Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 34° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 18
1Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi:2"C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno.3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario.4Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno,5poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi".6E il Signore soggiunse: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto.7E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?8Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".
9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".
15Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano.16Allora Gesù li fece venire avanti e disse: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.17In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà".
18Un notabile lo interrogò: "Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?".19Gesù gli rispose: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio.20Tu conosci i comandamenti: 'Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre'".21Costui disse: "Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza".22Udito ciò, Gesù gli disse: "Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi".23Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco.
24Quando Gesù lo vide, disse: "Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio.25È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!".26Quelli che ascoltavano dissero: "Allora chi potrà essere salvato?".27Rispose: "Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio".
28Pietro allora disse: "Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito".29Ed egli rispose: "In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio,30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà".
31Poi prese con sé i Dodici e disse loro: "Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà.32Sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi33e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà".34Ma non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto.
35Mentre si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada.36Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse.37Gli risposero: "Passa Gesù il Nazareno!".38Allora incominciò a gridare: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!".39Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!".40Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò:41"Che vuoi che io faccia per te?". Egli rispose: "Signore, che io riabbia la vista".42E Gesù gli disse: "Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato".43Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio.
Primo libro dei Re 10
1La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, venne per metterlo alla prova con enigmi.2Venne in Gerusalemme con ricchezze molto grandi, con cammelli carichi di aromi, d'oro in grande quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli disse quanto aveva pensato.3Salomone rispose a tutte le sue domande, nessuna ve ne fu che non avesse risposta o che restasse insolubile per Salomone.4La regina di Saba, quando ebbe ammirato tutta la saggezza di Salomone, il palazzo che egli aveva costruito,5i cibi della sua tavola, gli alloggi dei suoi dignitari, l'attività dei suoi ministri, le loro divise, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza fiato.6Allora disse al re: "Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua saggezza!7Io non avevo voluto credere a quanto si diceva, finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me n'era stata riferita neppure una metà! Quanto alla saggezza e alla prosperità, superi la fama che io ne ho udita.8Beati i tuoi uomini, beati questi tuoi ministri che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua saggezza!9Sia benedetto il Signore tuo Dio, che si è compiaciuto di te sì da collocarti sul trono di Israele. Nel suo amore eterno per Israele il Signore ti ha stabilito re perché tu eserciti il diritto e la giustizia".10Essa diede al re centoventi talenti d'oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono mai tanti aromi quanti ne portò la regina di Saba a Salomone.11Inoltre, la flotta di Chiram, che caricava oro in Ofir, portò da Ofir legname di sandalo in gran quantità e pietre preziose.12Con il legname di sandalo il re fece ringhiere per il tempio e per la reggia, cetre e arpe per i cantori. Mai più arrivò, né mai più si vide fino ad oggi, tanto legno di sandalo.
13Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto essa desiderava e aveva domandato, oltre quanto le aveva dato con mano regale. Quindi essa tornò nel suo paese con i suoi servi.
14La quantità d'oro che affluiva nelle casse di Salomone ogni anno era di seicentosessantasei talenti,15senza contare quanto ne proveniva dai trafficanti e dai commercianti, da tutti i re dell'Arabia e dai governatori del paese.
16Il re Salomone fece duecento scudi grandi d'oro battuto, per ciascuno dei quali adoperò seicento sicli d'oro,17e trecento scudi piccoli d'oro battuto, per ciascuno dei quali adoperò tre mine d'oro, e il re li collocò nel palazzo della Foresta del Libano.
18Inoltre, il re fece un grande trono d'avorio che rivestì d'oro puro.19Il trono aveva sei gradini; sullo schienale c'erano teste di vitello; il sedile aveva due bracci laterali, ai cui fianchi si ergevano due leoni.20Dodici leoni si ergevano di qua e di là, sui sei gradini; non ne esistevano di simili in nessun regno.
