Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 34° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 9
1Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie.2E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.3Disse loro: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno.4In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino.5Quanto a coloro che non vi accolgono, nell'uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi".6Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.
7Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risuscitato dai morti",8altri: "È apparso Elia", e altri ancora: "È risorto uno degli antichi profeti".9Ma Erode diceva: "Giovanni l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?". E cercava di vederlo.
10Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida.11Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure.12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: "Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta".13Gesù disse loro: "Dategli voi stessi da mangiare". Ma essi risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente".14C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: "Fateli sedere per gruppi di cinquanta".15Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti.16Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché lo distribuissero alla folla.17Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
18Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente?".19Essi risposero: "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto".20Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio".21Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
22"Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".
23Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
24Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.25Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?
26Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi.
27In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio".
28Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.29E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.30Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,31apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli non sapeva quel che diceva.34Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura.35E dalla nube uscì una voce, che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo".36Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
37Il giorno seguente, quando furon discesi dal monte, una gran folla gli venne incontro.38A un tratto dalla folla un uomo si mise a gridare: "Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio, perché è l'unico che ho.39Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli grida, lo scuote ed egli da' schiuma e solo a fatica se ne allontana lasciandolo sfinito.40Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti".41Gesù rispose: "O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio".42Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò per terra agitandolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito immondo, risanò il fanciullo e lo consegnò a suo padre.43E tutti furono stupiti per la grandezza di Dio.
Mentre tutti erano sbalorditi per tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli:44"Mettetevi bene in mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato in mano degli uomini".45Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento.
46Frattanto sorse una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande.47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse:48"Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande".
49Giovanni prese la parola dicendo: "Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci".50Ma Gesù gli rispose: "Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi".
51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme52e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui.53Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che 'scenda un fuoco dal cielo e li consumi'?".55Ma Gesù si voltò e li rimproverò.56E si avviarono verso un altro villaggio.
57Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada".58Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".59A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre".60Gesù replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' e annunzia il regno di Dio".61Un altro disse: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa".62Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".
Genesi 30
1Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!".2Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?".3Allora essa rispose: "Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei".4Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei.5Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio.6Rachele disse: "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Per questo essa lo chiamò Dan.7Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio.8Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!". Perciò lo chiamò Nèftali.
9Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe.10Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio.11Lia disse: "Per fortuna!" e lo chiamò Gad.12Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe.13Lia disse: "Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice". Perciò lo chiamò Aser.
14Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: "Dammi un po' delle mandragore di tuo figlio".15Ma Lia rispose: "È forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?". Riprese Rachele: "Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio".16Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: "Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio". Così egli si coricò con lei quella notte.17Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio.18Lia disse: "Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito". Perciò lo chiamò Ìssacar.19Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe.20Lia disse: "Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli". Perciò lo chiamò Zàbulon.21In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.
22Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda.23Essa concepì e partorì un figlio e disse: "Dio ha tolto il mio disonore".24E lo chiamò Giuseppe dicendo: "Il Signore mi aggiunga un altro figlio!".
25Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: "Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese.26Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato".27Gli disse Làbano: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua".28E aggiunse: "Fissami il tuo salario e te lo darò".29Gli rispose: "Tu stesso sai come ti ho servito e quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia.30Perché il poco che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?".31Riprese Làbano: "Che ti devo dare?". Giacobbe rispose: "Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo.32Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario.33In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato".34Làbano disse: "Bene, sia come tu hai detto!".35In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli36e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di Làbano.
37Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami.38Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere.39Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati.40Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano.
41Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami.42Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe.43Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.
Siracide 25
1Di tre cose mi compiaccio e mi faccio bella,
di fronte al Signore e agli uomini:
concordia di fratelli, amicizia tra vicini,
moglie e marito che vivono in piena armonia.
2Tre tipi di persone io detesto,
la loro vita è per me un grande orrore:
un povero superbo, un ricco bugiardo,
un vecchio adultero privo di senno.
3Nella giovinezza non hai raccolto;
come potresti procurarti qualcosa nella vecchiaia?
4Come s'addice il giudicare ai capelli bianchi,
e agli anziani intendersi di consigli!
5Come s'addice la sapienza ai vecchi,
il discernimento e il consiglio alle persone eminenti!
6Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice,
loro vanto il timore del Signore.
7Nove situazioni io ritengo felici nel mio cuore,
la decima la dirò con le parole:
un uomo allietato dai figli,
chi vede da vivo la caduta dei suoi nemici;
8felice chi vive con una moglie assennata,
colui che non pecca con la sua lingua,
chi non deve servire a uno indegno di lui;
9fortunato chi ha trovato la prudenza,
chi si rivolge a orecchi attenti;
10quanto è grande chi ha trovato la sapienza,
ma nessuno supera chi teme il Signore.
11Il timore del Signore è più di ogni cosa;
chi lo possiede a chi potrà esser paragonato?
12Qualunque ferita, ma non la ferita del cuore;
qualunque malvagità, ma non la malvagità di una donna;
13qualunque sventura, ma non la sventura
causata dagli avversari;
qualunque vendetta, ma non la vendetta dei nemici.
14Non c'è veleno peggiore del veleno di un serpente,
non c'è ira peggiore dell'ira di un nemico.
15Preferirei abitare con un leone e con un drago
piuttosto che abitare con una donna malvagia.
16La malvagità di una donna ne àltera l'aspetto,
ne rende il volto tetro come quello di un orso.
17Suo marito siede in mezzo ai suoi vicini
e ascoltandoli geme amaramente.
18Ogni malizia è nulla, di fronte alla malizia di una
donna,
possa piombarle addosso la sorte del peccatore!
19Come una salita sabbiosa per i piedi di un vecchio,
tale la donna linguacciuta per un uomo pacifico.
20Non soccombere al fascino di una donna,
per una donna non ardere di passione.
21Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo
è una donna che mantiene il proprio marito.
22Animo abbattuto e volto triste
e ferita al cuore è una donna malvagia;
23mani inerti e ginocchia infiacchite,
tale colei che non rende felice il proprio marito.
24Dalla donna ha avuto inizio il peccato,
per causa sua tutti moriamo.
25Non dare all'acqua un'uscita
né libertà di parlare a una donna malvagia.
26Se non cammina al cenno della tua mano,
toglila dalla tua presenza.
Salmi 104
1Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
2avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
3costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
4fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.
5Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
6L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
7Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
8Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
9Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.
10Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
11ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
12Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.
13Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
14Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
15il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.
16Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
17Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
18Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.
19Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
20Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
21ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
22Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
23Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.
24Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
25Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
26Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.
27Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
28Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
29Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
30Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
31La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
32Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
33Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
34A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
35Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.
Geremia 23
1"Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo". Oracolo del Signore.2Perciò dice il Signore, Dio di Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: "Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre azioni. Oracolo del Signore.3Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno.4Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; di esse non ne mancherà neppure una". Oracolo del Signore.
