Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 1° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Matteo 19
1Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.2E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati.
3Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?".4Ed egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio 'li creò maschio e femmina' e disse:5Per questo l'uomo 'lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola'?6Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi".7Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato 'di darle l'atto di ripudio e mandarla via'?".8Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.9Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio".
10Gli dissero i discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi".11Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.12Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca".
13Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.14Gesù però disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli".15E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.
16Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?".17Egli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti".18Ed egli chiese: "Quali?". Gesù rispose: "'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,'19'onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso'".20Il giovane gli disse: "Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?".21Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi".22Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.
23Gesù allora disse ai suoi discepoli: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.24Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli".25A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: "Chi si potrà dunque salvare?".26E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile".
27Allora Pietro prendendo la parola disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?".28E Gesù disse loro: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.29Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
30Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".
Secondo libro dei Re 11
1Atalia madre di Acazia, visto che era morto suo figlio, si propose di sterminare tutta la discendenza regale.2Ma Ioseba, figlia del re Ioram e sorella di Acazia, sottrasse Ioas figlio di Acazia dal gruppo dei figli del re destinati alla morte e lo portò con la nutrice nella camera dei letti; lo nascose così ad Atalia ed egli non fu messo a morte.3Rimase sei anni nascosto presso di lei nel tempio; intanto Atalia regnava sul paese.
4Il settimo anno Ioiada convocò i capi di centinaia dei Carii e delle guardie e li fece venire nel tempio. Egli concluse con loro un'alleanza, facendoli giurare nel tempio; quindi mostrò loro il figlio del re.5Diede loro le seguenti disposizioni: "Questo farete: un terzo di quelli che fra di voi iniziano il servizio di sabato per fare la guardia alla reggia,6un altro terzo alla porta di Sur e un terzo alla porta dietro i cursori; voi farete invece la guardia alla casa di Massach,7gli altri due gruppi di voi, ossia quanti smontano il sabato, faranno la guardia al tempio.8Circonderete il re, ognuno con la sua arma in pugno e chi tenta di penetrare nello schieramento sia messo a morte. Accompagnerete il re ovunque egli vada".9I capi di centinaia fecero quanto aveva disposto il sacerdote Ioiada. Ognuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio e quelli che smontavano il sabato, e andarono dal sacerdote Ioiada.10Il sacerdote consegnò ai capi di centinaia lance e scudi del re Davide, che erano nel deposito del tempio.11Le guardie, ognuno con l'arma in pugno, si disposero dall'angolo meridionale del tempio fino all'angolo settentrionale, davanti all'altare e al tempio e intorno al re.12Allora Ioiada fece uscire il figlio del re, gli impose il diadema e le insegne; lo proclamò re e lo unse. Gli astanti batterono le mani ed esclamarono: "Viva il re!".
13Atalia, sentito il clamore delle guardie e del popolo, si diresse verso la moltitudine nel tempio.14Guardò: ecco, il re stava presso la colonna secondo l'usanza; i capi e i trombettieri erano intorno al re, mentre tutto il popolo del paese esultava e suonava le trombe. Atalia si stracciò le vesti e gridò: "Tradimento, tradimento!".
15Il sacerdote Ioiada ordinò ai capi dell'esercito: "Fatela uscire tra le file e chiunque la segua sia ucciso di spada". Il sacerdote infatti aveva stabilito che non venisse uccisa nel tempio del Signore.16Le misero le mani addosso ed essa raggiunse la reggia attraverso l'ingresso dei Cavalli e là fu uccisa.
17Ioiada concluse un'alleanza fra il Signore, il re e il popolo, con cui questi si impegnò a essere il popolo del Signore; ci fu anche un'alleanza fra il re e il popolo.18Tutto il popolo del paese penetrò nel tempio di Baal e lo demolì, frantumandone gli altari e le immagini: uccisero dinanzi agli altari lo stesso Mattan, sacerdote di Baal.
Il sacerdote Ioiada mise guardie intorno al tempio.19Egli prese i capi di centinaia dei Carii e delle guardie e tutto il popolo del paese; costoro fecero scendere il re dal tempio e attraverso la porta delle Guardie lo condussero nella reggia, ove egli sedette sul trono regale.20Tutto il popolo del paese fu in festa; la città restò tranquilla. Atalia fu uccisa con la spada nella reggia.
Salmi 107
1Alleluia.
Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Lo dicano i riscattati del Signore,
che egli liberò dalla mano del nemico
3e radunò da tutti i paesi,
dall'oriente e dall'occidente,
dal settentrione e dal mezzogiorno.
4Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino per una città dove abitare.
5Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita.
6Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
7Li condusse sulla via retta,
perché camminassero verso una città dove abitare.
8Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
9poiché saziò il desiderio dell'assetato,
e l'affamato ricolmò di beni.
10Abitavano nelle tenebre e nell'ombra di morte,
prigionieri della miseria e dei ceppi,
11perché si erano ribellati alla parola di Dio
e avevano disprezzato il disegno dell'Altissimo.
12Egli piegò il loro cuore sotto le sventure;
cadevano e nessuno li aiutava.
13Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
14Li fece uscire dalle tenebre e dall'ombra di morte
e spezzò le loro catene.
15Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
16perché ha infranto le porte di bronzo
e ha spezzato le barre di ferro.
17Stolti per la loro iniqua condotta,
soffrivano per i loro misfatti;
18rifiutavano ogni nutrimento
e già toccavano le soglie della morte.
19Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
20Mandò la sua parola e li fece guarire,
li salvò dalla distruzione.
21Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
22Offrano a lui sacrifici di lode,
narrino con giubilo le sue opere.
23Coloro che solcavano il mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
24videro le opere del Signore,
i suoi prodigi nel mare profondo.
25Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
26Salivano fino al cielo,
scendevano negli abissi;
la loro anima languiva nell'affanno.
27Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi,
tutta la loro perizia era svanita.
28Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
29Ridusse la tempesta alla calma,
tacquero i flutti del mare.
30Si rallegrarono nel vedere la bonaccia
ed egli li condusse al porto sospirato.
31Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
32Lo esaltino nell'assemblea del popolo,
lo lodino nel consesso degli anziani.
33Ridusse i fiumi a deserto,
a luoghi aridi le fonti d'acqua
34e la terra fertile a palude
per la malizia dei suoi abitanti.
35Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.
36Là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare.
37Seminarono campi e piantarono vigne,
e ne raccolsero frutti abbondanti.
38Li benedisse e si moltiplicarono,
non lasciò diminuire il loro bestiame.
39Ma poi, ridotti a pochi, furono abbattuti,
perché oppressi dalle sventure e dal dolore.
40Colui che getta il disprezzo sui potenti,
li fece vagare in un deserto senza strade.
41Ma risollevò il povero dalla miseria
e rese le famiglie numerose come greggi.
42Vedono i giusti e ne gioiscono
e ogni iniquo chiude la sua bocca.
43Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà la bontà del Signore.
Salmi 139
1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
3mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
4la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
5Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
6Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
7Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
8Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
9Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
10anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
11Se dico: "Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte";
12nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
19Se Dio sopprimesse i peccatori!
Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
20Essi parlano contro di te con inganno:
contro di te insorgono con frode.
21Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi nemici?
22Li detesto con odio implacabile
come se fossero miei nemici.
23Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
24vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.
Amos 5
1Ascoltate queste parole,
questo lamento che io pronunzio su di voi,
o casa di Israele!
2È caduta, non si alzerà più,
la vergine d'Israele;
è stesa al suolo,
nessuno la fa rialzare.
3Poiché così dice il Signore Dio:
La città che usciva con mille uomini
resterà con cento
e la città di cento
resterà con dieci, nella casa d'Israele.
4Poiché così dice il Signore alla casa d'Israele:
Cercate me e vivrete!
