Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 34° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 24
1Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato.2Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;3ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.4Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.5Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?6Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea,7dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno".8Ed esse si ricordarono delle sue parole.
9E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.10Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli.11Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.
12Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto.
13Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Èmmaus,14e conversavano di tutto quello che era accaduto.15Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.16Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.17Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto triste;18uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?".19Domandò: "Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;20come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.21Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro23e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.24Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto".
25Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!26Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?".27E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.28Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.29Ma essi insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino". Egli entrò per rimanere con loro.30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.32Ed essi si dissero l'un l'altro: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?".33E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,34i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone".35Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".37Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.38Ma egli disse: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho".40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.41Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?".42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito;43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi".45Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse:46"Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno47e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.48Di questo voi siete testimoni.49E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".
50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.51Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo.52Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia;53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Esodo 15
1Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
"Voglio cantare in onore del Signore:
perché ha mirabilmente trionfato,
ha gettato in mare cavallo e cavaliere.
2Mia forza e mio canto è il Signore,
egli mi ha salvato.
È il mio Dio e lo voglio lodare,
è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare!
3Il Signore è prode in guerra,
si chiama Signore.
4I carri del faraone e il suo esercito
ha gettato nel mare
e i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mare Rosso.
5Gli abissi li ricoprirono,
sprofondarono come pietra.
6La tua destra, Signore,
terribile per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico;
7con sublime grandezza
abbatti i tuoi avversari,
scateni il tuo furore
che li divora come paglia.
8Al soffio della tua ira
si accumularono le acque,
si alzarono le onde come un argine,
si rappresero gli abissi
in fondo al mare.
9Il nemico aveva detto:
Inseguirò, raggiungerò,
spartirò il bottino,
se ne sazierà la mia brama;
sfodererò la spada,
li conquisterà la mia mano!
10Soffiasti con il tuo alito:
il mare li coprì,
sprofondarono come piombo
in acque profonde.
11Chi è come te fra gli dèi, Signore?
Chi è come te, maestoso in santità,
tremendo nelle imprese,
operatore di prodigi?
12Stendesti la destra:
la terra li inghiottì.
13Guidasti con il tuo favore
questo popolo che hai riscattato,
lo conducesti con forza
alla tua santa dimora.
14Hanno udito i popoli e tremano;
dolore incolse gli abitanti della Filistea.
15Già si spaventano i capi di Edom,
i potenti di Moab li prende il timore;
tremano tutti gli abitanti di Canaan.
16Piombano sopra di loro
la paura e il terrore;
per la potenza del tuo braccio
restano immobili come pietra,
finché sia passato il tuo popolo, Signore,
finché sia passato questo tuo popolo
che ti sei acquistato.
17Lo fai entrare e lo pianti
sul monte della tua eredità,
luogo che per tua sede,
Signore, hai preparato,
santuario che le tue mani,
Signore, hanno fondato.
18Il Signore regna in eterno e per sempre!".
19Quando infatti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare.20Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze.21Maria fece loro cantare il ritornello:
"Cantate al Signore
perché ha mirabilmente trionfato:
ha gettato in mare
cavallo e cavaliere!".
22Mosè fece levare l'accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua.23Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara.24Allora il popolo mormorò contro Mosè: "Che berremo?".25Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell'acqua e l'acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova.26Disse: "Se tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t'infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!".27Poi arrivarono a Elim, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l'acqua.
Salmi 73
1'Salmo. Di Asaf.'
Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.
4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.
6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.
9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.
15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.
19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.
21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.
25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.
Salmi 31
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
per la tua giustizia salvami.
3Porgi a me l'orecchio,
vieni presto a liberarmi.
Sii per me la rupe che mi accoglie,
la cinta di riparo che mi salva.
4Tu sei la mia roccia e il mio baluardo,
per il tuo nome dirigi i miei passi.
5Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
6Mi affido alle tue mani;
tu mi riscatti, Signore, Dio fedele.
7Tu detesti chi serve idoli falsi,
ma io ho fede nel Signore.
8Esulterò di gioia per la tua grazia,
perché hai guardato alla mia miseria,
hai conosciuto le mie angosce;
9non mi hai consegnato nelle mani del nemico,
hai guidato al largo i miei passi.
10Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno;
per il pianto si struggono i miei occhi,
la mia anima e le mie viscere.
11Si consuma nel dolore la mia vita,
i miei anni passano nel gemito;
inaridisce per la pena il mio vigore,
si dissolvono tutte le mie ossa.
12Sono l'obbrobrio dei miei nemici,
il disgusto dei miei vicini,
l'orrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
13Sono caduto in oblio come un morto,
sono divenuto un rifiuto.
14Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
15Ma io confido in te, Signore;
dico: "Tu sei il mio Dio,
16nelle tue mani sono i miei giorni".
Liberami dalla mano dei miei nemici,
dalla stretta dei miei persecutori:
17fa' splendere il tuo volto sul tuo servo,
salvami per la tua misericordia.
18Signore, ch'io non resti confuso, perché ti ho invocato;
siano confusi gli empi, tacciano negli inferi.
19Fa' tacere le labbra di menzogna,
che dicono insolenze contro il giusto
con orgoglio e disprezzo.
20Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
ne ricolmi chi in te si rifugia
davanti agli occhi di tutti.
21Tu li nascondi al riparo del tuo volto,
lontano dagli intrighi degli uomini;
li metti al sicuro nella tua tenda,
lontano dalla rissa delle lingue.
22Benedetto il Signore,
che ha fatto per me meraviglie di grazia
in una fortezza inaccessibile.
23Io dicevo nel mio sgomento:
"Sono escluso dalla tua presenza".
Tu invece hai ascoltato la voce della mia preghiera
quando a te gridavo aiuto.
24Amate il Signore, voi tutti suoi santi;
il Signore protegge i suoi fedeli
e ripaga oltre misura l'orgoglioso.
25Siate forti, riprendete coraggio,
o voi tutti che sperate nel Signore.
Isaia 44
1Ora ascolta, Giacobbe mio servo,
Israele da me eletto.
2Così dice il Signore che ti ha fatto,
che ti ha formato dal seno materno e ti aiuta:
"Non temere, Giacobbe mio servo,
Iesurùn da me eletto,
3poiché io farò scorrere acqua sul suolo assetato,
torrenti sul terreno arido.
Spanderò il mio spirito sulla tua discendenza,
la mia benedizione sui tuoi posteri;
4cresceranno come erba in mezzo all'acqua,
come salici lungo acque correnti.
5Questi dirà: Io appartengo al Signore,
quegli si chiamerà Giacobbe;
altri scriverà sulla mano: Del Signore,
e verrà designato con il nome di Israele".
6Così dice il re di Israele,
il suo redentore, il Signore degli eserciti:
"Io sono il primo e io l'ultimo;
fuori di me non vi sono dèi.
7Chi è come me? Si faccia avanti e lo proclami,
lo riveli di presenza e me lo esponga.
Chi ha reso noto il futuro dal tempo antico?
Ci annunzi ciò che succederà.
8Non siate ansiosi e non temete:
non forse già da molto tempo
te l'ho fatto intendere e rivelato?
Voi siete miei testimoni: C'è forse un dio fuori di me
o una roccia che io non conosca?".
9I fabbricatori di idoli sono tutti vanità e le loro opere preziose non giovano a nulla; ma i loro devoti non vedono né capiscono affatto e perciò saranno coperti di vergogna.10Chi fabbrica un dio e fonde un idolo senza cercarne un vantaggio?11Ecco, tutti i suoi seguaci saranno svergognati; gli stessi artefici non sono che uomini. Si radunino pure e si presentino tutti; saranno spaventati e confusi insieme.
12Il fabbro lavora il ferro di una scure, lo elabora sulle braci e gli da' forma con martelli, lo rifinisce con braccio vigoroso; soffre persino la fame, la forza gli viene meno; non beve acqua ed è spossato.13Il falegname stende il regolo, disegna l'immagine con il gesso; la lavora con scalpelli, misura con il compasso, riproducendo una forma umana, una bella figura d'uomo da mettere in un tempio.14Egli si taglia cedri, prende un cipresso o una quercia che lascia crescere robusta nella selva; pianta un frassino che la pioggia farà crescere.
15Tutto ciò diventa per l'uomo legna da bruciare; ne prende una parte e si riscalda o anche accende il forno per cuocervi il pane o ne fa persino un idolo e lo adora, ne forma una statua e la venera.16Una metà la brucia al fuoco, sulla brace arrostisce la carne, poi mangia l'arrosto e si sazia. Ugualmente si scalda e dice: "Mi riscaldo; mi godo il fuoco".17Con il resto fa un dio, il suo idolo; lo venera, lo adora e lo prega: "Salvami, perché sei il mio dio!".
18Non sanno né comprendono; una patina impedisce agli occhi loro di vedere e al loro cuore di capire.19Essi non riflettono, non hanno scienza e intelligenza per dire: "Ho bruciato nel fuoco una parte, sulle sue braci ho cotto perfino il pane e arrostito la carne che ho mangiato; col residuo farò un idolo abominevole? Mi prostrerò dinanzi ad un pezzo di legno?".20Si pasce di cenere, ha un cuore illuso che lo travia; egli non sa liberarsene e dire: "Ciò che tengo in mano non è forse falso?".
