli
saranno senza abitanti".
10Poiché dieci iugeri di vigna
produrranno solo un 'bat'
e un 'comer' di seme
produrrà un''efa'.
11Guai a coloro che si alzano presto al mattino
e vanno in cerca di bevande inebrianti
e si attardano alla sera
accesi in volto dal vino.
12Ci sono cetre e arpe,
timpani e flauti
e vino per i loro banchetti;
ma non badano all'azione del Signore,
non vedono l'opera delle sue mani.
13Perciò il mio popolo sarà deportato
senza che neppure lo sospetti.
I suoi grandi periranno di fame,
il suo popolo sarà arso dalla sete.
14Pertanto gli inferi dilatano le fauci,
spalancano senza misura la bocca.
Vi precipitano dentro la nobiltà e il popolo,
il frastuono e la gioia della città.
15L'uomo sarà umiliato, il mortale sarà abbassato,
gli occhi dei superbi si abbasseranno.
16Sarà esaltato il Signore degli eserciti nel giudizio
e il Dio santo si mostrerà santo nella giustizia.
17Allora vi pascoleranno gli agnelli come nei loro prati,
sulle rovine brucheranno i capretti.
18Guai a coloro che si tirano addosso il castigo
con corde da buoi
e il peccato con funi da carro,
19che dicono: "Faccia presto,
acceleri pure l'opera sua,
perché la vediamo;
si facciano più vicini e si compiano
i progetti del Santo di Israele,
perché li conosciamo".
20Guai a coloro che chiamano
bene il male e male il bene,
che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre,
che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro.
21Guai a coloro che si credono sapienti
e si reputano intelligenti.
22Guai a coloro che sono gagliardi nel bere vino,
valorosi nel mescere bevande inebrianti,
23a coloro che assolvono per regali un colpevole
e privano del suo diritto l'innocente.
24Perciò, come una lingua di fuoco divora la stoppia
e una fiamma consuma la paglia,
così le loro radici diventeranno un marciume
e la loro fioritura volerà via come polvere,
perché hanno rigettato la legge del Signore degli eserciti,
hanno disprezzato la parola del Santo di Israele.

25Per questo è divampato
lo sdegno del Signore contro il suo popolo,
su di esso ha steso la sua mano per colpire;
hanno tremato i monti,
i loro cadaveri erano come lordura
in mezzo alle strade.
Con tutto ciò non si calma la sua ira
e la sua mano resta ancora tesa.

26Egli alzerà un segnale a un popolo lontano
e gli farà un fischio all'estremità della terra;
ed ecco verrà veloce e leggero.
27Nessuno fra essi è stanco o inciampa,
nessuno sonnecchia o dorme,
non si scioglie la cintura dei suoi fianchi
e non si slaccia il legaccio dei suoi sandali.
28Le sue frecce sono acuminate,
e ben tesi tutti i suoi archi;
gli zoccoli dei suoi cavalli sono come pietre
e le ruote dei suoi carri come un turbine.
29Il suo ruggito è come quello di una leonessa,
ruggisce come un leoncello;
freme e afferra la preda,
la pone al sicuro, nessuno gliela strappa.
30Fremerà su di lui in quel giorno
come freme il mare;
si guarderà la terra: ecco, saranno tenebre, angoscia
e la luce sarà oscurata dalla caligine.


Atti degli Apostoli 7

1Gli disse allora il sommo sacerdote: "Queste cose stanno proprio così?".2Ed egli rispose: "Fratelli e padri, ascoltate: il 'Dio della gloria' apparve al nostro padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in Carran,3'e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va' nella terra che io ti indicherò'.4Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte del padre, Dio lo fece emigrare in questo paese dove voi ora abitate,5ma non gli diede alcuna proprietà in esso, 'neppure quanto l'orma di un piede', ma gli promise 'di darlo in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui', sebbene non avesse ancora figli.6Poi Dio parlò così: 'La discendenza di Abramo sarà pellegrina in terra straniera, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni'.7'Ma del popolo di cui saranno schiavi io farò giustizia', disse Dio: 'dopo potranno uscire e mi adoreranno' in questo luogo.8E gli diede l'alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e 'lo circoncise l'ottavo giorno' e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi.9Ma i patriarchi, 'gelosi di Giuseppe, lo vendettero' schiavo 'in Egitto. Dio però era con lui'10e lo liberò da tutte le sue afflizioni e 'gli diede grazia' e saggezza 'davanti al faraone re d'Egitto, il quale lo nominò amministratore dell'Egitto e di tutta la sua casa'.11'Venne una carestia su tutto l'Egitto' e 'in Canaan' e una grande miseria, e i nostri padri non trovavano da mangiare.12'Avendo udito Giacobbe che in Egitto c'era del grano', vi inviò i nostri padri una prima volta;13la seconda volta Giuseppe 'si fece riconoscere dai suoi fratelli' e fu nota al faraone la sua origine.14Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, 'settantacinque persone in tutto'.15E Giacobbe 'si recò in Egitto, e qui egli morì' come anche i nostri padri;16'essi furono poi trasportati in Sichem' e posti 'nel sepolcro che Abramo aveva acquistato' e pagato in denaro 'dai figli di Emor, a Sichem'.
17Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo 'crebbe e si moltiplicò' in Egitto,18finché 'salì al trono d'Egitto un altro re, che non conosceva Giuseppe'.19Questi, 'adoperando l'astuzia contro la nostra gente, perseguitò' i nostri padri fino a costringerli a esporre i loro figli, perché non 'sopravvivessero'.20In quel tempo nacque Mosè e piacque a Dio; 'egli fu allevato per tre mesi' nella casa paterna, poi,21essendo stato esposto, 'lo raccolse la figlia del faraone' e lo allevò 'come figlio'.22Così Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere.23Quando stava per compiere i quarant'anni, gli venne l'idea di far visita ai 'suoi fratelli, i figli di Israele',24e vedendone uno trattato ingiustamente, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, 'uccidendo l'Egiziano'.25Egli pensava che i suoi connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero.26Il giorno dopo si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e si adoperò per metterli d'accordo, dicendo: Siete fratelli; perché vi insultate l'un l'altro?27Ma 'quello che maltrattava il vicino' lo respinse, dicendo: 'Chi ti ha nominato capo e giudice sopra di noi'?28'Vuoi forse uccidermi, come hai ucciso ieri l'Egiziano'?29'Fuggì via Mosè a queste parole, e andò ad abitare nella terra di Madian', dove ebbe due figli.
30Passati quarant'anni, 'gli apparve nel deserto del monte' Sinai 'un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente'.31Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per veder meglio, si udì la voce del Signore:32'Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe'. Esterrefatto, Mosè non osava guardare.33'Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa'.34'Ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto'.35Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: 'Chi ti ha nominato capo e giudice'?, proprio lui Dio aveva mandato per esser capo e liberatore, parlando per mezzo dell'angelo che gli era apparso nel roveto.36Egli li fece uscire, compiendo 'miracoli e prodigi nella terra d'Egitto', nel Mare Rosso, e 'nel deserto per quarant'anni'.37Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: 'Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me'.38Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi.39Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero e 'si volsero' in cuor loro 'verso l'Egitto',40dicendo ad Aronne: 'Fa' per noi una divinità che ci vada innanzi, perché a questo Mosè che ci condusse fuori dall'Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto'.41E in quei giorni 'fabbricarono un vitello e offrirono sacrifici' all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani.42Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell''esercito del cielo', come è scritto nel libro dei Profeti:

43'Mi avete forse offerto vittime e sacrifici
per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele?
Avete preso con voi la tenda di Mòloch,
e la stella del dio Refàn,
simulacri che vi siete fabbricati' per adorarli!
'Perciò vi deporterò al di là' di Babilonia.

44I nostri padri avevano nel deserto 'la tenda della testimonianza', come aveva ordinato colui che 'disse a Mosè di costruirla secondo il modello che aveva visto'.45E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè se la portarono con sé nella 'conquista dei popoli' che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide.46Questi trovò grazia innanzi a Dio e domandò 'di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe';47'Salomone' poi 'gli edificò una casa'.48Ma l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il Profeta:

49'Il cielo è il mio trono
e la terra sgabello per i miei piedi.
Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore,
o quale sarà il luogo del mio riposo?'
50'Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?'

51'O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie', voi sempre 'opponete resistenza allo Spirito Santo'; come i vostri padri, così anche voi.52Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori;53voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l'avete osservata".
54All'udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui.

55Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra56e disse: "Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio".57Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui,58lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo.59E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito".60Poi piegò le ginocchia e gridò forte: "Signore, non imputar loro questo peccato". Detto questo, morì.


Capitolo XI: Il Corpo di Cristo e la Sacra Scrittura, necessarissimi all’anima devota

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Parola del discepolo

1.  O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.

2. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).

3. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.


LETTERA 220: Agostino a Bonifacio, conte dell'Africa, esortandolo ad aspirare ai beni eterni .

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta tra il 426 e il 427.

Agostino a Bonifacio, conte dell'Africa, esortandolo ad aspirare ai beni eterni (nn. 1-2). Concepito il proposito d'abbracciare la vita monastica, aveva assunto, per consiglio di Agostino, la carica di governatore dell'Africa, ma contro il desiderio di Agostino s'era sposato ed era caduto in molti vizi (nn. 3-4). Agostino lo scongiura di liberarsi dall'amore del mondo e dalla brama di vendetta (nn. 5-10); di vivere cristianamente, di cercare nelle stesse guerre la pace e di tornare all'antico proposito, qualora la moglie acconsentisse (nn. 11-12).

AGOSTINO A BONIFACIO, SUO SIGNORE E FIGLIO, DEGNO D'ESSER PROTETTO E GUIDATO DALLA BONTÀ DI DIO ALLA SALVEZZA TEMPORALE ED ETERNA

Bonifacio disprezzi i beni terreni.

1. Non avrei mai potuto trovare una persona più fidata e che si potesse recare più facilmente da te, di quella offertami adesso dal Signore, cioè il diacono Paolo, servo e ministro di Cristo, carissimo a tutti e due noi, per farti recapitare questa mia lettera; con essa vorrei parlarti alquanto non della tua potenza né della carica che ricopri in questo mondo malvagio e nemmeno dell'incolumità del tuo corpo corruttibile e mortale 1, poiché anch'essa è di breve durata ed è sempre incerto fino a quando possa durare, ma della salvezza promessaci da Cristo, il quale quaggiù si lasciò coprire d'obbrobri e mettere in croce, per insegnarci a disprezzare anziché amare i beni terreni, e ad amare e sperare da lui l'immortalità che ci mostrò nella sua risurrezione. Poiché egli risuscitò dai morti e non muore più e la morte non può esercitare più alcun dominio su di lui 2.

Sollecitudine di Agostino per Bonifacio.

2. So che non mancano persone che ti vogliono bene per quel che riguarda la vita di questo mondo e in relazione ad essa ti danno consigli, talora utili, talora inutili poiché sono uomini e, come possono, si danno pensiero solo per il presente non sapendo che cosa accadrà il giorno seguente. Ma difficilmente si trova qualcuno che pensi a te in relazione a Dio affinché la tua anima non si perda. Non che manchino persone disposte a farlo, ma è un grosso problema trovare il tempo in cui possano parlarti di tali argomenti. Anch'io, per esempio, ho sempre desiderato, ma non ho mai trovato l'occasione e l'opportunità, di trattare con te argomenti di cui era mio dovere trattare con una persona come te, per la quale nutro un grande affetto in Cristo. Del resto tu sai bene in quali condizioni mi trovasti quando venisti a farmi visita a Ippona: ero fisicamente così debole e stanco, che stentavo a parlare. Adesso perciò, figlio mio, ascoltami almeno mentre converso con te attraverso la presente lettera, che non ho mai potuto farti recapitare in mezzo ai rischi in cui ti trovi, pensando al pericolo cui potrebbe andare incontro il latore e badando che la mia lettera non capitasse nelle mani di persone alle quali non vorrei. Ti prego perciò di perdonarmi, se pensi ch'io abbia temuto più di quel che avrei dovuto temere; ti ho comunque spiegato perché io temevo.

Perché Bonifacio abbandonò il proposito di consacrarsi a Dio.

3. Ascoltami, dunque, o meglio, per mezzo della mia debole persona, ascolta il Signore Dio nostro. Rammenta come ti comportavi quando era ancora viva la prima tua moglie, di santa memoria, e come poco dopo la sua morte sentisti nausea delle vanità mondane e come bramasti di consacrarti al servizio di Dio. Sappiamo, anzi siamo testimoni della conversazione avuta tra noi a Tubune circa i tuoi sentimenti e propositi. Eravamo soli con te io e il fratello Alipio. Non posso credere che gli affari terreni, dai quali sei stato assorbito, abbiano avuta tanta forza da cancellartela completamente dalla memoria. Tu desideravi appunto d'abbandonare tutte le cariche pubbliche, in cui eri occupato, per ritirarti nella santa vita contemplativa, a vivere cioè la vita dei monaci servi di Dio. Ma che cosa ti dissuase dal farlo se non il fatto che tu considerasti quanto noi stessi ti dicevamo, quanto cioè era utile alle chiese di Cristo il compito che tu esplicavi, purché anzitutto tu lo esplicassi con l'intenzione di difenderle dalle incursioni dei barbari, in modo che potessero condurre una vita serena e tranquilla - come dice l'Apostolo - in tutta pietà e dignità 3, e in secondo luogo che tu non chiedessi a questo mondo se non quanto fosse necessario a sostentare la tua vita e quella dei tuoi, tenendo bene stretto ai tuoi fianchi il cingolo della perfetta castità e, vivendo tra le armi materiali, tu fossi difeso in modo più saldo e sicuro dalle armi spirituali?

Bonifacio diventato eretico e vizioso.

4. Mentre ci rallegravamo di quella tua risoluzione, attraversasti il mare e passasti a seconde nozze; ma il viaggio attraverso il mare fu dovuto affrontare per l'ubbidienza che, secondo l'Apostolo, dovevi prestare alle autorità superiori 4; non ti saresti invece risposato se, abbandonando la castità già abbracciata, non fossi stato vinto dalla passione. Quando venni a sapere la cosa - lo confesso - rimasi meravigliato e trasecolato, ma il mio dolore fu in parte alleviato dal sapere che non avevi voluto sposare quest'altra donna se prima non fosse diventata cattolica. Ciononostante l'eresia di coloro i quali negano che Cristo sia vero Figlio di Dio ha avuto tanta influenza nella tua casa che la tua figliola è stata battezzata proprio da essi. Ora poi, se è vero quanto m'è stato riferito (Dio volesse che non lo fosse!), che cioè delle vergini consacrate a Dio sono state ribattezzate da quegli eretici, con quante fonti di lacrime dovremo piangere un male sì grave? Si dice che non ti è bastata neppure la seconda moglie e che ti sei macchiato unendoti a non so quante concubine, ma può darsi che sia una bugia.

L'amore del mondo distoglie il cuore da Dio.

5. Di tanti e sì gravi mali che sono derivati da te dopo che ti sei risposato e che sono noti a tutti, che cosa dovrei dire, io? Sei cristiano, hai intelligenza, hai il timore di Dio: rifletti da te stesso a quel ch'io non voglio dire e scoprirai quante sono le colpe per le quali devi far penitenza, in virtù della quale credo che il Signore ti perdonerà e ti libererà da tutti i pericoli, purché tu faccia penitenza come si deve e purché tu ascolti ciò che sta scritto: Non tardare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno 5. In verità tu dici d'avere un motivo plausibile per agire così, io però non posso esserne giudice, essendo nell'impossibilità di sentire tutt'e due le parti. Ma quale che sia il motivo, sul quale adesso non è necessario indagare o discutere, puoi forse davanti a Dio negare che non saresti giunto a situazioni critiche, se non avessi attaccato il tuo cuore ai beni di questo mondo, che tu come servo di Dio, quale sapevamo ch'eri prima, avresti dovuto assolutamente disprezzare e non tenere in nessun conto? Se ti fossero stati profferti, avresti dovuto accettarli, è vero, per farne uso a scopi di religione, ma, se ti fossero stati negati o se fossero stati attribuiti ad altri, non avresti dovuto andarne in cerca in modo da venir condotto a queste circostanze critiche a causa di essi: quando si amano i beni menzogneri, si commettono dei misfatti, pochi invero da te, ma parecchi per causa tua, e quando si temono danni di breve durata, seppure sono veri danni, si commettono colpe che costituiscono un danno per l'eternità.

Come frenare le brame insaziabili.