5Non rivolgetevi a Betel,
non andate a Gàlgala,
non passate a Bersabea,
perché Gàlgala andrà tutta in esilio
e Betel sarà ridotta al nulla.
6Cercate il Signore e vivrete,
perché egli non irrompa come fuoco
sulla casa di Giuseppe e la consumi
e nessuno spenga Betel!
7Essi trasformano il diritto in veleno
e gettano a terra la giustizia.
8Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione,
cambia il buio in chiarore del mattino
e stende sul giorno l'oscurità della notte;
colui che comanda alle acque del mare
e le spande sulla terra,
Signore è il suo nome.
9Egli fa cadere la rovina sulle fortezze
e fa giungere la devastazione sulle cittadelle.
10Essi odiano chi ammonisce alla porta
e hanno in abominio chi parla secondo verità.
11Poiché voi schiacciate l'indigente
e gli estorcete una parte del grano,
voi che avete costruito case in pietra squadrata,
non le abiterete;
vigne deliziose avete piantato,
ma non ne berrete il vino,
12perché so che numerosi sono i vostri misfatti,
enormi i vostri peccati.
Essi sono oppressori del giusto, incettatori di ricompense
e respingono i poveri nel tribunale.
13Perciò il prudente in questo tempo tacerà,
perché sarà un tempo di sventura.
14Cercate il bene e non il male,
se volete vivere,
e così il Signore, Dio degli eserciti,
sia con voi, come voi dite.
15Odiate il male e amate il bene
e ristabilite nei tribunali il diritto;
forse il Signore, Dio degli eserciti,
avrà pietà del resto di Giuseppe.
16Perciò così dice il Signore,
Dio degli eserciti, il Signore:
In tutte le piazze vi sarà lamento,
in tutte le strade si dirà: Ah! ah!
Si chiamerà l'agricoltore a fare il lutto
e a fare il lamento quelli che conoscono la nenia.
17In tutte le vigne vi sarà lamento,
perché io passerò in mezzo a te,
dice il Signore.
18Guai a coloro che attendono il giorno del Signore!
Che sarà per voi il giorno del Signore?
Sarà tenebre e non luce.
19Come quando uno fugge davanti al leone
e s'imbatte in un orso;
entra in casa, appoggia la mano sul muro
e un serpente lo morde.
20Non sarà forse tenebra e non luce
il giorno del Signore,
e oscurità senza splendore alcuno?
21Io detesto, respingo le vostre feste
e non gradisco le vostre riunioni;
22anche se voi mi offrite olocausti,
io non gradisco i vostri doni
e le vittime grasse come pacificazione
io non le guardo.
23Lontano da me il frastuono dei tuoi canti:
il suono delle tue arpe non posso sentirlo!
24Piuttosto scorra come acqua il diritto
e la giustizia come un torrente perenne.
25Mi avete forse offerto vittime
e oblazioni nel deserto
per quarant'anni, o Israeliti?
26Voi avete innalzato Siccùt vostro re
e Chiiòn vostro idolo,
la stella dei vostri dèi che vi siete fatti.
27Ora, io vi manderò in esilio
al di là di Damasco, dice il Signore,
il cui nome è Dio degli eserciti.
Lettera agli Ebrei 9
1Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno.2Fu costruita infatti una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo.3Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con4l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza.5E sopra l'arca stavano i cherubini della gloria, che facevano ombra al luogo dell'espiazione. Di tutte queste cose non è necessario ora parlare nei particolari.
6Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto;7nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo.8Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda.9Essa infatti è una figura per il tempo attuale, offrendosi sotto di essa doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, l'offerente,10trattandosi solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate.
11Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione,12non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.13Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne,14quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?
15Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la rendenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che è stata promessa.16Dove infatti c'è un testamento, è necessario che sia accertata la morte del testatore,17perché un testamento ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive.18Per questo neanche la prima alleanza fu inaugurata senza sangue.19Infatti dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, ne asperse il libro stesso e tutto il popolo,20dicendo: 'Questo è il sangue dell'alleanza che Dio ha stabilito per voi'.21Alla stessa maniera asperse con il sangue anche la Tenda e tutti gli arredi del culto.22Secondo la legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue e senza spargimento di sangue non esiste perdono.
23Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificati con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi.24Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore,25e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui.26In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. Ora invece una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.27E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio,28così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.
Capitolo XVI: Manifestare a Cristo le nostre manchevolezze e chiedere la sua grazia
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
O dolcissimo e amorosissimo Signore, che ora desidero devotamente ricevere, tu conosci la mia debolezza e la miseria che mi affligge; sai quanto siano grandi il male e i vizi in cui giaccio e come io sia frequentemente oppresso, provato, sconvolto e pieno di corruzione. Io vengo a te per essere aiutato, consolato e sollevato. Parlo a colui che tutto sa e conosce ogni mio pensiero; a colui che solo mi può pienamente confortare e soccorrere. Tu ben sai di quali beni io ho massimamente bisogno e quanto io sono povero di virtù. Ecco che io mi metto dinanzi a te, povero e nudo, chiedendo grazia e implorando misericordia. Ristora questo tuo misero affamato; riscalda la mia freddezza con il fuoco del tuo amore; rischiara la mia cecità con la luce della tua presenza. Muta per me in amarezza tutto ciò che è terreno; trasforma in occasione di pazienza tutto ciò che mi pesa e mi ostacola; muta in oggetto di disprezzo e di oblio ciò che è bassa creatura. Innalza il mio cuore verso il cielo, a te, e non lasciare che mi perda, vagando su questa terra. Sii tu solo, da questo momento e per sempre, la mia dolce attrazione, ché tu solo sei mio cibo e mia bevanda, mio amore e mia gioia, mia dolcezza e sommo mio bene. Potessi io infiammarmi tutto, dinanzi a te, consumarmi e trasmutare in te, così da diventare un solo spirito con te, per grazia di intima unione, in struggimento di ardente amore. Non permettere che io mi allontani da te digiuno e languente, ma usa misericordia verso di me, come tante volte l'hai usata mirabilmente con i tuoi santi. Qual meraviglia se da te io prendessi fuoco interamente, venendo meno in me stesso, poiché tu sei fiamma sempre viva, che mai si spegne, amore che purifica i cuori e illumina le menti?
LETTERA 7: Agostino risponde alla lettera precedente dicendo che la memoria può esistere anche senza l'immaginazione
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nello stesso tempo (388-91).
Agostino risponde alla lettera precedente dicendo che la memoria può esistere anche senza l'immaginazione (n. 1); i fantasmi sono generati nell'anima attraverso i sensi (n. 2-3); essi sono di tre generi (n. 4); e possono influire nefastamente sull'anima (n. 5): risolve un'obiezione ed esorta Nebridio a resistere ai fantasmi prodotti dai sensi (n. 6-7).
AGOSTINO A NEBRIDIO
Può darsi memoria senza immaginazione.
1. 1. Lascerò da parte i preamboli e comincerò prontamente a trattare quello che impazientemente desideri che io ti dica, tanto più che non arriverò presto alla fine. Tu credi che non possa esservi affatto memoria senza quelle immagini o rappresentazioni, che sono frutto di immaginazione, che hai voluto chiamare fantasie; io la penso diversamente. Bisogna dunque, innanzitutto, osservare che noi non ci ricordiamo sempre di cose che passano, ma per lo più di cose che durano. Perciò, sebbene la memoria rivendichi a sé il compito di ricordare fedelmente il passato, tuttavia è certo che essa in parte è memoria di cose che ci lasciano, in parte di cose che sono lasciate da noi. Infatti, quando mi ricordo di mio padre, evidentemente ricordo una cosa che mi ha lasciato ed ora non è più; quando invece mi ricordo di Cartagine, ricordo una cosa che esiste e che io ho lasciato. Tuttavia in entrambi questi casi la memoria conserva il ricordo del passato. Giacché tanto quell'uomo quanto questa città io li ricordo per quello che ho visto, non per quello che vedo.