21Ricorda tali cose, o Giacobbe,
o Israele, poiché sei mio servo.
Io ti ho formato, mio servo sei tu;
Israele, non sarai dimenticato da me.
22Ho dissipato come nube le tue iniquità
e i tuoi peccati come una nuvola.
Ritorna a me, poiché io ti ho redento.
23Esultate, cieli, poiché il Signore ha agito;
giubilate, profondità della terra!
Gridate di gioia, o monti,
o selve con tutti i vostri alberi,
perché il Signore ha riscattato Giacobbe,
in Israele ha manifestato la sua gloria.
24Dice il Signore, che ti ha riscattato
e ti ha formato fino dal seno materno:
"Sono io, il Signore, che ho fatto tutto,
che ho spiegato i cieli da solo,
ho disteso la terra; chi era con me?
25Io svento i presagi degli indovini,
dimostro folli i maghi,
costringo i sapienti a ritrattarsi
e trasformo in follia la loro scienza;
26confermo la parola dei suoi servi,
compio i disegni dei suoi messaggeri.
Io dico a Gerusalemme: Sarai abitata,
e alle città di Giuda: Sarete riedificate
e ne restaurerò le rovine.
27Io dico all'oceano: Prosciugati!
Faccio inaridire i tuoi fiumi.
28Io dico a Ciro: Mio pastore;
ed egli soddisferà tutti i miei desideri,
dicendo a Gerusalemme: Sarai riedificata;
e al tempio: Sarai riedificato dalle fondamenta".
Lettera di Giuda 1
1Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo, agli eletti che vivono nell'amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo:2misericordia a voi e pace e carità in abbondanza.
3Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte.4Si sono infiltrati infatti tra voi alcuni individui - i quali sono già stati segnati da tempo per questa condanna - empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio, rinnegando il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo.
5Ora io voglio ricordare a voi, che già conoscete tutte queste cose, che il Signore dopo aver salvato il popolo dalla terra d'Egitto, fece perire in seguito quelli che non vollero credere,6e che gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la propria dimora, egli li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno.7Così Sòdoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all'impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno.
8Ugualmente, anche costoro, come sotto la spinta dei loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli esseri gloriosi.9L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: 'Ti condanni il Signore'!10Costoro invece bestemmiano tutto ciò che ignorano; tutto ciò che essi conoscono per mezzo dei sensi, come animali senza ragione, questo serve a loro rovina.
11Guai a loro! Perché si sono incamminati per la strada di Caino e, per sete di lucro, si sono impegolati nei traviamenti di Balaàm e sono periti nella ribellione di Kore.12Sono la sozzura dei vostri banchetti sedendo insieme a mensa senza ritegno, pascendo se stessi; come nuvole senza pioggia portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati;13come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno.
14Profetò anche per loro Ènoch, settimo dopo Adamo, dicendo: "Ecco, il Signore è venuto con le sue miriadi di angeli per far il giudizio contro tutti,15e per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà che hanno commesso e di tutti gli insulti che peccatori empi hanno pronunziato contro di lui".16Sono sobillatori pieni di acredine, che agiscono secondo le loro passioni; la loro bocca proferisce parole orgogliose e adùlano le persone per motivi interessati.
17Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo.18Essi vi dicevano: "Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni".19Tali sono quelli che provocano divisioni, gente materiale, privi dello Spirito.
20Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo,21conservatevi nell'amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna.22Convincete quelli che sono vacillanti,23altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.
24A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia,25all'unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre. Amen!
Capitolo XVII: La vita nei monasteri
Leggilo nella Biblioteca1. Se vuoi mantenere pace e concordia con gli altri, devi imparare a vincere decisamente te stesso in molte cose. Non è cosa facile stare in un monastero o in un gruppo, e viverci senza lamento alcuno, mantenendosi fedele sino alla morte. Beato colui che vi avrà vissuto santamente e vi avrà felicemente compiuta la vita. Se vuoi stare saldo al tuo dovere e avanzare nel bene, devi considerarti esule pellegrino su questa terra. Per condurre una vita di pietà, devi farti stolto per amore di Cristo.
2. Poco contano l'abito e la tonsura; sono la trasformazione della vita e la completa mortificazione delle passioni, che fanno il monaco. Chi tende ad altro che non sia soltanto Dio e la salute dell'anima, non troverà che tribolazione e dolore. Ancora, non avrà pace duratura chi non si sforza di essere il più piccolo, sottoposto a tutti. Qui tu sei venuto per servire, non comandare. Ricordati che sei stato chiamato a sopportare e a faticare, non a passare il tempo in ozio e in chiacchiere. Qui si provano gli uomini, come si prova l'oro nel fuoco (cfr. Sir 27,6). Qui nessuno potrà durevolmente stare, se non si sarà fatto umile dal profondo del cuore, per amore di Dio.
DISCORSO 299/D NEL NATALE DEI SANTI MARTIRI SCILLITANI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaCristo non dev'essere rinnegato per il superfluo e neppure per il necessario. Necessarie due cose: la salute e l'amico.
1. I santi martiri, testimoni di Dio, piuttosto che vivendo morire, preferirono vivere morendo: per non rifiutare la vita che amavano, a causa del timore della morte, non tennero questa in alcun conto. Pur di indurre a rinnegare Cristo, l'avversario assicurava la vita, ma non quale la promette Cristo. Avendo dunque la certezza di ciò che il Salvatore prometteva, si beffavano di quanto minacciava il persecutore. Fratelli, quando celebriamo le solennità dei martiri, possiamo conoscere gli esempi da seguire con l'imitazione. Mediante questa numerosa adunanza non accresciamo certo la gloria dei martiri. Il loro premio è conosciuto dalle schiere degli angeli. Quanto a noi, durante la lettura, abbiamo potuto ascoltare ciò che essi soffrirono, ma quello che hanno ricevuto occhio non vide né orecchio udì 1. Dei beni di questo mondo alcuni sono superflui, altri necessari. Da questo momento prestatemi attenzione così che ci sia concesso parlare un poco e distinguere, se possibile, quali dei beni di questo mondo siano superflui e quali necessari, in modo che possiate rendervi conto che non si deve rinnegare Cristo a motivo delle cose superflue e neppure delle cose necessarie. Chi riesce a enumerare le cose superflue di questo mondo? A volerle rievocare, indugeremo a lungo. Possiamo quindi citare quelle necessarie, ogni altra cosa esistente sarà compresa nel superfluo. In questo mondo solo due cose sono necessarie: la salute e l'amico; queste le cose di grande importanza, quelle che non dobbiamo disprezzare. La salute e l'amico sono beni propri della natura umana. Dio ha creato l'uomo per l'esistenza e la vita: ecco la salute; ma, perché non fosse solo, ecco l'esigenza dell'amicizia. L'amicizia, quindi, ha il suo principio nel coniuge e nei figli e si apre agli altri uomini. Ma considerando che noi abbiamo avuto soltanto un padre ed una madre, chi sarà l'altro uomo? Ogni uomo è prossimo ad ogni uomo. Rivolgiti alla natura. È uno sconosciuto? è un uomo. È un avversario? è un uomo. È un nemico? è un uomo. È un amico? resti amico. È un avversario? diventi amico.
Come la sapienza divenne prossima a noi. Ogni uomo prossimo ad ogni uomo.
2. A questi due beni necessari in questo mondo, la salute e l'amico, viene ad accompagnarsi la straniera Sapienza. Trova che tutti sono stolti, immersi nell'errore, attaccatissimi alle cose superflue, amanti dei beni temporali, ignari dei beni eterni. Questa Sapienza non entrò in amicizia con gli stolti. Perciò, non essendo amica degli stolti, anzi ben lontana da loro, prese su di sé il nostro prossimo e si fece prossima a noi. Questo è il mistero di Cristo. Che più dell'insipienza è a distanza dalla Sapienza? Che più dell'uomo tanto prossimo all'uomo? Che cosa - io ripeto - più dell'insipienza è all'estremo opposto della Sapienza? La Sapienza, dunque, prese su di sé l'uomo e si fece prossima all'uomo secondo ciò per cui l'uomo le era prossimo. Ed ecco, poiché la Sapienza stessa disse all'uomo: Il timore di Dio, questo è sapienza 2 - spetta in verità alla sapienza dell'uomo il culto di Dio, ed è questo il timore di Dio - ci vennero dati due precetti: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. L'altro: Amerai il prossimo tuo come te stesso 3. E chi l'udì, chiese: E chi è il mio prossimo? 4 Pensava che il Signore avrebbe detto: tuo padre e tua madre, tua moglie, i tuoi figli, i tuoi fratelli, le tue sorelle. Egli, che voleva far valere ogni uomo quale prossimo per ogni uomo, non così rispose, ma prese a raccontare. Disse: Un uomo 5. Chi? Un tale, uomo tuttavia. Un uomo. Di che uomo si tratta, allora? Di un tale, però uomo. Discendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti 6. Sono chiamati briganti anche coloro che ci perseguitano. Ferito, spogliato, abbandonato mezzo morto sulla via, non destò l'attenzione di passanti, un sacerdote, un levita; la sua vista colpì, invece, un Samaritano di passaggio. Si accostò a lui sollevandolo sulla cavalcatura con premurosa cautela, lo condusse in una locanda; comandò di averne cura, pagò le spese. A colui che aveva posto la domanda vien chiesto chi fosse stato prossimo a costui mezzo morto. A suo riguardo due uomini si erano mostrati indifferenti, anzi, proprio essi, i prossimi, l'avevano trascurato, lo straniero si era fatto vicino. Infatti l'interlocutore oriundo di Gerusalemme considerava quali prossimi i sacerdoti e i leviti, stranieri i Samaritani. I prossimi passarono oltre e lo straniero si fece prossimo. Chi era stato allora prossimo a costui? Rispondi tu che hai posto la domanda col dire: Chi è il mio prossimo? 7 Rispondi ormai secondo verità. A interrogare era stata la superbia, sia la natura a rispondere. Che dice dunque? Ritengo sia stato colui che ne ha avuto compassione. E il Signore a lui: Va' e anche tu fa' lo stesso 8.
