Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 1° settimana del tempo di Avvento
Vangelo secondo Giovanni 9
1Passando vide un uomo cieco dalla nascita2e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?".3Rispose Gesù: "né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.4Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.5Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo".6Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco7e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?".9Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!".10Allora gli chiesero: "Come dunque ti furono aperti gli occhi?".11Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista".12Gli dissero: "Dov'è questo tale?". Rispose: "Non lo so".
13Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco:14era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo".16Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri dicevano: "Come può un peccatore compiere tali prodigi?". E c'era dissenso tra di loro.17Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!".18Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista.19E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?".20I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco;21come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso".22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga.23Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!".
24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore".25Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo".26Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?".27Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?".28Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè!29Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia".30Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.31Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.32Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.33Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla".34Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?".36Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?".37Gli disse Gesù: "Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui".38Ed egli disse: "Io credo, Signore!". E gli si prostrò innanzi.39Gesù allora disse: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?".41Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane".
Levitico 10
1Ora Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno un braciere, vi misero dentro il fuoco e il profumo e offrirono davanti al Signore un fuoco illegittimo, che il Signore non aveva loro ordinato.2Ma un fuoco si staccò dal Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore.3Allora Mosè disse ad Aronne: "Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: A chi si avvicina a me mi mostrerò santo e davanti a tutto il popolo sarò onorato". Aronne tacque.
4Mosè chiamò Misael ed Elsafan, figli di Uziel, zio di Aronne, e disse loro: "Avvicinatevi, portate via questi vostri congiunti dal santuario, fuori dell'accampamento".5Essi si avvicinarono e li portarono via con le loro tuniche, fuori dell'accampamento, come Mosè aveva detto.
6Ad Aronne, a Eleazaro e a Itamar, suoi figli, Mosè disse: "Non vi scarmigliate i capelli del capo e non vi stracciate le vesti, perché non moriate e il Signore non si adiri contro tutta la comunità; ma i vostri fratelli, tutta la casa d'Israele, facciano pure lutto a causa della morte fulminea inflitta dal Signore.7Non vi allontanate dall'ingresso della tenda del convegno, così che non moriate; perché l'olio dell'unzione del Signore è su di voi". Essi fecero come Mosè aveva detto.
8Il Signore parlò ad Aronne:9"Non bevete vino o bevanda inebriante né tu né i tuoi figli, quando dovete entrare nella tenda del convegno, perché non moriate; sarà una legge perenne, di generazione in generazione;10questo perché possiate distinguere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è immondo da ciò che è mondo11e possiate insegnare agli Israeliti tutte le leggi che il Signore ha date loro per mezzo di Mosè".
12Poi Mosè disse ad Aronne, a Eleazaro e a Itamar, figli superstiti di Aronne: "Prendete quel che è avanzato dell'oblazione dei sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore e mangiatelo senza lievito, presso l'altare; perché è cosa sacrosanta.13Dovete mangiarlo in luogo santo, perché è la parte che spetta a te e ai tuoi figli, tra i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore: così mi è stato ordinato.14Il petto della vittima offerta da agitare secondo il rito e la coscia da elevare secondo il rito, li mangerete tu, i tuoi figli e le tue figlie con te in luogo mondo; perché vi sono stati dati come parte tua e dei tuoi figli, tra i sacrifici di comunione degli Israeliti.15Essi presenteranno, insieme con le parti grasse da bruciare, la coscia della vittima da elevare secondo il rito e il petto da agitare secondo il rito, perché siano agitati davanti al Signore; questo spetterà a te e ai tuoi figli con te, per diritto perenne, come il Signore ha ordinato".
16Mosè poi si informò accuratamente circa il capro del sacrificio espiatorio e seppe che era stato bruciato; allora si sdegnò contro Eleazaro e contro Itamar, figli superstiti di Aronne, dicendo:17"Perché non avete mangiato la vittima espiatrice nel luogo santo, trattandosi di cosa sacrosanta? Il Signore ve l'ha data, perché porti l'iniquità della comunità, perché su di essa compiate l'espiazione davanti al Signore.18Ecco, il sangue della vittima non è stato portato dentro il santuario; voi avreste dovuto mangiarla nel santuario, come io avevo ordinato".19Aronne allora disse a Mosè: "Ecco, oggi essi hanno offerto il loro sacrificio espiatorio e l'olocausto davanti al Signore; dopo le cose che mi sono capitate, se oggi avessi mangiato la vittima del sacrificio espiatorio, sarebbe piaciuto al Signore?".20Quando Mosè udì questo, rimase soddisfatto.
Siracide 4
1Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero,
non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi.
2Non rattristare un affamato,
non esasperare un uomo già in difficoltà.
3Non turbare un cuore esasperato,
non negare un dono al bisognoso.
4Non respingere la supplica di un povero,
non distogliere lo sguardo dall'indigente.
5Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo,
non offrire a nessuno l'occasione di maledirti,
6perché se uno ti maledice con amarezza,
il suo creatore esaudirà la sua preghiera.
7Fatti amare dalla comunità,
davanti a un grande abbassa il capo.
Porgi l'orecchio al povero
e rispondigli al saluto con affabilità.
8.9Strappa l'oppresso dal potere dell'oppressore,
non esser pusillanime quando giudichi.
10Sii come un padre per gli orfani
e come un marito per la loro madre
e sarai come un figlio dell'Altissimo,
ed egli ti amerà più di tua madre.
11La sapienza esalta i suoi figli
e si prende cura di quanti la cercano.
12Chi la ama ama la vita,
quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia.
13Chi la possiede erediterà la gloria,
qualunque cosa intraprenda, il Signore lo benedice.
14Coloro che la venerano rendono culto al Santo,
e il Signore ama coloro che la amano.
15Chi l'ascolta giudica con equità;
chi le presta attenzione vivrà tranquillo.
16Chi confida in lei la otterrà in eredità;
i suoi discendenti ne conserveranno il possesso.
17Dapprima lo condurrà per luoghi tortuosi,
gli incuterà timore e paura,
lo tormenterà con la sua disciplina,
finché possa fidarsi di lui,
e lo abbia provato con i suoi decreti;
18ma poi lo ricondurrà sulla retta via
e gli manifesterà i propri segreti.
19Se egli batte una falsa strada, lo lascerà andare
e l'abbandonerà in balìa del suo destino.
20Figlio, bada alle circostanze e guàrdati dal male
così non ti vergognerai di te stesso.
21C'è una vergogna che porta al peccato
e c'è una vergogna che è onore e grazia.
22Non usare riguardi a tuo danno
e non vergognarti a tua rovina.
23Non astenerti dal parlare nel momento opportuno,
non nascondere la tua sapienza.
24Difatti dalla parola si riconosce la sapienza
e l'istruzione dai detti della lingua.
25Non contraddire alla verità,
ma vergògnati della tua ignoranza.
26Non arrossire di confessare i tuoi peccati,
non opporti alla corrente di un fiume.
27Non sottometterti a un uomo stolto,
e non essere parziale a favore di un potente.
28Lotta sino alla morte per la verità
e il Signore Dio combatterà per te.
29Non essere arrogante nel tuo linguaggio,
fiacco e indolente invece nelle opere.
30Non essere come un leone in casa tua,
sospettoso con i tuoi dipendenti.
31La tua mano non sia tesa per prendere
e chiusa invece nel restituire.
Salmi 64
1'Salmo. Di Davide. Al maestro del coro.'
2Ascolta, Dio, la voce, del mio lamento,
dal terrore del nemico preserva la mia vita.
3Proteggimi dalla congiura degli empi
dal tumulto dei malvagi.
4Affilano la loro lingua come spada,
scagliano come frecce parole amare
5per colpire di nascosto l'innocente;
lo colpiscono di sorpresa e non hanno timore.
6Si ostinano nel fare il male,
si accordano per nascondere tranelli;
dicono: "Chi li potrà vedere?".
7Meditano iniquità, attuano le loro trame:
un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso.
