Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

L'orazione unita al santo Sacrificio della Messa, ha una forza meravigliosa; e con un tal mezzo l'anima abbonda di celesti consolazioni. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 34° settimana del tempo ordinario (Cristo Re)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 20

1Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo:2"Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità".3E Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi:4Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?".5Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?".6E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta".7Risposero quindi di non saperlo.8E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

9Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo 'piantò una vigna', l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo.10A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote.11Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote.12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono.13Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto.14Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra.15E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna?16Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!".17Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

'La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo'?

18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà".19Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore.21Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio.22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?".23Conoscendo la loro malizia, disse:24"Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?". Risposero: "Di Cesare".25Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio".26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda:28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.30Allora la prese il secondo31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.32Da ultimo anche la donna morì.33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie".34Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;35ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito;36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: 'Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe'.38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui".39Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene".40E non osavano più fargli alcuna domanda.

41Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide,42se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:

'Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,'
43'finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi?'

44Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli:46"Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti;47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".


Primo libro di Samuele 5

1I Filistei, catturata l'arca di Dio, la portarono da Eben-Ezer ad Asdod.2I Filistei poi presero l'arca di Dio e la introdussero nel tempio di Dagon.3Il giorno dopo i cittadini di Asdod si alzarono ed ecco Dagon giaceva con la faccia a terra davanti all'arca del Signore; essi presero Dagon e lo rimisero al suo posto.4Si alzarono il giorno dopo di buon mattino ed ecco Dagon con la faccia a terra davanti all'arca del Signore, mentre il capo di Dagon e le palme delle mani giacevano staccate sulla soglia; solo il tronco era rimasto a Dagon.5A ricordo di ciò i sacerdoti di Dagon e quanti entrano nel tempio di Dagon in Asdod non calpestano la soglia fino ad oggi.6Allora incominciò a pesare la mano del Signore sugli abitanti di Asdod, li devastò e li colpì con bubboni, Asdod e il suo territorio.7I cittadini di Asdod, vedendo che le cose si mettevano in tal modo, dissero: "Non rimanga con noi l'arca del Dio d'Israele, perché la sua mano è troppo dura contro Dagon nostro dio!".8Allora, fatti radunare presso di loro tutti i principi dei Filistei, dissero: "Che cosa si deve fare dell'arca del Dio d'Israele?". Dissero: "Si porti a Gat l'arca del Dio d'Israele". E portarono a Gat l'arca del Dio d'Israele.9Ma ecco, dopo che l'ebbero trasportata, la mano del Signore si fece sentire sulla città con terrore molto grande, colpendo gli abitanti della città dal più piccolo al più grande e provocando loro bubboni.10Allora mandarono l'arca di Dio ad Ekron; ma all'arrivo dell'arca di Dio ad Ekron, i cittadini protestarono: "Mi hanno portato qui l'arca del Dio d'Israele, per far morire me e il mio popolo!".11Fatti perciò radunare tutti i capi dei Filistei, dissero: "Mandate via l'arca del Dio d'Israele!". Infatti si era diffuso un terrore mortale in tutta la città, perché la mano di Dio era molto pesante.12Quelli che non morivano erano colpiti da bubboni e i lamenti della città salivano al cielo.


Proverbi 6

1Figlio mio, se hai garantito per il tuo prossimo,
se hai dato la tua mano per un estraneo,
2se ti sei legato con le parole delle tue labbra
e ti sei lasciato prendere dalle parole della tua bocca,
3figlio mio, fa' così per liberartene:
poiché sei caduto nelle mani del tuo prossimo,
va', gèttati ai suoi piedi, importuna il tuo prossimo;
4non concedere sonno ai tuoi occhi
né riposo alle tue palpebre,
5lìberatene come la gazzella dal laccio,
come un uccello dalle mani del cacciatore.

6Va' dalla formica, o pigro,
guarda le sue abitudini e diventa saggio.
7Essa non ha né capo,
né sorvegliante, né padrone,
8eppure d'estate si provvede il vitto,
al tempo della mietitura accumula il cibo.
9Fino a quando, pigro, te ne starai a dormire?
Quando ti scuoterai dal sonno?
10Un po' dormire, un po' sonnecchiare,
un po' incrociare le braccia per riposare
11e intanto giunge a te la miseria, come un vagabondo,
e l'indigenza, come un mendicante.

12Il perverso, uomo iniquo,
va con la bocca distorta,
13ammicca con gli occhi, stropiccia i piedi
e fa cenni con le dita.
14Cova propositi malvagi nel cuore,
in ogni tempo suscita liti.
15Per questo improvvisa verrà la sua rovina,
in un attimo crollerà senza rimedio.

16Sei cose odia il Signore,
anzi sette gli sono in abominio:
17occhi alteri, lingua bugiarda,
mani che versano sangue innocente,
18cuore che trama iniqui progetti,
piedi che corrono rapidi verso il male,
19falso testimone che diffonde menzogne
e chi provoca litigi tra fratelli.

20Figlio mio, osserva il comando di tuo padre,
non disprezzare l'insegnamento di tua madre.
21Fissali sempre nel tuo cuore,
appendili al collo.
22Quando cammini ti guideranno,
quando riposi veglieranno su di te,
quando ti desti ti parleranno;
23poiché il comando è una lampada e l'insegnamento una luce
e un sentiero di vita le correzioni della disciplina,
24per preservarti dalla donna altrui,
dalle lusinghe di una straniera.
25Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza;
non lasciarti adescare dai suoi sguardi,
26perché, se la prostituta cerca un pezzo di pane,
la maritata mira a una vita preziosa.
27Si può portare il fuoco sul petto
senza bruciarsi le vesti
28o camminare sulla brace
senza scottarsi i piedi?
29Così chi si accosta alla donna altrui,
chi la tocca, non resterà impunito.
30Non si disapprova un ladro, se ruba
per soddisfare l'appetito quando ha fame;
31eppure, se è preso, dovrà restituire sette volte,
consegnare tutti i beni della sua casa.
32Ma l'adultero è privo di senno;
solo chi vuole rovinare se stesso agisce così.
33Incontrerà percosse e disonore,
la sua vergogna non sarà cancellata,
34poiché la gelosia accende lo sdegno del marito,
che non avrà pietà nel giorno della vendetta;
35non vorrà accettare alcun compenso,
rifiuterà ogni dono, anche se grande.


Salmi 114

1Alleluia.

Quando Israele uscì dall'Egitto,
la casa di Giacobbe da un popolo barbaro,
2Giuda divenne il suo santuario,
Israele il suo dominio.

3Il mare vide e si ritrasse,
il Giordano si volse indietro,
4i monti saltellarono come arieti,
le colline come agnelli di un gregge.

5Che hai tu, mare, per fuggire,
e tu, Giordano, perché torni indietro?
6Perché voi monti saltellate come arieti
e voi colline come agnelli di un gregge?

7Trema, o terra, davanti al Signore,
davanti al Dio di Giacobbe,
8che muta la rupe in un lago,
la roccia in sorgenti d'acqua.


