Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

«Incominciamo oggi, o fratelli, a fare il bene, ché nulla fin qui abbiamo fatto». Queste parole che il serafico padre san Francesco nella sua umiltà  applicava a se stesso, rendiamole nostre all'inizio di questo nuovo anno. Veramente nulla abbiamo fatto fino ad oggi o, se non altro, ben poco; gli anni si sono susseguiti nel sorgere e nel tramontare senza che noi ci domandassimo come li avevamo impiegati; se niente vi era da riparare, da aggiungere, da togliere nella nostra condotta. Abbiamo vissuto all'impensata, come se un giorno l'eterno giudice non dovesse chiamarci a sé e chiederci conto del nostro operato, del come abbiamo speso il nostro tempo. Eppure di ogni minuto dovremo rendere strettissimo conto, di ogni movimento della grazia, di ogni santa ispirazione, di ogni occasione che ci si presentava di fare il bene. La più lieve trasgressione della legge santa di Dio sarà  presa in considerazione! (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 33° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 6

1Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono.2Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?3Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui.4Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".5E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
7Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.8E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;9ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.10E diceva loro: "Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.11Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro".12E partiti, predicavano che la gente si convertisse,13scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

14Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui".15Altri invece dicevano: "È Elia"; altri dicevano ancora: "È un profeta, come uno dei profeti".16Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!".

17Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.18Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello".19Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva,20perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
21Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.22Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò".23E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno".24La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista".25Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista".26Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.27Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.28La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.29I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.31Ed egli disse loro: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'". Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.32Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.34Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.35Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: "Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;36congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare".37Ma egli rispose: "Voi stessi date loro da mangiare". Gli dissero: "Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?".38Ma egli replicò loro: "Quanti pani avete? Andate a vedere". E accertatisi, riferirono: "Cinque pani e due pesci".39Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.40E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.41Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.42Tutti mangiarono e si sfamarono,43e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.44Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

45Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla.46Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.47Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra.48Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.49Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma", e cominciarono a gridare,50perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: "Coraggio, sono io, non temete!".51Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò. Ed erano enormemente stupiti in se stessi,52perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.

53Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.54Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe,55e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse.56E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.


Secondo libro di Samuele 13

1Dopo queste cose, accadde che, avendo Assalonne figlio di Davide, una sorella molto bella, chiamata Tamàr, Amnòn figlio di Davide si innamorò di lei.2Amnòn ne ebbe una tal passione, da cadere malato a causa di Tamàr sua sorella; poiché essa era vergine pareva impossibile ad Amnòn di poterle fare qualcosa.3Ora Amnòn aveva un amico, chiamato Ionadàb figlio di Simeà, fratello di Davide e Ionadàb era un uomo molto astuto.4Egli disse: "Perché, figlio del re, tu diventi sempre più magro di giorno in giorno? Non me lo vuoi dire?". Amnòn gli rispose: "Sono innamorato di Tamàr, sorella di mio fratello Assalonne".5Ionadàb gli disse: "Mettiti a letto e fingiti malato; quando tuo padre verrà a vederti, gli dirai: Permetti che mia sorella Tamàr venga a darmi da mangiare e a preparare la vivanda sotto i miei occhi, così che io veda; allora prenderò il cibo dalle sue mani".
6Amnòn si mise a letto e si finse malato; quando il re lo venne a vedere, Amnòn gli disse: "Permetti che mia sorella Tamàr venga e faccia un paio di frittelle sotto i miei occhi e allora prenderò il cibo dalle sue mani".7Allora Davide mandò a dire a Tamàr, in casa: "Va' a casa di Amnòn tuo fratello e prepara una vivanda per lui".8Tamàr andò a casa di Amnòn suo fratello, che giaceva a letto. Essa prese farina stemperata, la impastò, ne fece frittelle sotto i suoi occhi e le fece cuocere.9Poi prese la padella e versò le frittelle davanti a lui; ma egli rifiutò di mangiare e disse: "Allontanate tutti dalla mia presenza". Tutti uscirono.10Allora Amnòn disse a Tamàr: "Portami la vivanda in camera e prenderò il cibo dalle tue mani". Tamàr prese le frittelle che aveva fatte e le portò in camera ad Amnòn suo fratello.11Ma mentre gliele dava da mangiare, egli l'afferrò e le disse: "Vieni, unisciti a me, sorella mia".12Essa gli rispose: "No, fratello mio, non farmi violenza; questo non si fa in Israele; non commettere questa infamia!13Io dove andrei a portare il mio disonore? Quanto a te, tu diverresti come un malfamato in Israele. Parlane piuttosto al re, egli non mi rifiuterà a te".14Ma egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò unendosi a lei.15Poi Amnòn concepì verso di lei un odio grandissimo: l'odio verso di lei fu più grande dell'amore con cui l'aveva prima amata. Le disse:16"Alzati, vattene!". Gli rispose: "O no! Questo torto che mi fai cacciandomi è peggiore dell'altro che mi hai già fatto". Ma egli non volle ascoltarla.17Anzi, chiamato il giovane che lo serviva, gli disse: "Cacciami fuori costei e sprangale dietro il battente".18Essa indossava una tunica con le maniche, perché così vestivano, da molto tempo, le figlie del re ancora vergini. Il servo di Amnòn dunque la mise fuori e le sprangò il battente dietro.19Tamàr si sparse polvere sulla testa, si stracciò la tunica dalle lunghe maniche che aveva indosso, si mise le mani sulla testa e se ne andò camminando e gridando.20Assalonne suo fratello le disse: "Forse Amnòn tuo fratello è stato con te? Per ora taci, sorella mia; è tuo fratello; non disperarti per questa cosa". Tamàr desolata rimase in casa di Assalonne, suo fratello.21Il re Davide seppe tutte queste cose e ne fu molto irritato, ma non volle urtare il figlio Amnòn, perché aveva per lui molto affetto; era infatti il suo primogenito.22Assalonne non disse una parola ad Amnòn né in bene né in male; odiava Amnòn perché aveva violato Tamàr sua sorella.
23Due anni dopo Assalonne, avendo i tosatori a Baal-Cazòr, presso Èfraim, invitò tutti i figli del re.24Andò dunque Assalonne dal re e disse: "Ecco il tuo servo ha i tosatori presso di sé. Venga dunque anche il re con i suoi ministri a casa del tuo servo!".25Ma il re disse ad Assalonne: "No, figlio mio, non si venga noi tutti, perché non ti siamo di peso". Sebbene insistesse, il re non volle andare; ma gli diede la sua benedizione.26Allora Assalonne disse: "Se non vuoi venire tu, permetti ad Amnòn mio fratello di venire con noi". Il re gli rispose: "Perché dovrebbe venire con te?".27Ma Assalonne tanto insisté che Davide lasciò andare con lui Amnòn e tutti i figli del re. Assalonne fece un banchetto come un banchetto da re.28Ma Assalonne diede quest'ordine ai servi: "Badate, quando Amnòn avrà il cuore riscaldato dal vino e io vi dirò: Colpite Amnòn!, voi allora uccidetelo e non abbiate paura. Non ve lo comando io? Fatevi coraggio e comportatevi da forti!".29I servi di Assalonne fecero ad Amnòn come Assalonne aveva comandato. Allora tutti i figli del re si alzarono, montarono ciascuno sul suo mulo e fuggirono.30Mentre essi erano ancora per strada, giunse a Davide questa notizia: "Assalonne ha ucciso tutti i figli del re e neppure uno è scampato".31Allora il re si alzò, si stracciò le vesti e si gettò per terra; tutti i suoi ministri che gli stavano intorno, stracciarono le loro vesti.32Ma Ionadàb figlio di Simeà, fratello di Davide, disse: "Non dica il mio signore che tutti i giovani, figli del re, sono stati uccisi; il solo Amnòn è morto; per Assalonne era cosa decisa fin da quando Amnòn aveva fatto violenza a sua sorella Tamàr.33Ora non si metta in cuore il mio signore una tal cosa, come se tutti i figli del re fossero morti; il solo Amnòn è morto34e Assalonne è fuggito". Il giovane che stava di sentinella alzò gli occhi, guardò ed ecco una gran turba di gente veniva per la strada di Bacurìm, dal lato del monte, sulla discesa. La sentinella venne ad avvertire il re e disse: "Ho visto uomini scendere per la strada di Bacurìm, dal lato del monte".35Allora Ionadàb disse al re: "Ecco i figli del re arrivano; la cosa sta come il tuo servo ha detto".36Come ebbe finito di parlare, ecco giungere i figli del re, i quali alzarono grida e piansero; anche il re e tutti i suoi ministri fecero un gran pianto.37Quanto ad Assalonne, era fuggito ed era andato da Talmài, figlio di Ammiùd, re di Ghesùr. Il re fece il lutto per il suo figlio per lungo tempo.
38Assalonne rimase tre anni a Ghesùr, dove era andato dopo aver preso la fuga.39Poi lo spirito del re Davide cessò di sfogarsi contro Assalonne, perché si era placato il dolore per la morte di Amnòn.