8Ma Dio li colpisce con le sue frecce:
all'improvviso essi sono feriti,
9la loro stessa lingua li farà cadere;
chiunque, al vederli, scuoterà il capo.
10Allora tutti saranno presi da timore,
annunzieranno le opere di Dio
e capiranno ciò che egli ha fatto.
11Il giusto gioirà nel Signore
e riporrà in lui la sua speranza,
i retti di cuore ne trarranno gloria.
Geremia 7
1Questa è la parola che fu rivolta dal Signore a Geremia:2"Fermati alla porta del tempio del Signore e là pronunzia questo discorso dicendo: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che attraversate queste porte per prostrarvi al Signore.3Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo.4Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo!
5Poiché, se veramente emenderete la vostra condotta e le vostre azioni, se realmente pronunzierete giuste sentenze fra un uomo e il suo avversario;6se non opprimerete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargerete il sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia altri dèi,7io vi farò abitare in questo luogo, nel paese che diedi ai vostri padri da lungo tempo e per sempre.8Ma voi confidate in parole false e ciò non vi gioverà:9rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate.10Poi venite e vi presentate alla mia presenza in questo tempio, che prende il nome da me, e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutti questi abomini.11Forse è una spelonca di ladri ai vostri occhi questo tempio che prende il nome da me? Anch'io, ecco, vedo tutto questo. Parola del Signore.12Andate, dunque, nella mia dimora che era in Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità di Israele, mio popolo.13Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni - parola del Signore - e, quando vi ho parlato con premura e sempre, non mi avete ascoltato e, quando vi ho chiamato, non mi avete risposto,14io tratterò questo tempio che porta il mio nome e nel quale confidate e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo.
15Vi scaccerò davanti a me come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la discendenza di Èfraim.
16Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò.17Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme?18I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla Regina del cielo; poi si compiono libazioni ad altri dèi per offendermi.19Ma forse costoro offendono me - oracolo del Signore - o non piuttosto se stessi a loro vergogna?".20Pertanto, dice il Signore Dio: "Ecco il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra e brucerà senza estinguersi".
21Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne!22In verità io non parlai né diedi comandi sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d'Egitto.23Ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici.24Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; anzi procedettero secondo l'ostinazione del loro cuore malvagio e invece di voltarmi la faccia mi han voltato le spalle,25da quando i loro padri uscirono dal paese d'Egitto fino ad oggi. Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti, con premura e sempre;26eppure essi non li ascoltarono e non prestarono orecchio. Resero dura la loro nuca, divennero peggiori dei loro padri.27Tu dirai loro tutte queste cose, ma essi non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno.28Allora dirai loro: Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.
29Taglia la tua chioma e gettala via
e intona sulle alture un canto lugubre,
perché il Signore ha rigettato e abbandonato
la generazione che è oggetto della sua ira.
30Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo.31Hanno costruito l'altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente.32Perciò verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo.33I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell'aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà.34Io farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme le grida di gioia e la voce dell'allegria, la voce dello sposo e della sposa, poiché il paese sarà ridotto un deserto".
Prima lettera ai Corinzi 8
1Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza.2Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere.3Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto.4Quanto dunque al mangiare le carni immolate agli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che un Dio solo.5E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori,6per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui.
7Ma non tutti hanno questa scienza; alcuni, per la consuetudine avuta fino al presente con gli idoli, mangiano le carni come se fossero davvero immolate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata.8Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio.9Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli.10Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio di idoli, la coscienza di quest'uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni immolate agli idoli?11Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto!12Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo.13Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.
Capitolo IX: La mancanza di ogni conforto
Leggilo nella Biblioteca1. Non è difficile disprezzare il conforto umano, quando abbiamo quello che viene da Dio. Ma è cosa difficile assai saper sopportare la mancanza, sia del conforto umano sia del conforto divino, saper accettare volonterosamente di soffrire, per amore di Dio, la solitudine del cuore, e senza guardare i propri meriti. Che c'è di straordinario se sei pieno di santa gioia, quando scende su di te la grazia divina? E', questo, un momento che è nel desiderio di tutti. Galoppa leggero chi è sostenuto dalla grazia. Che c'è di strabiliante se non sente fatica colui che è sostenuto dall'Onnipotente ed è condotto dalla somma guida? Di buona voglia e prontamente accettiamo un po' d'aiuto; difficilmente uno se la cava da solo. Il santo martire Lorenzo seppe staccarsi da questo mondo, persino dall'amato suo sacerdote, giacché egli disprezzò ogni cosa che gli apparisse cara quaggiù. Egli giunse a sopportare con dolcezza che gli fosse tolto Sisto, sommo sacerdote di Dio, che egli amava sopra ogni cosa. Per amore del Creatore egli, dunque, superò l'amore verso un uomo; di fronte a un conforto umano preferì la volontà di Dio. Così impara anche tu ad abbandonare, per amore di Dio, qualche intimo e caro amico; e non sentire come cosa intollerabile se vieni abbandonato da un amico, ben sapendo che, alla fine, tutti dobbiamo separarci, l'uno dall'altro. Grande e lunga è la lotta che l'uomo deve fare dentro di sé, per riuscire a superare se stesso e a porre in Dio tutto il proprio cuore. Colui che pretende di bastare a se stesso va molto facilmente alla ricerca di consolazioni umane. Colui invece che ama veramente Cristo e segue volenterosamente la via della virtù non scende a tali consolazioni: egli non cerca le dolcezze esteriori , ma cerca piuttosto di sopportare grandi prove e dure fatiche per amore di Cristo.
2. Quando, dunque, Dio ti dà una consolazione spirituale, accoglila con gratitudine. Ma comprendi bene che si tratta di un dono che ti viene da Dio, non di qualcosa che risponda a un tuo merito. Per tale dono non devi gonfiarti o esaltarti, né presumere vanamente di te; al contrario, per tale dono, devi farti più umile, più prudente e più timorato in tutte le tue azioni, giacché passerà quel momento e verrà poi la tentazione. Quando poi ti sarà tolta quella consolazione, non disperare subitamente, ma aspetta con umiltà e pazienza di essere visitato dall'alto: Dio può ridarti una consolazione più grande. Non è, questa, cosa nuova né strana, per coloro che conoscono la via di Dio; questo alterno ritmo si ebbe frequentemente nei grandi santi e negli antichi profeti. Ecco la ragione per la quale, mentre la grazia era presso di lui, quello esclamava: "Nella pienezza dissi: così starò in eterno" (Sal 29,7); poi, allontanatasi la grazia, avendo esperimentato la sua interiore condizione, aggiungeva: "togliesti, o Dio, da me la tua faccia e sono pieno di tristezza" (Sal 29,8). Tuttavia quegli frattanto non disperava, ma pregava Iddio più insistentemente, dicendo: "A te, Signore, innalzerò la mia voce, innalzerò la mia preghiera al mio Dio"(Sal 29,9). Ricavava alla fine il frutto della sua orazione, e proclamava di essere stato esaudito, con queste parole: "Il Signore mi udì ed ebbe misericordia di me; il Signore è venuto in mio soccorso" (Sal 29,11). Come? "Mutasti - disse - il mio pianto in gioia, e mi circondasti di letizia" (Sal 29,12). Poiché così avvenne per i grandi santi, noi deboli e poveri, non dobbiamo disperarci, se siamo ora ferventi, ora tiepidi; ché lo spirito viene e se ne parte, a suo piacimento. E' per questo che il santo Giobbe diceva: "Lo visiti alla prima luce, ma tosto lo metti alla prova" (Gb 7,18).