6. Per fare appena un cenno di siffatti mali, chi non capirebbe che hai molte persone sempre ai tuoi fianchi per difendere la tua potenza o la tua salute; ma sebbene essi ti siano tutti fedeli e non ci sia da temere, da parte di alcuno di essi, alcun tradimento, in realtà (tuttavia) essi bramano d'arrivare, per mezzo di te, ai beni che anch'essi amano non secondo Dio, ma secondo il mondo? Per questo motivo sei costretto a soddisfare le brame degli altri proprio tu che avresti dovuto frenare e soffocare le tue! Perché tu possa fare ciò è inevitabile che compia molte azioni che dispiacciono a Dio e neppure così riesci ad appagare tali brame. È più facile ch'esse vengano troncate in coloro che amano Dio, anziché vengano appagate una volta in coloro che amano il mondo. Per questo motivo la Sacra Scrittura afferma: Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui: poiché tutto ciò ch'è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita, proveniente non già dal Padre ma dal mondo. Ma il mondo passa e così anche la sua concupiscenza; chi invece fa la volontà di Dio, rimane in eterno, come anche Dio rimane in eterno 6. Quando mai, dunque, potrai appagare la concupiscenza di bande così numerose di armati, di cui devi accarezzare le aspirazioni e i desideri sfrenati mentre ne temi la condotta efferata? Quando mai potrai non dico appagare - cosa questa, assolutamente impossibile - la concupiscenza di simili individui che amano il mondo, ma nutrirla solo in parte per non mandare ogni cosa in rovina, senza compiere azioni che Dio proibisce minacciando coloro che le compiono? Ecco perché tu vedi tante distruzioni che non si trova quasi più nulla anche di poco valore, che possa venire rapito.

Bonifacio responsabile degli orrori perpetrati dai barbari.

7. Ma che dire della devastazione dell'Africa compiuta dai barbari dell'Africa senza che nessuno vi si opponga, mentre tu ti trovi preoccupato per la tua situazione critica e non dai nessun ordine per tenere lontana una sì grande sventura? Chi mai avrebbe creduto, chi mai avrebbe temuto che proprio ora, dopo che Bonifacio, generale della Guardia del corpo, s'è trovato in Africa come governatore dell'Africa, con un esercito e un potere così grande, i barbari avrebbero avuto tanto ardire, si sarebbero avanzati tanto e avrebbero compiute tante devastazioni e avrebbero rese deserte tante regioni fin allora tanto popolate, mentre, quando egli era solo tribuno, aveva domato tutte quelle tribù vincendole in battaglia e incutendo il terrore con un manipolo di alleati? Non era forse voce comune che, appena avresti assunto il potere di governatore, avresti non solo domato ma resi anche tributari dello Stato romano i barbari dell'Africa? Ora invece tu vedi come si sia rivolta in senso opposto la speranza della gente. Né occorre parlare più a lungo con te di queste cose, poiché puoi meglio pensarle da te che non esprimerle noi.

Rendere bene per male.

8. Ma può darsi che a questi rimproveri tu risponda che la situazione è da imputarsi piuttosto a coloro che ti hanno arrecato offesa, rendendoti non il contraccambio per le tue servizievoli prodezze, ma il contrario. Io però non posso ascoltare né giudicare queste ragioni; esamina piuttosto attentamente la questione che sai di avere con Dio; poiché vivi da fedele cristiano, devi temere di offendere Dio. Orbene, io considero piuttosto le ragioni superiori, poiché se l'Africa soffre tante sventure, gli uomini devono imputarlo ai propri peccati. Non vorrei però tu appartenessi ai malvagi ed iniqui dei quali Dio si serve per punire, con castighi temporali, coloro che egli vuol punire; poiché agli stessi iniqui, della cui malvagità giustamente si serve per infliggere agli altri sventure temporali, riserba i supplizi eterni qualora non si correggano. Tu fissa il tuo sguardo in Dio, osserva attentamente Cristo che ci ha procurato tanti beni e ha sofferto tante pene per noi. Coloro che desiderano appartenere al suo regno e vivere con lui e sotto di lui nell'eterna felicità, amano anche i propri nemici, fanno del bene a coloro che li odiano e pregano per coloro che li perseguitano 7, e se talora per correggere usano la molesta severità, non perdono tuttavia la sincerissima carità. Se perciò dall'impero romano hai ricevuto dei beni quantunque caduchi e terreni, come è caduco anch'esso, non celeste, e non può dare se non quanto è in suo potere; se dunque ti sono stati concessi dei beni, non devi rendere male per bene. Se invece ti è stato fatto del male, non rendere male per male 8. Quale delle due condizioni di spirito sia la tua, non voglio discuterlo né sono capace di giudicarlo. Parlo a un cristiano: Non ricambiare male per bene né male per male.

Vincere le passioni e pentirsi.

9. Forse tu dirai: " Che vuoi ch'io faccia nella situazione critica in cui mi trovo? " Se mi chiedi un consiglio conforme alle massime di questo mondo, come cioè assicurare la tua salute transitoria e come conservare o accrescere l'attuale tua potenza politica ed economica, non so proprio cosa risponderti 9, poiché non si può dare un consiglio sicuro su cose mal sicure. Se invece, poiché vuoi evitare la perdizione dell'anima e temi le parole della Verità che dice: Che giova mai all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la propria anima? 10, mi domandi un consiglio conforme alla legge di Dio, so perfettamente quel che ti debbo dire, ho un consiglio che potresti udire da me. Ma che altro dovrei dirti, se non quello che t'ho già detto più sopra? Non amare il mondo né ciò ch'è nel mondo. Se uno ama il mondo, non è in lui l'amore del Padre: poiché tutto ciò ch'è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita, proveniente non già dal Padre ma dal mondo. Ma il mondo passa e così anche la sua concupiscenza; chi invece fa la volontà di Dio, rimane in eterno come anche Dio rimane in eterno 11. Ecco il mio consiglio: prendilo e mettilo in pratica. Qui si parrà se sei uomo coraggioso: vinci le passioni con cui viene amato questo mondo, fa penitenza dei tuoi peccati commessi nel passato allorché, vinto da quelle passioni, ti lasciavi trascinare a desiderare cose non buone. Se accoglierai questo consiglio, se lo seguirai e l'osserverai, non solo giungerai ai beni sicuri, ma passerai anche sicuro tra i beni insicuri di quaggiù e ti salverai l'anima.

Pregare Dio per vincere i nemici invisibili.

10. Ma forse mi domanderai ancora una volta come fare per mettere in pratica questi consigli, impegolato come sei in tanti impacci di questo mondo. Prega con ardore e ripeti a Dio quel che trovi nel Salmo: Liberami, o Signore, dalle mie angustie 12. Queste angustie finiranno quando saranno vinte le passioni. Come Dio ha esaudito le tue e nostre preghiere e t'ha liberato da tanti gravi pericoli di guerre corporee e visibili nelle quali corre pericolo solo la vita terrena, che una volta ha pur da finire, ma non perisce l'anima, se non è tenuta prigioniera dalle passioni cattive, così anche ti esaudirà per farti vincere i nemici interni e invisibili (dell'anima), ossia le tue passioni, con armi invisibili e spirituali e in modo che ti serva di questo mondo come se non te ne servissi 13 e mediante i beni di esso tu possa fare il bene e non diventare cattivo. Poiché sono beni anche quelli terreni e non vengono concessi agli uomini se non dal Signore, che ha il dominio di tutte le cose celesti e terrestri. Ma perché non si creda che siano un male, sono concessi anche ai buoni; perché non si creda che siano un grande o il sommo bene, sono concessi anche ai cattivi. Allo stesso modo questi beni vengono tolti sia ai buoni affinché siano provati, sia ai cattivi affinché siano tormentati.

Solo i buoni acquistano i beni eterni.

11. Chi infatti non saprebbe o sarebbe tanto stolto da non capire che la salute del corpo mortale, la vigoria delle membra corruttibili, la vittoria sugl'individui che ci avversano, le ricompense onorifiche e la potenza terrena, come tutti gli altri beni di quaggiù, sono concessi tanto ai buoni quanto ai cattivi e sono tolti via tanto ai buoni che ai cattivi? Al contrario la salvezza dell'anima con l'immortalità del corpo e la vigoria della giustizia, la vittoria sulle passioni che ci avversano, la gioia, la ricompensa e la pace eterna non sono concesse che ai buoni. Ecco i beni che devi amare, desiderare e cercare in tutti i modi. Per ottenerli e mantenerli, distribuisci elemosine, innalza preghiere, fa continui digiuni, senza peraltro danneggiare la tua salute. Al contrario non attaccare il cuore ai beni terreni per quanto considerevoli siano quelli che ti appartengono. Usali in modo da compiere con essi molte cose buone, ma nessun male a causa di essi. Poiché passa ogni bene terreno, ma non periscono le opere buone anche se compiute con i beni caduchi.

Bonifacio torni alla continenza, la moglie permettendo.

12. Ora, se tu non avessi moglie, ti direi quanto dicemmo anche a Tubune, di vivere cioè nella santità della continenza; aggiungerei quanto allora ti sconsigliammo di fare, di abbandonare cioè la vita militare, per quanto fosse possibile, senza compromettere la pace delle condizioni umane, e dedicarti, come lo desideravi allora, a vivere in comunità coi fedeli servitori di Dio, ove i soldati di Cristo combattono nella tranquillità, non per uccidere gli uomini ma per debellare i prìncipi, le potenze e gli spiriti del male 14, cioè il diavolo e i suoi angeli 15. I fedeli servi di Dio infatti vincono questi nemici ch'essi non possono vedere e, tuttavia, pur non vedendoli, li vincono col vincere la sensualità. Ma esortarti a questa vita me lo impedisce tua moglie, poiché non ti è lecito vivere nella continenza senza il suo consenso. Sebbene, dopo quanto m'avevi detto a Tubune, tu non avresti dovuto sposarla, essa tuttavia non ha colpa alcuna poiché ti ha sposato in tutta buona fede non essendo per nulla a conoscenza dei tuoi propositi precedenti. Volesse il cielo che tu potessi persuaderla ad essere continente in modo che tu potessi osservare il voto che sai d'aver fatto a Dio! Ma se non puoi ottenere ciò, osserva almeno la castità coniugale e prega il Signore che ti liberi dalle angustie, in modo da poter fare un giorno ciò che non puoi fare adesso. I doveri coniugali non t'impediscono comunque, o non debbono impedirti d'amare Dio e di non affezionarti al mondo, di mantenere la parola data, di cercare la pace perfino nelle guerre, se mai è necessario che tu vi prenda ancora parte, di servirti dei beni di questo mondo per fare opere buone e non fare del male a causa dei beni del mondo. Ecco, dilettissimo figlio, quanto mi ha spinto a scriverti la carità con la quale ti amo secondo lo spirito cristiano e non secondo lo spirito del mondo, poiché anche pensando a ciò che sta scritto: Rimprovera il sapiente e ti vorrà bene, rimprovera lo stolto e ti odierà 16, avrei dovuto considerarti senz'altro sapiente, non già uno stolto.

 

1 - 1 Cor 15, 53.

2 - Rm 6, 9.

3 - 1 Tm 2, 2.

4 - Rm 13, 1.

5 - Sir 5, 10.

6 - 1 Gv 2, 15-17.

7 - Mt 5, 44; Lc 6, 27-28.

8 - Rm 12, 17; 1 Ts 5, 15; 1 Pt 3, 9.

9 - TERENT., Eun. 57-63.

10 - Mt 16, 26; Mc 8, 36; Lc 9, 25.

11 - 1 Gv 2, 15-17.

12 - Sal 24, 17.

13 - 1 Cor 7, 31.

14 - Ef 6, 12.

15 - Mt 25, 41.

16 - Prv 9, 8 ( cf. sec. LXX: prosqhvsei )


Come l'ape fiore in fiore

Beata Alexandrina Maria da Costa - Beata Alexandrina Costa

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L'ESPERIENZA MISTICA IN ALEXANDRINA

La condizione mistica è un fenomeno noto nella Chiesa. Essa comporta una dilatazione di percettività che, a differenza delle esperienze parapsichiche, sempre contenute nella sfera dell'umano, si immerge più o meno profondamente nel mondo soprannaturale, con manifestazioni esterne inconfondibili sempre improntate a santità.
A differenza delle manifestazioni pseudo-mistiche provocate ad arte con varie tecniche di tipo orientale, e delle manifestazioni provocate da vari stati di psicosi, le esperienze mistiche autentiche non dipendono dall’iniziativa di chi ne è soggetto, il quale rimane puramente recettivo, passivo. Il panorama divino che si schiude al mistico, astraendolo spesso dal mondo sensibile, provoca in esso una dilatazione delle facoltà spirituali, cioè di personalità, e, di riflesso, un accrescimento sovrumano di gioia e di dolore.
La prima esperienza mistica di Alexandrina fu come l'immersione di un metallo nel fuoco: ne uscì rovente d'amore, con un senso di pesantezza per tutto ciò che è terreno.

«Quale confusione prova l'anima nel ritornare in sé stessa, scrive in quell'occasione. Quali ardenti desideri di impegnarsi nel servizio di Dio in qualunque modo egli desideri! Si vorrebbe avere mille vite per impiegarle tutte per Dio, e si desidera che tutte le cose della terra siano altrettante lingue che lodino per noi. Vivissimi i desideri di penitenza, benché non si soffra molto per la gran forza d'amore che impedisce di sentire ciò che si fa» (8 settembre 1934).

Al dileguarsi di queste impressioni mistiche, tuttavia, la capacità di soffrire ritorna in tutta la sua ampiezza, e Alexandrina si inoltra in quell'incessante alternarsi di gioie indicibili e di dolori sovrumani che sono caratteristici di uno stato mistico prolungato: per lei sino al termine della vita, secondo una spirale sempre più avvolgente. Ora lo Sposo Divino l'avvolge con abbaglianti fiammate d'amore che la fanno gemere per lo spasimo d'essere tutta di Lui; ora la immerge nella desolazione e nell'oscurità, col dubbio che tutto sia un'illusione, un inganno satanico.

«Ho stabilito in te la mia dimora, le dice Gesù, colmandola di gioia. O figlia mia cara, lo voglio che tu sia tutta mia e che viva solo per Me, e ami solo Me e cerchi Me solo... lo sono il tuo Maestro: te felice se imparerai bene le mie lezioni e le metterai in pratica». (L p. 40)

Alexandrina rimane talmente presa da queste visite Divine, che quasi non riesce più a distrarsi da questa presenza. Poi Gesù l'abbandona alla prova. Scrive al suo direttore spirituale:

«Da parecchio tempo sentivo agonie nella mia anima, e sovente ero sull'orlo di cadere in abissi spaventosi. Ma nei giorni di ritiro le mie sofferenze si raddoppiarono. Gli abissi erano minacciosi. La giustizia dell'Eterno Padre cadeva su di me, aumentando i miei dolori dell'anima e del corpo». (A p. 39)

Il mattino del 2 ottobre 1938 informa:

«Il Signore mi disse che mi avrebbe fatta passare attraverso tutta la sua Passione, dall'Orto al Calvario, ma che non sarei arrivata al "Consummatum est"... L'avrei sofferta tutti i Venerdì subito dopo il mezzogiorno fino alle tre pomeridiane». (A p. 39)
Dal giorno dopo la sorella, la mamma e le altre persone che erano ammesse in casa cominciarono ad assistere alle sue estasi dolorose in cui riviveva nel corpo e nello spirito i dolori della Passione di Gesù.
Dal 3 ottobre del '38 al 20 marzo del '42 Alexandrina partecipa quindi, ogni venerdì, estaticamente alla Passione di Gesù, con segni visibili nelle membra e nel corpo e soffre la purificazione dei sensi attraverso una sete bruciante e una persistente nausea olfattiva. Dal 7 gennaio 1942 al 24 ottobre 1944 vive un'ulteriore tappa nella esperienza mistica: subisce la seconda morte mistica, (la prima è del 1936) con una diuturna sensazione di dissolvimento del propno corpo. Dal 1942 il suo corpo non sarà più alimentato da alcun cibo né da alcuna bevanda, e per il resto della sua vita, tredici anni, Alexandrina vive di sola Eucaristia.
L'ulteriore fase inizia nel 1944 periodo in cui si sente tutta impregnata di peccato e sperimenta le pene del purgatorio e dell'inferno, contemporaneamente comincia una partecipazione più intima alla Passione di Gesù che durerà fino alla morte.
Queste indicibili pene interiori sono accompagnate da molte sofferenze che le vengono dagli uomini: viene privata della direzione spirituale, viene sottoposta a controlli dolorosi, soprattutto per il soggiorno di 40 giorni all'ospedale per la verifica del suo digiuno, clinicamente inspiegabile, soffre per il rovescio economico della famiglia, per le dicerie calunniose che circolano nei suoi riguardi. Queste esperienze dolorose di purificazione sono intramezzate da interventi mistici unitivi che lasciano Alexandrina in una pregustazione della gioia del Paradiso, ed il ricordo di questi momenti rimane in lei come viatico per continuare fino all'ultimo l'ardua salita del Calvario.
Dopo una prima promessa di fidanzamento da parte di Gesù con lei (ottobre 1934, rinnovata il 5 aprile del 1938), il 3 luglio 1944 Gesù la introduce per un giorno nella gloria Celeste, preparandola alle singolari effusioni di grazia che culmineranno il 29 dicembre 1944 nelle nozze mistiche, seguite dallo scambio dei cuori, dalla mistica resurrezione e ascensione al Cielo, da momenti di specialissima unione con la Trinità e infine dalle stigmate d'amore (aprile 1954). In assenza del sacerdote riceverà la Comunione da mani angeliche. L'unione a Cristo la porta ad essere da Lui assimilata alla missione redentiva: nel suo mondo interiore, ed anche nel suo corpo, si ripercuote, a ondate sempre più penetranti, il dramma della redenzione nelle sue fondamentali componenti, il bene e il male, Gesù e Satana. Il suo essere è come uno scoglio di cristallo posto tra ìl fluttuare permanente di due opposti oceani che si infrangono su di lei e la compenetrano: Dio, Gesù, il regno della luce con riflessi luminosi di Paradiso; il male, il peccato coi rigurgiti tenebrosi della perdizione, dell'inferno. E più di una volta essa esprime la sensazione che sotto il turbinare di questi opposti marosi il corpo stesso non regga più e si dissolva nella morte.
Riecheggia insieme, nei suoi scritti, il grido disperato:

«Chi mi libererà da questo corpo di morte?»,

e il grido gioioso:

«Compio nelle mie membra ciò che manca alla Passione di Cristo a pro del Suo Corpo che è la Chiesa».