Come tu in salute così il tuo amico.
3. Riprendiamo l'argomento. Abbiamo ora presenti tre cose: la salute, l'amico, la sapienza. Ma la salute, come pure l'amico, sono di questo mondo; d'altro luogo è la sapienza. Riguarda la salute avere di che mangiare e di che coprirci e, in caso di infermità, la medicina. Ma l'Apostolo, parlando da sano a sani, afferma: La pietà è un grande guadagno, congiunta però a moderazione. Dice: Nulla abbiamo portato in questo mondo e nulla possiamo portarne via. Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo 9. Queste cose sono necessarie alla salute: ma quali cose per il superfluo? Al contrario - dice - coloro che vogliono diventare ricchi - certamente per procurarsi il superfluo - cadono nella tentazione, nel laccio e in bramosie insensate e funeste che fanno affogare gli uomini in rovina e in perdizione 10. Di che avere per la salute? Quando per la salute abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo. E che cosa per l'amico? Ti si poteva dire altro di più che amerai il prossimo tuo come te stesso? Quindi, abbi tu salute e l'abbia pure il tuo amico. Perché l'amico abbia di che coprirsi: Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha. Perché l'amico abbia di che nutrirsi: E chi ha da mangiare faccia altrettanto 11. Tu che vieni nutrito, nutri, tu che sei vestito, vesti. Tali cose riguardano questo mondo; d'altro luogo invece quel che è della sapienza: impari a conoscerla e ne partecipi la conoscenza.
In qual maniera i martiri hanno disprezzato il superfluo.
4. Ponetevi ora davanti agli occhi il combattimento dei martiri. Sopraggiunge l'avversario, spinge a rinnegare Cristo. Facciamolo comparire mentre va ancora facendo promesse e non è giunto a mostrarsi crudele. Promette ricchezze e onori. Si tratta di cose superflue: quanti sono messi alla prova con tali doni perché rinneghino Cristo ancora non si sono trovati vicini alla lotta, non hanno fatto ancora esperienza del combattimento, non hanno ancora provocato ad una vera e propria battaglia l'antichissimo nemico. Ma l'uomo di fede non ne ha fatto alcun conto, e dice a chi gli faceva di tali promesse: Negherò io Cristo per le ricchezze? Rifiuterò io le ricchezze per delle ricchezze? Rifiuterò io un tesoro per dell'oro? Si tratta in realtà di colui che, da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà 12. In realtà è colui del quale dice parimenti l'Apostolo: Nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza 13. Fa' attenzione a ciò che prometti, perché non puoi vedere quello che vai tentando di strappare. Io vedo per mezzo della fede ciò che mi vuoi portar via; tu vedi con gli occhi del corpo quel che vuoi dare: le cose che coglie l'occhio del cuore sono migliori di quelle che vede l'occhio del corpo. Le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili sono eterne 14. Disprezzo dunque i tuoi doni, dice l'anima fedele, perché sono di breve durata, sono superflui, sono inconsistenti, sono incostanti, sono pieni di pericoli, sono pieni di tentazioni. Nessuno li ha quando vuole e, anche quando non vuole, li perde. Chi promette è stato respinto, si fa avanti diventato un altro, cioè persecutore. Nel ruolo di chi si mostrava allettante non è stato preso in considerazione, comincia a infierire: è stato schivato il serpente, si è cambiato in leone. Dice: Non accetti da me più abbondanti ricchezze? Se non avrai rinnegato Cristo, ti porterò via quelle che hai. Fin qui te la prendi con quanto ho di superfluo. Hai fatto dell'inganno un rasoio affilato 15. Radi i capelli, non asporti la cute: toglimi pure queste cose. Anzi, poiché vedevi che di lì prelevavo per i poveri, ero ospitale, non facevo che mettere in pratica l'esortazione dell'apostolo Paolo: Raccomanda - dice - ai ricchi di questo mondo, raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull'incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente che in tutto ci dà l'abbondanza perché ne possiamo godere, di fare del bene, di farsi ricchi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera 16. Se c'è chi mi porta via questi beni, non sarò più in grado di compiere tali opere: sarò in minor conto presso Dio per il fatto che voglio e non posso? O sono sordo fino al punto di non udire la voce degli angeli: Pace in terra agli uomini di buona volontà 17? Togli, dunque, quanto ho di superfluo. Nulla abbiamo portato in questo mondo, e nulla possiamo portarne via. Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo 18.
Ed anche quando è necessario.
5. Ma il persecutore assicura: Porto via il cibo, porto via la veste. Fu l'addentrarsi nella lotta, il nemico si accaniva con più impeto: si andò oltre il superfluo, si giunse a ciò che è necessario. Da me non stare lontano, poiché l'angoscia è vicina 19. Niente è così vicino alla sua anima quanto il suo corpo; nel corpo soffri la fame e la sete e il bruciore: ivi voglio vederti, martire autentico, testimone di Dio. Guarda, egli dice, guarda. Chi ci potrà separare dall'amore di Cristo? 20 Che cos'è che minacci? Porto via il cibo, porto via la veste. La tribolazione? l'angoscia? la fame? la nudità? 21 Gli si incuta timore per un altro verso. Allontano l'amico, ti uccido sotto gli occhi i tuoi più cari, truciderò la moglie e i figli. Uccidi, uccidi? Non negano, e non uccidi. Che vuol dire? perché non mi atterrisci quanto alla mia persona, vuoi farmi temere per i miei? Purché non rinneghino, tu non uccidi i miei; che se dovessero rinnegare, tu uccidi degli estranei. Insista ancora il persecutore, e infierisca e dica: Se non t'importa dei tuoi, proprio te strapperò a questa luce. A questa luce: alla luce eterna forse? A quale luce mi strappi? a quella che ho in comune con te. Non è grande quella che vedi anche tu. Io per non perdere questa luce non rinnegherò la luce. Era la luce vera 22. So a chi mi rivolgo: Poiché in te è la sorgente della vita, nella tua luce vedremo la luce 23. Priva pure della vita, priva della luce: avrò la vita, avrò la luce. Avrò la vita dove non posso avere in te chi me ne priva; avrò quella luce che, non direi tu, ma neppure tenebra alcuna possa sottrarmi. Vinse il martire. O che c'è dell'altro da cui doverci attendere la visione di una lotta più ardua? No. Minacci la morte, infierisca sulla sanità del corpo, scavi con gli uncini, travagli con le torture, bruci con le fiamme, esponga alle fiere: anche qui è vinto. Com'è che è vinto? Perché in tutte queste cose siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati 24.
Nessuno è necessario più di Cristo. Talora anche chi è nella fede rinnega Cristo se cede al rispetto umano.
6. Perciò, fratelli miei, non si neghi Cristo per le cose superflue, non si neghi per le cose necessarie: nessuno è più necessario di lui. Definivo cose necessarie la salute e l'amico. Tu pecchi per la salute e neghi Cristo: amando la salute, non avrai la salute. Tu pecchi per il tuo amico e, per non offenderlo, neghi Cristo. Misero me! Talora si rinnega cedendo al rispetto umano. Non c'è persecutore a infierire, né brigante che depredi, non che minacci un carnefice; solo per non contrariare il tuo amico, neghi il tuo Signore. Io vedo quel che ti ha portato via l'amico: fa' vedere tu quel che darà. Che darà? Proprio quegli attestati di amicizia per i quali pecchi, dai quali sei raggirato, per mezzo dei quali sei ridotto a nemico di Dio. Costui non ti sarebbe amico se tu fossi amico di te stesso; ma, per il fatto che sei nemico di te stesso' ritieni amico chi ti è nemico. Ma da che viene che tu ti sei nemico? Dal fatto che ami l'ingiustizia: Ma chi ama l'ingiustizia odia la propria anima 25. Ma non si nega il Cristo per compiacere l'amico empio e perverso; non si nega, però il Cristo è disprezzato dall'empio, è ingiuriato dall'empio, e persino da chi ha fede non è difeso, è trascurato, è taciuto, non è annunziato. La lingua del bestemmiatore ingiuria senza ritegno, manca la voce di chi lodi. Quanti mali si commettono per le cose necessarie, per avere di che mangiare, di che coprirsi, per la salute, per l'amico; e tutte queste cose che si cercano con avidità, hanno presto fine. Se però avrai disprezzato le cose presenti, Dio ti darà quelle eterne. Non far conto della salute, avrai l'immortalità, non far conto della morte, avrai la vita; non andar dietro all'onore, avrai la corona; trascura l'uomo amico, avrai Dio quale amico. Però, là dove avrai Dio per amico, non sarai privo del prossimo amico: vi saranno con te, quali amici, coloro dei quali poco fa veniva data lettura delle opere e delle testimonianze.