Geremia 32

1Parola che fu rivolta a Geremia dal Signore nell'anno decimo di Sedecìa re di Giuda, cioè nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor.2L'esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell'atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda,3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa re di Giuda, dicendo: "Perché profetizzi con questa minaccia: Dice il Signore: Ecco metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà;4Sedecìa re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà dato in mano del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e si guarderanno negli occhi;5egli condurrà Sedecìa in Babilonia dove egli resterà finché io non lo visiterò - oracolo del Signore -; se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla"?
6Geremia disse: Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Ecco Canamèl, figlio di Sallùm tuo zio, viene da te per dirti: Cómprati il mio campo, che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di riscatto per acquistarlo".8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell'atrio della prigione e mi disse: "Compra il mio campo che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di acquisto e a te tocca il riscatto. Cómpratelo!".
Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore9e comprai il campo da Canamèl, figlio di mio zio, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d'argento.10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l'argento sulla stadera.11Quindi presi il documento di compra, quello sigillato e quello aperto, secondo le prescrizioni della legge.12Diedi il contratto di compra a Baruc figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl figlio di mio zio e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto il contratto di compra e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell'atrio della prigione.13Diedi poi a Baruc quest'ordine:14"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Prendi i contratti di compra, quello sigillato e quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo.15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese".
16Pregai il Signore, dopo aver consegnato il contratto di compra a Baruc figlio di Neria:17"Ah, Signore Dio, tu hai fatto il cielo e la terra con grande potenza e con braccio forte; nulla ti è impossibile.18Tu usi misericordia con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi, Dio grande e forte, che ti chiami Signore degli eserciti.19Tu sei grande nei pensieri e potente nelle opere, tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta e il merito delle sue azioni.20Tu hai operato segni e miracoli nel paese di Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini e ti sei fatto un nome come appare oggi.21Tu hai fatto uscire dall'Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio possente e incutendo grande spavento.22Hai dato loro questo paese, che avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorre latte e miele.
23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono secondo la tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure.
24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l'assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi.25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città sarà messa in mano ai Caldei".
26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:27 "Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente; qualcosa è forse impossibile per me?28Pertanto dice il Signore: Ecco io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale la prenderà.29Vi entreranno i Caldei che combattono contro questa città, bruceranno questa città con il fuoco e daranno alle fiamme le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libazioni agli altri dèi per provocarmi.30Gli Israeliti e i figli di Giuda non hanno fatto che quanto è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; gli Israeliti hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore.
31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città da quando la edificarono fino ad oggi; così io la farò scomparire dalla mia presenza,32a causa di tutto il male che gli Israeliti e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme.
33Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione.34Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo35e costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Hinnòn per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloch - cosa che io non avevo comandato, anzi neppure avevo pensato di istituire un abominio simile -, per indurre a peccare Giuda".
36Ora così dice il Signore Dio di Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste:37 "Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli.38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi.40Concluderò con essi un'alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si distacchino da me.41Godrò nel beneficarli, li fisserò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima".42Poiché così dice il Signore: "Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso.43E compreranno campi in questo paese, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, lasciato in mano ai Caldei.44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefèla e nelle città del mezzogiorno, perché cambierò la loro sorte". Oracolo del Signore.


Atti degli Apostoli 6

1In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana.2Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: "Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense.3Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest'incarico.4Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola".5Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiòchia.6Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
7Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede.

8Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo.9Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei "liberti" comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell'Asia, a disputare con Stefano,10ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava.11Perciò sobillarono alcuni che dissero: "Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio".12E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio.13Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: "Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge.14Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè".
15E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.


Capitolo LII: L’uomo non si creda meritevole di essere consolato, ma piuttosto di essere colpito

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1. E' giusto, o Signore, quello che fai con me quando mi lasci abbandonato e desolato; perché della tua consolazione o di alcuna tua visita spirituale io non son degno, e non lo sarei neppure se potessi versare tante lacrime quanto un mare. Altro io non merito che di essere colpito e punito, per averti offeso, spesso e in grave modo, e per avere, in molte occasioni peccato grandemente. Dunque, a conti fatti, in verità, io non sono meritevole del minimo tuo conforto. Ma tu, Dio clemente e pietoso, per manifestare l'abbondanza della tua bontà in copiosa misericordia, non vuoi che l'uomo, opera della tue mani, perisca; inoltre ti degni di consolare il tuo servo, anche al di là di ogni merito, in modo superiore all'umano: ché non somigliano ai discorsi degli uomini, le tue parole consolatrici. O Signore, che cosa ho fatto perché tu mi abbia a concedere qualche celeste conforto? Non rammento di aver fatto nulla di buono; rammento invece di essere sempre stato facile al vizio e tardo all'emendamento. Questa è la verità; non posso negarlo. Se dicessi il contrario, tu ti porresti contro di me, e nessuno verrebbe a difendermi. Che cosa ho meritato con i mie peccati, se non l'inferno e il fuoco eterno?

2. Sinceramente lo confesso, io sono meritevole di essere vituperato in tutti i modi, e disprezzato, non già di essere annoverato tra i tuoi fedeli. Anche se questo me lo dico con dolore, paleserò chiaramente, contro di me, per amore di verità, i miei peccati, così da rendermi degno di ottenere più facilmente la tua misericordia. Che dirò, colpevole quale sono, e pieno di vergogna? Non ho la sfrontatezza di pronunziare parola; se non questa soltanto: ho peccato, Signore, ho peccato, abbi pietà di me, dammi il tuo perdono. "Lasciami un poco; lascia che io pianga tutto il mio dolore, prima di andare nel luogo della tenebra, coperto dalla caligine della morte" (Gb 10,20s). Che cosa chiedi massimamente dal colpevole, dal misero peccatore, se non che egli si penta e si umilii per le sue colpe? Dalla sincera contrizione e dall'umiliazione interiore sboccia la speranza del perdono, e ritrova se stessa la coscienza sconvolta; l'uomo riacquista la grazia perduta e trova riparo dall'ira futura. Dio e l'anima penitente si incontrano in un vicendevole santo bacio. Sacrificio a te gradito, o Signore - sacrificio che odora, al tuo cospetto, molto più soave del profumo dell'incenso - è l'umile sincero pentimento dei peccatori. E' questo pure l'unguento gradito che hai voluto fosse versato sui tuoi sacri piedi, giacché tu non hai disprezzato "un cuore contrito ed umiliato" (Sal 50,19). In questo sincero pentimento si trova rifugio dalla faccia minacciosa del nemico. Con esso si ripara e si purifica tutto ciò che, da qualche parte, fu deturpato e inquinato.


Omelia 23: Voi non volete venire a me per avere la vita.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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[Scavare in profondità.]

1. In un passo del Vangelo il Signore dice che il saggio uditore della sua parola deve rassomigliare all'uomo che, volendo costruire, scava in profondità fino ad arrivare al fondamento stabile della roccia, e sopra di essa innalza la sua costruzione al sicuro dell'impeto della corrente del fiume. E così quando questo sopraggiunge con tutta la sua violenza, s'infrange contro la solidità di quella casa, anziché ridurla in rovine (cf. Mt 7, 24-25). La sacra Scrittura è da considerare come un campo in cui noi vogliamo costruire. Non dobbiamo essere pigri né superficiali. Scaviamo in profondità, fino ad arrivare alla pietra. E la pietra era Cristo (1 Cor 10, 4).