Finché amore e dolore, i due dissolventi universali, ne infrangono l'involucro terreno, per la beatitudine eterna.


MISTICA LAMPADA DEI TABERNACOLI

O Dio, Tu sei il mio Dio, all'aurora Ti cerco, di Te ha sete l'anima mia,...
Salmo 63 (62)

«Figlia mia, figlia mia, luce e stella eucaristica, tu sarai per il mondo ciò che fui lo in un'altra ora e continuo ad essere: fui Redentore, morii per dare il Cielo alle anime, mi feci alimento per le anime.
Ti ho creata perché tu in tal modo assomigliassi a Me: ti ho scelta come vittima perché tu continuassi la Mia opera di Redenzione, ho posto nel tuo cuore l'amore, l'amore folle per l'Eucaristia. È grazie a te, è alla luce del fuoco che hai lasciato accendere, che molte anime, guidate da questa stella, scelta da Me, trascinate dal tuo esempio, si trasformeranno in anime ardenti, in anime veramente eucaristiche.
Povero mondo, senza l'Eucaristia!
Povero mondo senza le mie vittime, senza ostie immolate con Me continuamente. lo voglio, figlia mia, di' che lo voglio un mondo nuovo, un mondo di purezza, un mondo tutto eucaristico...
». (S p. 318)

Siamo nel gennaio 1952: sono passati 18 anni dalla prima volta in cui Gesù aveva rivelato ad Alexandrina la Missione che le stava affidando sulla terra e per la quale era venuta al mondo.
Nel dicembre del 1934, infatti, Gesù le aveva detto:

«La missione che ti ho affidato sono i Miei Tabernacoli ed i peccatori. Sono stato lo ad elevarti a così alto grado: è stato il Mio amore; grazie a te saranno salvi molti e molti peccatori, non per i tuoi meriti, ma grazie a Me che procuro tutti i mezzi per salvarli». (L p. 51)

Risulta evidente come Alexandrina sia rimasta fedele alla chiamata del Signore, sino all'ultimo giorno della sua vita, perseverando anche tra terribili sofferenze, rispondendo sempre con generosità alle richieste di amore e di immolazione che le venivano via via rivolte da Gesù e non opponendo ostacoli alle azioni della Grazia che operava in lei le trasformazioni necessarie affinché potesse adempiere la sua missione.
Vogliamo ora ripercorrere lo sviluppo di questa dinamica spirituale che vede da un lato l'iniziativa della Grazia, e dall'altra la risposta d'amore di Alexandrina. La prima percezione cosciente di un vincolo d'amore avvenuto tra lei e Gesù risale alla Prima Comunione, quando Alexandrina aveva 7 anni. Nel suo diario così la ricorda:

«Il Padre Alvaro Matos che mi esaminò in catechismo, mi confessò e mi diede Gesù. Ho voluto stare sempre in ginocchio sebbene molto piccola, fissando poi bene la mia Sacra Ostia cosicché mi rimase molto impressa nell'anima. Mi parve di unirmi a Gesù in modo da non separarmi mai più da Lui. Mi parve che mi prendesse il cuore. La gioia che provai non si può esprimere. Davo a tutti la buona notizia. Da quel giorno la signora di Povoa, alla quale eravamo affidate, mi conduceva alla Comunione ogni mattina». (A p. 4)

Successivamente, è a partire dal 1924, da quando cioè Alexandrina appena ventenne rimase paralizzata per sempre nel letto che, abbandonato ogni desiderio di guarigione, ella comprese ed accettò senza riserve la volontà del Signore.
Infatti, nella solitudine della sua cameretta, Alexandrina intuì l'intimo legame che la univa a Gesù nel Tabernacolo ed in risposta a Colui che per primo aveva scelto per amore nostro di restare prigioniero nelle nostre Chiese, si consacrò totalmente a Lui:
«Un giorno in cui ero sola ricordandomi che Gesù stava nel Tabernacolo dissi: - Mio buon Gesù, Voi siete prigioniero ed anch'io lo sono. Siamo prigionieri entrambi, Voi siete prigioniero per mio bene, io lo sono delle Vostre mani. Siete il Re, il Signore di tutto ed io sono un verme della terra. Vi ho lasciato in abbandono pensando solo a questo mondo che è perdizione delle anime. Ma ora, pentita di tutto cuore, voglio quello che voi volete e soffrire con rassegnazione. Non venitemi meno, o Gesù, con la Vostra protezione -». (A p. 15)

«Madre di Gesù e Madre mia, ascoltate la mia preghiera. Io consacro il mio corpo e tutto il mio cuore a Voi. Purificatemi Madre Santissima, riempitemi del Vostro Santo amore. Collocatemi proprio Voi presso i Tabernacoli di Gesù affinché serva da lampada finché durerà il mondo. Beneditemi, santificatemi, o mia cara Mamma del Cielo». (A p. 27)

Alexandrina aderisce docilmente alle ispirazioni della Grazia che in questo primo periodo si manifesta intimamente attraverso le vie ordinarie, senza manifestazioni straordinarie. «Senza sapere come», si offre volontariamente al Signore come vittima per la salvezza dei peccatori e contemporaneamente aumenta in lei il desiderio di amare e di essere sempre unita a Gesù nel Tabernacolo.

«O mio caro Gesù, vorrei visitarvi nei vostri Tabernacoli, ma non posso perché la mia malattia mi trattiene al mio caro lettino di dolore. Sia fatta la Vostra volontà, Signore, ma almeno mio Gesù, permettete che neppure un momento trascorra senza che io venga in spirito alle porticine dei Vostri Tabernacoli a dirvi:
- Mio Gesù, voglio amarvi, voglio incendiarmi tutta nelle fiamme del Vostro amore e pregarvi per i peccatori e per le anime del purgatorio -». (A pp. 15-16)
Compone in questo stesso periodo la bellissima preghiera per i tabernacoli, ed è proprio nella preghiera, durante gli slanci generosi d'amore per Gesù, che Alexandrina inizia a percepire un forte calore che brucia internamente con «una forza che mi abbracciava tanto che pareva strapparmi dal mondo». In questi momenti di intensa preghiera, fu vista dalla sorella Deolinda restare sollevata dal letto sospesa nell'aria come una piuma (levitazione). E’ in questo periodo che sente l'invito del Signore racchiuso nelle parole «soffrire, amare, riparare».

«O Gesù, eccovi qui la Mamma. Ascoltatela. È Lei che Vi parlerà per me, e Voi, cara Mamma del Cielo, andate a dare baci ai Tabernacoli, un'infinità di baci e di abbracci, un'infinità di tenerezze e carezze. Tutte per Gesù Sacramentato, tutto per la Santissima Trinità, tutto per Voi. Moltiplicateli, moltiplicateli, dateli pieni di un amore puro e santo di un amore oltre ogni amore, di sante nostalgie per non potermi più muovere e andare io a baciare e abbracciare Gesù Sacramentato, la SS. Trinità, e Voi, o Madre cara.
O mio Gesù, io voglio che ogni mio dolore, ogni palpito, ogni respiro, ogni minuto secondo che passerò, siano atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
lo voglio che ogni movimento dei miei piedi, delle mani, delle labbra, della lingua, degli occhi, ogni lacrima e sorriso, ogni allegria e tristezza, ogni tribolazione, distrazione, contrarietà o dispiacere siano
atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
lo voglio che ogni lettera delle orazioni che recito o sento recitare, ogni lettera che leggo o udirò leggere, che scriverò o vedrò scrivere, che canterò o udirò cantare siano atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
Io voglio che ogni bacio che darò a Voi nelle Vostre S. Immagini, in quelle della Vostra e mia Madre amata, in quelle dei Vostri santi e sante siano atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù io voglio che ogni goccia di pioggia che viene dal cielo alla terra, che tutta l'acqua del mondo offerta a gocce, tutta l'arena del mare e tutto ciò che il mare racchiude siano atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
lo vi offro le foglie degli alberi, tutti i frutti che possono avere, i fiori offerti petalo per petalo, tutti i granelli di semente che sono nel mondo e tutto ciò che vi è nei giardini, nei campi nelle valli e nei monti, io tutto Vi offro come atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù Vi offro le penne degli uccelli e il loro canto, i peli e le voci di tutti gli animali come atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù, Vi offro il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il vento, la neve, la luna e i suoi raggi, il sole, l'oscurità, le stelle del firmamento, il mio dormire e il mio sognare come atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù accettate tutto quanto vi è nel mondo, le grandezze, le ricchezze, i tesori, tutto quanto avviene in me, tutto quanto ho per abitudine di offrirvi, tutto quanto si possa immaginare come atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù accettate il cielo e la terra, il mare, tutto ciò che contengono come se tutto fosse mio e io potessi disporne e offrirvelo come atti di amore per i Vostri Tabernacoli». (A pp. 18-19)

Qualche anno dopo, nel dicembre del 1934, diventa esplicito anche da parte di Gesù, il suo invito a fare del Tabernacolo il centro di tutte le sue attenzioni, pensieri e atti d'amore.
Seguiamo il dialogo di amore e di passione che ne segue, tra Gesù ed Alexandrina:
«Vieni ai miei Tabernacoli, vivi là: è da là che viene la forza per tutto. Amami molto, pensa solo a Me». (L p. 51)

Ecco la risposta di Alexandrina all'invito del Signore:

«lo faccio il possibile per passare il tempo spiritualmente in tutti i Tabernacoli del mondo unita al Signore. Così dico molte volte al mio Gesù: io voglio vivere unita a Voi in tutti i Tabernacoli del mondo, in tutti i luoghi ove abitate Sacramentato non assentandomi un istante, né di giorno, né di notte.
Gli offro il mio cuore e gli chiedo che lo collochi come lampada luminosa e amorosa per illuminarli. E chiedo alla Madonna di venire con me e di mandare una moltitudine di Angeli, Cherubini, Serafini per amare, lodare, far compagnia a Gesù Sacramentato». (L p. 81)

Gesù la incoraggia e la conferma ulteriormente nel desiderio di vivere unita a Lui:

«Accostati al tuo Gesù, mia sposa, mia bella, tutta mia. Fammi compagnia nei miei Tabernacoli: sono tutto solo...». (L p. 169)

Alexandrina:

«lo mi sentivo tanto viva nei Tabernacoli! Il mio cuore volava presso Gesù: svolazzava sopra al Tabernacolo e con le ali batteva sulla porticina». (L p. 288)

«Mio Gesù, io vorrei che il mio cuore fosse una lampada sempre ardente in ciascuno dei Vostri Tabernacoli e nel mio stesso petto, vorrei la medesima lampada di amore per proiettare luce sulle Persone Divine, alle quali solo voglio appartenere. Fate sì che non vi sia nulla che possa spegnere la lampada del mio amore, e che, giorno e notte, senza interruzione di un solo istante voglio arda presso di Voi». (S p. 121)


VA' ALLA MIA SCUOLA: I TABERNACOLI
«Rabbì, dove abiti?» disse loro: «Venite e vedrete».
Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di Lui.
Gv 1,38-39
Gesù:

«Vieni ai Miei Tabernacoli. Vivi là, Io pure là vivo».

Imitare Gesù nella Sua vita eucaristica, è la prima lezione di Gesù Maestro ad Alexandrina, lezione che attraverso di lei desidera estendere a tutti noi. La scuola è il Tabernacolo.
Scrive Alexandrina in una lettera a Padre Pinho, suo primo direttore spirituale:

«Il Signore mi disse che vuole che io mi abbandoni tutta a Lui, che non abbia a che fare col mondo se non in quanto sia necessario: vuole che io lo imiti nei suoi Tabernacoli.
...Io alle volte dico:
- O mio caro Gesù, io voglio essere tutta Vostra e solo per Voi voglio vivere -.
E il mio Gesù mi risponde:
- O mia cara figlia, e lo voglio che tu sia tutta, tutta mia e che solo per Me tu viva, che solo Me ami, che solo Me cerchi. Vieni alla mia scuola, impara dal Tuo Gesù ad amare il silenzio, l'umiltà, l'ubbidienza e l'abbandono -». (L pp. 36, 37, 38)
Vita nascosta, silenzio, affidamento, amore puro: Gesù continua le sue lezioni.

«Contempla oggi molto i Miei Tabernacoli! Osserva attentamente quello che lo faccio là perché è ciò che voglio che tu faccia. Ama la solitudine; va' ai Miei Tabernacoli, è là dove impari, è là ove la solitudine è più praticata da anni, da secoli. Stai in raccoglimento con Me, mantieni il silenzio. Mettiti come in un esilio, in un deserto. Parliamo l'un l'altro con amore e tenerezza di sposi. Metti su di Me tutte le preoccupazioni della tua vita e chiedimi ciò che vorrai. Confida in Me. La tua fede, la tua speranza ti ha salvata. Non lasciarmi, figlia mia, nemmeno un momento, solo, nella Mia Eucaristia: sia là il tuo deserto». (L pp. 63, 50, 179)

La risposta di Alexandrina è di totale adesione all'invito di Gesù:

«Parlate o mio Gesù, parlate che la vostra figliolina Vi ascolta. Sento l'ansia di istruirmi alla Vostra scuola».

Gesù:

«Sono il tuo Maestro. Felice te se imparerai bene le mie lezioni e le metterai bene in pratica! Ho stabilito in te la Mia dimora. Sei un Tabernacolo non costruito da mani umane, ma da mani divine...
...Cercami nei Miei Tabernacoli, così Mi consolerai molto; ma cercami (anche) dentro di te, nel Tabernacolo della tua anima che lo ho preparato per Mia abitazione. Là Mi
troverai... lo desidero ansiosamente che tu impari le Mie lezioni, ed io ho molto da insegnarti, e tu hai molto da imparare affinché molti vengano ad imparare da te le stesse lezioni, calcando le stesse orme per seguire gli stessi cammini
». (Lp.40)

Nel Tabernacolo l'amore di Gesù per l'umanità raggiunge il vertice massimo: mentre sulla Croce vi era ancora il corpo umano che da tutti poteva essere visto, e quindi non ignorato, nell'Eucaristia l'annientamento è totale: solo una piccola ostia, bianca, leggera, inerme. Con maggior facilità Gesù Eucaristico è quindi esposto alla dimenticanza, al misconoscimento, pur vivendo molto vicino a noi, nel Tabernacolo della nostra Chiesa.