5"Ecco, verranno giorni - dice il Signore -
nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà da vero re e sarà saggio
ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
6Nei suoi giorni Giuda sarà salvato
e Israele starà sicuro nella sua dimora;
questo sarà il nome con cui lo chiameranno:
Signore-nostra-giustizia.
7Pertanto, ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali non si dirà più: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto,8ma piuttosto: Per la vita del Signore che ha fatto uscire e che ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi; costoro dimoreranno nella propria terra".
9Contro i profeti.
Mi si spezza il cuore nel petto,
tremano tutte le mie membra,
sono come un ubriaco
e come chi è inebetito dal vino,
a causa del Signore e a causa delle sue sante parole.
10"Poiché il paese è pieno di adùlteri;
a causa della maledizione tutto il paese è in lutto,
si sono inariditi i pascoli della steppa.
Il loro fine è il male
e la loro forza è l'ingiustizia.
11Perfino il profeta, perfino il sacerdote sono empi,
perfino nella mia casa ho trovato la loro malvagità.
Oracolo del Signore.
12Perciò la loro strada sarà per essi
come sentiero sdrucciolevole,
saranno sospinti nelle tenebre e cadranno in esse,
poiché io manderò su di essi la sventura,
nell'anno del loro castigo.
Oracolo del Signore.
13Tra i profeti di Samaria
io ho visto cose stolte.
Essi profetavano in nome di Baal
e traviavano il mio popolo Israele.
14Ma tra i profeti di Gerusalemme
ho visto cose nefande:
commettono adultéri e praticano la menzogna,
danno mano ai malfattori,
sì che nessuno si converte dalla sua malvagità;
per me sono tutti come Sòdoma
e i suoi abitanti come Gomorra".
15Perciò dice il Signore degli eserciti contro i
profeti:
"Ecco farò loro ingoiare assenzio
e bere acque avvelenate,
perché dai profeti di Gerusalemme
l'empietà si è sparsa su tutto il paese".
16Così dice il Signore degli eserciti: "Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore.
17Essi dicono a coloro
che disprezzano la parola del Signore:
Voi avrete la pace!
e a quanti seguono la caparbietà del loro cuore
dicono: Non vi coglierà la sventura.
18Ma chi ha assistito al consiglio del Signore, chi l'ha visto e ha udito la sua parola? Chi ha ascoltato la sua parola e vi ha obbedito?
19Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena,
una tempesta travolgente
si abbatte sul capo dei malvagi.
20Non cesserà l'ira del Signore,
finché non abbia compiuto e attuato
i progetti del suo cuore.
Alla fine dei giorni comprenderete tutto!
21Io non ho inviato questi profeti
ed essi corrono;
non ho parlato a loro
ed essi profetizzano.
22Se hanno assistito al mio consiglio,
facciano udire le mie parole al mio popolo
e li distolgano dalla loro condotta perversa
e dalla malvagità delle loro azioni.
23Sono io forse Dio solo da vicino - dice il Signore -
e non anche Dio da lontano?
24Può forse nascondersi un uomo nei nascondigli
senza che io lo veda?
Non riempio io il cielo e la terra? Parola del Signore.
25Ho sentito quanto affermano i profeti che predicono in mio nome menzogne: Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno.26Fino a quando ci saranno nel mio popolo profeti che predicono la menzogna e profetizzano gli inganni del loro cuore?27Essi credono di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni, che si raccontano l'un l'altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal!28Il profeta che ha avuto un sogno racconti il suo sogno; chi ha udito la mia parola annunzi fedelmente la mia parola.
Che cosa ha in comune la paglia con il grano?
Oracolo del Signore.
29La mia parola non è forse come il fuoco
- oracolo del Signore -
e come un martello che spacca la roccia?
30Perciò, eccomi contro i profeti
- oracolo del Signore -
i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole.
31Eccomi contro i profeti - oracolo del Signore -
che muovono la lingua per dare oracoli.32Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri - dice il Signore - che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine; essi non gioveranno affatto a questo popolo". Parola del Signore.
33Quando dunque questo popolo o un profeta o un sacerdote ti domanderà: "Qual è il peso del messaggio del Signore?", tu riferirai loro: "Voi siete il peso del Signore! Io vi rigetterò". Parola del Signore.34E il profeta o il sacerdote o il popolo che dica: "Peso del Signore!", io lo punirò nella persona e nella famiglia.35Direte l'uno all'altro: "Che cosa ha risposto il Signore?" e: "Che cosa ha detto il Signore?".36Non farete più menzione di peso del Signore, altrimenti per chiunque la sua stessa parola sarà considerata un peso per avere travisato le parole del Dio vivente, del Signore degli eserciti, nostro Dio.37Così dirai al profeta: "Che cosa ti ha risposto il Signore?" e: "Che cosa ha detto il Signore?".38Ma se direte "Peso del Signore", allora così parla il Signore: "Poiché ripetete: Peso del Signore, mentre vi avevo ordinato di non dire più: Peso del Signore,39ecco, proprio per questo, io mi caricherò di voi come di un peso e getterò lontano dal mio volto voi e la città che ho dato a voi e ai vostri padri.40Vi coprirò di obbrobrio perenne e di confusione perenne, che non sarà mai dimenticata".
Apocalisse 7
1Dopo ciò, vidi quattro angeli che stavano ai 'quattro angoli della terra', e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2Vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare:3"Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi".
4Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele:
5dalla tribù di Giuda dodicimila;
dalla tribù di Ruben dodicimila;
dalla tribù di Gad dodicimila;
6dalla tribù di Aser dodicimila;
dalla tribù di Nèftali dodicimila;
dalla tribù di Manàsse dodicimila;
7dalla tribù di Simeone dodicimila;
dalla tribù di Levi dodicimila;
dalla tribù di Ìssacar dodicimila;
8dalla tribù di Zàbulon dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe dodicimila;
dalla tribù di Beniamino dodicimila.
9Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani.10E gridavano a gran voce:
"La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello".
11Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
12"Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen".
13Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?".14Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello.15Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
16'Non avranno più fame,
né avranno più sete,
né li colpirà il sole,
né arsura di sorta',
17perché l'Agnello che sta in mezzo al trono
'sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio tergerà ogni lacrima' dai loro occhi".
