Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 1° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Luca 21
1Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro.2Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli3e disse: "In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti.4Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere".
5Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse:6"Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta".7Gli domandarono: "Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?".
8Rispose: "Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli.9Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine".
10Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno,11e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo.12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.13Questo vi darà occasione di render testimonianza.14Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa;15io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere.16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi;17sarete odiati da tutti per causa del mio nome.18Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà.19Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.
20Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina.21Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città;22saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.
23Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo.24Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.
25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti,26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. 'Le' potenze 'dei cieli' infatti saranno sconvolte.
27Allora vedranno 'il Figlio dell'uomo venire su una nube' con potenza e gloria grande.
28Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".
29E disse loro una parabola: "Guardate il fico e tutte le piante;30quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina.31Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.32In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto.33Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
34State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso;35come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.36Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".
37Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all'aperto sul monte detto degli Ulivi.38E tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo.
Giuditta 6
1Quando si fu calmata l'agitazione degli uomini che presenziavano tutt'intorno al convegno, parlò Oloferne, comandante supremo dell'esercito di Assur, rivolgendosi ad Achior alla presenza di tutta quell'assemblea di stranieri e a tutti i Moabiti:2"Chi sei tu, Achior, e i mercenari di Èfraim, per profetare in mezzo a noi come hai fatto oggi e suggerire di non combattere il popolo d'Israele, perché il loro Dio li proteggerà dall'alto? E che altro dio c'è se non Nabucodònosor? Questi invierà la sua forza e li sterminerà dalla terra, né servirà il loro Dio a liberarli.3Saremo noi suoi servi a spazzarli via come un sol uomo, perché non potranno sostenere l'impeto dei nostri cavalli.4Li bruceremo in casa loro, i loro monti s'inebrieranno del loro sangue, i loro campi si colmeranno dei loro cadaveri, né potrà resistere la pianta dei loro piedi davanti a noi, ma saranno tutti distrutti. Questo dice Nabucodònosor, il signore di tutta la terra: così ha parlato e le sue parole non potranno essere smentite.5Quanto a te, Achior, mercenario di Ammon, che hai detto queste cose nel giorno della tua sventura, non vedrai più la mia faccia da oggi fino a quando farò vendetta di questa razza che viene dall'Egitto.6Allora il ferro dei miei soldati e la numerosa schiera dei miei ministri trapasserà i tuoi fianchi e tu cadrai fra i loro cadaveri, quando io tornerò a vederti.7I miei servi ora ti esporranno sulla montagna e ti porranno in una delle città sul percorso;8non morirai finché non sarai sterminato con loro.9Ma se speri in cuor tuo che essi non saranno presi, non sia il tuo aspetto così depresso. Ho detto: nessuna mia parola andrà a vuoto".
10Allora Oloferne diede ordine ai suoi servi, che erano di turno nella sua tenda, di prendere Achior, di esporlo vicino a Betulia e di abbandonarlo nelle mani degli Israeliti.11I suoi servi lo presero e lo condussero fuori dell'accampamento in aperta campagna, lo menarono dal mezzo della pianura verso la montagna e si trovarono presso le fonti che erano sotto Betulia.12Quando gli uomini della città li scorsero sulla cresta del monte, presero le armi e uscirono dalla città dirigendosi verso la cresta. Tutti i frombolieri occuparono i sentieri di accesso e si misero a lanciare pietre su di loro.13Quelli ridiscesero al riparo del monte, legarono Achior e lo abbandonarono gettandolo a terra alle falde del monte, quindi fecero ritorno al loro signore.14Gli Israeliti scesero dalla loro città, si avvicinarono a lui, lo slegarono, lo condussero in Betulia e lo presentarono ai capi della città,15che in quel tempo erano Ozia figlio di Mica della tribù di Simeone, Cabri figlio di Gotonièl e Carmi figlio di Melchièl.16Radunarono subito tutti gli anziani della città e tutti i giovani e le donne accorsero al luogo del raduno. Posero Achior in mezzo a tutta quell'adunanza e Ozia lo interrogò sull'accaduto.17Quegli riferì loro le parole del consiglio di Oloferne e tutto il discorso che Oloferne aveva pronunziato in mezzo ai capi degli Assiri e quanto aveva detto superbamente contro il popolo d'Israele.18Allora tutto il popolo si prostrò ad adorare Dio e alzò queste suppliche:19"Signore, Dio del cielo, guarda la loro superbia, abbi pietà dell'umiliazione della nostra stirpe e accogli benigno in questo giorno la presenza di coloro che sono consacrati a te".20Poi confortarono Achior e gli rivolsero parole di gran lode;21Ozia da parte sua lo accolse dopo l'adunanza nella sua casa e offrì un banchetto a tutti gli anziani; per tutta quella notte invocarono l'aiuto del Dio d'Israele.
Sapienza 13
1Davvero stolti per natura tutti gli uomini
che vivevano nell'ignoranza di Dio.
e dai beni visibili non riconobbero colui che è,
non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere.
2Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile
o la volta stellata o l'acqua impetuosa
o i luminari del cielo
considerarono come dèi, reggitori del mondo.
3Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro Signore,
perché li ha creati lo stesso autore della bellezza.
4Se sono colpiti dalla loro potenza e attività,
pensino da ciò
quanto è più potente colui che li ha formati.
5Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia si conosce l'autore.
6Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero,
perché essi forse s'ingannano
nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo.
7Occupandosi delle sue opere, compiono indagini,
ma si lasciano sedurre dall'apparenza,
perché le cosa vedute sono tanto belle.
8Neppure costoro però sono scusabili,
9perché se tanto poterono sapere da scrutare l'universo,
come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?
10Infelici sono coloro le cui speranze sono in cose morte
e che chiamarono dèi i lavori di mani d'uomo,
oro e argento lavorati con arte,
e immagini di animali,
oppure una pietra inutile, opera di mano antica.
11Se insomma un abile legnaiuolo,
segato un albero maneggevole,
ne raschia con diligenza tutta la scorza
e, lavorando con abilità conveniente,
ne forma un utensile per gli usi della vita;
12raccolti poi gli avanzi del suo lavoro,
li consuma per prepararsi il cibo e si sazia.
13Quanto avanza ancora, buono proprio a nulla,
legno distorto e pieno di nodi,
lo prende e lo scolpisce per occupare il tempo libero;
senza impegno, per diletto, gli dà una forma,
lo fa simile a un'immagine umana
14oppure a quella di un vile animale.