Gesù dice ad Alexandrina:

«Come la Maddalena, hai scelto la parte migliore: amare il Mio Cuore.
Amarmi Crocifisso è bene, ma quando hai scelto di amarmi nei Miei Tabernacoli, ove Mi puoi contemplare non con gli occhi del corpo, ma con quelli dell'anima e dello spirito, ove Mi trovo col Corpo, Anima e Divinità, come in Cielo, hai scelto quello che vi è di più sublime
». (L p. 44)

Alexandrina fa sentire quanto è grande il suo desiderio di essere discepola di Gesù e con la forza del suo amore vorrebbe essere sempre presente nel Tabernacolo, la sua scuola:

«Vorrei essere con Te, o Gesù, giorno e notte e in ogni ora. Però ora non posso venire, ben lo sapete... sono legata mani e piedi, ma più legata, vorrei essere unita a Voi nel Tabernacolo, e non assentarmi un momento solo.
...Voi sapete i miei desideri che sono di stare alla Vostra Presenza nel Santissimo Sacramento, ma siccome non posso, Vi mando il mio cuore, la mia intelligenza, per imparare tutte le Vostre lezioni; Vi mando il mio pensiero perché io pensi solo a Voi, il mio amore perché solo Voi io ami, in tutto e per tutto». (A p. 21)
La garanzia di poter realizzare i propri aneliti d'amore è Maria, la Mamma Celeste, ed a Lei Alexandrina affida tutti i suoi desideri:

«Mamma, venite con me ai Tabernacoli, a tutti i Tabernacoli del mondo, in ogni parte e luogo dove Gesù abita Sacramentato. Fategli la mia umile offerta. O Mamma, voglio andare da Tabernacolo a Tabernacolo a chiedere grazie a Gesù, come l'ape di fiore in fiore, va a succhiare nettare. O Mamma, io voglio formare una rocca d'amore, in ogni luogo dove abita Gesù Sacramentato, affinché non vi sia nulla che possa intromettersi nell'amore per andare a ferire il Suo Cuore Santissimo. Mamma, parlate Voi nel mio cuore e nelle mie labbra, rendete più calde le mie preghiere e più forti le mie domande». (A p. 17)

VA', SONO TUE LE MIE PRIGIONI
Beato chi abita la tua Casa: sempre canta le Tue lodi!
Beato chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio
Salmo 84 (83)

Gesù:

«Vieni a passare un po' della notte sveglia nei miei Tabernacoli, nelle mie Prigioni. Sono tue e Mie. Ciò che mi portò là fu l'amore». (L pp. 45-46)

La vita di intima unione con Gesù, porta ora Alexandrina a partecipare degli stessi sentimenti e condizioni che sono proprie dell'Amato, ed in tal senso i Tabernacoli, le prigioni d'amore di Gesù, diventano anche le prigioni d'amore e di dolore di Alexandrina.
Il fine è di consolare l'Amato offeso dal peccato dell'indifferenza verso la Sua Presenza Eucaristica; conseguenza benefica della riparazione è il perdono dei peccatori e quindi la loro salvezza: la più grande consolazione e gioia di Gesù, e della Santissima Trinità.

«Sei un canale per il quale», le dice Gesù, «devono passare le grazie che dovrò distribuire alle anime e per il quale le anime dovranno venire a Me.
Per mezzo tuo saranno salvi molti, molti peccatori: non per i tuoi meriti, ma per Me che cerco tutti i mezzi per salvarli
».
«Vieni, figlia mia a rattristarti con Me partecipando alla Mia prigionia d'amore e riparando tanto abbandono e oblìo». (L pp. 31, 29)

Alexandrina:

«...Ore della notte sveglia in continua unione con Gesù. Le sue Prigioni d'amore sono le mie prigioni, sempre consumata in ansie di amarlo. Tutto in silenzio, io con Lui.
- Non sei solo, mio Amore: io sto con Te, Ti amo, sono tutta tua...-.
- Mio Gesù, dissi con la mente, ad ogni palpito del mio cuore, voglio strappare un'anima dagli artigli del demonio e voglio tanti atti d'amore per i Vostri Tabernacoli, quanti granelli di sabbia ha il mare...-». (S pp. 96, 359)

Gesù triste...

«Vuoi consolarmi? Vuoi consolare il Santificatore della tua anima? Sai chi è? È il tuo Gesù!
Va' ai Tabernacoli! Va' a praticare opere di Misericordia. Va' a consolare i tristi. lo sono tanto triste! Sono tanto offeso! Va' al tuo compito: soffrire, amare, riparare
». (L p. 48)

Alexandrina:

«Contemplavo il Cielo e le stelle. Chiedevo a Gesù di moltiplicare milioni e milioni di volte più del numero delle stelle, i miei atti d'amore verso i Tabernacoli.

Nota: «Come afferrna 5. Paolo, "Cristo, risorto da morte, non può morire, la morte non ha più alcun potere su di Lui". Ciò che si dice per la morte, vale anche per la sofferenza: nessun dolore può colpire Gesù nello stato attuale. Tuttavia, afferma ancora l'Apostolo, gli uomini che commettono il peccato mortale, "crocifiggono di nuovo in sé stessi il Figlio di Dio". Pio XI, nell'enciclica "Miserentissimus Redemptor" spiega in che modo il Salvatore può dirsi, anche al presente, sofferente e bisognoso di riparazione. Sappiamo che i peccati degli uomini, in qualsiasi tempo commessi, furono la causa della morte di Gesù e che al presente gli causerebbero le medesime sofferenze della Passione. Questa relazione dei peccati con la Passione, per Gesù non è così lontana e indiretta come per noi, ma è viva e presente come lo era nell'Orto degli ulivi. Poi, la Passione di Cristo si rinnova nel Corpo Mistico che è la Chiesa, sparsa in tutto il mondo. Le sofferenze dei cristiani, le ingiustizie, le persecuzioni subite dalla Chiesa sono sofferenze di Cristo, come risulta chiaro dalle parole dette da Gesù a Saulo, persecutore dei cristiani: "Saulo, Saulo, perché Mi perseguiti? Io sono Gesù che tu perseguiti". Ecco perciò che Saulo, convertito in Paolo Apostolo, può affermare con piena ragione che chi commette peccato, torna a crocifiggere in se stesso il Figlio di Dio"»

Non lo volevo solo e volevo che là avesse solo amore». (L pp.48, 163-164)

Gesù carcerato e schernito...

«Non hai compassione di Me? Sono nei Tabernacoli tutto solo. Tanto schernito, abbandonato e tanto offeso... Va' a consolarmi e a riparare: ripara tanto abbandono.
Visitare i carcerati e consolarli è opera buona. Io sono carcerato e carcerato per amore. Io sono il Carcerato dei carcerati
». (L p. 31)

Alexandrina:

«Vorrei, mio Gesù, stare alla Vostra Presenza giorno e notte, ad ogni ora stare unita a Voi e non lasciarvi, mio Gesù, tutto solo; vorrei non assentarmi neppure per un istante e darvi tutto quanto posseggo e che appartiene tutto a Voi: il mio cuore, il mio corpo con tutti i suoi sensi: è tutta la mia ricchezza». (A p. 22)

Gesù invita ora Alexandrina ad essere presente spiritualmente con maggior assiduità nei Tabernacoli più abbandonati:

«Sono tanti, tanti e tanti quelli in cui sono lasciato solo:per giorni e giorni le anime non Mi visitano, non Mi amano, non riparano; quando vanno, lo fanno per abitudine, per un obbligo.Sai che cosa non manca colà? Un torrente di peccati e di crimini. Sono i loro atti di amore, così Mi consolano, così Mi riparano, così Mi amano». (Lp.43)

Alexandrina:

«O mio caro Gesù, io mi unisco in spirito, in questo istante e da questo momento per sempre a tutte le Sante Ostie della terra in ogni luogo dove abitate Sacramentato. Lì voglio trascorrere tutti i momenti della mia vita, contnuamente, di giorno e di notte, allegra o triste, sola o accompagnata, sempre a consolarvi, ad adorarvi, ad amarvi, a lodarvi, a glorificarvi». (A p. 30)

Pochi giorni dopo Gesù gliene indica altri:

«Ciò che mi portò nelle Prigioni fu l'amore. E per tanti, per che cosa? Non credono alla Mia esistenza, non credono che lo abito là! Bestemmiano contro di Me. Altri credono, ma non Mi amano e non Mi fanno visita: vivono come se lo non fossi presente là.
Vieni qui, sono tue e Mie. Ti ho scelta per farMi compagnia in questi piccoli rifugi: tanti sono così poverelli... ma là dentro che ricchezza! Vi è la ricchezza del Cielo e della Terra
».

Alexandrina:

«Mio Gesù, mio Gesù, Vi offro la mia tristezza, le mie nostalgie, il desiderio che ho di riceverVi, per coloro che Vi dimenticano, che Vi disprezzano e che vivono come se voi non esisteste nella Santissima Eucaristia». (L pp. 46, 368)

Mesi dopo il Signore rivolge ai fedeli ed ai sacerdoti un accorato appello:

«Manda a dire al tuo Padre Spirituale che lo voglio che si predichi bene la devozione ai Tabernacoli, che voglio molto, ma molto che accenda nelle anime la devozione verso queste Prigioni d'amore; non sono rimasto là soltanto per amore di coloro che Mi amano, ma per tutti: in ogni attività Mi possono consolare... Che sia ben predicata e ben propagata la devozione ai Tabernacoli, perché non sono solo coloro che non vogliono credere alla Mia esistenza nel Santissimo Sacramento, ma sono tanti, tanti coloro che entrano nelle Chiese e si fermano là senza salutarmi, non pensano a Me neppure un momento». (L pp. 29, 39-40)

Alexandrina condivide il dolore di Gesù:

«...Benedette sofferenze che mi fanno unire sempre più al mio Gesù!
Mi vengono in mente le sue prigioni d'amore. Mi sento sola e abbandonata così come Gesù lo è in tanti e tanti Tabernacoli del mondo. E da qui, da questa cameretta, il mio spirito ed il mio cuore vanno volando presso di Lui per più e meglio poter condividere i dolori, le tristezze, le agonie di Gesù». (L p. 379)

Gesù desidera e cerca tante guardie fedeli per i suoi Tabernacoli...

«Di' che Mi trovino anime che Mi amino nel Mio Sacramento d'Amore le quali ti suppliscano alla tua partenza per il Cielo....Io vorrei molte guardie fedeli, prostrate davanti ai Tabernacoli per non lasciarvi accadere tanti e tanti crimini». (Lp.42)

In particolar modo, Gesù cerca le «sentinelle» per i Tabernacoli più abbandonati, ma vuole che siano solo sentinelle per amore. E’ un passaggio chiave importante: la Missione dei Tabernacoli, può nascere solo da una personale risposta d'amore ad una realtà conosciuta: la solitudine di Gesù nel Tabernacolo e l'amore è anche l'unica garanzia per la riuscita della Missione stessa.
Ecco come viene oggi consegnato a noi questo desiderio di Gesù, attraverso la Sua portavoce Alexandrina:

« Figlia, ascolta: lo sono abbandonato in tanti Tabernacoli. Manda a dire al tuo Padre Spirituale, che cerchi di sapere quali sono tutti i Tabernacoli del mondo poveri e abbandonati, e cerchi un numero di persone per ogni Tabernacolo che Mi amino, Mi riparino e Mi facciano spiritualmente visita, e Mi aiutino con le loro offerte.
Sono colà come un povero mendico, sporco e trasandato. Facciano le anime che sia pulito e decoroso!
». (Lp. 106)

Alexandrina nella lettera al padre spirituale continua:

«Chiesi al Signore quale numero volesse per ciascun Tabernacolo; mi rispose, a seconda delle persone che si sarebbero trovate».

Gesù:

«Ma non voglio che le preghi, (il Padre Spirituale) perché altrimenti non portano a termine questa missione: voglio che ciò sia pubblicato, e che sia il loro cuore che lo chiede. Avete capito? Rendi noto tutto». (L p. 106)

Alexandrina:

«Senza nemmeno un momento di consolazione io vado vivendo in mezzo alle tenebre e nell'abbandono, ma sempre nelle braccia di Gesù, facendo la sentinella davanti ai Suoi Tabernacoli. Gli dico:
- O mio Gesù, se io mi distraessi o dormissi e venissero sopra di Voi i crimini dal mondo, chiamatemi con una grande afflizione e forti dolori affinché venga io in Vostra difesa per non lasciare avvicinare alle Vostre Prigioni d'amore i peccati del mondo». (L p. 146)

Ed ancora, è a Maria, Madre del Divino Amore, che Alexandrina affida il compito di creare un baluardo d'amore intorno ai Tabernacoli di tutto il mondo:

«O cara Mamma del Cielo, andate a dare baci ai Tabernacoli, una infinità di baci, un'infinità di tenerezze, una infinità di carezze. Tutto per Gesù, tutto per la Santissima Trinità, tutto per Voi». (A p. 18)


VITTIMA DELLE PRIGIONI EUCARISTICHE
Io quando sarò elevato da terra attirerò tutti a Me.
Gv 12,32

Gesù:

«Figlia mia, Figlia mia, perla, pietra preziosa che adorni la pisside della Mia Eucaristia! Io voglio cuori ardenti, anime eucaristiche che Mi diano riparazione e consolazione nelle Mie Prigioni d'amore. Ne ho così poche che si avvicinano a Me con la purezza ed i sentimenti di cui sono degno. Oh, quanto soffro! Mio fiore eucaristico, tu Mi ami e Mi consoli, tu sei tutta veramente Mia». (S p. 320)

Grazie all'amore ed alla generosità con cui Alexandrina ha corrisposto alla Grazia Divina, Gesù, nel settembre del 1935, ad un anno di distanza da quando le aveva rivelato la missione dei Tabernacoli, la vuole ora maestra di altre anime che Egli cerca ansiosamente.

«Trovami anime che Mi amino e vivano là nei Tabernacoli nella stessa unione come vivi tu: voglio che tu sia la loro maestra.
Di' al tuo Padre Spirituale, che io voglio che le tue lezioni siano insegnate e ben comprese: sono le vittime dei Tabernacoli che devono sostenere il braccio della giustizia Divina, perché non distrugga il mondo, perché non vengano maggiori castighi
». (L pp. 129-130)
È l'immolazione, il dono totale di sé, senza riserve, in unione a Gesù Vittima che continuamente si immola in ogni celebrazione eucaristica, per il perdono dei peccatori.

Le dice Gesù:

«Se tu sapessi come furono profanati i Miei Tabernacoli, come lo fui offeso! Là, puoi servirmi come vittima per i peccati del mondo, in questo tempo in cui il mondo si rivolta contro di Me e contro la Mia Chiesa». (L p. 129)

Ed ancora, usando il linguaggio della delicatezza dei fiori:

«Figlia Mia, sono il giardiniere, vengo al mio giardino, al giardino più bello che ha ciò che vi è di più ricco. Vengo a prendere fiori per la Mia Eucaristia, per ornare i Miei Tabernacoli. Vengo a prendere il loro nettare per le mie ferite, per la piaga del Mio Divin Cuore. Vengo a prendere riparazione per tanti crimini». (L pp. 257-258)

Alexandrina è pronta per accogliere i desideri di Gesù. Ma ancora una volta è alla Madonna che si affida per poter compiere la volontà di Dio: nella sua grande umiltà, non conta su stessa, sulle proprie forze umane, ma, riconoscendosi debole, chiede tutto a Maria e a Gesù.

«O mia Mamma del Cielo, ecco qui ai Vostri Santissimi piedi un' anima che desidera amarVi. O mia amabile Signora, voglio un amore che sia capace di soffrire tutto per amore a Voi e per amore del mio caro Gesù! Sì, del mio caro Gesù che è il tutto della mia anima.
Egli è la Luce che mi illumina, è il Pane che mi alimenta, è il mio cammino, quello solo che voglio seguire. Ma, mia Sovrana Regina, mi sento così debole per passare attraverso tante contrarietà della vita! Che sarebbe di me, senza Voi e senza il mio caro Gesù?!...» (A p. 20)
Gesù le chiede di riparare con il suo amore e con la sua sofferenza le profanazioni, i sacrilegi, gli oltraggi, le indifferenze.