2. La lezione di oggi ci riferisce come il Signore attesti di non aver bisogno della testimonianza degli uomini, perché ne ha una superiore alla loro. Ed ecco la natura di questa testimonianza: Le opere che io faccio mi rendono testimonianza; e aggiunge: E mi rende testimonianza il Padre che mi ha mandato (Gv 5, 36-37). Egli afferma di aver ricevuto dal Padre le opere stesse che egli compie. Gli rendono testimonianza le opere, gli rende testimonianza il Padre. E Giovanni, allora, non gli ha reso alcuna testimonianza? Certo che gliel'ha resa, ma come una lucerna; e non per confortare gli amici, ma per confondere i nemici. Già il Padre aveva predetto: Ho preparato una lucerna al mio Consacrato: riempirò di confusione i suoi nemici; sopra di lui, invece, rifulgerà la mia santità (Sal 131, 17-18). Immaginati di essere di notte e di veder risplendere una lucerna, di guardarla e di esultare alla sua luce. Ma la lucerna ti dice che esiste il sole, che è quello in cui tu devi esultare: e, benché arda nella notte, ti comanda di vivere nell'attesa del giorno. Non si può dire, dunque, che non fosse necessaria la testimonianza di quell'uomo. A quale scopo sarebbe stato mandato, se non fosse stato necessario? Ma affinché l'uomo non si accontentasse della lucerna, illudendosi che gli bastasse quella luce, il Signore non disse che la lucerna fosse inutile, ma neppure che ci si poteva fermare ad essa. La Sacra Scrittura ci offre un'altra testimonianza. In essa è certamente Dio che rende testimonianza a suo Figlio; e in quella Scrittura che è la Legge di Dio, donata loro per il ministero di Mosè servitore di Dio, i Giudei avevano riposto la loro speranza. Ma il Signore dice: Scrutate le Scritture, nelle quali pensate di avere la vita eterna; esse stesse mi rendono testimonianza; eppure, voi non volete venire a me per avere la vita (Gv 5, 39-40). Pensate di trovare nella Scrittura la vita eterna? Ebbene, interrogatela per sapere a chi rende testimonianza, e vedrete che cosa è la vita eterna. E poiché, in nome di Mosè volevano ripudiare Cristo come avversario delle istituzioni e dei precetti di Mosè, nuovamente li convince di errore, servendosi di un'altra lucerna.

3. Tutti gli uomini, in effetti, sono come delle lucerne, che si possono accendere e spegnere. Le lucerne, quando sono piene di sapienza, risplendono e sono spiritualmente fervide; mentre, quando si spengono, mandano cattivo odore. I servi di Dio si conservarono lucerne ardenti in virtù dell'olio della sua misericordia, non in virtù delle loro forze. Sì, perché è la grazia gratuita di Dio l'olio delle lucerne. Più di tutti loro io ho lavorato, afferma una famosa lucerna; e affinché non si credesse che egli ardeva per risorse proprie, ha aggiunto: Non già io, ma la grazia di Dio con me (1 Cor 15, 10). Tutte le profezie che precedono l'avvento del Signore, sono una lucerna; di essa l'apostolo Pietro dice: Abbiamo meglio confermata la parola profetica, alla quale fate bene a volgere lo sguardo, come a lucerna che brilla in luogo buio, finché non spunti il giorno, e si levi la stella del mattino nei vostri cuori (2 Pt 1, 19). I profeti sono lucerne, e tutte le profezie nel loro insieme sono come una grande lucerna. E cosa sono gli Apostoli? Non sono lucerne anch'essi? Certamente. Solo il Cristo non è una lucerna: egli non si accende né si spegne; perché come il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso (Gv 5, 26). Anche gli Apostoli quindi sono lucerne: ed essi rendono grazie perché vengono accesi con la luce della verità, ardono in virtù dello Spirito di carità, li alimenta l'olio della grazia di Dio. Se non fossero lucerne, di essi non direbbe il Signore: Voi siete la luce del mondo. E dopo aver detto loro: Voi siete la luce del mondo, li avverte che non devono considerarsi luce, come è quella di cui si dice: Era la vera luce, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 9). E' proprio questo che l'evangelista afferma del Signore per distinguerlo da Giovanni Battista. Di Giovanni infatti egli aveva detto: Non era lui la luce, ma veniva per rendere testimonianza alla luce (Gv 1, 8). Tu potresti chiederti: perché non era la luce colui del quale Cristo afferma che era una lucerna (Gv 5, 35)? Non era luce, in confronto all'altra luce. C'era la vera luce - dice l'evangelista - che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Così, avendo detto ai discepoli: Voi siete la luce del mondo, affinché non si arrogassero in alcun modo ciò che è proprio di Cristo, e affinché il vento della superbia non spegnesse la loro fiammella, il Signore subito ha aggiunto: Una città non può star nascosta se è situata su di un monte; né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, perché risplenda per tutti quelli che sono in casa. E perché non disse che gli Apostoli erano lucerne, ma disse che erano come coloro che accendono la lucerna che deve essere collocata sul candelabro? Ascolta come li abbia definiti anche lucerne: Similmente risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché, vedendo le vostre buone opere, glorifichino - non voi, ma - il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5, 14-16).

[E' Dio che rende beata l'anima.]

4. Mosè ha reso testimonianza a Cristo, e testimonianza a Cristo hanno reso Giovanni Battista, e tutti i profeti e gli Apostoli. Ma al di sopra di tutte queste testimonianze, Cristo pone la testimonianza delle sue opere. Gli è che per mezzo di quelli era sempre Dio che rendeva testimonianza a suo Figlio. Ma ora in un altro modo Dio rende testimonianza al Figlio: è per mezzo del suo stesso Figlio che Dio rivela il Figlio, anzi, per mezzo del Figlio rivela se stesso. Se l'uomo riuscirà ad arrivare a lui, non avrà più bisogno di lucerne e, scavando davvero in profondità, avrà finalmente costruito l'edificio sulla roccia viva.