Giobbe 33

1Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi,
ad ogni mia parola porgi l'orecchio.
2Ecco, io apro la bocca,
parla la mia lingua entro il mio palato.
3Il mio cuore dirà sagge parole
e le mie labbra parleranno chiaramente.
4Lo spirito di Dio mi ha creato
e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita.
5Se puoi, rispondimi,
prepàrati davanti a me, sta' pronto.
6Ecco, io sono come te di fronte a Dio
e anch'io sono stato tratto dal fango:
7ecco, nulla hai da temere da me,
né graverò su di te la mano.
8Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti:
9"Puro son io, senza peccato,
io sono mondo, non ho colpa;
10ma egli contro di me trova pretesti
e mi stima suo nemico;
11pone in ceppi i miei piedi
e spia tutti i miei passi!".
12Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.
Dio è infatti più grande dell'uomo.
13Perché ti lamenti di lui,
se non risponde ad ogni tua parola?
14Dio parla in un modo
o in un altro, ma non si fa attenzione.
15Parla nel sogno, visione notturna,
quando cade il sopore sugli uomini
e si addormentano sul loro giaciglio;
16apre allora l'orecchio degli uomini
e con apparizioni li spaventa,
17per distogliere l'uomo dal male
e tenerlo lontano dall'orgoglio,
18per preservarne l'anima dalla fossa
e la sua vita dalla morte violenta.
19Lo corregge con il dolore nel suo letto
e con la tortura continua delle ossa;
20quando il suo senso ha nausea del pane,
il suo appetito del cibo squisito;
21quando la sua carne si consuma a vista d'occhio
e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,
22quando egli si avvicina alla fossa
e la sua vita alla dimora dei morti.
23Ma se vi è un angelo presso di lui,
un protettore solo fra mille,
per mostrare all'uomo il suo dovere,
24abbia pietà di lui e dica:
"Scampalo dallo scender nella fossa,
ho trovato il riscatto",
25allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,
tornerà ai giorni della sua adolescenza:
26supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,
gli mostrerà il suo volto in giubilo,
e renderà all'uomo la sua giustizia.
27Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
"Avevo peccato e violato la giustizia,
ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;
28mi ha scampato dalla fossa
e la mia vita rivede la luce".
29Ecco, tutto questo fa Dio,
due volte, tre volte con l'uomo,
30per sottrarre l'anima sua dalla fossa
e illuminarla con la luce dei viventi.
31Attendi, Giobbe, ascoltami,
taci e io parlerò:
32ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,
parla, perché vorrei darti ragione;
33se no, tu ascoltami
e io ti insegnerò la sapienza.


Salmi 148

1Alleluia.

Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell'alto dei cieli.
2Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.

3Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
4Lodatelo, cieli dei cieli,
voi acque al di sopra dei cieli.

5Lodino tutti il nome del Signore,
perché egli disse e furono creati.
6Li ha stabiliti per sempre,
ha posto una legge che non passa.

7Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti abissi,
8fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che obbedisce alla sua parola,
9monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e tutti voi, cedri,
10voi fiere e tutte le bestie,
rettili e uccelli alati.

11I re della terra e i popoli tutti,
i governanti e i giudici della terra,
12i giovani e le fanciulle,
i vecchi insieme ai bambini
13lodino il nome del Signore:
perché solo il suo nome è sublime,
la sua gloria risplende sulla terra e nei cieli.
14Egli ha sollevato la potenza del suo popolo.
È canto di lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli di Israele, popolo che egli ama.

Alleluia.


Geremia 23

1"Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo". Oracolo del Signore.2Perciò dice il Signore, Dio di Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: "Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre azioni. Oracolo del Signore.3Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno.4Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; di esse non ne mancherà neppure una". Oracolo del Signore.

5"Ecco, verranno giorni - dice il Signore -
nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà da vero re e sarà saggio
ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
6Nei suoi giorni Giuda sarà salvato
e Israele starà sicuro nella sua dimora;
questo sarà il nome con cui lo chiameranno:
Signore-nostra-giustizia.

7Pertanto, ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali non si dirà più: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto,8ma piuttosto: Per la vita del Signore che ha fatto uscire e che ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi; costoro dimoreranno nella propria terra".

9Contro i profeti.
Mi si spezza il cuore nel petto,
tremano tutte le mie membra,
sono come un ubriaco
e come chi è inebetito dal vino,
a causa del Signore e a causa delle sue sante parole.
10"Poiché il paese è pieno di adùlteri;
a causa della maledizione tutto il paese è in lutto,
si sono inariditi i pascoli della steppa.
Il loro fine è il male
e la loro forza è l'ingiustizia.
11Perfino il profeta, perfino il sacerdote sono empi,
perfino nella mia casa ho trovato la loro malvagità.
Oracolo del Signore.
12Perciò la loro strada sarà per essi
come sentiero sdrucciolevole,
saranno sospinti nelle tenebre e cadranno in esse,
poiché io manderò su di essi la sventura,
nell'anno del loro castigo.
Oracolo del Signore.
13Tra i profeti di Samaria
io ho visto cose stolte.
Essi profetavano in nome di Baal
e traviavano il mio popolo Israele.
14Ma tra i profeti di Gerusalemme
ho visto cose nefande:
commettono adultéri e praticano la menzogna,
danno mano ai malfattori,
sì che nessuno si converte dalla sua malvagità;
per me sono tutti come Sòdoma
e i suoi abitanti come Gomorra".
15Perciò dice il Signore degli eserciti contro i
profeti:
"Ecco farò loro ingoiare assenzio
e bere acque avvelenate,
perché dai profeti di Gerusalemme
l'empietà si è sparsa su tutto il paese".

16Così dice il Signore degli eserciti: "Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore.

17Essi dicono a coloro
che disprezzano la parola del Signore:
Voi avrete la pace!
e a quanti seguono la caparbietà del loro cuore
dicono: Non vi coglierà la sventura.

18Ma chi ha assistito al consiglio del Signore, chi l'ha visto e ha udito la sua parola? Chi ha ascoltato la sua parola e vi ha obbedito?

19Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena,
una tempesta travolgente
si abbatte sul capo dei malvagi.
20Non cesserà l'ira del Signore,
finché non abbia compiuto e attuato
i progetti del suo cuore.
Alla fine dei giorni comprenderete tutto!
21Io non ho inviato questi profeti
ed essi corrono;
non ho parlato a loro
ed essi profetizzano.
22Se hanno assistito al mio consiglio,
facciano udire le mie parole al mio popolo
e li distolgano dalla loro condotta perversa
e dalla malvagità delle loro azioni.
23Sono io forse Dio solo da vicino - dice il Signore -
e non anche Dio da lontano?
24Può forse nascondersi un uomo nei nascondigli
senza che io lo veda?
Non riempio io il cielo e la terra? Parola del Signore.

25Ho sentito quanto affermano i profeti che predicono in mio nome menzogne: Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno.26Fino a quando ci saranno nel mio popolo profeti che predicono la menzogna e profetizzano gli inganni del loro cuore?27Essi credono di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni, che si raccontano l'un l'altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal!28Il profeta che ha avuto un sogno racconti il suo sogno; chi ha udito la mia parola annunzi fedelmente la mia parola.

Che cosa ha in comune la paglia con il grano?
Oracolo del Signore.
29La mia parola non è forse come il fuoco
- oracolo del Signore -
e come un martello che spacca la roccia?
30Perciò, eccomi contro i profeti
- oracolo del Signore -
i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole.
31Eccomi contro i profeti - oracolo del Signore -
che muovono la lingua per dare oracoli.32Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri - dice il Signore - che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine; essi non gioveranno affatto a questo popolo". Parola del Signore.
33Quando dunque questo popolo o un profeta o un sacerdote ti domanderà: "Qual è il peso del messaggio del Signore?", tu riferirai loro: "Voi siete il peso del Signore! Io vi rigetterò". Parola del Signore.34E il profeta o il sacerdote o il popolo che dica: "Peso del Signore!", io lo punirò nella persona e nella famiglia.35Direte l'uno all'altro: "Che cosa ha risposto il Signore?" e: "Che cosa ha detto il Signore?".36Non farete più menzione di peso del Signore, altrimenti per chiunque la sua stessa parola sarà considerata un peso per avere travisato le parole del Dio vivente, del Signore degli eserciti, nostro Dio.37Così dirai al profeta: "Che cosa ti ha risposto il Signore?" e: "Che cosa ha detto il Signore?".38Ma se direte "Peso del Signore", allora così parla il Signore: "Poiché ripetete: Peso del Signore, mentre vi avevo ordinato di non dire più: Peso del Signore,39ecco, proprio per questo, io mi caricherò di voi come di un peso e getterò lontano dal mio volto voi e la città che ho dato a voi e ai vostri padri.40Vi coprirò di obbrobrio perenne e di confusione perenne, che non sarà mai dimenticata".


Atti degli Apostoli 15

1Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: "Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi".2Poiché Paolo e Bàrnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.3Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samarìa raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.4Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.

5Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
6Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.7Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:

"Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede.8E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi;9e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede.10Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare?11Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro".
12Tutta l'assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva compiuto tra i pagani per mezzo loro.

13Quand'essi ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse:14"Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome.15Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:

16'Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la
tenda di
Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la
rialzerò,'
17'perché anche gli altri uomini cerchino il Signore
e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio
nome,'
18'dice il Signore che fa queste cose da lui
conosciute dall'eternità'.

19Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani,20ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue.21Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe".

22Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.23E consegnarono loro la seguente lettera: "Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!24Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.25Abbiamo perciò deciso tutti d'accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo,26uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo.27Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch'essi queste stesse cose a voce.28Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:29astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene".