Capitolo XXV: Correggere fervorosamente tutta la nostra vita
Leggilo nella Biblioteca1. Che tu sia attento e preciso, nel servire Iddio; ripensa frequentemente alla ragione per la quale sei venuto qui, lasciando il mondo. Non è stato forse per vivere in Dio e farti tutto spirito? Che tu sia, dunque, fervoroso, giacché in breve tempo sarai ripagato dei tuoi sforzi; né avrai più, sul tuo orizzonte, alcun timore e dolore faticherai qui per un poco, e poi troverai una grande pace, anzi, una gioia perpetua. Se sarai costante nella fede e fervoroso nelle opere, Dio, senza dubbio, sarà giusto e generoso nella ricompensa. Che tu mantenga la santa speranza di giungere alla vittoria, anche se non è bene che tu ne abbia alcuna sicurezza, per non cadere in stato di torpore o di presunzione. Una volta, un tale, dibattuto interiormente tra il timore e la speranza, sfinito dal doloro, si prostrò in chiesa davanti ad un altare dicendo tra sé: "Oh! Se sapessi di poter perseverare!". E subito, di dentro, udì una risposta, che veniva da Dio: "Perché, se tu sapessi di poter perseverare, che cosa vorresti fare? Fallo adesso, quello che vorresti fare, e sarai del tutto tranquillo". Allora, rasserenato e confortato, egli si affidò alla volontà di Dio, e cessò in lui quella angosciosa incertezza; egli non volle più cercar di sapere quel che sarebbe stato di lui in futuro, e si diede piuttosto a cercare "quale fosse la volontà del Signore: volontà di bene e di perfezione", (Rm 12, 2) per intraprendere e portare a compimento ogni opera buona. Dice il profeta: "Spera nel Signore e fa il bene; abita la terra e nutriti delle sue ricchezze" (Sal 36,3).
2. Una sola cosa è quella che distoglie molta gente dal progresso spirituale e dal fervoroso sforzo di correzione: lo sgomento di fronte agli ostacoli e l'asprezza di questa lotta. Invero avanzano nelle virtù coloro che si sforzano di superare virilmente ciò che è per essi più gravoso, e che più li contrasta; giacché proprio là dove più si vince se stessi, mortificandosi nello spirito, più si guadagna, e maggior grazia si ottiene. Certo che non tutti gli uomini hanno pari forze per vincere se stessi e per mortificarsi. Tuttavia, uno che abbia tenacia e buon volere, anche se le sue passioni sono più violente, riuscirà a progredire più di un altro, pur buono, ma meno fervoroso nel tendere verso le virtù. Due cose giovano particolarmente al raggiungimento di una totale emendazione: il fare violenza a se stessi, distogliendosi dal male, a cui ciascuno è portato per natura; e il chiedere insistentemente il bene spirituale di cui ciascuno ha maggior bisogno. Inoltre tu devi fare in modo di evitare soprattutto ciò che più spesso trovi brutto in altri. Da ogni parte devi saper trarre motivo di profitto spirituale. Così, se ti capita di vedere o di ascoltare dei buoni esempi, devi ardere dal desiderio di imitarli; se, invece, ti pare che qualcosa sia degno di riprovazione, devi guardarti dal fare altrettanto; se talvolta l'hai fatto, procura di emendarti. Come il tuo occhio giudica gli altri, così, a tua volta, sarai giudicato tu dagli altri. Quale gioia e quale dolcezza, vedere dei frati pieni di fervore e di devozione, santi nella vita interiore e nella loro condotta; quale tristezza, invece, e quale dolore, vedere certi frati, che vanno di qua e di là, disordinatamente, tralasciando di praticare proprio ciò per cui sono stati chiamati! Gran danno procura, questo dimenticarsi delle promesse della propria vocazione, volgendo i desideri a cose diverse da quelle che ci vengono ordinate.
3. Ricordati della decisione che hai presa, e poni dinanzi ai tuoi occhi la figura del crocifisso. Riflettendo alla vita di Gesù Cristo, avrai veramente di che vergognarti, ché non hai ancora cercato di farti più simile a lui, pur essendo stato per molto tempo nella vita di Dio. Il monaco che si addestra con intensa devozione sulla vita santissima e sulla passione del Signore, vi troverà in abbondanza tutto ciò che gli può essere utile e necessario; e non dovrà cercare nulla di meglio, fuor di Gesù. Oh, come saremmo d'un colpo pienamente addottrinati se avessimo nel nostro cuore Gesù crocifisso! Il monaco pieno di fervore sopporta ogni cosa santamente e accetta ciò che gli viene imposto; invece quello negligente e tiepido trova una tribolazione sull'altra ed è angustiato per ogni verso, perché gli manca la consolazione interiore, e quella esterna gli viene preclusa. Il monaco che vive fuori della regola va incontro a piena rovina. Infatti chi tende ad una condizione piuttosto libera ed esente da disciplina sarà sempre nell'incertezza, poiché ora non gli andrà una cosa, ora un'altra. Come fanno gli altri monaci, così numerosi, che vivono ben disciplinati dalla regola del convento? Escono di rado e vivono liberi da ogni cosa; mangiano assai poveramente e vestono panni grossolani; lavorano molto e parlano poco; vegliano fino a tarda ora e si alzano per tempo; pregano a lungo, leggono spesso e si comportano strettamente secondo la regola. Guarda i Certosini, i Cistercensi, e i monaci e le monache di altri Ordini, come si alzano tutte le notti per cantare le lodi di Dio. Ora, sarebbe vergognoso che, in una cosa tanto meritoria, tu ti lasciassi prendere dalla pigrizia, mentre un grandissimo numero di monaci comincia i suoi canti di gioia, in unione con Dio. Oh!, se noi non avessimo altro da fare che lodare il Signore, nostro Dio, con tutto il cuore e con tutta la nostra voce. Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare, di bere, di dormire; e potessi invece, lodare di continuo il Signore, e occuparti soltanto delle cose dello spirito. Allora saresti più felice di adesso, che sei al servizio del tuo corpo per varie necessità. E volesse il Cielo che non ci fossero, queste necessità, e ci fossero soltanto i pasti spirituali dell'anima, che purtroppo gustiamo ben di rado.
4. Quando uno sarà giunto a non cercare il proprio conforto in alcuna creatura, allora egli comincerà a gustare perfettamente Dio; allora accetterà di buon grado ogni cosa che possa succedere; allora non si rallegrerà, o rattristerà, per il molto o il poco che possieda. Si rimetterà del tutto e con piena fiducia in Dio: in Dio, che per lui sarà tutto, in ogni circostanza; in Dio, agli occhi del quale nulla muove o va interamente perduto; in Dio, e per il quale ogni cosa vive, servendo senza esitazione al suo comando. Abbi sempre presente che tutto finisce e che il tempo perduto non ritorna. Non giungerai a possedere forza spirituale, se non avrai sollecitudine e diligenza. Se comincerai ad essere spiritualmente malato. Se invece ti darai tutto al fervore, troverai una grande pace, e sentirai più lieve la fatica, per la grazia di Dio e per la forza dell'amore. Tutto può, l'uomo fervido e diligente. Impresa più grande delle sudate fatiche corporali è quella di vincere i vizi e di resistere alle passioni. E colui che non sa evitare le piccole mancanze, cade, a poco a poco, in mancanze maggiori. Sarai sempre felice, la sera, se avrai spesa la giornata fruttuosamente. Vigila su te stesso, scuoti e ammonisci te stesso; checché facciano gli altri, non dimenticare te stesso. Il tuo progresso spirituale sarà pari alla violenza che avrai fatto a te stesso. Amen.
