Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 34° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 23
1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:2"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattéri e allungano le frange;6amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente.8Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.9E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.10E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.11Il più grande tra voi sia vostro servo;12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.
13Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci14.
15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
16Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.17Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?18E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.19Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?20Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;21e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.22E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
23Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.24Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.28Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
29Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,30e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;31e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.32Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!
33Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?34Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città;35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l'altare.36In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.
37Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!38Ecco: 'la vostra casa vi sarà lasciata deserta!'39Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".
Ester 4
1Quando Mardocheo seppe quanto era stato fatto, si stracciò le vesti, si coprì di sacco e di cenere e uscì in mezzo alla città, mandando alte e amare grida;2venne fin davanti alla porta del re, ma a nessuno che fosse coperto di sacco era permesso di entrare per la porta del re.3In ogni provincia, dovunque giungevano l'ordine del re e il suo editto, ci fu gran desolazione fra i Giudei: digiuno, pianto, lutto e a molti servirono di letto il sacco e la cenere.4Le ancelle di Ester e i suoi eunuchi vennero a riferire la cosa e la regina ne fu molto angosciata; mandò vesti a Mardocheo, perché se le mettesse e si togliesse di dosso il sacco, ma egli non le accettò.5Allora Ester chiamò Atàch, uno degli eunuchi che il re aveva messo al suo servizio, e lo incaricò di andare da Mardocheo per domandare che cosa era avvenuto e perché si comportava così.6Atàch si recò da Mardocheo sulla piazza della città davanti alla porta del re.7Mardocheo gli narrò quanto gli era accaduto e gli indicò la somma di denaro che Amàn aveva promesso di versare al tesoro reale per far distruggere i Giudei;8gli diede anche una copia dell'editto promulgato a Susa per il loro sterminio, perché lo mostrasse a Ester, la informasse di tutto e le ordinasse di presentarsi al re per domandargli grazia e per intercedere in favore del suo popolo.8a(a)"Ricordati - le fece dire - dei giorni della tua povertà, quando eri nutrita dalla mia mano; perché Amàn, il secondo in dignità dopo il re, ha parlato contro di noi per farci mettere a morte. Invoca il Signore, parla al re in nostro favore e liberaci dalla morte!".9Atàch ritornò da Ester e le riferì le parole di Mardocheo.10Ester ordinò ad Atàch di riferire a Mardocheo:11"Tutti i ministri del re e il popolo delle sue province sanno che se qualcuno, uomo o donna, entra dal re nell'atrio interno, senza essere stato chiamato, in forza di una legge uguale per tutti, deve essere messo a morte, a meno che il re non stenda verso di lui il suo scettro d'oro, nel qual caso avrà salva la vita. Quanto a me, sono già trenta giorni che non sono stata chiamata per andare dal re".12Le parole di Ester furono riferite a Mardocheo13e Mardocheo fece dare questa risposta a Ester: "Non pensare di salvare solo te stessa fra tutti i Giudei, per il fatto che ti trovi nella reggia.14Perché se tu in questo momento taci, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei da un altro luogo; ma tu perirai insieme con la casa di tuo padre. Chi sa che tu non sia stata elevata a regina proprio in previsione d'una circostanza come questa?".15Allora Ester fece rispondere a Mardocheo:16"Va', raduna tutti i Giudei che si trovano a Susa: digiunate per me, state senza mangiare e senza bere per tre giorni, notte e giorno; anch'io con le ancelle digiunerò nello stesso modo; dopo entrerò dal re, sebbene ciò sia contro la legge e, se dovrò perire, perirò!".17Mardocheo se ne andò e fece quanto Ester gli aveva ordinato.
17a(a)Poi pregò il Signore, ricordando tutte le sue gesta, e disse:
17b(b)"Signore, Signore re, sovrano dell'universo, tutte le cose sono sottoposte al tuo potere e nessuno può opporsi a te nella tua volontà di salvare Israele.
17c(c)Tu hai fatto il cielo e la terra e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento. Tu sei il Signore di tutte le cose e nessuno può resistere a te, Signore.
17d(d)Tu conosci tutto; tu sai, Signore, che non per orgoglio, non per superbia né per vanagloria ho fatto il gesto di non prostrarmi davanti al superbo Amàn, perché avrei anche baciato la pianta dei suoi piedi per la salvezza d'Israele.
17e(e)Ma ho fatto ciò per non porre la gloria di un uomo al di sopra della gloria di Dio; non mi prostrerò mai davanti a nessuno se non davanti a te, che sei il mio Signore, e non farò così per superbia.
17f(f)Ora, Signore Dio, Re, Dio di Abramo, risparmia il tuo popolo! Perché mirano a distruggerci e bramano di far perire quella che è la tua eredità dai tempi antichi.
17g(g)Non trascurare la porzione che per te stesso hai liberato dal paese d'Egitto.17h(h)Ascolta la mia preghiera e sii propizio alla tua eredità; cambia il nostro lutto in gioia, perché vivi possiamo cantare inni al tuo nome, Signore, e non lasciare scomparire la bocca di quelli che ti lodano".
17i(i)Tutti gli Israeliti gridavano con tutta la forza, perché la morte stava davanti ai loro occhi.
