Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

La conoscenza che comunichiamo deve essere Gesù crocefisso e come dice Sant'Agostino: “ Prima di consentire alla propria lingua di parlare, l'apostolo dovrebbe elevare la propria anima assetata a Dio e poi porgere quanto ha bevuto, versando negli altri ciò di cui è ormai colmo ”; o come ci dice San Tommaso: “ Coloro che sono chiamati alle opere di una vita atti­va sbaglierebbero a pensare che il loro dovere li di­spensi dalla vita contemplativa. Questo dovere si ag­giunge al resto e non ne sminuisce l'indispensabilità  ”. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 33° settimana del tempo ordinario (Presentazione della Beata Vergine Maria)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 27

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Primo libro dei Re 13

1Un uomo di Dio, per comando del Signore, si portò da Giuda a Betel, mentre Geroboamo stava sull'altare per offrire incenso.2Per comando del Signore, quegli gridò verso l'altare: "Altare, altare, così dice il Signore: Ecco nascerà un figlio nella casa di Davide, chiamato Giosia, il quale immolerà su di te i sacerdoti delle alture che hanno offerto incenso su di te, e brucerà su di te ossa umane".3E ne diede una prova, dicendo: "Questa è la prova che il Signore parla: ecco l'altare si spaccherà e si spanderà la cenere che vi è sopra".4Appena sentì il messaggio che l'uomo di Dio aveva proferito contro l'altare di Betel, il re Geroboamo tese la mano dall'altare dicendo: "Afferratelo!". Ma la sua mano, tesa contro di quello, gli si paralizzò e non la poté ritirare a sé.5L'altare si spaccò e si sparse la cenere dell'altare secondo il segno dato dall'uomo di Dio per comando del Signore.6Presa la parola, il re disse all'uomo di Dio: "Placa il volto del Signore tuo Dio e prega per me perché mi sia resa la mia mano". L'uomo di Dio placò il volto del Signore e la mano del re tornò come era prima.7All'uomo di Dio il re disse: "Vieni a casa con me per rinfrancarti; ti darò un regalo".8L'uomo di Dio rispose al re: "Anche se mi dessi metà della tua casa, non verrei con te e non mangerei né berrei nulla in questo luogo,9perché mi è stato ordinato per comando del Signore: Non mangiare e non bere nulla e non tornare per la strada percorsa nell'andata".10Se ne andò per un'altra strada e non tornò per quella che aveva percorsa venendo a Betel.
11Ora viveva a Betel un vecchio profeta, al quale i figli andarono a riferire quanto aveva fatto quel giorno l'uomo di Dio a Betel; essi riferirono al loro padre anche le parole che quegli aveva dette al re.12Il vecchio profeta domandò loro: "Quale via ha preso?". I suoi figli gli indicarono la via presa dall'uomo di Dio, che era venuto da Giuda.13Ed egli disse ai suoi figli: "Sellatemi l'asino!". Gli sellarono l'asino ed egli vi montò sopra14per inseguire l'uomo di Dio che trovò seduto sotto una quercia. Gli domandò: "Sei tu l'uomo di Dio, venuto da Giuda?". Rispose: "Sono io".15L'altro gli disse: "Vieni a casa con me per mangiare qualcosa".16Egli rispose: "Non posso venire con te né mangiare o bere nulla in questo luogo,17perché ho ricevuto questo comando per ordine del Signore: Non mangiare e non bere là nulla e non ritornare per la strada percorsa nell'andata".18Quegli disse: "Anch'io sono profeta come te; ora un angelo mi ha detto per ordine di Dio: Fallo tornare con te nella tua casa, perché mangi e beva qualcosa". Egli mentiva a costui,19che ritornò con lui, mangiò e bevve nella sua casa.
20Mentre essi stavano seduti a tavola, il Signore parlò al profeta che aveva fatto tornare indietro l'altro21ed egli gridò all'uomo di Dio che era venuto da Giuda: "Così dice il Signore: Poiché ti sei ribellato all'ordine del Signore, non hai ascoltato il comando che ti ha dato il Signore tuo Dio,22sei tornato indietro, hai mangiato e bevuto in questo luogo, sebbene ti fosse stato prescritto di non mangiarvi o bervi nulla, il tuo cadavere non entrerà nel sepolcro dei tuoi padri".23Dopo che ebbero mangiato e bevuto, l'altro sellò l'asino per il profeta che aveva fatto ritornare24e quegli partì. Un leone lo trovò per strada e l'uccise; il suo cadavere rimase steso sulla strada, mentre l'asino se ne stava là vicino e anche il leone stava vicino al cadavere.25Ora alcuni passanti videro il cadavere steso sulla strada e il leone che se ne stava vicino al cadavere. Essi andarono e divulgarono il fatto nella città ove dimorava il vecchio profeta.26Avendolo saputo, il profeta che l'aveva fatto ritornare dalla strada disse: "Quello è un uomo di Dio, che si è ribellato all'ordine del Signore; per questo il Signore l'ha consegnato al leone, che l'ha abbattuto e ucciso secondo la parola comunicatagli dal Signore".27Egli aggiunse ai figli: "Sellatemi l'asino". Quando l'asino fu sellato,28egli andò e trovò il cadavere di lui steso sulla strada con l'asino e il leone accanto. Il leone non aveva mangiato il cadavere né sbranato l'asino.29Il profeta prese il cadavere dell'uomo di Dio, lo sistemò sull'asino e se lo portò nella città dove abitava, per piangerlo e seppellirlo.30Depose il cadavere nel proprio sepolcro e fece il lamento su di lui: "Ohimè, fratello mio!".31Dopo averlo sepolto, disse ai figli: "Alla mia morte mi seppellirete nel sepolcro in cui è stato sepolto l'uomo di Dio; porrete le mie ossa vicino alle sue,32poiché certo si avvererà la parola che egli gridò, per ordine del Signore, contro l'altare di Betel e contro tutti i santuari delle alture che sono nelle città di Samaria".

33Dopo questo fatto, Geroboamo non si convertì dalla sua condotta perversa. Egli continuò a prendere qua e là dal popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderasse dava l'investitura e quegli diveniva sacerdote delle alture.34Tale condotta costituì, per la casa di Geroboamo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla terra.


Siracide 16

1Non desiderare una moltitudine di figli buoni a nulla,
non gioire per figli empi.
2Se aumentano di numero non gioire,
se sono privi del timore del Signore.
3Non confidare su una loro vita lunga
e non fondarti sul loro numero,
poiché è preferibile uno a mille
e morir senza figli che averne degli empi.
4La città potrà ripopolarsi per opera di un solo
assennato,
mentre la stirpe degli iniqui sarà distrutta.
5Il mio occhio ha visto molte simili cose;
il mio orecchio ne ha sentite ancora più gravi.
6Nell'assemblea dei peccatori un fuoco si accende,
contro un popolo ribelle è divampata l'ira.
7Dio non perdonò agli antichi giganti,
che si erano ribellati per la loro forza.
8Non risparmiò i concittadini di Lot,
che egli aveva in orrore per la loro superbia.
9Non ebbe pietà di nazioni di perdizione,
che si erano esaltate per i loro peccati.
10Così trattò i seicentomila uomini
che sono periti per l'ostinazione del loro cuore.
11Ci fosse un solo uomo di dura cervice,
sarebbe strano se restasse impunito,
12poiché misericordia e ira sono in Dio,
potente quando perdona e quando riversa l'ira.
13Tanto grande la sua misericordia,
quanto grande la sua severità;
egli giudicherà l'uomo secondo le sue opere.
14Non sfuggirà il peccatore con la sua rapina,
ma neppure la pazienza del pio sarà delusa.
15Egli farà posto a tutta la sua generosità;
ciascuno sarà trattato secondo le sue opere.

16Non dire: "Mi terrò celato al Signore!
Chi penserà a me lassù?
17Non sarò riconosciuto fra un popolo numeroso,
chi sarò io in mezzo a una creazione senza numero?".
18Ecco il cielo e il cielo dei cieli,
l'abisso e la terra sussultano quando egli appare.
19Anche i monti e le fondamenta della terra
si scuotono di spavento quando egli li guarda.
20Ma nessuno riflette su queste cose;
al suo modo di agire chi ci bada?
21Anche la bufera che nessuno contempla,
e la maggior parte delle sue opere, sono nel mistero.
22"Chi a Dio annunzierà le opere di giustizia?
Ovvero chi le attende? L'alleanza infatti è lontana".
23Tali cose pensa chi ha il cuore perverso;
lo stolto, appunto errando, pensa sciocchezze.

24Ascoltami, figlio, e impara la scienza;
e sii attento nel tuo cuore alle mie parole.
25Manifesterò con esattezza la mia dottrina;
con cura annunzierò la scienza.
26Nella creazione del Signore le sue opere sono fin
dal principio,
e dalla loro origine ne separò le parti.
27Egli ordinò per l'eternità le sue opere,
ne stabilì l'attività per le generazioni future.
Non hanno fame né si stancano,
eppure non interrompono il loro lavoro.
28Nessuna di loro urta la sua vicina,
mai disubbidiranno ad un suo comando.
29Dopo ciò il Signore riguardò sulla terra
e la riempì dei suoi doni.
30Ne ricoprì la superficie con ogni genere di viventi
e ad essa faranno ritorno.


Salmi 146

1Alleluia.

Loda il Signore, anima mia:
2loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio.

3Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
4Esala lo spirito e ritorna alla terra;
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

5Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe,
chi spera nel Signore suo Dio,
6creatore del cielo e della terra,
del mare e di quanto contiene.
Egli è fedele per sempre,
7rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri,
8il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
9il Signore protegge lo straniero,
egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.

10Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.