Lettura della "passione" di uomini e donne scillitani. Il paradiso è vicino a chi confessa Cristo.
7. Abbiamo ascoltato di uomini che si comportarono da forti, dalla testimonianza virile, abbiamo udito anche di donne che rimanevano fedeli a Cristo quasi non fossero tali, incuranti della debolezza del loro sesso. Con esse vi sarà quell'amicizia che sarà immune dalla concupiscenza carnale, anzi, la sola Sapienza sarà la fonte del godimento con gli amici. Ecco che cosa perdiamo se quaggiù avremo amato di quelle cose e avremo rinnegato Cristo. Ivi non saremo nel timore che il prossimo possa morire; mai alcun lutto là dove la vita sarà eterna; neppure c'è necessità del quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo 26. La nostra veste sarà l'immortalità, il cibo proprio sarà la carità, la vita sarà eterna; non vi praticheremo le opere buone, quelle che da queste cose prendono nome, ma se quaggiù non le avremo compiute, non raggiungeremo quelle. Non ti si dirà: Dividi il tuo pane con l'affamato 27, là dove non ci sarà fame; non ti si dirà: Sii ospitale, dove non troverai alcun viandante; non ti si dirà: Libera l'oppresso, dove nessuno sarà ostile; non ti si dirà: Pacifica il litigioso, dove eterna sarà la pace. Considerate, fratelli miei, come quaggiù si possa aver pazienza in forza del desiderio del possesso: ivi l'avremo, là dove non possiamo perire. Desideri la salute? Non farne conto e l'avrai. Tu neghi Cristo per timore di offendere le amicizie umane: sii testimone di Cristo e ti sarà amica la città degli Angeli, la città dei Patriarchi, la città dei Profeti, la città degli Apostoli, la città di tutti i Martiri, la città di tutti i buoni fedeli. Cristo stesso l'ha fondata per sempre 28.
1 - 1 Cor 2, 9.
2 - Gb 28, 28.
3 - Lc 10, 27.
4 - Lc 10, 29.
5 - Lc 10, 30.
6 - Lc 10, 30.
7 - Lc 10, 29.
8 - Lc 10, 37.
9 - 1 Tm 6, 6-8.
10 - 1 Tm 6, 9.
11 - Lc 3, 11.
12 - 2 Cor 8, 9.
13 - Col 2, 3.
14 - 2 Cor 4, 18.
15 - Sal 51, 4.
16 - 1 Tm 6, 17-19.
17 - Lc 2, 14.
18 - 1 Tm 6, 7-8.
19 - Sal 21, 12.
20 - Rm 8, 35.
21 - Rm 8, 35.
22 - Gv 1, 9.
23 - Sal 35, 10.
24 - Rm 8, 37.
25 - Sal 10, 6.
26 - 1 Tm 6, 8.
27 - Is 58, 7.
28 - Sal 47, 9.
23 - Sulla croce Cristo, nostro salvatore, trionfa sul demonio e stilla morte, secondo la profezia di Abacuc.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1412. I venerabili arcani contenuti nel presente capitolo corrispondono a
molti altri da me già trattati in questa Storia. Uno di essi riguarda
il fatto che Lucifero e i suoi ministri, nel corso della vita di Gesù e
davanti ai suoi miracoli, non poterono mai giungere ad avere la
sicurezza assoluta che egli fosse vero Dio e salvatore del mondo, e
quindi neppure a comprendere la dignità di Maria beatissima.
Provvidamente la sapienza superna aveva disposto così, affinché
l'incarnazione e la redenzione si compissero in maniera più conveniente.
Satana, dunque, pur sapendo che l'Altissimo si sarebbe fatto uno di
noi, ne ignorava le modalità e le circostanze e, poiché se ne formava
un'opinione nella sua superbia, prese un grande abbaglio: ora affermava
che Cristo era Dio, per i suoi prodigi; ora lo negava, vedendolo povero,
umiliato, afflitto e affaticato. Confuso tra queste varie ipotesi,
rimaneva nel dubbio e continuava a fare indagini; questo durò fino
all'ora del Gòlgota, quando, venendo a scoprire i misteri di lui, fu
allo stesso tempo disingannato e sconfitto, per la passione e morte che
aveva procurato alla sua umanità santissima.
1413. Il trionfo del nostro Maestro si realizzò in modo
così elevato e mirabile che io mi confesso incapace di spiegarlo; esso,
infatti, fu del tutto spirituale e celato ai sensi, con i quali lo devo
illustrare. Vorrei che ci potessimo informare gli uni gli altri come
fanno gli angeli, perché non meno è necessario per manifestare e capire
tale opera meravigliosa del potere divino. Dirò ciò che potrò e ad
illuminare sarà la fede, più che il significato delle mie espressioni.
1414. Ho già riferito come il nostro avversario e i suoi
provarono ad allontanarsi dal Signore ed a precipitarsi all'inferno,
appena egli ricevette la croce sulle sue sacre spalle, perché in quel
momento avvertirono che la forza celeste cominciava ad affliggerli
maggiormente. Poiché sua Maestà lo permise, da questo nuovo tormento
riconobbero che con l'uccisione di quell'innocente, da loro tramata, li
sovrastava un enorme danno, e che non si trattava di una semplice
creatura. Quindi, desideravano ritirarsi e non assistere più come prima i
giudei e i responsabili della giustizia; il braccio dell'Onnipotente,
però, li trattenne e li legò come dragoni ferocissimi, costringendoli
per mezzo di un comando della Vergine a non fuggire ed a seguire il suo
Unigenito sino alla fine. L'estremità della catena mistica fu data alla
Regina, affinché li tenesse soggiogati con le virtù del suo diletto.
Anche se spesso, pieni di furore, davano strattoni per liberarsi, non
riuscirono a superare la resistenza con la quale ella li teneva,
obbligandoli a giungere al luogo del supplizio e a mettersi intorno al
duro legno, dove ordinò loro di rimanere immobili fino al termine di
eventi così sublimi come erano quelli che vi si compivano per la loro
rovina e il riscatto degli uomini.
1415. A questo ordine, il principe del male e i suoi
squadroni furono tanto prostrati dalla pena che sentivano per la
presenza di Gesù e di sua Madre, e per ciò che li minacciava, che
avrebbero trovato profondo sollievo nel gettarsi negli abissi. Poiché
non era loro concesso, si stringevano fra sé come formiche sbalordite e
come vermiciattoli timorosi che cercano di nascondersi in qualche buco,
benché la loro rabbia non fosse propria di animali, ma di demoni più
crudeli dei draghi. Qui la tronfia tracotanza di Lucifero fu del tutto
avvilita e svanirono le sue pretese di innalzare il suo trono sopra le
stelle e di bere le limpide acque del Giordano. Oh, come era abbattuto e
inerme colui che in tante occasioni aveva arditamente presunto di
capovolgere l'intero universo! Come era perplesso e sconfortato colui
che aveva raggirato molte anime con promesse fallaci o con minacce! Come
era turbato l'infelice Amàn davanti al patibolo sul quale aveva tentato
di far salire il nemico Mardocheo! Oh, quale ignominia per lui
osservare la vera Ester, Maria purissima, domandare che il suo popolo
fosse risparmiato e che il traditore venisse rovesciato dalla sua
primitiva grandezza e castigato con la condanna dovuta alla sua
smisurata protervi! Qui l'oppresse e decapitò la nostra invincibile
Giuditta, qui gli schiacciò l'altera cervice. Da adesso in poi saprò,
satana, che il tuo orgoglio oltrepassa le tue possibilità. Già ti
coprono vermi, invece che splendore; già il tarlo consuma e rode il tuo
cadavere. Tu, che ferivi le genti, sei colpito più di tutte loro. Non
temerò più le tue false intimidazioni, né darò più ascolto ai tuoi
inganni, poiché ti vedo annientato e senza alcun vigore.
1416. Era ormai tempo che il serpente antico fosse
sopraffatto dal Maestro della vita. Era opportuno che ciò avvenisse con
la sua disillusione e a questo aspide velenoso non doveva giovare il
turarsi le orecchie per non udire la voce dell'incantatore. Allora,
Cristo iniziò a proferire dalla croce le sette parole, dando a lui e ai
suoi ministri licenza di intendere i misteri in esse racchiusi, perché
voleva trionfare così su di loro, sul peccato e sulla morte,
spogliandoli della tirannia con la quale tenevano soggetto il mondo.
Pronunciò la prima: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che
fanno». Essi conobbero con certezza che parlava con l'Eterno, che era
suo figlio e vero Dio con lui e con lo Spirito, che nella sua umanità
santissima di perfetto uomo unita alla divinità accettava liberamente di
perire per i discendenti di Adamo, che per i suoi atti d'infinito
valore offriva il perdono a tutti coloro che avrebbero voluto trarne
profitto, senza eccettuare quanti lo stavano straziando. Provarono tanta
ira e tanto dispetto che si lanciarono impetuosamente verso gli antri
tenebrosi, dibattendosi con tutte le energie per farlo; ma la
potentissima Signora lo impediva.