3. Su che cosa posso io fare affidamento, in chi posso io confidare? Soltanto nella grande misericordia divina e nella speranza della grazia celeste. Persone amanti del bene, che mi stiano vicine, devoti confratelli, amici fedeli, libri edificanti ed eccellenti trattati, dolcezza di canti e di inni: anche se avessi tutte queste cose, poco mi aiuterebbero e avrebbero per me ben poco sapore, quando io fossi abbandonato dalla grazia e lasciato nella mia miseria. Allora, il rimedio più efficace sta nel saper attendere con pazienza, sprofondandosi nella volontà di Dio. Non ho mai trovato un uomo che avesse devozione e pietà tanto grandi da non sentire talvolta venir meno la grazia o da non avvertire un affievolimento del suo fervore. Non ci fu mai un santo rapito così in alto e così illuminato, da non subire, prima o poi, la tentazione. Infatti, chi non è provato da qualche tribolazione non è degno di una profonda contemplazione di Dio. Ché la tentazione di oggi è segno di una divina consolazione di domani; la quale viene, appunto, promessa a coloro che sono stati provati dalla tentazione. A colui che avrà vinto, dice, "concederò di mangiare dell'albero della vita" (Ap 2,7). In effetti, la consolazione divina viene data affinché l'uomo sia più forte nel sostenere le avversità; poi viene la tentazione, affinché egli non si insuperbisca di quello stato di consolazione. Non dorme il diavolo, e la carne non è ancor morta. Perciò non devi smettere mai di prepararti alla lotta, perché da ogni parte ci sono nemici, che non si danno riposo.
DISCORSO 223 NELLA VEGLIA DI PASQUA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaI battezzati sono il giorno che ha fatto il Signore. Esortazione perché siano uniti ai fedeli buoni.
1. La Scrittura, nel libro della Genesi, dice: E Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre, e Dio chiamò la luce giorno e le tenebre le chiamò notte 1. Allora, se Dio chiamò la luce giorno, erano certamente giorno coloro ai quali l'apostolo Paolo dice: Voi un tempo siete stati tenebra, ma ora luce nel Signore 2, e chi li ha illuminati è Dio stesso, che ha comandato che la luce rifulga dalle tenebre 3. Anche questi infanti, che voi vedete esteriormente vestiti di bianco, e che interiormente sono purificati (perché il candore delle vesti simboleggia in essi lo splendore dello spirito), quando erano gravati dalla notte dei loro peccati, erano tenebra. Ora invece, perché purificati dal lavacro del perdono, perché irrigati dalla sorgente della sapienza, perché permeati dalla luce della giustizia, essi sono il giorno che ha fatto il Signore 4; esultiamo e rallegriamoci in esso. Perché, come dice l'Apostolo, questa è la nostra gioia e la nostra corona, che voi restiate saldi nel Signore 5. Ascoltateci dunque, o novelli figli della madre casta, ascoltateci anzi, o figli della madre vergine. Voi che un tempo eravate tenebra, ma ora siete luce nel Signore, camminate come figli della luce 6. State uniti ai figli della luce o, per dirvela senza peli sulla lingua, state uniti ai fedeli buoni. Perché purtroppo, e la cosa è molto grave, ci sono anche dei fedeli cattivi. Ci son di quelli che si dicono fedeli, ma non lo sono. Ci son di quelli nei quali i sacramenti di Cristo sono vilipesi: che vivono in modo tale che si perdono essi, e mandano in rovina gli altri. Essi si perdono vivendo male, e gli altri li mandano in rovina dando esempi di vita cattiva. Voi perciò, dilettissimi, non vi mettete insieme a costoro. Cercate i buoni, state uniti ai buoni, siate voi stessi i buoni.
Nella Chiesa del tempo presente ci sino anche i cattivi fedeli. I buoni tollerino i cattivi, i cattivi imitino i buoni.
2. E non vi stupite per la moltitudine dei cattivi cristiani che affollano la chiesa, che si comunicano all'altare, che applaudono a gran voce il vescovo o un presbitero che predicano sui buoni costumi. In essi si adempie quel che predisse nel Salmo colui che ci ha radunati tutti insieme: L'ho annunciato e proclamato; si sono moltiplicati eccessivamente 7. Nella Chiesa del tempo presente essi possono essere con noi: ma in quella comunione dei santi, che si completerà dopo la risurrezione, non potranno esserci. La Chiesa del tempo presente infatti è paragonata a un'aia, in cui il grano è mescolato con la pula, in cui i cattivi sono mescolati coi buoni; ma dopo il giudizio ci saranno solo i buoni e non più i cattivi. Quest'aia raccoglie la messe che gli Apostoli hanno seminato, che i buoni dottori fino ad oggi hanno irrigato, che anche le persecuzioni dei nemici hanno accuratamente trebbiato; ma quel che resta nell'aia non è ancora dalla superna ventilazione purgato. Verrà colui del quale, nel rendere il Simbolo, avete dichiarato: Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti; e secondo quel che dice il Vangelo, egli avrà in mano il ventilabro e ripulirà la sua aia e raccoglierà il grano nel granaio e la pula la brucerà con fuoco inestinguibile 8. Quel che dico anche i vecchi fedeli lo ascoltino bene. Chi è grano se ne rallegri, ma tremando, e perseveri, e non si allontani dall'aia. Non cerchi di liberarsi da chi, a suo giudizio, è pula; se vorrà separarsi dalla pula adesso, gli toccherà di allontanarsi lui dall'aia; ma se nel frattempo dovesse venire colui che sa spartire senza errore, quel che non troverà nell'aia non lo porterà su nel granaio. Invano allora si slancerebbero fuori della spiga i grani che si erano allontanati dall'aia. Il granaio sarà riempito, poi sarà chiuso. Tutto ciò che sarà rimasto fuori, il fuoco lo distruggerà. Quindi chi è buono, carissimi, tolleri il cattivo, e chi è cattivo cominci ad imitare il buono. In quest'aia infatti può succedere che il grano si degradi fino a diventar pula, oppure che dalla pula risusciti il grano. Tutti i giorni capitano di queste cose, fratelli miei; la nostra vita è piena di queste amarezze e di queste gioie. Ogni giorno gente che sembrava buona cade e si perde e gente che sembrava cattiva si converte e vive. Perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma solo che si converta e viva 9. Ascoltatemi, o grani, ascoltatemi, o voi tutti che siete quel che io desidero, ascoltatemi, o grani. Non vi rattristate per questa mescolanza con la pula; questa non sarà con voi in eterno. Quanto pesa la pula? Grazie a Dio è leggera. Se siamo grano davvero, per quanta ne sia, non ci potrà schiacciare. Perché Dio è fedele, e non permette che noi siamo tentati al di là delle nostre forze; ma con la tentazione dà anche l'uscita, perché possiamo sopportare 10. E ci dia ascolto anche la pula. Dovunque essa sia, ci dia ascolto. Io non vorrei che si trovasse anche qui; mi rivolgo tuttavia anche ad essa, nel caso ci fosse. Perciò ascoltami, o pula! (Per quanto se mi dessi ascolto, già non saresti più pula). Bene, ascoltami. La pazienza di Dio ti sia di stimolo. La convivenza, le esortazioni col grano ti faccia diventar grano. Le piogge della parola di Dio non ti mancano; non resti sterile in te il campo di Dio. Coraggio, rinverdisci, granisci, maturati! Perché colui che vi ha seminati, spighe vuol raccogliere, non spine.
1 - Gn, 1, 4-5.
2 - Ef 5, 8.
3 - Cf. 2 Cor 4, 6.
4 - Sal 117, 24.
5 - Fil 4, 1.
6 - Ef 5, 8.
7 - Sal 39, 6.
8 - Mt 3, 12.
9 - Ezech 18, 23.
10 - Cf. 1 Cor 10, 13.
1. Infanzia radiosa ad Alencon (1873-1877)
Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux
Leggilo nella BibliotecaPreambolo - Dolce clima
domestico - Temperamento felice - L'inseparabile Celina - Gesto
rivelatore - Diavoletti in sogno - In sintonia con la natura.
J.M.J.T. Gesù+ Gennaio
1895
STORIA PRIMAVERILE DI UN
FIORELLINO BIANCO SCRITTA DA LUI STESSO E DEDICATA ALLA REVERENDA MADRE
AGNESE DI GESÙ.