17k(k)Anche la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un'angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri e di immondizie. Umiliò molto il suo corpo e con i capelli sconvolti si muoveva dove prima era abituata agli ornamenti festivi. Poi supplicò il Signore e disse:17l(l)"Mio Signore, nostro re, tu sei l'unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso se non te, perché un grande pericolo mi sovrasta.
17m(m)Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai scelto Israele da tutte le nazioni e i nostri padri da tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto loro secondo quanto avevi promesso.17n(n)Ora abbiamo peccato contro di te e ci hai messi nelle mani dei nostri nemici, per aver noi dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore!
17o(o)Ma ora non si sono accontentati dell'amarezza della nostra schiavitù, hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire l'oracolo della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare,17p(p)di aprire invece la bocca delle nazioni a lodare gli idoli vani e a proclamare per sempre la propria ammirazione per un re di carne.
17q(q)Non consegnare, Signore, il tuo scettro a dèi che neppure esistono. Non abbiano a ridere della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare il primo dei nostri persecutori.
17r(r)Ricordati, Signore; manifèstati nel giorno della nostra afflizione e a me da' coraggio, o re degli dèi e signore di ogni autorità.17s(s)Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all'odio contro colui che ci combatte, allo sterminio di lui e di coloro che sono d'accordo con lui.
17t(t)Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore!
17u(u)Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero.17v(v)Tu sai che mi trovo nella necessità, che detesto l'emblema della mia fastosa posizione che cinge il mio capo nei giorni in cui devo fare comparsa; lo detesto come un panno immondo e non lo porto nei giorni in cui mi tengo appartata.17x(x)La tua serva non ha mangiato alla tavola di Amàn né ha onorato il banchetto del re né bevuto il vino delle libazioni.17y(y)La tua serva da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito di nulla, se non di te, Signore, Dio di Abramo.
17z(z)Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati e liberaci dalla mano dei malvagi; libera me dalla mia angoscia!".
Salmi 19
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2I cieli narrano la gloria di Dio,
e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
3Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
4Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
5Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.
6Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
7Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l'altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
8La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.
9Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.
10Il timore del Signore è puro, dura sempre;
i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,
11più preziosi dell'oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.
12Anche il tuo servo in essi è istruito,
per chi li osserva è grande il profitto.
13Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo.
14Anche dall'orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro dal grande peccato.
15Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore.
Signore, mia rupe e mio redentore.
Salmi 4
1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide.'
2Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.
3Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
4Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
5Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
6Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.
7Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?".
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
8Hai messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento.
9In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.
Ezechiele 9
1Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: "Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano".2Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c'era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all'altare di bronzo.3La gloria del Dio di Israele, dal cherubino sul quale si posava si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l'uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba.4Il Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un 'tau' sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono".5Agli altri disse, in modo che io sentissi: "Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia.6Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il 'tau' in fronte; cominciate dal mio santuario!". Incominciarono dagli anziani che erano davanti al tempio.7Disse loro: "Profanate pure il santuario, riempite di cadaveri i cortili. Uscite!". Quelli uscirono e fecero strage nella città.8Mentre essi facevano strage, io ero rimasto solo: mi gettai con la faccia a terra e gridai: "Ah! Signore Dio, sterminerai tu quanto è rimasto di Israele, rovesciando il tuo furore sopra Gerusalemme?".
9Mi disse: "L'iniquità di Israele e di Giuda è enorme, la terra è coperta di sangue, la città è piena di violenza. Infatti vanno dicendo: Il Signore ha abbandonato il paese: il Signore non vede.10Ebbene, neppure il mio occhio avrà compassione e non userò misericordia: farò ricadere sul loro capo le loro opere".11Ed ecco l'uomo vestito di lino, che aveva la borsa al fianco, fece questo rapporto: "Ho fatto come tu mi hai comandato".
Lettera ai Romani 9
1Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo:2ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.3Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.4Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse,5i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
6Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele,7né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: 'in Isacco ti sarà data una discendenza',8cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa.9Queste infatti sono le parole della promessa: 'Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio'.10E non è tutto; c'è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre:11quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama -12le fu dichiarato: 'Il maggiore sarà sottomesso al minore',13come sta scritto:
'Ho amato Giacobbe
e ho odiato Esaù'.
14Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente!15Egli infatti dice a Mosè:
'Userò misericordia con chi vorrò,
e avrò pietà di chi vorrò averla.'
16Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia.17Dice infatti la Scrittura al faraone: 'Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra'.18Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole
19Mi potrai però dire: "Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere?".20O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? 'Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò': "Perché mi hai fatto così?".21Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?22Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione,23e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria,24cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?
25Esattamente come dice Osea:
'Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo
e mia diletta quella che non era la diletta.'
26'E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto
loro:
"Voi non siete mio popolo",
là saranno chiamati figli del Dio vivente'.
27E quanto a Israele, Isaia esclama:
'Se anche il numero dei figli d'Israele
fosse come la sabbia del mare,
sarà salvato solo il resto;'
28'perché con pienezza e rapidità
il Signore compirà la sua parola sopra la terra'.
29E ancora secondo ciò che predisse Isaia:
'Se il Signore degli eserciti
non ci avesse lasciato una discendenza,
saremmo divenuti come Sòdoma
e resi simili a Gomorra'.