5. Come vedete, fratelli, la lezione di oggi non presenta difficoltà; ma c'è da pagare il debito di ieri. So infatti di aver soltanto differito il debito contratto ieri, e il Signore si è degnato di offrirmi oggi l'occasione di pagarlo. Richiamate dunque alla memoria ciò che dovete chiedere a Dio, se vogliamo in qualche modo, col dovuto rispetto e con umiltà salutare, elevarci non contro Dio, ma verso Dio. Eleviamo a lui l'anima nostra, effondendola sopra di noi, come nel salmo faceva colui al quale si chiedeva Dov'è il tuo Dio? Ho meditato - egli dice - queste cose, ed ho effuso sopra di me l'anima mia (Sal 41, 4-5). Eleviamo, dunque, l'anima non contro Dio, ma a Dio, come dice un altro salmo: A te, o Signore, ho elevato l'anima mia (Sal 24, 1). Ed eleviamola col suo aiuto; poiché l'anima nostra è pesante. Perché è pesante? Perché il corpo che si corrompe, appesantisce l'anima, e la dimora terrena opprime la mente presa da molti pensieri (cf. Sap 9, 15). Forse potremmo riuscire a raccogliere il nostro spirito dal molteplice all'uno, e riportarlo all'unità sottraendolo alla dispersione (il che è impossibile, già l'ho detto, se non ci aiuta colui il quale vuole che eleviamo a lui l'anima nostra); e così forse comprenderemo, almeno in parte, come il Verbo di Dio, l'Unigenito del Padre, insieme con lui eterno e a lui uguale, non possa fare se non ciò che ha visto fare al Padre, mentre lo stesso Padre non fa niente senza il Figlio che vede quanto egli fa. Mi sembra che in questo passo il Signore Gesù abbia voluto suggerire qualcosa di grande a quanti impegnano la loro attenzione, comunicare qualcosa di grande a quanti ne sono capaci, e gli incapaci stimolare alla ricerca affinché, vedendo che non lo comprendono, se ne rendano capaci mediante una vita degna. Ci ha voluto suggerire che l'anima e la mente razionale, di cui l'uomo, a differenza del bruto, è dotato, non può ricevere la vita, la felicità e la luce, se non dall'essenza stessa di Dio. L'anima agisce per mezzo del corpo e nel corpo, tenendolo a sé soggetto; e per mezzo delle cose corporali i sensi possono ricevere piacevoli o sgradevoli impressioni, e per questo, cioè per la coesistenza e unione stretta che esiste in questa vita tra il corpo e l'anima, l'anima riceve diletto o tristezza secondo che le impressioni dei sensi sono piacevoli o sgradevoli. Tuttavia la beatitudine, che può rendere beata l'anima stessa, non si realizza se non mediante la partecipazione a quella vita sempre viva, a quella sostanza immutabile ed eterna che è Dio. E così come l'anima, che è inferiore a Dio, comunica la vita a ciò che è inferiore ad essa, cioè al corpo, così non può, l'anima, ricevere la vita che la rende felice, se non da ciò che è superiore all'anima stessa. L'anima è superiore al corpo, e Dio è superiore all'anima. L'anima arricchisce ciò che è inferiore e riceve da chi le è superiore. Si ponga al servizio del suo Signore, se non vuol essere calpestata dal suo servo. In ciò consiste, o miei fratelli, la religione cristiana, che viene predicata in tutto il mondo suscitando la reazione degli avversari, i quali protestano quando sono vinti e infieriscono quando prevalgono. Questa è la religione cristiana, che consiste nel rendere onore ad un solo Dio, non a molti dèi. Non c'è che un solo Dio che può rendere beata l'anima. Essa diventa beata partecipando alla vita di Dio. Non diventa beata, l'anima debole, partecipando alla vita di un'anima santa; né diventa beata, l'anima santa, partecipando alla vita dell'angelo; ma se l'anima debole cerca la beatitudine, la cerchi laddove ha trovato la sua beatitudine l'anima santa. Tu non troverai la beatitudine nell'angelo, ma dove la trova l'angelo, lì la troverai anche tu.

[Resurrezione dell'anima e del corpo.]

6. Ciò premesso e assodato: che l'anima razionale non può trovare la sua felicità se non in Dio, che il corpo non può vivere se non mediante l'anima, e che questa è come qualcosa d'intermedio tra Dio e il corpo; prestate attenzione e ricordate con me, non la lezione di oggi su cui ci siamo fermati abbastanza, ma quella di ieri che stiamo meditando e commentando ormai da tre giorni, scavando con tutte le nostre forze per arrivare fino alla roccia viva. Cristo è il Verbo; Cristo è il Verbo di Dio presso Dio; Cristo è il Verbo, e il Verbo è Dio. Cristo, Dio e il Verbo non sono che un solo Dio. A lui rivolgi lo sguardo, o anima, lasciando da parte e anche trascendendo tutto il resto; verso questa meta dirigi i tuoi passi. Non c'è creatura più potente di questa, non c'è creatura più sublime di questa, che si chiama anima razionale; al di sopra di essa non c'è che il Creatore. Dicevo, dunque, che Cristo è il Verbo, che è il Verbo di Dio, che è Dio; ma Cristo non è soltanto il Verbo, perché il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi (Gv 1, 14). Cristo quindi è il Verbo ed è carne; poiché Lui, di natura divina, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio. Che sarebbe stato di noi, quaggiù nell'abisso, deboli e attaccati alla terra e perciò nell'impossibilità di raggiungere Dio? Potevamo essere abbandonati a noi stessi? No assolutamente. Egli annientò se stesso prendendo la forma di servo (Fil 2, 6-7); senza, però, abbandonare la forma di Dio. Si fece dunque uomo colui che era Dio, assumendo ciò che non era senza perdere ciò che era; così Dio si fece uomo. Da una parte qui trovi il soccorso alla tua debolezza, dall'altra qui trovi quanto ti occorre per raggiungere la perfezione. Ti sollevi Cristo in virtù della sua umanità, ti guidi in virtù della sua umana divinità, ti conduca alla sua divinità. Tutta la predicazione cristiana, o fratelli, e l'economia della salvezza incentrata nel Cristo, si riassumono in questo e non in altro: nella risurrezione delle anime e nella risurrezione dei corpi. Ambedue erano morti: il corpo a causa della debolezza, l'anima a causa dell'iniquità; ambedue erano morti ed era necessario che ambedue, l'anima e il corpo, risorgessero. In virtù di chi risorge l'anima, se non in virtù di Cristo Dio? In virtù di chi risorge il corpo, se non in virtù di Cristo uomo? Anche il Cristo possedeva l'anima umana, tutta l'anima umana; non soltanto la parte irrazionale, ma anche quella razionale che si chiama mente. Ci sono stati certi eretici, espulsi dalla Chiesa, i quali ritenevano che il corpo di Cristo non possedesse l'anima razionale, ma un'anima presso a poco come quella dei bruti; sì, perché se si toglie l'anima razionale, non rimane altra vita che quella dei bruti. Essi sono stati espulsi, e con ragione sono stati espulsi. Accetta, dunque, il Cristo tutto intero: Verbo, anima razionale e carne. Questo è il Cristo nella sua totalità. Risorga la tua anima dall'iniquità in virtù della sua divinità e risorga il tuo corpo dalla corruzione in virtù della sua umanità. Pertanto, o carissimi, non vi sfugga la profondità di questa pagina, che a me pare piuttosto notevole, e osservate che qui in sostanza il Cristo parla dello scopo della sua venuta, che è precisamente la risurrezione dell'anima dall'iniquità e la risurrezione dei corpi dalla corruzione. Vi ho già detto che le anime risorgono in virtù della sostanza stessa di Dio, e i corpi risorgono in virtù dell'incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo.