1417. La seconda parola fu indirizzata al fortunato
ladrone: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». I diavoli
capirono che il frutto della redenzione era la salvezza dei rei e il suo
fine ultimo l'esaltazione degli eletti, che i meriti di Gesù
cominciavano ad operare con nuova efficacia, che con essi si aprivano le
porte del paradiso, sino a quel momento chiuse per la colpa originale, e
che molti sarebbero entrati a godere la beatitudine perenne e ad
occupare i posti che per loro era invece impossibile riacquistare. Si
resero conto che aveva la facoltà di chiamare i traviati, giustificarli e
glorificarli, e che aveva riportato innumerevoli vittorie su di loro
nella sua esistenza terrena con le virtù eminenti dell'umiltà, della
pazienza, della mansuetudine e con tutte le altre che aveva esercitato.
Con il nostro linguaggio non si possono esplicare la loro confusione e
il loro tormento, che furono tali da umiliarne la superbia fino a
muoverli a pregare la Vergine di permettere che si ritirassero nelle
loro caverne e di allontanarli dalla sua presenza; ma ella non
acconsentì, perché non ne era ancora giunta l'ora.
1418. Il dolcissimo Unigenito rivolse alla Regina la terza
parola: «Donna, ecco il tuo figlio!». I demoni compresero che ella era
vera Madre di Dio fatto carne, e che era la stessa il cui segno era
stato manifestato ad essi in cielo quando erano stati creati ed avrebbe
calpestato loro la testa, come l'Altissimo aveva preannunciato
nell'Eden. Penetrarono la sua eccellenza sopra ogni essere, nonché il
suo dominio su di loro, come stavano sperimentando. Fu inesplicabile il
loro furore, poiché fin dal principio, da quando era stata plasmata Eva,
erano andati tutti indagando con astuzia quale potesse essere quella
grande donna della quale avevano visto il segno nel cielo, e in tale
occasione seppero di non averla identificata. Questo irritò la loro
arroganza più di ogni altro supplizio e si adirarono con se stessi come
leoni feroci rinnovando l'antica collera contro di lei, benché senza
successo. Appresero inoltre, come una minaccia a quello sdegno, che
Giovanni era stato assegnato da Cristo come angelo custode di Maria, con
l'autorità di sacerdote; lo stesso scoprì anche l'Evangelista. Lucifero
non fu informato solo della potestà di lui contro gli spiriti del male,
ma anche di quella che veniva concessa a tutti i sacri ministri per la
loro dignità e partecipazione al potere stesso di sua Maestà. Ebbe, poi,
notizia che pure le altre persone rette, benché non presbiteri,
sarebbero state sotto una speciale protezione e sarebbero rimaste salde
contro l'inferno. Tutto ciò debilitava lui e i suoi seguaci.
1419. La quarta parola fu diretta al Padre: «Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?». In essa i nemici intuirono che la sua
carità era immensa e senza termine, e che inspiegabilmente per
soddisfarla l'influsso della divinità era stato sospeso alla sua umanità
santissima, affinché, con il sommo rigore della passione, la redenzione
fosse abbondantissima. Capirono che egli si affliggeva e si lamentava
con affetto, perché non sarebbero stati liberati tutti gli uomini, dai
quali era stato abbandonato, ed era risoluto a sopportare di più, se gli
fosse stato chiesto. Questa felicità dei mortali di essere tanto
diletti dal Signore stesso aumentò l'invidia di tutti costoro, che
sentirono la sua onnipotenza pronta a ciò. La loro malvagità e il loro
orgoglio furono schiacciati ed essi si confessarono deboli per opporsi
efficacemente tutte le volte che qualcuno avrebbe voluto approfittarne.
1420. La quinta parola fu: «Ho sete ». Essa accelerò il
trionfo contro satana e i suoi, che provarono maggiore rabbia e
dispetto, perché Gesù la indirizzò più chiaramente contro di loro.
Afferrarono che significava: «Se vi pare tanto quello che soffro per i
miei fratelli e smisurato il mio amore per loro, desidero che intendiate
che la mia incommensurabile bontà è sempre assetata della loro
beatitudine, alla quale anelo, e non l'hanno spenta le molte acque dei
miei tormenti e dei miei dolori. Se fosse necessario, ne affronterei di
assai peggiori, per riscattarli dalla vostra tirannia e renderli solidi
contro la vostra malizia e superbia».
1421. La sesta parola proferita fu: «Tutto è compiuto!». Il
serpente e gli altri, così, ebbero completamente presente il mistero
dell'incarnazione e della salvezza, già conclusa in tutta la sua
perfezione, secondo l'ordine superno. Fu svelato loro che il Figlio
aveva obbedito all'Eterno e aveva adempiuto pienamente le promesse fatte
per mezzo dei patriarchi e dei profeti. Furono, inoltre, messi al
corrente che la sua umiltà e docilità avevano compensato la protervia e
la ribellione da loro mostrata nell'empireo, quando non avevano voluto
sottomettersi a lui né riconoscerlo come superiore nella carne, ed erano
perciò avviliti con eccelsa sapienza e giustizia da quello stesso che
avevano disprezzato. Poiché, poi, era conseguente alla sua elevata
dignità e ai suoi meriti illimitati che Cristo in quell'ora esercitasse
la facoltà di giudice delle creature celesti e terrene, affidatagli
dall'Altissimo, egli, usando la sua forza ed eseguendo la sentenza
contro il dragone nel medesimo istante in cui la pronunciava, intimò a
lui e a tutti i suoi compagni di scendere subito nelle profondità più
oscure delle carceri infernali, come condannati al fuoco perenne.
Immediatamente dopo disse la settima parola: «Padre, nelle tue mani
consegno il mio spirito». La sua potentissima Madre concorse con lui e
ingiunse anch'ella ai demoni di precipitare in quel momento negli
abissi. Per questo comando del supremo Re e della Regina, essi partirono
dal monte Calvario e piombarono fino negli antri più bassi, con
maggiore violenza e rapidità di un fulmine.
1422. Il Redentore, vittorioso, dopo avere sopraffatto il
più grande avversario, per consegnare il suo spirito al Padre dette
licenza alla morte di avvicinarsi, chinando il capo e abbattendola con
tale consenso, in cui come il tentatore essa trovò il suo laccio. La
ragione di ciò è che questa non potrebbe ferire né avere potere su
nessuno, se non fosse per la prima colpa, alla quale fu imposta come
pena. Perciò l'Apostolo afferma che sua arma e suo pungiglione è il
peccato, da cui è stata aperta la ferita attraverso la quale è entrata
nel mondo. Sua Maestà estinse il debito del male che non poteva
commettere; dunque essa, quando gli tolse la vita senza avere alcun
diritto su di lui, perse quello che aveva sugli altri figli di Adamo. Da
allora né essa né Lucifero avrebbero più potuto offenderli, se questi
ne avessero approfittato e non fossero tornati a soggiogarsi
volontariamente a loro. Se il nostro progenitore non fosse caduto, e noi
tutti in lui, non ci sarebbe stato il castigo della morte, ma piuttosto
un transito da una condizione felice a quella felicissima della patria
di lassù. Il peccato, però, ci rese sudditi di essa e di satana, che ce
la procurò per avvalersene, privandoci del passaggio alla vita eterna e
ancor prima della grazia, dei doni e dell'amicizia di Dio, e per
mantenerci servi suoi e dei vizi, soggetti al suo crudele e iniquo
impero. L'Unigenito distrusse tutte queste opere del diavolo; perendo da
innocente e pagando per noi, fece in modo che la morte fosse soltanto
del corpo e non dell'anima, fisica e non spirituale e perpetua, ed anzi
fosse la porta per il gaudio del paradiso per chi non avesse voluto
farselo sfuggire. In tale maniera scontò l'antica trasgressione,
disponendo anche che da parte nostra potessimo offrire come ammenda il
trapasso corporale, accettato per amore suo; così, assorbì la morte, e
la sua morte santissima fu il boccone con il quale la ingannò,
togliendole le energie e la vita e abbandonandola prostrata e sconfitta
1423. In questo successo del nostro Salvatore si compì la
profezia fatta da Abacuc nella sua preghiera, dalla quale prenderò
soltanto ciò che basta al mio intento. Egli conobbe tale mistero e il
dominio del Signore sulla morte e sul maligno. Con religioso timore gli
domandò di dare vita a chi aveva plasmato, cioè l'uomo, e predisse che
l'avrebbe fatto e, nel suo sdegno, si sarebbe ricordato di avere
clemenza. Annunciò che la gloria di questa meraviglia avrebbe riempito i
cieli e la sua lode la terra, che il suo splendore sarebbe stato come
la luce e che egli avrebbe tenuto nelle sue mani bagliori di folgore,
che sono le braccia della croce, nella quale sarebbe stata nascosta la
sua forza. Proclamò, inoltre, che la morte sarebbe andata davanti a lui
come schiava e il serpente sarebbe stato abbassato ai suoi piedi e
quindi avrebbe misurato la terra. Tutto fu eseguito alla lettera, in
quanto il nostro nemico uscì con il capo fracassato dai piedi del nostro
Maestro e della beatissima Vergine, che lo umiliarono e calpestarono
con la loro passione e con la loro potenza. Poiché egli piombò sino al
centro del globo, nella regione dell'inferno più profonda e distante
dalla superficie, si dice che misurò la terra. Il resto del testo
riguarda il trionfo di Cristo nel progredire della Chiesa sino alla
fine, e non è necessario riportarlo qui; quello che, però, è conveniente
che noi tutti comprendiamo è che il drago e i suoi, per la sua morte,
furono legati, abbattuti e indeboliti per tentare gli esseri dotati di
ragione. Lo sarebbero ancora, se questi con le loro colpe e
spontaneamente non li avessero liberati e non avessero incoraggiato la
loro superbia a ritornare con rinnovato vigore a seminare rovina. Tutto
ciò si capirà meglio dal conciliabolo che essi tennero e da quello di
cui parlerò continuando a narrare questa Storia.