30Che diremo dunque? Che i pagani, che non ricercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia: la giustizia però che deriva dalla fede;31mentre Israele, che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge.32E perché mai? Perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere. Hanno urtato così contro la 'pietra d'inciampo',33come sta scritto:
'Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo
e un sasso d'inciampo;
ma chi crede in lui non sarà deluso'.
Capitolo X: La gratitudine per la grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. Perché vai cercando quiete, dal momento che sei nato per la tribolazione? Disponiti a patire, più che ad essere consolato; a portare la croce, più che a ricevere gioia. Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non sarebbe felice - se potesse ottenerli in ogni momento - di non avere il conforto e la letizia dello spirito, poiché le gioie spirituali superano tutti i piaceri mondani e le delizie materiali? Le delizie del mondo sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto, sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a suo talento di queste divine consolazione, perché il tempo della tentazione non dà lunga tregua. E poi una falsa libertà di spirito e una eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita dall'alto. Dio ci fa dono dandoci la consolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo riprovevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono fluire su di noi i doni della grazia, perché non sentiamo gratitudine per colui dal quale essa proviene e non riportiamo tutto alla sua fonte originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al superbo sarà tolto quello che suole esser dato all'umile. Non voglio una consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una contemplazione che mi porti alla superbia. Ché non tutto ciò che è alto è santo; non tutto ciò che è soave è buono; non tutti i desideri sono puri; non tutto ciò che è caro è gradito a Dio. Invece, accolgo con gioia una grazia che mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.
2. Da' a Dio ciò che è di Dio, e attribuisci a te ciò che è tuo: mostrati riconoscente a Dio per la grazia, e a te attribuisci soltanto il peccato, cosciente di meritare una pena per la colpa commessa. Mettiti al posto più basso, e ti sarà dato il più alto; giacché la massima elevazione non si ha che con il massimo abbassamento. I santi più alti agli occhi di Dio sono quelli che, ai propri occhi , sono i più bassi; essi hanno una gloria tanto più grande quanto più si sono sentiti umili. Ripieni della verità e della gloria celeste, non desiderano la vana gloria di questo mondo; basati saldamente in Dio, non possono in alcun modo insuperbire. Essi, che attribuiscono a Dio tutto quel che hanno ricevuto di bene, non vanno cercando di essere esaltati l'uno dall'altro, ma vogliono invece quella gloria, che viene soltanto da Dio; aspirano e sono tutti tesi a questo: che, in loro stessi e in tutti i beati, sia lodato Iddio sopra ogni cosa. Sii dunque riconoscente anche per la più piccola cosa; così sarai degno di ricevere doni più grandi. La cosa più piccola sia per te come la più grande; quello che è più disprezzabile sia per te come un dono straordinario. Se si guarda all'altezza di colui che lo dà, nessun dono sembrerà piccolo o troppo poco apprezzabile. Non è piccolo infatti ciò che ci viene dato dal Dio eccelso. Anche se ci desse pene e tribolazioni, tutto questo deve esserci gradito, perché il Signore opera sempre per la nostra salvezza, qualunque cosa permetta che ci accada. Chi vuol conservare la grazia divina, sia riconoscente quando gli viene concessa, e sappia sopportare quando gli viene tolta; preghi perché essa ritorni, sia prudente ed umile affinché non abbia a perderla.
Omelia 87: Il comandamento dell'amore scambievole.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca[E' buono soltanto chi lo diventa amando.]
1. Nella precedente lettura del Vangelo il Signore aveva detto: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti affinché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia durevole; affinché il Padre vi dia ciò che chiederete nel mio nome (Gv 15, 16). Su queste parole ricordate che noi, con l'aiuto del Signore, ci siamo soffermati sufficientemente. Ora, in questa pagina che adesso avete sentito leggere, il Signore prosegue: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15, 17). E' precisamente questo il frutto che egli intendeva quando diceva: Io vi ho scelti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia durevole. E quanto a ciò che ha aggiunto: affinché il Padre vi dia ciò che chiederete nel mio nome, vuol dire che egli manterrà la sua promessa, se noi ci ameremo a vicenda. Poiché egli stesso ci ha dato questo amore vicendevole, lui che ci ha scelti quando eravamo infruttuosi non avendo ancora scelto lui. Egli ci ha scelto e ci ha costituiti affinché portiamo frutto, cioè affinché ci amiamo a vicenda: senza di lui non potremmo portare questo frutto, così come i tralci non possono produrre alcunché senza la vite. Il nostro frutto è dunque la carità che, secondo l'Apostolo, nasce da un cuore puro e da una coscienza buona e da una fede sincera (1 Tim 1, 5). E' questa carità che ci consente di amarci a vicenda e di amare Dio: l'amore vicendevole non sarebbe autentico senza l'amore di Dio. Uno infatti ama il prossimo suo come se stesso, se ama Dio; perché se non ama Dio, non ama neppure se stesso. In questi due precetti della carità si riassumono infatti tutta la legge e i profeti (cf. Mt 22, 40): questo il nostro frutto. E a proposito di tale frutto ecco il suo comando: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. Per cui l'apostolo Paolo, volendo contrapporre alle opere della carne il frutto dello spirito, pone come base la carità: Frutto dello spirito è la carità; e ci presenta tutti gli altri frutti come derivanti dalla carità e ad essa strettamente legati, e cioè: la gioia, la pace, la longanimità, la benignità, la bontà, la fedeltà, la mitezza, la temperanza (Gal 5, 22). E in verità come ci può essere gioia ben ordinata se ciò di cui si gode non è bene? Come si può essere veramente in pace se non con chi sinceramente si ama? Chi può essere longanime, rimanendo perseverante nel bene, se non chi ama fervidamente? Come può dirsi benigno uno che non ama colui che soccorre? Chi è buono se non chi lo diventa amando? Chi può essere credente in modo salutare, se non per quella fede che opera mediante la carità? Che utilità essere mansueto, se la mansuetudine non è ispirata dall'amore? E come potrà uno essere continente in ciò che lo contamina, se non ama ciò che lo nobilita? Con ragione, dunque, il Maestro buono insiste tanto sull'amore ritenendo sufficiente questo solo precetto. Senza l'amore tutto il resto non serve a niente, mentre l'amore non è concepibile senza le altre buone qualità grazie alle quali l'uomo diventa buono.