1 - A lei, Madre mia cara, a lei che mi è due volte madre confido la
storia dell'anima mia... Quando lei mi chiese di farlo, pensai: il
cuore si dissiperà, occupandosi di se stesso; ma poi Gesù mi ha fatto
sentire che, obbedendo con semplicità, avrei fatto piacere a lui; del
resto, faccio una cosa sola: comincio a cantare quello che debbo
ripetere eternamente: “Le misericordie del Signore!”.
2 - Prima di prendere la penna, mi sono inginocchiata davanti alla
statua di Maria (quella che ci ha offerto tante prove delle materne
premure da parte della Regina del Cielo verso la nostra famiglia), l'ho
supplicata che mi guidi la mano: nemmeno un rigo voglio scrivere che
non piaccia a lei! Poi ho aperto il Vangelo, e lo sguardo è caduto su
alcune parole: «Gesù salì sopra una montagna, e chiamò a sé quelli che
volle: e andarono a lui» (s. Marco, cap. III, v. 13).
3 - Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia
vita tutta, e in particolare il mistero dei privilegi di Gesù
sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi vuole
lui, o, come dice san Paolo: «Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa
misericordia a chi vuole lui. Non è dunque opera di chi voglia né di
chi corra, bensì di Dio che usa misericordia» (Ep. ai Rom., cap. IX,
vv. 15-16).
4 - Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze,
perché tutte le anime non ricevano grazie in grado uguale, mi
meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno
offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li
costringe a ricevere il suo dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi
che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba, senza lasciare
sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e
prevenendo le loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile
che esse macchiassero lo splendore immacolato della loro veste
battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio,
muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome
di Dio?
5 - Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo
dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i
fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli
bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità
incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere
rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non
sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime,
che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che
possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche
di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o
violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si
degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà,
nell'essere come vuole lui.
6 - Ho capito anche un'altra cosa: l'amore di Nostro Signore si rivela
altrettanto bene nell'anima più semplice la quale non resista affatto
alla grazia, quanto nell'anima più sublime; in realtà, è proprio
dell'amore umiliarsi, e se tutte le anime somigliassero ai santi
Dottori, i quali hanno rischiarato la Chiesa con i lumi della loro
dottrina, parrebbe che Dio misericordioso non discendesse abbastanza
per raggiungerli; ma egli ha creato il bimbo il quale non sa nulla e si
esprime soltanto con strilletti deboli deboli; ha creato il selvaggio
il quale, nella sua totale miseria, possiede soltanto la legge naturale
per regolarsi; e Dio si abbassa fino a loro! Anzi, sono questi i fiori
selvatici che lo rapiscono perché sono tanto semplici.
7 - Abbassandosi fino a questo punto, Dio si mostra infinitamente
grande. Allo stesso modo in cui il sole illumina i grandi cedri ed i
fiorucci da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così Nostro
Signore si occupa di ciascuna anima con tanto amore, quasi fosse la
sola ad esistere; e come nella natura le stagioni tutte sono regolate
in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina più umile,
così tutto risponde al bene di ciascun'anima.
8 - Certamente, Madre cara, lei si domanda dove io voglia arrivare,
perché finora non ho detto parola che somigli alla storia della mia
vita, ma lei mi ha chiesto di scrivere liberamente quello che mi viene
al pensiero, perciò io non racconterò la mia vita vera e propria, bensì
i miei pensieri riguardo alle grazie che Dio mi ha concesse. Mi trovo a
un punto della mia esistenza dal quale posso guardare il passato;
l'anima mia si è maturata tra prove esterne e interne, ora, come un
boccio rafforzato dalla tempesta, mi risollevo, e vedo che in me si
verificano le parole del Salmo XXII «il Signore è il mio Pastore, nulla
mi può mancare. Mi fa riposare nelle pasture fresche e ricche. Mi guida
dolcemente lungo il fiume. Conduce l'anima mia senza stancarla... E
quand'anche scenderò nella valle ombrosa della morte, non temerò danno,
perché tu sarai con me, Signore!».
9 - Sempre il Signore è stato pieno di compassione per me, e di
dolcezza... Lento a punire e abbondante in misericordie! (Salmo CII, v.
8). Così, Madre mia, sono felice di cantare vicino a lei la
misericordia del Signore. Per lei sola scriverò la storia del fiore
umile colto da Gesù, e parlerò abbandonandomi, senza preoccuparmi dello
stile, o delle tante digressioni che farò. Un cuore di mamma capisce
sempre il suo bimbo, anche se questo balbetta soltanto, e perciò sono
sicura di essere capita, indovinata da lei: è lei che mi ha formato il
cuore, e l'ha offerto a Gesù!
10 - Mi pare che, se un fiorellino potesse parlare, direbbe, con gran
semplicità, ciò che il Signore ha fatto per lui e non cercherebbe di
nascondere i benefici divini. Per falsa modestia, non direbbe: «Sono
sgraziato, non ho profumo, il sole ha portato via il mio splendore, la
bufera ha infranto il mio stelo» quando riconoscesse in sé tutto il
contrario.
11 - Il fiore che racconta qui la sua storia si rallegra perché farà
conoscere le premure tutte gratuite di Gesù; non ha niente lui - e lo
sa bene - che possa attrarre lo sguardo di Dio, ed anche sa che la sola
misericordia divina ha fatto tutto il buono esistente in lui. L'ha
fatto nascere in una terra santa, e quasi permeata da un profumo
verginale. L'ha fatto precedere da otto gigli sfolgoranti di candore.
Nel suo amore, ha voluto preservare il fiore umile dal soffio velenoso
del mondo; stavano appena per aprirsi i petali, e il Salvatore l'ha
trapiantato sulla montagna del Carmelo, ove già olezzavano due gigli:
proprio quei due che l'avevano avvolto e cullato dolcemente al suo
primo germogliare… Sette anni sono trascorsi da quando il fiore si è
radicato nel giardino dello Sposo dei vergini, ed ora vicine a lui
ondulano tre corolle fragranti; non lontano, un'altra si apre allo
sguardo di Gesù, ed i due steli benedetti che le hanno prodotte sono
riuniti per sempre nella Patria divina. Là hanno ritrovato i quattro
gigli che la terra non ha visti fiorire. Oh, che Gesù voglia non
lasciare a lungo sulla riva straniera coloro che sono rimaste
nell'esilio: che ben presto tutto il cespo bianco sia completo nel
Cielo!
12 - Madre mia, ho riassunto in poche parole ciò che il Signore ha
fatto per me, ora mi addentrerò nella mia vita di bimba; so che là,
dove chiunque altro non vedrebbe se non una tiritera noiosa, il suo
cuore di mamma troverà un fascino. E poi, i ricordi che evocherò sono
anche i suoi, perché l'infanzia mia è trascorsa vicina a lei, ed io ho
la fortuna d'appartenere ai genitori ineguagliabili i quali ci hanno
avviluppate delle stesse premure e di uguale tenerezza. Benedicano essi
la minima delle loro figlie e l'aiutino a cantare le misericordie di
Dio!
13 - Nella storia dell'anima mia fino a quando sono entrata nel
Carmelo, distinguo nettamente tre periodi: il primo, nonostante la
brevità, non è il meno fecondo di ricordi: dall'iniziale destarsi della
mia mente al transito della nostra Mamma amata.
14 - Per tutta la mia vita è piaciuto a Dio circondarmi d'amore, i
primi ricordi sono sorrisi e carezze tenerissime: ma, se egli mi aveva
messo intorno tanto amore, me ne aveva posto anche nel cuore, creandolo
amante e sensibile; così amavo grandemente Papà e Mamma e dimostravo il
mio affetto in mille modi, perché ero molto espansiva. Soltanto i mezzi
che usavo erano talvolta strani, come lo prova questo passo di una
lettera di Mamma: «La piccina è un furicchio impagabile, mi ha
carezzata augurandomi la morte: "Oh, come vorrei che tu morissi, povera
Mammina mia!..."; la rimbrottano e lei mi fa: "Ma è perché tu possa
andare in Cielo, giacché tu dici che bisogna morire per andarci!". E in
modo simile augura la morte al Babbo, quand'è nei suoi trasporti
d'amore».