La memoria e l'atto di ricordare.
1. 2. A questo punto tu forse domandi: a che mirano codeste tue considerazioni? Tanto più che osservi come entrambe queste cose non possano giungere alla memoria se non attraverso la visione fantastica. Ma a me basta avere intanto dimostrato che si può parlare di memoria anche a proposito di cose che non sono ancora passate. Procura comunque di ascoltare attentamente che vantaggio io ne tragga. Alcuni criticano, senza fondamento, quella celeberrima scoperta di Socrate per cui si sostiene che ciò che apprendiamo non s'imprime in noi come cosa nuova, ma è richiamato alla memoria per reminiscenza, e sostengono che la memoria riguarda le cose passate e che invece quello che noi apprendiamo per mezzo dell'intelligenza, per asserzione dello stesso Platone, dura sempre e non può perire e perciò non è passato. Costoro però non badano al fatto che è passata la visione durante la quale abbiamo un tempo contemplato con la mente queste cose; e poiché ci siamo allontanati da esse ed abbiamo cominciato a vedere altri oggetti in modo diverso, le rivediamo per reminiscenza, cioè per mezzo della memoria. Perciò se, per omettere altri esempi, l'eternità in sé dura sempre e non ha bisogno di alcuna immagine fantastica per servirsene quasi come veicolo per giungere alla nostra mente (e tuttavia non potrebbe giungervi se non la ricordassimo), si può avere memoria di certe cose senza alcuna immaginazione.
L'anima senza l'uso dei sensi non può avere immagini.
2. 3. Quanto poi alla tua opinione che l'anima possa immaginare oggetti corporei anche senza servirsi dei sensi, si dimostra falsa in questo modo: se l'anima, prima di far uso dei sensi per la percezione dei corpi, può con la fantasia rappresentarsi questi stessi corpi, e (cosa che nessuna persona sana di mente mette in dubbio) si trovava in uno stato migliore prima di essere impigliata in questi sensi ingannatori, si trovano in uno stato migliore le anime delle persone che dormono che le anime di quelle che sono deste, quelle dei frenetici che quelle di coloro i quali non sono affetti da una tale calamità: infatti sono colpite dalle stesse immagini da cui erano colpite prima di avere i sensi, questi messaggeri quanto mai fallaci; e allora o sarà più vero il sole che essi vedono di quello che vedono le persone sane e deste o le cose false saranno superiori a quelle vere. Se queste conclusioni sono assurde, come effettivamente lo sono, l'immaginazione, o mio Nebridio, non è altro che una ferita che giunge [all'anima] attraverso i sensi; per opera dei quali avviene non un'evocazione, come tu scrivi, in modo che si formino nell'anima siffatte visioni, ma l'azione stessa di introdurre o, per dirlo più precisamente, di imprimere [in essa] queste false immagini. Quanto poi alla tua osservazione, come sia possibile che immaginiamo dei volti e delle figure che non abbiamo mai viste, essa è acuta. Perciò farò una esposizione che renderà questa lettera più lunga del normale: non però ai tuoi occhi, cui nessuno scritto è più gradito di quello che mi reca a te più loquace del solito.
Le varie specie d'immaginazioni.
2. 4. Io vedo che tutte queste immagini che tu, con molti, chiami fantasie si dividono molto opportunamente e veracemente in tre categorie, la prima delle quali è stata impressa [in noi] dalle cose percepite attraverso i sensi, la seconda da quelle opinate e la terza da quelle trovate razionalmente. Esempi del primo tipo si hanno quando la mia mente si raffigura il tuo volto o Cartagine o il nostro defunto amico Verecondo e qualsiasi altra delle cose che esistono ancora o sono scomparse, che però io ho visto e sentito. Nella seconda categoria si devono mettere le cose che noi pensiamo siano state o siano in un determinato modo, ad esempio quando per esporre la nostra opinione su qualcosa facciamo volutamente delle supposizioni che non sono affatto di ostacolo per giungere alla verità, oppure quello che immaginiamo quando leggiamo la storia e quando ascoltiamo delle favole o le componiamo o le inventiamo. Io infatti mi immagino come mi piace e come mi viene in mente il volto di Enea, quello di Medea coi suoi serpenti alati legati al giogo, quello di un Cremete e di un Parmenone. A questa categoria appartengono anche quelle cose che hanno raccontato sia i saggi, adombrando qualche verità sotto tali figurazioni, sia, come verità, gli stolti fondatori delle svariate e false religioni: ad esempio il tartareo Flegetonte, le cinque grotte degli abitanti delle tenebre infernali, l'asse settentrionale che tiene insieme il cielo, e mille altre invenzioni fantastiche dei poeti e dei seguaci di false dottrine. Però diciamo anche nel corso di un ragionamento: supponi che vi siano uno sull'altro tre mondi fatti come lo è questo; e: supponi che la terra abbia forma quadrata, e cose di questo genere. Tutto ciò infatti noi immaginiamo e ipotizziamo a seconda delle circostanze in cui si svolge il nostro ragionamento. Quanto poi alle cose riguardanti la terza specie di immagini, si tratta soprattutto di numeri e di dimensioni. Ciò in parte trova riscontro in natura, ad esempio quando per via di ragionamento si trova la forma del mondo, e a questa scoperta segue, nella mente di colui che pensa, l'immagine; in parte nelle scienze che formano oggetto di insegnamento, come le figure geometriche, i ritmi della musica e l'infinita varietà dei numeri. Queste cose, per quanto vengano colte, come io penso, nella loro verità, tuttavia producono delle false immaginazioni cui l'intelletto stesso a stento riesce a sottrarsi; sebbene neppure in un ragionamento condotto con metodo rigoroso sia facile sottrarsi a questo inconveniente, quando nelle distinzioni e nelle conclusioni facciamo conto quasi di usare dei sassolini fatti per il calcolo (4 bis).
L'anima è soggetta alle falsità delle immagini.
2. 5. In tutta questa selva d'immagini, io sono convinto che tu non credi che la prima specie riguardi l'anima prima che sia connessa coi sensi, e su questo punto non c'è bisogno di indugiare a discutere. Sulle altre due si potrebbe ancora a buon diritto porre il quesito se non fosse palese che l'anima, quando ancora non è stata colpita da ciò che vi è di vano nelle cose sensibili e nei sensi, è meno soggetta ad ingannarsi: ma chi potrebbe mettere in dubbio che codeste immagini siano molto meno vere delle cose sensibili? Infatti ciò che pensiamo e crediamo oppure inventiamo è in ogni parte assolutamente falso, e certamente, come tu capisci, è molto più vero quello che vediamo e sentiamo. Infine, per la terza specie, qualsiasi spazio corporeo io mi rappresenti con la mente, sebbene il pensiero sembri averlo creato in base a rigorosi principi scientifici che non permettono il minimo errore, io dimostro irrefutabilmente che è falso poiché sono di nuovo questi stessi principi a provarlo. Perciò io non posso credere in nessun modo che l'anima quando ancora non percepiva attraverso il corpo, quando ancora non era stata colpita, tramite i sensi sommamente fallaci, da sostanza mortale e passeggera, giacesse in tanta e così vergognosa falsità.
Si risolve una obiezione.