Conciliabolo tenuto all'inferno da Lucifero e dai suoi demoni dopo la
morte di Cristo, nostro Signore
1424. Lucifero e i suoi ministri caddero dal monte Calvario
fin negli abissi con più furia e turbolenza di quando erano stati
precipitati dalle altezze. Il loro regno è sempre terra tenebrosa e
coperta dalle ombre della morte, piena di caliginosa confusione, di
miserie, angustie e disordine, come afferma Giobbe; eppure, in tale
occasione la sua infelicità e il suo scompiglio furono più grandi,
perché i dannati ricevettero ulteriore orrore e tormento dalla ferocia
con cui i demoni vi discesero e dal dispetto che nella loro rabbia
mostrarono. Certamente, questi non hanno l'autorità di porli a loro
arbitrio in zone di maggiore o minore tribolazione, poiché ciò è deciso
dall'equità divina, secondo i misfatti di ciascuno; tuttavia, il giusto
giudice stabilisce che, oltre alla pena "essenziale", in alcune
circostanze ce ne possano essere altre "accidentali". Quanto è stato
commesso, infatti, ha lasciato radici e molti mali per altri, che per
questo si smarriscono; così, i durevoli effetti di tali peccati non
ritrattati le motivano. Giuda fu straziato con altre torture per aver
venduto sua Maestà, procurandone l'uccisione. I diavoli scoprirono in
quel momento che il luogo di punizioni terribili dove lo avevano
collocato era destinato a coloro che si sarebbero smarriti con la fede e
senza le opere, e a quelli che avrebbero rifiutato di proposito la
virtù e il frutto della redenzione, contro i quali essi manifestano più
collera.
1425. Appena satana ebbe il permesso di sfogare l'ira
concepita contro il Salvatore e Maria e di rialzarsi dopo essere rimasto
per qualche tempo steso al suolo, volle intimare ai suoi compagni la
sua ribadita tracotanza contro Gesù. A tale scopo li convocò tutti e,
sistematosi in una posizione elevata, dichiarò loro: «A voi, che per
tanti secoli siete stati e starete nella mia fazione per la legittima
vendetta delle sofferenze inflittemi, sono note quelle che mi sono state
procacciate adesso da questo nuovo uomo e Dio e sapete come per
trentatré anni egli mi abbia indotto in errore, celandomi la sua vera
identità e i suoi atti interiori, e sgominandoci per mezzo della stessa
condanna che gli abbiamo procurato per annientarlo. Prima della sua
incarnazione, lo denigrai e non mi assoggettai a confessarlo più
meritevole di me dell'adorazione di tutti. Per tale resistenza fui
scagliato giù dal cielo insieme con voi e mi fu data questa bruttezza,
indegna del mio splendore e della mia bellezza; ma più di tutto questo
mi affligge il vedermi vinto e oppresso da costui e da sua Madre. Fin
dalla formazione di Adamo li ho cercati con attenzione per distruggerli
o, se non mi fosse riuscito, traviare le creature di lui e fare in modo
che nessuna di esse lo accettasse come Signore e lo servisse, e che le
sue azioni non portassero loro vantaggio. Questi sono stati i miei
desideri, questi i miei pensieri e i miei sforzi, ma invano, poiché mi
ha sconfitto con la sua umiltà e la sua povertà, mi ha calpestato con la
sua pazienza e infine mi ha defraudato del potere che avevo nel mondo
con la sua passione e la sua ignominiosa crocifissione. Ciò mi angoscia
in maniera tale che, quando anche io lo strappassi dalla destra di suo
Padre, dove già starà glorioso, e trascinassi tutti coloro che ha
riscattato in questo inferno, non verrebbe appagato il mio odio né
placato il mio furore».
1426. «È forse possibile che l'Onnipotente abbia innalzato
la natura umana, così inferiore alla mia, al di sopra di tutto quello
che ha fatto, che l'abbia tanto favorita da unirla a se stesso nel Verbo
eterno, che prima di compiere questo abbia mosso guerra contro di me e
dopo mi abbia schiacciato con mio enorme sconcerto? Sempre l'ho
considerata nemica crudele, sempre è stata per me ripugnante e
intollerabile. O gente tanto beneficata da colui che detesto e tanto
diletta dalla sua ardente carità! Come impedirò la vostra fortuna? Come
vi potrò rendere affranti al pari di me, dato che non posso togliervi la
stessa esistenza? Che faremo dunque, miei vassalli? Come restaureremo
il nostro impero? Come riacquisteremo forza contro i mortali? Come
potremo ancora superarli? È, infatti, chiaro che da ora in poi tutti, se
non sono insensibili, assolutamente ingrati e peggiori di noi contro
questo uomo-Dio, che con tanto amore li ha liberati, faranno a gara
nell'andargli dietro, gli daranno il proprio cuore e abbracceranno i
suoi soavi precetti. Non acconsentiranno ai nostri inganni,
disdegneranno gli onori illusori che offriamo e aneleranno al disprezzo,
vorranno la mortificazione e conosceranno il pericolo dei piaceri,
abbandoneranno i tesori e le ricchezze e avranno care le privazioni, che
il loro Maestro ha reso così stimabili, e per imitarlo riterranno
orribile tutto quello con cui noi proviamo ad allettare i loro appetiti.
Ciò abbatte il nostro regno, poiché nessuno verrà con noi in questo
luogo di confusione e di tormento, e tutti conseguiranno la beatitudine
che abbiamo perso, si piegheranno fino a terra e patiranno con
sopportazione; la mia indignazione e la mia superbia non avranno
effetto».
1427. «Oh, me infelice, di che terribile pena mi è causa
l'essermi sbagliato! Tentando questo uomo-Dio nel deserto, gli ho dato
occasione di lasciare con il suo trionfo un esempio ad ognuno e ho fatto
sì che ci fosse qualcuno capace di sopraffarmi. Perseguitandolo, gli ho
solo permesso di educare alla sua umiltà e pazienza. Persuadendo Giuda a
venderlo e i giudei ad angariarlo con feroce accanimento e ad
ammazzarlo, ho affrettato la mia rovina e l'instaurarsi della dottrina
che mi ero impegnato a cancellare. Come si poté abbassare in tale misura
colui che era Dio? Come sostenne tanto da parte degli uomini, così
malvagi? Come potei dare io stesso un simile aiuto affinché la salvezza
fosse così abbondante e mirabile? Oh, che potenza divina è la sua, come
mi angustia e indebolisce! Come la mia avversaria, colei che lo ha
generato, è così invincibile contro di me? Il suo potere è inusitato per
una semplice creatura e senza dubbio le viene partecipato dallo stesso
che rivestì di carne. Costui mi ha sempre combattuto duramente
attraverso questa donna, così aborrita dalla mia alterigia da quando la
vidi nella sua immagine o idea. Se, però, non si soddisfa il mio
orgoglioso risentimento, non desisto dal lottare contro di lui, contro
Maria e contro i discendenti di Adamo. Orsù, voi che mi seguite, è ormai
il momento di concretizzare la nostra ira; avvicinatevi tutti a
discutere con me delle vie per farlo, perché su ciò bramo il vostro
parere».
1428. A questa tracotante proposta risposero alcuni dei
demoni di grado più elevato, incitandolo con vari consigli per
ostacolare il frutto della redenzione. Convennero che non era possibile
offendere la persona di Cristo, né diminuire il valore immenso dei suoi
meriti, né distruggere la virtù dei suoi sacramenti, né falsificare o
corrompere quanto aveva predicato, ma nonostante tutto c'era bisogno di
trovare, corrispondentemente ai nuovi principi, mezzi e favori ordinati
dall'Altissimo per il rimedio, nuovi modi di contrastarli, come anche
più grandi seduzioni e raggiri. Perciò alcuni, dotati di maggiore
sagacia e malizia, dissero: «È certo che i mortali hanno già nuovi
ammonimenti e una legge assai forte, sacramenti nuovi ed efficaci, un
nuovo modello e maestro di perfezione e una influentissima
interceditrice ed avvocata in questa nuova donna; ma le inclinazioni
della loro natura sono sempre le stesse, e le cose dilettevoli per i
sensi non sono mutate. In tale maniera, aggiungendo nuova astuzia,
disfaremo per quanto dipende da noi ciò che egli ha operato per loro, e
ci scaglieremo aspramente contro di essi, cercando di attirarli con
lusinghe e muovendo le loro passioni, così che le assecondino con impeto
senza preoccuparsi di altro; la loro condizione è tanto limitata che,
quando è occupata con un oggetto, non può badare al contrario».