7. In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre; poiché quanto questi fa, il Figlio similmente lo fa (Gv 5, 19). Il cielo, la terra, il mare; le cose che sono in cielo, sulla terra, nel mare; le cose visibili e le invisibili, gli animali della terra, gli alberi fruttiferi dei campi; ciò che nuota nell'acqua e vola nell'aria e brilla in cielo; inoltre gli Angeli, le Virtù, i Troni, le Dominazioni, i Principati e le Potestà, tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1, 3). Forse che Dio ha fatto tutto questo, e, dopo averlo fatto, lo ha mostrato al Figlio perché il Figlio facesse un altro mondo pieno di tutte queste cose? Certamente no. E allora? Ciò che fa il Padre, le stesse cose - le stesse cose non altre - fa anche il Figlio - e non le fa in altra maniera, ma - nel medesimo modo. Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa (Gv 5, 19-20). Il Padre mostra al Figlio come si risuscitano le anime; perché vengono risuscitate per mezzo del Padre e del Figlio, e non possono vivere, le anime, se non di Dio che è la loro vita. Ora, dato che le anime non possono vivere se Dio non è la loro vita, allo stesso modo che esse sono la vita dei corpi; ciò che il Padre mostra al Figlio, cioè quanto egli fa, lo fa per mezzo del Figlio. Poiché non mostra al Figlio facendo, ma mostrando fa per mezzo del Figlio. Il Figlio infatti vede il Padre che gli mostra quanto fa prima ancora di farlo, e da questo mostrare del Padre e vedere del Figlio si ha come risultato l'opera del Padre compiuta per mezzo del Figlio. In questo modo vengono risuscitate le anime, se riescono a vedere questa unità perfetta del Padre che mostra e del Figlio che vede; e così, per opera del Padre che mostra e del Figlio che vede, si compie la creazione. E questo che si compie per opera del Padre che mostra e del Figlio che vede, non è il Padre né il Figlio, poiché tutto ciò che compie il Padre per mezzo del Figlio è inferiore al Padre e al Figlio. Chi può comprendere ciò?

[Processo di interiorizzazione.]

8. Eccoci di nuovo ai pensieri della carne, ecco che di nuovo scendiamo e ci mettiamo al vostro livello, se mai ci siamo elevati alquanto sopra di voi. Vuoi mostrare qualcosa a tuo figlio, perché faccia quello che hai fatto tu per primo? Devi farlo tu e quindi mostrarglielo. Ora, in ciò che fai per mostrarlo a tuo figlio, certamente non ti servi di lui per farlo. Lo fai tu solo e lui vede quello che fai tu, per fare poi altrettanto e nel medesimo modo. In Dio non è così. Perché lo fai agire a tua somiglianza, al punto da cancellare in te la somiglianza divina? Niente di tutto questo in Dio. Ecco, ho trovato come un caso in cui potresti mostrare a tuo figlio qualcosa prima di farlo e, dopo che gliel'hai mostrato, farlo tu per mezzo suo. Hai deciso che cosa intendi fare. Ad esempio, tu dici: intendo fare una casa, e voglio costruirla io per mezzo di mio figlio; ebbene, prima di costruirla mostro a mio figlio ciò che voglio fare, ed egli la fa, e anch'io la faccio per mezzo di lui al quale ho voluto mostrare la mia volontà. Sì, ti sei allontanato dalla similitudine precedente, ma sei ancora molto lontano dalla verità. Infatti, prima di fare la casa, indichi e mostri a tuo figlio ciò che vuoi fare, sicché mostrandoglielo prima di farlo, egli attua ciò che gli mostri, e anche tu per mezzo di lui; ma dovrai parlare a tuo figlio, dovrà esserci fra te e lui uno scambio d'idee; fra chi mostra e chi vede, fra chi parla e chi ascolta risuona nell'aria la pronuncia di sillabe che non si può identificare né con ciò che sei tu né con ciò che è lui. Sì, il suono che esce dalla tua bocca e percuote l'aria, raggiunge l'orecchio di tuo figlio, e dopo avergli riempito l'udito, porta al suo cuore il tuo pensiero; questo suono non è né te né tuo figlio. E' un segno trasmesso dal tuo spirito allo spirito di tuo figlio, segno che non s'identifica né col tuo animo né con l'animo di tuo figlio, ma è un'altra cosa. Possiamo dire che è così che il Padre parla col Figlio? C'è stato uno scambio di parole tra Dio e il suo Verbo? E' così? Se il Padre vuol dire qualcosa al Figlio, se vuol dirgliela con delle parole, dato che il Figlio stesso è il Verbo, la Parola del Padre, dovrebbe forse dirgliela con una parola distinta dal Verbo? Oppure, poiché il Figlio è il grande Verbo, la grande Parola del Padre, tra il Padre e il Figlio intercorrono forse parole minori? E' da credere che un suono, come creatura temporale e alata, possa uscire dalla bocca del Padre e colpire l'orecchio del Figlio? Forse che Dio possiede il corpo, perché il suono possa uscire dalla sua bocca? Forse che il Verbo possiede orecchie corporali alle quali possa giungere il suono? Rimuovi tutto ciò che è corporeo, tieni conto della semplicità divina, se vuoi essere semplice. Ma come puoi essere semplice? Non diventar prigioniero del mondo, ma distaccati da esso. Se riuscirai a mantenerti libero, potrai essere semplice. Cerca di capire quello che dico; e se non puoi, credi ciò che non comprendi. Ciò che dici a tuo figlio glielo dici mediante la parola; e tu non sei la parola che viene pronunciata e neanche tuo figlio.