[Tutto il mondo è Chiesa.]
2. In nome di questo amore, però, dobbiamo sopportare pazientemente l'odio del mondo. E' inevitabile che il mondo ci odi, se vede che noi non amiamo ciò che esso ama. Ma il Signore ci offre, nella sua stessa persona, un grande motivo di consolazione. Dopo aver detto: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri, soggiunge: Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi (Gv 15, 18). Perché un membro pretende di essere al di sopra del capo? Rinunci a far parte del corpo, se non vuoi sopportare insieme al capo l'odio del mondo. Se voi foste del mondo - continua il Signore - il mondo amerebbe ciò che è suo (Gv 15, 19). Queste parole sono rivolte alla Chiesa universale, la quale anch'essa talvolta è chiamata mondo, come fa l'Apostolo che dice: Dio era in Cristo, per riconciliare il mondo a sé (2 Cor 5, 19). Anche l'evangelista dice: Non è venuto il Figlio dell'uomo per giudicare il mondo, ma affinché il mondo sia salvo per mezzo di lui (Gv 3, 16). E nella sua lettera Giovanni dice: Abbiamo, come avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto. Egli è il propiziatore per i nostri peccati e non per i nostri soltanto, ma anche per quelli di tutto il mondo (1 Io 2, 1-2). La Chiesa è, dunque, tutto il mondo, e tutto il mondo odia la Chiesa. Il mondo odia il mondo, il mondo ostile odia il mondo riconciliato, il mondo condannato odia il mondo che è stato salvato, il mondo contaminato odia il mondo che è stato purificato.
3. Ma questo mondo che Dio riconcilia a sé nella persona di Cristo, che per mezzo di Cristo viene salvato e al quale per mezzo di Cristo viene rimesso ogni peccato, è stato scelto dal mondo ostile, condannato, contaminato. Dalla medesima massa che tutta si è perduta in Adamo, vengono formati i vasi di misericordia di cui è composto il mondo destinato alla riconciliazione. Questo mondo è odiato dal mondo che pur nella stessa massa, è però composto dai vasi dell'ira, destinati alla perdizione (cf. Rm 9, 21-23). Così, dopo aver detto: Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo, immediatamente aggiunge: invece, siccome non siete del mondo ma io vi ho scelti dal mondo, perciò il mondo vi odia (Gv 15, 19). Anch'essi dunque erano del mondo, e dal mondo furono scelti perché non ne facessero più parte. Furono scelti non per meriti derivanti da opere buone precedenti, perché non ne avevano; non per la loro natura, perché essa, a causa del libero arbitrio, era stata tutta viziata nella sua stessa radice; ma furono scelti gratuitamente, cioè per una vera grazia. Colui infatti che scelse il mondo dal mondo, non trovò ma formò ciò che voleva scegliere, perché un resto è stato salvato mediante l'elezione della grazia. E se è stato eletto per grazia, non lo è dunque per le opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia (Rm 11, 5-6).
4. Se ci si domanda, poi, come il mondo della perdizione che odia il mondo della redenzione, riesca ad amare se stesso, possiamo rispondere che è vero, sì, che esso ama se stesso, ma di un amore falso, non vero. Il suo amore falso è un vero odio. Infatti chi ama l'iniquità, odia la propria vita (Sal 10, 6). Tuttavia si usa dire che ama se stesso, perché ama l'iniquità che lo rende iniquo; e, insieme, si dice che odia se stesso perché ama ciò che lo rovina. Odia quindi in sé la sua natura, e ama ciò che vizia la natura; odia ciò che è stato creato per bontà di Dio, ama ciò che è diventato per sua propria volontà. Ecco perché, se ce ne rendiamo conto, ci vien comandato e insieme proibito di amare il mondo; ci è proibito di amarlo quando ci vien detto: Non amate il mondo (1 Io 2, 15); ci è comandato invece di amarlo quando ci vien detto: Amate i vostri nemici (Lc 6, 27). I nostri nemici sono appunto il mondo che ci odia. Ci vien proibito quindi di amare nel mondo ciò che in se stesso il mondo ama, e ci viene comandato di amare nel mondo ciò che in se stesso il mondo odia, cioè l'opera di Dio e le innumerevoli consolazioni della sua bontà. Sebbene il mondo ami ciò che in sé vizia la natura e odi la natura, noi non dobbiamo amare in esso il vizio e dobbiamo amare, invece, la natura. Così facendo noi lo ameremo e lo odieremo nel modo giusto, mentre esso si ama e si odia in modo sbagliato.