LETTERA 72: Girolamo si lamenta una volta ancora che a Roma e in Italia circoli una lettera piuttosto provocante e altezzosa attribuita ad Agostino
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta verso la fine del 403 o l'inizio del 404.
Girolamo si lamenta una volta ancora che a Roma e in Italia circoli una lettera piuttosto provocante e altezzosa attribuita ad Agostino (n. 1) e lo invita a dire francamente se è sua e a non provocare un vecchio studioso della sacra Scrittura (n. 2-4) il quale non vuol far la critica alle opere d'un vescovo suo amico, ma vuol essere lasciato in pace (n. 5).
GIROLAMO AD AGOSTINO, SIGNORE DAVVERO SANTO E VESCOVO BEATISSIMO
Non ha Agostino scritto una lettera contro Girolamo?
1. 1. M'invii una lettera dopo l'altra e continui a sollecitarmi di rispondere ad una di queste tue, della quale - l'ho già scritto un'altra volta - m'era giunta una copia senza la tua firma, recapitatami dal diacono Sisinnio. Mi fai pure sapere d'avermene inviate delle altre: in un primo tempo per mezzo del fratello Profuturo e in un secondo tempo per mezzo di un'altra persona; nel frattempo Profuturo sarebbe stato impedito dall'intraprendere il viaggio perché ordinato vescovo, e quasi dopo brevissimo tempo portato via dalla morte, mentre l'altra persona, di cui taci il nome, avrebbe avuto paura del mare e avrebbe cambiato parere rinunciando alla traversata. Stando così le cose non posso esprimere sufficientemente il mio stupore come mai si vada dicendo che quella lettera è nelle mani di molta gente non solo a Roma ma pure nel resto dell'Italia e non sia giunta proprio a me che sono l'unico destinatario! Tanto più mi stupisco che il medesimo fratello Sisinnio m'ha dichiarato d'averla trovata in mezzo a tutti gli altri tuoi scritti esegetici non in Africa o nella tua città, ma in un'isola dell'Adriatico quasi cinque anni orsono.
Tra amici non ci dev'essere né diffidenza né provocazione.
1. 2. Nelle relazioni di amicizia è da eliminare ogni motivo di diffidenza e ad un amico bisogna parlare come a un altro sé stesso. Alcuni miei intimi amici - " vasi " di Cristo, che sono moltissimi a Gerusalemme e nei Luoghi Santi - mi insinuavano che tu avessi agito tutt'altro che con schiettezza, ma che andassi cercando d'ottenere la lode, le chiacchiere e la gloria a buon mercato tra il popolo per farti grande a mie spese e far sapere alla gente che quando mi lanci una sfida, io tremo dalla paura, che tu scrivi come uno scienziato, io invece me ne sto zitto come un ignorante e che finalmente s'è trovato uno come te ch'è stato capace di chiudere il becco a questo chiacchierone. Io invece, per dirla francamente, non ho voluto rispondere alla Eccellenza tua per diversi motivi: anzitutto perché non avevo elementi sicuri per credere che la lettera fosse tua, e neppure potevo credere che fosse una spada spalmata di miele, come un proverbio popolare designa certe persone; in secondo luogo non volevo sembrare insolente nel rispondere a un vescovo della stessa mia comunione e criticare delle espressioni contenute nella sua lettera che criticava proprio me, soprattutto perché alcune di esse le ritenevo eretiche.
Agostino lasci in pace un vecchio eremita.
2. 3. Per ultimo non ho voluto risponderti per non darti motivo di fare una giusta lagnanza: " Perché una simile cosa? avresti potuto dirmi. Avevi forse riconosciuto la mia lettera e nella firma i caratteri della mano che tu conosci? Perché dunque ti sei indotto con tanta leggerezza a colpire un amico e servirti della malvagità altrui per lanciare oltraggi al mio indirizzo?". Insomma, ti ripeto quanto ti ho scritto un'altra volta: o mi rimandi quella lettera firmata di tuo pugno o smetti di provocare un vecchio rintanato nella sua piccola cella! Se invece hai intenzione d'esercitare o di ostentare la tua scienza, cercati dei giovani eloquenti e nobili; si dice che a Roma ce ne siano tanti, che hanno la capacità e il coraggio di misurarsi con te e di far pariglia con un vescovo nel discutere sulle Sacre Scritture. Io ho già fatto il soldato, ma ora sono un veterano e non mi resta che il dovere di applaudire alle tue ed altrui vittorie, ma non di scendere nuovamente in lizza 1, fisicamente spossato come sono. Ma bada bene: se insisti ancora nel pretendere ch'io ti risponda per forza, dovrei rammentarti la famosa storia di Annibale, la cui giovanile baldanza fu fiaccata dalla pazienza di Quinto Fabio Massimo 2. Il tempo ci porta via tutto, pure la memoria; mi ricordo che da ragazzo trascorrevo spesso lunghe giornate cantando. Ora invece ho dimenticato tante canzoni; a Meri viene meno perfino la voce 3. Anche il famoso Berzellai Galaadite - per citare piuttosto un esempio biblico - quando lasciò al figlio ancor giovinetto tutti i benefici e le squisite ricompense avute dal re David, diede a vedere che i vecchi non debbono né desiderare queste cose né accettarle quando vengono offerte.
L'amicizia vuole reciproca lealtà.