9. Ho un altro mezzo, tu dirai, per mostrare ciò che voglio: mio figlio è intelligente e m'intende senza che io parli, basta che gli mostri con un cenno quello che deve fare. Ebbene, mostragli con un cenno quello che vuoi, il tuo animo ha bisogno di mostrare ciò che ha dentro. Con che cosa fai questo cenno? Con il tuo corpo, ossia con le labbra, con il volto, con le ciglia, con gli occhi, con le mani. Nessuna di queste parti del tuo corpo sono il tuo animo: esse sono soltanto mezzi. Tu riesci a farti intendere per mezzo di questi, che non sono né il tuo animo né l'animo di tuo figlio; ma tutto questo che compi col corpo, è inferiore al tuo animo e all'animo di tuo figlio; e tuttavia, senza questi segni corporali, tuo figlio non potrebbe conoscere il tuo animo. E allora? Questo non è il caso di Dio: in lui è perfetta semplicità. Il Padre mostra al Figlio ciò che fa, e mostrando genera il Figlio. Mi rendo conto di ciò che sto dicendo; ma siccome conosco anche a chi lo dico, vorrei che una volta tanto riusciste a capire. Se non potete comprendere chi è Dio, comprendete almeno che cosa non è. E' già tanto non avere di Dio un'idea sbagliata. Non sei ancora arrivato a sapere chi è Dio? Renditi conto almeno di ciò che non è. Dio non è corpo, non è terra, cielo, luna, stelle, sole: non è nessuna di queste realtà corporali. E se non è nessuna realtà celeste, tanto meno è una realtà terrestre. Elimina da lui ogni forma corporea. E ascolta un'altra cosa: Dio non è spirito mutevole. Lo riconosco, e bisogna ammetterlo perché lo afferma il Vangelo: Dio è spirito (Gv 4, 24). Ma trascendi ogni spirito mutevole, trascendi lo spirito che ora sa, ora non sa; ricorda e dimentica; vuole ciò che prima non voleva, non vuole ciò che prima voleva. Sia che vada soggetto a questi mutamenti, sia che vi possa andare, trascendi tutto questo. Non c'è in Dio alcun mutamento, niente che adesso è così e prima non era così; poiché dovunque avverti il passaggio da un modo di essere ad un altro modo di essere, lì c'è il segno della morte: la morte infatti consiste nel non essere più ciò che si era. Si dice che l'anima è immortale, e certamente lo è; l'anima vive sempre e possiede in sé un principio permanente di vita, anche se il suo modo di vivere è mutevole; e a causa di questo mutevole modo di vivere, si può dire altresì che è mortale. Se, infatti, viveva sapientemente ed è diventata stolta, decadendo è morta: è morta cambiando in peggio; se invece viveva da stolta ed è diventata sapiente, è morta cambiando in meglio. La Scrittura c'insegna che esiste una morte in peggio, ed esiste una morte in meglio. Ad esempio, erano morti in peggio quelli di cui si dice: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti (Mt 8, 22); come pure: Sorgi, tu che dormi, risvegliati dai morti e Cristo ti illuminerà (Ef 5, 14); come pure in questo passo: I morti udranno la voce e quelli che l'avranno ascoltata vivranno (Gv 5, 25). Erano morti in peggio, e per questo ritornano in vita: la risurrezione è una morte in meglio, perché mediante la risurrezione cessano di essere ciò che erano; e la morte è questo: cessare di essere ciò che si era. Ma se si tratta di un passaggio in meglio, si può ancora chiamare morte? L'Apostolo la chiama morte: Se siete morti con Cristo agli elementi di questo mondo, perché ci considerate ancora come viventi di questo mondo? (Col 2, 20). E ancora: Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3). Egli vuole che noi moriamo per vivere, dal momento che abbiamo vissuto per morire. Quindi tutto ciò che muore, in peggio o in meglio, non è Dio. La somma bontà non può migliorare, né la vera eternità corrompersi. C'è vera eternità là dove non esiste tempo. Se una cosa era in un modo e adesso è in un altro, vuol dire che è legata al tempo, e non è più eterna. E' assodato dunque che Dio non è come l'anima. L'anima è certamente immortale; ma di Dio l'Apostolo dice: Colui che solo possiede l'immortalità (1 Tim 6, 16), volendo chiaramente intendere che possiede l'immortalità solo chi possiede la vera eternità. In Dio non c'è mutazione alcuna.

[Cercare il Creatore nella sua immagine.]

10. Riconosci in te qualcosa di quanto voglio dire: lo troverai dentro di te, nel tuo intimo. Non nel tuo corpo, anche se si può dire "in te" facendo riferimento solo al tuo corpo. In te c'è la salute, in te c'è una determinata età, ma secondo il corpo; in te è la mano, il piede. C'è qualcosa in te di intimo e di profondo, e qualcosa, invece, che aderisce a te come vi aderisce la tua veste. Lascia fuori la tua veste e anche la tua carne, rientra in te, penetra nel tuo intimo, nella tua anima, e se ti è possibile, cerca di vedere dentro di te ciò che sto dicendo. Se tu stesso sei lontano da te, come potrai avvicinarti a Dio? Ti parlavo di Dio, e tu credevi di poterlo comprendere; adesso ti parlo dell'anima, adesso ti parlo di te; vediamo se comprendi, voglio metterti alla prova. Non vado troppo lontano a cercare gli esempi, quando voglio trovare nella tua stessa anima la somiglianza col tuo Dio. L'uomo, infatti, è stato fatto ad immagine di Dio, non nel corpo, ma nello spirito. Cerchiamo, dunque, Dio nella sua somiglianza, riconosciamo il Creatore nella sua immagine. Cerchiamo, per quanto è possibile, di trovare lì dentro all'anima ciò di cui stiamo parlando: come mostra il Padre al Figlio, e come il Figlio vede ciò che il Padre gli mostra, prima che il Padre faccia alcunché per mezzo del Figlio. Ma se arriverai a capire ciò che ti dico, non dovrai subito pensare che in Dio sia proprio così. Dovrai, invece, mantenere quel rispetto religioso, che vorrei non venisse mai meno in te. E soprattutto ti raccomando una cosa: se ancora non riesci a comprendere ciò che è Dio, non ritenere cosa da poco sapere ciò che non è.

11. Nella tua anima scorgo due facoltà, la memoria e l'intelletto, che sono l'occhio e lo sguardo dell'anima. Vedi una cosa, la cogli per mezzo degli occhi e l'affidi alla memoria: essa custodisce quanto le hai affidato, essa è come un granaio, come uno scrigno, come un luogo recondito e intimo. Tu ora pensi ad altro, la tua attenzione è rivolta altrove: ma ciò che hai visto è conservato nella tua memoria, anche se tu non te ne rendi conto perché la tua attenzione è rivolta ad altro. Faccio un esempio che si riferisce alla vostra esperienza. Nomino Cartagine: in questo momento tutti voi che conoscete Cartagine, la vedete dentro di voi. Esistono forse tante Cartagini quante sono le vostre anime? E' bastato pronunciarne il nome perché tutti la vedeste dentro di voi. Queste quattro sillabe, a voi familiari, sono uscite dalla mia bocca, hanno colpito le vostre orecchie e, attraverso il corpo, hanno raggiunto la vostra anima; e l'anima, che stava pensando ad altro, è stata richiamata a ciò che già in lei si trovava, e ha visto Cartagine. E' stato in questo momento che si è formata in lei l'immagine di Cartagine? No, c'era già, ma era nascosta. Perché restava lì nascosta? Perché il tuo animo attendeva ad altro. Quando, però, il tuo pensiero è stato richiamato a ciò che già esisteva nella memoria, allora si è formata e prodotta la visione dell'animo. Prima non c'era la visione, ma c'era la memoria; richiamato il pensiero alla memoria, è avvenuta la visione. La tua memoria, quindi, ha mostrato Cartagine al tuo pensiero, gli ha mostrato ciò che era nell'anima prima che se ne rendesse conto, richiamandone l'attenzione. Ecco, la memoria ha mostrato e il pensiero ha visto; senza bisogno di parole né di alcun segno corporale, né di cenni, o scritti, o suoni; senza bisogno di tutto questo, il pensiero ha visto ciò che la memoria gli ha mostrato. La memoria che mostra e il pensiero che vede appartengono alla medesima essenza. Ma Cartagine esiste nella tua memoria mediante l'immagine che per mezzo dei tuoi occhi hai formato. Hai visto, dunque, ciò che avevi riposto nella tua memoria. Così come hai visto l'albero che ora ricordi, il monte, il fiume, il volto dell'amico, del nemico, del padre, della madre, del fratello, della sorella, del figlio, del vicino; come hai visto le lettere d'un manoscritto, il manoscritto stesso, questa basilica: hai visto tutto questo, lo hai visto perché già esisteva, lo hai affidato alla memoria, e in essa lo conservi per vederlo col pensiero quando vuoi, anche quando tutto questo è lontano dagli occhi del corpo. Hai visto Cartagine quand'eri a Cartagine; per mezzo degli occhi la tua anima ne ha attinto l'immagine; questa immagine è stata riposta nella tua memoria quando ancora ti trovavi in quella città e l'hai conservata dentro di te per vederla in te anche quando non ti fossi più trovato colà. Tutte queste impressioni tu le hai ricevute di fuori. Ciò che il Padre mostra al Figlio, invece, non lo riceve di fuori: tutto avviene dentro; tanto che non esisterebbe creatura alcuna di fuori, se non l'avesse fatta il Padre per mezzo del Figlio. Ogni creatura è stata fatta da Dio, e prima di esser fatta non esisteva. Non può quindi esser stata fatta e poi vista e conservata nella memoria, perché il Padre la mostrasse al Figlio, come la memoria la mostra al pensiero. Il Padre ha mostrato la creatura prima di farla e il Figlio l'ha vista prima di farla, e il Padre l'ha fatta mostrandogliela perché l'ha fatta per mezzo del Figlio che la vedeva. Perciò la frase: se non ciò che vede fare al Padre, non deve impressionare. Non dice: se non ciò che gli mostra il Padre. Questo significa che per il Padre "mostrare" è lo stesso che "fare", così che ci si convinca che il Padre fa tutto per mezzo del Figlio che vede. Né questo mostrare né questo vedere appartengono al tempo. Per mezzo del Figlio, infatti, sono stati creati tutti i tempi, e quindi non può essergli mostrato, in un determinato tempo, ciò che doveva essere fatto. Il mostrare del Padre genera il vedere del Figlio. E' l'atto di mostrare, infatti, che genera la visione, non viceversa. Che se ci fosse dato di penetrare la verità in maniera più chiara e più completa, potremmo renderci conto che il Padre non differisce dal suo mostrare né il Figlio dal suo vedere. Ma se a malapena siamo riusciti a comprendere e a malapena siamo riusciti a spiegare come possa la memoria mostrare al pensiero ciò che essa attinge di fuori, come pretendiamo di capire e spiegare in che modo Dio mostra al Figlio ciò che non riceve d'alcuna parte e che s'identifica con ciò che egli stesso è? Siamo tanto piccoli! Vi posso dire ciò che Dio non è, non vi posso mostrare ciò che è. Cosa dovremo fare per arrivare a conoscere chi è? Credete di poterlo sapere da me o per mezzo mio? Io cerco di dirlo come si fa con i piccoli, perché tali siamo, voi ed io. C'è chi può dircelo. Abbiamo appena cantato e ascoltato: Getta il tuo pensiero nel Signore, ed egli ti nutrirà (Sal 54, 23). E' per questo che non puoi, o uomo, perché sei piccolo; se sei piccolo, devi essere nutrito ed allora potrai crescere. E ciò che non potevi vedere da piccolo, lo potrai da grande. Ma per nutrirti getta il tuo pensiero nel Signore, ed egli ti nutrirà.