30Essi allora, congedatisi, discesero ad Antiòchia e riunita la comunità consegnarono la lettera.31Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per l'incoraggiamento che infondeva.32Giuda e Sila, essendo anch'essi profeti, parlarono molto per incoraggiare i fratelli e li fortificarono.33Dopo un certo tempo furono congedati con auguri di pace dai fratelli, per tornare da quelli che li avevano inviati.34.35Paolo invece e Bàrnaba rimasero ad Antiòchia, insegnando e annunziando, insieme a molti altri, la parola del Signore.

36Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: "Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno".37Bàrnaba voleva prendere insieme anche Giovanni, detto Marco,38ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro nella Panfilia e non aveva voluto partecipare alla loro opera.39Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro; Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro.40Paolo invece scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.

41E attraversando la Siria e la Cilicia, dava nuova forza alle comunità.


Capitolo LIX: Porre ogni nostra speranza e ogni fiducia soltanto in Dio

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1. O Signore, che cosa è mai la fiducia che ho in questa vita. Quale è il mio più grande conforto, tra tutte le cose che si vedono sotto il cielo? Non sei forse tu, o Signore, mio Dio di infinita misericordia? Dove mai ho avuto bene, senza di te; quando mai ho avuto male con te? Voglio essere povero per te, piuttosto che ricco senza di te; voglio restare pellegrino su questa terra, con te, piuttosto che possedere il cielo, senza di te. Giacché dove sei tu, là è cielo; e dove tu non sei, là è morte ed inferno. Sei tu il mio desiderio ultimo; perciò io ti debbo seguire, con gemiti e lacrime ed alte, commosse preghiere. In una parola, non posso avere piena fiducia in alcuno che mi venga in aiuto nelle varie necessità, fuori che in te soltanto, mio Dio. "La mia speranza" e la mia fiducia sei tu (Sal 141,6); tu, il mio consolatore, il più fedele in ogni momento. "Ognuno va cercando ciò che a lui giova" (Fil 2,21); e tu, o Dio, ti prefiggi soltanto la mia salvezza e tutto volgi in bene per me. Pur quando mi esponi a varie tentazioni e avversità, tutto questo tu lo vuoi per il mio bene, giacché quelli che tu ami usi metterli in vario modo alla prova; e in questa prova io debbo amare e ringraziare, non meno che quando tu mi colmi di celesti consolazioni.

2. In te, dunque, o Signore Dio, ripongo tutta la mia speranza; in te cerco il mio rifugio; in te rimetto tutte le mie tribolazioni e le mie difficoltà, ché tutto trovo debole e insicuro ciò che io vedo fuori di te. Non mi gioveranno, infatti, i molti amici; non mi saranno di aiuto coloro che vengono a soccorrermi, per quanto forti; non mi potranno dare un parere utile i prudenti, per quanto saggi; non mi potranno dare conforto i libri dei sapienti; non ci sarà una preziosa ricchezza che mi possa dare libertà; non ci sarà un luogo ameno e raccolto che mi possa dare sicurezza, se non sarai presente tu ad aiutarmi, a confortarmi, a consolarmi; se non sarai presente tu ad ammaestrarmi e a proteggermi. In verità, tutte le cose che sembrano fatte per dare pace e felicità non sono nulla e non danno realmente felicità alcuna, se non ci sei tu. Tu sei, dunque, l'ultimo termine di ogni bene, il supremo senso della vita, la massima profondità di ogni parola. Sperare in te sopra ogni cosa è il maggior conforto di chi si è posto al tuo servizio. "A te sono rivolti i miei occhi (Sal 140,80); in te confido, o mio Dio (Sal 24,1s), padre di misericordia" (2Cor 1,3). Benedici e santifica, con la tua celeste benedizione, l'anima mia, affinché essa sia fatta tua santa dimora e sede della eterna gloria; e nulla si trovi in questo tempio della tua grandezza, che offenda l'occhio della tua maestà. Guarda a me, nella tua immensa bontà e nell'abbondanza della tua misericordia; ascolta la preghiera del tuo servo, che va peregrinando in questa terra oscura di morte. Proteggi e custodisci l'anima di questo tuo piccolo servo, nei tanti pericoli della vita di quaggiù; dirigila con la tua grazia per la via della pace, alla patria della eterna luce. Amen.


DISCORSO 369 DISCORSO TENUTO NELLA BASILICA RESTITUTA IL GIORNO DEL NATALE DEL SIGNORE.

Discorsi - Sant'Agostino

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L'Eterno nasce nel tempo da Maria.

1. Il nostro Salvatore, nato dal Padre che sta al di fuori della successione dei giorni, ma dal quale questa successione è stata creata, volle avere sulla terra un giorno natale, che oggi celebriamo. Chiunque tu sia che guardi estatico questo giorno ammira piuttosto Colui che permane eterno al di là di ogni giorno, Colui che ha creato la successione dei giorni, che ha la sua nascita in un determinato giorno e libera dal male che è nel giorno 1. C'è ancora di che ammirare: chi lo ha generato è madre ed è vergine. E Colui che essa ha generato è un bambino ed è il Verbo. E` giusto che i cieli abbiano parlato, che gli angeli abbiano cantato gloria, che i pastori si siano rallegrati, che i Magi si siano spostati, i re turbati, i bambini incoronati di gloria. Allatta, o madre, il nostro cibo; allatta il pane che viene dal cielo, posto in una mangiatoia come fosse innanzitutto cibo per i giumenti. Là infatti il bue riconobbe il suo proprietario, e l'asino la greppia del suo padrone 2. Vale a dire i circoncisi e gli incirconcisi 3 che aderirono a quella pietra angolare 4, e le cui primizie furono pastori e Magi. Allatta, o madre, Colui che ti ha fatto tale da poter farsi lui stesso in te; che, concepito, ti ha dato il dono della fecondità e nato non ti tolse l'onore della verginità. Lui, prima di nascere, ha scelto il grembo da cui nascere e il giorno della nascita. Ed egli stesso ha creato ciò che scelse, per procedere da lì come sposo dal suo letto nuziale 5, per poter essere visto da occhi mortali e testimoniare la luce delle menti in analogia con la crescita annuale della luce del giorno. I Profeti avevano annunziato che il creatore del cielo e della terra avrebbe vissuto in mezzo agli uomini 6; l'angelo aveva annunziato che il creatore della carne e dello spirito sarebbe venuto ad assumere la carne. Giovanni nel grembo di sua madre salutò il Salvatore che era anche lui nel grembo materno. Il vecchio Simeone riconobbe Dio nel bambino; la vedova Anna ne riconobbe la vergine madre. Queste sono testimonianze della tua nascita, o Signore Gesù, verificatesi prima che si placassero i flutti al tuo passaggio sul mare, che si ritraessero davanti a te che glielo ordinavi; prima che il vento al tuo comando tacesse, che il morto ritornasse in vita al tuo richiamo, che il sole alla tua morte impallidisse, che la terra tremasse alla tua Risurrezione, prima che il cielo si aprisse alla tua Ascensione; prima che questi ed altri mirabili fatti tu compissi nel tempo della tua giovinezza. Eri ancora portato nelle braccia materne e già eri riconosciuto come Dio dell'universo. Tu piccolo bambino della stirpe d'Israele e insieme Dio con noi, l'Emmanuele 7.

Il Verbo è Parola perennemente espressa e generazione permanente.

2. Che cosa mai è questa nascita del nostro Salvatore, per la quale egli è coeterno al Padre che lo genera! Il mondo rimase attonito che essa sia avvenuta da una vergine; i buoni fedeli la riconobbero e la tennero per sicura; gli infedeli ne risero; tremò l'orgoglio dei superbi, vinti. Che mai è quella nascita della quale si può dire che in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 8? Che cos'è questo Verbo? Chi l'avrebbe espresso non lo taceva prima e, una volta espresso, chi l'ha pronunziato non ha finito di esprimerlo. Questo Verbo è al di fuori del tempo: da lui sono stati fatti tutti i tempi. Egli non cominciò coll'aprirsi delle labbra di qualcuno né finì col loro chiudersi: Verbo che non riceve inizio dalla bocca di chi lo pronunzia e tuttavia apre la bocca dei muti. Verbo che non si produce nelle lingue faconde di nessuna gente e tuttavia rende eloquenti le lingue dei fanciulli 9. Qual è mai, dico, quella nascita alla quale il padre non lascia il posto con la sua morte, perché in effetti non la precede con la sua vita? Leviamo a lui l'anima nostra, per quanto lo possiamo, col suo aiuto, da tutte le regioni temporali e spaziali, dagli immensi spazi che avvertiamo sia nei tempi che nelle realtà sensibili, se in qualche modo riusciamo a capire che quello che genera non è anteriore al nato e che quello che è generato non è seguente al generante, Padre e Figlio: non ugualmente padri né ugualmente figli, ma ugualmente eterni; non l'uno e l'altro generanti, non l'uno e l'altro nascenti, ma non viventi l'uno senza l'altro. Pensiamo dunque, se ci riusciamo, al Padre che eternamente genera, al Figlio che eternamente nasce. E se non ci riusciamo, crediamolo. Non è confinato qui Colui di cui vogliamo parlare e tuttavia non sta lontano da ciascuno di noi: In lui infatti viviamo, ci muoviamo e siamo 10. Cerchiamo di trascendere la nostra carne in cui i padri vivono prima dei figli; poiché essi sono cresciuti per poter generare i figli e, mentre i figli crescono, essi da parte loro invecchiano; prima che nascano i figli, i padri sono già vissuti e, morti i padri, i figli vivranno. Cerchiamo di trascendere anche le nostre anime; anch'esse pensando generano qualche cosa, che hanno in sé, nel loro sapere; ma possono perderlo dimenticandolo, poiché non l'avevano in permanenza non sapendolo prima. Cerchiamo di trascendere tutte le cose materiali, temporali, mutevoli, per vedere al di sopra di tutto Colui dal quale sono state fatte tutte le cose 11. Il nostro salire è nell'intimo del cuore, perché il termine al quale rivolgiamo il nostro ascendere è lì vicino. Noi da lui siamo lontani in quanto da lui dissimili. A lui ascende ciò che in noi è " sua somiglianza " quella che in noi egli fece e riparò, quella per cui non essendo ancora perfetta palpita la debole vista e non può vedere l'inesprimibile bagliore della luce eterna 12. L'acume della mente non può percepire questo fulgore. Chi narrerà la sua generazione? 13 Ma il Verbo si è fatto carne e abitò tra di noi 14.