2. 4. Tu giuri di non avere scritto un libro contro di me né di averlo inviato a Roma dal momento che non l'hai scritto; aggiungi poi che nei tuoi scritti potrebbero incontrarsi bensì opinioni diverse dalle mie, ma che in tal caso non hai avuto l'intenzione d'offendere me, sebbene scrivere solo quel che ti pareva giusto. Ti prego di starmi a sentire con un po' di pazienza. Tu non hai scritto il libro. Ma com'è allora che da terzi mi sono stati portati dei tuoi scritti contenenti critiche nei miei riguardi? Inoltre com'è che in tutta l'Italia circola una tua lettera che tu non hai scritto? Qual diritto poi accampi nel pretendere ch'io risponda ad argomenti che affermi di non aver mai scritto? D'altra parte io non sono tanto sciocco da ritenermi offeso da te qualora esprimi opinioni diverse dalle mie! ma sottoporre a una critica serrata le mie asserzioni e chiedermi poi spiegazione dei mie scritti e costringermi a correggere ciò che ho scritto e sollecitarmi a cantare la ritrattazione perché vuoi restituirmi la vista, questo significa solo offendere l'amicizia, violarne le leggi. Ti scrivo queste cose per non dare a vedere che ce le diamo come dei ragazzi o che forniamo ai nostri rispettivi fautori e detrattori materia per litigare; io desidero nutrire per te un affetto sincero e cristiano, non già tenermi nel cuore sentimenti diversi da quelli che ho sulle labbra. Non sarebbe certo bello che io, dopo aver faticato e penato, dall'adolescenza fino a questa mia età in un piccolo monastero assieme a santi fratelli, osassi scrivere qualcosa contro un vescovo della mia stessa comunione, anzi proprio contro il vescovo che ho cominciato ad amare prima di conoscerlo, che fu il primo a sollecitare la mia amicizia, che m'ha colmato di gioia nel vederlo emergere dopo di me negli studi biblici. Dimmi quindi che il libro non è tuo, se per caso non è tuo, oppure, se è tuo, ammettilo francamente; così nel caso dovessi scrivere qualcosa in mia difesa, la colpa ricadrebbe su di te che m'hai provocato, non su di me che sono stato provocato a rispondere.
Girolamo non critica Agostino né vuol essere criticato.
3. 5. Tu inoltre aggiungi d'esser pronto ad accettare fraternamente le mie osservazioni sui punti dei tuoi scritti che mi facessero torcere il naso o che io volessi correggere; anzi non solo saresti contento di questa prova di benevolenza verso di te, ma mi supplichi di farlo sul serio. Ti ripeto ancora una volta quanto penso: tu provochi un vecchio, stuzzichi uno che tace, hai l'aria di fare sfoggio della tua scienza. Ma non sta bene alla mia età esser ritenuto malevolo verso una persona alla quale ho piuttosto il dovere d'esser benevolo. Se anche nei Vangeli e nei Profeti persone perverse trovano cose che vogliono criticare per forza, perché mai ti stupisci se nei tuoi libri, soprattutto in quelli ove esponi punti della sacra Scrittura, già di per sé quanto mai oscuri, ci siano delle idee che sembrano scostarsi dalla linea del giusto? E dico ciò non perché io pensi già di trovare delle idee ereticali nelle tue opere, poiché non mi sono dato mai la briga di leggerle, e inoltre dalle nostre parti non ne esistono molte copie, se si eccettuano i libri dei tuoi Soliloqui e alcuni Commentari ai Salmi; se volessi sottoporre questi a un attento esame, ti darei la dimostrazione di come si discostino, non dico dalle mie opere (io infatti non so nulla), ma dalle interpretazioni degli antichi Padri greci. Sta' sano, amico mio carissimo, mio figlio per l'età ma padre per la dignità. Per ultimo ti raccomando d'attenerti a questa norma: che qualunque cosa scriverai fa che arrivi nelle mie mani prima che in quelle di altri.
1 - Cf. ORAZIO, Ep. 1, 1, 3,
2 - Cf. TITO Livio, 22, 12-18.
3 - VERG., Bucol. 9, 51-54.
10 - La memoria e gli esercizi della passione del Signore, a cui Maria santissima si dedicava.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca575. La grande Regina da sola e in segreto compiva opere con cui meritava e attirava dalla mano dell'Altissimo innumerevoli doni, sia per i fedeli nel loro insieme, sia per migliaia di singole anime, che così guadagnava alla vita eterna; e questo senza trascurare il governo della Chiesa. D'ora in avanti, per nostra edificazione e a gloria della beatissima Vergine, io scriverò quello che potrò di tali verità finora ignorate. Al riguardo avverto che la gran Signora, grazie ai molti privilegi di cui godeva, teneva sempre presenti nella memoria la vita e i misteri del Salvatore. Infatti, oltre alla continua visione astrattiva di Dio, che aveva ricevuto in questi ultimi anni e nella quale conosceva ogni cosa, le era stata concessa fin dalla sua concezione la virtù, propria degli angeli, di non dimenticare mai nulla dopo averlo appreso.
576. Anche precedentemente ho detto che Maria santissima sentì nel suo corpo e nella sua anima le sofferenze delle torture inflitte al nostro Redentore: niente le restò nascosto e niente tralasciò di patire insieme a lui. Come aveva chiesto al Signore, le era rimasto impresso interiormente e senza alterazioni tutto ciò che aveva visto nei giorni della Pasqua. Per disporla alla visione della Divinità, tali immagini non le furono cancellate - come avvenne delle altre specie sensibili di cui parlai nella seconda parte -, anzi sua Maestà le migliorò, affinché per mezzo di esse potessero miracolosamente coesistere in lei la gioia di quella visione e le pene della passione; ciò ella bramava di sperimentare per tutto il tempo in cui sarebbe stata viatrice, dal momento che, per quanto dipendeva dalla sua volontà, praticò questo esercizio con totale dedizione. Il suo fedelissimo e ardentissimo amore non le permetteva di vivere senza soffrire con colui che aveva accompagnato fino al Calvario. Il Figlio, da parte sua, le concesse favori singolari quale pegno e dimostrazione dell'amore che anch'egli le portava, non potendo trattenersi - per quel che ci è dato d'intendere - dall'agire verso di lei come Dio ricco di misericordia. La santa Vergine non domandava tali doni né vi aspirava, poiché solo per rimanere crocifissa con Cristo e rinnovarne i dolori in se stessa desiderava continuare la sua esistenza mortale, che altrimenti le sarebbe sembrata infruttuosa e inutile.
577. Ordinò le sue occupazioni in modo da conservare sempre nella mente e nel cuore l'immagine di Gesù afflitto, piagato, ferito e sfigurato dai tormenti e lo contemplava in questa forma come in uno specchio chiarissimo. Udiva le ingiurie, le mortificazioni, i rimproveri e le bestemmie che egli aveva sopportato; con sguardo acuto e penetrante rivedeva simultaneamente i luoghi, il susseguirsi degli eventi e le circostanze in cui si erano svolti. Benché di fronte a questo terribile spettacolo ella perseverasse tutto il giorno in eroici atti di virtù e sentisse grande compassione, la sua bruciante carità non restò soddisfatta. Insieme ai suoi angeli, in particolare a quelli che portavano con sé i contrassegni degli strumenti della passione, stabilì di dedicarsi quando era sola ad altri esercizi in ore e tempi determinati, facendosi aiutare dai medesimi spiriti celesti.