3. 6. Donde ha dunque origine il fatto che noi ci rappresentiamo le cose che non abbiamo mai viste? Che cosa puoi pensare se non che vi è una facoltà di diminuire e di aumentare, insita nell'anima, che essa porta necessariamente con sé dovunque vada? Questa facoltà si può avvertire specialmente nel campo dei numeri. Per essa accade che, se ci si pone per dir così dinanzi agli occhi la figura di un corvo, per esempio, che cioè ci sia nota per averla già osservata, col togliere e con l'aggiungere ad essa qualcosa, si trasforma in una figura qualsivoglia assolutamente mai vista. Per essa accade che, indugiando abitualmente il nostro spirito in siffatte cose, figure di questo genere invadono quasi spontaneamente i nostri pensieri. È dunque possibile all'anima, servendosi dell'immaginazione, formare da quello che il senso ha introdotto in essa (togliendo, come si è detto, e aggiungendo qualche cosa) delle immagini che nessun senso riesce a cogliere nella loro totalità, ma che sono parti di ciò che aveva colto in questo o quell'oggetto. Così noi da fanciulli, pur nati ed allevati nell'entroterra, vedendo l'acqua anche solo in un piccolo bicchiere, potevamo già immaginarci il mare; mentre il sapore delle fragole e delle corniole in nessun modo ci sarebbe venuto in mente prima che le gustassimo in Italia. Da questo dipende il fatto che coloro che sono ciechi fin dalla tenera infanzia, quando vengono interrogati sulla luce e sui colori non sanno che cosa rispondere. Giacché nessuna immagine del colore possono avere quelli che non hanno mai percepito alcuna immagine.
Si deve resistere alle immaginazioni sensibili.
3. 7. Né devi stupirti come mai gli oggetti, che in natura hanno una forma e possono immaginarsi, non si trovino fin da principio insiti nell'anima che è in ciascuno, non avendoli essa mai percepiti dall'esterno attraverso i sensi. Infatti anche noi quando, per lo sdegno o la gioia e per gli altri sentimenti dell'animo di tal fatta, produciamo nel nostro corpo vari atteggiamenti e colori, il nostro pensiero non può concepire tali immagini prima che noi possiamo provocarle. Queste cose avvengono secondo quei mirabili procedimenti (che lascio alla tua meditazione), che si verificano quando nell'anima si agitano i numeri in essa nascosti senza alcuna falsa rappresentazione corporea. Di conseguenza io vorrei che tu, poiché avverti che vi sono tanti moti dell'anima privi di tutte le immagini su cui ora vai investigando, capissi che l'anima ha in sorte il corpo per qualsivoglia altro impulso piuttosto che per aver pensato a forme sensibili, che io ritengo non possa in alcun modo percepire prima di far uso del corpo e dei sensi. Pertanto per la nostra amicizia e per la fedeltà alla stessa legge divina, amico carissimo e amabilissimo, io vorrei caldamente raccomandarti di non stringere alcuna amicizia con codeste ombre infernali e di non indugiare a rompere quella che da te è stata stretta con esse. Giacché in nessun modo si resiste ai sensi, e questo è per noi il dovere più sacro, se accarezziamo le piaghe e le ferite da essi inferteci.
Quarta decina: L'eccellenza del Rosario nelle meraviglie da Dio operate in suo favore
Il segreto ammirabile del Santo Rosario - San Luigi Maria Grignion de Montfort
Leggilo nella BibliotecaROSA TRENTUNESIMA
[98] In una visita a Bianca, regina di Francia, che dopo dodici anni di matrimonio non aveva ancora figli ed era perciò molto afflitta, san Domenico le consigliò di recitare ogni giorno il Rosario per ottenere dal cielo tale grazia. Ella così fece e nel 1213 diede alla luce il primogenito che chiamò Filippo. Ma la morte glielo rapì ch'era ancora in fasce e allora la pia regina ricorse più che mai a Maria, facendo anche distribuire gran numero di corone del Rosario a tutta la corte e in parecchie città del regno perché Dio le concedesse intero il sospirato favore. E fu esaudita poiché nel 1215 le nacque Luigi, la gloria di Francia ed il modello dei re cristiani.
[99] Alfonso VIII re d'Aragona e di Castiglia, punito da Dio in diversi modi per i suoi peccati, fu costretto a ritirarsi nella città di un suo alleato. Avvenne che in quella città il giorno di Natale san Domenico predicasse come sempre sul Rosario e sulle grazie che con esso si ottengono da Dio. Tra l'altro disse che coloro che lo recitano devotamente riportano vittoria sui nemici e ritrovano ogni cosa perduta. Colpito da tali parole il re fece ricercare san Domenico e gli chiese se fosse vero quanto aveva detto circa il Rosario. Il Santo rispose che non doveva dubitarne e l'assicurò che ne avrebbe sperimentato gli effetti se avesse praticato la devozione al Rosario e si fosse iscritto nella Confraternita. Il re, allora, decise di recitare ogni giorno il Rosario e fu fedele. Dopo un anno, esattamente nel medesimo giorno di Natale, dopo ch'egli terminò di dire il Rosario, la Madonna gli apparve e gli disse: “Alfonso, da un anno in qua tu mi onori recitando devotamente il mio Rosario; ebbene, vengo per darti la ricompensa: sappi che ti ho ottenuto da mio Figlio il perdono di tutti i peccati. Eccoti, ora, una corona del Rosario; portala indosso e nessuno dei tuoi nemici potrà ucciderti”.
La Madonna disparve lasciando il re grandemente consolato e fiducioso. Egli tornò a casa con la corona in mano e, pieno di gioia, raccontò alla regina del favore ricevuto dalla Vergine, indi con la preziosa corona toccò gli occhi della regina da gran tempo cieca, ed ella riacquistò immediatamente la vista perduta.
Qualche tempo dopo re Alfonso raccolse un esercito, strinse accordi con gli alleati e attaccò arditamente i suoi nemici; li sconfisse e li obbligò a restituirgli le terre e a risarcire ogni danno. Inoltre divenne tanto abile in guerra che da ogni parte i soldati mercenari venivano ad arruolarsi sotto le sue insegne, fatti sicuri che la vittoria arrideva sempre alle sue armi. E di ciò nessuna meraviglia: egli non attaccava mai battaglia senza prima aver recitato in ginocchio il Rosario; anzi, aveva fatto iscrivere nella confraternita tutta la sua corte ed esortava gli ufficiali e i familiari ad esserne membri esemplari. La regina stessa vi si era iscritta e ambedue perseveravano nel servizio a Maria con edificante pietà.
ROSA TRENTADUESIMA
[100] San Domenico aveva un cugino di nome don Perez o Pedro, che conduceva una vita molto dissoluta. Costui un giorno, avendo sentito dire che il santo stava predicando sulle meraviglie del Rosario e che per tale mezzo molti si convertivano e cambiavano condotta, si disse: “Avevo perduto ogni speranza di salvarmi, ma ora riprendo fiducia; bisogna che anch'io vada ad ascoltare questo uomo di Dio”. E andò alla predica di san Domenico. Questi, non appena lo vide, pregò in cuor suo il Signore perché aprisse gli occhi al cugino, e si rendesse conto dello stato miserando della propria anima; raddoppiò di energia nel tuonare contro i vizi. Don Perez ne fu alquanto scosso ma non tanto da risolversi a cambiare vita. Tornò, tuttavia, alla predica seguente.
Allorché il Santo lo vide, convinto che quel cuore indurito si sarebbe ravveduto solo per un colpo straordinario della grazia, esclamò a voce alta: “Signore Gesù, fate vedere a quanti sono qui radunati in quale stato si trova colui che è entrato or ora nella tua casa!”. E tutta l'assemblea poté vedere don Perez circondato da un'orda di demoni in forma di bestie orribili che lo tenevano legato con catene di ferro: presi dallo spavento fuggirono chi qua chi là, con immensa confusione di don Perez, egli pure spaventato e vergognoso d'essere oggetto di orrore a tutti. San Domenico, però, fece fermare la gente e rivolto al cugino disse: “Riconosci, infelice, lo stato deplorevole della tua anima e gettati ai piedi della Madonna! Su, prendi questa corona del Rosario, recitalo con devozione, pentiti dei tuoi peccati e risolvi di cambiar vita!”. Don Perez obbedì e in ginocchio recitò il Rosario; subito dopo si sentì ispirato a confessarsi e lo fece con estrema contrizione. Il Santo gli ordinò allora di recitare ogni giorno il Rosario ed egli non solo promise, ma scrisse egli stesso il proprio nome nel registro della confraternita. Quando uscì dalla chiesa il suo volto che poco prima aveva fatto inorridire gli astanti, appariva splendente come il volto di un angelo. Si seppe in seguito che perseverando nella recita del Rosario, egli aveva condotto vita molto regolata ed era morto serenamente.