Adorare la nascita umana di Dio.

3. Noi dunque dobbiamo lodare, amare, adorare questa nascita, che celebriamo oggi, questa in cui Dio si è degnato di venire attraverso la stirpe di Israele e farsi Emmanuele: Dio con noi nella debolezza della carne, non con noi nell'iniquità del cuore. Si avvicina a noi per ciò che ha assunto dalla nostra condizione e ci libera per ciò che gli rimase del suo livello - il Signore visitò infatti i suoi servi 15 attraverso la debolezza mortale per farli liberi attraverso la verità immortale -. Alludo ora a questo tipo di nascita, di cui è comunque capace anche l'umana fragilità, non a quella che rimane al di fuori del tempo, senza provenire da una madre, al di sopra di tutte le cose, ma a questa che è avvenuta nel tempo, senza padre, tra tutte le cose. Lodiamo, amiamo, adoriamo questo Figlio della Vergine, Sposo dei vergini, nato da Madre incorrotta e che nutre con incorruttibile verità, affinché noi possiamo essere vincitori, per la sua misericordia, dell'astuzia del diavolo, sconfitta. Il diavolo per ingannarci entrò a tradimento nell'animo femminile. Cristo, per liberarci, si fece avanti attraverso un incorrotto corpo di donna.

 

1 - Cf. Mt 6, 36.

2 - Is 1, 3.

3 - Cf. Col 3, 11.

4 - Cf. Ef 2, 20.

5 - Cf. Sal 18, 6.

6 - Cf. Bar 3, 38.

7 - Cf. Mt 1, 23.

8 - Gv 1, 1.

9 - Cf. Sap 10, 21.

10 - At 17, 28.

11 - Cf. Gv 1, 3.

12 - Cf. Sap 7, 26.

13 - Is 53, 8.

14 - Gv 1, 14.

15 - Cf. Lc 7, 16.


17 - Maria beatissima manifesta a Giovanni una nuova persecu­zione disposta da Lucifero contro la Chiesa.

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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334. Negli Atti si menziona la violenta persecuzione che dopo la lapidazione di Stefano si scatenò per istigazione del serpente fino alla conversione di Paolo; l'ho illustrata nei capitoli dodicesimo e quattordicesimo della presente parte, ma quello che ho raccontato successivamente fa ca­pire che egli non si riposò né si dette per vinto, insorgen­do ancora contro i credenti e contro Maria. Ciò che ci è riferito circa la carcerazione di Pietro e di Giacomo, ordi­nata da Erode, sarebbe sufficiente per farci dedurre che si trattò di un altro tentativo di eliminazione dei seguaci di Gesù, anche se non fosse dichiarato espressamente che furono contemporaneamente inviate delle truppe per tor­mentarne alcuni. Affinché si intenda meglio quanto si è affermato e quanto si affermerà più avanti, torno ad avver­tire che tutto questo era architettato e suscitato dai de­moni, che irretivano gli oppressori. La provvidenza divina in certi periodi ne concedeva loro il permesso e in altri lo revocava, precipitandoli nelle profondità, come al momen­to della trasformazione che avvenne in Saulo e in altre oc­casioni; quindi, la comunità primitiva, come è stato in ogni secolo, a volte era nella tranquillità, mentre altre volte, ter­minate queste tregue, veniva molestata e afflitta.

335. Erano convenienti sia la calma, perché nuovi di­scepoli si unissero agli altri, sia l'ostilità contro di loro, perché acquistassero meriti e fossero provati, e così Dio nella sua saggezza le alternava e continua a farlo. Per ta­li ragioni, quando il giovane di Tarso divenne cristiano ci furono numerosi mesi di quiete, nei quali satana e i suoi stettero soggiogati negli abissi. Luca ne parla dicendo che la Chiesa era in pace per tutta la Giudea , la Galilea e la Samarìa , e cresceva nel timore del Signore e nella conso­lazione dello Spirito. Ciò si verificò prima della visita del­l'Apostolo a Gerusalemme, anche se questa viene fatta pre­cedere per dare un ordine alla narrazione, come capita fre­quentemente pure nei Vangeli, che sono soliti fare alcune anticipazioni per completare il tema che stanno affron­tando; infatti, non riportano in forma di annali tutti gli eventi della loro storia, benché nell'essenziale osservino la successione temporale.

336. Premesso questo e ricollegandomi a quello che ho esposto sul conciliabolo che fu tenuto dopo i fatti accaduti sulla via di Damasco, informo che esso si protrasse abba­stanza a lungo e i principi delle tenebre scelsero svariati espedienti per distruggere la fede e cercare di far cadere la Vergine dallo stato sublime in cui la immaginavano collo­cata, sebbene al riguardo ignorassero infinitamente più di quanto conoscevano. Passati quei giorni, risalirono per met­tere in atto i consigli di malvagità che avevano escogitato. A capo di tutti uscì Lucifero ed è degno di attenzione con­siderare che il suo furore era tale che per questa impresa portò con sé più di due terzi dei suoi ministri. Senza dub­bio, avrebbe lasciato spopolato il suo regno caliginoso, se la sua stessa perfidia non lo avesse obbligato a farne rimane­re alcuni per angustiare i dannati; infatti, oltre al fuoco eter­no al quale sono destinati dalla giustizia celeste, e che non poteva mancare, non consentì che questi fossero privi della loro vista e compagnia, affinché non avessero un piccolo re­spiro in loro assenza. A tal fine, quelle caverne non sono mai vuote e non viene risparmiato un simile flagello agli in­felici che le abitano, nonostante che la cruentissima bestia abbia tanta avidità della rovina dei mortali. Così empio, fe­roce e inumano padrone servono gli sciagurati peccatori!

337. L'ira del maligno era arrivata al culmine e ad un punto inconcepibile, per quello che stava succedendo do­po la passione del Redentore, per l'eccellenza della Signo­ra e per la sua protezione, da lui sperimentata in Stefano, in Paolo e in altri casi. Perciò, pose la sua sede nella città santa per muovere personalmente l'attacco contro i più vi­gorosi e per dirigere da lì tutti i suoi squadroni, che sono ben disciplinati soltanto nel far guerra per la nostra per­dizione, mentre per il resto stanno immersi nello scompi­glio e nella confusione. L'Altissimo, però, non dette ad es­si licenza completa di compiere quello che la loro invidia bramava, giacché altrimenti in breve avrebbero sconvolto il mondo: pose dei limiti, così che facessero solo quanto era opportuno perché la comunità ecclesiale si fondasse sul sangue dei martiri, radicandosi più saldamente, e nel­le tribolazioni si manifestassero con più evidenza la sa­pienza e la virtù del timoniere di quella navicella. Imme­diatamente il serpente impose ai suoi di girare per l'inte­ro pianeta allo scopo di scoprire dove fossero i credenti e dove si predicasse Cristo, dandogli poi ragguaglio di tutto. Si stabilì il più lontano possibile dai luoghi consacrati dai misteri del nostro Salvatore, poiché essi erano per lui ter­ribili e in proporzione della loro vicinanza era indebolito e schiacciato dalla forza divina; hanno tuttora questo po­tere e lo avranno sino alla fine. È davvero motivo di in­tenso dolore che oggi siano in balìa dei pagani a causa del­le nostre colpe! Fortunati quei pochi che godono di que­sto privilegio, come i figli di san Francesco, nostro padre e restauratore della Chiesa!