«Figlia mia, fiorellino eucaristico, fa' che Io sia amato nella Divina Eucaristia: sono tanti e tanto gravi i sacrilegi! Dammi riparazione, ripara figlia mia. Amami e fa' che sia amato, fa' che sia consolato. È un Dio che chiama, è un Dio che chiede, è un Dio che vuole salvare». (S p. 25)

Alexandrina:

«Piansi con grande dolore.
Nello stesso tempo dicevo a Gesù:
- Accettate le mie lacrime, voglio che ciascuna di esse sia un mare immenso di amore nel quale io possa rinchiudere tutti i vostri Tabernacoli affinché non possano essere più offesi e profanati dai vostri figli -». (S p. 69)

Dopo aver ricevuto l'Ostia consacrata, Alexandrina sente Gesù che le parla:

«Sto tremando di freddo. Mi sono seduto qui per riscaldarmi al calore del tuo amore. A raggelarmi così furono le anime tiepide che si accostarono alla Mia Eucaristia e fu tanto grande il loro numero! Il Mio Divin Cuore non è lacerato solo dai pugnali di coloro che si comunicano sacrilegamente, che mi offendono con ogni varietà di crimini, ma è anche lacerato da queste anime gelide che non avanzano per nulla nel cammino della virtù e della perfezione, anzi indietreggiano, e a poco a poco deviano dal giusto cammino. Soffrì tanto per queste anime! Ripara per questa freddezza: dammi il tuo amore al posto loro!».

Alexandrina:

«Vorrei bene, Gesù, ma non sarò io pure in questo numero? Prendete come mio tutto l'amore del Cielo, e tutto l'amore puro dei cuori della terra, così sono sicura di accontentarVi». (S p. 244)

Gesù la rassicura:

«La tua vita è un insieme della vita di Cristo e della Madre Mia benedetta. Confida in me. Io non vengo meno. Tu sei il nido del Mio amore o colomba dell'Eucarestia; il tuo volo continuo verso di Me nell'Eucaristia, delizia il Mio Cuore: è per questo che ti chiamo sposa Eucaristica. Grazie al tuo fuoco eucaristico, avrò dopo la tua morte, molte anime e spose eucaristiche». (S p. 53)

Alessandrina:

«lo voglio riparare, o mio Gesù, per tutti i cuori, per tutte le anime. Sì, voglio, voglio Gesù che esse credano in Voi, voglio che vadano nei Vostri Tabernacoli, voglio vedere il mondo ardere in quel fuoco in cui Voi state ardendo e nel quale fate ardere il mio cuore...
- Mia cara figlia, il fuoco in cui ardo e ti faccio ardere è il fuoco dell'Eucaristia». (S p. 144)

L'amore, la preghiera e la sofferenza sono i mezzi che Gesù indica ad Alexandrina per riparare le offese.
Gesù, Presenza orante per noi, in tutti i Tabernacoli del mondo, chiede ad Alexandrina di essere, a sua somiglianza, preghiera continua e vivente per il perdono dei peccatori:

«Vengo a chiederti di venire a passare parte della notte nei Miei Tabernacoli.Prostrati in una orazione continua, implorando il perdono per i peccatori.Vivi là e ripetimi molte volte:"lo Vi riparo le offese, Vi consolo Signore, per le offese che ricevete in queste prigioni d'amore"». (L pp. 84, 112)

Ed ancora:

«Vieni a guarire oggi, le Mie piaghe col tuo silenzio, con i tuoi dolori, sacrifici ed afflizioni. Offrimi tutto. Vieni con il balsamo prezioso delle tue preghiere a guarirmi le piaghe che sono tanto vive...
Dimmi molte e molte volte:
"lo Vi offro tutto, Signore, per curarvi le piaghe, fatte con tanta malizia e tanta crudeltà e senza alcun rimorso".
Quale ingratitudine! Chi offendono! Un Dio Creatore, il Re del Cielo e della terra!
». (Lpp. 130,115)

Per i peccati che si commettono durante la notte:

«Ti chiedo il sacrificio di venire a passare una parte di questa notte con Me nei Miei Tabernacoli. Abbi compassione di Me, abbi compassione del prigioniero d'amore in questo momento in cui sono tanto offeso. Con i tuoi dolori vieni a formare un riparo sopra i Miei Tabernacoli affinché i crimini non vengano su di Me. lo ti prometto una grande ricompensa, la Madonna e la Santissima Trinità ti sono molto riconoscenti». (L p. 52)

Alexandrina, per l'amore grande che la lega a Gesù, non Gli rifiuta nulla:

«Facevo di tutto per stare sveglia, molto sveglia con il mio Gesù nella Santissima Eucaristia, senza nessuna consolazione: mi pareva di non essere là. Che tremenda desolazione! ».
Passo ore ed ore della notte a servire da sentinella delle sue prigioni d'amore.

«Mi sentivo tanto male che solo verso le tre di notte potei riposare. Con questo ero contenta perché il mio più grande desiderio, era ed è, non dormire mai nè di giorno, nè di notte perché così posso fare meglio compagnia a Gesù Sacramentato». (L pp. 211, 331, 148)

Attraverso Alexandrina Gesù, chiarisce la continuazione della Redenzione grazie alle anime che, per amore suo e degli uomini, accettano la croce diventando Ostie viventi in unione con la Sua Passione perpetua nel Sacrificio Eucaristico.

Gesù:

«Figlia mia, la sofferenza, la Croce è la chiave del Cielo. Ho tanto sofferto per aprire il Cielo all'umanità e, per molti, inutilmente.
Dicono:
- Voglio godere, venni al mondo soltanto per questo, voglio soddisfare le Mie passioni.
Dicono:
- Non esiste l'inferno! - Io sono morto per loro e dicono che non Me lo avevano chiesto, e contro di Me pronunciano eresie e bestemmie. Per salvarli Io scelgo anime e metto sulle loro spalle la Croce e Mi assoggetto ad aiutarle. Felice l'anima che comprende il valore della sofferenza! La mia Croce è soave se è portata per amore Mio
». (L p. 60)

Ricordiamo qui alcuni tra i peccati, per i quali Gesù le chiese riparazione sottolineando anche contemporaneamente, con fermezza, la necessità che su di essi non cada il silenzio.
Sono i peccati di impurità, di immoralità, della profanazione della domenica. Le chiese inoltre riparazione per le vanità, lo spreco, la mancanza di fede.
Il loro diffondersi oggi è drammaticamente attuale, facilitato anche da una cultura che tende a giustificarli omologandoli tra le conquiste emancipative dell'uomo.
Alexandrina, per essi, accettò di vivere nel suo corpo e nella sua anima la Passione di Cristo, dal Getsemani al Calvario, oltre ad accettare e ad offrire le sofferenze relative alla sua malattia. Seguiamo i dialoghi di amore e di dolore che si svolsero tra Gesù ed Alexandrina, uniti in un unica Passione Redentrice:

Alexandrina:

«...leri pomeriggio... ho sentito come se l'anima piangesse nella massima tristezza e amarezza, non solo su una città, ma sul mondo intero. Mentre l'anima così piangeva, le lacrime tentavano di uscire dagli occhi del corpo e scendermi sulle gote; mio Dio che dolore! La mia agonia non era solo sopra il suolo dell'Orto, ma agonizzavo in tutta l'umanità...
Il mio cuore pareva coprire tutta la terra; l'amore mi assoggettò a tutte le sofferenze.
Durante la notte mi unii il più possibile a Gesù; in questa unione percorsi il cammino del Calvario...
- O mio Gesù, vedi come sono piccola, vedi il mio dolore, vedi che io sono niente e Tu sei tutto...
lo vorrei piangere ai Tuoi piedi le mie miserie e colpe. Perdonami mio Gesù e perdona il mondo!».

Gesù:

«-Vi è motivo per le lacrime: tu sei vittima, l'ora è grave.
Le famiglie, le spiagge, i casinò, i cinema sono nella febbre di crimini innominabili. Le mie Chiese sono vuote, le anime fuggono da me; non si avvicinano ai miei Tabernacoli, tra quelle che lo fanno, poche ci vanno con le debite disposizioni, poche mi amano.
Dammi dolore, dammi riparazione...
Figlia mia, per un mondo di dolore un mondo di amore; il tuo dolore è mondiale, si estende a tutta l'umanità. Per essa soffri, ma per mezzo tuo il povero e ingrato mondo riceve il mio amore: è attraverso te che glielo do.
Ti do amore per le anime; pace, conforto e luce per il tuo cuore.
(S pp. 289-290)

Mettiti nei Miei Tabernacoli che non corri pericolo; vivi là e fammi compagnia, consolami e invocami per i peccatori. Figlia mia, lo non fui mai tanto offeso come ora. Mai in nessun altro tempo della storia, la malizia fu tanto grande. Per questo più che mai, ho bisogno di vittime...
È dal dolore che nascono anime eucaristiche, Ostie immolate per amore.
Manda a dire al tuo Padre Spirituale che è proprio necessario che si predichi contro l'impurità che copre ed avvelena tutto il mondo... (L p. 110)
I fanciulli, i fanciulli, le pupille dei Miei occhi, quanto sono trascinati al male! Quanta innocenza perduta! Come sono offeso dai piccoli con malizia e cattiveria! Chiedi, chiedi che si raccomandino al Mio nome tutta la cura e la vigilanza per i fanciulli.
Oh il mondo dove è incamminato, povero mondo, cosa lo aspetta!
».

Prosegue Alexandrina:

«Gesù parlava e singhiozzava...
Rimanemmo noi due uniti in profondo silenzio, ma io con un dolore di morte nel cuore». (S p. 310)

Gesù chiede riparazione per i peccati di impurità nelle famiglie e nella vita consacrata:

«Vengo a chiederti ciò che in nome mio venne a chiedere a Fatima la Mia Madre benedetta: penitenza, orazione, emendamento di vita. Dammi il tuo dolore, placa la giustizia di Mio Padre, ripara il Mio Divin Cuore. Lo esigono i peccati di lussuria, le iniquità degli sposi, delle anime pie a Me consacrate». (S p. 56)

È con la sua purezza che Alexandrina ripara il dolore di Gesù. Ella amò questa virtù più di ogni altra, e per essa fu martire adolescente a 14 anni.
Fu compito poi della Vergine Maria, la «Tutta Pura», alla quale Alexandrina aveva consacrato il suo corpo, la sua mente, il suo cuore, quello di prepararla, con il dono della Sua Purezza a diventare come Lei, Tabernacolo vivente dove la Santissima Trinità aveva preso stabile dimora.

Gesù poteva ben dirle che era veramente pura:

«La purezza, la castità è il fior fiore (delle virtù), è quello che Mi incanta di più.
Poiché sei veramente pura, vengo alla tua purezza a chiedere riparazione per gli impuri e la riparazione per le famiglie.
Quale dolore per me!
Le famiglie profanano il grande Sacramento del Matrimonio. Peccano, e io a vederli peccare! Peccano alla mia Divina Presenza. Io volto le spalle, nascondo il mio volto. Non hanno vergogna di me, mi vergogno Io di loro. Riparami, riparami per tante anime folli, che, mostrandosi nude invitano al peccato, mi offendono gravemente
». (S p. 331)

Gesù chiede riparazione ad Alexandrina per i peccati di vanità ed attraverso lei rivolge a tutti l'interrogativo più che mai attuale: «Perché tanto sperpero?».

Gesù:

«lo posso dire con tutta ragione ciò che Giuda disse (circa il profumo versato dalla Maddalena):
- Perché tanto sperpero? -.
Questo spreco grida al Cielo: ciò che si spreca in vanità estinguerebbe la fame a tanti affamati, coprirebbe tanti ignudi. Diffondi, figlia mia, nel mondo le mie lamentele.

(S pp. 56-57)

Io piango, Io piango, mia cara figlia per non poter aiutare di più i miei figli. Io li amo ed essi non mi amano; Io li voglio ed essi non Mi vogliono; voglio perdonare loro ed essi non vogliono il Mio perdono!».

Nota: Il 19 marzo 1945, festa di S. Giuseppe, Gesù chiede che la famiglia umana cresca sul modello della famiglia di Nazaret. Alexandrina riporta sul diario:
«Gesù mi parlò: Desidero tanto che il mio caro padre S. Giuseppe sia conosciuto e amato. Desidero ardentemente che tutti gli sposi lo imitino, che le spose imitino la mia santissima Madre, e che i figli imitino me.
vorrei che tutti i focolari, tutte le case fossero simili a quella di Nazaret». (S p. 200)

Alexandrina:

«Lo vogliono, lo vogliono mio Gesù!...
Accettate tutte le sofferenze del mondo come se fossero mie. Accettate tutto l'amore del mondo come se fosse mio... Tutto in unione al dolore della Mamma e ai Vostri meriti, ai meriti della Vostra Santa Passione, mio Gesù! Formate uno scudo che sostenga il braccio del Padre Celeste.
"Presto", Voi dite, perché si convertano. E ora io dico:
- Aspettate!
Voi... Voi dite: "Presto!", perché si convertano, e io dico:
- Aspettate! Date loro tempo -.
Gesù!... lo sono la vostra vittima, Gesù, sono la Vostra vittima e voglio perdono per il mondo...». (S p. 166)

In riparazione per la mancanza di fede, Alexandrina vive la desolazione, la morte dell'anima, e sostiene la tentazione della disperazione per il vuoto e la nullità dell'esistenza che ne conseguono:

«Dopo aver perduto Gesù e Mammina, sento che sto qui nel mondo a fare nulla.
Una tremenda tentazione vorrebbe persuadermi: dal momento che l'eternità non esiste, che faccio qui, senza godere e sempre a soffrire?...
Così sono salita al Calvario, senza fede, senza credere nell'eternità e in tale tentazione sentivo di volermi suicidare; mi pareva di voler liquidare la vita senza vita, in qualsiasi modo.
Con fatica chiamavo Gesù e mammina, ripetendo loro il mio "credo"; nelle tenebre dell'agonia e della morte ho voluto ripeterlo e non ho potuto.
È venuto Gesù, a voce alta e con dolcezza:
- O Mia figlia, la tua riparazione è per quelli senza fede, per i senza-Dio, per gli increduli.
Ripari la Maestà Divina per tutto e per tutti.
Sei stata scelta per la missione più nobile e più difficile... La tua vita è simile a quella della Santa Chiesa: sempre combattuta, mai vinta fino alla fine dei secoli. La tua vita, la mia divina causa, sempre perseguitata, ritardata; ma vincerà, trionferà sino alla fine dei secoli e poi per tutta l'eternità -». (S p. 374)

Gesù, nell'invito fatto giungere al Padre Spirituale di Alexandrina sollecita i sacerdoti a parlare della profanazione della domenica:

«...Manda a dire al tuo Padre Spirituale che predichi contro la profanazione della domenica. Che non dimentichi devozione alla Mia Eucaristia, perché lo ho molto bisogno di essere amato in quel Sacramento di Amore. Continua, figlia Mia, a vivere con Me, e ad offrirti a Me tutta senza condizioni e riserve». (Lp. 110)

Gesù insiste sull'amore all'Eucaristia, ed indica nell'adorazione Eucaristica, il rimedio per tutti i mali ed il mezzo a noi offerto per collaborare con lui nella salvezza delle anime. Con la dolcezza dell'animo poetico Gesù invita ancora Alexandrina ai Tabernacoli:

«Va', tortorella dei Tabernacoli, tortorella delle Prigioni Divine, canta con gioia il tuo inno di dolore, che sale al Cielo come inno del più grande amore. Sei mia e lo sono tuo». (S p. 48)

Gesù cerca gli adoratori, le rondinelle dei suoi Tabernacoli:

«Io voglio molte anime eucaristiche: io voglio anime, molte anime che stiano attorno ai Tabernacoli, che volino a Me come le rondinelle a stormo volano verso i loro nidi. (S p. 143, 48)

Che mi chiedano tutto ciò che vorranno davanti a Me, nella Santissima Eucaristia: è da là che viene il rimedio per tutti i mali. Che mi invochino per gli infelici peccatori, che si abbandonano alle passioni, e non si ricordano che hanno un' anima da salvare e un'eternità li aspetta tra breve». (L p. 84)

L'Eucaristia è la Vita dell'anima, da Lei riceviamo la Vita Divina:
per dimostrare al mondo il suo valore e la Sua esistenza nell'Ostia consacrata, Gesù fece vivere Alexandrina di sola Eucaristia per tredici anni; ma anche di fronte a questo segno straordinario, a questa prova d'amore, molti rimangono indifferenti, continuando a restare lontani da Lui e lontani dalla Sua Mensa. Gesù confida ad Alexandrina il Suo dolore per quanti non traggono profitto spirituale, neppure di fronte al miracolo della sua vita.