21Tutti i vasi per le bevande del re Salomone erano d'oro; tutti gli arredi del palazzo della Foresta del Libano erano d'oro fino; al tempo di Salomone l'argento non si stimava nulla.22Difatti il re aveva in mare la flotta di Tarsis, oltre la flotta di Chiram; ogni tre anni la flotta di Tarsis portava carichi d'oro e d'argento, d'avorio, di scimmie e di babbuini.
23Il re Salomone superò, dunque, per ricchezza e saggezza, tutti i re della terra.24In ogni parte della terra si desiderava di avvicinare Salomone per ascoltare la saggezza che Dio aveva messo nel suo cuore.25Ognuno gli portava, ogni anno, offerte d'argento e oggetti d'oro, vesti, armi, aromi, cavalli e muli.
26Salomone radunò carri e cavalli; aveva millequattrocento carri e dodicimila cavalli, distribuiti nelle città per i carri e presso il re in Gerusalemme.27Fece sì che in Gerusalemme l'argento abbondasse come le pietre e rese il legname di cedro tanto comune quanto i sicomòri che crescono nella Sefela.28I cavalli di Salomone provenivano da Muzri e da Kue; i mercanti del re li compravano in Kue.29Un carro, importato da Muzri, costava seicento sicli d'argento, un cavallo centocinquanta. In tal modo tutti i re degli Hittiti e i re di Aram vendevano i loro cavalli.
Giobbe 12
1Giobbe allora rispose:
2È vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
3Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
4Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
5"Per la sventura, disprezzo", pensa la gente
prosperosa,
"spinte, a colui che ha il piede tremante".
6Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
7Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
8o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
9Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
10Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
11L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
12Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
13In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
14Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
15Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
16Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
17Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
18scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
19Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
20Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
21Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
22Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
23Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
24Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
25vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.
Salmi 8
1'Al maestro di coro. Sul canto: "I Torchi...". Salmo. Di Davide.'
2O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
3Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
4Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
5che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
6Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
7gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
8tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
9Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.
10O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.
Daniele 10
1L'anno terzo di Ciro re dei Persiani, fu rivelata una parola a Daniele, chiamato Baltazzàr. Vera è la parola e la lotta è grande. Egli comprese la parola e gli fu dato d'intendere la visione.
2In quel tempo io, Daniele, feci penitenza per tre settimane,3non mangiai cibo prelibato, non mi entrò in bocca né carne né vino e non mi unsi d'unguento finché non furono compiute tre settimane.4Il giorno ventiquattro del primo mese, mentre stavo sulla sponda del gran fiume, cioè il Tigri,5alzai gli occhi e guardai ed ecco un uomo vestito di lino, con ai fianchi una cintura d'oro di Ufàz;6il suo corpo somigliava a topazio, la sua faccia aveva l'aspetto della folgore, i suoi occhi erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le gambe somigliavano a bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una moltitudine.
7Soltanto io, Daniele, vidi la visione, mentre gli uomini che erano con me non la videro, ma un gran terrore si impadronì di loro e fuggirono a nascondersi.8Io rimasi solo a contemplare quella grande visione, mentre mi sentivo senza forze; il mio colorito si fece smorto e mi vennero meno le forze.
9Udii il suono delle sue parole, ma, appena udito il suono delle sue parole, caddi stordito con la faccia a terra.
10Ed ecco, una mano mi toccò e tutto tremante mi fece alzare sulle ginocchia, appoggiato sulla palma delle mani.11Poi egli mi disse: "Daniele, uomo prediletto, intendi le parole che io ti rivolgo, alzati in piedi, poiché ora sono stato mandato a te". Quando mi ebbe detto questo, io mi alzai in piedi tutto tremante.
12Egli mi disse: "Non temere, Daniele, poiché fin dal primo giorno in cui ti sei sforzato di intendere, umiliandoti davanti a Dio, le tue parole sono state ascoltate e io sono venuto per le tue parole.13Ma il principe del regno di Persia mi si è opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi prìncipi, mi è venuto in aiuto e io l'ho lasciato là presso il principe del re di Persia;14ora sono venuto per farti intendere ciò che avverrà al tuo popolo alla fine dei giorni, poiché c'è ancora una visione per quei giorni".15Mentre egli parlava con me in questa maniera, chinai la faccia a terra e ammutolii.