Lo vernicia con minio, ne colora di rosso la superficie
e ricopre con la vernice ogni sua macchia;
15quindi, preparatagli una degna dimora,
lo pone sul muro, fissandolo con un chiodo.
16Provvede perché non cada,
ben sapendo che non è in grado di aiutarsi da sé;
esso infatti è solo un'immagine e ha bisogno di aiuto.
17Eppure quando prega per i suoi beni,
per le sue nozze e per i figli,
non si vergogna di parlare a quell'oggetto inanimato;
per la sua salute invoca un essere debole,
18per la sua vita prega un morto:
per un aiuto supplica un essere inetto,
per il suo viaggio chi non può neppure camminare;
19per acquisti, lavoro e successo negli affari,
chiede abilità ad uno che è il più inabile di mani.
Salmi 5
1'Al maestro del coro. Per flauti. Salmo. Di Davide.'
2Porgi l'orecchio, Signore, alle mie parole:
intendi il mio lamento.
3Ascolta la voce del mio grido,
o mio re e mio Dio,
perché ti prego, Signore.
4Al mattino ascolta la mia voce;
fin dal mattino t'invoco e sto in attesa.
5Tu non sei un Dio che si compiace del male;
presso di te il malvagio non trova dimora;
6gli stolti non sostengono il tuo sguardo.
Tu detesti chi fa il male,
7fai perire i bugiardi.
Il Signore detesta sanguinari e ingannatori.
8Ma io per la tua grande misericordia
entrerò nella tua casa;
mi prostrerò con timore
nel tuo santo tempio.
9Signore, guidami con giustizia
di fronte ai miei nemici;
spianami davanti il tuo cammino.
10Non c'è sincerità sulla loro bocca,
è pieno di perfidia il loro cuore;
la loro gola è un sepolcro aperto,
la loro lingua è tutta adulazione.
11Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame,
per tanti loro delitti disperdili,
perché a te si sono ribellati.
12Gioiscano quanti in te si rifugiano,
esultino senza fine.
Tu li proteggi e in te si allieteranno
quanti amano il tuo nome.
13Signore, tu benedici il giusto:
come scudo lo copre la tua benevolenza.
Geremia 32
1Parola che fu rivolta a Geremia dal Signore nell'anno decimo di Sedecìa re di Giuda, cioè nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor.2L'esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell'atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda,3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa re di Giuda, dicendo: "Perché profetizzi con questa minaccia: Dice il Signore: Ecco metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà;4Sedecìa re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà dato in mano del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e si guarderanno negli occhi;5egli condurrà Sedecìa in Babilonia dove egli resterà finché io non lo visiterò - oracolo del Signore -; se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla"?
6Geremia disse: Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Ecco Canamèl, figlio di Sallùm tuo zio, viene da te per dirti: Cómprati il mio campo, che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di riscatto per acquistarlo".8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell'atrio della prigione e mi disse: "Compra il mio campo che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di acquisto e a te tocca il riscatto. Cómpratelo!".
Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore9e comprai il campo da Canamèl, figlio di mio zio, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d'argento.10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l'argento sulla stadera.11Quindi presi il documento di compra, quello sigillato e quello aperto, secondo le prescrizioni della legge.12Diedi il contratto di compra a Baruc figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl figlio di mio zio e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto il contratto di compra e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell'atrio della prigione.13Diedi poi a Baruc quest'ordine:14"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Prendi i contratti di compra, quello sigillato e quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo.15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese".
16Pregai il Signore, dopo aver consegnato il contratto di compra a Baruc figlio di Neria:17"Ah, Signore Dio, tu hai fatto il cielo e la terra con grande potenza e con braccio forte; nulla ti è impossibile.18Tu usi misericordia con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi, Dio grande e forte, che ti chiami Signore degli eserciti.19Tu sei grande nei pensieri e potente nelle opere, tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta e il merito delle sue azioni.20Tu hai operato segni e miracoli nel paese di Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini e ti sei fatto un nome come appare oggi.21Tu hai fatto uscire dall'Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio possente e incutendo grande spavento.22Hai dato loro questo paese, che avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorre latte e miele.
23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono secondo la tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure.
24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l'assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi.25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città sarà messa in mano ai Caldei".
26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:27 "Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente; qualcosa è forse impossibile per me?28Pertanto dice il Signore: Ecco io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale la prenderà.29Vi entreranno i Caldei che combattono contro questa città, bruceranno questa città con il fuoco e daranno alle fiamme le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libazioni agli altri dèi per provocarmi.30Gli Israeliti e i figli di Giuda non hanno fatto che quanto è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; gli Israeliti hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore.
31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città da quando la edificarono fino ad oggi; così io la farò scomparire dalla mia presenza,32a causa di tutto il male che gli Israeliti e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme.
33Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione.34Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo35e costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Hinnòn per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloch - cosa che io non avevo comandato, anzi neppure avevo pensato di istituire un abominio simile -, per indurre a peccare Giuda".
36Ora così dice il Signore Dio di Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste:37 "Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli.38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi.40Concluderò con essi un'alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si distacchino da me.41Godrò nel beneficarli, li fisserò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima".42Poiché così dice il Signore: "Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso.43E compreranno campi in questo paese, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, lasciato in mano ai Caldei.44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefèla e nelle città del mezzogiorno, perché cambierò la loro sorte". Oracolo del Signore.
Lettera ai Romani 15
1Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi.2Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo.3Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: 'gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me'.4Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza.5E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù,6perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
7Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.8Dico infatti che Cristo si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri;9le nazioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:
'Per questo ti celebrerò tra le nazioni pagane,
e canterò inni al tuo nome'.
10E ancora:
'Rallegratevi, o nazioni, insieme al suo popolo.'
11E di nuovo:
'Lodate, nazioni tutte, il Signore;
i popoli tutti lo esaltino'.
12E a sua volta Isaia dice:
'Spunterà il rampollo di Iesse,
colui che sorgerà a giudicare le nazioni:
in lui le nazioni spereranno'.
13Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo.
14Fratelli miei, sono anch'io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l'un l'altro.15Tuttavia vi ho scritto con un po' di audacia, in qualche parte, come per ricordarvi quello che già sapete, a causa della grazia che mi è stata concessa da parte di Dio16di essere un ministro di Gesù Cristo tra i pagani, esercitando l'ufficio sacro del vangelo di Dio perché i pagani divengano una oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo.17Questo è in realtà il mio vanto in Gesù Cristo di fronte a Dio;18non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all'obbedienza, con parole e opere,19con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito. Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo.20Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui,21ma come sta scritto:
'Lo vedranno coloro ai quali non era stato annunziato
e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno'.