Daniele 2

1Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire.2Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si presentarono al re.3Egli disse loro: "Ho fatto un sogno e il mio animo si è tormentato per trovarne la spiegazione".4I caldei risposero al re: "Re, vivi per sempre. Racconta il sogno ai tuoi servi e noi te ne daremo la spiegazione".5Rispose il re ai caldei: "Questa è la mia decisione: se voi non mi rivelate il sogno e la sua spiegazione sarete fatti a pezzi e le vostre case saranno ridotte in letamai.6Se invece mi rivelerete il sogno e me ne darete la spiegazione, riceverete da me doni, regali e grandi onori. Ditemi dunque il sogno e la sua spiegazione".7Essi replicarono: "Esponga il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo la spiegazione".8Rispose il re: "Comprendo bene che voi volete guadagnar tempo, perché avete inteso la mia decisione.9Se non mi dite qual era il mio sogno, una sola sarà la vostra sorte. Vi siete messi d'accordo per darmi risposte astute e false in attesa che le circostanze si mutino. Perciò ditemi il sogno e io saprò che voi siete in grado di darmene anche la spiegazione".10I caldei risposero davanti al re: "Non c'è nessuno al mondo che possa soddisfare la richiesta del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo.11La richiesta del re è tanto difficile, che nessuno ne può dare al re la risposta, se non gli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini".
12Allora il re, acceso di furore, ordinò che tutti i saggi di Babilonia fossero messi a morte.13Il decreto fu pubblicato e già i saggi venivano uccisi; anche Daniele e i suoi compagni erano ricercati per essere messi a morte.

14Ma Daniele rivolse parole piene di saggezza e di prudenza ad Ariòch, capo delle guardie del re, che stava per uccidere i saggi di Babilonia,15e disse ad Ariòch, ufficiale del re: "Perché il re ha emanato un decreto così severo?". Ariòch ne spiegò il motivo a Daniele.16Egli allora entrò dal re e pregò che gli si concedesse tempo: egli avrebbe dato la spiegazione dei sogni al re.17Poi Daniele andò a casa e narrò la cosa ai suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria,18ed essi implorarono misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero, perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con tutti gli altri saggi di Babilonia.
19Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo:

20"Sia benedetto il nome di Dio di secolo in secolo,
perché a lui appartengono la sapienza e la potenza.

21Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e li innalza,
concede la sapienza ai saggi,
agli intelligenti il sapere.

22Svela cose profonde e occulte
e sa quel che è celato nelle tenebre
e presso di lui è la luce.

23Gloria e lode a te, Dio dei miei padri,
che mi hai concesso la sapienza e la forza,
mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandato
e ci hai illustrato la richiesta del re".

24Allora Daniele si recò da Ariòch, al quale il re aveva affidato l'incarico di uccidere i saggi di Babilonia, e presentatosi gli disse: "Non uccidere i saggi di Babilonia, ma conducimi dal re e io gli farò conoscere la spiegazione del sogno".25Ariòch condusse in fretta Daniele alla presenza del re e gli disse: "Ho trovato un uomo fra i Giudei deportati, il quale farà conoscere al re la spiegazione del sogno".26Il re disse allora a Daniele, chiamato Baltazzàr: "Puoi tu davvero rivelarmi il sogno che ho fatto e darmene la spiegazione?".27Daniele, davanti al re, rispose: "Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né da maghi, né da indovini;28ma c'è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha rivelato al re Nabucodònosor quel che avverrà al finire dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto.29O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto svelarti ciò che dovrà avvenire.30Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore.31Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto.32Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo,33le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta.34Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò.35Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione.
36Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re.37Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria.38A te ha concesso il dominio sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro.39Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra.40Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto.41Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all'argilla.42Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile.43Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla.44Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre.45Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione".

46Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi.47Quindi rivolto a Daniele gli disse: "Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero".48Il re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi di Babilonia;49su richiesta di Daniele, il re fece amministratori della provincia di Babilonia, Sadràch, Mesàch e Abdènego. Daniele rimase alla corte del re.


Apocalisse 11

1Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: "Alzati e misura il santuario di Dio e l'altare e il numero di quelli che vi stanno adorando.2Ma l'atrio che è fuori del santuario, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi.3Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni".4Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra.5Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male.6Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno.7E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà.8I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso.9Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.10Gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si scambieranno doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
11Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli.12Allora udirono un grido possente dal cielo: "Salite quassù" e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici.13In quello stesso momento ci fu un grande terremoto che fece crollare un decimo della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti presi da terrore davano gloria al Dio del cielo.

14Così passò il secondo "guai"; ed ecco viene subito il terzo "guai".
15Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano:

"Il regno del mondo
appartiene al Signore nostro e al suo Cristo:
egli regnerà nei secoli dei secoli".

16Allora i ventiquattro vegliardi seduti sui loro troni al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo:

17"Noi ti rendiamo grazie,
Signore Dio onnipotente,
che sei e che eri,
perché hai messo mano alla tua grande potenza,
e hai instaurato il tuo regno.
18Le genti ne fremettero,
ma è giunta l'ora della tua ira,
il tempo di giudicare i morti,
di dare la ricompensa ai tuoi servi,
ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome,
piccoli e grandi,
e di annientare coloro
che distruggono la terra".

19Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.


Capitolo X: La gratitudine per la grazia divina

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1. Perché vai cercando quiete, dal momento che sei nato per la tribolazione? Disponiti a patire, più che ad essere consolato; a portare la croce, più che a ricevere gioia. Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non sarebbe felice - se potesse ottenerli in ogni momento - di non avere il conforto e la letizia dello spirito, poiché le gioie spirituali superano tutti i piaceri mondani e le delizie materiali? Le delizie del mondo sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto, sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a suo talento di queste divine consolazione, perché il tempo della tentazione non dà lunga tregua. E poi una falsa libertà di spirito e una eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita dall'alto. Dio ci fa dono dandoci la consolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo riprovevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono fluire su di noi i doni della grazia, perché non sentiamo gratitudine per colui dal quale essa proviene e non riportiamo tutto alla sua fonte originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al superbo sarà tolto quello che suole esser dato all'umile. Non voglio una consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una contemplazione che mi porti alla superbia. Ché non tutto ciò che è alto è santo; non tutto ciò che è soave è buono; non tutti i desideri sono puri; non tutto ciò che è caro è gradito a Dio. Invece, accolgo con gioia una grazia che mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.  

2. Da' a Dio ciò che è di Dio, e attribuisci a te ciò che è tuo: mostrati riconoscente a Dio per la grazia, e a te attribuisci soltanto il peccato, cosciente di meritare una pena per la colpa commessa. Mettiti al posto più basso, e ti sarà dato il più alto; giacché la massima elevazione non si ha che con il massimo abbassamento. I santi più alti agli occhi di Dio sono quelli che, ai propri occhi , sono i più bassi; essi hanno una gloria tanto più grande quanto più si sono sentiti umili. Ripieni della verità e della gloria celeste, non desiderano la vana gloria di questo mondo; basati saldamente in Dio, non possono in alcun modo insuperbire. Essi, che attribuiscono a Dio tutto quel che hanno ricevuto di bene, non vanno cercando di essere esaltati l'uno dall'altro, ma vogliono invece quella gloria, che viene soltanto da Dio; aspirano e sono tutti tesi a questo: che, in loro stessi e in tutti i beati, sia lodato Iddio sopra ogni cosa. Sii dunque riconoscente anche per la più piccola cosa; così sarai degno di ricevere doni più grandi. La cosa più piccola sia per te come la più grande; quello che è più disprezzabile sia per te come un dono straordinario. Se si guarda all'altezza di colui che lo dà, nessun dono sembrerà piccolo o troppo poco apprezzabile. Non è piccolo infatti ciò che ci viene dato dal Dio eccelso. Anche se ci desse pene e tribolazioni, tutto questo deve esserci gradito, perché il Signore opera sempre per la nostra salvezza, qualunque cosa permetta che ci accada. Chi vuol conservare la grazia divina, sia riconoscente quando gli viene concessa, e sappia sopportare quando gli viene tolta; preghi perché essa ritorni, sia prudente ed umile affinché non abbia a perderla.


DISCORSO 301/A NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI MACCABE [TENUTO A BULLA REGIA]

Discorsi - Sant'Agostino

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Il Vangelo, come uno specchio, non illude alcuno. Cristo parla meglio che non rendendosi presente e tacendo.

1. Vangelo e parola viva di Dio, che penetra le midolla dell'anima e scruta le profondità del cuore, salutarmente viene presentato a tutti noi, né illude alcuno, a meno che l'uomo voglia illudere se stesso. Ecco, ci è stato posto davanti come uno specchio, nel quale possiamo mirarci tutti e, se dal nostro volto sarà apparsa allo sguardo qualche bruttura, con premura affrettiamoci a detergerlo, per non arrossire quando torniamo a guardare nello specchio. Come abbiamo udito durante la lettura del Vangelo, dietro al Signore andava infatti molta gente, così che egli si volse a parlare a coloro che lo seguivano. Che se in ciò che disse si fosse riferito ai soli dodici Apostoli, ciascuno di noi poteva dire: ha parlato per loro, non per noi. Si crede che altro riguardi i pastori, altro i fedeli. Parlò alle turbe che lo seguivano, quindi anche a noi tutti ed a voi tutti. Non dobbiamo ritenere, perché a quel tempo noi non esistevamo, che non abbia parlato per noi: infatti anche noi crediamo in lui che quelli videro; noi possediamo nella fede colui sul quale quelli fissarono lo sguardo. E neppure ebbe molto effetto, evidentemente, la vista del Cristo con gli occhi del corpo: se avesse avuto vera efficacia, il popolo giudaico per primo avrebbe trovato la salvezza. È certo, anzi, che quelli e lo videro e, tuttavia, giunsero al disprezzo; per di più, finirono per uccidere colui che avevano veduto e disprezzato. Eppure crediamo, noi, che invece non abbiamo certamente veduto, eppure abbiamo accolto in cuore colui sul quale non abbiamo fissato lo sguardo. Ad uno dei suoi, che in quell'occasione si trovava tra i Dodici, poteva dire al riguardo: Perché hai veduto, hai creduto: beati coloro che non vedono eppure credono 1. Infatti, se ora fosse presente nel corpo il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo e, pur presente, tacesse, che ci gioverebbe? Ma se con la parola giovò, anche ora che si sta proclamando il Vangelo, egli parla. Nondimeno anche la sua presenza, come Dio, conferisce molti beni. Ma dove non è presente Dio, o quando mai Dio è assente? Tu non tenerti lontano da Dio e Dio è con te, soprattutto perché egli stesso ne ha fatto promessa e noi possediamo la sua promessa quasi documento autografo: Io sarò con voi sino alla fine dei secoli 2. Però aveva noi davanti a sé, a noi prometteva.