338. Il drago ricevette una relazione sulla condizione di tutti i posti dove era annunciato Gesù e su quella dei bat­tezzati. Impartì ad alcuni dei suoi l'ordine di attendere as­siduamente a opprimerli, inviandoli in numero maggiore o minore secondo la differenza che c'era tra gli apostoli, i discepoli e i comuni fedeli. Ingiunse ad altri di andare e venire per rendergli conto di quanto avveniva e per tra­smettere le sue disposizioni. Indicò, inoltre, degli uomini increduli, cattivi e dai costumi depravati, affinché li irri­tassero, provocassero e riempissero di collera e gelosia con­tro i seguaci del Signore. Tra costoro ci furono il re Ero­de e molti giudei, per il loro odio verso colui che avevano crocifisso e il cui nome volevano cancellare dalla terra dei viventi; accanto ad essi, si valse anche di vari gentili, par­ticolarmente ciechi e attaccati all'idolatria. Tra gli uni e gli altri investigò con diligenza quali fossero i peggiori, per farli strumenti della sua iniquità. In tale maniera avviò la persecuzione, e sempre ha usato quest'arte diabolica per annientare l'efficacia e il frutto del nostro riscatto. Fece strage tra i primi cristiani, angariandoli in parecchi modi che non sono scritti e risaputi, anche se pure ai nuovi san­ti accadde all'incirca ciò che nella lettera agli Ebrei viene

riferito a quelli antichi'. Oltre che con questi patimenti este­riori, affliggeva i giusti con tentazioni, suggestioni e illu­sioni, come fa ancora con tutti coloro che desiderano camminare per i sentieri della legge di Dio e mettersi sul­le orme del nostro Maestro. Finché siamo quaggiù non pos­siamo avere notizia di tutto quello che pose in opera per estinguere la Chiesa ai suoi inizi, come neppure di quello che fa adesso con lo stesso intento.

339. Nulla, però, restò celato alla prudentissima Princi­pessa, che nella chiarezza della sua eminente scienza pe­netrava tutti i suoi oscuri segreti. Le percosse e le ferite quando ci trovano preparati non fanno in noi grande im­pressione, ed ella era ben istruita sulle future sofferenze dei devoti, così che nessuna le poteva giungere inaspetta­ta; tuttavia esse, colpendoli, straziavano anche il suo cuo­re, nel quale teneva tutti racchiusi con amore sviscerato di pietosissima madre, e l'afflizione corrispondeva alla sua quasi immensa carità. Spesso la sua vita sarebbe venuta meno se, come ho ripetuto varie volte, non le fosse stata preservata miracolosamente. In ogni anima retta e perfet­ta nell'ardore per l'Onnipotente avrebbe prodotto rilevanti effetti la conoscenza dello sdegno e della malizia di tanti demoni astuti e vigilanti contro poche persone semplici, modeste, di natura fragile e piene di miserie. Con questa cognizione la Vergine avrebbe dimenticato qualunque sol­lecitudine per se stessa e le proprie angustie, se ne avesse avute, per dedicarsi a procurare rimedio e conforto ai suoi piccoli. Moltiplicava per loro le invocazioni, i sospiri, le la­crime e le attenzioni; dava a tutti degli ottimi consigli, esor­tandoli e ammonendoli per prepararli e incoraggiarli. So­vente comandava con autorità agli avversari e strappava alle loro grinfie innumerevoli creature che essi ingannavano e pervertivano, liberandole dalla seconda morte. In al­tre circostanze impediva tremende crudeltà e insidie tra­mate contro i servitori di sua Maestà, perché Lucifero mac­chinò di uccidere subito i Dodici, come aveva provato a fare per mezzo di Saulo, e quindi gli altri discepoli che proclamavano la fede.

340. La nostra Signora, per niente sconvolta dalle sue premurose preoccupazioni, conservava interiormente som­ma pace e tranquillità, e all'esterno imperturbabilità e com­postezza regale; tuttavia, con tali pensieri e tale compas­sione, le intime pene le conferivano un aspetto piuttosto triste se confrontato con il suo solito amabile contegno. Siccome Giovanni provvedeva a lei con considerevole cu­ra e dipendenza filiale come aquila assai perspicace, il lie­ve mutamento sul suo volto non poté sfuggirgli. Se ne ad­dolorò profondamente e, dopo aver meditato, andò a im­plorare luce per non errare: «Sovrano immenso e reden­tore del mondo, confesso che vi sono molto debitore per quanto mi avete donato, senza mio merito e soltanto per vostra benignità, dandomi per madre quella stessa che è veramente madre vostra, avendovi concepito, partorito e nutrito al suo petto. Un simile beneficio mi ha reso felice e mi ha arricchito del più prezioso tesoro del cielo e del­la terra. Ella, però, è rimasta sola e povera per la vostra mancanza, che non possono compensare tutti gli angeli e gli uomini insieme, e tanto meno questo vile verme e vo­stro schiavo. In questo momento vedo alquanto mesta co­lei nella quale vi siete incarnato e che è l'allegrezza del vo­stro popolo. Aspiro a consolarla, ma ne sono incapace; la ragione e l'affetto mi spronano, mentre la riverenza e la mia debolezza mi arrestano. Concedetemi l'energia neces­saria e illuminatemi su ciò che io debba fare per compia­cere voi ed essere utile a lei».

341. Dopo questa orazione, egli fu a lungo dubbioso sull'opportunità di chiedere a Maria beatissima la causa del suo abbattimento: da una parte lo bramava con dol­cezza e dall'altra non ardiva per timore santo e per ri­guardo; così, anche se per tre volte si fece animo e giun­se fino alla porta della stanza dove ella stava, la timidez­za lo trattenne dall'entrare. La Regina dell'umiltà, sapendo quanto accadeva in costui e quanto egli faceva, per il ri­spetto che ne aveva come sacerdote si alzò dalla preghie­ra e uscì a domandargli: «Signore, che cosa ordinate alla vostra ancella?». Ho già affermato che ella chiamava si­gnori i ministri del suo Unigenito. L'Evangelista, sollevato e aiutato da questo favore, sebbene non senza una certa ritrosia, disse: «La ragione e il desiderio di prodigarmi per voi mi hanno obbligato a riflettere sulla vostra tristezza e a giudicare che abbiate qualche afflizione, dalla quale ane­lo di trovarvi alleggerita».

342. Non si diffuse in altre parole, ma ella conobbe che agognava interrogarla sulle sue sollecitudini e, prontissima nell'obbedire, rispose a ciò prima ancora che egli lo pale­sasse, stimandolo suo superiore. Si rivolse così a Gesù: «Dio e figlio mio, al vostro posto mi avete lasciato questo giovane, affinché mi accompagni e mi assista, ed io l'ho ricevuto come mio prelato e come colui che mi deve diri­gere; quindi, intendo essergli docile ed adempiere la sua volontà, qualora mi sia nota, perché la vostra serva si re­goli sempre secondo le vostre disposizioni. Datemi licenza di esaudirlo rivelandogli i miei affanni». Avvertì immedia­tamene il "fiat" divino e, postasi in ginocchio ai piedi di Giovanni, si fece benedire da lui e gli baciò la mano. Ot­tenuto il permesso di esprimersi, parlò in questo modo: «Signore, la mia sofferenza ha una motivazione: mi sono state manifestate le tribolazioni che sovrastano i credenti e le persecuzioni che essi, e soprattutto il collegio aposto­lico, dovranno patire. Ho potuto osservare che per orga­nizzare ed eseguire tale malvagità il drago infernale è sa­lito dalle caverne degli abissi con moltissime legioni, piene di implacabile furore per distruggere il corpo della Chie­sa. Gerusalemme sarà turbata per prima e più delle altre città, in essa ammazzeranno uno dei Dodici e prenderan­no e maltratteranno altri per opera del diavolo. Sono af­franta per la pietà che sento e per la resistenza che i ne­mici faranno alla magnificazione del nome dell'Altissimo e al rimedio delle anime».

343. A questo avviso egli restò sconcertato, ma, confor­tato dalla grazia, replicò: «Madre e signora mia, la vostra sapienza non ignora che dai travagli l'Onnipotente trarrà ampio profitto per i fedeli e che li sosterrà in essi. Noi apo­stoli siamo preparati a sacrificare le nostre vite per chi of­frì la sua per l'intero genere umano. Ci sono stati elargiti doni enormi e non è giusto che siano oziosi e sterili in noi. Quando eravamo bambini alla scuola del nostro Maestro, ci comportavamo da bambini; ma, allorché egli ci ha ar­ricchito con il suo Spirito ed ha acceso in noi la fiamma del suo amore, abbiamo perso la codardìa e vogliamo per­correre il sentiero della croce, che egli ci ha indicato con l'insegnamento e con l'esempio. Siamo consci che la co­munità ecclesiale si deve piantare e conservare con il san­gue dei suoi ministri e dei suoi membri. Invocate l'Eterno per noi, poiché con la virtù celeste e la vostra protezione trionferemo sui nostri avversari a sua gloria. Se in questo luogo, però, l'oppressione sarà più dura, mi pare che non sia consigliabile che l'aspettiate qui, affinché la rabbia dei demoni per mezzo della malizia dei mortali non tenti qual­che offesa contro il tabernacolo del Verbo».