16Ed ecco uno con sembianze di uomo mi toccò le labbra: io aprii la bocca e parlai e dissi a colui che era in piedi davanti a me: "Signor mio, nella visione i miei dolori sono tornati su di me e ho perduto tutte le energie.17Come potrebbe questo servo del mio signore parlare con il mio signore, dal momento che non è rimasto in me alcun vigore e mi manca anche il respiro?".18Allora di nuovo quella figura d'uomo mi toccò, mi rese le forze19e mi disse: "Non temere, uomo prediletto, pace a te, riprendi forza, rinfrancati". Mentre egli parlava con me, io mi sentii ritornare le forze e dissi: "Parli il mio signore perché tu mi hai ridato forza".
20Allora mi disse: "Sai tu perché io sono venuto da te? Ora tornerò di nuovo a lottare con il principe di Persia, poi uscirò ed ecco verrà il principe di Grecia.21Io ti dichiarerò ciò che è scritto nel libro della verità. Nessuno mi aiuta in questo se non Michele, il vostro principe,
Prima lettera di Giovanni 2
1Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto.2Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
3Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.4Chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;5ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui.6Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato.
7Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento antico è la parola che avete udito.8E tuttavia è un comandamento nuovo quello di cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende.9Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.10Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo.11Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
12Scrivo a voi, figlioli,
perché vi sono stati rimessi i peccati in virtù del suo nome.
13Scrivo a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Scrivo a voi, giovani,
perché avete vinto il maligno.
14Ho scritto a voi, figlioli,
perché avete conosciuto il Padre.
Ho scritto a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Ho scritto a voi, giovani,
perché siete forti,
e la parola di Dio dimora in voi
e avete vinto il maligno.
15Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui;16perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo.17E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!
18Figlioli, questa è l'ultima ora. Come avete udito che deve venire l'anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l'ultima ora.19Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri.20Ora voi avete l'unzione ricevuta dal Santo e tutti avete la scienza.21Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.22Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio.23Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.
24Quanto a voi, tutto ciò che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quel che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre.25E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna.
26Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di traviarvi.27E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna.
28E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo aver fiducia quando apparirà e non veniamo svergognati da lui alla sua venuta.29Se sapete che egli è giusto, sappiate anche che chiunque opera la giustizia, è nato da lui.
Capitolo XXIX: Invocare e benedire Dio nella tribolazione
Leggilo nella Biblioteca"Sia sempre benedetto il tuo nome" (Tb 3,23), o Signore; tu che hai disposto che venisse su di me questa tormentosa tentazione. Sfuggire ad essa non posso; devo invece rifugiarmi in te, perché tu mi aiuti, mutandomela in bene.
Signore, ecco io sono nella tribolazione: non ha pace il mio cuore, anzi è assai tormentato da questa passione.
Che dirò, allora, o Padre diletto? Sono stretto tra queste angustie; "fammi uscire salvo da un tale momento. Ma a tale momento io giunsi" (Gv 12,27) perché, dopo essere stato fortemente abbattuto e poi liberato per merito tuo, tu ne fossi glorificato. "Ti piaccia, o Signore, di salvarmi tu" (Sal 39,14); infatti che cosa posso fare io nella mia miseria; dove andrò, senza di te? Anche in questo momento di pericolo dammi di saper sopportare; aiutami tu, o mio Dio: non avrò timore di nulla, per quanto grande sia il peso che graverà su di me. E frattanto che dirò? O Signore, "che sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Bene le ho meritate, la tribolazione e l'oppressione; e ora debbo invero saperle sopportare, - e, volesse il cielo, sopportare con pazienza - finché la tempesta sia passata e torni la bonaccia.
La tua mano onnipotente può fare anche questo, togliere da me questa tentazione o mitigarne la violenza, affinché io non perisca del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o mio Dio e mia misericordia" (Sal 58,17). Quanto è a me più difficile, tanto è più facile a te "questo cambiamento della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11).