ROSA TRENTATREESIMA
[101] Mentre predicava il Rosario nelle vicinanze di Carcassona, a san Domenico, fu presentato un eretico albigese posseduto dal demonio. Il Santo, davanti a una folla che si ritiene composta di oltre dodicimila persone, lo esorcizzò, e i demoni che tenevano in dominio quel miserabile, furono costretti, loro malgrado, a rispondere alle domande dell'esorcista. E confessarono 1) che nel corpo di costui erano in quindicimila perché egli aveva osato combattere i quindici misteri del Rosario; 2) che san Domenico col suo Rosario terrorizzava tutto l'inferno e che essi stessi odiavano lui più di qualsiasi altra persona perché con questa devozione del Rosario strappava loro le anime; 3) rivelarono inoltre parecchi altri particolari.
San Domenico allora gettò la sua corona al collo dell'ossesso e chiese ai demoni chi mai fra tutti i Santi del cielo essi temessero di più e chi, a parere loro, meritasse più amore e onore da parte degli uomini. A tale domanda gli spiriti infernali levarono alte grida sì che la maggior parte dei presenti stramazzarono a terra per lo spavento. Poi quei maligni, per non rispondere direttamente alla domanda, cominciarono a piangere e a lamentarsi in modo così pietoso e commovente che parecchi fra gli astanti furono presi da una naturale pietà. Per bocca dell'ossesso e con voce piagnucolosa così dicevano: “Domenico, Domenico, abbi pietà di noi e promettiamo di non nuocerti mai. Tu che tanta compassione hai per i peccatori e per i miserabili, abbi pietà di noi meschini. Ahinoi!, soffriamo già tanto: perché ti compiaci di aumentare le nostre pene? Contentati di quelle che ci tormentano! Misericordia, misericordia misericordia!”.
[102] Impassibile davanti ai piagnistei di quegli spiriti, il Santo rispose che non avrebbe desistito dal tormentarli se prima non avessero essi stessi risposto alla sua domanda. Ed essi replicarono che avrebbero dato, la risposta, ma in segreto, all'orecchio e non di fronte a tutti. Domenico tenne duro e comandò che parlassero ad alta voce; ma ogni sua insistenza fu inutile e i demoni si chiusero nel silenzio. Allora il Santo si pose in ginocchio e pregò la Madonna: “Vergine potentissima, Maria, in virtù del tuo Rosario comanda, a questi nemici del genere umano di rispondere alla mia domanda”. Immediatamente dopo questa invocazione, una fiamma ardente uscì dalle orecchie, dalle narici e dalla bocca dell'ossesso; i presenti tremarono dalla paura ma nessuno ne subì danno. E si udirono le grida di quegli spiriti: “Domenico, noi ti preghiamo per la passione di Cristo e per i meriti della sua santa Madre e dei Santi: permettici di uscire da questo corpo senza dir nulla. Gli Angeli, quando tu vorrai, te lo riveleranno. Del resto, perché vuoi tu credere a noi? non siamo forse dei bugiardi? Non tormentarci oltre, abbi pietà di noi ”.
“Disgraziati, siete indegni di pietà!” riprese san Domenico, e sempre in ginocchio pregò di nuovo la Vergine Santa: “O degnissima Madre della Sapienza, ti supplico per il popolo qui presente che ha già appreso a recitare come si deve il Saluto angelico, obbliga questi tuoi nemici a proclamare in pubblico la verità piena e chiara sul Rosario”.
Finita la preghiera vide accanto a sé la Vergine Maria, circondata da una moltitudine di angeli, che con una verga d'oro colpiva l'ossesso e gli diceva: “Rispondi al mio servo Domenico conforme alla sua richiesta”. Da notare che nessuno udiva né vedeva la Madonna all'infuori di san Domenico.
[103] A tale comando i demoni presero a urlare:
“O inimica nostra, o nostra damnatrix, o nostra inimica, o nostra damnatrix, o confusio nostra, quare de coelo descendisti ut nos hic ita torqueres? Per te quae infernum evacuas et pro peccatoribus tanquam potens advocata exoras; o Via coeli certissima et securissima, cogimur sine mora et intermissione ulla, nobis quamvis invitis, et contra nitentibus, totam rei prolerre veritatem. Nunc declarandum nobis est simulque publicandum ipsum medium et modus quo ipsimet conjundamur, unde vae et maledíctio in aeternum nostris tenebrarum principibus.
Audite igitur vos, christiani. Haec Christi Mater potentissima est in praeservandis suis servis quonimus praecipites ruant in baratrum nostrum inferni. Illa est quae dissipat et enervat, ut sol, tenebras omnium machinarum et astutiarum nostrarum, detegit omnes fallacias nostras et ad nihilum redigit omnes nostras tentationes. Coactique fatemur neminem nobiscum damnari qui ejus sancto cultui et pio obsequio devotus perseverat. Unicum ipsius suspirium, ab ipsa et per ipsam sanctissimae
Trinitati oblatum, superat et excedit omnium sanctoruin preces, atque pium et sanctum eorum votum et desiderium, Magisque eum formidamus quam omnes paradisi sancios; nec contra fideles ejus famulos quidquam praevalere possumus.
Notum sit etiam vobis plurimos christianos in hora mortis ipsam invocantes contra nostra jura salvari, et nisi Marietta illa obstitisset nostrosque conatus repressisset, a longo iam tempore totam Ecclesiam exterminassemus, nam saepissime universos Ecclesiae status et ordines a fide deficere fecissemus. Imo planius et plenius vi et necessitate compulsi, adhuc vobis dicimus, nullum in exercitio Rosarii sive psalterii eius perseverantem aeternos inferni subire cruciatus. Ipsa enim devotis servis suis veram impetrat contritionem qua fit ut peccata sua confiteantur, et eorum indulgentiam a Deo consequantur”.
[104] “O nostra nemica, nostra rovina e nostra confusione! perché sei tu scesa dal cielo apposta per farci tanto soffrire? O avvocata dei peccatori che ritrai dall'inferno, o via sicurissima del Paradiso, siamo noi proprio obbligati, a nostro dispetto, a dire tutta la verità? Dobbiamo proprio confessare davanti a tutti ciò che ci coprirà di vergogna e sarà causa della nostra rovina? Guai a noi! e maledizione eterna ai nostri principi delle tenebre! Ebbene, udite voi cristiani: questa Madre di Cristo è onnipotente e può impedire che i suoi servi cadano nell'inferno. E' lei che, come un sole, dissipa le tenebre dei nostri intrighi e astuzie; è lei che sventa le nostre mene, disfa i nostri tranelli e rende vani e inefficaci tutte le nostre tentazioni.
Siamo costretti a confessarvi che nessuno di quanti perseverano nel suo servizio è dannato con noi. Uno solo dei sospiri ch'ella offra alla SS. Trinità vale più di tutte le preghiere, i voti, i desideri dei Santi.