22Per questo appunto fui impedito più volte di venire da voi.23Ora però, non trovando più un campo d'azione in queste regioni e avendo già da parecchi anni un vivo desiderio di venire da voi,24quando andrò in Spagna spero, passando, di vedervi, e di esser da voi aiutato per recarmi in quella regione, dopo avere goduto un poco della vostra presenza.
25Per il momento vado a Gerusalemme, a rendere un servizio a quella comunità;26la Macedonia e l'Acaia infatti hanno voluto fare una colletta a favore dei poveri che sono nella comunità di Gerusalemme.27L'hanno voluto perché sono ad essi debitori: infatti, avendo i pagani partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere un servizio sacro nelle loro necessità materiali.28Fatto questo e presentato ufficialmente ad essi questo frutto, andrò in Spagna passando da voi.29E so che, giungendo presso di voi, verrò con la pienezza della benedizione di Cristo.30Vi esorto perciò, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e l'amore dello Spirito, a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio,31perché io sia liberato dagli infedeli della Giudea e il mio servizio a Gerusalemme torni gradito a quella comunità,32sicché io possa venire da voi nella gioia, se così vuole Dio, e riposarmi in mezzo a voi. Il Dio della pace sia con tutti voi. Amen.
Capitolo VIII: L'intima amicizia con Gesù
Leggilo nella Biblioteca1. Quando è presente Gesù, tutto è per il bene, e nulla pare difficile. Invece, quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non parla nell'intimo, ogni consolazione vale assai poco. Invece, se Gesù dice anche soltanto una parola, sentiamo una grande consolazione. Forse che Maria Maddalena non balzò subitamente dal luogo in cui stava in pianto, quando Marta le disse: "C'è qui il maestro, ti chiama?" (Gv 11,28). Momento felice, quello in cui Gesù ci invita dal pianto al gaudio spirituale. Come sei arido e aspro, lontano da Gesù; come sei sciocco e vuoto se vai dietro a qualcosa d'altro, che non sia Gesù. Non è, questo, per te, un danno più grande che perdere il mondo intero? Che cosa ti può mai dare il mondo se non possiedi Gesù? Essere senza Gesù è un duro inferno; essere con Gesù è un dolce paradiso. Non ci sarà nemico che possa farti del male, se avrai Gesù presso di te. Chi trova Gesù trova un grande tesoro prezioso; anzi, trova un bene più grande di ogni altro bene. Chi perde Gesù perde più che non si possa dire; perde più che se perdesse tutto quanto il mondo. Colui che vive senza Gesù è privo di tutto; colui che vive saldamente con lui è ricco di tutto.
2. Grande avvedutezza è saper stare vicino a Gesù; grande sapienza sapersi tenere stretti a lui. Abbi umiltà e pace, e Gesù sarà con te; abbi devozione e tranquillità di spirito, e Gesù starà con te. Che se comincerai a deviare verso le cose esteriori, potrai subitamente allontanare da te Gesù, perdendo la sua grazia; e se avrai cacciato lui, e l'avrai perduto, a chi correrai per rifugio, a chi ti volgerai come ad amico? Senza un amico non puoi vivere pienamente; e se non hai come amico, al di sopra di ogni altro, Gesù, sarai estremamente triste e desolato.
3. E' da stolto, dunque, quello che fai, ponendo la tua fiducia e la tua gioia in altri che in Gesù. E' preferibile avere il mondo intero contro di te che avere Gesù disgustato di te. Sicché, tra tutte le persone care, caro, per sé, sia il solo Gesù; tutti gli altri si devono amare a causa di Lui; Lui, invece, per se stesso. Gesù Cristo, il solo che troviamo buono e fedele più di ogni altro amico, lui solo dobbiamo amare, di amore particolare. Per lui e in lui ti saranno cari sia gli amici che i nemici; e lo pregherai per gli uni e per gli altri, affinché tutti lo conoscano e lo amino. Non desiderare di essere apprezzato od amato per te stesso, poiché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno che gli somigli. Non volere che uno si lasci prendere, nel suo cuore, tutto da te, né lasciarti tutto prendere tu dall'amore di chicchessia. Gesù soltanto deve essere in te, come in ognuno che ami il bene. Sii puro interiormente e libero, senza legami con le creature. Se vuoi essere pienamente aperto a gustare "com'è soave il Signore" (Sal 33,9), devi essere del tutto spoglio e offrire a Dio un cuore semplice e puro.
4. Ma, in verità, a tanto non giungerai, se prima non sarà venuta a te la sua grazia trascinandoti, cosicché, scacciata e gettata via ogni cosa, tu possa unirti con Lui, da solo a solo. Quando la grazia di Dio scende sull'uomo, allora egli diventa capace di ogni impresa; quando invece la grazia viene meno, l'uomo diventa misero e debole, quasi abbandonato al castigo. Ma anche così non ci si deve lasciare abbattere; né si deve disperare. Occorre piuttosto stare fermamente alla volontà di Dio e, qualunque cosa accada, sopportarla sempre a lode di Gesù Cristo; giacché dopo l'inverno viene l'estate, dopo la tempesta una grande quiete.
DISCORSO 69 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 11, 28-30: "VENITE A ME, VOI TUTTI CHE SIETE AFFATICATI E OPPRESSI" ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaOrigine degli affanni terreni.
1. 1. Abbiamo sentito nel Vangelo che il Signore, pieno di gioia nello spirito, rivolse a Dio Padre le seguenti parole: Ti lodo, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai fatte conoscere ai piccoli. Sì, Padre, poiché così tu hai voluto. Tutto è stato affidato a me dal Padre mio e nessuno conosce il Figlio tranne il Padre e nessuno conosce il Padre tranne il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà farlo conoscere 1. Nel parlare ad alta voce noi ci stanchiamo e voi vi stancate nell'ascoltare. Ascoltiamo dunque lui che continua a parlare e dice: Venite da me tutti voi che siete stanchi 2. Perché tutti siamo stanchi, se non perché siamo uomini mortali, fragili, deboli, che abbiamo dei recipienti di fango che si procurano angustie a vicenda? Ma se si trovano nelle angustie i recipienti di carne, si dilatino gli spazi della carità. Perché dunque dice: Venite da me voi tutti che siete stanchi, se non perché non siate stanchi? La sua promessa infatti è facile; poiché aveva chiamato a sé quelli ch'erano stanchi, questi avrebbero forse chiesto per quale ricompensa furono chiamati: E io - rispose - vi farò riposare 3.