344. La Vergine , per la tenerezza e la compassione ver­so i cristiani, era priva di paura e incline a rimanere lì, per consolare e incoraggiare tutti in quel frangente; ma non comunicò questa aspirazione perché, pur essendo co­sì santa, essa proveniva dal suo giudizio. Cedette all'umiltà e all'obbedienza che prestava a colui che riteneva suo su­periore e, arrendendosi senza ribattere, lo ringraziò per il valore con cui bramava i tormenti e il supplizio per il Re­dentore. Quanto all'andarsene, lo invitò a decidere come pensasse meglio, perché si sarebbe sottomessa da suddita e avrebbe supplicato il Creatore di guidarlo con la sua lu­ce affinché scegliesse quello che gli era più gradito e che più lo esaltava. Di fronte a questo abbandono, che ripren­de la nostra condotta e ci è di modello, egli decretò di tra­sferirsi a Efeso, in Asia minore, e lo propose: «Madre, per allontanarci da qui ed avere altrove occasione di impe­gnarci per l'onore del vostro Unigenito, mi sembra oppor­tuno che ci ritiriamo a Efeso, dove conseguirete quei ri­sultati che non spero qui. Mi piacerebbe essere uno di quel­li che stanno presso il trono della Trinità per attendere de­gnamente a voi nel tragitto, ma sono un misero verme del­la terra; il Salvatore, però, sarà con noi e lo avrete ovun­que propizio come Dio e figlio vostro».

345. La partenza fu fissata per quando tutto fosse sta­to sistemato in città e ciascuno fosse stato avvertito di quel­lo che era necessario. Maria entrò nel suo oratorio, dove fece la seguente implorazione: «Supremo sovrano, io, vile ancella, mi prostro davanti alla vostra presenza regale e con tutta me stessa vi scongiuro di dirigermi e di indiriz­zare al vostro maggiore beneplacito il viaggio che intra­prenderò per fare la volontà del vostro discepolo, che sarà sicuramente la vostra. Non è ragionevole che questa schia­va, a voi tanto debitrice, faccia un passo che non sia per rendervi omaggio. Accogliete la mia richiesta, perché io compia quello che è perfetto». Egli le disse: «Sposa e co­lomba mia, ho deciso che vi spostiate da un'altra parte per mio compiacimento. Assecondate Giovanni e stabilitevi a Efeso, dove, tramite voi e la vostra assistenza, al momen­to adatto mostrerò la mia clemenza verso alcuni». La pru­dente Principessa fu così sollevata e informata dei suoi di­segni; quindi, gli domandò la benedizione e la licenza di fare i preparativi per la data in cui l'Evangelista avrebbe determinato di mettersi in cammino. Piena del fuoco del­la carità bruciava nel desiderio del bene degli abitanti di quella località, perché sua Maestà le aveva dato speranza che da essi si sarebbe ricavato un frutto di suo gusto.

346. Tutta la sua sollecitudine era tesa alla crescita e alla dilatazione della Chiesa, al conforto dei credenti e al­la difesa di questi ultimi dal serpente nella persecuzione e nelle insidie che approntava. Nel suo incomparabile ardo­re, prima di lasciare Gerusalemme dispose molte cose co­me le fu possibile da se stessa e con l'intervento degli an­geli, allo scopo di prevenire tutto quello che le parve con­veniente per la sua assenza, perché allora non le era noto quanto sarebbe restata distante. La più grande diligenza che poté impiegare fu la sua continua ed efficace orazio­ne affinché Gesù con il vigore infinito del suo braccio cu­stodisse i suoi e schiacciasse la superbia di Lucifero, dis­sipando le scelleratezze che questi nella sua astuzia fab­bricava contro di lui. Ella era al corrente che il primo dei Dodici a spargere il suo sangue per la fede sarebbe stato Giacomo; per questo e per l'affetto che gli portava, inter­cedette soprattutto per lui.

347. Mentre era intenta in tali preghiere, a quattro gior­ni dalla partenza, sentì nel suo castissimo cuore degli ef­fetti dolcissimi, come le succedeva altre volte quando le stava per venire concesso qualche dono singolare. Queste opere nello stile della Scrittura si chiamano parole del Si­gnore, e ad esse la Maestra della scienza rispose: «Mio Re, che cosa mi comandate di fare? Che cosa volete da me? Parlate, perché la vostra serva vi ascolta». Mentre replica­va ciò, vide Cristo scendere in persona dall'empireo a vi­sitarla su un seggio di ineffabile splendore, scortato da in­numerevoli spiriti celesti di tutti gli ordini, e fare con que­sta magnificenza il suo ingresso nella stanza. La religiosa e modesta Vergine lo adorò con somma venerazione, pro­cedente dal suo purissimo intimo. Subito egli affermò: «Madre mia, dalla quale ricevetti la natura umana per ri­scattare il mondo, sono attento alle vostre suppliche, san­te e accette ai miei occhi. Sosterrò la mia Chiesa e ne sarò il padre e il protettore, affinché non sia vinta e le porte degli inferi non prevalgano contro di essa'. Sapete già che per la mia esaltazione bisogna che gli apostoli si affati­chino con il mio aiuto e infine vengano dietro a me sulla via della croce e della morte che io ho patito per la re­denzione; il primo che mi imiterà su di essa sarà Giaco­mo, mio servitore fedele, che qui subirà il martirio. Per­ché egli torni, come anche per altri considerevoli fini, è mio volere che andiate immediatamente da lui in Spagna, dove sta predicando. Recatevi a Saragozza e invitatelo a rientrare, ma solo dopo avere eretto là un edificio sacro a voi dedicato; in esso sarete invocata per quel paese, ad ono­re mio e di tutta la Trinità ».

348. Ella accolse queste indicazioni con nuovo godi­mento e, con degna sottomissione e riconoscenza, riprese: «Mio vero sovrano, la vostra volontà si adempia in me per sempre e tutti vi celebrino senza termine per le meraviglie che nella vostra immensa misericordia realizzate per colo­ro che vi seguono. Mi faccio voce di ciascuno nel lodarvi e nel ringraziarvi per esse. Permettetemi di promettere in vostro nome che la vostra destra onnipotente darà specia­le soccorso nel tempio di cui chiedete la costruzione, e che esso sarà parte della mia eredità a vantaggio di chiunque lì si rivolgerà a voi e a me, come mediatrice presso la vo­stra clemenza».

349. Il Salvatore continuò: «Mia carissima, nella quale incessantemente mi compiaccio, vi do la mia parola rega­le che guarderò con particolare benevolenza e riempirò di larghe benedizioni quelli che con riverenza e devozione verso di voi in quel luogo mi imploreranno per vostro trami­te. Ho deposto nelle vostre mani tutti i miei tesori; fate le mie veci e avete la mia autorità, per cui potete arricchire e distinguere quel santuario e garantire in esso il vostro favore, poiché esaudirò i vostri desideri, a me tanto gra­diti». Appena ella ebbe reso grazie per tale assicurazione, per ordine di sua Maestà moltissimi degli esseri superni che lo accompagnavano formarono un trono con una ful­gida nube e ve la posero come signora dell'universo; gli al­tri risalirono con lui, dopo che l'ebbe benedetta, mentre, sorretta dai serafini, insieme ai suoi mille custodi e agli al­tri, si dirigeva in anima e corpo verso Saragozza. Anche se il viaggio avrebbe potuto essere brevissimo, il suo Unige­nito stabilì che si eseguisse in modo tale che essi le into­nassero con leggiadra armonia inni di giubilo.

350. Alcuni attaccavano l"'Ave Maria", altri "Salve, sanc­ta Parens" e "Salve Regina", altri ancora il "Regina coeli", alternandosi gli uni agli altri con una consonanza tanto ben concertata che ci è impossibile immaginarla. Ella, al­lora, riferendo quel tributo all'Autore che glielo accordava, con umiltà proporzionata all'altezza del beneficio ripeteva: «Santo, santo, santo, Dio sabaoth, abbi pietà della misera progenie di Eva. Tua è la gloria e tua è la potenza. Tu so­lo sei il Santo e il Signore degli eserciti e dell'intero crea­to». Essi, quindi, rispondevano a questi cantici tanto ama­bili per l'Eterno, e così arrivarono a destinazione quando era già prossima la mezzanotte.

351. Il felicissimo Giacomo era fuori della città, vicino al muro presso la riva del fiume Ebro, e per mettersi in orazione si era discostato un po' dai suoi discepoli. Qual­cuno di essi dormiva, qualcun altro pregava come il suo maestro, ma nessuno si aspettava la novità che stava sopravvenendo. Per questo, la processione angelica con la musica si allungò alquanto, in maniera tale che ognuno la potesse udire. Chi era nel sonno si risvegliò e tutti furono colmati di soavità interiore e di stupore, con una consola­zione divina che si impossessò di loro e li lasciò come mu­ti, attoniti e tra lacrime di gioia. Videro una luce sfolgo­rante, come se fosse stato mezzogiorno, benché essa fosse solo in un certo spazio a forma di grossa sfera, non dap­pertutto. Assorti in questa meraviglia e in questo gaudio, stettero immobili finché l'Apostolo non li chiamò. Attra­verso simili effetti, furono preparati ad essere attenti al su­blime mistero che sarebbe stato rivelato loro. Il trono fu posto davanti a Giacomo, che era in profonda contempla­zione e più degli altri sentiva il suono e percepiva il ba­gliore. Gli spiriti celesti avevano con sé una piccola co­lonna di marmo o di diaspro e avevano fatto in un altro materiale una raffigurazione della Vergine, che alcuni te­nevano con sommo ossequio; avevano approntato tutto ciò in quella notte, con il potere con cui operano nelle cose alle quali si estende la loro forza.