15 - Il 25 giugno 1874, avevo appena diciotto mesi, ecco ciò che Mamma
diceva di me: «Papà ha installato un'altalena, Celina è felice a più
non posso, ma bisogna vedere la piccina quando si dondola: è
buffissima, si regge come una bimba grande, non c'è pericolo che lasci
la corda, poi quando non va abbastanza forte, grida. L'attacchiamo
davanti con un'altra corda e, nonostante questo, non sono tranquilla
quando la vedo issata lì sopra.
16 - M'è accaduta un'avventura curiosa ultimamente con la piccina. Ho
l'abitudine di andare alla Messa delle cinque e mezzo, nei primi giorni
non osavo lasciarla, ma vedendo che non si svegliava mai, ho finito per
decidermi. La metto nel letto mio, e accosto la culla in modo che lei
non possa cadere. Un giorno dimentico di avvicinare la culla. Ritorno,
la piccina non c’è più: nello stesso attimo odo uno strilletto, guardo,
la vedo seduta sopra una seggiola accanto al letto, con la testina
appoggiata al traversino, e dormiva agitata per la posizione scomoda.
Non ho ancora capito come abbia potuto cadere seduta su una seggiola,
dal momento che era distesa. Ho ringraziato Iddio che non le sia
capitato nulla, è un fatto provvidenziale davvero, avrebbe dovuto
ruzzolare per terra, il suo Angelo ha vegliato, e le anime del
purgatorio, che invoco per lei tutti i giorni, l'hanno protetta: io lo
accomodo così, questo fatto... Voi accomodatelo come vi pare!...».
17 - Alla fine della lettera, Mamma aggiungeva: «Ecco la piccina, che
mi mette le manotte sul viso e mi abbraccia. Povera bimba, non mi vuole
lasciare, sta sempre con me; le piace tanto andare in giardino, ma se
non ci vado anch'io, non ci rimane, e piange fino a quando me la
riportano». Ecco un altro tratto di un'altra lettera: «L’altro giorno
Teresa mi domanda se andrà in Cielo: le dico di si, se è proprio buona;
mi risponde: "Sì, ma se non fossi proprio buona buona, andrei
all'inferno... ma io lo so cosa farei: scapperei su con te, che saresti
in Cielo, come farebbe il buon Dio per prendermi? Tu mi reggeresti
forte tra le braccia...". Ho letto nei suoi occhi: è convinta che il
buon Dio non le può fare nulla se è tra le braccia della Mamma».
18 - «Maria ama molto la sorellina, la trova deliziosa e la piccolina
ha un gran timore di farle dispiacere. Ieri le volli dare una rosa
perché sapevo che lei ne è felice, ma si è messa a supplicarmi di no,
diceva: "Maria ha proibito di tagliarle", era rossa per il gran
sottosopra, nonostante ciò gliene ho date due, non osava più tornare a
casa. Avevo un bel dirle che le rose sono mie, "ma no - diceva lei -,
sono di Maria".
19 - È una bambina che si emoziona facilmente. Appena ha fatto un
piccolo malestro, bisogna che lo sappiano tutti. Ieri aveva fatto
cadere senza volere un pezzetto di tappezzeria, era in uno stato da far
pietà, poi bisognava dirlo subito a Papà; lui arrivò quattr'ore dopo,
nessuno ci pensava più, ma lei corse da Maria: "Svelta, dì a Papà che
ho strappato la carta". Rimane lì come un criminale in attesa della
sentenza, ma ha nella sua testolina l'idea che le sarà perdonato più
facilmente se lei stessa si accusa».
20 - Amavo tanto la mia Madrina. Senza parere, stavo attentissima a
tutto quello che dicevano e facevano intorno a me, mi pare che
giudicavo le cose come adesso. Ascoltavo con grande premura ciò che
Maria insegnava a Celina, per fare come lei; dopo che uscì dalla
Visitazione, ero buona buona e facevo tutto quello che voleva lei, per
ottenere la grazia d'essere ammessa nella stanza durante le lezioni che
dava a Celina; e lei mi faceva tanti regalini che, pur essendo di poco
valore, mi davano gran contentezza.
21 - Ero fierissima delle mie sorelle grandi, ma quella che era il mio
ideale di bimba, era Paolina... Quando cominciai a parlare, se Mamma mi
domandava: «A che pensi?» la risposta non cambiava mai: «A Paolina».
Un'altra volta lasciavo scorrere il ditino sui vetri e dicevo: «Scrivo:
Paolina! ...». Spesso udivo dire che Paolina certamente si sarebbe
fatta religiosa: allora pensavo, senza sapere bene di che si trattasse:
“Sarò religiosa anch’io”. Quello è uno dei miei primi ricordi, e da
allora non ho cambiato mai risoluzione. Fu lei, Madre cara, che Gesù
scelse per fidanzarmi con lui; lei a quel tempo non era presso me, ma
già un legame si era formato tra le nostre anime: era il mio ideale,
volevo somigliare a lei, e fu il suo esempio che dall'età di due anni
mi attirò verso lo Sposo delle vergini. Oh, quante dolci riflessioni
vorrei confidarle! Ma debbo continuare la storia del fiorellino, la sua
storia completa e generale, perché se volessi parlare minutamente delle
mie relazioni con Paolina, dovrei tralasciare tutto il resto!
22 - La mia cara Leonia occupava anche lei un gran posto nel cuore mio.
Mi voleva molto bene. La sera era lei che mi custodiva quando tutta la
famiglia andava a passeggiare. Mi pare di ascoltare ancora le belle
canzoncine che cantava per addormentarmi... in tutte le cose cercava il
modo per farmi piacere, cosicché sarei stata ben triste se l'avessi
contrariata.
23 - Ricordo distintamente la sua prima Comunione, soprattutto il
momento in cui mi prese in braccio per farmi entrare nel presbiterio;
mi pareva meraviglioso di essere portata così da una sorella grande
tutta bianca come me! La sera mi misero a letto per tempo, ero troppo
piccola per restare al gran pranzo, ma vedo ancora Papà che, dopo il
dolce, venne a portarne un pezzetto alla sua reginetta... Il giorno
dopo, o pochi giorni dopo, andammo con Mamma dalla piccola compagna di
Leonia; mi pare fosse quel giorno che la nostra Mamma tanto cara ci
condusse dietro un muro per farci bere un pochino di vino dopo il
pranzo (che ci aveva allestito la povera signora Dagoran) perché non
voleva mortificare la buona donna, ma anche voleva che non ci mancasse
niente. Com'è delicato il cuore di una mamma, e come traluce la sua
tenerezza in mille premure alle quali nessuno penserebbe!
24 - Ora mi resta da parlare di Celina cara, la mia compagnetta
d'infanzia, ma ecco i ricordi in tanta folla che non so quale
scegliere! Caverò qualche brano dalle lettere che Mamma scriveva alla
Visitazione, ma non copierò tutto, sarebbe troppo lungo... ll 10 luglio
1873, anno della mia nascita, diceva: «Giovedì la balia ha portato qui
Teresina, la quale non ha fatto che ridere, soprattutto le piaceva
Celina, faceva gran risate con lei; si direbbe che abbia già voglia di
giocare, e presto lo farà, sta ritta sulle gambette, rigida come un
palettino. Credo che camminerà presto e che sarà di buon carattere,
pare molto intelligente e ha un visino da predestinata. Ma soprattutto
dopo che da balia tornai a casa, rivelai il grande affetto per la mia
Celina. C'intendevamo a meraviglia, soltanto io ero assai più vivace e
meno ingenua di lei; benché avessi tre anni e mezzo di meno, mi pareva
di essere della stessa età.