L'umiltà è il fondamento dell'edificio spirituale.
1. 2. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me 4, non a fabbricare il mondo, non a creare tutte le cose visibili e invisibili, non a compiere miracoli nel mondo e risuscitare i morti, ma che io sono mite ed umile di cuore 5. Vuoi essere alto? Comincia dal più basso. Se pensi di costruire l'edificio alto della santità, prepara prima il fondamento dell'umiltà. Quanto più grande è la mole dell'edificio che uno desidera e progetta d'innalzare, quanto più alto sarà l'edificio, tanto più profonde scaverà le fondamenta. Mentre l'edificio viene costruito, s'innalza bensì verso il cielo, ma colui che scava le fondamenta scende nella parte più bassa. Dunque anche una costruzione prima d'innalzarsi si abbassa e il coronamento non è posto se non dopo l'abbassamento.
Vedere Dio ed essere veduti da Dio.
2. 3. Qual è il coronamento dell'edificio che ci proponiamo di costruire? Fin dove dovrà arrivare la sua sommità? Lo dico subito: fino alla visione di Dio. Voi comprendete che cosa grande e sublime è contemplare Dio. Chi lo desidera, capisce ciò che dico e ciò che sente. A noi è promessa la visione di Dio, del vero Dio, del sommo Dio. È in realtà un bene vedere il Vedente. Poiché gli adoratori dei falsi dèi li vedono facilmente, ma vedono dèi che hanno occhi ma non vedono. A noi invece è promessa la visione di Dio vivente e vedente affinché bramiamo di vedere Dio, del quale la Scrittura dice: Chi ha formato l'orecchio non udrà? Colui che ha plasmato l'occhio non vedrà? 6. Non udrà dunque forse chi ti ha formato l'orecchio e non vedrà chi ha creato l'organo con cui tu puoi vedere? Giustamente prima nello stesso salmo si dice: Comprendete dunque voi che siete così insensati in mezzo al popolo e voi, stolti, rinsavite una buona volta! 7. Molti infatti compiono il male credendo di non esser visti da Dio. È bensì difficile che credano ch'egli non possa vedere, ma credono che non lo voglia. Se ne trovano pochi tanto empi che si compie nei loro riguardi ciò che sta scritto: Lo stolto ha detto nel proprio cuore: Dio non esiste 8. Questa demenza è propria di pochi. In effetti come è propria di pochi una grande pietà, così è altrettanto propria di pochi una grande empietà. Ma ciò che dico lo dice la gente volgare: "Ecco, sta forse ora Dio a pensare per sapere che cosa faccio a casa mia e si preoccupa forse Dio di cosa possa fare io nel mio letto?". Chi lo dice? Comprendete, voi, che siete così insipienti in mezzo al popolo, e voi, stolti, rinsavite una buona volta 9. Tu che, essendo un uomo, ti affanni se vieni a sapere tutto ciò che avviene in casa tua e ti riguardano tutte le parole e tutti i fatti dei tuoi servi, per questo credi che anche Dio si affanni allo stesso modo badando a te, lui che non si affannò per crearti? Non fissa forse su di te il suo occhio, lui che ha formato il tuo? Tu non esistevi ed egli ti ha creato perché tu avessi l'esistenza; e non si preoccupa di te che già esisti, egli che chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono 10? Non ti ripromettere dunque una simile cosa. Che tu lo voglia o no, Dio ti vede, e non hai possibilità di nasconderti ai suoi occhi. Se infatti salirai in cielo, egli è lì; se scenderai agli inferi, lì pure egli è 11. Tu sei in angustie poiché non vuoi desistere dalle tue azioni cattive e vuoi non essere visto da Dio. È una gran pena. Vuoi fare il male ogni giorno e pensi di non essere visto? Ascolta la Scrittura che dice: Colui che ha formato l'orecchio non udrà? Chi ha plasmato l'occhio forse non vedrà? 12. Dove nasconderai le tue malefatte agli occhi di Dio? Se non vorrai abbandonarle, sarai in grandi angustie.
Il peccatore deve rifugiarsi in Dio.
3. 4. Ascolta Cristo che dice: Venite da me, voi tutti che siete stanchi 13. Non metterai fine alla fatica con il fuggire. Preferisci forse fuggire da lui anziché rifugiarti in lui? Prima però trova un luogo ove fuggire e poi fuggi. Se però non puoi fuggire da lui perché è presente dappertutto, corri a rifugiarti in Dio, il quale è tanto vicino a te ch'è presente dove sei tu. Rifùgiati in lui. Ecco, fuggendo hai oltrepassato i cieli: egli è lì; sei disceso agl'inferi: egli è anche lì. Qualunque sarà il deserto della terra ove preferirai fuggire, anche lì c'è chi ha detto: Io riempio il cielo e la terra 14. Se dunque egli riempie il cielo e la terra e non hai modo ove fuggire lontano da lui, non ti affannare; fuggi verso chi ti sta vicino, per non sentirlo venire. Abbi fiducia di arrivare, vivendo bene, a contemplare Colui dal quale sei visto anche vivendo male. Poiché vivendo male egli ti può vedere, ma tu non potrai vederlo, mentre vivendo bene non solo egli ti vede, ma lo vedrai anche tu. Quanto più amichevolmente infatti ti vedrà Colui che ti premierà se sarai degno, egli che ti ha guardato con occhio di misericordia per chiamarti quando eri indegno? Al Signore, ch'egli ancora non conosceva, Natanaele chiese: Come fai a conoscermi? Gli rispose il Signore: Io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fico 15. Cristo ti ha veduto nella tua ombra, non ti vedrà nella sua luce? Che vuol dire infatti: Io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fico? Che cosa vuol dire ciò? che significa? Ricorda il peccato originale di Adamo, nel quale moriamo tutti. Quando peccò la prima volta, si fece delle fasce intorno ai fianchi con le foglie di fico, simboleggiando con quelle foglie il prurito libidinoso, al quale era giunto peccando 16. Da questo prurito della concupiscenza ha origine la nostra nascita. Noi nasciamo così, nasciamo nella carne del peccato, che può essere guarita solo dalla somiglianza della carne del peccato. Per questo motivo Dio inviò il proprio Figlio nella somiglianza della carne del peccato 17. Da questa carne è venuto nel mondo, ma non è venuto così [come noi]. La Vergine infatti non lo concepì sotto l'impulso della libidine, ma in virtù della fede. Egli che esisteva prima della Vergine entrò nel seno della Vergine. Scelse colei ch'egli aveva creata; l'aveva creata per sceglierla. Procurò alla Vergine la fecondità senza toglierle l'integrità. Colui dunque che senza il prurito delle foglie di fico è venuto da te, ti ha visto quand'eri sotto l'albero di fico. Prepàrati a vedere nel cielo Colui dal quale sei stato veduto grazie alla misericordia. Ma poiché alto è il coronamento, prima pensa al fondamento. "Ma a quale fondamento? ", domandi. Impara da lui ch'è mite ed umile di cuore. Scava in te il fondamento dell'umiltà e arriverai al coronamento della carità. Rivolti al Signore, ecc.