Tutti i Cristiani sono discepoli di Cristo. La semplicità cristiana. Chi avrà vinto le passioni si è sbarazzato di molto.

2. Riprendiamo dunque l'argomento e ascoltiamo la sua parola; inoltre, come ho detto, guardiamoci dentro e coltiviamo con assoluta diligenza tutto ciò che scopriamo ci manca a costituire quell'immagine di bellezza che piace agli occhi di lui. E, poiché da noi non siamo capaci di tanto, invochiamo il suo soccorso. A reintegrare la forma sia colui che ha formato, a ricreare sia colui che ha creato, in modo che colui al quale si deve l'origine, egli sia pure a ricostituire in perfezione. Così, dunque, parlò: Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono, comincino a deriderlo dicendo: Costui ha iniziato a costruire ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. E concluse questi due paragoni in tal modo: Così, chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo 3. Se a quelli soltanto si attribuisse il nome di discepoli, Cristo non avrebbe parlato per noi; appunto perché, come attesta la Scrittura, tutti i cristiani sono discepoli di Cristo - uno solo, dice, è il vostro Maestro, il Cristo 4 - afferma di non essere discepolo di Cristo solo chi nega che Cristo è il Maestro. In realtà, non è che siamo vostri maestri in quanto vi parliamo da questa sede posta più in alto, poiché è il Maestro di tutti colui che ha la cattedra al di sopra di, tutti i cieli; ci troviamo insieme soggetti a lui in un'unica scuola, e voi e noi siamo condiscepoli; ma siamo qui ad ammonirvi come usano fare i più grandi della scuola. La torre e i mezzi, la fede e la pazienza: la torre è la fede, la pazienza equivale ai mezzi. Se alcuno sarà stato insofferente dei mali di questo mondo, non ebbe mezzi adeguati. Il re ostile con i ventimila è il diavolo, il re con i diecimila è il cristiano. Il semplice contro il doppio, la verità contro la falsità, perché la semplicità si oppone alla doppiezza. Sii semplice di cuore: non essere ipocrita dando a conoscere una cosa e celandone un'altra e vinci quel falso che si trasfigura in angelo di luce 5. Donde questi, donde quelli ebbero i mezzi? Dov'è la perfetta semplicità, e assolutamente stabile e del tutto irremovibile? In quel che segue e che risulta duro. Consiste proprio in ciò che ho detto: la parola di Dio non illude alcuno: Così - dice - chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo. Molti lo fecero, e rientrarono in se stessi, ancor prima che si rendesse imminente l'ora della persecuzione, e rinunziarono a tutte le cose proprie di questo mondo, e seguirono Cristo. Di essi fecero parte gli Apostoli, i quali asserirono: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito 6. Da parte loro non è propriamente che abbiano abbandonato gran che, poiché furono tutti poveri; ma si riconosce che hanno abbandonato proprio molti averi quanti avranno vinto tutte le passioni.

Non tutti i beni rendono buoni.

3. I discepoli si espressero appunto così con il Signore allora che videro allontanarsi contristato quel ricco che, in risposta alla sua domanda, dal Maestro sommamente verace aveva udito il consiglio in ordine alla vita eterna. Infatti, un giovane ricco si presentò spontaneamente al Signore e gli chiese: Maestro buono, che devo fare di bene per meritare la vita eterna? 7 Come suppongo, nella profusione degli agi che fluivano dalle sue ricchezze, era tormentato da inquietudine per l'inevitabilità della morte e se ne struggeva; sapendo inoltre che niente di quanto possedeva poteva portare con sé nell'altra vita, persino nell'abbondanza dei beni materiali languiva di inedia nell'anima. Com'è da ritenere, vedendo addensarsi intorno a sé il continuo affluire delle sue ricchezze, faceva interiormente di queste considerazioni: Sono dei beni, hanno una loro bellezza, procurano delizie, si gustano con piacere, ma quando quell'unica ultima ora sarà sopraggiunta, bisogna lasciare tutte le cose. Nessuna parte di esse può esser portata via di qui. Rimane la vita e, sola, la coscienza. Dopo la morte del corpo resta la vita dell'anima e, sola, la coscienza. Questa se sarà.... non già vita, ma seconda morte, e anche peggiore si deve ritenere: niente infatti è peggiore di quella morte dove la morte non muore. Egli che aveva di tali pensieri in mezzo ai suoi godimenti, da possessore di tanti beni si presentò al Signore. Andava così dicendo a se stesso: Se oltre a tutti questi beni avrò avuto anche la vita eterna, chi più felice di me? In base a ciò che gli premeva, pose perciò la domanda; disse: Maestro buono, che devo fare di bene per meritare la vita eterna? Per prima cosa gli rispose il Signore: Perché mi chiami buono? nessuno è buono, fuorché Dio solo 8. È come dire: Non ti rende felice altri che Dio. Sono infatti dei beni le cose possedute dai ricchi, ma tali beni non rendono buoni. Se realmente quei beni rendessero buoni, ognuno tanto più sarebbe buono quanto più ne avesse in abbondanza. Poiché appunto notiamo che molti sono tanto peggiori quanto più ricchi, indubbiamente vanno ricercati altri beni che rendono buoni. Infatti sono proprio quei beni che non possono essere posseduti dai cattivi: la giustizia, la pietà, la temperanza, la religiosità, la carità, il culto di Dio, da ultimo Dio stesso. Verso tale Bene dobbiamo affrettarci insieme: né lo possiamo raggiungere senza esserci disfatti di questi altri beni.

Ha lasciato tutto il mondo chi nulla si è riservato. Il comportamento di molti, anche senatori e nobilissime dame.

4. Posso io illudervi, dal momento che il Vangelo non illude né voi, né noi? Esorto la Carità vostra, fratelli, con le parole dell'Apostolo: Il tempo si è fatto breve. Quanto a quel che ne resta - egli dice - quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero, coloro che piangono come se non piangessero, e quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, e quelli che usano del mondo come se non ne usassero 9. Così gli Apostoli, a quel tempo, lasciarono tutto quello che avevano e perciò Pietro disse: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto. Che hai lasciato, Pietro? Una modesta barca e una sola rete. Mi risponderebbe: Ho lasciato tutto il mondo perché nulla mi sono riservato. La povertà assoluta, cioè di uno che è povero di tutto, ha scarse risorse, però ha una grande avidità. Dio non sta a badare a quel che può avere, ma a ciò che desidera: ad essere giudicata è la volontà che è invisibilmente sotto lo sguardo scrutatore di colui che è invisibile. Lasciarono perciò tutto e, in realtà, lasciarono tutto il mondo, poiché esclusero ogni speranza in questo mondo e seguirono colui che creò il mondo, credettero alle sue promesse; anzi, dopo di loro, lo fecero molti. Ed è cosa mirabile, fratelli miei, che a fare come loro chi fu? Proprio coloro che misero a morte il Signore. E là, a Gerusalemme - salito al cielo il Signore e adempiuta la promessa dieci giorni dopo per aver inviato lo Spirito Santo - ripieni di Spirito Santo, i discepoli parlarono le lingue di tutte le nazioni 10. Allora i molti Giudei presenti a Gerusalemme, che ascoltavano meravigliandosi e atterriti dal dono di grazia del Salvatore, trasalendo e come attoniti, andavano chiedendosene la ragione. Ricevettero in risposta dagli Apostoli che questo aveva concesso per mezzo del suo Spirito colui che essi stessi avevano ucciso; quindi vollero sapere come ottenere salvezza. Disperavano infatti e giudicavano che un così grave delitto non potesse esser perdonato a loro che avevano messo a morte il Creatore di tutte le cose; vennero però rassicurati dagli Apostoli. Avendo avuto la sicurezza del perdono e della remissione di ogni pena, abbracciarono la fede. Quanti vendevano tutto quello che possedevano deposero il prezzo dei loro beni ai piedi degli Apostoli 11, quanto più nel timore, tanto più buoni. Un più grande timore li costrinse a privarsi del godimento dei beni. Agirono così quelli che misero a morte il Signore; molti in seguito si regolarono in tal modo; anche al presente sono in molti. Ne siamo a conoscenza, ne abbiamo sotto gli occhi gli esempi, in molti troviamo conforto, in molti è la nostra compiacenza, perché la parola di Dio non resta senza frutto in coloro che ascoltano con fede. Alcuni invece non lo fecero, preferirono usare del mondo come se non ne usassero e furono messi alla prova dal sopraggiungere della persecuzione. Non solo i plebei, non solo i comuni artigiani, non solo i poveri, i bisognosi, non quelli di modeste condizioni, ma molti, anche di assai ricchi, senatori, persino donne nobilissime, con il sopraggiungere della persecuzione, rinunziarono a tutti i loro beni pur di portare a termine la torre e superare con la semplicità della forza e della pietà il diavolo doppio e ingannatore.

Non è male possedere, ma l'esser posseduti. Chi opera contro la verità nega Cristo. Colui che perde il suo cuore è il peggior nemico di se stesso.