LETTERA 106: Agostino cerca di distogliere Macrobio, vescovo donatista di Ippona, dal ribattezzare un suddiacono apostata.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nel 409.
Agostino cerca di distogliere Macrobio, vescovo donatista di Ippona (come risulta dalla Ep. 108), dal ribattezzare un suddiacono apostata.
AGOSTINO AL SIGNORE E FRATELLO DILETTO MACROBIO
1. Ho sentito dire che hai deciso di ribattezzare un nostro suddiacono. Non lo fare: così potrai vivere per Iddio, piacere a Dio; solo così potrai non avere ricevuto invano i Sacramenti di Cristo. Non lo fare, te ne prego, fratello, te ne prego ancora una volta per te stesso; considera con un po' di attenzione quanto ti dico. Feliciano di Musti condannò Primiano di Cartagine, ma fu poi condannato a sua volta da questo. Feliciano rimase a lungo nel sacrilego scisma di Massimiano battezzando molte persone, andando nelle diverse chiese; ora è un vostro vescovo con Primiano, ma non ribattezza più nessuno dopo il battesimo conferito da lui. In virtù di quale facoltà, dunque, credete necessario di ripetere il battesimo già amministrato da noi? Risolvimi prima questo problema e poi ribattezzami pure; ma se non sei capace di risolverlo, non far male all'anima degli altri e alla tua. Oppure, se mi accusi che io abbia detto il falso riguardo a Feliciano, esigi pure ch'io te lo provi: se poi non te lo proverò, rinuncio ad essere vescovo della mia comunione; ma se lo proverò, non esser nemico della tua salvezza. Desidero, mio signore e fratello, che tu sia in pace con noi.
Capitolo XV: Umiltà e rinnegamento di sé, mezzo per ottenere la grazia della devozione
Libro IV: Libro del sacramento del corpo di Cristo - Tommaso da Kempis
Leggilo nella BibliotecaParola del Diletto
1. La grazia della devozione devi cercarla senza posa, chiederla con gran desiderio, aspettarla con fiduciosa pazienza; devi riceverla con gratitudine e umilmente conservarla; con essa devi diligentemente operare; devi poi rimetterti a Dio per il tempo e il modo di questa visita dall'alto. Quando dentro di te non senti alcuna devozione, o ne senti ben poca, ti devi fare particolarmente umile, ma senza abbatterti troppo, senza rattristarti oltre misura. Quello che per lungo tempo non aveva concesso, spesso Dio lo concede in un breve istante; quello che al principio della preghiera non aveva voluto dare, talvolta Dio lo dà alla fine. Se questa grazia venisse data sempre prontamente e si presentasse ogni volta che la si desidera, l'uomo, nella sua fragilità, non la saprebbe portare. Perciò la grazia della devozione la si deve attendere con totale fiducia e con umile pazienza. Quando non ti viene data, oppure ti viene tolta senza che tu ne veda la ragione, danne la colpa a te stesso e ai tuoi peccati. Talvolta è una piccola cosa che fa ostacolo alla grazia e la nasconde: se pur piccola, e non grande cosa, possa chiamarsi ciò che impedisce un bene così eccelso. E se questa piccola, o, meglio, grande cosa riuscirai a rimuoverla e a vincerla del tutto, ciò che chiedevi si avvererà. In verità, non appena ti sarai dato a Dio con tutto il tuo cuore; non appena, anziché chiedere questo o quest'altro, ti sarai rimesso interamente a lui, ti troverai tranquillo e in pace con te stesso, giacché nulla avrà per te sapore più gradito di ciò che vuole Iddio.