13 - Maria santissima compie trentatré anni e il suo corpo verginale resta con la perfezione originaria.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca855. La nostra gran Regina e signora, dopo che il suo santissimo Figlio ebbe compiuto dodici anni, si dedicò più assiduamente a quei divini e misteriosi esercizi di cui finora ho solo dato cenno. Al raggiungimento del diciottesimo anno di età del nostro Salvatore, secondo il computo fatto dalla sua incarnazione e dalla sua nascita, Maria santissima doveva avere trentatré anni. Io ritengo che questa sia un'età perfetta perché, considerando le parti in cui viene comunemente suddivisa l'esistenza degli uomini - siano esse sei o sette -, è quella in cui la crescita naturale raggiunge la sua completezza. In questa fase della vita alcuni sostengono che finisca la gioventù, mentre altri affermano che proprio qui abbia il suo inizio. Tuttavia qualsiasi suddivisione teniamo presente al trentatreesimo anno, ordinariamente, corrisponde il compimento della perfezione naturale. Difatti, come la luna quando raggiunge la sua pienezza inizia a decrescere, così da questa età in poi l'essere umano incomincia ad avvertire i primi sintomi del tramonto della vita per il declino delle forze della natura umana, mai permanente nello stesso stato. Superati i trentatré anni non solo il corpo non cresce più in altezza, ma anche quel piccolo aumento che riceve in larghezza e spessore non è aumento di perfezione, ma vizio di natura. Per questa ragione, Cristo nostro Signore morì compiuti trentatré anni, volendo aspettare che il suo sacro corpo raggiungesse la vetta della naturale perfezione. In questo modo offriva per noi la sua santissima umanità con tutti i doni della natura e della grazia, e così alla pienezza di grazia, che già possedeva, corrispondeva la completezza della natura umana perché nulla fosse tralasciato da sacrificare per il genere umano. Per questo stesso motivo si narra che l'Altissimo creò i nostri progenitori, Adamo ed Eva, nella perfezione corrispondente ai trentatré anni, sebbene a quella prima età e alla seconda del mondo, quando la vita era più lunga - suddividendo l'età degli uomini in sei o sette o in più o meno parti -, dovessero spettare molti più anni che adesso, perché secondo Davide a settanta incomincia la vecchiaia.
856. L 'Imperatrice dei cieli quando compì trentatré anni si ritrovò con il corpo verginale nella perfezione naturale. Era così bella e ben proporzionata in tutte le membra da destare non solo la meraviglia degli uomini, ma degli stessi spiriti angelici: aveva raggiunto in sommo grado tutte le qualità di una umana creatura. Inoltre, restò simile alla santissima umanità del Figlio, quando raggiunse la sua stessa età. Nel volto e nel colorito si rassomigliavano in modo straordinario, con la differenza che Cristo era perfettissimo uomo e sua Madre perfettissima donna. Negli altri mortali regolarmente incomincia da questa età il declino della naturale perfezione, perché diminuisce alquanto l'idratazione dei tessuti e l'ardore giovanile; inoltre si alterano gli umori, con la prevalenza di quelli negativi; iniziano ad imbiancarsi i capelli, a debilitarsi le forze, a corrugarsi il viso e a raffreddarsi il sangue; e tutto l'organismo umano senza che la medicina possa arrestare tale decadimento avanza verso la vecchiaia e la corruzione. In Maria santissima invece non fu così, perché la sua mirabile fisiologia e il suo vigore si conservarono in quella perfezione e in quello stato che ella aveva raggiunto nel trentatreesimo anno di età. E quando arrivò alla fine della vita, verso i settanta anni, come dirò a suo tempo, si ritrovò nella stessa integrità e con le stesse forze e disposizioni che il suo verginale corpo presentava quando aveva l'età di trentatré anni.
857. La gran Signora riconobbe il privilegio che le concedeva l'Altissimo e gliene rese grazie. Comprese anche che esso le veniva dato affinché si mantenesse sempre in lei la somiglianza con l'umanità del suo santissimo Figlio, con la differenza che il Signore avrebbe dato la sua vita in quell'età e Maria santissima l'avrebbe conservata più a lungo, sempre con questa somma perfezione. Quando la Regina del mondo raggiunse i trentatré anni, san Giuseppe, benché non fosse molto vecchio, era già debilitato nelle forze fisiche, perché le fatiche, i pellegrinaggi e le tribolazioni che aveva affrontato per sostentare la sua sposa ed il Signore del mondo lo avevano indebolito più dell'età. Il Signore stesso, che voleva farlo crescere nell'esercizio della pazienza e delle altre virtù, lasciò che patisse per alcune infermità - come dirò nel capitolo seguente - che gli impedivano il lavoro manuale. Essendo a conoscenza di tutto ciò, la prudentissima Signora - che sempre aveva stimato, amato e servito il suo sposo più che ogni altra donna del mondo il proprio marito - gli parlò dicendo: «Sposo e signor mio, mi riconosco molto obbligata per la vostra fedeltà, per il vostro lavoro e per la cura che sempre avete avuto. Con il sudore della vostra fronte sinora avete alimentato me, vostra serva, ed il mio santissimo figlio, vero Dio; in questa sollecitudine avete consumato le vostre forze e avete speso gran parte della vostra vita, proteggendomi e dandovi pensiero della mia. Per tali opere sarete ricompensato dalla mano dell'Altissimo con la dolcezza e le benedizioni che meritate. Vi supplico ora, signor mio, di riposarvi, perché le vostre deboli forze non possono più sostenere la fatica del lavoro. Io voglio esservi grata e da questo momento in poi desidero prestarvi servizio per tutto il tempo che il Signore ci darà da vivere».