Gesù:

«Vivi, vivi fiorellino eucaristico, vivi la Mia vita, tu che vivi del Mio Corpo e del Mio Sangue, che continui la mia opera di salvezza.
Che pena, che pena, figlia mia! Il Mio Cuore soffre per l'indifferenza di tanti e tanti cuori; il Mio Cuore soffre per l'insensibilità degli uomini.
Nell'ora presente, Nota: (Siamo nel 1953) nell'ora gravissima che l'umanità attraversa, lo ho posto in questo Calvario un mezzo di salvezza, ho dato agli uomini questo Calvario come prova del Mio infinito Amore.
Soffro perché non traggono profitto tutti quanti il mio cuore desidera. Soffro perché non corrispondono ad una grazia tanto grande, prova dell'Amore del Mio Divin Cuore
». (S pp. 143-144)

Alexandrina:

«Nel ricevere Gesù e nel sentirmi un mondo orribile di miserie e di crimini dicevo:
- Mio Gesù, io vorrei che questo mondo che sento tanto terribile, fosse un mondo pieno di ardente amore per Voi, e con tutto questo amore vorrei amarVi e con esso circondare tutti i Vostri Tabernacoli per potervi dire:
"State sicuro, Gesù, siete circondato di amore, solo l'amore regna attorno a Voi; non potranno più ferirvi i crimini dell'umanità..."
In altre ore di dolori più acuti Gli dicevo:
- Accettate, mio Gesù, questa pioggia di dolori; fate che salga dalla terra al Cielo, fate che cada sul Vostro trono Divino, fate che cada sulla Vostra Divina Eucaristia.
Permettete che i dolori si trasformino in rose con le quali io possa adornarvi meglio. Fate del mio corpo un giardino, preparate in esso il terreno: dai dolori fate spuntare fiori. Venite Voi, mio Amato, venite a coglierli e fateli cadere sulle anime dei peccatori affinché esse diventino tanto belle, tanto incantevoli e profumate da obbligarvi a chinarvi su di loro e a dimenticare la ingratitudine che da loro avete ricevuto -». (L p. 324)

Le parole d'amore di Alexandrina, toccano il Cuore di Gesù: è la debolezza di Dio che non resiste ad ogni pur piccolo pensiero, gesto e palpito che nascano dal cuore della creatura per puro amore Suo. Le onde della Sua Misericordia, infatti, si riversano sull'umanità, la diretta beneficiaria della Passione che unisce Alexandrina a Gesù. Ecco come prosegue questo dialogo d'amore.

Gesù:

«Figlia mia, Tabernacolo Divino ove Io abito, prigione di dolcezza e di amore! Ho legato il Mio Cuore al tuo con i vincoli del più santo amore. Mi hanno legato a te i tuoi lacci incantevoli...
Nulla ci può separare, non vi è nulla che possa tagliare i vincoli coniugali che ci uniscono.
O mia colomba... per il tuo amore serafico il mondo Mi amerà... sei e sarai sempre la calamita dei peccatori.

Alexandrina:

- Sì, Gesù, voglio attirarli a Te a qualsiasi costo. La grande grazia di racchiuderli tutti nel Tuo Divin Che nessuno si perda. Non Ti rifiuto sofferenze, non negarmi anime

Gesù:

- Figlioletta, eroina del mondo senza pari, così come senza pari sono il tuo dolore ed il tuo amore. Sei ricca e potente. Ho preparato in te un armamento forte, armamento di guerra: non armi né fuoco distruttore, ma armamento delle virtù più eroiche, della purezza più angelica, dell'amore dei cherubini e serafini non solo per combattere per il Portogallo, ma per il mondo intero. Combatterai e vincerai...-». (S pp. 156-157)

La vittoria di Alexandrina sul dolore e sul peccato si chiama Maria, Regina di tutte le vittorie. Più che mai la Madonna è presente lungo la strada del Calvario di Alexandrina; la sollecitudine, il Suo amore ed il Suo dolore di madre per questa figlia generosa e per l'umanità intera, vanno al di là di ogni nostra stereotipata aspettativa:

«Ti voglio, figlia mia, tra le mie braccia come tenni il mio Gesù sul Calvario: Lui, lo tenni morto, per l'umanità, invece tengo te fra le mie braccia, per confortarti affinché tu possa continuare ad essere la grande vittima per la stessa umanità.
Non negare a Gesù il tuo dolore: sono tanti e tanto gravi i crimini! Il mondo si trova in pericolo imminente. Il Cuore del tuo e mio Gesù, in unione col Mio, non può soffrire di più.
Soffri, soffri per le anime: non permettere che il Sangue di Gesù vada perduto!
».

Alexandrina:

«In quel momento la Mamma scoppiò in un pianto. Non volli più saperne di riposare tra le sue braccia. Mi buttai al suo collo e Le dissi:
- No, no, Mamma! Non voglio che piangiate.
lo non ho con che asciugarvi le lacrime, ma lo ha il Vostro Gesù - Afferrai con le mani la tunica di Gesù e con essa gliele asciugai.
- Soltanto Gesù, o cara Mamma, solo Lui può soavizzare il Vostro pianto.
Non piangete più! -». (S7.5.49, pp. 235-236)

È’ commovente l'impeto d'amore di Alexandrina di fronte al dolore della Madonna, un dolore che sembra inconsolabile per la creatura che ha fatto della propria nullità la sua forza: Gesù è lì accanto, basta la sua tunica per asciugare le lacrime di Maria. Accanto all'umile c'è sempre Dio che si fa sua forza, e come un tempo, per le strade della Palestina fu sufficiente il desiderio ardente di una donna di sfiorare il Suo mantello, per ridarle la gioia della guarigione, così oggi, il Risorto è qui accanto ad ogni creatura che in Lui spera, per asciugarle le lacrime con le Sue candide vesti.
«Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimora tra di loro
ed essi saranno il suo popolo ed Egli sarà il Dio-con-loro. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».


INVITA TUTTI A VENIRE AL MIO TABERNACOLO

Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò.
Mt 11,28

Gesù:

«Va', fiorellino eucaristico, invita tutti a venire al Mio Tabernacolo con purezza, con amore.
Va', astro del mondo, vai ad istruirlo con la Mia scienza, vai ad arricchirlo con la Mia ricchezza! Chiedi agli uomini penitenza e preghiera, perché non odano la sentenza di condanna
». (S p. 341)

Gesù invita i Sacerdoti a predicare la devozione ai Tabernacoli per poter condurre le anime a conoscerlo e ad amarlo nelle sue Prigioni d'amore:

«Scrivi che lo voglio che si predichi la devozione ai Tabernacoli, che voglio che si accenda nelle anime la devozione verso queste prigioni d'amore.
Di' al tuo Padre Spirituale, che non indugi a diffondere per il mondo ciò che ho detto della Mia Eucaristia; non vi è altro rimedio: è da lì che vengono gli aiuti saldi per sostenere la giustizia Divina.
Il Santo Padre dia ordine a tutto il mondo Cattolico, che Io regni nei Miei Tabernacoli, ma in mezzo a zelo e amore. Che riprenda i Miei discepoli, perché sono loro che dovrebbero amarmi di più e dare l'esempio, ma molti non lo fanno
. (Lpp.29, 113)

Parla alle anime figlia Mia, abbi coraggio, abbiate coraggio.
Tu spandi la rugiada Celeste, semini semente Divina. È attraverso te che mi do al mondo; parlo Io nelle tue labbra. Qualunque cosa sgradevole che sorga, non è nulla in confronto al bene. È il demonio rabbioso, che vuole bruciare la semente Divina, ma si ostinerà invano.
Si faccia preghiera, si faccia penitenza! Incominci la Chiesa! Quante cose deve correggere e perfezionare! Le Case Religiose, le Case Religiose; frati e suore che non vivono la vita dei loro fondatori. Incominci la Chiesa! Vi sia tutta la vigilanza nella Chiesa.
Si risollevi il mondo verso di Me
». (S pp. 364-365)

È’ il Tabernacolo il luogo dove rivolgere di nuovo il nostro sguardo:

Alexandrina:

«Gesù mi apparve nel Tabernacolo con la porticina del Tabernacolo aperta:
- Ascolta, innamorata folle delle anime, ascolta, innamorata folle dell'Eucaristia! Sto qui nel tabernacolo solo per amore: gli uomini non comprendono questo amore; sto qui per essere alimento e vita: gli uomini non vogliono alimentarsi e vivere la mia vita.
Parla loro del Mio amore, comunica loro il Mio amore! Tu che sei stata creata per essere distributrice di tutto quanto è Mio, parla Mia innamorata, parla, sposa Mia, della Eucaristia.
Chiedi alle anime di venire al Tabernacolo e di vivere del Tabernacolo

Mostrandomi la corona del Rosario mi fece sentire come se la intrecciasse molto stretta alle mie mani e continuò:
- Parla del Rosario di Mia Madre benedetta, parla alle anime dei grandi mezzi di salvezza -. (Eucaristia e Rosario).
Vidi Gesù che irradiava amore, sentii che era tutto dolcezza e carità e vidi che le Piaghe Sue spargevano sangue vermiglio, molto vermiglio.
- O Gesù, io non ho fede, sono miserabile, io sono un nulla per parlare del sublime, per parlare di cose tanto belle e grandi, per parlare dell'Onnipotente!
Essendo Voi nel Tabernacolo, cosa rappresenta quel sangue? -.
- Tu hai fede, figlia mia, hai amore, hai tutto. Sei la più grande vittima di espiazione. Parla al mondo, ricordagli le minacce e la giustizia di Mio Padre, se esso non si converte e non vive una vita nuova, una vita pura e santa.
Questo sangue è sangue versato per amore, le Piaghe sono ravvivate giorno e notte da tante, tante anime che Mi ricevono nel l'Eucaristia sacrilegamente.
Venite al Tabernacolo, veniteci in grazia e ardenti d'amore!
». (S pp. 383-384)

«Lontano dal Cielo, lontano da Gesù sta chiunque è lontano dal Tabernacolo. lo voglio anime, molte anime eucaristiche. Il Tabernacolo, il Tabernacolo, il Tabernacolo, oh se fosse ben compreso il Tabernacolo!
Il Tabernacolo è la Vita, il Tabernacolo è l'amore, il Tabernacolo è la gioia e la pace.
Il Tabernacolo è luogo di dolore, è luogo di offesa, è luogo di sofferenza: il Tabernacolo è disprezzato, il Gesù del Tabernacolo non è compreso.
Del Tabernacolo vivono alcune delle Mie vittime, delle Mie spose elette. Il Tabernacolo non è compreso, no, no, figlia Mia, e come può essere compresa la tua vita? Coraggio, coraggio avanti!
Poveretti coloro che non vogliono riconoscere ed amare il Signore del Tabernacolo! Poveretti coloro che non vogliono vedere con quella luce sprigionata dal Tabernacolo!
Tu vivi di Me e per Me; vivi di Me e per le anime. Coraggio e fiducia, sposa diletta! La tua vita è ricca, piena di prodigi del Signore: trionferà, trionferà, trionferà!
- O Gesù, o Gesù, o mio Amore, la mia anima vede il Vostro Divin Cuore fatto Tabernacolo: le porte sono spalancate. I raggi, le fiamme divoratrici che escono da Esso, vengono incontro a me: bruciatemi, Gesù, bruciatemi! Consumatemi, fate che io sparisca in Voi; fate, fate Signore che tutte le anime si accostino al Tabernacolo e vivano sempre e soltanto del Tabernacolo!
- Guarda, guarda mia sposa diletta il tuo sposo Eucaristico, il Prigioniero d'amore! lo voglio anime eucaristiche, ma veramente eucaristiche e non anime che profanano e oltraggiano il Mio Cuore Divino -». (S pp. 242-243)

Un richiamo importante viene fatto da Gesù, sulla sua presenza reale nell'Eucaristia come Uomo e come Dio, mettendo in guardia quindi dalla tentazione di considerare o solo la dimensione umana escludendo la Divinità, o considerando solo quest'ultima, escludendo l'Incarnazione:

«Figlia Mia! Come lo vedo il mondo!...
Parla della Mia Eucaristia: di' che lì sto come Uomo e come Dio.
Di' che voglio che Mi amino come amo Io. Parla loro dell'amore Eucaristico, e della necessità di ricevermi
». (S p. 396)

«Fa' che lo sia amato da tutti nel Mio Sacramento d'amore, il maggiore dei Miei Sacramenti, il maggior miracolo della Mia sapienza.
...È l'alimento che genera le vergini, le più pure, le più care e amate dal Mio Divin Cuore. Quanto Mi devi, figlia mia, quanto Mi devi, figlia amata, tu insieme a tutta l'umanità, per avere Io istituito questo Santo Alimento!
». (L p. 39)
In diverse estasi Alexandrina vide l'istituzione dell'Eucaristia, la sera del Giovedì Santo.

Gesù:

«Vieni al Cenacolo: medita quanto Io là già soffrii, ma non volli lasciarvi soli: istituii il Mio grande Sacramento». (L p. 87)

Alexandrina:

«- Salii con Gesù e con gli apostoli verso la grande sala dove si tenne la Cena.
Mentre salivo la scalinata, sentivo che Gesù era affamato di andare a mangiare quella cena con gli apostoli.
Durante questa, Gesù con gli occhi al Cielo, si infiammò tutto in fuoco, tutto in amore. Che volto bellissimo! E gli apostoli, in quell'ora, più che mai si saziarono di Gesù, si infiammarono d'amore giunsero a comprendere tutto quanto Egli diceva.
Vidi il dolce Gesù benedire il pane e in quel momento d'amore e di meraviglia senza pari, sentii che il mondo era un altro: Gesù si dava a lui in alimento, partiva per il Cielo e rimaneva col mondo. Quell'amore si estese su tutta l'umanità. Questa benedizione fu fatta prima che San Giovanni si abbandonasse sul petto del Signore. (S pp. 124, 78-79)

...Mentre si sedeva, parlò tra sé il Suo Divin Cuore:

- Cibo Divino, la Cena del Mio amore!
Tutta la sala si illuminò, tutti gli apostoli restarono imbevuti in quell'amore che Gesù irradiava dai suoi divini occhi, dalle labbra e da tutto il Suo Essere, perché Egli era tutto amore.
Solo Giuda, disperato, con il demonio e il fuoco infernale in sé, non ricevette l'amore di Gesù.
Come Egli amava, soffriva, sorrideva! Come vedeva tutto ciò che l'attendeva!
...Mai sentii tanto al vivo le tenerezze e l'amore di Gesù verso i Suoi apostoli.
Gesù, con gli occhi fissi al Cielo, in fiamme di fuoco, pregò per molto tempo il Suo Eterno Padre. Erano tali le tenerezze che Egli aveva verso gli apostoli, che io sentivo come se li prendesse in braccio, in un abbraccio amoroso ed eterno, li stringesse al Suo Divin Cuore.
Giuda pareva avere in sé il demonio.
Tutti gli apostoli ricevettero la Comunione dalle mani di Gesù, ardenti d'amore. Devo dire che anche Giuda la ricevette! Egli stava appartato, Gesù stese verso di lui la sua mano Divina con il Cibo Celeste. E subito dopo, Giuda uscì con un aspetto tale da far disperare: non solo aspetto di un demonio, ma di molti demoni. Tutte le persone presenti rimasero in pace e in amore.
Vorrei che tutti conoscessero quel mistero del pane e del vino trasformati nel Corpo e nel Sangue del Signore. Miracolo prestigioso! Abisso insondabile d'amore!...
Fu tale la luce, fu tale l'amore che imbevve tutti gli apostoli e me!». (S pp. 259,43-44, 121)

NON TI ALIMENTERAI MAI PIÙ SULLA TERRA
Io sono il Pane della Vita.
Se uno mangia di questo Pane vivrà in eterno e il Pane che Io darò è la Mia Carne per la Vita del mondo.
Gv 6,48-51

Gesù:

«Non ti alimenterai mai più sulla terra.
Il tuo alimento è la Mia Carne, il tuo sangue è il Mio Divino Sangue, la tua vita è la Mia Vita: da Me la ricevi quando ti alito sopra e ti consolo, quando unisco il Mio Cuore al tuo. Non voglio che usi medicine, eccetto quelle a cui non si possa attribuire alimentazione.
Grande è il miracolo della tua vita
». (S p. 133)

Con il venerdì santo del 1942, Alexandrina non vivrà più la Passione di Gesù nel corpo e con movimenti esteriori, ma vivrà l'agonia dell'anima e dello spirito condividendo il martirio di Gesù iniziato nel Getsemani.
Inizia contemporaneamente per lei una nuova sofferenza legata all'impossibilità di ingerire qualsiasi alimento e bevanda, sofferenza che permarrà per tredici anni, fino al giorno della sua morte avvenuta il 13 ottobre 1955. È’ l'Eucaristia il suo unico alimento.