5. Perciò, esortando al martirio, Cristo Signore disse a tutti: Così, chi non rinunzia a tutto quanto possiede non può essere mio discepolo 12. Mi rivolgo ora a te, anima cristiana. Se ti dirò quel che fu detto al ricco: anche tu va, vendi tutto ciò che possiedi e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e segui 13 Cristo, forse anche tu ti allontaneresti triste? Così appunto anche quel giovane si allontanò triste: tuttavia, non altri che un cristiano può udire le parole citate. O che hai potuto rifiutarti all'ascolto contro il tuo bene quando è stata data lettura del Vangelo? Hai udito: Chi non rinunzia a tutto quanto possiede, non può essere mio discepolo. Rifletti in te stesso: sei diventato un fedele, sei battezzato, hai creduto, non hai lasciato quel che possiedi. Interpello però la tua fede: come sei giunto a credere? Ecco sopraggiungere un pericolo per la fede; ti si dice: "Se perseveri, porto via quanto hai". Mi rivolgo alla tua anima. Se interiormente dici: "Prenda pure quanto possiedo, non abbandono la fede", e conservi e ne hai fatto rinunzia. Possiedi infatti e non sei posseduto. In realtà, non è male possedere: il male sta nell'essere posseduti. Manca però la persecuzione e non hai modo di dar prova al Signore di quanto hai promesso. Le responsabilità che ogni giorno comporta provano gli uomini. Che sarebbe infatti se un giorno ti chiami a deporre una falsa testimonianza un non so chi, e si tratti di persona potente che al presente possa incutere timore e, se avrà minacciato, possa recare un danno temporale e voglia persuaderti ad attestare il falso? Non ti dice: "Rinnega Cristo"; a questo ti ci preparavi infatti. Quel perfido si è introdotto in modo che tu non pensavi, con il quale non ti confrontavi. "Deponi - dice - una falsa testimonianza: se non l'avrai data, metterò in atto questo e quello". Minaccia confisca, minaccia morte. È qui che devi provare te stesso, qui confrontarti. Attesti il falso? Hai abbandonato Cristo, perché egli stesso ha detto: Io sono la verità 14. Hai dato una falsa testimonianza, hai agito contro la Verità, dunque hai abbandonato Cristo. Minacciando una confisca, riducendoti in povertà, quel tale che ti avrebbe fatto? Che ti sarebbe venuto a mancare se con te era Dio? Ma minacciava di più. In che consiste questo stesso "più"? La minaccia di ucciderti riguardava la vita del corpo. L'anima forse? Tu fai caso a ciò che quello minaccia e non sei attento a quello che devi fare tu? Quello giunge a minacciare la vita del corpo: Ma una bocca che mentisce, uccide l'anima 15. Siete in due: il nemico e tu; tuttavia anche quello un uomo come te, entrambi soggetti a corruzione quanto al corpo, entrambi immortali quanto all'anima, entrambi temporaneamente di passaggio ed ospiti e pellegrini su questa terra. Quello minaccia di uccidere ignorando se lo sorprenda la morte prima di effettuare quel che minaccia; pur tuttavia fa' conto che porti a termine ciò che fa temere. Vi sottopongo ad un esame, vediamo chi sia il tuo peggior nemico: se quello oppure tu. Quello mette mano alla spada per toglierti la vita del corpo; tu tiri fuori la lingua bugiarda per far perire la tua anima. Chi ha colpito in modo più grave? Chi ha inferto una morte peggiore? Chi si è addentrato più nel profondo? Quello fino alle ossa, quello fino alle viscere: tu fino al cuore. Non ti sei riservato nulla di sano quando hai perduto l'anima tua. Una bocca che mentisce - dice il Signore - uccide, non la carne, ma l'anima.

Dio ci riserva se stesso, non le sue promesse.

6. Di questo genere sono le tentazioni che gli uomini incontrano ogni giorno. Quando capiterà di trovarsi da vicino al male, per cui o commetti il male o subisci quelle cose che Dio avrà voluto che tu soffra per qualche tempo, è il momento di fare attenzione a quel 'doppio', è quello il caso di calcolare le spese della torre. Ma riflettendo, ti vengono meno le forze: implora chi ti ha comandato. Aiuti egli in te i suoi ordini, e farà da sé scaturire per te le sue promesse. E che ci promette Dio? Fratelli miei, che potrei dire per suscitarne in noi il desiderio? Che dirò? È oro? È argento? Sono dei poderi, sono gli onori? È tutto ciò che conosciamo sulla terra? È cosa vile. Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano 16. Dico subito: non le sue promesse, ma se stesso. È al di sopra di tutte le cose colui che ha creato tutte le cose: è più bello di tutte le forme colui che ha dato forma a tutto: è superiore ad ogni potere colui che ha conferito energia ad ogni cosa. Pertanto, tutto ciò che noi amiamo sulla terra è nulla paragonato con Dio. È poco dire: È niente quanto noi amiamo; anche noi stessi siamo un nulla. La persona stessa che ama, nei confronti di quello che deve essere amato, necessariamente perde ogni valore ai propri occhi. Essa è quella carità che viene comandata: Con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente 17. Ma proseguì a dire: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti 18; così che, quando avrai amato il Signore, tu comprenda che allora ami te stesso, se ami il Signore. Ma se non ami Dio, neppure te stesso ami. Perciò, quando avrai appreso ad amarti, nell'amore di Dio, trascina il prossimo verso Dio, per godere insieme del bene, del bene così grande quale è Dio.

7. Abbiamo appena ammirato l'intrepida lotta dei sette fratelli Maccabei e della loro madre. Che lotta, fratelli miei, se le nostre menti sono capaci di ammirare! Ponete a confronto con questo santo spettacolo i piaceri e i divertimenti dei teatri. Lo sguardo, là, si fa torbido; i cuori, qui, ne restano purificati: chi assiste a questo spettacolo, se sarà giunto all'imitazione, si rende meritevole di lode; ivi, al contrario, e lo spettatore è turpe, e sfacciato l'imitatore. Insomma, amo i martiri, ammiro i martiri: quando si dà lettura delle 'passioni' dei martiri, resto ammirato. Dimmi "Sii tale" ed hai fatto una lode. Compiaciti di un mimo, ammira un pantomimo; io ti dirò: "Sii come lui", e tu non ti adirare. Ma se ti dico: "Sii come lui ", e tu vai in collera, non sono le mie parole a condannarti, ma la reazione della tua ira. Ti giudichi da te stesso mostrandoti molto offeso: ecco che cosa tu ami: quello che hai timore di essere. Mi è sembrato opportuno, di fronte allo spettacolo dei santi Maccabei dei quali oggi commemoriamo la vittoria, ammonire la vostra Carità sugli spettacoli dei teatri. Fratelli, abitanti di Bulla, tutto all'intorno, in quasi tutte le città a voi vicine la dissolutezza dell'empietà non ha più voce. Non vi vergognate che solo presso di voi si vende immoralità? O magari provate soddisfazione persino a far commercio di immoralità, oltre a frumento, vino, olio e tutte le altre cose poste in vendita nelle piazze rifornite da Roma, o mercati? E può darsi che a un tal genere di commercio vengano qui dei forestieri, e si dice: "Che cerchi? dei mimi, delle meretrici? ne ottieni in Bulla". Ve ne gloriate? Non so se possa trovarsi un'infamia maggiore. Insomma, fratelli miei, e parlo con dolore, le altre città a voi limitrofe vi condannano davanti agli uomini e nel giudizio di Dio. Chi vuole imitare il male, guarda a voi. Nella nostra Ippona - dove tali cose sono ormai pressoché scomparse - persone turpi di tal genere sono importate dalla vostra città. Ma forse voi dite: "Noi somigliamo agli abitanti di Cartagine". Come c'è a Cartagine una moltitudine virtuosa e pia, così nella grande città è tanta la varietà della popolazione che tutti si giustificano riferendosi agli altri. A Cartagine si può dire: "Sono i pagani a farlo, sono i Giudei a farlo"; in questo luogo, chiunque è ad agire, si tratta sempre di cristiani. Con grande dolore vi diciamo queste cose: voglia il Cielo che la ferita del nostro cuore risani con la vostra emendazione! Ci rivolgiamo alla Carità vostra, conosciamo in nome di Dio la cittadinanza, e la vostra e quella delle zone limitrofe, quanta è qui l'affluenza di gente, quanto il popolo: potete non essere noti a chi vi è ministro della parola e del sacramento? Chi trova scuse da questa immoralità? Ecco, si danno gli spettacoli: non intervengano i cristiani, e vediamo se saranno disertati al punto che la stessa immoralità arrossisca di sé. Vediamo se si convertiranno al Signore e si renderanno libere proprio le persone disoneste, oppure, se insisteranno nell'immoralità, si allontaneranno da questa città. Cristiani, prendete per voi questa decisione: non frequentate i teatri.

I catecumeni sono distinti dai fedeli.

8. Mi accorgo però che siete in pochi. Ecco, verrà il giorno della Passione di Cristo, ecco verrà la Pasqua e questi spazi non potranno contenervi, tanto sarete numerosi. Allora, ad occupare questi luoghi sarete voi stessi che al presente avete gremito i teatri? Almeno confrontate gli ambienti e battetevi il petto. Voi dite forse: Fate bene voi che siete chierici, voi che siete vescovi, a tenervi lontani da questi teatri, non invece noi laici. Davvero vi sembra di aver detto proprio la parola giusta? Che siamo noi allora se voi andate perduti? Altro è quel che siamo per noi stessi, altro quel che siamo per voi. Per quel che ci riguarda personalmente, siamo cristiani, non per altro che per voi siamo chierici e vescovi. Ma voi siete membra di Cristo 19. Quando l'Apostolo si esprimeva così, non parlava a chierici, non a vescovi e sacerdoti. Si rivolgeva a gente del popolo, a fedeli, si rivolgeva a cristiani: Ma voi siete membra di Cristo. Badate di quale corpo voi siete le membra, fate attenzione sotto quale Capo, nella compagine di un unico corpo, voi abbiate a vivere; considerate che unico è lo Spirito che avete ricevuto da lui. Vi ripeto proprio le parole dell'Apostolo: Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? 20 E i nostri cristiani non solo tengono in gran conto le prostitute, ma ne fanno persino un'istituzione: non solo reclutano quante già lo erano, ma inducono ad esserlo quelle che non lo erano; come se non abbiano anch'esse l'anima, come se non sia stato versato il sangue di Cristo anche per loro, come non sia stata detta l'affermazione: Le prostitute e i pubblicani vi precedono nel regno dei cieli 21. Mentre pertanto dovremmo darci da fare per la loro salvezza, si preferisce andare con loro in perdizione. E questa è opera di cristiani: non voglio dire, anche di fedeli. Forse un catecumeno prova confusione di sé e dice: Sono catecumeno. Sei catecumeno? Catecumeno. Una tua fronte ha ricevuto il segno di Cristo ed un'altra tu porti al teatro? Vuoi andare? Cambia fronte e va'. Di conseguenza, non perdere quella fronte che non puoi cambiare. Su di te viene invocato il nome di Dio, Cristo viene invocato su di te, Dio viene invocato su di te, ti viene tracciato e fissato sulla fronte il segno della croce di Cristo. Tutti voglio esortare, a tutti infondere coraggio: vi accorgerete quanto la vostra dignità di uomini sarà più grande nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

Da imitare l'esempio della vicina colonia di Simittù. Le lodi degli ascoltatori sono un peso, non un onore per Agostino.