858. Il santo ascoltò il discorso della sua dolcissima sposa, versando lacrime di giubilo e di umile ringraziamento. E benché le chiedesse con insistenza il permesso per continuare a lavorare, infine si arrese alle preghiere della beata Vergine e le obbedì. Interruppe così il lavoro manuale con il quale procurava il sostentamento per tutti e tre e gli strumenti del mestiere di falegname furono dati in elemosina, affinché in quella casa non vi fosse niente di inutile e di superfluo. San Giuseppe libero da quella preoccupazione dedicò tutto se stesso alla contemplazione dei misteri che serbava nell'animo e all'esercizio delle virtù, rimanendo felice e beato a colloquio con la divina Sapienza e con la Madre in cui si era incarnata. Giunse l'uomo di Dio a tale pienezza di santità da superare tutti, eccetto la sua celeste sposa. La Signora del cielo ed il suo santissimo Figlio assistevano e servivano il fedelissimo santo nelle sue infermità; lo consolavano ed incoraggiavano con tanta cura e premura che non ho parole per descrivere gli effetti di umiltà, riverenza ed amore che questo beneficio suscitava nel cuore grato e sincero di san Giuseppe. Tutto ciò senza dubbio destò l'ammirazione e il gaudio degli spiriti angelici e il sommo compiacimento dell'Altissimo.
859. Da allora in poi la Signora del mondo si fece carico di sostentare con il proprio lavoro il suo santissimo Figlio e il suo sposo; così disponeva l'eterna sapienza, affinché ella raggiungesse il culmine di ogni virtù e di ogni merito e fosse di esempio e di turbamento per i figli di Adamo e di Eva. Questa donna perfetta, vestita di bellezza e di fortezza, che a quell'età si cinse di coraggio e potenziò il suo braccio per stendere le mani ai poveri, per comprare il campo e per piantare la vigna con il frutto della sua fatica, fu a noi proposta come modello. Come dice il Saggio, confidò in lei il cuore del suo uomo: non solo il cuore del suo sposo Giuseppe, ma anche quello di suo figlio, vero Dio e vero uomo, maestro della povertà, il più povero tra i poveri; e né l'uno e né l'altro rimasero delusi. La gran Regina incominciò a lavorare più di prima, filando e tessendo lino e lana, ed eseguendo misteriosamente tutto quello che Salomone disse di lei nei Proverbi al capitolo trentunesimo. E poiché ho già parlato di questo alla fine della prima parte non ritengo opportuno doverlo ripetere ora, benché molte cose descritte e sopradette riguardino il modo mirabile in cui la nostra Regina ottemperò alle opere esterne e materiali.
860. Al Signore non sarebbero mancati i mezzi per sostentare la sua vita umana, quella della sua santissima Madre e quella di san Giuseppe, poiché poteva farlo anche con la parola divina, non vivendo l'uomo di solo di pane, come egli stesso disse. Difatti, ogni giorno egli avrebbe potuto provvedere al cibo miracolosamente, ma sarebbe mancata al mondo la testimonianza di Maria santissima, signora di tutto il creato, che lavorava per procurarsi il vitto; inoltre alla stessa Vergine, senza questo merito, sarebbe venuto meno tale riconoscimento. Il Maestro della nostra salvezza dispose tutto ciò con mirabile provvidenza per la gloria della gran Regina e per il nostro insegnamento. Non sono sufficienti le parole per esprimere la diligenza e la sollecitudine con cui ella prudentemente provvedeva a tutto. Lavorava molto e per custodire il raccoglimento si lasciava assistere da una sua vicina, che altre volte ho menzionato. Questa fortunatissima donna smerciava i lavori fatti da Maria santissima, portandole dopo ciò che le era necessario. Quando la gran Signora le diceva quello che doveva eseguire o recarle, mai lo faceva con autorità, ma pregandola con somma umiltà. E per poter conoscere le sue intenzioni, le domandava se voleva o aveva il piacere di farlo. La divina Madre preparava per san Giuseppe vivande di carne, mentre lei ed il suo santissimo Figlio si alimentavano solo di pesce, frutta e verdura, con mirabile temperanza ed osservando l'astinenza. La povertà di ogni cibo veniva supplita dalla cura e dal sapore con cui la divina Principessa lo preparava, e dall'amabilità con cui lo condiva. La nostra premurosa Signora dormiva poco ed alcune volte trascorreva gran parte della notte lavorando: il Signore ora lo permetteva più di quando avevano soggiornato in Egitto. Ogni tanto succedeva che il lavoro non fosse sufficiente a fronteggiare le spese di tutto ciò che era necessario, perché avendo bisogno san Giuseppe di speciali cure occorreva spendere più per lui che per il vitto e per i vestiti. Entrava allora in azione la potenza di Cristo nostro Signore, moltiplicando le cose che erano in casa oppure ordinando agli angeli di portare l'indispensabile. Ordinariamente operava queste meraviglie per mezzo della sua santissima Madre, disponendo che in poco tempo ella lavorasse fruttuosamente con le sue mani.