Noi la temiamo più di tutti i beati insieme e nulla possiamo contro i suoi fedeli servitori. Anzi, avviene che molti cristiani i quali secondo le leggi ordinarie andrebbero dannati, invocandola in punto di morte riescono a salvarsi per l'intercessione di lei. Ah, se questa Marietta così la chiamavano per rabbia non si fosse opposta ai nostri progetti e ai nostri sforzi, già da molto tempo noi avremmo rovesciato e distrutto la Chiesa e fatto cadere nell'errore e nell'infedeltà tutte le sue gerarchie! Proclamiamo, inoltre, costretti dalla violenza che ci viene usata, che nessuno di quanti perseverano nella recita del Rosario, va dannato perché ella ottiene ai suo fedeli servi una sincera contrizione dei loro peccati e ricevono perdono e indulgenza”.
Ottenuta questa confessione san Domenico fece recitare il Rosario dagli astanti, adagio e con devozione. Ed ecco la cosa sorprendente: ad ogni Ave Maria recitata dal Santo e dal popolo usciva dal corpo di quell'ossesso una moltitudine di demoni in forma di carboni ardenti. Quando l'infelice ne fu completamente libero, la Vergine Santa, sempre non vista, benedisse il popolo e tutti avvertirono una sensibile e vivissima gioia. Questo miracolo fu causa di conversione per molti eretici che entrarono perfino nella confraternita del Rosario.
ROSA TRENTAQUATTRESIMA
[105] Come si potrà degnamente narrare le vittorie riportate da Simone, conte di Montfort, sugli Albigesi, con l'aiuto e la protezione della Madonna del Rosario? Furono talmente famose che il mondo non ne conobbe mai di simili.
Una volta con 500 uomini egli sfidò diecimila eretici e vinse; un'altra volta con trenta ne abbatté tremila; un'altra volta ancora con ottocento cavalieri e mille fanti sbaragliò l'armata del re d'Aragona, forte di centomila uomini, perdendo egli solo un cavaliere e otto soldati.
[106] E da quali pericoli la Vergine non liberò Alano de l'Anvallay, cavaliere bretone intrepido combattente per la fede contro gli Albigesi! Un giorno, mentre i nemici l'avevano circondato da ogni parte, la Madonna scagliò contro essi centocinquanta pietre e lo liberò dalle loro mani. In altra circostanza, mentre il suo vascello che faceva acqua stava per affondare, la divina Madre fece emergere dalle acque centocinquanta scogli, valicando i quali egli poté salvarsi e rientrare in Bretagna. A perpetuo ricordo di questi miracoli ottenuti dalla Vergine grazie al Rosario che recitava ogni giorno egli fece edificare un convento in Dinan per i religiosi del nuovo Ordine di san Domenico; in seguito si fece religioso e morì santamente ad Orléans.
[107] Otero, anch'egli soldato bretone di Vaucouleurs, mise più volte in fuga intere compagnie di eretici e di ladri semplicemente col tenere appesa al braccio o all'elsa della spada il rosario. I suoi stessi nemici, dopo le sconfitte subite, gli confessavano d'aver visto la sua spada splendere di viva luce; anzi una volta videro lo stesso Otero ben protetto da uno scudo sul quale risaltavano le immagini di Gesù, della Madonna e di Santi e che lo rendeva invisibile e gli dava forza nel combattimento. Un giorno, con dieci compagnie fece fronte a ventimila eretici senza che alcuno dei suoi soldati andasse perso. E tale fatto impressionò assai il comandante dell'armata eretica tanto che si recò a far visita a Otero, abiurò l'eresia e dichiarò che nella mischia l'aveva visto coperto d'armatura di fuoco.
ROSA TRENTACINQUESIMA
[108] Il beato Alano riferisce che un cardinale di nome Pietro, del titolo di santa Maria in Trastevere, iniziato alla pratica del Rosario da san Domenico, suo intimo amico, coltivò questa devozione e ne divenne acceso apostolo. Inviato come delegato in Terra Santa presso i crociati allora in guerra contro i Saraceni, egli parlò loro dell'efficacia, del Rosario e tutti ne furono convinti. Lo recitarono per implorare l'aiuto del cielo in un imminente combattimento; trionfarono sui nemici pur essendo tremila contro centomila.
Abbiamo già visto come i demoni temono in modo incredibile il Rosario. San Bernardo afferma che il saluto angelico dà loro la caccia e per esso tutto l'inferno freme. Il beato Alano assicura d'aver incontrato parecchie persone che, essendosi date al demonio corpo e anima, rinunciando al battesimo e a Gesù Cristo, furono poi liberate dalla infernale tirannia dopo aver accettato la pratica del santo Rosario.
ROSA TRENTASEIESIMA
[109] Nel 1578 una donna di Anversa si era venduta al demonio con regolare contratto firmato col proprio sangue. Qualche tempo dopo ne sentì acuto rimorso e, desiderando riparare al male commesso, cercò un confessore prudente e caritatevole per sapere in qual modo avrebbe potuto affrancarsi dalla schiavitù di satana; trovò un sacerdote saggio e pio che le consigliò di recarsi da un certo padre Enrico, del Convento di san Domenico, direttore della confraternita del Rosario.
Ella vi andò ma, purtroppo, invece del padre Enrico trovò il demonio travestito da frate, il quale naturalmente la rimbrottò acerbamente e le significò che per lei non c'era più alcuna speranza di ottenere grazia da Dio né possibilità di revocare l'atto di vendita firmato. Desolata ma sempre fiduciosa nella misericordia divina, la povera donna ritornò dal padre ma vi trovò nuovamente il diavolo che la respinse come la prima volta. Persistendo nei buoni propositi, ella si presentò al Convento una terza volta e finalmente, per volere di Dio, poté incontrarsi col vero padre Enrico che l'accolse con carità, la esortò a confidare nella bontà del Signore e la invitò a fare una buone confessione. Le ordinò poi di recitare con molta frequenza il santo Rosario e la iscrisse nella confraternita. Ella fece quanto le era stato prescritto, ed ecco che una mattina, mentre il padre Enrico celebrava la Messa per lei, la Vergine obbligò il demonio a restituire alla donna la famigerata carta e d'un tratto essa si trovò libera dal maligno per l'autorità di Maria e grazie alla pratica del Rosario.
ROSA TRENTASETTESIMA
[110] Un nobiluomo, padre di numerosa famiglia, aveva collocato una sua figlia in un monastero totalmente rilassato: le religiose aspiravano solo a vanità e a piaceri. Il confessore della Casa religiosa, uomo di Dio e fervente devoto del Rosario, desiderando guidare sulla via della perfezione almeno questa giovane religiosa, le consigliò di recitare ogni giorno il Rosario in onore della Madonna, meditando la vita, la passione e la gloria di Cristo Gesù. La religiosa gradì assai il consiglio e l'accettò; a poco a poco si nauseò della vita disordinata delle consorelle, prese ad amare il silenzio e la preghiera, senza curarsi delle canzonature e del disprezzo di chi la circondava, né si curava d'essere tacciata di bigotta.
In quel tempo un venerabile abate si recò in visita al monastero e mentre pregava ebbe una singolare visione: gli parve di vedere una religiosa in preghiera nella propria cella davanti ad una Signora di sorprendente bellezza, accompagnata da uno stuolo di angeli i quali con frecce infuocate tenevano a bada una moltitudine di demoni che tentavano di entrare nella cella. Gli parve, inoltre, di vedere questi maligni spiriti sotto forma di immondi animali rifugiarsi nelle celle delle altre religiose ed eccitarle al peccato, al quale parecchie infelici acconsentivano.
Per tale visione l'abate comprese la deplorevole condizione del monastero e credette morirne di tristezza. Fece venire a sé la giovane religiosa e l'incoraggiò a perseverare; riflettendo, poi, sull'eccellenza del Rosario decise di riformare il monastero con questa devozione. Acquistò un buon numero di corone, le distribuì a tutte le religiose consigliandole a recitare il Rosario ogni giorno promettendo loro, se avessero accettato il consiglio, di non costringerle a riformarsi. Gradirono le corone del Rosario e promisero, a quella condizione, di recitarlo. Ebbene!, cosa ammirabile: a poco a poco tutte le religiose rinunciarono alle vanità, rientrarono nel silenzio e nel raccoglimento e dopo nemmeno un anno esse stesse chiesero la riforma. Il Rosario aveva operato sui loro cuori più di quanto avrebbe potuto ottenere l'abate con le esortazioni e l'autorità.