578. La Regina del cielo scrisse particolari orazioni per adorare e venerare ogni piaga del Salvatore e tributare un culto speciale alle sofferenze di lui. Compose un cantico per ciascuna delle parole ingiuriose e di disprezzo che i giudei e gli altri nemici avevano rivolto al Maestro divino durante tutta la sua vita, sia per invidia dei suoi miracoli, sia per sdegno e vendetta; gli restituiva così l'onore che i suoi avversari avevano preteso di togliergli. Analogamente, compensava i gesti di scherno e vilipendio con umiliazioni, genuflessioni e prostrazioni profonde: era come se disfacesse quelle offese, confessando al contempo la divinità, l'umanità, i miracoli, le opere e la dottrina del Verbo incarnato, al quale per tutto ciò rendeva gloria. Gli angeli l'accompagnavano in ognuno di tali atti e corrispondevano ai suoi desideri, meravigliati che una semplice creatura fosse tanto sapiente, fedele e colma di carità.
579. Quand'anche sua Altezza non avesse avuto altra occupazione che quella di fare memoria viva della passione, avrebbe sofferto e meritato davanti a Dio più di tutti gli eletti. Con la forza dell'amore e del dolore che provava, fu martire molte volte, giacché altrettante sarebbe morta se per virtù divina non fosse stata conservata in vita al fine di crescere nella santità. Se la Madre clementissima offriva ogni sua azione per la Chiesa con ineffabile benevolenza, consideriamo il nostro debito con lei, che tanto accrebbe il tesoro da cui siamo soccorsi noi, miseri figli di Eva. Perché la nostra non sia una meditazione infingarda o tiepida, voglio raccontare le manifestazioni straordinarie di quella di Maria santissima: spesso piangeva sangue e il suo volto ne restava bagnato; talvolta agonizzava sudando non solo acqua, ma anche sangue in quantità tale che giungeva fino a terra. Ancor più stupisce sapere che talora, per il grande strazio, il cuore le si staccava muovendosi dalla posizione naturale. Quando arrivava a un simile estremo, Cristo scendeva dal cielo al fine di darle vigore e sanarle la ferita che la dilezione per lui le aveva procurato o che per lui aveva sopportato; egli stesso la confortava, consentendole così di continuare quegli atti di compassione.
580. Sua Maestà non le lasciava però sperimentare sentimenti di afflizione nei giorni in cui ella celebrava il mistero della risurrezione, in modo che vi fosse corrispondenza tra gli effetti e la loro causa. Del resto, alcune di queste sofferenze non erano compatibili con i doni divini, a motivo dei loro frutti che riverberavano nel corpo della santa Vergine: la gioia, ad esempio, escludeva la pena. Tuttavia ella non perdeva mai di vista la passione del Redentore e vi si univa con la riconoscenza per ciò che egli aveva patito; così la dolcezza dei favori di cui godeva era temperata dall'amarezza dei dolori. D'accordo con san Giovanni, decise di ritirarsi a celebrare la morte e sepoltura di Gesù ogni venerdì. L'Evangelista restava nel cenacolo per rispondere a quanti la cercavano e impedire a chiunque di avvicinarsi all'oratorio. In sua assenza, un altro discepolo lo sostituiva. La gran Signora si appartava per questo esercizio il giovedì alle cinque pomeridiane e non usciva fino alla domenica verso mezzogiorno. Affinché in quei tre giorni non si venisse meno al governo della comunità dei discepoli e si facesse fronte alle gravi necessità che eventualmente si fossero presentate, ella dispose che, qualora la questione non potesse essere rinviata, uscisse un angelo con le sue sembianze e brevemente disbrigasse quanto occorreva. Tanta era la sua sollecitudine verso i suoi figli e servitori!
581. La nostra capacità non giunge né a pensare né ad esprimere ciò che avveniva alla divina Madre in quei tre giorni: soltanto il Signore, che l'operava, lo manifesterà a suo tempo nella luce dei santi. Neppure io posso spiegare quello che ho conosciuto; dico solo che ella, finché visse, ogni settimana rinnovò in se stessa quanto era accaduto al Figlio suo, dalla lavanda dei piedi sino alla risurrezione. Pregava con le parole di lui, come si è detto in precedenza; sentiva nel corpo tutti i suoi dolori, nelle medesime parti in cui egli li aveva patiti; portava la croce e vi si distendeva sopra. Nei suddetti esercizi ottenne dal Salvatore benefici sovrabbondanti per i fedeli che sarebbero stati devoti della passione e che così avrebbero continuato a custodirne la memoria nella Chiesa, secondo quanto ella desiderava con intimo affetto; perciò in forza del suo potere di sovrana promise a costoro speciale protezione. Grazie alla sua intercessione, Cristo stesso ha stabilito che siano molti a continuare durante i secoli queste pie pratiche, imitando lei, che fu l'autrice e la prima maestra di tanto stimabile occupazione.
582. Sua Altezza eccelleva nel celebrare l'istituzione della santa cena, componendo nuovi cantici di benedizione e di ringraziamento e compiendo fervorosi atti d'amore. A tal fine invitava uno per uno gli angeli al suo servizio e molti altri che scendevano dal cielo per accompagnarla nelle lodi di Dio. Oh, meraviglia degna dell'Eterno! Gesù sacramentato permaneva in lei dopo ogni comunione fino a quella successiva e l'Onnipotente inviava numerosi spiriti celesti ad ammirarne gli effetti in quella creatura più pura degli stessi angeli e dei serafini, i quali gli davano gloria per tale prodigio: mai in nessun altro poterono vederne uno simile.
583. Non era motivo di minore meraviglia per loro - come anche per noi - che la Regina del cielo, pur conservando degnamente in sé il pane consacrato, si preparasse ogni volta a riceverlo con rinnovato fervore, predisponendo allo scopo opere e devozioni particolari. Ciò accadeva tutti i giorni, eccetto quelli in cui non usciva dall'oratorio. Presentava in primo luogo l'esercizio settimanale della passione; poi, quando si ritirava la sera precedente al giorno in cui si sarebbe comunicata, incominciava a prostrarsi a terra con le braccia aperte, a genuflettersi e a pregare, adorando l'essere immutabile del tre volte Santo. Domandava al Padre di potergli parlare; lo supplicava che, senza guardare alla sua terrena bassezza, le concedesse di ricevere l'eucaristia ritenendovisi obbligato sia dalla propria infinita bontà, sia dalla carità che il Figlio dimostrava per gli uomini restando sacramentalmente presente nella santa Chiesa. Gli offriva il sacrificio cruento della croce, l'unione della natura umana con quella divina nell'unica persona del Verbo incarnato, la dignità con cui egli aveva manifestato se stesso, ciò che aveva fatto sin dall'istante in cui era stato concepito nel grembo verginale di lei; la santità degli angeli e le loro azioni, i meriti dei giusti che furono, sono e saranno.