9. Giungo persino a dire: Vedete di imitare una città a voi vicina, la vicina città di Simittù, questa imitate. Non vi dico altro. Nel nome dei Signore Gesù Cristo, vi dico più chiaramente: Là nessuno frequenta il teatro, nessuno là è rimasto corrotto. Il legato volle instaurarvi immoralità di tal genere: non vi è intervenuto alcun cittadino importante, nessuno del basso popolo, nessun giudeo. Non sono persone oneste costoro? non è una città quella? quella non è una colonia tanto più rispettabile quanto più libera da queste cose? Non vi faremmo certo di questi discorsi se venissimo a sapere di voi cose buone: al contrario, tacendo, temo di meritare condanna allo stesso modo che voi. È stata volontà di Dio, fratelli miei, di trovarmi a passare da queste parti. Il mio fratello nell'episcopato mi ha trattenuto, ha comandato, mi ha pregato, mi ha costretto a parlarvi. Di che trattare se non di ciò che mi fa maggiormente temere? di che trattare se non di quanto mi procura più grande dolore? Non sapete che io e noi tutti dobbiamo rendere strettissimo conto delle vostre lodi? Credete che queste lodi siano per noi un onore? Sono un onere, non un onore. Si rende un conto assai severo di quelle lodi; ho tanto timore che nel suo giudizio il Cristo ci debba dire: Cattivi servi, mostravate di compiacervi delle lodi del mio popolo senza fargli capire di trovarsi nella morte. Ma il Signore Dio nostro concederà che d'ora innanzi possiamo aver di voi buone notizie e che nella sua misericordia possiamo essere consolati dalla vostra emendazione: sarà infatti tanto più grande la gioia quanto ora è grande l'afflizione.

 

1 - Gv 20, 29.

2 - Mt 28, 20.

3 - Lc 14, 28-33.

4 - Mt 23, 10.

5 - Cf. 2 Cor 11, 14.

6 - Lc 18, 28.

7 - Mt 19, 16.

8 - Mt 19, 17.

9 - 1 Cor 7, 29-31.

10 - Cf. At 2, 4.

11 - Cf. At 2, 44-45.

12 - Lc 14, 33.

13 - Mt 19, 21

14 - Gv 14, 6.

15 - Sap 1, 11.

16 - 1 Cor 2, 9.

17 - Mt 22, 37.

18 - Mt 22, 39-40.

19 - 1 Cor 6, 15.

20 - 1 Cor 6, 15.

21 - Mt 21, 31.


14 - La maniera mirabile in cui Maria santissima celebrava i mi­steri dell'incarnazione e della natività del Verbo fatto uomo.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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642. Chi era tanto fedele nel poco come la Vergine bea­tissima indubbiamente doveva essere fedelissimo nel mol­to ed ella, se fu estremamente diligente e sollecita nel gra­dire i favori minori, di certo lo fu, con ogni abbondanza, anche nel gradire quelli maggiori che ricevette dalle ma­ni dell'Altissimo insieme a tutti noi. Fra di essi occupa il primo posto l'incarnazione del Verbo nelle sue viscere, poi­ché questa fu l'opera più eccellente e la grazia più subli­me delle numerose alle quali si poterono estendere a no­stro vantaggio il potere e la sapienza infiniti, congiun­gendo in una persona la natura divina e la natura umana per mezzo dell'unione ipostatica, che fu il principio di tut­te le elargizioni distribuite dall'Onnipotente ai mortali e agli angeli. Con quell'inimmaginabile meraviglia egli si im­pegnò al punto che non ne sarebbe uscito con tanta glo­ria se non avesse avuto tra noi qualche garante, nella cui santità e corrispondenza si guadagnasse pienamente il frutto di un così raro beneficio. La suddetta affermazione si capisce meglio considerando ciò che ci insegna la fede, cioè che dalla scienza dell'Eterno fu da sempre prevista l'ingratitudine dei reprobi, e quanto malamente si sareb­bero avvalsi di un dono mirabile e singolare come è il fat­to che Dio sia divenuto uomo vero, maestro, redentore ed esempio per ciascuno.

643. Quindi, un simile prodigio fu ordinato in maniera che ci fosse chi compensasse la loro ingiuria e la loro of­fesa e si interponesse con appropriata riconoscenza tra co­storo e sua Maestà, per soddisfarlo secondo le nostre pos­sibilità. Questo fu eseguito innanzitutto dall'umanità santissima del nostro salvatore Gesù, che fu il mediatore pres­so il Padre', riconciliando tutti con lui e scontando le col­pe di tutti con sovrabbondante eccesso di meriti; però, dal momento che egli era contemporaneamente Dio vero e uo­mo vero, pare che per la natura umana sarebbe rimasto ugualmente il debito verso di lui se tra le semplici creatu­re non se ne fosse trovata alcuna che lo saldasse per inte­ro con l'aiuto superno. Tale contraccambio gli fu offerto dalla nostra Regina: ella sola fu la segretaria del gran con­siglio e l'archivio dei suoi misteri; ella sola li comprese, ponderò e apprezzò nella misura che poteva essere prete­sa dalla natura umana senza divinità; ella sola supplì alla nostra villania e alla scarsezza e grossolanità con cui in confronto si sono mostrati obbligati i figli di Adamo; ella sola placò il suo stesso Unigenito e dette riparazione del­l'oltraggio arrecatogli da tutti per non averlo accolto come loro Signore e come vero Dio fatto uomo per riscattarli.

644. Maria ebbe questo impenetrabile arcano talmente fisso nella memoria che non lo dimenticò mai neppure per un istante. Era anche cosciente dell'ignoranza che tanti ne avevano e, allo scopo di ringraziare per esso per sé e per gli altri, faceva parecchie volte genuflessioni, prostrazioni e vari atti di venerazione, ripetendo incessantemente e in molteplici modi la seguente preghiera: «Eccelso sovrano, mi inchino dinanzi a voi, presentandomi a nome mio e di tutti. Vi lodo e benedico per la vostra straordinaria incar­nazione, vi confesso e adoro nell'unione ipostatica della na­tura umana e della natura divina nel Verbo. Se gli infelici discendenti di Eva ne sono all'oscuro o non ne sono con­venientemente grati, ricordatevi con pietà che sono in una condizione fragile, inconsapevoli e colmi di passioni, e che non possono venire a voi qualora non vi siano attirati dal­la vostra clementissima benignità'. Scusate il difetto di gen­te così debole! Io, vostra ancella e vile verme, vi magnifi­co per me e per ognuno di essi con la corte celeste, sup­plicandovi dall'intimo della mia anima di prendere a cuo­re la causa dei vostri fratelli e di ottenere loro il perdono. Guardate nella vostra sconfinata misericordia ai miseri che sono nati nel peccato, non si rendono conto del proprio danno e non sanno che cosa fanno né che cosa vada fat­to. Vi imploro per il vostro e mio popolo, perché, in quan­to siete uomo, siamo tutti della vostra natura: non voglia­te dunque spregiarla. Se in quanto Dio attribuite immen­so valore alle vostre opere, siano esse il giusto risarcimento, poiché soltanto voi siete in grado di pagare quello che ab­biamo ricevuto e dobbiamo all'Altissimo, che vi ha man­dato per soccorrere i poveri e per liberare i prigionieri'. Restituite la vita ai morti, arricchite i bisognosi, illumina­te i ciechi: siete la nostra salute, il nostro bene e tutto il nostro rimedio».

645. Ella innalzava di continuo e quotidianamente simili orazioni e, in coincidenza della data nella quale l'incarna­zione si era realizzata nel suo purissimo grembo, aggiun­geva degli esercizi per onorare il sublime evento. Era favo­rita dall'Eterno più che in altre feste da lei celebrate, giac­ché la solennità non durava un giorno, ma i nove imme­diatamente precedenti il venticinque marzo, in cui era av­venuto dopo la preparazione che ho descritto all'inizio del­la seconda parte, esponendo in nove capitoli le meraviglie che predisposero degnamente colei che doveva concepire il Verbo. Qui è necessario supporre quanto si è già affermato e riassumerlo brevemente per evidenziare come espri­messe di nuovo riconoscenza per quel sommo miracolo. 646. Cominciava dalla sera del sedici marzo e, sino al venticinque, stava ritirata senza mangiare né dormire, as­sistita dall'Evangelista esclusivamente per la santa comu­nione. L'Onnipotente le rinnovava tutti i doni che le aveva concesso allora, insieme ad altri del suo Gesù, che, essen­do ormai stato generato dalla compassionevole ed eccel­lente Regina, si incaricava di sostenerla e beneficarla in quell'occasione. Nei primi sei giorni ciò accadeva in que­sta maniera: per alcune ore della notte ella protraeva le sue solite pratiche e quindi Cristo faceva ingresso nella stanza con la maestà con la quale risiede nell'empireo, scor­tato da migliaia dei suoi ministri superni, entrando alla sua presenza con tale splendore.

647. L 'accortissima e religiosissima Vergine gli prestava culto con l'umiltà e la riverenza di cui solo la sua smisu­rata prudenza era capace. Successivamente, era sollevata dai custodi e collocata alla destra di lui sul trono, dove percepiva un'ineffabile unione con la medesima umanità e divinità, che la trasportava e riempiva di gloria e di effet­ti che è impossibile spiegare a parole. Lì il Signore com­piva un'altra volta in lei i prodigi di un tempo, facendo corrispondere il primo giorno al primo, il secondo al se­condo e così via, e li accompagnava con elargizioni confor­mi allo stato attuale di entrambi. Benché Maria avesse sem­pre la scienza abituale di quanto aveva inteso in passato, diversamente il suo intelletto era applicato ad usarla con più chiarezza ed efficacia.