ROSA TRENTOTTESIMA
[111] Una contessa di Spagna, istruita da san Domenico sulla pratica del Rosario, lo diceva ogni giorno e faceva progressi mirabili nella virtù. Nulla più desiderava se non vivere per la perfezione; chiese, perciò, ad un alto prelato, celebre predicatore, in qual modo avrebbe potuto raggiungerla. Costui le disse che era necessario prima fargli conoscere lo stato della sua anima e quali fossero i suoi esercizi di pietà. Ella rispose che il principale tra questi era il Rosario che soleva recitare tutti i giorni meditandone i misteri con grande profitto spirituale. Il vescovo, lietissimo d'udire quanto fossero preziosi gli insegnamenti racchiusi nei misteri, le rispose: “Da vent'anni sono dottore in teologia, ho avuto modo di conoscere tante e tante pratiche di devozione, ma non ne vedo una che sia più fruttuosa e più conforme al cristianesimo di questa. Voglio imitarvi, non solo, ma predicherò il Rosario”.
Lo fece difatti con tanto successo da notare in poco tempo un grande cambiamento di costumi nella sua diocesi: conversioni, restituzioni, riconciliazioni, cessazioni delle dissolutezze, del gioco, del lusso e rifiorimento nelle famiglie della pace, del rispetto, della carità. Un cambiamento che parve tanto più mirabile quanto più quel presule aveva lavorato in precedenza per riformare la sua diocesi e sempre con scarsissimo risultato. Per invogliare maggiormente i suoi fedeli alla devozione del Rosario egli portava al fianco una corona di buona fattura che mostrava agli uditori dicendo: “Sappiate, fratelli, che il Rosario della Vergine è di tale eccellenza che io, vostro vescovo, dottore in teologia, dottore in diritto civile e canonico, mi glorio di portarlo sempre su di me come il distintivo più onorifico del mio episcopato e dottorato”.
ROSA TRENTANOVESIMA
[112] Il rettore di una parrocchia in Danimarca raccontava spesso, alla maggior gloria di Dio e per la gioia della sua anima, d'aver sperimentato nella propria parrocchia gli stessi frutti della devozione del Rosario ottenuti da quel vescovo nella sua diocesi.
“Avevo diceva predicato su tutti i temi più urgenti e più utili, ma senza alcun profitto. Non vedevo nessun miglioramento nella mia parrocchia e allora mi risolsi di predicare il Rosario: ne spiegavo l'eccellenza e la pratica. Ebbene: posso dichiarare che dopo aver fatto gustare questa devozione ai miei parrocchiani, in sei mesi ho visto un visibilissimo cambiamento. Veramente, questa preghiera è efficace e di unzione divina per toccare i cuori e per ispirare l'orrore al peccato e l'amore alla virtù”.
Disse un giorno la Madonna al beato Alano: “Come Dio scelse il saluto angelico per operare l'Incarnazione del suo Verbo e la Redenzione degli uomini, così coloro che desiderano riformare i costumi e rigenerare i popoli in Cristo Gesù mi devono onorare ed ossequiare con lo stesso saluto. Sono io la via scelta da Dio per venire agli uomini; perciò, dopo che a Gesù, a me devono essi ricorrere per avere la grazia e le virtù”.
[113] Quanto a me che scrivo, ho constatato personalmente l'efficacia di questa preghiera per convertire i cuori più induriti. Ho trovato persone che, per nulla scosse dalla predicazione delle più tremende verità, durante una missione, avevano accolto il mio consiglio di recitare il Rosario tutti i giorni e si convertirono dandosi interamente a Dio. Ed ho anche costatato una enorme diversità di costumi fra le popolazioni delle parrocchie dove avevo predicato la missione: le une, avendo abbandonato la pratica del Rosario, erano ricadute nel peccato; le altre, per averla conservata, si sono mantenute in grazia di Dio e crescono ogni giorno nella virtù.
ROSA QUARANTESIMA
[114] Il beato Alano de la Rupe, i Padri Giovanni Dumont e Thomas, le Cronache di san Domenico e altri autori che spesso furono testimoni oculari, riportano gran numero di conversioni eccezionali ottenute per mezzo di questa mirabile devozione del Rosario: conversioni di peccatori e peccatrici ritornati sulla via del bene dopo venti, trenta e anche quarant'anni di vita disordinata, nulla mai d'altro essendo valso a farli ravvedere. Non le riferisco per non dilungarmi troppo così come non posso rivelare quelle che io ho visto con i miei occhi; taccio per motivi facilmente intuibili.
Caro lettore, per tua esperienza personale, se tu pratichi e predichi questa devozione ne saprai più che dalla lettura di qualsiasi libro che tratta dell'argomento, e costaterai felicemente tu stesso l'effetto delle promesse che la Madonna fece a san Domenico, al beato Alano e a quanti si adoperarono per far fiorire questa devozione a Lei tanto gradita poiché istruisce i cristiani sulle virtù di suo Figlio e sulle sue, dispone all'orazione mentale, all'imitazione di Cristo, alla frequenza dei sacramenti, alla soda pratica delle virtù e delle opere buone, ed inoltre fa acquistare tante preziose indulgenze che la gente ignora solo perché i predicatori non ne parlano quasi mai, limitandosi tutt'al più ad un discorsetto alla moda sul Rosario. Discorsi che suscitano alle volte ammirazione, ma non istruiscono affatto.
[115] Per farla breve mi accontento di dirti, col beato Alano, che il Rosario è una sorgente e uno scrigno d'ogni sorta di beni. Grazie al Rosario: 1) i peccatori ottengono il perdono; 2) gli assetati di perfezione crescono in grazia; 3) i prigionieri vedono infrante le loro catene; 4) coloro che piangono trovano sollievo; 5) coloro che sono tentati trovano pace; 6) i bisognosi ricevono aiuto; 7) i religiosi si riformano; 8) gli ignoranti si istruiscono; 9) i vivi trionfano sulle vanità; 10) ai defunti giunge sotto forma di suffragio l'attesa misericordia.
“Voglio disse un giorno la Vergine al beato Alano che i devoti del mio Rosario ottengano grazia e siano benedetti da mio Figlio in vita, in morte e dopo la morte. Voglio che, liberati da ogni sorta di schiavitù, siano dei veri re, con la corona in capo e lo scettro in mano, nella gloria eterna. Amen”.
« II dolore della vittima deve assomigliare al dolore di Gesù »
Beata Alexandrina Maria da Costa
La mia vita e tutte le cose sono uno sgomento per me. Ma è sgomento che
consente all'anima di conservarsi nella unione e nella pace di Dio.
Soffro, mio Gesù, Tu lo sai bene, ma la sofferenza ha per me più
dolcezza del miele. Molte volte cado sfinita e anzi mi pare di non
resistere, ma questa sofferenza è resa soave dalle ansie ardenti di
soffrire di più per Gesù, di dargli tutte le anime. Immersa in questi
desideri ed ansie indicibili, tutte le sofferenze del mondo mi sembrano
poche da offrire al mio Gesù.
Il cuore grida continuamente, addolorato, senza vita; grida senza avere
nessuno, senza un rifugio ove posarsi, ma il suo grido è sempre colmo
di fiducia e molto ansioso di maggior martirio... La morte viene
incontro al mio cuore; egli vuole lasciarla entrare.