Nota: Il 10 giugno 1943, dopo un anno di digiuno, Alexandrina venne ricoverata presso l'Ospedale «Foce del Duro», a Oporto, per gli accertamenti cimici relativi al digiuno. Il ricovero, sollecitato dal dottor Azevedo, durò 40 giorni. venne organizzata dai medici del reparto una sorveglianza strettissima attraverso il personale infermieristico, incaricato di verificare se Alexandrina assumeva cibi e bevande. vennero effettuati numerosi esami clinici e diversi colloqui per valutare il suo stato psichico.
Non fu possibile dare alcuna spiegazione medica sulle cause del digiuno, né su come Alexandrina potesse sopravvivere conservando i valori degli esami clinici entro la norma, come se si nutrisse, e conservando anche un adeguato equilibrio psicologico.

La causa di tale digiuno resterà per un certo tempo misteriosa e sconosciuta fino a che ne viene svelato il senso e l'origine dalla Madonna stessa e da Gesù.
Infatti nel giorno dell'anniversario dell'inizio del digiuno, la Madonna le dice:

«Figlia mia, Vengo a confortarti in questo giorno di anniversario per la liturgia della Santa Chiesa, giorno in cui il Mio Divin Figlio modificò in te la sua Santa Passione perché continuasse nel profondo e misticamente nascosta; vi aggiunse poi il tuo digiuno, come prova per l'umanità, per chiamarla a sé, al Suo Divin Cuore, mediante tale meraviglia».
«Figlia mia, le dice Gesù, faccio che tu viva solo di Me, per mostrare al mondo il valore dell'Eucaristia e ciò che è la Mia Vita nelle anime.
Sei luce e salvezza per l'umanità: fortunati coloro che si lasciano illuminare!
». (S pp. 220, 319)
Questa nuova situazione fa provare ad Alexandrina nostalgie fortissime di cibo e di acqua, una fame ed una sete struggenti ed inestinguibili, pur sentendosi contemporaneamente sazia. Ella vive in sé la fame e la sete delle anime che non si nutrono di Dio, e che rischiano quindi di morire, cioè perdersi per sempre, e che lei nutre e salva con la sua sofferenza, fonte di perdono e di Vita. Contemporaneamente conosce misticamente la fame e la sete che Gesù ha delle anime, e cioè il Suo desiderio infinito di salvarle.

«Io, senza la Grazia Divina, non posso resistere al pensiero di non poter mai più alimentarmi, alla nostalgia di cibo: è un tormento vivissimo che ferisce invisibilmente.
Con questo dolore e queste nostalgie posso pensare e sentire più al vivo ciò che sono le Vostre nostalgie, Gesù, le ansie e la Vostra fame di anime, il dolore che esse Vi causano con il loro perdersi...
». (S pp. 14, 206)

Gesù, nel ribadire che è Lui a tenere in vita Alexandrina con l'Eucaristia, fornisce ulteriore comprensione sul valore redentivo della sua sofferenza:

«lo sono la tua vita: tu vivi di Me.
Di', scrivi, te Io ordina Gesù. Di' perché sappiano: sei la Mia sposa ed Io il tuo Sposo.
Di' perché comprendano. Per te faccio di più di quanto feci nel deserto: ti do la Mia Carne, ti do il Mio Sangue.
E questo non è vita migliore, manna migliore, più dolce della manna del deserto?
Donandomi Io tutto a te, non ti lascio senza conforto.

- Gesù mio, perché mai, poiché Vi possiedo così, io sento tanta nostalgia di alimentarmi, e tante volte nei miei leggeri sonni sento questa voglia e mi sveglio come se stessi inghiottendo per alimentarmi?
- Figlia Mia, stella del mondo, arcobaleno di tutta l'umanità, possedendoti interamente, amandoti ed arricchendoti come nessun'altra anima e facendo in te la copia più fedele della Mia Divina Passione, non potevo tralasciare di associarti alla Mia sete, alla fame che ho di anime. Non sai che lo soffro questa sete, questa fame notte e giorno? È più completo il ritratto di Gesù nella Sua sposa. Abbi coraggio! Questa nostalgia e questa ansia non cesseranno: termineranno solo nei tuoi ultimi momenti -». (S p. 66)

Alexandrina vive quindi un nuovo martirio dell'anima: percepisce in sé l'umanità che non crede in Dio, sotto la forma del mondo o dello stormo di uccelli che si aggrappano a lei, esile stelo, per non perdersi:

«Non ebbi mai tentazioni tanto terribili contro la fede. Gesù mi ordina di ripetere molte volte la parola "credo". Non credo in Dio, nell'eternità, nel Cielo e nell'inferno. Ecco il pensiero tremendo: muoio, e tutto finisce. A che mi serve questa vita di sofferenza?
Meglio sarebbe uccidermi o non essere nata. Separarmi da Deolinda e da tanti che mi sono cari e non vederli più, mio Dio, mio Dio! Però il maggior tormento è di non vedere Dio nell'eternità, di non poterlo amare perché non esiste. L'eternità che io vivo è morte, è putrefatta. Povera vita, povera eternità senza Dio!
Nuovo martirio dell 'anima mia: essa è come un gambo di lino già sfruttato; a queste fibre insanguinate il mondo viene a succhiare tutto il mio essere.
Ora è uno che ha la grandezza del mondo, ora sono molti che si presentano come uccelli in stormi, hanno mani con artigli, occhi stralunati, capelli scapigliati, sono degli affamati insaziabili, sono dei perfetti scheletri. lo non ho più sangue, non ho più essere da dare loro. L'anima si stanca e muore di sgomento. Essa poi ha una fame infinita che viene ad aumentare il tormento del corpo. Questa fame dell'anima mi causa nostalgia della alimentazione:
ho nostalgia di ogni alimento e sentendomi sazia sento un vuoto che solo il mondo può colmare.
Gesù, in estasi, mi disse che questo che sento nell'anima è il mondo, sono le anime che vedono già gli orrori dell'inferno: restano aggrappate alle fibre della mia anima, a succhiarmi tutta per non perdersi. Mi ha detto poi che la fame infinita è Sua». (L p. 138)

Nel 1942, poco prima che iniziasse il suo digiuno, Alexandrina aveva rivolto al Signore questa preghiera:

«O mio amore Sacramentato, non posso vivere senza di Te! O Gesù, trasformami nella Tua Eucaristia! Mammina, o mia Mammina cara, voglio essere di Gesù, voglio essere Tua».

La sua preghiera è stata esaudita: se le anime che restano aggrappate all'esile stelo, non si perdono è perché Alexandrina è ostia vivente: può trasmettere la Vita Divina anche a quanti la avvicinano perché Cristo ha assunto la sua umanità e vive in lei:

Gesù:

«Faccio questa trasformazione Sacra, trasformazione Divina: trasformarmi in te, trasformarti in Me». (S p. 390)

Nel donarle le sue gocce di Sangue per farla vivere, aggiunge:

«...ti faccio una nuova trasfusione, affinché Cristo viva nella sua crocifissa e la Sua crocifissa viva in Cristo. Vengo ad alimentare la tua anima come Medico Divino e a dare al tuo corpo quello che il medico della terra non può darti: il Mio Divino Sangue, il Mio Divino Amore, perché tu viva e dia la Vita alle anime». (S pp. 75,110)

Attraverso lei, Gesù può donarsi a quanti la avvicinano:

«O sposa cara, Io sono qui nel Tabernacolo del tuo cuore... Tu sei il Tabernacolo ove abito giorno e notte senza assentarmi.
Tu sei l'ostia che con Me si immola, tu sei l'ostia con la quale le anime comunicano con me.
Tu vivi con Me nell'Eucaristia, vivi la Mia Vita.
In questa immolazione continua, in questa unione indissolubile, in questa vita tanto mistica e Divina, le anime Mi ricevono attraverso te
».

«Comunica al mondo, comunica alle anime questa Vita. Lascia che se ne servano e traggano da essa profitto, a misura delle loro ansie di unione con Me...». (S pp. 397, 308) Lascia che dai tuoi sguardi, dalla tua vita, traspaia tutto ciò che è Celestiale, e le anime che si accostano a te, ricevano da te questa Vita, come aria pura che si respira. È Gesù ad affermarlo, e Gesù non mente, non inganna: le anime che si accostano a te ricevono la Vita Celeste». (S p. 435)
Per gli scettici e gli increduli di tutti i tempi, valgano le seguenti parole di Gesù:

«La vita che vivi, la vita delle più alte meraviglie, può essere veramente compresa solo da alcune anime di grande e profonda vita interiore, da anime veramente mistiche. E sono tanto rare! Quale pena per il Mio Cuore Divino... L'Eucaristia è l'alimento che ti fa vivere, è l'alimento cui gli increduli non credono.
Non posso Io far vivere le Mie vittime nel modo che voglio, ossia con la Vita Divina?
». (S pp. 32, 249)

COMUNIONE SPIRITUALE E COMUNIONE SACRAMENTALE
Se uno Mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre Mio lo amerà e noi verremo
a lui e faremo dimora presso di lui.
Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia,
ma del Padre che mi ha mandato.
Gv 14,23-24

«Figlia mia, sempre nella croce con Me, sempre con Me nella Mia Eucaristia: la croce è segno di Redenzione, l'Eucaristia è amore. Quanto soffro, quanto soffro, prigioniero lì!
Di' alle anime che Mi amano, che vivano nei loro lavori unite a Me.
Quando sono nelle loro stanze, molte volte, sia di giorno che di notte, si inginocchino con il capo chino dicendo:
- Gesù, io Vi adoro in ogni luogo dove abitate Sacramentato; Vi faccio compagnia per coloro che Vi disprezzano, Vi amo per coloro che non Vi amano, Vi do sollievo per coloro che Vi offendono. Gesù, venite nel mio cuore.
Questi momenti saranno per me di grande gioia e consolazione
». (S p. 131)

Alexandrina:

«O mio Gesù, venite al mio povero cuore! lo Vi desidero, non tardate! Venite ad arricchirmi delle Vostre grazie, aumentate in me il Vostro Santo e Divino amore. Unitemi a Voi, nascondetemi nel Vostro Sacro Costato; non voglio altro bene se non Voi, sospiro solo per Voi.
Vi ringrazio, Eterno Padre, per avermi lasciato Gesù nel Santissimo Sacramento, Vi ringrazio, mio Gesù, e infine Vi chiedo la Vostra Santa benedizione.
Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento». (A p. 8)

Forse non è senza significato il fatto che Gesù abbia affidato la missione dei Tabernacoli, ad una ragazza totalmente paralizzata come Alexandrina. La sua immobilità fisica, ci costringe ad entrare inevitabilmente nella dimensione interiore dell'uomo, nell'unico spazio in cui può avvenire l'incontro con il Signore: è nella cella del cuore, che può avvenire il nostro incontro con Lui, ed è solo nell'amore che si può sviluppare la vita di comunione con Lui.
È’ solo la forza dell'amore che ci rende misticamente presenti là dove Lui è, in tutti i Tabernacoli del mondo, e rende presente Lui in noi, ovunque noi siamo, nel Tabernacolo del nostro cuore.
Più volte, attraverso Alexandrina, Gesù ci ha ripetuto che nell'abitudine, nell' obbligo, nella freddezza, nell' indifferenza non avviene nessun incontro vivo, nessuna unione feconda con Lui, e noi restiamo umanamente e tristemente uguali a noi stessi senza la Sua gioia e senza la Sua pace. Come a Nazaret Gesù compì pochi miracoli per la mancanza di fede dei suoi abitanti, così il nostro cuore può essere ora una nuova Nazaret, dove Gesù Eucaristia non può compiere il miracolo della nostra trasformazione da figli dell'uomo in figli di Dio, per la nostra incredulità, e per la mancanza in noi del reale amore e desiderio di Lui.
È’ solo l'amore che ci fa vivere in continua unione con Lui e che ci porta a desiderare ardentemente il momento del nostro incontro nella Santa Eucaristia.

«Se uno Mi ama, osserverà la Mia parola, e il Padre Mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui... » Gv 14,23-24
Anche qui, le parole di Gesù ribadiscono come la grande promessa della vita di comunione con il Padre può avvenire solo nell'amore:
la Santissima Trinità tutta, entra nelle nostre case, abitando nel Tabernacolo del nostro cuore.
Chi Lo ama osserverà la Sua parola.
L'amore per Gesù non è separabile dal fare la Sua volontà che ci viene indicata nella Sacra Scrittura come ricorda il salmista, lampada per i miei passi è la tua parola» e, dalla Chiesa che ne custodisce le verità di fede.
Non è pensabile un Cristianesimo «fai da te», che trovi la propria autogiustificazione nella concezione e relazione individualistica, al di fuori quindi della vita Ecclesiale e Sacramentale. È la posizione di quanti oggi affermano: «Cristo sì, la Chiesa no».
Né è pensabile un Cristianesimo che separi il momento della celebrazione liturgica dalla vita vissuta e testimoniata oltre la soglia della porta della propria Chiesa, se non si vuole correre il rischio di alimentare una falsa coscienza di sé, andando ad aumentare le fila dei «sepolcri imbiancati».
«Chi Mi ama osservera la Mia parola», ci ripete Gesù, e la vita di comunione con Lui nasce e persiste nella condizione di Grazia e si interrompe al di fuori di Essa. Cosa comporti per l'anima essere separata da Dio ce lo dice Alexandrina che rivisse la profonda sofferenza che ne deriva, mentre Gesù, nel dialogo che segue, ci ricorda che è nel peccato che avviene la separazione da Lui.
Alexandrina in un giorno in cui non poté ricevere la Santa Comunione:

«...in tutto il giorno ho lottato per il vuoto indicibile della mancata Comunione, contro una fame di Lui insopportabile.
Senza fede, senza sentirla e senza sentire il dolore salii la

Nota: La presenza della SS. Trinità nell'anima in grazia è Presenza dinamica, cioè Dio vuole santificare l'anima, vuole renderla sempre più rassomigliante a Gesù, unico modello di Santità.
L'unico ostacolo che può trovare in tale lavoro di trasformazione del nostro essere, è la nostra libertà: ecco perché è indispensabile il nostro consenso, accompagnato dal totale abbandono fiducioso in Lui, consenso che diventa così collaborazione attiva all'azione della Grazia.

montagna: non fui capace, nel mio intimo, di ripetere il mio "credo" e di fare un atto di amore. Volevo dire con il pensiero - Credo, mio Gesù -, ma era una cosa tanto vaga che non giungeva al Cielo: ciò che nasce alla superficie, non vale nulla. Avevo bisogno di dirlo dal profondo, ma non fui capace, tale era la mia sfinitezza.
Con molto ritardo venne Gesù: pareva non venisse più, che separazione tremenda!
Venne, ma non portò luce, però mi rialzò e mi parlò con dolcezza e con amore.
- Figlia Mia, sposa cara, sono Gesù, sono Gesù, rialzati, abbi coraggio, vieni a Me.
Sai già che è tutto tuo il Mio amore, tutto tuo il Mio Cuore con tutti i tesori e le grazie perché tu distribuisca tutto. I tuoi sono sentimenti simbolici, sentimenti Divini: il tuo allontanamento da Me è l'allontanamento delle anime. Come possono dire che credono in Me, se peccano come se Io non esistessi? Come possono dire di amarmi, nei loro peccati e vizi, rinnovando giorno e notte la Mia Passione? Sentimenti simbolici: leggete e comprendete, maestri delle anime!
-». (S pp. 363-364)

E durante l'estasi precedente a questa, Gesù aveva raccomandato:

«Obbedienza al Papa, obbedienza alla Chiesa». (S p. 356)

Ecco invece come Gesù comunica la Sua presenza continua, la Sua unione indissolubile dall'anima che vive nella Grazia, in risposta ad Alexandrina che aveva espresso il suo intenso desiderio di riceverLo Sacramentalmente:

«Figlia Mia, non giudicarmi assente da te, perché mai ti abbandono.
In te abita sempre la Santissima Trinità, credi nella Mia Presenza Sacramentale in te, perché mai, mai ti abbandono
». (L p. 125)
Come a Santa Margherita Maria Alacoque il Signore affidò la richiesta della Comunione nei primi venerdì dei nove mesi consecutivi in riparazione delle offese fatte al Suo Sacro Cuore, come a Fatima venne richiesta la Comunione nei primi sabati dei cinque mesi consecutivi in riparazione delle offese fatte al Cuore Immacolato di Maria, ad Alexandrina Gesù affidò la richiesta della Comunione nei primi giovedì dei sei mesi consecutivi in onore della Santissima Eucaristia, adorando in Essa la Sua perenne Presenza e contemplando contemporaneamente il Suo perenne Sacrificio.