2. Perciò colui che, con semplicità di cuore, avrà elevato la sua intenzione a Dio, liberandosi da qualsiasi attaccamento non retto e da un distorto amore per le cose di questo mondo, sarà veramente degno di ricevere la grazia e meriterà il dono della devozione. Giacché dove trova un terreno sgombro, là il Signore concede la sua benedizione. E tanto più rapida scende la grazia, tanto più copiosa si riversa, tanto più in alto trasporta un cuore libero, quanto più uno rinuncia del tutto alle cose di quaggiù, morendo a se stesso e disprezzando se stesso. Allora, "il cuore di costui vedrà e sarà traboccante, e contemplerà e si allargherà in Dio" (Is 60,5), poiché "con lui è la potenza del Signore" (Ez 3,14; Lc 1,66), nelle mani del quale egli si è messo, interamente e per sempre. "Ecco, così sarà benedetto" (Sal 127,4), colui che cerca il Signore con tutto il cuore, e "non ha ricevuto invano la sua vita" (Sal 23,4). Della grazia grande di essere unito a Dio egli si rende degno proprio qui, nel ricevere la santa Eucarestia; perché non mira alla propria devozione e alla propria consolazione, e mira invece, di là di ogni devozione o consolazione, a glorificare e ad onorare Iddio.
36-4 Aprile 25, 1938 Il segno che regna nell’anima la Divina Volontà, è sentire il bisogno d’amarlo incessantemente. Il gran male di non operare il bene nel Voler Divino. La piccola fiammella alimentata dalla gran luce di Dio.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) La mia povera mente corre, vola nel Fiat Divino, e se ciò non faccio mi sento inquieta, senza forza, senza alimento, senza aria per respirare, mi sento senza piedi per camminare, senza mani per operare, senza cuore per amare, e perciò sento il bisogno di correre nel suo Volere per trovare gli atti suoi, per formarmi con essi piedi che corrono, mani che abbracciano tutto e operano, amore senza cuore che prende l’Amore dell’Eterno per non mai cessare d’amare. Ma mentre pensavo tanti spropositi, il mio sempre amabile Gesú, ripetendomi la sua breve visitina, compiacendosi dei miei spropositi, tutto amore mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, non ti meravigliare dei tuoi spropositi, è proprio questo che succede: Chi vive nella mia Volontà lascia l’essere suo e la sua volontà, entrando nella mia se ne serve delle opere nostre, come per formarsi le nuove membra che ci vogliono per vivere in Essa, perciò acquista nuovi passi, nuovi moti, nuovo amore, per potersi immedesimare con le nostre opere e fare ciò che facciamo Noi. Perciò il segno più certo che la mia Volontà Divina regna e domina nell’anima, è il moto continuo dell’amore, e perché sa che essa non tiene un amore che mai cessa, né opere molteplici per darmele, per amarmi, essa che fa? Entra negli interminabili recinti del mio Volere, vede il gran teatro della Creazione, la sontuosità e lo sfarzo dell’amore di cui sono investite, e corre da un’opera nostra all’altra, e va raccogliendo tutto il nostro Amore che abbiamo sparso in tutta la Creazione, se lo mette come in grembo e viene innanzi alla nostra Maestà per darci tante varietà distinte d’amore che abbiamo messo nel creato, e fa risuonare le sue note d’amore nelle svariate note d’amore del nostro Amore creante; ed oh! i contenti che ci dà, le feste che ci apre tra il Cielo e la terra, i mari d’amore con cui circonda il nostro trono, e poi, dopo che ci ha fatto la festa di tutta la Creazione, per amarci maggiormente e con duplicato amore scende dal nostro trono e va spargendo di nuovo, su tutte le cose create, il nostro duplicato amore, e con la Potenza della nostra Volontà che tiene in suo potere, ci fa dire da tutte: “Amore, amore al nostro Creatore”. Chi vive in Essa la possiamo chiamare la nostra festa continua, lo sbocco del nostro Amore”.