648. Nel primo giorno le era mostrato tutto quello che il supremo sovrano aveva fatto nel primo della creazione: in che ordine e in che modo erano sorte le cose spettanti alla giornata; il cielo, la terra e gli abissi con la loro lun­ghezza, larghezza e profondità; la luce, le tenebre e la lo­ro separazione con le varie condizioni e proprietà di tali realtà visibili. Riguardo a quelle invisibili, poi, aveva noti­zia dell'origine degli angeli, delle loro distinzioni e doti, del periodo in cui erano rimasti in grazia, della discordia tra gli apostati e gli obbedienti, della caduta degli uni e della confermazione in grazia degli altri, nonché di tutto il re­­sto che Mosè misteriosamente incluse nelle opere del pri­mo giorno. Era parimenti informata degli scopi che Dio aveva per comunicarsi e rivelarsi attraverso di esse, affin­ché gli esseri spirituali e i mortali lo conoscessero e lo­dassero. Dal momento che la ripetizione non era sterile, il Figlio le diceva: «Colomba mia, su tutto questo, attuato dal mio infinito potere, vi ho istruito prima di prendere carne nel vostro talamo castissimo, per manifestarvi la mia gran­dezza. Lo faccio ancora per riconsegnarne a voi il posses­so e il dominio come a mia vera Madre, che gli angeli, il cielo, la terra, la luce e le tenebre devono servire con do­cilità, e perché magnifichiate convenientemente il Padre per quanto la progenie di Adamo non sa apprezzare».

649. Ella soddisfaceva pienamente la sua volontà e il debito con atti di gratitudine a nome proprio e di tutti, non cessando né questi né altri arcani esercizi sino a quan­do il suo Unigenito non la lasciava. Nel secondo giorno, alla stessa maniera, il Salvatore scendeva a mezzanotte e ravvivava in lei la cognizione del secondo della creazione: la fondazione del firmamento in mezzo alle acque per di­videre le une dalle altre; il numero e la disposizione dei cieli; la loro struttura, armonia, qualità, dimensione e bel­lezza. La Signora penetrava tutto infallibilmente, come si era verificato e senza opinioni, sebbene fosse al corrente di quelle dei dottori e dei commentatori. Nel terzo giorno le era palesato ciò che di esso riferisce la Scrittura , cioè come l'Eterno avesse riunito le acque che stavano sulla ter­ra e formato il mare, scoprendo il suolo perché desse frut­ti, come subito fece al suo comando producendo germo­gli, erbe, alberi e altre cose che lo adornano. Le erano svelate le caratteristiche di tali piante e in che modo poteva­no essere utili o nocive. Nel quarto giorno comprendeva la costituzione del sole, della luna e delle stelle; la loro ma­teria e configurazione, le loro peculiarità, i loro influssi e i movimenti con i quali regolano gli anni, le stagioni e le giornate. Nel quinto giorno apprendeva la nascita degli uc­celli e dei pesci, che aveva avuto luogo dalle acque; come era avvenuta al principio e come si conservavano e molti­plicavano; le specie e le particolarità di quelli e degli altri animali. Nel sesto giorno era illuminata sulla genesi del­l'uomo, fine di tutto; sulla sua composizione e perfezione, in cui tutto era racchiuso; sull'incarnazione, alla quale era ordinata, e sugli altri segreti della somma provvidenza che conteneva, attestandone l'immensa maestà.

650. Quotidianamente intonava un cantico ad esaltazio­ne dell'Onnipotente per quanto aveva realizzato nel giorno corrispondente e per quanto ne apprendeva. Quindi, lo im­plorava intensamente per l'umanità, specialmente per i cre­denti, affinché fossero riconciliati con lui e avessero intel­ligenza di lui e delle sue opere, perché in esse e per esse lo incontrassero, amassero e celebrassero. Ponderando sia l'ignoranza di tanti, che non sarebbero giunti a questo e al­la fede che avrebbero potuto ottenere, sia la tiepidezza e negligenza dei cattolici che, pur ammettendole, non ne sa­rebbero stati abbastanza obbligati, compiva esercizi eroici e mirabili per compensare simili difetti. Gesù la sublimava proporzionatamente con una nuova partecipazione della sua divinità, cumulando in lei quello di cui costoro si ren­devano indegni per la loro riprovevole dimenticanza. Le conferiva una rinnovata autorità sulle opere del giorno, per­ché le fossero sottomesse confessandola genitrice del loro Autore, che la stabiliva suprema Regina di tutto ciò che aveva chiamato all'esistenza nell'universo intero.

651. Nel settimo giorno tali benefici le erano accresciuti, poiché da allora non veniva il nostro Maestro dall'empireo, ma era lei ad essere sollevata lassù, come era acca­duto al tempo dell'incarnazione. Per ordine dell'Altissimo, i custodi ve la trasferivano a metà della notte e, mentre el­la lo adorava, i serafini la avvolgevano in un abito più pu­ro e candido della neve e più fulgido del nostro astro. La cingevano con una cintura di pietre così pregiate e inesti­mabili che in natura non si trova nulla di paragonabile, giacché ognuna sorpassava in splendore il medesimo glo­bo del sole, anzi di parecchi soli, se questi si congiunges­sero; poi, le ponevano collane, braccialetti ed altri gioielli, commisurati alla persona che li accoglieva e a chi li con­cedeva, perché erano portati con ammirevole riverenza dal trono stesso della beatissima Trinità. Ciascun monile si­gnificava in modo diverso la comunicazione che essa fa­ceva delle proprie eccezionali prerogative, e inoltre anche i sei serafini che la decoravano rappresentavano il miste­ro del loro servizio.

652. Ai primi angeli ne succedevano ancora sei, che ab­bellivano ulteriormente Maria come ritoccandone le facoltà e accordando a tutte una grazia che non è esprimibile a parole, e quindi ne seguivano altri sei, i quali le davano qualità e lume che elevavano il suo intelletto e la sua vo­lontà per la visione e fruizione beatifica. Dopo averla resa tanto stupenda, la innalzavano insieme, in numero di di­ciotto, e la collocavano alla destra di Cristo. Ella era in­terrogata su che cosa desiderasse e, vera Ester, dichiarava: «Chiedo misericordia per il mio popolo e, a nome suo e mio, bramo di ringraziarvi del generosissimo dono che gli avete dispensato assumendo la forma umana nel mio grem­bo per redimerlo». A tali affermazioni e domande ne ag­giungeva altre di incomparabile carità e sapienza, pregan­dolo per tutti e principalmente per la Chiesa.

653. Egli parlava con l'Eterno e proclamava: «Vi bene­dico, Padre mio, e vi offro questa discendente di Adamo, a voi gradita e prescelta tra le creature come madre mia e testimonianza dei nostri infiniti attributi. Ella soltanto apprezza con cuore riconoscente il favore che io feci agli uomini rivestendomi della loro natura per insegnare il sen­tiero della vita e riscattarli dalla morte, e l'abbiamo eletta per placare il nostro risentimento contro la loro ingratitu­dine. Ella soltanto contraccambia come gli altri non vo­gliono o non riescono, e non possiamo disdegnare le sup­pliche che ci porge per loro con la pienezza della sua san­tità e del nostro compiacimento».

654. Queste meraviglie erano ripetute nei tre giorni con­clusivi della novena e il venticinque marzo, all'ora dell'in­carnazione, Dio le si manifestava intuitivamente, con più gloria di quella di cui gioivano tutti i comprensori. Ben­ché nei tre suddetti giorni essi avessero un singolare gau­dio accidentale, questo era superiore nell'ultimo, caratte­rizzato da straordinaria allegrezza per la Gerusalemme trionfante. Ciò che la nostra sovrana riceveva eccede im­mensamente la nostra immaginazione, poiché le erano ra­tificati ed aumentati in maniera ineffabile tutti i privilegi; siccome, peraltro, era viatrice per meritare ed era infor­mata di quale fosse lo stato della comunità ecclesiale nel suo secolo e di quale sarebbe stato in quelli futuri, impe­trava per ogni epoca larghe elargizioni, o meglio le gua­dagnava tutte, quante mai il sommo potere ne ha fatte e ne farà sino alla fine del mondo.

655. Nelle feste la Vergine otteneva sempre la conver­sione di moltissimi, che allora e più tardi sono venuti al­la nostra religione; in tale data, però, l'indulgenza era mag­giore, perché ha conquistato per tante monarchie, provin­ce e nazioni i benefici che hanno avuto con l'essere state convocate nella Chiesa, e quelle in cui ha perseverato di più la fede sono più debitrici alle sue implorazioni e alle sue virtù. In particolare mi è stato rivelato che quando ce­lebrava l'Incarnazione liberava le anime del purgatorio, e dall'empireo, dove questo le era assicurato in quanto Re­gina di tutto e genitrice del Salvatore, inviava dei ministri superni a trarle fuori da lì. Le consegnava poi all'Onnipo­tente come frutto di quell'evento, per mezzo del quale ave­va mandato il suo Unigenito a recuperare coloro che il ne­mico aveva così a lungo tiranneggiato, e lo onorava per es­si. Tornava sulla terra giubilante per aver lasciato accre­sciuta la corte del cielo e ancora rendeva grazie con la con­sueta umiltà. A nessuno sembri inconcepibile un simile prodigio, poiché non è gran cosa che, nel giorno in cui era stata sollevata alla sublime dignità di Madre del Signore e di dominatrice dell'intero universo, aprisse con tanta libe­ralità i tesori divini ai suoi fratelli e suoi stessi figli, con­siderando che a lei si erano spalancati allorché aveva ac­colto in sé la medesima Divinità unita ipostaticamente con la sua sostanza e che ella sola arrivava a valutare adegua­tamente questo bene, proprio per lei, comune per tutti.