Gesù:

«Mia figlia, Mia cara sposa, fa' che lo sia amato, consolato e riparato nella Mia Eucaristia.
Di' in Mio nome che a quanti faranno bene la Santa Comunione, con sincera umiltà, fervore ed amore nei primi sei giovedì consecutivi e passeranno un'ora di adorazione davanti al Mio Tabernacolo in intima unione con Me, prometto il Cielo.
È per onorare attraverso l'Eucaristia, le Mie Sante Piaghe, onorando per prima quella della Mia Sacra spalla, così poco ricordata.
Coloro che al ricordo delle Mie Piaghe uniranno quello dei dolori della Mia Madre benedetta e per essi ci chiederanno grazie sia spirituali che corporali, hanno la Mia promessa che saranno accordate, a meno che non siano di danno per la loro anima.
Nel momento della loro morte condurrò con Me la Mia Santissima Madre per difenderli
». (S p. 197)

Nelle pagine del suo diario, Alexandrina ci ha lasciato una splendida testimonianza di come lei affidasse ancora una volta alla Madonna, il compito di preparare la sua anima a ricevere Gesù Eucaristia: Alexandrina dipendeva in tutto da Maria, e la «Piena di Grazia» non deluse il suo abbandonarsi fiducioso in Lei.

«Ieri ebbi la consolazione di ricevere il mio caro Gesù. Avevo l'abitudine di chiedere alla Madonna di inviare una moltitudine di Angeli, Cherubini e Serafini per accompagnare il mio Gesù dal Tabernacolo fino a me, e di venire Lei stessa con un'altra moltitudine a preparare il trono dell 'anima mia, di ricevere Gesù, e infine, a fare il ringraziamento per me. Questa volta avvenne così. E dopo aver ricevuto il Signore, che pace io sentii!
Stavo ad occhi aperti e cominciai a vedere davanti a me una quantità di Angeli formanti un grande arco. Da un lato figure più grandi che tenevano in mano qualcosa: non so cosa fosse. In mezzo una figura più grande ancora, ma non la distinguevo bene. Di fronte vi era un trono con colori tanto belli e di là uscivano ad inondarli raggi dorati.
Nel vedere questo, pensavo fosse la Madonna accompagnata dai Suoi Angeli, come Le avevo chiesto». (L p. 68)

Alexandrina rimase dubbiosa se parlarne o meno con il Padre Spirituale, ma ricevette questo ordine e questa spiegazione da Gesù:

«Di' tutto, tutto. Ti ho presentato questo perché tu veda che le tue preghiere sono accette al Cielo. Hai visto la Madonna con i Suoi Angeli, i Cherubini e Serafini con i loro strumenti; vennero a preparare la tua anima; poi Mi hanno ringraziato, amato e lodato come in Cielo. Sono su un trono dentro di te». (L pp. 68-69)

Affidiamo alle parole di Gesù il compito di ricordarci che la Sua Presenza Eucaristica è solo presenza d'amore, e che la comunione è tale se è comunione di due cuori che si amano e che si donano totalmente l'uno all'altro senza riserve.
Sono le parole che Gesù rivolse ad Alexandrina nel giorno in cui volle renderla simile a Sé anche nel corpo, con il dono delle Mistiche Stigmate:

«È venuto Gesù, e in un impulso d'amore, mi ha dato più forza e mi ha parlato così:
-Vieni, Figlia mia! lo sono con te. È con te il Cielo con tutta la forza -.
In quel momento dalla Piaga del Suo Divin Cuore è uscito
un lampo così grande con raggi tanto luminosi che fecero risplendere tutto. Poco dopo, da tutte le Sue Piaghe Divine sono usciti raggi che mi hanno trapassato i piedi e le mani; dal Suo Capo sacrosanto veniva verso il mio un "sole" che mi ha trapassato il cervello.
Circa il primo lampo e i raggi che uscivano dal Suo Divin Cuore, Gesù mi ha detto con tutta chiarezza:
- Mia figlia, come Santa Margherita Maria, lo voglio che tu accenda nel mondo questo amore del Mio Divin Cuore oggi tanto spento, nei cuori degli uomini. Accendilo, Accendilo! lo voglio dare, voglio dare ad essi il Mio amore. lo voglio essere da loro amato. Essi non lo accettano e non Mi amano.
Per mezzo tuo voglio che questo amore sia acceso in tutta l'umanità, così come, per mezzo tuo fu consacrato il mondo a Mia Madre Benedetta.
Fa', o Mia sposa amata, che si diffonda nel mondo tutto l'amore dei nostri Cuori
-

Alexandrina:

«Ma come, Gesù, come fare? Se non lo accettano da Te, gli uomini, come lo riceveranno per mezzo mio?».

Gesù:

«Con il tuo dolore, figlia Mia! Soltanto con il dolore le anime rimangono attaccate alle fibre della tua anima e poi si lasceranno incendiare i cuori nel Mio Amore. Lascia che questi raggi delle Mie Piaghe Divine penetrino nelle tue piaghe nascoste, nelle tue piaghe mistiche.
Lascia che il Mio balsamo le addolcisca, come anche le spine del tuo capo.
Tu non vivi la vita del mondo, anche se sei nel mondo. Vivi la Mia Vita Divina...
». (S p. 370)

EUCARISTIA E ROSARIO
«Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua Madre!».
E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Gv 19,26-27

Era il 30 maggio 1862, la sera in cui don Bosco raccontò ai suoi ragazzi il sogno profetico sulla Chiesa, diventato poi famoso come il sogno delle due colonne.
In questo sogno, don Bosco vide la nave, che rappresentava la Chiesa, pilotata dal Papa, navigare con grande difficoltà in un mare pieno di navi schierate in battaglia contro di lei.
Ma dalla distesa del mare, vide elevarsi due colonne, molto alte e robuste: su una colonna c'era la statua della Vergine Immacolata, che recava ai piedi il cartello con la scritta «Auxilium Christianorum», sull'altra colonna, più alta e più grossa, vide l'Ostia e sotto un cartello con le parole «Salus Credentium» (Salvezza dei credenti). Il Papa, per due volte, venne colpito e ferito, la seconda volta muore.
Il suo successore riesce a raggiungere le due colonne e a legare ad esse la Chiesa.
«Allora succede un gran rivolgimento»: Tutte le navi avverse colano a picco, la tempesta cessa.
La Chiesa aveva vinto la terribile battaglia con l'aiuto della Madonna e dell'Eucaristia.
Alexandrina da Costa fu, con la sua vita, la testimone fedele del messaggio racchiuso nel sogno di don Bosco: il Signore condusse questa umile figlia del Portogallo a diventare Eucaristia Vivente, nutrendosi solo dell'Ostia Consacrata, durante gli ultimi tredici anni della sua vita, per dimostrare al mondo che Lui esiste e che è la fonte della Vita Eterna.
Inoltre, per ricordare al mondo ed alla Chiesa il posto che occupa Maria Santissima nel Cuore di Dio Padre e nel piano di salvezza dell'umanità, Gesù chiese, attraverso la sua portavoce Alexandrina, che il Papa consacrasse il mondo intero al Cuore Immacolato di Maria. Ecco le due colonne di don Bosco, che continuamente ci vengono riproposte, a memoria di Colui che solo può sedare le tempeste del mondo, insieme a Sua Madre, così come un giorno sedò quella che minacciava la piccola barca sulla quale si trovava insieme agli Apostoli sul lago di Tiberiade.

«Maestro, non ti importa che affondiamo?!», fu il grido di Pietro, sconcertato dal sonno tranquillo di Gesù.
«Taci, fa' silenzio», ordinò Gesù al vento e si fece gran bonaccia. Ma disse loro:
«Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?».

Abbiamo bisogno anche noi, uomini e donne del 2000, di sentire risuonare nel profondo del nostro cuore la voce di Gesù che ci ripete quelle parole eterne, soprattutto ora che l'onda del mondo impazzito in un delirio di autosufficienza e di onnipotenza, sotto diversi nomi, tenta di offuscare e di nascondere ai nostri occhi la presenza stessa del Signore che, invece, continua a viaggiare con noi, sulla nostra barca personale perché il Suo nome è Emmanuele, Dio con noi.
Ecco come Gesù e Maria, attraverso le labbra di Alexandrina, ci consegnano, oggi, gli stessi mezzi di salvezza; a noi la libertà di condividere o meno il progetto d'amore in essi racchiuso, offrendo la nostra disponibilità per attuarlo:

Alexandrina:

«...venne Mammina: aveva un manto bianco e dorato.
Mi prese tra le Sue braccia, mi accarezzò, avvolse attorno alle mie mani il Rosario che pendeva dalle Sue e così pure la Croce del Rosario, dopo averla baciata:
- Figlia mia, lo sono la Vergine del Rosario: gioisco quando vedo che tu ne consigli la recita di almeno una terza parte per onorarmi. Continua a farlo: è devozione di Salvezza.
Il mondo agonizza e muore nel peccato. Voglio preghiera, voglio penitenza. Avvolgi, figlia Mia, in questo Mio Rosario, coloro che ami e che sono tuoi: anch'Io li amo e Gesù pure li ama; avvolgi chi si raccomanda alle tue preghiere, avvolgi il mondo intero, in un mazzo, come Io ho avvolto te, stringilo al tuo cuore come Io ho stretto te fra le Mie braccia.
...Parla alle anime dell'Eucaristia, parla loro del Rosario; di' che si cibino del Corpo di Cristo e dell'alimento della preghiera del Mio Rosario -
». (S pp. 308, 373)

Alcuni giorni dopo, è Gesù che pone tra le mani di Alexandrina la Croce del Rosario; l'esperienza mistica che ne segue e che Alexandrina ci consegna nelle pagine del suo diario è di estrema importanza per comprendere il valore del Rosario e dell'Eucaristia:

«...Gesù mi pose in mano la Croce che pendeva dalla corona del Rosario: questa volta, non rimase avvolta nelle mani, ma distesa e aperta; qualcuno dal lato opposto la sosteneva.
Gesù si pose in mezzo alla corona aprendola sempre più e disse:
- Tieni nelle tue mani la Croce, stringila forte al cuore.
L'umanità intera rimarrà dentro al Rosario.
Parla alle anime, parla loro del Rosario e dell'Eucaristia.
Rosario, Rosario, Rosario! Eucaristia, il Mio Corpo, il Mio Sangue!
L'Eucaristia con le Mie vittime: ecco la salvezza del mondo...-
».

Alexandrina:

«Allora, senza sapere come, fui elevata molto in alto. La Croce che avevo in mano rimase dietro di me come se io vi fossi crocifissa.
Il mio cuore diventò un vaso che custodiva sangue. Si alzarono due scale che appoggiavano sui bracci della Croce: quella a destra era la scala del Rosario, quella a sinistra della Eucaristia. A metà di questa un mazzo di spighe bionde e due grappoli di uva.
Le anime vi salivano in fretta, riempivano tutta la larghezza delle scale; passavano dai bracci della Croce dentro il vaso con il sangue. Lì si bagnavano poi volavano in alto ed entravano in Cielo. Quanto sarei contenta se tutti vedessero questo!
Gesù mi disse:
- Figlia Mia, la tua vita è una predicazione continua:
quando parli, quando sorridi, quando piangi e gemi sotto il peso gravoso della Croce: è esempio per i grandi e per gli umili, per i sapienti e i dottori della Chiesa.
Se tu potessi vedere, figlia cara, tutta la gloria che fu data al Cielo, le anime che hai salvato, il bene che hai fatto a tutta l'umanità in questi sedici anni di crocifissione continua, moriresti per la gioia abbagliante.
Il tuo dolore porta anime al Rosario, alla Eucaristia.
Per il tuo dolore salgono le due scale di salvezza: dolore e sangue, dolore e Croce, Croce di salvezza...
Mi consolano di più le sofferenze di un solo giorno delle anime vittime, che tutte le preghiere e le opere del mondo intero.
L'umanità senza vittime sarebbe un giardino senza fiori, un cadavere senza vita, una vita senza luce. Tu sei la vita di questi cadaveri che il peccato uccise, tu sei il faro e il giardino fiorito, sei luce che splende.
Da te le anime sono arricchite prima e dopo la morte. Che pioggia di grazie!...
». (S pp. 377, 163)
Nell'ultimo anno di vita terrena di Alexandrina, Gesù affida ancora alla Sua portavoce, parole di amore e di invito per tutti noi: l'Eucaristia ed il Rosario sono le armi che Gesù consegna alle sentinelle dei Suoi Tabernacoli per sconfiggere con Maria, Aurora del nuovo giorno, il potere e la seduzione del male in ciascuno di noi e nell'umanità intera.

Le dice Gesù:

«Figlia Mia, violetta nascosta, piccola, ma grande agli occhi di Dio...
Sei violetta nascosta, anche se il tuo nome, la tua vita percorrono già il mondo. Le vere grandezze, l'opera mia, il mio lavoro Divino in te, saranno veduti e compresi soltanto dopo la morte, alla luce dell'eternità.
Quante meraviglie! Quanti prodigi! Questo per la tua corrispondenza e la tua fedeltà. Il mondo, come ti è debitore!
Riposati qui e parliamo delle Mie cose, del Mio amore
». Apparve un altare, scrive Alexandrina, la porta del Tabernacolo era aperta. Nella pisside c'erano le Ostie bianche. Gesù si sedette a fianco dell'altare e mi fece sedere dall'altro lato. Non vidi su cosa sedevamo. Gesù posò sull'altare la Sua mano e su di essa il Suo capo Santo; la stessa cosa fece fare a me. La mia mano destra rimase unita alla Sua mano sinistra.
Dal Tabernacolo, da quelle Ostie così bianche uscivano raggi più splendenti del sole e passarono tra noi.
Gesù, pieno di dolcezza, mi disse:
- Mia Figlia, gioiello eucaristico, lo sono lì nel Tabernacolo, in quell'Ostia pura, in Corpo, Anima e Divinità, come sono qui. Confida, figlia Mia!
Parla al mondo di questo amore. Di' agli uomini che si avvicinino a Me. Voglio darmi a loro. Molte volte, tutti i giorni se è possibile. Vengano con cuore puro, molto puro e assetato. Se verranno al Tabernacolo con le dovute disposizioni e reciteranno il Rosario, o la sua terza parte, tutti i giorni, non occorrerà altro per allontanare la giustizia di Dio.
Il Rosario, il Tabernacolo e le mie vittime, la vittima di questo Calvario, sono sufficienti perché al mondo siano dati il perdono e la pace. Chi viene al Tabernacolo vive puro; chi vive all'ombra di Mia Madre benedetta, vive della Sua purezza. E così l'umanità vive la vita nuova, pura e santa da Me raccomandata tante volte da questa cameretta
-». (S pp. 387-388)

Alexandrina:

«O mio Gesù, io vorrei che il mio amore fosse come la luce che non si spegne, come la brezza continua che si diffonde in ogni luogo.
Fate che il mio amore entri e si posi in ogni luogo dove abitate Sacramentato.
Vi amo, Vi amo eternamente». (S p. 69)

Per questo amore grande e generoso che nulla negò al Redentore, pur di salvare le anime dall'infelicità eterna, Alexandrina sarà nell'eternità, l'angelo confortatore per chiunque cercherà in lei forza e sollievo nella sofferenza. Le dice infatti la Madonna:

«Lasciami coprirti col manto di tristezza, col Mio manto di dolore, affinché con questo segno, attraverso i tempi tu possa essere invocata per tutti i dolori dell'anima e del corpo, invocandoti dalla terra quando sarai in Cielo, come martire dei dolori, per conforto e balsamo dei dolori umani». (S p. 220)

E Gesù le preannuncia:

«Che trionfo la tua entrata in Cielo!
Le anime che salvasti col tuo martirio, strette al Rosario, alle perle innumerevoli delle tue virtù e all'ombra del tuo manto, canteranno, loderanno il Signore per averti creata. (S pp. 424, 443)
Subito dopo la tua entrata in Cielo, andrai verso il Trono della Santissima Trinità, farai scendere rugiade fecondatrici, piogge di benedizioni e di grazie...
Su quanti ti sono cari e su quanti invocheranno il tuo aiuto, lascio che tu mandi una pioggia di pietre preziose. Ti darò tutto quello che mi chiederai.
Figlia Mia, dove sta scritto tutto quanto è Divino. In te impareranno ad amare, in te impareranno a soffrire, in te impareranno a conoscere come Io Mi comunico alle anime.
lo vorrei, sposa cara, che la tua vita venisse diffusa, arrivando presto ai confini del mondo, come pioggia di belle rose cadute dal Cielo: quale pioggia di meraviglie, quale balsamo di salvezza per le anime
».
Così sia...


21 novembre 1942

Madre Pierina Micheli

 Anche questa notte fu tribolata assai! Per le anime!... Il Padre non torna e mi sento sfinita... Gesù, aiuto. Santo Padre Silvestro prega per me...