25 - Ecco un brano di una lettera di Mamma che le mostrerà Celina dolce
e me cattiva: «La mia Celina è proprio disposta alla virtù, è il
sentimento intimo del suo essere, ha un'anima candida ed ha orrore del
male. Quanto al furicchio, non si sa come butterà. E un cosino tanto
piccino e tanto stordito! E anche più intelligente di Celina, ma meno
dolce assai, e soprattutto di un'ostinazione quasi invincibile; quando
dice no, niente da fare; la metti in cantina tutta una giornata, lei ci
dorme piuttosto che dire "sì"
26 - Però ha un cuore d'oro, ed è tanto carezzevole e molto franca; è
curioso vederla quando mi corre dietro per farmi le sue confessioni: -
Mamma, ho dato una spinta a Celina, una sola, e le ho dato un colpetto,
ma non lo faccio più. (Così per tutto quel che fa). Giovedì sera
andammo a passeggiare verso la stazione, in tutti i modi volle entrare
nella sala d'aspetto per cercare Paolina, mi correva avanti con una
gioia che metteva l'allegria anche a me, ma quando vide che bisognava
tornarsene a casa senza salire in treno per andare a cercare Paolina,
pianse per tutta la strada...».
27 - Queste ultime righe mi ricordano la felicità di quando la vedevo
tornare dalla Visitazione: lei, Madre, prendeva in braccio me, Maria
prendeva Celina; allora io le facevo cento carezze, e mi sporgevo
dietro per ammirare la sua grande treccia, poi mi dava una tavoletta di
cioccolata che aveva conservata per tre mesi. Pensi un po' che reliquia
era per me! Ricordo anche il viaggio che feci a Le Mans, era la prima
volta che andavo in treno. Che gioia viaggiar sola con Mamma! Però, mi
misi a piangere, non so più perché, e la povera Mamma mia non poté
presentare alla zia di Le Mans altro che un cosino brutto e tutto rosso
dalle lacrime versate in viaggio. Non mi è rimasto nessun ricordo del
parlatorio, ma soltanto del momento in cui la zia mi porse un topino
bianco e un panierino di carta bristol pieno di dolcini e sui quali
troneggiavano due anelli di zucchero, proprio grossi come il mio dito;
gridai subito: «Che bellezza! C'è un anello anche per Celina». Oh,
sciagura! prendo il panierino per il manico, do l'altra mano a Mamma, e
partiamo; dopo qualche passo, guardo il paniere e vedo che i dolci sono
tutti seminati per la via, come i Sassetti di Puccettino... Guardo
meglio, e vedo che uno dei due anelli ha subito il destino tragico dei
dolci: non c'è più nulla per Celina! Allora il dolore erompe, chiedo di
tornare indietro, Mamma non mi dà retta, e questo è troppo, alle
lacrime succedono i gridi... non capivo come mai non condividesse il
mio dolore e per questo soffrivo molto di più!...
28 - Ritorno alle lettere nelle quali Mamma le parla di Celina e di me,
è il miglior modo per farle conoscere il mio carattere. Ecco un brano
nel quale i miei difetti brillano di vivo splendore: «Celina si diverte
con la piccina al gioco dei cubi, bisticciano di quando in quando,
Celina cede per avere una perla alla sua corona. Sono costretta a
correggere quella povera piccolina che va in furie paurose; quando le
cose non vanno secondo le sue idee, si rotola per terra come una
disperata credendo tutto perduto, ci sono momenti in cui è più forte di
lei, ne è come soffocata. E una bambina molto nervosa, eppure è
deliziosa e intelligentissima, si ricorda di tutto».
29 - Vede dunque, Madre mia, quant'ero distante dall'essere una bambina
senza difetti! E nemmeno potevano dire di me che stessi buona quando
dormivo, perché la notte era ancor piu movimentata che il giorno,
buttavo via tutte le coperte, e poi (sempre dormendo) battevo dei colpi
contro il legno del mio lettino, il dolore mi risvegliava. Allora
dicevo: «Mamma, sono "picchiata"». Povera Mamma, era costretta ad
alzarsi e costatava che davvero avevo dei bernoccoli alla fronte, ero
“picchiata”; mi copriva bene, poi tornava nel suo letto, ma dopo un
minuto io ricominciavo ad essere «picchiata», tanto che dovettero
legarmi nel lettino. Sera per sera, Celina veniva ad annodare i
numerosi cordoni destinati ad impedire al furicchio di farsi i
bernoccoli e di svegliare Mamma, e questo mezzo riuscì bene, diventai
saggia dormendo.
30 - Ma c'era un altro difetto che avevo (da sveglia) e di cui Mamma
parla nelle sue lettere, era un grande amor proprio. Ne do due esempi
soli per non allungare troppo il racconto. Un giorno Mamma mi disse:
«Teresina, se tu baci la terra, ti do un soldo». Un soldo! Era la
ricchezza per me! Per impadronirmene mi bastava abbassare la mia
altezza, giacché la mia statura minima non frapponeva gran distanza tra
me e la terra, e tuttavia la mia fierezza si ribellò all'idea di baciar
la terra: dritta indomita dissi a Mamma: «Oh no, Mammina mia,
preferisco fare a meno del soldo».
31 - Un'altra volta dovevamo andare a Grogny dalla signora Monnier.
Mamma disse a Maria di mettermi un bel vestitino azzurro-cielo ornato
di trine, ma di non lasciarmi le braccia nude affinché il sole non me
le brunisse. Mi feci vestire con l'indifferenza che dovevano avere le
bimbe dell'età mia, ma intimamente pensavo che sarei stata molto più
carina con le mie braccine nude. Con una natura come la mia, se fossi
stata educata da genitori privi di virtù, oppure se, come Celina, fossi
stata viziata da Luisa, sarei diventata un cattivo arnese, e, forse, mi
sarei perduta.
32 - Ma Gesù vegliava sulla sua piccola fidanzata, ha voluto che tutto
volgesse al bene di lei; perfino i difetti che, repressi per tempo, le
sono serviti per crescere nella perfezione... Poiché avevo amor proprio
ed anche amor del bene, appena cominciai a pensare seriamente (e ho
cominciato piccina piccina), bastava che mi dicessero: questo non è
bene, che io non me lo facevo ripetere due volte. Vedo con piacere
dalle lettere di Mamma che, crescendo, le davo più consolazione. Avevo
soltanto buoni esempi intorno a me: naturalmente, volevo seguirli. Ecco
ciò che scriveva nel 1876: “Perfino Teresa vuol prender parte a fare
delle "pratiche". E’ una bimba incantevole, fina come l'ombra, molto
vivace, ma il cuore è sensibile.
33 - Celina e lei si vogliono un gran bene, si bastano reciprocamente
per non annoiarsi: tutti i giorni, appena abbiamo finito il pranzo,
Celina va a prendere il suo galletto, poi acchiappa a un tratto la
gallinella di Teresa; io non ce la faccio, ma lei è così svelta che al
primo balzo la piglia; poi arrivano tutt'e due al cantuccio del fuoco,
e si divertono così per un gran tempo. [Era la Rosina che mi aveva
regalato gallina e galletto, io avevo regalato il gallo a Celina].
L'altro giorno Celina ha dormito con me. Teresa ha dormito al piano di
sopra nel letto di Celina, ha supplicato Luisa di portarla giù perché
la potessimo vestire. Luisa sale per prenderla, trova il letto vuoto.
Teresa ha inteso Celina ed è discesa con lei. Luisa le dice: "Non vuoi
venire a farti vestire?". "Oh, no, povera Luisa, siamo come i due
polli, non ci possiamo separare!,,. E mentre dicevano così, si
abbracciavano. Poi, la sera, Luisa, Celina e Leonia sono andate al
circolo cattolico e hanno lasciato a casa questa povera Teresa la quale
si rendeva conto benissimo di esser troppo piccola per andare anche
lei; e diceva: "Oh, basterebbe che mi mettessero nel letto di Celina!".
Ma no, non ce l'hanno messa... non ha detto più nulla, è rimasta sola
col suo lumino e dopo un quarto d'ora se ne dormiva d'un sonno
profondo».
34 - Un altro giorno Mamma scriveva: «Celina e Teresa sono
inseparabili, non si possono vedere due bimbe che si vogliano più bene.