1 - Mt 10 25-27 cf. Lc 10, 21 s.
2 - Mt 11, 28.
3 - Mt 11, 28.
4 - Mt 11, 29.
5 - Mt 11, 29.
6 - Sal 93, 9.
7 - Sal 93, 8.
8 - Sal 13, 1.
9 - Sal 93, 9.
10 - Rm 4, 17.
11 - Cf. Sal 138, 8.
12 - Sal 93, 9.
13 - Mt 11, 28.
14 - Ger 23, 24.
15 - Gv 1, 48.
16 - Cf. Gn 3, 7.
17 - Cf. Rm 8, 3.
12 - La virtù della temperanza che ebbe Maria santissima
La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca580. Dei due moti che ha la creatura, l'uno di desiderare il bene sensibile, l'altro di ritirarsi dal male, quest'ultimo si modera con la fortezza, che, come ho detto, serve a far sì che la volontà non si lasci vincere dall'irascibilità, ma la vinca invece con coraggio, soffrendo qualunque male sensibile per conseguire il bene onesto. Per ordinare gli altri moti della bramosia serve la temperanza, l'ultima e la minore delle virtù cardinali, poiché il bene che ottiene non è così generale come quello cui sono volte le altre virtù, anzi la temperanza immediatamente mira al bene particolare di colui che la possiede. Vero è che i dottori e i maestri considerano anche la temperanza, in quanto significa una generale moderazione di tutti gli appetiti naturali e in questo senso è virtù generale e comune che comprende tutte le virtù che muovono ogni tipo di desiderio in modo conforme a ragione. Tuttavia, non parliamo adesso della temperanza in questa generalità, ma in quanto serve per governare la bramosia nella materia del tatto, dove il piacere stimola con maggior forza, e conseguentemente in al tre materie che provocano piacere, le quali imitano la sollecitazione del tatto, benché non con tanta forza.
581. In questa considerazione la temperanza occupa l'ultimo posto tra le virtù, perché il suo oggetto non è così nobile come quello delle altre. Tuttavia le si attribuiscono alcune eccellenze maggiori, in quanto essa ci allontana da oggetti più brutti e detestabili, quali sono la sregolatezza nei piaceri dei sensi, comune agli uomini e alle bestie. Perciò Davide dice che l'uomo si rende simile agli animali quando si lascia trasportare dalla passione del piacere. Questo è un vizio puerile, perché un bambino non segue la ragione, ma l'oggetto del suo desiderio, né si modera se non col castigo, che è necessario anche a frenare la bramosia in questi piaceri. Da tale disonore e bruttezza l'uomo viene liberato dalla virtù della temperanza, poiché questa gli insegna a governarsi non in forza del piacere ma della ragione. Perciò questa virtù meritò che le si attribuisse una certa onestà e decoro o bellezza, che nasce nell'uomo dal conservarsi nello stato della ragione contro una passione tanto indomita che poche volte ascolta la ragione e le ubbidisce; al contrario, l'asservimento dell'uomo al piacere animale gli procura grande disonore per la somiglianza che così acquista con gli animali bruti e con i bambini.
582. La temperanza racchiude in sé le virtù dell'asti nenza e della sobrietà contro i vizi della gola nel mangiare e dell'ubriachezza nel bere; l'astinenza poi comprende il digiuno. Queste sono le prime virtù della temperanza, perché all'appetito in primo luogo si presenta il cibo, oggetto del gusto, per la conservazione della natura. Dopo queste virtù seguono quelle che regolano la procreazione: la castità e la pudicizia con le loro componenti specifiche, cioè verginità e continenza contro i vizi della lussuria e dell'incontinenza, e le loro specie. A queste virtù, che sono le principali nella temperanza, ne seguono altre che moderano l'appetito in altri piaceri minori, e quelle che moderano il senso dell'odorato, dell'udito e della vista si riducono a quelle del tatto. Ma ve ne sono altre simili a loro in materie differenti; queste sono la clemenza e la mansuetudine, che governano l'ira e l'eccessiva severità nel castigare, contro il vizio della crudeltà disumana o bestiale in cui possono degenerare. Ve n'è un'altra, che è la modestia, che contiene in sé quattro virtù. La prima è l'umiltà, che trattiene l'uomo contro la superbia perché non brami disordinatamente la propria eccellenza. La seconda è la studiosità, che serve a non desiderare di sapere più di quello che conviene, e come conviene, contro il vizio della curiosità. La terza è la moderazione o austerità, che ha come fine di non bramare il fasto superfluo e l'ostentazione del vestito e degli ornamenti. La quarta è quella che modera il desiderio sfrenato negli svaghi e nei divertimenti, quali i giochi, le attività fisiche, le burle e i balli, ecc. E benché questa virtù non abbia un nome particolare, è però molto necessaria e si chiama generalmente modestia o temperanza.
583. Per manifestare l'eccellenza che queste virtù ebbero nella Regina del cielo, come ho detto delle altre, credo sempre che risultino scarsi i termini e le parole comuni con le quali parliamo delle virtù delle altre creature. Le grazie e i doni di Maria santissima ebbero maggior proporzione con quelle del suo dilettissimo Figlio, e queste con le perfezioni divine, di quanta tutte le virtù e la santità dei santi ne abbiano avuta con quella di questa sovrana Regina delle virtù. Così viene ad essere molto disuguale quanto di lei si può dire con le parole con cui intendiamo le grazie e le virtù degli altri santi, nei quali, per quanto esse fossero grandi e comprovate, si trovavano in persone imperfette soggette al peccato e al conseguente disordine. Infatti, se di queste il Siracide dice che non si può valutare il peso dell'eccellenza di un animo misurato, che diremo della temperanza della Signora delle grazie, delle virtù e della bellezza di cui la sua anima santissima era ricolma? Tutti i domestici di questa donna forte erano forniti di doppie vesti, perché le sue facoltà erano adorne di due abiti o perfezioni d'incomparabile bellezza e fortezza. L'uno era quello della giustizia originale, il quale subordinava gli appetiti alla ragione e alla grazia, l'altro era quello degli abiti infusi, che le aggiungevano nuova bellezza e virtù per operare con somma perfezione.