352. La Madre stava sulla nuvola, circondata dai vari cori, ciascuno dei quali aveva mirabile bellezza, anche se ella superava tutti in tutto. Da lì si manifestò al fortunato Apostolo, che prostratosi la riverì intensamente, osservan­do pure quello che veniva trasportato. Ella, per conto di Gesù, gli parlò: «Figlio mio, ministro dell'Altissimo, siate benedetto dalla sua destra; egli vi regga e vi palesi l'alle­grezza del suo volto». Tutti gli angeli esclamarono: «Amen». Proseguì: «L'eccelso Re ha prescelto questo posto affinché in esso gli innalziate un tempio, dove sotto il titolo del mio nome il suo sia magnificato e dove i suoi tesori siano co­municati con abbondanza; egli darà libero corso alle sue antiche misericordie a vantaggio dei credenti e questi per mezzo della mia intercessione le otterranno, se le doman­deranno con autentica confidenza e pia devozione. Da parte sua prometto loro enormi favori e la mia protezione, perché questa deve essere mia abitazione e mia eredità. In testimonianza di ciò, questo pilastro con sopra la mia im­magine resterà qui e durerà con la santa fede sino alla fi­ne dei tempi. Darete senza indugio inizio ai lavori e dopo avergli reso tale servizio partirete per Gerusalemme, poi­ché il Salvatore vuole che gli sacrifichiate la vostra vita là dove egli consegnò la sua per il riscatto degli uomini».

353. Concluse il discorso comandando ai custodi di col­locare la colonna e la raffigurazione nel punto in cui si tro­vano ancora oggi, cosa che fu fatta all'istante. Subito do­po, essi confessarono quel luogo come casa di Dio, porta del cielo,,, terra consacrata per la sua esaltazione e per l'in­vocazione di Maria; lo fecero con Giacomo che, in attesta­zione di questo, si inginocchiò e celebrò con inni insieme a loro la dedicazione della prima chiesa fondata dopo la re­denzione, e intitolata alla Regina. Questa fu la felice origi­ne del santuario di "Nuestra Senora del Pilar", cioè del pi­lastro, in Saragozza, che a ragione si dice camera angeli­ca, dimora dell'Unigenito e della sua castissima genitrice, degna della venerazione di tutti e garanzia certa e ferma dei benefici che i nostri peccati non giungeranno a deme­ritare. Mi pare che il nostro grande patrono, il secondo Gia­cobbe, abbia dato ad esso un principio più glorioso di quel­lo che il primo dette al suo di Betel quando, andando pel­legrino in Mesopotamia, eresse la pietra che eppure segnò la posizione del futuro tempio di Salomone. Là in sogno questi scorse in figura e in ombra la scala mistica con gli angeli, ma qui il nostro Giacobbe scorse la scala vera del cielo con gli occhi del corpo, e un numero più elevato di messaggeri superni. Là fu alzata la stele per una costru­zione sacra che avrebbe dovuto essere distrutta parecchie volte e avere termine dopo alcuni secoli, ma qui, nella sta­bilità della colonna, l'edificio, la fede e il culto divino fu­rono assicurati per tutta la durata del mondo, ascendendo e discendendo gli spiriti dalle altezze con le preghiere dei cristiani e gli incomparabili doni che la Principessa distri­buisce a coloro che vanno a implorarla ed onorarla.

354. Il nostro Apostolo la ringraziò e la supplicò di di­fendere in modo speciale la Spagna , e soprattutto quel luo­go a lei consacrato. Ella si impegnò riguardo a tutto e, im­partitagli di nuovo la sua benedizione, fu riportata al ce­nacolo nella medesima maniera. Su sua richiesta, il Si­gnore dispose che presso il santuario rimanesse un custo­de, che da quel giorno persevera in tale ministero e così farà fino a quando vi staranno il pilastro e l'immagine. Per­ciò, come tutti i cattolici riconoscono con meraviglia, es­so si è mantenuto intatto per più di milleseicento anni, tra la perfidia dei giudei, l'idolatria dei romani, l'eresia degli ariani e la barbara furia dei mori e dei pagani; e l'ammi­razione sarebbe maggiore se fossero note le macchinazio­ni escogitate in ogni epoca dall'inferno per abbatterlo per mano di tutti costoro. Non mi trattengo a riferire questi avvenimenti, perché non è necessario ed essi non appar­tengono al mio intento; basti asserire che Lucifero ha so­vente tentato di farlo per mezzo di tutti questi nemici del supremo sovrano, e sempre l'angelo l'ha fermato.

355. Avviso, però, di due cose che mi sono state svela­te. Innanzitutto, le promesse di Gesù e di sua Madre cir­ca la conservazione di quel tempio, benché sembrino as­solute, hanno implicita una condizione, come accade per molte altre della Bibbia che concernono elargizioni parti­colari: la nostra condotta non deve disobbligare sua Mae­stà, privandoci di quanto ci offre. Egli non lo spiega né di­chiara poiché riserva nel segreto della sua equità il peso delle mancanze per le quali ciò può succedere, e affinché siamo avvertiti che quello che ci dà non ci è concesso perché lo usiamo contro di lui e pecchiamo confidando nella sua liberalità; infatti, non c'è alcuna offesa che ce ne ren­da altrettanto indegni. Di tali e tante macchie possono co­prirsi questi regni che arriviamo a perdere la grazia ecce­zionale del patrocinio della Signora!

356. Non meno importante è prendere atto che i de­moni, sapendo tutto questo, hanno provato e provano ad introdurre nell'illustre località e nei suoi abitanti vizi peg­giori che nelle altre, specialmente quelli che oltraggiano maggiormente la purezza della Vergine, e inoltre con più efficacia e astuzia. Il serpente mira a due fini esecrabili: se può, ottenere che l'Onnipotente sia sciolto dall'impegno di salvaguardare il santuario, conseguendo per questa stra­da quello che per vie diverse finora non ha potuto; se non ci riesce, almeno impedire nelle anime la devozione per es­so e gli immensi doni che Maria intende accordare lì a chi li domanderà nel modo conveniente. Satana e i suoi han­no ben chiaro che chi vive a Saragozza e nelle vicinanze le deve più di chi sta in differenti province della cristia­nità, perché ha dentro le mura la fonte dei favori che gli altri vengono a cercare da lontano. Se con il possesso di un simile tesoro fossero più cattivi e trascurassero la be­nignità e la clemenza che nessuno era in grado di guada­gnare, questa ingratitudine verso l'Altissimo e la Regina beatissima sarebbe meritevole di sdegno più grande e di un castigo più grave della giustizia celeste. Confesso con gioia a coloro che leggeranno la presente Storia che, aven­dola scritta a solo due giornate di distanza, stimo per me fortunatissima questa prossimità e ho profondo affetto per quel luogo sacro, per il debito che tutti comprenderanno che io ho con la mia Maestra. Ne ho uno anche con la pietà di tale città ed in contraccambio di ciò vorrei ri­chiamare alla memoria di quanti vi risiedono, con voce pe­netrante e forte, la cordiale ed intima venerazione cui so­no tenuti, nonché quello che con essa possono conquistare e al contrario con la dimenticanza e la poca attenzione possono lasciarsi sfuggire. Si considerino, dunque, più be­neficati e vincolati degli altri, apprezzino la loro ricchez­za, ne godano felicemente e non facciano del propiziato­rio di Dio una casa inutile e ordinaria; infatti, così mute­rebbero in tribunale di giudizio quell'edificio che fu stabi­lito come tribunale di misericordia.

357. Finita la visione, Giacomo fece venire a sé i di­scepoli, che erano assorti per la musica e lo splendore an­che se non scorgevano né udivano niente, e li informò di quanto era opportuno affinché lo aiutassero nella costru­zione, alla quale pose mano con ogni zelo. Prima di an­darsene, con l'assistenza degli spiriti superni completò la piccola cappella dove stanno l'immagine e la colonna. Pian piano, poi, i cattolici hanno innalzato il sontuoso tempio e il resto che adorna quel santuario tanto famoso. Per il momento Giovanni non ebbe notizia di tale apparizione, né la Principessa gliela manifestò, perché non faceva par­te della fede universale della Chiesa e per questo era da lei custodita nel proprio petto; tuttavia, ella ne rivelò a lui e agli altri evangelisti alcune più eccellenti, poiché neces­sarie all'istruzione dei credenti. San Giacomo, però, al suo rimpatrio attraversò Efeso e dette ragguaglio al fratello di quello che gli era capitato mentre peregrinava in Spagna, parlandogli delle due occasioni in cui aveva avuto il pri­vilegio di contemplare la nostra sovrana, di ciò che era accaduto nella seconda e di ciò che aveva eretto. Dalla re­lazione che questi fece tanti degli apostoli e degli altri fu­rono messi al corrente del miracolo, ed egli stesso in se­guito lo comunicò loro in Gerusalemme per confermarli nella riverenza verso di lei e nella fiducia nella sua me­diazione. Così fu, perché coloro ai quali esso fu annun­ciato cominciarono ad invocarla nelle tribolazioni e nei bisogni, ed ella soccorse molti, anzi tutti, in vari frangenti e pericoli.