Quando Maria viene a prendere Celina per darle lezione, Teresa, più
piccina, è tutta in lacrime. Ahimè che sarà di lei, l'amichetta se ne
va! Maria si muove a compassione, prende anche lei, e la povera bimba
rimane issata sopra una seggiola per due o tre ore; le danno delle
perline da infilare o un pezzetto di stoffa da ricamare, lei non osa
muoversi e spesso fa dei gran sospironi. Quando l'ago si sfila, fa di
tutto per rinfilarlo, è curioso vederla mentre non le riesce, e che non
osa disturbar Maria; poco dopo due lacrimoni grossi scendono sulle
gotine. Maria la consola subito, rinfila l'ago, e il povero angiolino
sorride attraverso le lacrime...».
35 - Infatti, ricordo che non potevo restare senza Celina, preferivo
uscir da tavola prima d'aver finito il dolce piuttosto che non
seguirla, appena lei si alzava. Mi dibattevo sul mio seggiolone
chiedendo che mi mettessero giù, e poi: via, a giocare insieme; qualche
volta andavamo dalla piccola «prefetta», ciò che mi piaceva molto a
causa del parco e di tutti i bei giocattoli che ci faceva vedere, ma in
realtà ci andavo più che altro per far piacere a Celina, perché avrei
preferito restare nel nostro giardinetto a grattare i muri, dai quali
staccavamo tutte le pagliuzze brillanti che vi si trovavano per poi
andare a venderle a Papà nostro, e lui le comperava con grande serietà.
36 - La domenica, essendo troppo piccola per andare alle funzioni,
Mamma rimaneva per badarmi; ero buona buona e camminavo in punta di
piedi durante il tempo della Messa, ma appena vedevo la porta che si
apriva, era una esplosione di gioia senza pari; mi precipitavo incontro
alla mia bella sorellina, che ritornava «ornata a festa come una
cappella» e le dicevo: «Oh Celinetta mia, svelta, dammi il pane
benedetto!». A volte non ce l'aveva perché era arrivata tardi... Come
si fa, allora? Impossibile rinunciarvi: era la «mia messa»! Il rimedio
è trovato subito: «Non hai pane benedetto! Ebbene, fanne!». Detto,
fatto: Celina prende una seggiola, apre l'armadio, acchiappa il pane,
ne taglia un boccone e molto seriamente ci recita sopra un'Ave Maria
poi me l'offre, e io, dopo fatto il segno della Croce, lo mangio con
grande devozione e scopro proprio il sapore del pane benedetto...
Spesso facevamo insieme delle conferenze spirituali. Ecco un esempio,
anche questo preso dalle lettere di Mamma: «Le nostre due care bimbe
Celina e Teresa sono angeli di benedizione, nature di paradiso. Teresa
è la gioia, la felicità di Maria, e la sua gloria, è incredibile come
Maria ne è fiera. È vero che ha delle uscite rare alla sua età, supera
Celina che ha il doppio di anni. L'altro giorno Celina diceva: "Ma come
può essere che il buon Dio sia in una Ostia tanto minuscola?". La
piccina: "Non è tanto strano, poiché Dio è onnipotente". "Che vuol dire
onnipotente?". "Ma che può fare tutto quello che vuole!"».
37 - Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con
la bambola, venne da noi due con un paniere pieno di vestiti e di
pezzetti belli di stoffa per farne altri; su queste ricchezze stava
distesa la bambola. «Prendete, sorelline, scegliete, vi do tutto».
Celina allungò la mano e prese un pacchetto di gale che le piacevano.
Io riflettei un attimo, poi anch'io allungai la mano e dissi: «Io
scelgo tutto!», e presi il paniere senza tanti complimenti; quelli che
assistevano alla scenetta trovarono la cosa molto giusta, e la stessa
Celina non si sognò di protestare (bisogna dire che i giocattoli non le
mancavano, il suo padrino la colmava di regali, e Luisa trovava il modo
di procurarle tutto quello che desiderava). Questo minimo tratto della
mia infanzia è il riassunto di tutta la vita mia; più tardi, quando la
perfezione mi apparve, capii che, per diventare una santa, bisognava
soffrir molto, cercar sempre il più perfetto e dimenticar se stessi;
capii che ci sono molti gradi nella perfezione, e che ciascun'anima è
libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di far poco o molto
per lui, insomma di scegliere tra i sacrifici che egli chiede. Allora,
come ai giorni della mia prima infanzia, esclamai: «Dio mio, scelgo
tutto. Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per
Voi, temo una cosa sola, cioè di conservare la mia volontà: prendetela,
perché scelgo tutto quello che Voi volete...».
38 - Bisogna che mi fermi, non devo ancora parlarle della mia
giovinezza, bensì del furicchio di quattro anni. Mi ricordo di un sogno
che mi capitò verso quell'età e che si incise profondamente nella mia
immaginazione. Una notte sognai che uscivo per andare a spasso, in
giardino, sola. Giunta agli scalmi che bisognava salire per arrivarvi,
mi fermai spaventata. Davanti a me, vicino alla pergola c'era un barile
di calce, e su questo barile due orribili diavolini ballavano con
agilità sorprendente nonostante i ferri da stiro che avevano ai piedi;
a un tratto lanciarono verso di me i loro sguardi fiammeggianti, poi,
nello stesso momento, parvero assai più spaventati di me, si
precipitarono giù dal barile, e andarono a nascondersi nella lavanderia
ch'era di faccia. Vedendoli così poco coraggiosi volli vedere
cos'andavano a fare, e mi avvicinai alla finestra. I diavolini erano
li, correvano sulle tavole e non sapevano come fare per fuggire il mio
sguardo; a momenti si avvicinavano alla finestra, guardavano inquieti
se ero ancor li, e, vedendomi, ricominciavano a correre come disperati.
Certo, questo sogno non ha nulla di straordinario, eppure io credo che
il Signore mi abbia permesso di ricordarmene per provarmi che un'anima
in stato di grazia non ha nulla da temere dai demoni i quali sono
vigliacchi, capaci di fuggire davanti allo sguardo di una bambina.
39 - Ecco un altro passo di una lettera di Mamma. Già quella povera
Madre presentiva la fine del suo esilìo: «Le due piccole non mi
preoccupano, sono tanto care tutte due, sono nature scelte, certamente
saranno buone. Maria e tu potrete educarle perfettamente. Celina non
commette mai la minima colpa volontaria. La piccina sarà buona anche
lei, non direbbe una bugia per tutto l'oro del mondo, e ha spirito come
non ne ho visto a nessuna di voi. L’altro giorno era dal pizzicagnolo,
con Celina e Luisa, parlava delle sue "pratiche" e discuteva a voce
alta con Celina; la padrona ha detto a Luisa: "Ma che vuol dire, quando
gioca in giardino, non si sente parlar che di 'pratiche'? La signora
Gaucherin allunga la testa dalla finestra per cercar di capire quel che
vuol dire questa discussione sulle pratiche...". Cara piccina! Forma la
nostra gioia, sarà buona, già si vede il germe; non parla che di Dio,
non mancherebbe alle sue preghiere per niente al mondo. Vorrei che tu
la vedessi recitare una favoletta, non ho visto mai cosa tanto gentile,
trova da sé l'espressione e il tono, ma soprattutto quando dice: "Bimba
piccina dalla testa bionda, dove credi che sia Dio?", quando è a:
"Lassù nel Cielo blu" volge in alto lo sguardo con una espressione di
angelo. Non ci stanchiamo di farglielo dire, tanto è bello, c'è nello
sguardo di lei un che di celeste che rapisce...».