584. Tutti gli altri santi, che si distinsero nella bella virtù della temperanza, giunsero tutt'al più, seppur vi giunsero, ad assoggettare la bramosia indomita al giogo della ragione in modo che non desiderasse smodatamente cosa alcuna che in seguito dovessero ritrattare, dolenti di averla bramata. E se anche qualcuno, passando oltre, giunse perfino a negare all'appetito tutto ciò che può essere sottratto all'umana natura senza distruggerla, tuttavia non poté mai far sì che in tutti questi atti egli non sentisse qualche difficoltà che ritardasse la tensione della volontà, o almeno una tale resistenza da non poter ottenere con tutta pienezza quanto desiderava, dovendo perciò con l'Apostolo lamentarsi dell'infelice carico di questo pesante corpo. In Maria santissima non si trovava questo disaccordo, perché gli appetiti, senza recalcitrare o ribellarsi alla ragione, lasciavano operare tutte le virtù con tanta armonia e accordo che, fortificandola come esercito di schiere ben ordinate, facevano un coro di celestiale consonanza. E siccome non aveva appetiti disordinati da reprimere, esercitava la temperanza in modo tale che non poteva venirle in mente né immagine né memonà di moto sregolato. Anzi, imitando bene le divine perfezioni, i suoi atti venivano ad essere come originati e ritratti da quel supremo esempio e si rivolgevano a lui come a regola unica della loro perfezione e come a fine ultimo in cui terminavano.
585. L'astinenza e sobrietà di Maria santissima furono d'ammirazione agli angeli, perché, essendo Regina di ogni cosa creata ed insieme soggetta alle passioni naturali della fame e della sete, non ebbe mai appetenza di cibi che sarebbero stati convenienti al suo potere e alla sua grandezza, né usava del mangiare per il gusto, ma per la sola necessità, soddisfacendo a questa con temperanza tale che né eccedeva né poteva eccedere oltre quanto era necessario alla salute e al sostentamento della vita. Inoltre, prima di cibarsi, voleva sentire il dolore della fame e della sete, limitando il cibo in modo che anche la grazia dovesse in parte concorrere con lo scarso nutrimento naturale a sostenerla. Mai la mancanza di cibo le causò alcun disturbo; anche se ne prendeva meno di quello necessario al fabbisogno calorico, vi suppliva la divina grazia, poiché la creatura vive anche di essa e non di solo pane. L'Altissimo avrebbe certamente potuto sostentarla senza che ella mangiasse o bevesse, ma non lo fece, perché non era conveniente per lei perdere l'occasione di acquisire meriti nell'uso del mangiare e di essere esempio di temperanza, né lo era per noi esser privati di tanto bene e di tanti suoi meriti. Della qualità del cibo che usava e del tempo nel quale lo prendeva, si parla in diverse parti di questa Storia. Di volontà sua però non mangiò mai carne, non più che una sola volta al giorno, eccetto quando visse col suo sposo Giuseppe o quando accompagnava il suo santissimo Figlio nei suoi viaggi, perché in queste occasioni, per la necessità di adeguarsi agli altri, seguiva l'ordine che il Signore le dava, ma sempre era straordinaria nella temperanza.
586. Della purezza verginale e del pudore della Vergine delle vergini, non potrebbero parlare degnamente neppure i supremi serafini, poiché in questa virtù, che in essi è naturale, furono inferiori alla loro Regina e signora. Infatti, col privilegio della grazia e col potere dell'Altissimo, Maria santissima era più libera ed immune dal vizio contrario che non gli stessi angeli, i quali per loro natura non possono esserne toccati. Noi mortali non arriviamo in questa vita ad immaginare quanto grande fosse questa virtù nella Regina del cielo, perché ci ostacola molto il fango pesante che ottenebra all'anima nostra la candidezza e la cristallina luce della castità. La nostra gran Regina la ebbe in grado tale che avrebbe potuto meritatamente preferirla alla dignità di Madre di Dio, se non fosse stata appunto questa virtù che più la rendeva adeguata a questa ineffabile grandezza. Tanto che, misurando la purezza verginale di Maria dalla stima che ella ne fece e dalla dignità a cui ne fu sollevata, si comprenderà in parte quale fosse questa virtù nel suo virgineo corpo e nella sua anima. Propose di osservarla dalla sua concezione immacolata, ne fece voto dalla sua nascita e la osservò in maniera che non ebbe mai azione, né movimento, né gesto con cui la violasse o ne intaccasse il pudore. Perciò non parlò mai a un uomo se non per volontà di Dio, né questi, né le donne stesse guardava in viso e ciò non per il pericolo, ma per il merito, per l'esempio nostro e per la sovrabbondanza della divina prudenza, sapienza e carità.
587. Della sua clemenza e mansuetudine Salomone disse che la legge della clemenza era sulla sua lingua, perché mai la mosse se non per distribuire la grazia che era sparsa sulle sue labbra. La mansuetudine governa l'ira e la clemenza modera il castigo. La nostra mansuetissima Regina non ebbe ira da moderare, né usava di questa disposizione naturale più di quello che nel capitolo passato si è detto quanto agli atti della fortezza contro il peccato e il demonio. Ma contro le creature razionali non ebbe ira che fosse diretta a castigarle, né in occasione alcuna si mosse ad ira, né mai perse la perfettissima mansuetudine e l'immutabile ed inimitabile imperturbabilità interiore ed esteriore, né si notò differenza nell'espressione o nella voce o si videro in lei movimenti che indicassero qualche interno moto d'ira. Il Signore si servi di questa mansuetudine e clemenza come di strumento per esercitare la sua, dando corso per mezzo di essa a tutti i benefici e gli effetti delle eterne ed antiche misericordie; per tale fine era necessario che la clemenza di Maria signora nostra fosse strumento adeguato di quella che il medesimo Signore usa con le creature. Infatti, considerando attentamente e profondamente le opere della divina clemenza verso i peccatori, e che di tutte Maria santissima fu lo strumento idoneo con cui si disponevano ed eseguivano, si comprenderà in parte la clemenza di questa Signora. Tutti i suoi rimproveri furono fatti pregando, insegnando ed ammonendo piuttosto che castigando e questo domandò ella stessa al Signore. Infatti la sua provvidenza dispose così, affinché in questa eminentissima Regina la legge della clemenza risiedesse come nell'originale e si conservasse come in un tesoro, del quale sua Maestà si servisse e dal quale i mortali apprendessero questa virtù con le altre.