(3) Poi ha soggiunto con un accento dolente:
(4) “Figlia mia, come la creatura scende nel basso quando non vive nella nostra Volontà, e ancorché facesse il bene, siccome manca la Luce di Essa, la Forza della nostra Santità, il bene che fa resta coperto di fumo che acceca la vista e produce stima propria, vanagloria, amor di sé stesso, si può dire che resta avvelenato, in modo che non può produrre gran bene, né per sé né per gli altri, povere opere buone senza della mia Volontà, sono come campanelli senza suono, come metalli senza l’immagine del re, che non tengono valore di monete, al più si converte in propria soddisfazione. Ed Io, che molto amo le creature, sono costretto molte volte ad amareggiare il bene che fanno, affinché entrino in loro stessi e cerchino d’operare retti e santi. Invece, per chi vive nel nostro Volere non vi è pericolo che il fumo della propria stima entri, anche nelle opere più grandi che può fare; essa è la piccola fiammella, alimentata dalla gran Luce che è Dio, e la luce si sa sbarazzare dalle tenebre delle passioni, dal fumo della propria stima; e siccome è luce, tocca con mano che tutto ciò che fa di bene, è Dio che opera nel suo proprio nulla, e se questo nulla non è sgombrato di tutto ciò che non appartiene a Dio, Dio non scende nel basso del suo proprio nulla per fare opere grandi degne di Lui. Sicché nel nostro Volere neppure l’umiltà vi entra, ma il proprio nulla, conoscersi ch’è nulla e tutto ciò di bene che entra in essa non è altro che l’operato divino; e succede che Dio è il portatore del nulla, ed il nulla è il portatore di Dio. Perciò, nel mio Volere tutte le cose cambiano per la creatura, non è altro che la piccola luce che deve subire, per quanto può, la gran Luce del mio Fiat, in modo che non fa altro che alimentarsi di Luce, d’Amore, di Bontà, di Santità Divina, che onore essere alimentata da Dio, quindi non è maraviglia che essendo la creatura la piccola fiammella, Dio si alimenti di essa”.
(5) Poi ha soggiunto: “Oltre, all’amore incessante vi è un altro segno se l’anima vive nel mio Volere e vi regna in essa, e questo è l’immutabilità, non mutarsi mai dal bene al male è solo di Dio; un carattere fermo, costante, né essere facile a cambiare azione, che solo una pazienza divina può avere, la costanza di fare sempre un atto senza mai stancarsi, senza mai provare fastidio, rincrescimento, è solo di Dio. Ora, chi vive nel nostro Fiat sente la sua immutabilità, e si sente investire di tale fermezza, che non cambierebbe azione, né per il Cielo, né per la terra, si contenterebbe di morire anziché di lasciare e di ripetere continuamente ciò che sta facendo, molto più che ciò che si fa con animo fermo, senza mai cambiarsi, ha tenuto per principio Iddio, quindi sente Dio nell’atto suo, e come ripete l’atto se lo sente scorrere, e anima la sua azione Dio stesso. Come può mai cessare di ripetere ciò che incominciò insieme col nostro Essere Supremo? Dovrebbe uscire dalla nostra Volontà per farla cambiare azione; Essa quando opera non cambia mai, così rende chi vive nel suo Volere, ed oh! come si vede subito chi non vive in Essa, oggi vuol fare una cosa, domani un’altra; una volta le piace di fare un sacrificio, l’altra volta lo fugge, non si può fidare di essa, sempre una canna che si muove al soffio dei venti delle sue passioni. La mutabilità della volontà umana è tanta, che giunge a rendere la creatura lo zimbello di sé stessa, e forse anche degli stessi demoni, ecco perciò chiamo la creatura a vivere nel nostro Volere, perché fosse sostenuta, rafforzata dal nostro, e così potesse far onore alla nostra opera creatrice, perché solo l’uomo è volubile, mentre tutte le altre nostre opere non si cambiano mai, il cielo sta sempre fisso, né si stanca mai di stare disteso; il sole fa sempre il suo corso, né cambia mai azione di dare la sua luce a bene di tutta la terra; l’aria sta sempre in atto di farsi respirare, tutte le cose, come sono state create da Noi, così si mantengono, e fanno sempre la stessa azione, solo l’uomo, col non voler vivere nel nostro Voler Divino, discende dai modi del suo Creatore e non sa condurre a termine le sue opere, quindi non le sa amare né apprezzare, né ricevere il merito delle opere sue”.