656. In modo diverso solennizzava il Natale. Comincia­va dal vespro precedente con gli esercizi, gli inni e la pre­parazione, e all'ora del parto Gesù appariva con stupefa­cente splendore accompagnato da migliaia di angeli ed an­che dai patriarchi Gioacchino, Anna, Giuseppe, Elisabetta e da altri. I custodi la innalzavano e la collocavano alla sua destra, intonando con soave armonia il cantico di glo­ria che avevano elevato alla natività e alcuni tra i nume­rosi che Maria aveva composto, grata per tale mistero, ad esaltazione dell'Altissimo. Dopo essere restata occupata in questo per un buon tratto di tempo, ella chiedeva licenza e scendeva dal trono, prostrandosi di nuovo dinanzi a Cri­sto. In quella posizione lo adorava a nome del genere uma­no e lo ringraziava di essere venuto alla luce per redimer­lo; quindi, faceva una fervorosa preghiera per tutti, spe­cialmente per i credenti, presentandogli la fragilità della

loro condizione e la loro necessità dell'aiuto del suo brac­cio per giungere sino alla cognizione di lui e ottenere la vita imperitura. Allegava la misericordia per la quale egli aveva voluto nascere dal suo purissimo talamo, la povertà in cui ciò era avvenuto, le tribolazioni e le fatiche che ave­va accettato, l'essere stato alimentato al suo petto ed alle­vato da lei, e tutti gli arcani relativi a quelle circostanze. Il nostro Maestro gradiva questa orazione e, di fronte agli esseri spirituali e ai santi, si dichiarava vincolato dalla ca­rità e dalle parole della felicissima Principessa e le conce­deva un'altra volta, come dispensatrice delle sue ricchezze, di applicarle e distribuirle a proprio piacimento. Ella gli obbediva con mirabile sapienza e con eccezionale vantag­gio dei fedeli, e infine esortava gli eletti a magnificarlo da parte sua e dei mortali ed invocava la benedizione. Sua Maestà gliela impartiva e risaliva al Padre.

 

Insegnamento della Regina del cielo

657. Mia diletta, l'ammirazione con la quale esponi i se­greti che ti paleso della mia storia deve trasformarsi in lo­de di Dio, che fu così generoso con me, e in slancio al di sopra di te stessa, con la fiducia con cui esigo che domandi la mia efficace intercessione e protezione. Se sei sorpresa che fossero accumulate in me grazie su grazie, e che fos­si frequentemente visitata o portata presso l'Eterno, ram­menta quanto hai scritto, cioè che mi privai della visione beatifica per governare la Chiesa. E anche qualora questo non avesse meritato la ricompensa che mi fu data mentre vivevo nel mondo, per il mio titolo di Madre sua il Salva­tore avrebbe fatto in me meraviglie che non hanno spazio nell'immaginazione né si addicevano ad alcuno; esso ecce­de tanto la sfera delle rimanenti dignità che sarebbe tur­pe ignoranza negarmi i benefici che non si trovano negli altri. Il prendere da me carne fu per lui un impegno di tal peso che - secondo la tua maniera di intendere - non vi sarebbe riuscito se non avesse compiuto tutto quello che la sua onnipotenza può e che io ero capace di ricevere. Es­sa è infinita e non si esaurisce, e invece ciò che comuni­ca fuori di sé è finito e ha termine; peraltro, io sono una semplice creatura e, paragonato con il sommo sovrano, tut­to il creato è niente.

658. Aggiungi che non misi impedimento al suo realiz­zare in me senza limite e senza misura i favori ai quali si estendeva e, siccome questi erano sempre finiti, benché straordinari, e il suo potere era infinito, si comprende che ebbe modo di concentrare in me doni su doni. E non solo fu possibile, ma pure conveniente perché effettuasse con as­soluta perfezione il prodigio di farmi sua genitrice, dal mo­mento che nessuna delle sue opere è incompleta e man­cante. Giacché in una simile eccellenza sono contenuti, co­me nella loro origine e nel loro principio, tutti i privilegi che mi appartengono conseguentemente, quando fui cono­sciuta come tale furono conosciuti implicitamente anch'es­si, nella loro causa. Il Signore li lasciò alla pietà e all'at­tenzione dei battezzati, che per obbligarlo e guadagnare la mia difesa avrebbero parlato degnamente della mia gran­dezza e delle mie prerogative, raccogliendole e confessan­dole proporzionatamente alla loro riverenza e alla mia su­blimità. Allo scopo, molti autori hanno avuto particolare il­luminazione, nonché varie rivelazioni in proposito.

659. Poiché certi sono stati timidi per buono zelo e cer­ti altri lenti per scarsa devozione, nella sua benignità il mio Unigenito, nel periodo opportuno, ha deciso di manifesta­re questi occulti misteri senza affidarsi ai discorsi terreni o alla scienza alla quale possono arrivare, bensì alla loro medesima verità divina; così, tutti ne avranno nuova gioia e speranza, sapendo quanto io sia in grado di aiutarli, e renderanno all'Altissimo la gloria che gli spetta per me e per la redenzione.

660. Voglio che ti giudichi più in debito degli altri, per­ché ti ho scelto come mia speciale discepola affinché, redi­gendo questo racconto, tu ti innalzi con più ardente amore e con più accesi desideri di seguirmi per mezzo dell'imita­zione a cui ti invito e chiamo. L'insegnamento del presente capitolo è il tuo dovere di modellarti su di me nell'ineffabi­le gratitudine che io ebbi per l'incarnazione del Verbo nel mio grembo. Imprimila nel tuo cuore, per non obliarla mai, e distinguiti soprattutto nei giorni che corrispondono agli ar­cani che hai illustrato; in essi celebrala in mio nome con sin­golare disposizione e giubilo della tua anima, ringraziando per tutti colui che si è fatto uomo nelle mie viscere per ri­scattarli, ed esaltalo per l'onore al quale mi elevò conceden­domi ciò. Agli spiriti superni e ai santi in cielo, dopo la co­gnizione che hanno della Trinità, nulla procura maggiore stu­pore che il vederlo unito alla natura umana e, sebbene avan­zino incessantemente nella penetrazione di questo, ne resta loro parecchio da afferrare, per i secoli dei secoli.

661. Perché tu rinnovi in te il ricordo dei due eventi, cerca di acquisire umiltà e purezza angeliche, poiché con esse sarà gradita a sua Maestà la riconoscenza che gli de­vi e darai almeno un po' il contraccambio; pondera, inol­tre, la gravità delle colpe di coloro che hanno Gesù per fratello e degenerano da questa. Considerati come un ri­tratto del Dio-uomo e pensa che lo disprezzi o cancelli con ogni peccato che commetti. I discendenti di Adamo sono assai immemori della dignità alla quale furono sollevati e non si spogliano degli antichi costumi e delle antiche mi­serie per rivestirsi di Cristo; ma tu, figlia mia, dimentica la casa di tuo padre e il tuo popolo, e adornati con la bel­lezza del tuo Salvatore per piacere al supremo Re.


28 giugno 1943

Maria Valtorta

Dice Gesù:
   «“Siate perfetti voi tutti che amo di un amore di privilegio. Vivete da angeli voi che costituite la mia Corte sulla Terra”.

   Se per tutti è fatto l’invito[89] amoroso d’essere perfetti come il Padre mio, per coloro che ho eletti a miei intimi ed amici ciò diviene un soave comando. Essere miei discepoli - non nel senso vago che è detto di tutti i cristiani, ma nel senso proprio con cui chiamavo: discepoli e amici, i miei dodici - è grande onore, ma importa grande dovere.

   Non basta più la piccola perfezione, ossia il non commettere colpe gravi e l’ubbidire alla Legge nelle sue regole più marcate. Occorre raggiungere la finezza della perfezione, seguire la Legge sino nelle più lievi sfumature, direi quasi anticiparla con un di più. Come i bambini che non soltanto vanno verso la casa del padre, camminando a fianco di chi li conduce, ma corrono avanti festosi, superando fatiche e ostacoli di un sentiero più difficile per arrivare più presto, perché il loro amore li sprona.

   La casa del Padre vostro è in Cielo; l’amore è quello che vi sprona a superare, volando, ogni difficoltà per raggiungere presto il Cielo dove il Padre vi attende con le braccia già aperte all’abbraccio. Perciò non solo il mio discepolo deve ubbidire alla legge nelle cose grandi che ho imposto a tutti, ma deve interpretare il mio desiderio, anche non espresso, che voi facciate il massimo bene che potete, desiderio che l’amante comprende perché l’amore è luce e scienza.

   Adesso ti spiego due punti[90] del Vangelo. Uno è di Matteo e uno di Luca. In realtà sono un’unica parabola, ma espressa con qualche differenza. Che nei miei evangelisti si trovino queste differenze non deve fare stupore. Quando scrivevano quelle pagine erano ancora uomini. Già eletti, ma non ancora glorificati. Perciò potevano commettere sviste ed errori, di forma, non di sostanza. Solo nella gloria di Dio non si erra più. Ma per raggiungerla essi dovevano ancora molto lottare e soffrire.

   Soltanto uno degli evangelisti è di una esattezza fonografica nel riportare quanto Io dissi. Ma quello era il puro e l’amoroso. Rifletti su ciò. La purezza e la carità sono tanto potenti che permettono di capire, ricordare, trasmettere, senza l’errore neppure d’una virgola e di una riflessione, la parola mia. Giovanni era un’anima su cui l’Amore scriveva le sue parole, e lo poteva fare perché l’Amore non si posa e non ha contatto altro che coi puri di cuore, e Giovanni era un’anima verginale, pura come quella d’un pargolo. Non ho affidato mia Madre[91] a Pietro, ma a Giovanni perché la Vergine doveva stare col vergine. Ricorda bene questo: che Dio non si comunica con chi non ha purezza di cuore, conservata dalla nascita o riottenuta con assiduo lavoro di penitenza e d’amore, sostanze spirituali che rendono all’anima quella candida freschezza che attira il mio sguardo e ottiene la mia parola.

   Dicono dunque i miei evangelisti che un personaggio - l’uno dice: re, l’altro fa capire che è un ricco signore - fece un grande convito, di nozze probabilmente, invitando molti amici. Ma questi addussero delle scuse, dice Luca, e Matteo rincara: se ne infischiarono. Purtroppo col vostro Dio non adducete neppure delle scuse e ai suoi inviti rispondete sovente infischiandovene.