588. Quanto alle altre virtù che contiene la modestia, e specialmente quanto all'umiltà e all'austerità o povertà di Maria santissima, per dirne qualche cosa degnamente occorrerebbero molti libri e molte lingue d'angeli. Però, di quello che io posso arrivare a dirne, è piena questa Storia, perché in tutte le azioni della Regina del cielo rifulse sopra ogni virtù la sua incomparabile umiltà. Temo molto di offendere la grandezza di questa singolare virtù, cercando di restringere in limitati confini questo pelago d'umiltà, che poté ricevere ed abbracciare colui che è incomprensibile e senza limiti. Quanto sono giunti a conoscere e ad operare i santi e gli stessi angeli con questa virtù, non poté giungere a far sì che la loro umiltà uguagliasse anche in minima parte quella che ebbe la nostra Regina. Difatti, quale dei santi o degli angeli Dio poté chiamare sua Madre? E chi, al di fuori di Maria e dell'eterno Padre, poté chiamare suo figlio il Verbo incarnato? Ora, se colei che in questa dignità giunse ad essere simile all'Eterno e ne ebbe le grazie e i doni convenienti, si pose nella stima di sé comunque all'ultimo posto tra le creature e tutte le reputò superiori a se stessa; quale odore, quale fragranza inebriante dovette mandare allo stesso Dio questo umile nardo, contenente nel suo seno il supremo Re dei re?
589. Che le colonne del cielo si umilino e si confondano alla presenza dell'inaccessibile luce della Maestà infinita non fa meraviglia, dato che essi videro la rovina dei loro uguali ed essi stessi non ne furono preservati se non con benefici e ragioni comuni a tutti. Che i più forti ed invincibili santi si umiliassero, abbracciando il disprezzo e l'annientamento, riconoscendosi indegni di qualunque minimo beneficio della grazia e persino dello stesso ossequio e soccorso delle cose naturali, era giustissimo e conseguente, perché tutti pecchiamo ed abbiamo bisogno della gloria del medesimo Dio. Nessuno è stato mai così santo né così grande da non poter essere maggiore, né tanto perfetto da non mancare di qualche virtù, né tanto innocente da essere trovato irreprensibile agli occhi di Dio. E se anche si trovasse qualcuno in tutto interamente perfetto, rimarrebbero comunque tutti nella sfera della grazia comune e nessuno sarebbe superiore a tutti in tutto.
590. Quindi fu senza esempio e senza pari l'umiltà di Maria purissima. Infatti, essendo aurora della grazia, principio di tutto il bene delle creature, la suprema di esse, il prodigio delle perfezioni di Dio, il centro del suo amore, la sfera della sua onnipotenza, colei che lo chiamò figlio e si senù chiamare madre dallo stesso Dio, tuttavia si umiliò fino a mettersi al di sotto di ogni cosa creata. Ed ella che, godendo della maggiore eccellenza di tutte le opere di Dio in una semplice creatura, non ne aveva altra superiore sopra cui sollevarsi, nondimeno si umiliò talmente che si giudicava indegna della seppur minima stima, eccellenza o gloria che si potesse dare alla più piccola di tutte le creature razionali. Non solamente si reputava immeritevole della dignità di Madre di Dio e delle grazie relative, ma anche dell'aria che respirava, della terra che la sosteneva, dell'alimento che riceveva e di qualunque ossequio e servizio da parte delle creature e così, ritenendosi indegna di tutto, tutto gradiva come se realmente ne fosse indegna. E per dir molto in poche parole, il fatto che la creatura razionale non brami l'eccellenza che assolutamente non le appartiene o che per qualche titolo non si merita, non è poi un'umiltà molto generosa, benché l'infinita clemenza dell'Altissimo la riceva e si consideri obbligato da chi così si umilia. Ma la cosa mirabile è il fatto che si umilii più di tutte le creature insieme colei che, mentre le era dovuta tutta la maestà e l'eccellenza, non la bramò né la cercò e, pur nella sua dignità di Madre di Dio, si annientò nella stima di sé, meritando con questa umiltà di esser sollevata, quasi di diritto, al dominio ed alla signoria di tutto il creato.
591. A questa umiltà incomparabile si univano in Maria santissima le altre virtù racchiuse nella modestia, perché la brama di sapere più di quello che conviene di solito nasce dalla poca umiltà o carità, vizio senza profitto ed anzi di molto danno, come accadde a Dina, la quale con inutile curiosità, uscendo a vedere ciò che non le era utile, fu veduta con tanto danno del suo onore. Dalla stessa radice di superbia presuntuosa solitamente hanno origine la superflua ostentazione e il fasto nell'abbigliamento, nonché le sregolate azioni, i gesti e i movimenti corporali che servono alla vanità e alla sensualità, dando prova della leggerezza dell'animo, secondo queJlo che dice il Siracide: Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano quello che è. Tutte le virtù contrarie a questi vizi in Maria santissima erano intatte e non conoscevano contraddizione o moto che le potesse ritardare o corrompere; anzi, come figlie e compagne della sua profondissima umiltà, carità e purezza, mostravano in questa sovrana Signora certi raggi più di divina che di umana creatura.
592. Era studiosissima senza curiosità, perché, pur ripiena di sapienza al di sopra dei medesimi cherubini, apprendeva e si lasciava istruire da tutti ritenendosi ignorante; e, quando usava della divina scienzà o indagava la divina volontà, era così prudente e lo faceva con fini così sublimi e nelle dovute circostanze, che sempre i suoi desideri ferivano il cuore di Dio e lo attiravano alla sua ben ordinata volontà. Non meno ammirabile fu poi nella povertà ed austerità; infatti, essendo Signora di tutto il creato, che aveva a sua disposizione, per imitare il suo Figlio santissimo, rinunciò a tutto ciò che lo stesso Signore pose nelle sue mani. Invero, come il Padre pose tutte le cose nelle mani del Verbo incarnato, così pure questo Signore le pose tutte nelle mani di sua Madre ed ella, per fare lo stesso, le lasciò tutte con l'affetto ed effettivamente per la gloria del suo figlio e Signore. Della modestia delle sue azioni, della dolcezza delle sue parole e di tutto il suo aspetto basta dire che, per l'ineffabile grandezza che ne traspariva, sarebbe stata reputata più che umana se la fede non avesse insegnato che era semplice creatura, così come confessò il saggio di Atene san Dionigi.