584. La gran Signora compiva atti di profonda umiltà, ritenendosi polvere di fronte al Creatore, rispetto al quale noi siamo tanto inferiori. Nel contemplare la magnificenza di quel Dio che riceveva dentro di sé e, insieme, la propria piccolezza, per l'amore indicibile che provava si sollevava al di sopra dei più alti cori dei cherubini e dei serafini. Poiché si reputava meritevole dell'ultimo posto fra gli esseri terreni, implorava gli spiriti celesti di supplicare con lei il Signore affinché la preparasse ad accoglierlo degnamente. Essi le obbedivano e con venerazione e gaudio l'accompagnavano in queste orazioni.
585. La sapienza di Maria, pur essendo finita in se stessa, è per noi incomprensibile; ugualmente non potremo mai intendere quali fossero le opere, le virtù e i sentimenti di lei in queste circostanze. Tuttavia, è certo che erano tali da obbligare spesso sua Maestà a visitarla o a risponderle, facendole intendere il suo compiacimento nel discendere in lei sotto le sacre specie e nel rinnovare i pegni del suo infinito amore. Al momento fissato per la comunione, l'Evangelista celebrava la messa. Non si leggeva-
no l'epistola e il Vangelo, che allora non erano ancora stati scritti, ma si compivano altri riti, si proclamavano molti salmi e si dicevano varie preghiere; la consacrazione, però, fu sempre nella medesima forma. Sua Altezza partecipava alla sacra liturgia, al termine della quale si accostava al sacramento, facendovi precedere tre profonde genuflessioni; con ardore riceveva nel suo cuore purissimo il suo stesso Figlio, al quale aveva dato l'umanità nel suo talamo immacolato. Dopo essersi comunicata, si ritirava e, se non era assolutamente necessario uscire per qualche bisogno urgente del prossimo, rimaneva in raccoglimento per tre ore. In quel lasso di tempo san Giovanni ebbe il privilegio di vederla molte volte rifulgere a somiglianza del sole, quasi emanasse raggi di luce.
586. La beata Vergine comprese essere conveniente che gli apostoli e i sacerdoti celebrassero l'incruento sacrificio eucaristico indossando arcani vestimenti diversi da quelli ordinari, per cui confezionò abiti appropriati, dando inizio a questa consuetudine della Chiesa. Si trattava di ornamenti non troppo dissimili da quelli usati oggi, sebbene in seguito siano stati ridotti come sono al presente. Il tessuto però era più somigliante, perché la nostra Regina utilizzò lino e ricche sete provenienti dalle elemosine che riceveva. Piegava e riassettava i paramenti stando in ginocchio o in piedi, li conservava perfettamente puliti e non li affidava ad altri sacrestani se non agli angeli suoi aiutanti. Ogni opera delle sue mani esalava una celeste fragranza che infiammava il cuore dei sacri ministri.
587. Dai regni e dalle province in cui gli apostoli predicavano, numerosi neofiti si recavano a Gerusalemme per conoscere la Madre del Redentore del mondo e le portavano ricchi doni. Fra gli altri, vennero da lei quattro principi che esercitavano il potere sulle loro terre e le presentarono molti oggetti di valore perché se ne servisse e ne facesse parte a tutti i fedeli. Ella disse che quelle ricchezze non si addicevano allo stile di vita scelto da lei, che era povera come suo Figlio, e dai discepoli, che lo erano come il loro Maestro. Quei principi insistettero perché per loro consolazione accettasse quanto le offrivano, lo distribuisse ai bisognosi o lo destinasse al culto divino; a motivo di tale richiesta, Maria santissima ne accettò una parte. Da alcune tele preziose ricavò ornamenti per l'altare, con il rimanente provvide ai poveri e beneficò gli ospedali dove di solito si recava e accudiva lei stessa i ricoverati stando in ginocchio. Confortava inoltre tutti i bisognosi, aiutava gli agonizzanti che poteva assistere a morire santamente e non cessava mai di compiere opere di carità, fattivamente o pregando nel segreto della sua stanza.
588. Ai sovrani che andarono a trovarla diede salutari consigli, ammonizioni ed istruzioni per il governo; inculcò loro di osservare ed amministrare la giustizia senza fare preferenze di persone, di riconoscersi uomini mortali al pari degli altri e di temere il verdetto del supremo giudice, a cui ciascuno dovrà sottoporre le proprie azioni; soprattutto instillò loro lo zelo di adoperarsi affinché il nome di Cristo fosse esaltato e si diffondesse e radicasse la fede, sulla cui fermezza si basano i veri regni. Diversamente, infatti, il servizio dell'autorità è deplorevole ed infelicissimo perché si presta al gioco dei demoni, e Dio, nei suoi imperscrutabili giudizi, lo permette soltanto quale castigo sia dei regnanti che dei sudditi. Quei fortunati principi promisero di attuare i suggerimenti della Maestra degli umili e in seguito si mantennero in contatto con lei attraverso lettere ed altre forme di corrispondenza. Lo stesso accadde rispettivamente a quanti la visitarono, perché tutti si allontanavano dalla sua presenza più buoni, pieni di gioia e di conforto indicibili. Molti che sino a quel momento non erano credenti al solo vederla confessavano il vero Dio ad alta voce e senza potersi trattenere, grazie alla forza che interiormente avvertivano arrivando al cospetto della Tuttasanta.
589. Non è gran cosa che succedesse quanto detto, poiché sua Altezza era uno strumento efficacissimo nelle mani dell'Onnipotente a beneficio dei mortali. Non solamente i suoi discorsi, pieni di sublime sapienza, lasciavano attoniti e convincevano chi li udiva infondendogli nuova luce, ma, come sulle sue labbra era diffusa la grazia che si comunicava attraverso le sue parole, così anche la diversa grazia e bellezza esteriori, la piacevole maestà della persona, la modestia del suo aspetto onestissimo, grave e gradevole e la misteriosa virtù che da lei promanava - secondo quanto dice il Vangelo riguardo al suo Figlio santissimo' - attiravano i cuori e li rinnovavano. Alcuni restavano stupefatti, altri si effondevano in lacrime, altri elaboravano mirabili ragionamenti e prorompevano in lodi, magnificando la grandezza del Dio dei cristiani che aveva plasmato una simile creatura. E veramente tutti potevano testimoniare ciò che alcuni santi hanno affermato: Maria era un prodigio divino di santità. Sia eternamente esaltata e conosciuta da tutte le generazioni quale vera Madre dello stesso Altissimo, che la rese tanto gradita ai suoi occhi e madre tanto dolce verso i peccatori, amabile agli angeli e agli uomini.