358. Questo prodigio si verificò all'inizio del quaranta dopo Cristo, la notte tra il due e il tre gennaio. Dal prin­cipio della missione di Giacomo erano trascorsi quattro an­ni, quattro mesi e dieci giorni. Egli era partito il venti ago­sto del trentacinque e, dopo la visita della Signora appena riportata, spese un anno, due mesi e ventitré giorni nell'o­pera di edificazione, nel rientro e nella predicazione; morì, poi, il venticinque marzo dell'anno quarantunesimo dalla redenzione. La Vergine , quando gli si mostrò in Saragoz­za, aveva cinquantaquattro anni, tre mesi e ventiquattro giorni e si mise in viaggio verso Efeso il quarto giorno dal suo ritorno al cenacolo. Quindi, quel santuario le fu dedi­cato assai prima del suo insigne transito, come si capirà meglio allorché al termine di questa Vita farò sapere quan­do esso avvenne e l'età che ella aveva allora; passarono, in­fatti, più anni di quanti se ne assegnano comunemente. In Spagna ella era già ossequiata pubblicamente e con so­lennità in diversi templi, che erano subito sorti ad imita­zione di quello del Pilar.

359. Questo regno ottenne su tutti gli altri la palma nel culto di Maria e, mentre ella era ancora sulla terra, si se­gnalò nel celebrarla e nell'implorarla più di quanto essi ab­biano fatto dopo la sua definitiva salita al cielo; ciò lo no­bilita al di sopra di quello che si potrà mai proclamare. Ho afferrato che, in ricompensa di questa vecchia e diffu­sa devozione, ella lo ha tanto impreziosito di sue immagi­ni comparse e di santuari a lei intitolati, in numero mag­giore che negli altri. Con tali favori ha voluto rendersi qui più familiare, offrendo il suo patrocinio con tante chiese, venendoci incontro in ogni provincia affinché la ricono­sciamo come nostra madre e protettrice e intendiamo che ci affida la difesa del suo onore e la dilatazione della sua gloria per tutto il mondo.

360. Prego, supplico umilmente e ammonisco tutti gli spagnoli perché risveglino la memoria, ravvivino la fede, risuscitino il primitivo fervore stimandosi più tenuti degli altri al suo servizio, abbiano in singolare considerazione il santuario di Saragozza, attribuendogli la preminenza sugli altri in quanto origine della loro pietà verso costei. Tutti i lettori credano che ricevemmo le nostre antiche fortune e grandezze per lei e per la sua venerazione; ora esse sono in tanta rovina e quasi perdute a motivo della nostra ne­gligenza, con la quale ci attiriamo l'abbandono che stiamo sperimentando, e se desideriamo un rimedio per simili ca­lamità lo troveremo solo con il suo potente intervento, ob­bligandola a questo con nuove dimostrazioni. Poiché il mi­rabile beneficio dell'essere cattolici e gli altri che ho rife­rito ci sono venuti per mezzo del nostro patrono Giacomo, si rinnovino anche gli appelli a lui, affinché per sua inter­cessione Dio ripeta le sue meraviglie.

 

Insegnamento della Regina del cielo

361. Carissima, sei già stata avvertita che non senza mi­stero nel corso di questa Storia ti ho sovente illuminato sui segreti, sui consigli e sui tradimenti orditi dall'inferno contro gli uomini, nonché sulla furiosa rabbia e vigilanza con cui esso si sforza in ciò, senza trascurare alcuna op­portunità e senza lasciare pietra che non muova né sen­tiero, stato o persona a cui non tenda molti lacci nei qua­li vada a cadere; e i più insidiosi, perché più occulti, li di­spiega contro chi aspira con sollecitudine alla salvezza eter­na e all'amicizia con il Signore. Oltre a questi avvisi ge­nerali, ti sono stati palesati spesso i conciliaboli e le mac­chinazioni che tiene e dispone contro di te.

362. Per i figli della Chiesa è importantissimo uscire dal­l'ignoranza nella quale vivono così inevitabili minacce, sen­za avere cognizione che la mancanza di luce su di esse è castigo del primo peccato, e in seguito, quando potrebbero meritarla, ne diventano sempre più indegni con quelli propri. In tal modo parecchi degli stessi cristiani vanno avan­ti dimentichi, come se non ci fossero demoni a persegui­tarli ed ingannarli, e se talora riflettono su questo lo fan­no superficialmente e di passaggio, tornando immediata­mente alla propria sventatezza, che in tanti non è causa di meno che delle pene perenni. Se in tutti i tempi e i luoghi, in tutte le opere e le circostanze, Lucifero trama contro di essi, sarebbe doveroso che non facessero nessun passo sen­za chiedere l'aiuto divino per vedere il pericolo e non in­ciamparvi. Siccome, però, a questo proposito è tanto profonda la smemoratezza dei discendenti di Adamo, fan­no appena qualcosa senza essere feriti dal serpente e dal veleno che egli sparge dalla sua bocca. Quindi, accumula­no colpe su colpe e vizi su vizi, irritando con essi la giu­stizia celeste e divenendo incapaci di ottenere misericordia.

363. Poiché ti è noto che l'ira e l'attenzione degli astu­ti nemici sono maggiori contro di te, tra queste trappole abbile anche tu contro di loro con grazia così abbondan­te e continua come conviene per vincerli. Medita su quel­lo che feci allorché scoprii la loro intenzione di combatte­re me e l'intera comunità ecclesiale: moltiplicai le orazio­ni, le lacrime e i sospiri. Inoltre, dato che si volevano va­lere di Erode e dei giudei di Gerusalemme, anche se avrei potuto restare con meno timore in città e mi sentivo in­cline a ciò, me ne andai per dare esempio di cautela e di obbedienza: di cautela, allontanandomi dai rischi; di ob­bedienza, facendomi governare dagli ordini di Giovanni. Tu non sei forte e sei esposta a cose peggiori rispetto alle altre creature; per di più, sei mia discepola ed hai i miei atti e il mio comportamento come modello sul quale re­golarti. Dunque, appena distingui una minaccia, discosta­tene e, se ce ne sarà bisogno, troncagli ogni via, comin­ciando da quello cui sei più sensibile. Appoggiati costan­temente sul volere dei tuoi superiori, come guida sicura e colonna solida per non cascare. Indaga bene se sotto un'apparente pietà siano nascosti dei tranelli, e bada di non fa­re danno alla tua anima per guadagnare altri. Non fidarti del tuo dettame, benché ti sembri buono e retto; non ave­re mai difficoltà nell'essere docile, perché io per sottomis­sione uscii a peregrinare con molti disagi e incomodi.

364. Conferma anche il proposito di ricalcare con per­fezione le mie orme per proseguire quello che rimane del­la narrazione e scriverlo nel tuo cuore. Corri per la strada dell'umiltà e dell'obbedienza dietro l'odore della mia vita e delle mie virtù; infatti, se mi ascolterai - come da te bra­mo e tanto frequentemente ti ripeto -, ti assisterò nelle tue necessità e tribolazioni e il mio Unigenito adempirà in te la sua volontà come spera, prima che tu sia giunta alla conclusione. Avranno, così, effetto le promesse che hai in­teso molte volte da noi e sarai benedetta dalla sua destra onnipotente. Magnifica ed esalta l'Altissimo per il favore che fece al mio servo Giacomo in Saragozza e per il tem­pio che lì mi edificò prima del mio transito, nonché per quanto ancora ti ho rivelato di questo prodigio e perché quel santuario fu il primo, e di sommo compiacimento per la beatissima Trinità.



10 marzo 1977. Il vostro martirio del cuore.

Don Stefano Gobbi

«La confusione aumenta anche nella Chiesa e si estende ormai in ogni parte del mondo. I primi ad esserne colpiti sono i Sacerdoti. Di giorno in giorno aumentano quelli che si lasciano sedurre dall'errore che conduce all'infedeltà. In nome del progresso alcuni Sacerdoti sono diventati solo ministri del mondo e vivono secondo il mondo. Alla preghiera hanno sostituito un'azione disordinata; alla mortificazione la ricerca continua delle comodità e dei piaceri; alla santità il progressivo cedimento al peccato, specie impuro, che viene sempre più commesso e giustificato. Sono diventati cadaveri ambulanti, sepolcri imbiancati che ancora si chiamano Sacerdoti, ma che mio Figlio Gesù non riconosce più come tali. E questi sono a volte proprio i più stimati, quelli che riescono a farsi strada, quelli che vengono messi in posti di responsabilità. Quelli che ancora restano fedeli sono in genere i più perseguitati, i più trascurati e talvolta vengono consapevolmente emarginati. Così la tenebra si diffonde e il fumo di Satana cerca di ricoprire ogni cosa: l'apostasia ogni giorno aumenta. Quanto grande è il dolore di voi, figli prediletti, di voi Sacerdoti consacrati al mio Cuore Immacolato! Il vostro dolore dovrà aumentare quanto più si diffonderà la grande apostasia. Questo è il vostro martirio del cuore al quale tutti vi preparo. Sul mio Cuore di Mamma ciascuno offra al Padre la sua interiore immolazione. Accettate fino in fondo questa ora di tenebra. Vivete il martirio della Chiesa tutta, pervasa dalla notte. Restate fedeli e fiduciosi, ora che la infedeltà viene sempre più diffusa ed esaltata. Dite sì al Padre e alla vostra Mamma celeste, che dolcemente vi prepara a vivere senza paura questi terribili momenti che ormai vi attendono».