40 - Oh, Madre mia! Come ero felice a quella età! Già cominciavo a
godere della vita, la virtù aveva un fascino per me, ed ero, mi pare,
nelle medesime disposizioni nelle quali mi trovo ora, avendo già una
grande padronanza sulle mie azioni. Ah, come sono passati rapidi gli
anni solatii della prima infanzia, ma che impronta dolce mi hanno
lasciata nell'anima! Ricordo con gioia i giorni in cui Papà ci
conduceva al «padiglione», ho ancora scolpiti nel cuore i minimi
particolari... Ricordo soprattutto le passeggiate della domenica: Mamma
ci accompagnava sempre. Rivivo ancora i sentimenti profondi e poetici
che nascevano nell'anima mia alla vista dei campi di grano smaltati di
fiordalisi e di fiori campestri. Già amavo gli orizzonti lontani; lo
spazio e gli abeti giganti i cui rami toccavano terra mi lasciavano un
impressione simile a quella che ancora oggi provo contemplando la
natura... Spesso durante quelle lunghe passeggiate incontravamo dei
poveri, ed era sempre Teresa piccina a ricevere l'incarico di portare
l'elemosina, e come ne era felice! Ma spesso Papà pensava che il
cammino fosse troppo lungo per la reginetta, e la riconduceva a casa
prima delle altre (con grande dispiacere per lei). Allora, per
consolarla, Celina riempiva di margherite un bel panierino, glielo dava
al ritorno; senonché, ecco la povera Nonnina, la quale trovava che la
nipote ne avesse fin troppe, e ne prendeva lei una buona parte per la
sua Madonna. Questo non piaceva a Teresa, ma lei si guardava bene dal
dirlo perché aveva preso la gran buona abitudine di mai lamentarsi,
nemmeno quando le togliessero le cose sue o l'accusassero
ingiustamente. Non era merito da parte sua, bensì virtù naturale. Che
peccato che questa buona disposizione sia svanita!
41 - In verità, tutto mi sorrideva sulla terra. Trovavo un fiore sotto
ciascun passo, e il mio carattere felice contribuiva a rendermi
gradevole la vita; tuttavia un nuovo periodo cominciava per l'anima
mia. Sarei passata attraverso la prova; avrei sofferto fin
dall'infanzia per potere essere offerta più presto a Gesù. Al modo
stesso in cui i fiori di primavera cominciano a germogliare sotto la
neve e sbocciano ai primi raggi, così il fiore umile del quale scrivo i
ricordi ha dovuto passare attraverso l'inverno della sofferenza.
«Ti prometto molte conversioni sul tuo tumulo»
Beata Alexandrina Maria da Costa
... Il giorno 10, verso le nove e mezza del mattino, ebbi la visita di
una persona amica; questa mi diede la triste notizia che forse il mio
padre spirituale [p. Pinho] sarebbe mandato all'estero. Tale notizia
fu come un pugnale nel cuore. Rimasi calma, serena e fiduciosa e dissi:
- Non mi convinco; non è possibile: il Signore non viene meno alle
promesse. I momenti di questa tranquillità furono pochi perché una
tempesta fortissima si scatenò subito nel mio spirito. Il demonio mi
presentò alla fantasia ogni cosa immaginabile. Vedevo la mia vita
ingannatrice e colma di illusioni... Versai molte lacrime: furono
lacrime di rassegnazione. Mi offersi a Gesù come vittima. A volte con
le labbra, altre volte con lo spirito, recitai il « Magnificat » per
ringraziare di tanta sofferenza... Nella Comunione del giorno 11 volevo
domandare a Gesù se era vero o no che il mio padre sarebbe partito; ma
non osai. - Gesù, voglio fare ciò che è più perfetto. Fa' che la mia
fiducia in Te cresca, cresca il più possibile. - Alla fine delle 24 ore
di questo martirio dissi: - Gesù, 24 ore di agonia senza luce: dammi
chi mi consoli! -
... Quante volte mi pareva di vacillare e di disperare! Alla fine delle
48 ore dissi: - Gesù, Tu sai che questa mia preoccupazione, tutto
questo martirio è per Te e per le anime, non è per me. Che io soffra
tutto, ma che non soffra la tua divina causa, non soffrano le anime...
- È venuto il mio medico con alcune persone amiche. Attendevo
conforto; non l'ho avuto: Gesù non lo ha permesso. Anzi mi ha
tormentata anche il ricordo che le mie lacrime e qualche parola non li
abbia edificati, o anche, forse, scandalizzati... Io non dubitavo di
Gesù, ma di me, soltanto di me: temevo di essere ingannata... Appena
ritorneranno da me, chiederò loro perdono per il cattivo esempio dato.
Faccio questo sacrificio di dettare i miei sentimenti per provare che
non sono stata io, ma il mio dolore a parlare quando ho detto che non
avrei più dettato... - Perdonami, Gesù; Tu lo sai che a me importa
rivedere sulla terra il mio padre spirituale non per me, ma per Te, per
le tue promesse, per le anime. Ma confido e spero in Te. - In questo
triste penare passai attraverso l'Orto, salii al Calvario con il cuore
oppresso, molto spremuto da mani umane. Io ero il chicco di grano
macinato, trasformato in farina, ma quella farina era continuamente
macinata fino a sparire. Io ero il grappolo d'uva spremuto nel torchio,
che dopo aver dato tutto il succo, doveva passare in altri torchi i
quali lo spremevano talmente da annientarlo... (diario, 14-12-1945).
Se mi trovassi alla fine della vita vorrei che la mia prima parola
fosse: « Sia fatta la Tua volontà! ». Poi, come striscia di sangue che
si estende per il mondo intero, vorrei ripetere con tutta la forza
possibile: « Amate, amate, amate Gesù! ». ... Sono solita chiedere a
Gesù e a Mammina che ogni momento sia per me come l'ultimo della mia
vita. Oggi ebbi una consolazione che non mi ha dato gioia e sento che
Gesù rimane molto soddisfatto nel vedere la mia disposizione
interiore, cioè che non mi rattristano affatto le cose di questo mondo
che mi riguardano... (diario, 19-12-1945). Ore di sollievo, momenti più
lieti per meglio portare la pesante croce e sopportarne l'aumento di
peso. Ho avuto vicino chi comprende bene la mia anima: ho potuto
aprirmi e sfogarmi. Non fu godimento, ma mi sono sentita un'altra: ero
più forte; mi pareva di avere un cuore nuovo con più vita. Non sapevo
come ringraziare il Signore. Ho recitato il « Magnificat »; mi sono
sforzata di lodarLo. Dopo poche ore cambiò tutto: ritornai ad essere me
stessa, ritornai alle mie tenebre, ai miei orrori, al mio soffrire.
Gesù Eucaristico è venuto a fortificarmi. Dopo il ringraziamento un
nuovo pugnale veniva a conficcarsi nella ferita già aperta: una
lettera, di una persona che non conosco, in cui mi si chiedevano
preghiere per il mio padre spirituale e mi si annunciava la sua
partenza per il Brasile. È impossibile esprimere il mio dolore; ma non
ho pianto: agonizzavo. Una forza venuta da non so dove mi obbligava a
sorridere. Con gli occhi fissi in Gesù e in Mammina dicevo loro: -
Accetto, accetto, ma soccorretemi e vegliate sudi me. - Con il passare
delle ore la tempesta si è sollevata fortissima. L'anima si è
mantenuta in grande pace e serenità, ma le lacrime scivolavano sul mio
volto. Le ho offerte a Gesù come atto di amore... (diario, 21-12-1945).
... Notte di Natale!... Ho fatto compagnia a Gesù nel presepio, senza
vita, senza avere nulla per fargli compagnia. Nelle mie tenebre, mi
sono affidata alle sue braccia e al suo Cuoricino. Al mattino, nel
riceverlo sacramentato, Gli ho aperto il mio cuore; Gli ho fatto la
consegna del mio padre spirituale... Se fossi solo io ad essere
umiliata, non mi affliggerei tanto. In questa offerta il cuore era
straziato dal più vivo dolore. - Sta' calma, tranquillizzati, figlia
mia. Io ho accettato la tua offerta e con essa hai consolato il mio
divino Cuore... Ti prometto, dopo la tua morte, molte conversioni sul
tuo tumulo. Verranno a visitarti e partiranno cambiati. Là, dal cielo,
veglierai su di loro; coprirai di benedizioni le loro anime... Sei
madre di tutti i peccatori... - (diario, 28-12-1945).