590. Negli ultimi anni della sua esistenza terrena la beatissima Vergine digiunava e vegliava pressoché di continuo, accettando lo scarso cibo ed il poco riposo solo in obbedienza a san Giovanni, che la pregava di ritirarsi a dormire la notte per qualche momento. Il sonno, tuttavia, non era altro che una leggera sospensione dei sensi, che durava mezz'ora o al massimo un'ora, e non la privava della visione della Divinità nel modo sopra riferito. Ordinariamente il suo vitto consisteva in alcuni bocconi di pane, talvolta però accontentava l'Evangelista che le chiedeva di mangiare un po' di pesce per fargli compagnia. Il santo fu ugualmente fortunato, in questo come negli altri privilegi di figlio di Maria santissima: non solo mangiava con lei alla medesima mensa, ma la gran Signora gli preparava le pietanze e gliele serviva come una madre al figlio, obbedendo a lui quale sacerdote che faceva le veci di Cristo. Ella avrebbe ben potuto rinunciare a quel sonno e a quell'alimento che parevano più una cerimonia che un sostentamento vitale; ciononostante, essendo in tutto prudentissima, non vi accondiscendeva per necessità bensì per umiltà, riconoscendo e pagando in qualche cosa il tributo alla natura umana.
Insegnamento della Regina del cielo
591. Figlia mia, guardando a ciò che ho vissuto i mortali si renderanno conto di fino a che punto avessi presente nella memoria la redenzione e fossi riconoscente verso il Signore, che l'aveva operata soprattutto offrendosi sulla croce. Tuttavia in questo capitolo ho voluto darti notizia più particolareggiata della sollecitudine e dei ripetuti esercizi con cui io rinnovavo nella mia persona non soltanto il ricordo, ma anche i dolori della passione, affinché siano rimproverati e svergognati coloro che, pur salvati, hanno colpevolmente dimenticato questo dono inestimabile. Oh, quanto è volgare, detestabile e pericolosa la loro ingratitudine! L'oblio è chiaro indizio del disprezzo, giacché non si scorda mai fino a tal segno quello che si stima molto. Ora, come si spiega che gli uomini disdegnino e cancellino dalla mente e dal cuore il bene eterno che ricevettero, l'amore per il quale l'eterno Padre sottopose il suo Unigenito alla morte, la carità e la pazienza con cui il medesimo Figlio suo e mio la sopportò per loro? La terra insensibile è grata a chi la coltiva, la bestia feroce a chi l'addomestica, gli stessi esseri umani si considerano obbligati verso i benefattori che a loro volta, quando non vengono ringraziati, se ne risentono e condannano una simile mancanza come una grave offesa.
592. Quale ragione vi è, dunque, che solo verso il loro Dio e salvatore siano irriconoscenti, non ricordando le sofferenze da lui sopportate per riscattarli dalla dannazione eterna? Per di più si lamentano se egli non li contenta subito in tutto ciò che desiderano. Affinché intendano quanto l'incorri spondenza a sì grande amore si ritorca contro di loro, ti avverto, figlia mia, che Lucifero e i suoi diavoli dicono di ciascuno di essi: «Costui non stima la grazia che l'Onnipotente gli fece redimendolo. Riteniamolo dunque sicuramente nostro, perché chi è talmente stolto da cadere in questa dimenticanza non capirà nemmeno i nostri inganni. Avviciniamoci per tentarlo e distruggerlo, giacché gli manca la miglior difesa contro di noi». E poiché la lunga esperienza ha dimostrato loro che accade quasi infallibilmente così, cercano con ogni sforzo di cancellare nei mortali la memoria del sacrificio redentivo di Cristo e di far sì che sia considerato spregevole il parlarne e il predicarlo; cosa che hanno ottenuto nella maggior parte dei casi, con deplorevole rovina delle anime. Al contrario, i demoni diffidano e temono di insidiare quelli che si dedicano alla meditazione assidua della passione, poiché da ciò sentono scaturire contro di sé una forza irresistibile che molte volte impedisce loro di raggiungere chi richiama alla mente quei misteri venerandoli.
593. Voglio dunque che tu, amica mia, tenga stretto al cuore questo mazzetto di mirra: imitami con tutta te stessa negli esercizi da me compiuti per emulare il mio Figlio santissimo nei suoi dolori e riparare le ingiurie e le bestemmie con cui i nemici che lo crocifissero oltraggiarono la sua divina persona. Adesso sii tu, nel mondo, chi procura di dargli un qualche compenso per la turpe ingratitudine e per la deprecabile trascuratezza del genere umano. Ci riuscirai, nel modo in cui desidero, se terrai sempre davanti agli occhi Gesù crocifisso, afflitto e insultato. Persevera nei suddetti esercizi, tralasciandoli solo per obbedienza o per altra giusta causa: se in ciò seguirai il mio esempio, ti renderò partecipe di quello che sperimentavo nel compierli.
594. Ogni giorno, in preparazione all'eucaristia, ti dedicherai innanzitutto alle pie pratiche di cui ti ho parlato e successivamente alle altre mie azioni che conosci: se io, Madre del Signore, non mi reputavo meritevole di accostarmi alla santa comunione e con molti mezzi mi adoperavo per acquistare la purezza necessaria ad accogliere adeguatamente un così alto sacramento, che cosa devi fare tu, povera e soggetta a tante miserie, imperfezioni e colpe? Rendi mondo il tempio della tua anima esaminandolo alla luce divina e ordinandolo con eccellenti virtù, perché è Dio che viene in te, e soltanto lui sarebbe degno di ricevere se stesso nel pane celeste. Invoca l'aiuto dei santi, affinché t'impetrino la grazia da sua Maestà; ma soprattutto chiedi a me tale beneficio, perché io sono avvocata e protettrice speciale di coloro che anelano a prendere parte con le dovute disposizioni alla santa cena. Quando essi mi affidano questo loro desiderio, io lo presento all'Altissimo implorandolo di esaudirli, poiché so come dev'essere il luogo atto a divenire dimora della santissima Trinità. E non ho perso, stando in cielo, la cura e lo zelo per la sua gloria, che ricercavo con tanta attenzione quando vivevo sulla terra. Infine, dopo la mia intercessione cerca quella degli angeli: anch'essi bramano ardentemente che tutti si avvicinino al sacro convito con grande devozione e cuore limpido.
14 giugno 1941
Madre Pierina Micheli
Il nemico mi ha messo tanta ribellione all'ubbidienza... Non voleva farmi continuare la preghiera per ottenere la salute... fui lì per cedere... la Madonna mi aiutò. Per superare la ripugnanza dissi: Il Padre vuole che sani e che il nemico mi lasci un po' in riposo, dunque voglio la grazia. E una voce rispose: Fa quello che ti ho detto e l'avrai. Il nemico fece scompiglio, mi batté forte, e voleva giurassi di non ubbidire altrimenti mi avrebbe finita. Quando mi lasciò ero sfinita, e non potei fare la Santa Comunione... non ne posso più.