Insegnamento della Regina del cielo
861. Figlia mia, con tutto quello che hai scritto sul mio lavoro, hai ottenuto un'altissima dottrina per regolarti ed imitarmi; affinché non la dimentichi del tutto te la sintetizzo in questi insegnamenti. Voglio che tu metta in pratica tre virtù che io stessa esercitavo e su cui i mortali poco riflettono: prudenza, carità e giustizia. Con la prudenza devi prevedere le necessità del tuo prossimo e il modo di sovvenirle compatibilmente al tuo stato, e con la carità devi agire con diligenza ed amore per porvi rimedio. La giustizia ti obbliga invece ad intervenire nel modo in cui avresti potuto desiderarlo per te stessa e secondo la brama del bisognoso. Impiega i tuoi occhi per chi non li ha; guida con i gesti chi non ha orecchi per intendere; fai lavorare le tue mani per chi non le ha. E benché questo insegnamento debba orientarti sempre nel campo spirituale, voglio comunque che tu lo metta anche in pratica in quello materiale, così da imitarmi fedelmente. Io prevenni le necessità del mio sposo e mi dedicai a servirlo ed a sostentarlo, considerando ciò come mio dovere; e con ardente carità eseguii questo lavorando fino a quando egli morì. Il Signore mi aveva donato Giuseppe perché mi sostentasse, come fece con somma fedeltà per tutto il tempo in cui ebbe le forze; eppure, quando queste gli vennero a mancare mi sentii obbligata a servirlo. Lo stesso Signore dava allora a me tali energie, per cui sarebbe stata grande mancanza non corrispondervi con tenerezza e fedeltà.
862. I figli della Chiesa non badano a questo esempio e così fra loro è subentrata un'empia perversità, che muove il giusto giudice a castigarli con severità. Tutti i mortali nascendo sono destinati a lavorare e non solo perché a causa del peccato originale hanno meritato la fatica come pena, ma perché con la creazione del primo uomo è stato generato il lavoro stesso. Tuttavia il travaglio non è stato ripartito in modo equo fra tutti. I più potenti e ricchi e quelli che il mondo chiama signori e nobili cercano di esentarsi da questa legge comune, e fanno in modo che la fatica ricada tutta sopra gli umili e i poveri, lasciando che questi sostentino col proprio sudore il loro fasto e la loro superbia. E così accade che il misero e il debole serva il forte e il potente. Molti superbi sono talmente impregnati di questa perversità da giungere a pensare che un tale ossequio sia loro dovuto; forti di tale convinzione calpestano, opprimono e disprezzano i poveri ed hanno la presunzione di credere che questi debbano vivere solo per servirli e per fare loro godere l'ozio e le delizie del mondo e dei suoi beni. Inoltre questi uomini sfruttano i loro simili e non li pagano neanche con uno scarso stipendio. Riguardo al fatto che i poveri e tutti coloro che servono non sono doverosamente ricompensati, e riguardo a tutto ciò che hai compreso su tale questione, avresti potuto descrivere anche le gravi malvagità che si commettono contro la volontà dell'Altissimo. Sappi dunque che, siccome questi sfruttatori sovvertono la giustizia e il diritto e non vogliono rendersi partecipi della fatica degli uomini, si muterà per loro l'ordine della misericordia che viene accordata ai piccoli ed ai disprezzati; intrappolati nella pesante oziosità dalla loro superbia saranno castigati con i demoni che hanno imitato.
863. Tu, o carissima, stai attenta a non cadere in questo inganno; tieni sempre presente il mio esempio ed esegui il lavoro che ti è assegnato. Allontanati dai figli di Belial, che vivendo nell'ozio cercano il plauso della vanità e non lavorano. Non ti reputare abbadessa né superiora, ma schiava delle tue suddite, soprattutto della più debole ed umile; sii premurosa serva di tutte quante indistintamente. Assistile, se sarà necessario, e lavora per procurare loro il sostentamento. Devi persuaderti che ciò spetta a te non solo come superiora, ma anche perché la religiosa è tua sorella, figlia del tuo stesso Padre celeste e creatura del Signore, tuo sposo. Tu devi faticare più di ogni altra, come colei che meritando meno ha ricevuto più di tutte dalla liberale mano dell'Altissimo. E riguardo alle inferme, cerca di esentarle dal lavoro, facendolo tu per loro. Cerca di non opprimere le altre con il compito che ti viene assegnato e che potresti sostenere, ma carica sopra le tue spalle, per quanto ti sarà possibile, la fatica di tutte, come loro serva, poiché così desidero che ti giudichi. E quando non lo potrai fare, ma sarà necessario distribuire i lavori manuali tra le tue suddite, cerca di comportarti equamente, non gravando di maggior peso quella che, umile e debole, resisterebbe meno. Anzi voglio che cerchi di umiliare quella che è più altera e superba e che si applica di malavoglia nel lavoro; ciò però eseguilo senza asprezza, per non irritare nessuna, e con umile prudenza e severità obbliga le religiose più tiepide e quelle di temperamento difficile a sottomettersi al giogo della santa obbedienza. In tal modo ottemperi al tuo dovere, metti pace nella tua coscienza ed ottieni per loro il beneficio più grande che ti è possibile, cercando di farlo apparire tale ai loro occhi. Conseguirai tutto questo non usando preferenze di persone ed assegnando, con equità, a ciascuna quel lavoro che può sostenere e ciò che le è necessario. Inoltre, se faticherai per prima in quello che è più difficile, le tue religiose vedendoti si sentiranno obbligate ad aborrire l'ozio e la pigrizia: acquisterai così un'umile libertà per comandarle. Ed ancora, quello che puoi fare non lo caricare sulle spalle di un'altra, affinché tu possa godere il frutto e il premio del tuo travaglio, imitandomi ed ubbidendo a tutto ciò che ti consiglio ed ordino.