1429. Con questa determinazione essi, con rinnovata
furbizia, cominciarono a distribuirsi un'altra volta i compiti,
dividendosi in vari squadroni, ciascuno dei quali era incaricato di
istigare ad un vizio differente. Decisero di sforzarsi di conservare nel
mondo l'idolatria, perché gli esseri umani non arrivassero alla
cognizione dell'autentico Signore, né del loro riscatto. Se non vi
fossero riusciti, poi, stabilirono di inventare sette ed eresie e, per
realizzare tutto ciò, di investigare quali fossero tra di essi i più
cattivi e depravati, che prima abbracciassero gli errori e poi ne
fossero guide per gli altri. Fu allora che quei velenosi serpenti
concepirono la setta di Maometto, le eresie di Ario, di Pelagio e di
Nestorio e quante ne sono comparse dal tempo della Chiesa primitiva fino
ad oggi, nonché altre che tengono pronte, delle quali non è necessario
né conveniente parlare. Lucifero approvò questo piano infernale, perché
si opponeva alla verità divina e abbatteva il fondamento della salvezza,
che consiste nella fede in Dio. Lodò, onorò e pose al suo fianco i
diavoli che avevano dato tali suggerimenti, i quali si incaricarono di
individuare gente empia che introducesse simili menzogne.
1430. Alcuni si assunsero la responsabilità di pervertire
le tendenze dei fanciulli, osservandole fin dalla nascita. Altri si
impegnarono a rendere negligenti i padri nell'educazione dei figli, o
per eccessivo amore o per avversione, e a fare in modo che questi li
detestassero. Altri ancora si offrirono per mettere odio tra mariti e
mogli, e per facilitare loro l'adulterio e il disprezzo della giustizia e
della fedeltà. Tutti furono d'accordo che avrebbero diffuso attriti,
ostilità, conflitti e vendette; li avrebbero stimolati a questo con
suggestioni fallaci, spingendoli alla superbia e alla sensualità, con
l'avarizia e con desideri di prestigio e dignità. Avrebbero presentato
le loro apparenti ragioni contro tutte le virtù insegnate da sua Maestà
e, soprattutto, avrebbero provato a distogliere le creature dalla
memoria della sua passione e crocifissione, della redenzione e delle
pene eterne. Ad essi parve che così costoro avrebbero rivolto le energie
ai piaceri terreni, e non sarebbe rimasta loro attenzione o
considerazione alcuna per ciò che è celeste e per il proprio stato
interiore.
1431. Satana, dopo avere udito queste ed altre riflessioni,
affermò: «Vi sono molto riconoscente per i vostri progetti e acconsento
a tutti. Sarà assai semplice ottenere ogni cosa da coloro che non
professeranno i decreti che Gesù ha dato; l'impresa, però, sarà ardua
contro coloro che li accetteranno e aderiranno ad essi. Quindi, è
soprattutto contro di loro che io intendo dare dimostrazione della mia
immane rabbia. Perseguiterò in modo durissimo quanti accoglieranno le
sue parole e lo seguiranno; con loro la nostra guerra deve essere fiera e
ostinata sino alla fine dei giorni. Nella comunità ecclesiale devo
seminare la mia zizzania: ambizione, avidità, lussuria e feroci rancori,
con tutti gli altri vizi dei quali sono capo. Se si moltiplicano e
crescono le colpe tra i cattolici, questi con tali ingiurie e con la
loro villana ingratitudine irriteranno l'Onnipotente e faranno sì che
egli neghi legittimamente ad essi il suo aiuto, meritato con tanta
abbondanza da Cristo. Se con le loro mancanze si privano di tale difesa,
riporteremo una sicura vittoria. È anche opportuno adoperarci per
strappare loro la pietà e tutto ciò che è spirituale, e perché non
capiscano l'efficacia dei sacramenti o si accostino ad essi in
condizione di peccato, o almeno senza fervore e devozione; questi
benefici, infatti, non sono materiali e per ricavarne maggiore frutto
bisogna riceverli con tali disposizioni. Se essi saranno giunti una
volta a spregiare la medicina, tardi recupereranno la salute, e faranno
meno resistenza alle nostre tentazioni. Non si avvedranno dei nostri
inganni, si dimenticheranno dei favori concessi loro, non stimeranno il
ricordo del proprio Salvatore, né l'intercessione di sua Madre. Questa
triste trascuratezza li renderà indegni della grazia e procurerà che
egli, adirato, la rifiuti loro. Voglio che collaboriate tutti con me con
grande vigore, non perdendo tempo né alcuna occasione di eseguire
quanto vi comando».
1432. Non è possibile riferire gli espedienti che il drago e
i suoi alleati macchinarono allora contro la Chiesa e i suoi membri,
perché queste acque del Giordano entrassero nella sua bocca. Basti
notare che conferirono per quasi un anno intero ed è sufficiente
esaminare l'andamento della storia dopo il sacrificio del Signore,
nostro bene, e dopo tanti miracoli, doni ed esempi luminosi di uomini
santi per manifestare la fede. Ponderando che tutto ciò non riesce a
ricondurre molte persone al cammino della vita, si deduce quanto il
maligno abbia fatto contro di esse, e che la sua collera è tale che può
dire con Giovanni: Guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è
precipitato sopra di voi pieno di grande furore. Ma, ahimè! Verità tanto
chiare come queste, e tanto importanti per intendere il pericolo in cui
ci troviamo ed evitarlo con tutte le forze, sono oggi così cancellate
dalla mente dei mortali, con irreparabili conseguenze! Il nemico è
astuto, crudele e vigilante; noi, invece, siamo addormentati, negligenti
e deboli! Come può meravigliare che Lucifero si sia tanto impossessato
della terra, se pochi gli si oppongono, mentre molti lo ascoltano, lo
approvano e vanno dietro alle sue menzogne, non pensando alla rovina
perenne che egli guadagna loro con implacabile furia e malizia? Prego
coloro che leggeranno questo scritto di non voler ignorare una minaccia
così temibile. Se non la intuiscono dallo stato del mondo, dalle sue
sciagure e dal danno che ciascuno sperimenta in sé, la discernano almeno
dalla cura necessaria e dai numerosi validi rimedi lasciati ai suoi dal
nostro Maestro. È certo, infatti, che egli non ci avrebbe applicato un
antidoto simile se il nostro male, con l'eventualità di perire
eternamente, non fosse stato tanto spaventoso e tremendo.
Insegnamento della Regina del cielo
1433. Mia diletta, la luce superna ti ha rivelato molto sul
glorioso trionfo che il mio Unigenito riportò dalla croce sui demoni e
sull'oppressione con cui li sconfisse e prostrò. Devi essere
consapevole, però, che ciò di cui sei all'oscuro è più di quello che hai
appreso di arcani tanto ineffabili, perché la creatura, finché è nella
carne, non può penetrarli come essi sono in se stessi. La Provvidenza
riserva la loro comprensione totale come premio degli eletti nel cielo e
nella visione beatifica, dove si capiscono perfettamente, e come
confusione dei reprobi, nella misura in cui li conosceranno alla fine
dell'esistenza di quaggiù. Quello di cui sei stata informata è
abbastanza per istruirti sui rischi che corri e per incoraggiarti nella
speranza di debellare i tuoi avversari. Considera anche a fondo la nuova
ira concepita contro di te dal serpente per quanto hai esposto in
questo capitolo. L'ha sempre avuta, cercando di impedirti di narrare le
mie vicende; ma ora la sua superbia si è irritata un'altra volta, perché
hai svelato lo smacco, l'umiliazione e l'abbattimento che egli dovette
subire allo spirare di Gesù, la condizione nella quale rimase e gli
stratagemmi che escogitò con i suoi compagni per vendicare la propria
caduta contro i discendenti di Adamo, soprattutto i cristiani. Tutto
questo lo ha ulteriormente turbato ed esacerbato, dato che scorge ciò
palesato a chi non ne sapeva niente. Tu saggerai tale sdegno nelle
tribolazioni che ti farà provare con varie tentazioni e persecuzioni;
d'altra parte, hai già cominciato a fare esperienza della sua rabbia e
ferocia. Ti do questo avvertimento perché tu stia molto accorta.