12. Scorriamo ora brevemente ciò che resta di questo passo, e vedrete come il Signore cerchi di farvi capire quanto vi ho qui spiegato. Il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa. Egli stesso risuscita le anime, ma lo fa per mezzo del Figlio, affinché le anime risuscitate possano fruire dell'essenza divina, che è quella del Padre e del Figlio. E gli mostrerà opere maggiori di queste. Maggiori di quali? Maggiori delle guarigioni dei corpi. Ne abbiamo già parlato e non è il caso di soffermarcisi. E' infatti opera ben maggiore la risurrezione del corpo per l'eternità che la guarigione temporale del corpo procurata a quell'infermo. E gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati (Gv 5, 20). Gli mostrerà, dice, quasi intendendo qualcosa che accadrà nel tempo. Cioè mostrerà come a un uomo creato nel tempo. Il Verbo, che è Dio, e per mezzo del quale sono stati creati tutti i tempi, non è stato creato: Cristo però in quanto uomo è stato fatto nel tempo. Si sa sotto quale console e in quale giorno la Vergine Maria partorì Cristo, che ella aveva concepito dallo Spirito Santo. Diventò quindi uomo nel tempo colui per mezzo del quale, come Dio, furono creati tutti i tempi. E' dunque nel tempo che gli mostrerà opere ancora maggiori, come appunto è la risurrezione dei corpi, che sarà operata per mezzo del Figlio e che ci riempirà di meraviglia.

13. Più avanti il Signore torna a parlare della risurrezione delle anime: Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole: è la risurrezione secondo lo spirito. E' il Padre che fa vivere, ed è il Figlio: il Padre fa vivere chi vuole, e il Figlio fa vivere chi vuole; e il Padre gli stessi che il Figlio, perché per mezzo di lui tutto è fatto. Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Questo si riferisce alla risurrezione delle anime. E la risurrezione dei corpi? Ribadisce: Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio. La risurrezione delle anime si compie in virtù della sostanza eterna e immutabile del Padre e del Figlio; la risurrezione dei corpi si compie, invece, in forza dell'economia temporale dell'umanità del Figlio, che non è coeterna al Padre. Perciò riferendosi al giudizio, quando si compirà la risurrezione dei corpi, dice: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio; mentre, riferendosi alla risurrezione delle anime, dice: Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Questa risurrezione è attribuita insieme al Padre e al Figlio, mentre a proposito della risurrezione dei corpi dice: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Questo si riferisce alla risurrezione delle anime: affinché tutti onorino il Figlio - dice. In qual modo? come onorano il Padre. Il Figlio infatti compie la risurrezione delle anime, come il Padre; il Figlio fa vivere, come il Padre. Quindi per la risurrezione delle anime tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. E a proposito dell'onore che si deve per la risurrezione del corpo? Chi non onora il Figlio, neppure onora il Padre che lo ha mandato (Gv 5, 21-23). Non dice "come onora" ma dice: onora il Padre e onora il Figlio. Si deve onorare Cristo uomo, ma non come Dio Padre. Perché? Perché, in quanto uomo, il Signore ha detto: Il Padre è maggiore di me (Gv 14, 28). In che senso, allora, si deve onorare il Figlio come si onora il Padre? In quanto in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e in quanto tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (Gv 1, 1 3). E che dice di quell'onore dovuto al Figlio in quanto uomo? Chi non onora il Figlio, neppure onora il Padre che lo ha mandato. Il Figlio è stato mandato in quanto si è fatto uomo.

[Ambientazione della parola di Dio.]

14. In verità, in verità vi dico. Il Signore torna a parlare della risurrezione delle anime; affinché, a forza d'insistere, noi arriviamo a capire. E siccome non saremmo riusciti a seguire un discorso troppo rapido, vedete come la Parola di Dio s'intrattiene con noi? Vedete com'è condiscendente verso la nostra debolezza. Ritorna sul tema della risurrezione delle anime. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna. Ha la vita eterna dal Padre. Infatti dice: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, da parte del Padre ha la vita eterna, in quanto appunto crede in colui che lo ha mandato. E non incorre nel giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. E questa vita la riceve dal Padre, nel quale ha creduto. Ma come, non dai la vita anche tu, o Cristo? Certamente, perché anche il Figlio fa vivere chi vuole. E continua: In verità, in verità vi dico: viene l'ora in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Qui non dice: quelli che credono in colui che mi ha mandato vivranno, ma dice che ascoltando la voce del Figlio di Dio, quelli che l'avranno ascoltata - cioè avranno obbedito al Figlio di Dio - vivranno. Quindi saranno vivificati dal Padre per aver creduto al Padre, e saranno vivificati dal Figlio ascoltando la voce del Figlio di Dio. E perché riceveranno la vita tanto dal Padre che dal Figlio? Perché come il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso (Gv 5, 24-26).