19-2 Febbraio 28, 1926 Ogniqualvolta l’anima si occupa di sé stessa, perde un atto nella Volontà Divina. Che significa perdere quest’atto.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuavo nei miei soliti timori, ed il mio sempre amabile Gesù, facendosi vedere, tutto bontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non perdere il tempo, perché ogniqualvolta ti occupi di te è un atto che perdi nella mia Volontà, e se sapessi che significa perdere nella mia Volontà un solo atto: tu perdi un atto divino, quell’atto che abbraccia tutto e tutti e che contiene tutti i beni che ci sono in Cielo ed in terra, molto più che la mia Volontà è un atto continuato che non si ferma mai nel suo corso, né può aspettare te quando coi tuoi timori ti fermi; conviene a te seguirla nel suo corso continuato, anziché Essa aspettare te quando tu ti metti in via per seguirla. E non solo ci perdi tu il tempo, ma dovendoti Io rappacificarti e rialzarti dai tuoi timori per metterti in via nella mia Volontà, costringi Me ad occuparmi di cose che non riguardano il Supremo Volere, e lo stesso angelo tuo che ti sta vicino ne resta digiuno, perché ogni atto che fai in Essa e come segui il suo corso, è una beatitudine accidentale di più che lui gode stando a te vicino, è un paradiso raddoppiato di gioie che tu gli offri, in modo che si sente felice della sua sorte d’averti in sua custodia, e siccome le gioie del Cielo sono comuni, il tuo angelo offre la beatitudine accidentale che ha ricevuto da te, il suo paradiso raddoppiato a tutta la corte celeste, come frutto del Voler Divino della sua protetta, tutti fanno festa e magnificano e lodano la potenza, la santità, l’immensità della mia Volontà. Perciò sii attenta, nel mio Volere non si può perdere il tempo, c’è molto da fare, conviene che tu segua l’atto d’un Dio non mai interrotto”.
(3) Detto ciò è scomparso ed io sono restata impensierita nel vedere il male che io facevo, e dicevo tra me: “Come può essere mai possibile che col mettermi nel Voler Divino, dimenticando tutto il resto come se null’altro esistesse per me che solo l’Eterna Volontà, io prenda parte a tutto ciò che contiene questo amabile Volere?” E Gesù ritornando ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, chi è nato nel mio Volere è giusto che ne sappia i segreti che Esso contiene, e poi, la cosa in sé stessa è facilissima e come connaturale: Supponi che passi ad abitare in una casa, o per poco tempo o per sempre, nella quale c’è una bella musica, un’aria profumata, per la quale si sente infondere una nuova vita, tu, certo, non ci avevi messo quella musica né quell’aria balsamica, ma siccome tu ti trovi in quell’abitazione non tua, tu vieni a godere tanto della musica quanto dell’aria profumata che rigenera le forze a vita novella; aggiungi che quell’abitazione contiene pitture incantevoli, cose belle che rapiscono, giardini da te non mai visti, di tante svariate piante e fiori che riesce impossibile numerarli tutti, pranzi squisiti da te mai gustati, oh! come tu ti ricrei, ti diletti e godi nel guardare tante bellezze, nel gustare cibi così saporiti, ma di tutto ciò nulla sta fatto o messo da te, eppure prendi parte a tutto solo perché ti trovi in quell’abitazione. Ora, se ciò succede nell’ordine naturale, molto più facile può avvenire nell’ordine soprannaturale della mia Volontà; l’anima con l’entrare in Essa forma un solo atto con la Divina Volontà, e come connaturale prende parte a ciò che Essa fa e contiene, molto più che l’anima per vivere nella mia Volontà, prima viene spogliata delle vesti del vecchio Adamo colpevole, e viene rivestita delle vesti dell’Adamo novello e santo, la sua veste è la luce della stessa Volontà Suprema, nella quale le vengono comunicati tutti i suoi modi divini, nobili e comunicativi a tutti. Questa luce le fa perdere le fattezze umane e le restituisce la fisionomia del suo Creatore. Che maraviglia dunque che prenda parte a tutto ciò che possiede il Divino Volere, essendo una la vita e una la Volontà? Perciò sii attenta, ti raccomando, siimi fedele ed il tuo Gesù manterrà la battuta di farti vivere sempre nel mio Volere, mi starò a guardia affinché mai potessi uscirne”.