1434. Ti stupisce a ragione l'aver avuto notizia del potere
dei meriti di sua Maestà e dell'opera di salvezza, con quanto causò nei
ministri di satana, mentre osservi questi stessi signoreggiare tanto
spavaldi con raccapricciante audacia. Benché tale sbigottimento ceda di
fronte all'illuminazione che ti è stata concessa su quello che hai
raccontato, voglio ugualmente aggiungere qualcos'altro, affinché cresca
la tua sollecitudine contro esseri così pieni di malignità. Senza dubbio
il principe delle tenebre e i suoi, rendendosi conto dell'incarnazione e
della redenzione, scoprendo che mio Figlio era nato tanto povero, umile
e vilipeso, e venendo ad avere cognizione della sua vita, dei suoi
prodigi, della sua misteriosa morte e di quanto ancora aveva compiuto
sulla terra per attrarre a sé gli uomini, restarono indeboliti e senza
forze per circuire i discepoli, come solevano fare con gli altri e come
sempre bramavano. Nella comunità primitiva durò per molti anni il
terrore dei diavoli, e la paura che questi avevano dei battezzati; in
essi, infatti, la potenza dell'Altissimo risplendeva per mezzo
dell'imitazione del Signore e dell'ardore con cui professavano la fede,
seguivano la dottrina evangelica ed esercitavano le virtù con eroici ed
infiammati atti di amore, di sottomissione, di pazienza e di disprezzo
delle apparenze vacue e fallaci. Molti, anzi, spargevano il proprio
sangue, dando la vita per lui, e facevano azioni stupende e mirabili ad
esaltazione del suo nome. Questa inalterabile fortezza era data loro
dalla memoria ancora fresca della sua passione, dal tenere più presente
il modello sublime della sua magnifica sopportazione e del suo
abbassamento e dall'essere meno tentati dai dragoni, che non poterono
rialzarsi dal grave atterramento in cui li aveva abbandonati la vittoria
del Dio crocifisso.
1435. La viva immagine del Maestro che questi ultimi
distinguevano nei primi credenti li spaventava a tal punto che non
osavano avvicinarsi ad essi e subito fuggivano. Così succedeva con gli
apostoli e con gli altri giusti che godettero degli insegnamenti divini e
offrirono con la loro perfezione le primizie del riscatto e della
grazia; lo stesso accadrebbe anche oggi, come si constata e si
sperimenta nei santi, se tutti i cattolici la accettassero, si
lasciassero guidare da essa e percorressero il cammino della croce, come
lo stesso Lucifero paventò che avrebbero fatto. Ben presto, però, la
carità, il fervore e la devozione iniziarono a raffreddarsi. Molti si
sono scordati del beneficio del loro rimedio, hanno assecondato le
inclinazioni e i desideri della carne, hanno avuto a cuore la vanità e
l'avidità di beni e si sono fatti ingannare ed affascinare dalle false
favole del seduttore, oscurando così la gloria del Creatore e
consegnandosi nelle mani dei loro acerrimi nemici. Per questa triste
ingratitudine il mondo è pervenuto al suo attuale infelicissimo stato. I
demoni hanno innalzato la loro protervia, presumendo di impadronirsi di
tutti, per la dimenticanza e l'indifferenza dei cristiani. La loro
audacia arriva a cercare di distruggere l'intera Chiesa, pervertendo
tanti affinché la neghino e quelli che stanno in lei affinché la
disdegnino o non approfittino dell'immolazione del loro Salvatore. La
calamità maggiore è che parecchi non se ne accorgono e la ignorano,
sebbene possano ritenere di essere giunti ai tempi minacciati dal mio
Unigenito, quando disse alle figlie di Gerusalemme che sarebbero state
fortunate le sterili e che molti avrebbero pregato i monti e i colli di
coprirli abbattendosi sopra di essi, per non vedere l'incendio di colpe
tanto brutte consumare i figli della perdizione, quali alberi secchi,
senza frutto e senza alcuna qualità. Carissima, tu vivi in questo secolo
così malvagio e, perché non ti sorprenda lo sterminio di tante anime,
piangilo sinceramente con amarezza, e non far mai cadere nell'oblio
l'incarnazione, passione e morte di sua Maestà; rendi grazie per questo,
al posto di tanti altri che non se ne curano. Ti assicuro che tale
ricordo e meditazione incute grande timore all'inferno e tormenta gli
spiriti del male, che scappano e si allontanano da coloro che tengono a
mente con riconoscenza le opere e i misteri del Redentore.
31 maggio 1952.
Camilla Bravi
Passai questo mese raccolta in Maria e cercai di essere più mortificata. Incominciai con Lei la novena allo Spirito Santo, pregandola di ottenermi dal suo Sposo d'Amore i doni di cui ho bisogno per continuare la lotta. Durante la novena, sebbene non udissi le voci interiori, udii le ispirazioni di Maria e dello Spirito Santo.
La Vergine mi fece comprendere che la grazia che ottiene le virtù, è la docilità alla voce dello Spirito Santo, e ch'io pregassi sempre Lei e il suo Sposo per ottenerla. Essi me l'avrebbero concessa, perché è la più necessaria per giungere alla santità. Mi fece comprendere che lo Spirito Santo, avendo la missione di santificare le anime con il suo Amore, ci dona tutto ciò che v'è nel Padre e nel Figlio, cioè il loro Amore sostanziale che è luce e vita, forza e amore. È Lui che ci dona lo spirito di Cristo e lo forma in noi, che ci dona luce per conoscerlo, amore per seguirlo, forza per vincere le passioni, perché la vita di Cristo sia in noi.
E lasciarlo vivere in noi vuol dire imitarlo, perché è mediante la vita e le opere di Cristo vissute in noi che noi somigliamo al Padre e lo manifestiamo.
Solamente lasciando che viva in noi Gesù, con la pienezza della sua vita, e con la morte del nostro io, noi amiamo veramente Dio, in spirito e verità.
Ma io mi domandavo: pur essendo docile alle ispirazioni dello Spirito Santo, come potrò abbattere in me tanti nemici che sono il carattere, l'orgoglio, le tentazioni? Come trovare la forza per resistere alla persecuzione, al disamore, se lotto e prego, e purtroppo tante volte scatto e mi giustifico?
E la bontà dello Spirito Santo m'istruì con le sue ispirazioni: «Io, Spirito d'Amore, ti dono l'arma con cui devi abbattere i tuoi nemici, ed è l'atto incessante del tuo canto d'amore che deve portarti a quella santità a cui ti chiamo. Già da due anni ti avevo donato questo tuo atto di fede e speranza, amore e abbandono in Dio e nella Vergine, che tu ripeti sovente come una giaculatoria che ti unisca di più a Loro. Tu intendi viverlo e ripeterlo incessantemente in te, in tutto il creato e in tutti gli esseri perché cresca in te l'amore e lo portino e l'accrescano in tutti i cuori. E desideri amarmi anche per i reprobi per riparare il loro rifiuto dell'amore».
«Tu immergi il tuo atto, il tuo canto, nella fiamma d'amore nel Cuore di Gesù vivente in Maria affinché Essi lo purifichino. Tu devi viverlo nella fortezza del Cuore di Gesù in Maria. Non uscire mai da questa divina fortezza, altrimenti non potrai usarlo come arma per abbattere il nemico. È in questa fortezza del Cuore di Gesù, tabernacolo della Santissima Trinità, vivente nel Cuore di Maria, che sarai al sicuro e vittoriosa».
«Ora Io, Spirito d'Amore, t'insegno come devi usare il tuo canto affinché sia efficace in te. Anzitutto devi usarlo come arma contro i nemici tuoi interni ed esterni, rendendoti docile agli impulsi della mia grazia. Devi renderlo efficace mediante la mortificazione. Quando senti l'ispirazione di troncare quel discorso inutile, quella parola di critica, quel pensiero contrario alla carità, recita il tuo canto d'amore».
«Così quando la natura si ribella o sei schiacciata sotto il peso della persecuzione, dell'abbandono, del disamore, devi cantare il tuo canto e troncare la ribellione, rialzarti subito appena cadi, e tornare subito a Gesù nella fortezza dalla quale sei uscita e dove Egli t'aspetta. Così quando sei tentata d'avvilimento o turbamento o noia, stanchezza morale e fisica, o contro le virtù. Così pure devi estraniarti da ciò che è mondano, da ogni preoccupazione, da ciò che non ti riguarda, insomma da tutto ciò che può raffreddare o ritardare l'unione. Appena senti l'ispirazione del mio Amore, devi subito essere docile e corrispondere alla grazia».
«Non credere che cessino in te le tentazioni, la ribellione, la persecuzione, i pensieri inutili, le distrazioni, il prurito di parlare, la vista di tutti i difetti altrui, le preoccupazioni, i difetti del carattere ecc. No, queste cose le avrai sempre, e ci saranno giornate che ne sarai assediata: ma se tu sarai docile quando senti la mia ispirazione di troncare, e reciterai il tuo canto, tornerà tutto a tuo vantaggio e merito. In tal modo ti abitui a poco a poco ad ascoltare la voce di Gesù e dello Spirito d'Amore, rinunci alla tua volontà, fai morire il tuo io, togli l'occasione alla tua anima di tutto quello che la distrae o raffredda. E questa tua docilità alle ispirazioni della grazia, toglie in te la radice dalla quale nascono i difetti e le mancanze, ti rende forte contro i tuoi nemici, ti fa esercitare le virtù e ti dona l'unione piena».
«Ricordati che il tuo canto continua anche quando non lo ricordi o quando sei occupata a leggere, pregare o conversare, in virtù delle tue intenzioni e del tuo patto con Dio. Se tu sei docile, ed effettui, tutto s'appiana e diventa facile e si semplifica. Rinnova il tuo canto: "Gesù, Maria vi amo, accrescete in me il Vostro amore, io continuo il mio canto in tutti i cuori e in tutto il creato". E al tuo canto unisci la mortificazione. A darti la forza per viverlo, purificarlo, fortificarlo e renderlo atto a santificarti, tocca a Gesù e Maria».