15. Concluso il discorso sulla risurrezione delle anime, rimane da chiarire quello sulla risurrezione dei corpi. E a lui ha dato il potere di giudicare. Gli ha dato il potere non soltanto di risuscitare le anime mediante la fede e la sapienza, ma anche di giudicare. E a quale titolo? Perché è Figlio dell'uomo. Il Padre dunque per mezzo del Figlio dell'uomo fa qualcosa che non fa in virtù della sua natura divina in cui il Figlio è uguale a lui. Così il nascere, l'esser crocifisso, il morire, il risorgere: niente di tutto ciò accade al Padre. E così il far risuscitare i corpi. Il Padre fa risuscitare le anime in virtù della sua natura e in virtù della natura divina del Figlio, che in questa è uguale a lui. E' così che le anime diventano partecipi della sua luce immutabile. Non altrettanto avviene per i corpi: la risurrezione dei corpi il Padre la effettua per mezzo del Figlio dell'uomo. Infatti gli ha dato il potere di giudicare perché è Figlio dell'uomo; secondo quanto ha detto prima: Il Padre non giudica nessuno. E per dimostrare che ha detto questo in ordine alla risurrezione del corpo, dice: Non vi meravigliate di ciò, perché viene l'ora; non dice ed è adesso, ma viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri (e di questo anche ieri avete sentito parlare fino alla sazietà) udranno la sua voce e ne usciranno. E dove andranno? Al giudizio? Quelli che bene operarono per una risurrezione di vita, quelli che male operarono per una risurrezione di condanna. E tu, o Cristo, fai questo da solo, perché il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Sì - risponde il Signore -, lo faccio io da solo. Ma in che modo lo fai? Da me io non posso far nulla; giudico secondo che ascolto, e il mio giudizio è giusto. Quando si trattava della risurrezione delle anime, non diceva ascolto, ma diceva vedo. Ascolto esprime l'idea d'un ordine ricevuto dal Padre. E' dunque come uomo, di cui il Padre è maggiore, è nella forma di servo non nella natura di Dio che dice: Giudico secondo che ascolto; e il mio giudizio è giusto. Come può essere giusto il giudizio d'un uomo? Fratelli miei, ascoltate con attenzione: perché non cerco la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 5, 27-30).


Capitolo VI: La gioia di una coscienza retta

Libro II:Dell'interna conversazione - Tommaso da Kempis

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1. Giusto vanto dell'uomo retto è la testimonianza della buona coscienza. Se sarai certo, in coscienza, di aver agito rettamente, sarai sempre nella gioia. La buona coscienza permette di sopportare tante cose ed è piena di letizia, anche nelle avversità. Al contrario, se sentirai in coscienza di aver fatto del male, sarai sempre timoroso ed inquieto. Dolce riposo sarà il tuo, se il cuore non avrà nulla da rimproverarti. Non rallegrarti se non quando avrai fatto del bene. I cattivi non godono mai di una vera letizia e non sentono mai la pace dell'anima, giacché "non c'è pace per gli empi", dice il Signore (Is 48,22; 57,21). E se la gente dice: "siamo in pace, non ci accadrà alcun male (Mic 3,11), chi mai oserà farci del male?", non creder loro; ché improvvisa si leverà la collera di Dio, "e quello che hanno fatto andrà in fumo, e i loro piani svaniranno" (Sal 145,4). Per colui che ama Iddio, non è difficile trovare la propria gloria nella sofferenza, poiché ciò significa trovarla nella croce del Signore. La gloria data o ricevuta dagli uomini dura poco; e una certa tristezza le si accompagna sempre. Invece la gloria dei giusti viene dalla loro coscienza, non dalle parole della gente; la loro letizia viene da Dio ed è in Dio; la loro gioia viene dalla verità. Colui che aspira alla gloria vera ed eterna non si preoccupa di quella temporale; invece colui che cerca questa gloria caduca, anziché disprezzarla dal profondo dell'animo, evidentemente ama di meno la gloria celeste. Grande serenità di spirito possiede colui che non bada alle lodi né ai rimproveri della gente; giacché, se ha la coscienza pulita, si sentirà facilmente contento e tranquillo.

2. Tu non sei maggiormente santo se ricevi delle lodi, né maggiormente cattivo se ricevi dei rimproveri; sei quello che sei, e non puoi essere ritenuto più grande di quanto tu non sia agli occhi di Dio. Se fai attenzione a quello che tu sei in te stesso, interiormente, non baderai a ciò che possano dire di te gli uomini. L'uomo vede in superficie, Dio invece vede nel cuore; l'uomo guarda alle azioni esterne. Dio giudica invece le intenzioni. Agire bene, sempre, e avere poca stima di se medesimi, è segno di umiltà di spirito; non cercare conforto da alcuna creatura è segno di grande libertà e di fiducia interiore. Chi non cerca per sé alcuna testimonianza dal di fuori, evidentemente si abbandona del tutto a Dio. Infatti, come dice S. Paolo, "non riceve il premio colui che si loda da sé, ma colui che è lodato da Dio" (2Cor 10,18). Procedere tenendo Dio nel cuore, e non essere stretto da alcun legame che venga di fuori, ecco la condizione dell'uomo spirituale.


Febbraio 1943

Beata Edvige Carboni

L'altra sera mi sognai Santa Teresa del Bambin Gesù. Mi si presentò davanti al letto; prese tante foglie di rose e le mise sopra il mio letto ed in quello di mia sorella.

Belle foglie (petali) di rose fresche con un profumo incantevole. Dopo di averci messo le rose, mi disse:

- Pregate pregate! Gesù è molto sdegnato per i peccati degli uomini; invece di riparare, l'oltraggiano con (i) più orrendi peccati: la disonestà, l’impudicizia ove ora sono ingolfati gli uomini, sono i peccati più odiosi da Dio.

Per tali peccati Dio ha sempre punito l'uomo. Anche nell'antico testamento distrusse Sodoma e Gomorra.

Tante si sposano senza pensare al grande dovere che Dio a loro impone. Danno alla luce tanti fiori, e questi fiori sono di Dio, e loro debbono custodire e coltivare; invece, giardinieri infedeli, questi fiori li lasciano appassire senza dar loro l'acqua rinfrescante e vivificante della divina parola: mamme infedeli che rovinano le loro piante, da Dio affidate. Vedendoli, certi fori, non appassire, ma seccare, per carità, altri giardinieri entrano nel loro (sic) giardino abbandonato e trascurato, ed innaffiano le piante già appassite.

Sorelline, peccato gravissimo una mamma che non educa cristianamente il suo figlio!

Sorellina, diceva a Paolina, prega tu per coteste mamme infedeli. Dette queste parole, sparì.

Mia sorella la mattina si svegliò. Meraviglia! Vide sopra il suo letto cinque belle foglie di rose profumate, e tre foglie nel mio. Miracolo! Il profumo sembrava un Paradiso.