Le mie torri, le mie pietre, la mia massa continuano ad essere alla
stessa altezza: non possono salire di più. Io stessa, fusa in esse, mi
sforzo di alzarle per salire in alto, più verso Dio. Il mio sforzo è
nullo, o lo sento nullo; sono imprigionata e non posso uscirne. Vorrei
voli per volare fino al cielo, ma la prigione è tale che non mi lascia
volare.
Non ho vita, non ho esistenza per giungere al mio unico e vero fine: Dio, solo Dio.
- Gesù, Mammina, vedete che non ho più nessuno. Porgetemi le Vostre mani benedette!
... Sento il mondo che mi maltratta con tutte le sue malvage
invenzioni. Ogni momento muoio per loro causa e ogni momento vivo per
riceverle.
- O mio Gesù, sono la Tua vittima!... Gesù si avvicinò all'Orto e io
con Lui. Con Lui pregai e sudai sangue e con Lui dentro di me sentii il
Cuore aperto come se fosse il mio: attraverso il cuore davo passaggio a
tutta la umanità e con Gesù dicevo a tutti: - Io sono il cammino, la
verità e la vita. - Come era bello tutto ciò tra tanto dolore! Gesù è
divenuto strada per i viandanti ed è la vita... (diario, 4-3-1949).
... Mi sfuggono gemiti e sospiri occulti; quando voglio soffocarli e
nasconderli è già tardi. All'esterno tutto pare gioia; all'interno
tutto è dolore e lacrime: sono lacrime ansiose, ma di ansie che non so
esprimere. Sono lacrime di dolore ma al tempo stesso di pace. Godo
soffrendo così... - Vieni, figlia mia,... vieni al tuo Gesù che veglia
su di te e ti sostiene; vieni, sono la tua guida... vieni a sollevarti
dal tuo sfinimento, a riposare in Me e a prendere nuove forze.
Coraggio! La mia frase « dammi dolore » ha un grande significato: è
tanto profonda, esce tanto dall'intimo del mio divin Cuore, che senza
una mia grazia ti causerebbe più terrore che la voce di Dio agli
Israeliti; senza un mio miracolo Mi diresti, come loro a Mosè: «Gesù,
non posso udire la Tua voce».
- Dammi dolore, mia figlia; ma questo dolore deve essere tanto profondo
e doloroso quanto lo è il mio. Il dolore della vittima deve
assomigliare al dolore di Gesù.
Mia figlia, ti ferisco per non distruggere eternamente i peccatori.
Quanto soffro per i crimini della umanità!... Di' presto al mio caro
Pontefice che preavvisi il mondo della tremenda giustizia che lo
aspetta... - (diario, 18-3-1949)...
La mia stanchezza nel trattenere il mondo
... Il 30 marzo cominciai a sentire come se la mia vita stesse sulla
superficie della pelle... Questa vita pone in me come una luce
solamente verso l'esterno; nel mio intimo non vi è vita né luce né
nulla, neppure ceneri mortali: fu tutto consumato. Che nuovo martirio
per me! Nulla di ciò che appare fuori è conforme con quanto avviene
dentro. Continuo col martirio di trattenere il mondo molto a stento,
mentre cammino verso la morte che corre verso di me con tutti i
supplizi. ... Udii Gesù dirmi: - Figlia mia, abbi coraggio, non voglio
che tu dubiti un solo istante di ciò che avviene in te, della mia vita
divina in te ... - ... (diario, 1-4-1949).
Oh, la mia stanchezza nel tenere stretto il mondo! Oh, il mio
scoramento nel vederlo sfuggire! ... È martirio da disperarsi senza la
grazia del Cielo questa morte che io sento unita al soffio di un'altra
vita che passa sulla superficie della mia pelle come una brezza che
scorre sempre. Non posso resistere [tra] questa morte e questo soffio
di vita. Io non sono degna che questo soffio passi in me: che vita, di
quale grandezza! Ha occhi che vedono tutta la terra e tutto il cielo:
non posso consentire che questi sguardi vedano il cumulo delle mie
miserie, il mio nulla, la mia morte. Chi sono io perché tali sguardi
passino attraverso a me? O mio Dio, sento necessità di dire tanto, di
dire tutto di questi sguardi, di questa vita e non so dire nulla! Sono
sempre nelle mie torri spaventose, sempre le stesse pietre, la stessa
massa... ... Il mio corpo sembra un cencio insanguinato, disfatto dal
dolore, che va di strada in strada, di città in città, attraverso tutta
l'umanità a pulirla da tutte le macchie. Non so chi maneggia questo
cencio che è tutto sangue, ma sangue che pulisce e non sporca... ...
Venne Gesù, mi diede vita e disse: - Figlia mia,... mi tieni nel tuo
cuore con tutta la mia vita reale, con tutta la mia vita divina. Vengo
a comunicartela perché tu non dubiti della tua vita che è solo mia. ...
La tua vita, quanto avviene in te, è una lezione per il mondo; è la
vita che più assomiglia alla vita di Cristo. È Cristo nei tuoi sguardi,
sulle tue labbra, nei tuoi pensieri, nel tuo cuore e nella tua anima. È
Cristo che vive ed agisce in tutti i tuoi movimenti, in tutto il tuo
vivere... perché l'opera redentrice, l'opera di salvezza continui. - ...
Apparve a questo punto la Madre dei dolori, con un manto violaceo... -
Mia figlia, vengo a confortarti in questo giorno anniversario per la
liturgia della Santa Chiesa in cui il mio divin Figlio ha modificato in
te la sua santa Passione, affinché tu la continuassi profondamente e
misticamente nascosta; vi ha aggiunto il tuo digiuno come richiamo
all'umanità per attirarla al suo divin Cuore con tale meraviglia.
Ti copro con il mio manto di tristezza, di dolore, affinché con questa
testimonianza, attraverso i tempi tu possa essere invocata per tutti i
dolori dell'anima e del corpo. Quando sarai in cielo ti invocheranno
come martire dei dolori per conforto e balsamo dei dolori umani. - ...
(diario, 8-4-1949).
... Come è stato tremendo il dolore di questi giorni! Mi pareva di
impazzire. Avevo in me ogni tormento ed amarezza, senza nessuno con cui
sfogarmi, senza una guida per mia luce e conforto. I miei sguardi
rivolti a Gesù e a Mammina dicevano Loro tutto il mio patire... ...
Sentii come se avessi sulle mie spalle il manto di Mammina. Quel manto
tristissimo rivestì tutto il mio essere di ogni tristezza e mi unì
profondamente al dolore della cara Mammina: mi sentivo una cosa sola
con Lei e volevo soltanto consolarla con ansie fervorose. Le mie torri
molto antiche ed invecchiate sono come coperte di muschio nero. Tutto
mi porta al nascondimento, alla oscurità, alla morte...
Tutto mi porta a morire di sgomento. Mio Dio, volere amare e darmi a
Colui che mi ha amato tanto e mi ha dato tutto e non avere nulla se non
miseria! O mio Dio, mio Gesù, abbi compassione di me! Ieri, giovedì [14
aprile], fu il vigesimo quarto anniversario del giorno in cui Gesù mi
ha legata a questo letto di dolore. Lo ricordai tanto. Sentii di non
avere dato nulla a Gesù dopo tanti anni di martirio... Sul Calvario
udii Gesù: - Mia figlia, scuola di tutta l'umanità! Quanto essa deve
imparare qui: scuola della vita di Cristo, scuola della scienza
dell'Altissimo. Qui imparano i piccoli, i grandi, gli ignoranti ed i
sapienti. È in questa scuola che si impara a soffrire e ad amare.
Io sono il Maestro che insegna nel tuo cuore. La tua vita è una lezione
di tutta la mia vita, della mia vita di Passione. Voglio, figlia mia,
che in te non termini questa quaresima; voglio il tuo martirio
continuo. E sai perché? Per soccorrere le anime, per aiutare il mondo
bruciato dalle passioni... - (diario, 15-4-1949).