Insegnamento della Regina del cielo
593. Figlia mia, parlando della dignità di questa virtù della temperanza, hai detto qualcosa di quanto ne hai inteso e di come io la esercitavo, sebbene tu tralasci di dire molto di quanto occorrerebbe per far intendere la necessità grandissima che hanno i mortali di usare la temperanza nelle loro azioni. Fu pena del primo peccato che l'uomo perdesse il perfetto uso della ragione e che le passioni, divenute ad essa disubbidienti, si ribellassero a colui che si era ribellato al suo Dio disprezzandone il giustissimo precetto. Per riparare a questo danno fu necessaria la virtù della temperanza, che domasse le passioni, trattenendone e moderandone le sollecitazioni, che restituisse all'uomo la conoscenza della giusta misura nel desiderio, lo educasse e lo disponesse di nuovo a seguire la ragione quale essere capace di partecipare della divinità e non già a seguire il suo piacere, come fa un animale privo di ragione. Senza questa virtù non è possibile spogliarsi dell'uomo vecchio, né disporsi per i doni della grazia e sapienza divina, perché questa non entra in un'anima che abita un corpo soggetto al peccato. Soltanto colui che con la temperanza sa moderare le sue passioni, negando loro lo sfrenato piacere animale che appetiscono, potrà dire e sperimentare che il Re lo introduce nella cella del suo vino delizioso e nei tesori della sapienza e dei doni spirituali, perché questa virtù è come un deposito comune, pieno delle virtù più belle e fragranti al gusto dell'Altissimo.
594. E sebbene io voglia che ti dia molta pena per conseguirle tutte, tuttavia desidero che consideri particolarmente la bellezza e il buon odore della castità, la forza dell'astinenza nel mangiare e della sobrietà nel bere, la soavità e i buoni effetti della modestia nelle parole e nelle opere, nonché la nobiltà della povertà altissima nell'uso delle cose. Con queste virtù otterrai la luce divina, la pace e la tranquillità dell'anima, la serenità delle tue facoltà, il dominio delle tue inclinazioni e arriverai ad essere tutta illuminata dagli splendori della grazia e dei doni divini. Così dalla vita sensibile ed animale sarai sollevata alla vita angelica, che è quella che da lui che si era ribellato al suo Dio disprezzandone il giustissimo precetto. Per riparare a questo danno fu necessaria la virtù della temperanza, che domasse le passioni, trattenendone e moderandone le sollecitazioni, che restituisse all'uomo la conoscenza della giusta misura nel desiderio, lo educasse e lo disponesse di nuovo a seguire la ragione quale essere capace di partecipare della divinità e non già a seguire il suo piacere, come fa un animale privo di ragione. Senza questa virtù non è possibile spogliarsi dell'uomo vecchio, né disporsi per i doni della grazia e sapienza divina, perché questa non entra in un'anima che abita un corpo soggetto al peccato. Soltanto colui che con la temperanza sa moderare le sue passioni, negando loro lo sfrenato piacere animale che appetiscono, potrà dire e sperimentare che il Re lo introduce nella cella del suo vino delizioso 5 e nei tesori della sapienza e dei doni spirituali, perché questa virtù è come un deposito comune, pieno delle virtù più belle e fragranti al gusto dell'Altissimo.
594. E sebbene io voglia che ti dia molta pena per conseguirle tutte, tuttavia desidero che consideri particolarmente la bellezza e il buon odore della castità, la forza dell'astinenza nel mangiare e della sobrietà nel bere, la soavità e i buoni effetti della modestia nelle parole e nelle opere, nonché la nobiltà della povertà altissima nell'uso delle cose. Con queste virtù otterrai la luce divina, la pace e la tranquillità dell'anima, la serenità delle tue facoltà, il dominio delle tue inclinazioni e arriverai ad essere tutta illuminata dagli splendori della grazia e dei doni divini. Così dalla vita sensibile ed animale sarai sollevata alla vita angelica, che è quella che da te voglio e che tu stessa desideri con la virtù divina. Dunque, carissima, sii vigilante e attenta ad operare sempre con la luce della grazia e mai si muovano le tue facoltà solo per il loro piacere, ma sempre opera secondo ragione e a gloria dell'Altissimo in tutte le cose necessarie per la vita: nel mangiare, nel dormire, nel vestire, nel parlare, nell'ascoltare, nel desiderare, nel correggere, nel comandare e nel pregare; il tutto sia guidato in te dalla luce e dal compiacimento del tuo Signore e Dio e non dal tuo.
595. Per poi affezionarti maggiormente alla bellezza e alla grazia di questa virtù, rifletti sulla bruttezza dei suoi vizi contrari e considera, con la luce che ricevi, quanto brutto, riprovevole, orribile e spregevole sia il mondo agli occhi di Dio e dei santi per l'enormità di tanti abomini che gli uomini commettono contro questa amabile virtù. Osserva quanti seguono come bestie l'orrore della sensualità, altri la gola e l'ubriachezza, altri il gioco e la vanità, altri la superbia e la presunzione, altri l'avarizia e la brama di acquistare beni e infine tutti generalmente l'impeto delle proprie passioni. Così essi, non cercando che il piacere presente e momentaneo, accumulano per l'avvenire tormenti eterni e si privano della visione beatifica del loro Dio e Signore.
FEBBRAIO
Suor Maria della Croce
Sì, è vero che in Cielo il buon Dio riceve adorazioni infinite, ma
siccome è sulla terra che Egli viene oltraggiato, vuole parimenti sulla
terra riceverne la riparazione e che siate proprio voi a fare tale
riparazione, amandoLo, risarcendoLo con le vostre tenerezze
dell'abbandono ch'Egli soffre da per tutto. Voi sapete quanto vi ho
detto al riguardo.
(Annunziazione ). - Quando il buon Dio vuole un'anima tutta sua,
comincia con lo stritolarla, press'a poco come i pomi sotto le macine
d'uno strettoio per spremerne il succo, nelle sue passioni, nella
ricerca di se stessa, in una parola, in tutti i suoi difetti; di poi,
quando tale anima è stata così stritolata, Egli le dà la forma che vuole
e, se ella è fedele, non tarda ad essere tutta trasformata; allora
solamente il buon Gesù la ricolma delle sue grazie d'elezione e l'inonda
del suo amore.