   Allora il padrone del convito, dopo avere punito i maleducati, per non sprecare inutilmente i viveri già preparati, mandò i suoi servi ad adunare tutti i poveri, gli zoppi, gli storpi, i ciechi che erano intorno alla casa, già in attesa degli avanzi, oppure che accorrevano, combattuti fra il timore e il bisogno, da tutto il paese. L’ordine era di aprire a questi la sala e farli sedere a mensa dopo averli puliti e rivestiti a dovere. Ma la sala non era ancora piena. Allora quel ricco ordina ai servi di uscire nuovamente e invitare chiunque, anche usando una dolce violenza. Entrano così non soltanto i poveri che si aggirano intorno alle case dei ricchi, ma anche coloro che non ci pensavano, convinti come erano di essere sconosciuti al padrone e di non avere bisogno di nulla.

   Quando la sala fu piena, entrò il ricco signore e vide uno - non è detto se fosse un povero o un passante, ma è particolare di poco conto - che si era levato la veste di nozze, il che fa pensare fosse un passante ricco e superbo e non un povero convinto d’esser un bisognoso. Allora il padrone sdegnato, vedendo spregiato il suo dono e calpestato il rispetto per la dimora dell’ospite, lo fa cacciare perché nulla di contaminato deve entrare nella sala delle nozze.

   Ora ti spiego la duplice parabola.

   Gli invitati sono coloro che Io chiamo con vocazione speciale, grazia gratuita che Io concedo come invito all’intimità nel mio palazzo con Me stesso, come elezione alla mia Corte. I poveri, i ciechi, i monchi, i deformi sono coloro che non hanno avuto speciali chiamate e aiuti e che coi loro soli mezzi non hanno potuto conservare o raggiungere ricchezza spirituale e salute, ma anzi hanno, per imprudenze naturali, aumentato la loro infelicità. Sono cioè i poveri peccatori, le anime deboli, povere, deformi, le quali non osano presentarsi alla porta, ma si aggirano nei pressi del palazzo attendendo una misericordia che li ristori. I passanti frettolosi, che non si curano di ciò che avviene nella dimora del Signore, sono coloro che vivono nelle religioni più o meno rivelate o nella loro personale che ha nome: denaro, affari, ricchezze. Costoro credono di non avere bisogno di conoscermi.

   Ora si verifica il fatto che sovente i chiamati da Me trascurano il mio appello, se ne disinteressano, preferiscono occuparsi di cose umane invece di dedicarsi alle cose soprannaturali. Allora Io faccio entrare i poveri, i ciechi, gli zoppi, i deformi; li rivesto della veste di nozze, li faccio assidere alla mia mensa, li dichiaro ospiti miei e li tratto da amici. E chiamo anche quelli che sono fuori della mia Chiesa, li attiro con insistenza e cortesia, li costringo anche con dolce violenza.

   Nel mio Regno c’è posto per tutti, e mia gioia è farvi entrare molti. Guai però a coloro che, eletti da Me per vocazione, mi trascurano preferendo dedicarsi a cose naturali. E guai a coloro che, benignamente accolti pur non essendone meritevoli, e rivestiti dalla mia magnanimità con la grazia che ricopre e annulla le loro brutture, si levano la veste nuziale mancando di rispetto a Me e alla mia dimora, dove nulla di indegno deve circolare. Saranno espulsi dal Regno perché avranno calpestato il dono di Dio.

   Delle volte, fra i peccatori e i convertiti Io vedo anime così belle e così riconoscenti che le eleggo a mie spose, al posto d’altre, già chiamate, che mi hanno respinto.

   Tu, Maria, eri una poverella, mendicante, affamata, affannata, senza vesti. Dopo avere cercato da te di saziare la tua fame, di calmare il tuo affanno, di coprire le tue miserie, senza riuscirvi, ti sei accostata alla mia Dimora avendo compreso che solo in essa è pace e ristoro vero. Ed Io ti ho accolta, mettendoti al posto di un’altra che, vocata da Me, ha respinto la grazia, e vedendoti riconoscente e volonterosa ti ho eletta a sposa. La sposa non resta nella sala del convito. Penetra nella camera dello sposo e ne conosce i segreti. Ma guai se in te si assopisse la buona volontà e la riconoscenza. Devi continuare a lavorare per piacermi sempre più. Lavorare per te, per ringraziarmi d’averti chiamata. Lavorare per l’altra, che ha respinto le mistiche nozze, perché si converta e torni a Me. Chi sia lo saprai un giorno.

   Ora pasciti della mia mensa, rivestiti delle mie vesti, scaldati al mio fuoco, riposati sul mio cuore, consolami delle defezioni dei vocati, amami per riconoscenza, amami per riparare, amami per impetrare, amami per aumentare i tuoi meriti. Io do la veste nuziale a chi amo di un amore di predilezione. Ma l’amata deve, con una vita di perfezione angelica, sempre più ornarla. Non devi mai dire: “Basta”. Il tuo Sposo e Re è tal Signore che la veste della sposa deve essere ricoperta di gemme onde essere degna di vestire la prescelta a sedere nel palazzo del suo Signore.»

   Dice ancora Gesù:

   «Questa volta mi ti mostro sotto altra veste. L’Eucarestia è Carne, ma è anche Sangue. Eccomi nella veste di Sangue. Guarda come trasuda e sgorga in rivoli sul mio Volto sfigurato, come scorre lungo il collo, sul torso, sulla veste, doppiamente rossa perché intrisa del mio Sangue. Vedi come bagna le mani legate e scende sino ai piedi, al suolo. Sono proprio Colui che pigia l’uva di cui parla[92] il Profeta, ma il mio amore ha pigiato Me. Di questo Sangue che ho profuso tutto, sino all’ultima goccia, per l’Umanità, ben pochi ne sanno valutare il prezzo infinito e fruire dei meriti potentissimi.

   Ora Io chiedo, a chi lo sa guardare e capire, di imitare Veronica ed asciugare col suo amore il Volto sanguinoso del suo Dio. Ora Io chiedo a chi mi ama di medicare con il suo amore le ferite che continuamente gli uomini mi fanno. Ora Io chiedo, soprattutto, di non lasciare sperdere questo Sangue, di raccoglierlo con attenzione infinita, nelle più piccole stille, e spargerlo su chi del mio Sangue non si cura.

   Nel mese che sta per finire, molto ti ho parlato del mio Cuore e del mio Corpo nel Sacramento. Ora, per il mese del mio Sangue, ti farò pregare il Sangue mio. Di’ dunque così:


   “Divinissimo Sangue, che sgorghi per noi dalle vene del Dio umanato, scendi come rugiada di redenzione sulla terra contaminata e sulle anime che il peccato rende simili a lebbrosi. Ecco, io ti accolgo, Sangue del mio Gesù, e ti spargo sulla Chiesa, sul mondo, sui peccatori, sul Purgatorio. Aiuta, conforta, monda, accendi, penetra e feconda, o divinissimo Succo di Vita. Né ponga ostacolo al tuo fluire l’indifferenza e la colpa. Ma anzi per i pochi che ti amano, per gli infiniti che muoiono senza di Te, accelera e diffondi su tutti questa divinissima pioggia, onde a Te si venga fidenti in vita, per Te si sia perdonati in morte, con Te si venga nella gloria del tuo Regno. Così sia”.

   Ora basta. Alla tua sete spirituale Io porgo le mie vene aperte. Bevi a questa fonte. Conoscerai il Paradiso e il sapore del tuo Dio, né mai quel sapore ti verrà meno se tu saprai venire sempre a Me con le labbra e l’anima mondate dall’amore.»

   Il mio Gesù aveva cominciato a parlare alle 4 di mattina, fra le pause del mio dormiveglia. Scendeva la parola come una goccia di luce nei risvegli e naufragava nei ritorni di sonno perché sono così spossata e stanca... Era come se Gesù fosse curvo sul mio letto e mi dicesse una parola di tanto in tanto[93]. Però, venuta l’ora di sedermi e muovermi, scuotendo il sonno, quelle parole, che erano state ripetute più volte, come ritornello di una spirituale ninna-nanna, rifulsero vivamente nella mia mente. Sono le due prime frasi del primo brano del 28: “Siate perfetti... Vivete da angeli”. Dietro a quelle si snodarono le altre frasi. Ben poco rimaneva da dire quando venne lei con la S. Comunione. E fu tutto terminato subito dopo.

   L’altro brano, come lei può capire facilmente, è una vista interna (si dice così?) del mio Gesù ferito e gocciante sangue. Non è il bel Gesù biancovestito, ordinato, maestoso, delle altre volte, e non è il fulgente Pargolo dell’ultima volta, sorridente dal seno di Maria.

   È un triste, tristissimo Gesù, le cui lacrime si mescolano al sangue, contuso, spettinato, sporco, strappato nella veste, con le mani legate, con la corona ben fitta sul capo. Vedo distintamente la corona di grosse spine, non lunghe ma fitte fitte, che penetrano e sgraffiano le carni. Ogni capello ha la sua goccia di sangue, e sangue scende, in rivoletti, dalla fronte sugli occhi, lungo il naso, giù per la barba e il collo, sulla veste, goccia sulle mani, e sembra più rosso tanto esse sono pallide, bagna la terra dopo aver bagnato i piedi. Ma quello che è tristissimo a vedersi è lo sguardo... Chiede pietà e amore, e tradisce, sotto la sua rassegnata mansuetudine, un dolore infinito.

   Anche qui, se fossi capace, vorrei poterlo disegnare per lei e per me. Perché, se penso bene, nessun quadro di Gesù e Maria che io conosca assomiglia a ciò che vedo. Né nei tratti, né nell’espressione. Questa soprattutto manca nelle opere di autori. Ma divenire pittrice io... Nulla è impossibile a Dio, è vero, ma questa è cosa grossa!... E credo che il buon Dio non lo farà, anche perché non me ne compiaccia...

[89] invito che è in Matteo 5, 48.
[90] due punti, cioè Matteo 22, 1-14 e Luca 14, 16-24.
[91] ho affidato mia Madre… a Giovanni, in Giovanni 19, 26-27.
[92] parla in Isaia 63, 1-6.
[93] di tanto in tanto è nostra correzione di dentro per dentro, espressione tipica di Maria Valtorta, che correggeremo ancora, senza più annotarla, ogni volta che si ripresenterà.