Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 32° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 8
1Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva.2Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: "Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi".3E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii sanato". E subito la sua lebbra scomparve.4Poi Gesù gli disse: "Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va' a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro".
5Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava:6"Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente".7Gesù gli rispose: "Io verrò e lo curerò".8Ma il centurione riprese: "Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito.9Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va', ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".
10All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: "In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande.11Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,12mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti".13E Gesù disse al centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede". In quell'istante il servo guarì.
14Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre.15Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo.
16Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati,17perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
'Egli ha preso le nostre infermità
e si è addossato le nostre malattie.'
18Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all'altra riva.19Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: "Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai".20Gli rispose Gesù: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".
21E un altro dei discepoli gli disse: "Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre".22Ma Gesù gli rispose: "Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti".
23Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono.24Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.25Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: "Salvaci, Signore, siamo perduti!".26Ed egli disse loro: "Perché avete paura, uomini di poca fede?" Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.27I presenti furono presi da stupore e dicevano: "Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?".
28Giunto all'altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada.29Cominciarono a gridare: "Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?".
30A qualche distanza da loro c'era una numerosa mandria di porci a pascolare;31e i demòni presero a scongiurarlo dicendo: "Se ci scacci, mandaci in quella mandria".32Egli disse loro: "Andate!". Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti.33I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati.34Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio.
Esodo 7
1Il Signore disse a Mosè: "Vedi, io ti ho posto a far le veci di Dio per il faraone: Aronne, tuo fratello, sarà il tuo profeta.2Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne, tuo fratello, parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dal suo paese.3Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto.4Il faraone non vi ascolterà e io porrò la mano contro l'Egitto e farò così uscire dal paese d'Egitto le mie schiere, il mio popolo degli Israeliti, con l'intervento di grandi castighi.5Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l'Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!".
6Mosè e Aronne eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato; operarono esattamente così.7Mosè aveva ottant'anni e Aronne ottantatré, quando parlarono al faraone.
8Il Signore disse a Mosè e ad Aronne:9"Quando il faraone vi chiederà: Fate un prodigio a vostro sostegno! tu dirai ad Aronne: Prendi il bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente!".10Mosè e Aronne vennero dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente.11Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa.12Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.13Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore.
14Poi il Signore disse a Mosè: "Il cuore del faraone è irremovibile: si è rifiutato di lasciar partire il popolo.15Va' dal faraone al mattino quando uscirà verso le acque. Tu starai davanti a lui sulla riva del Nilo, tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente.16Gli riferirai: Il Signore, il Dio degli Ebrei, mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo, perché possa servirmi nel deserto; ma tu finora non hai obbedito.17Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco, con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sangue.18I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido, così che gli Egiziani non potranno più bere le acque del Nilo!".19Il Signore disse a Mosè: "Comanda ad Aronne: Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni, e su tutte le loro raccolte di acqua; diventino sangue, e ci sia sangue in tutto il paese d'Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra!".
20Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bastone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi servi. Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue.21I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutto il paese d'Egitto.22Ma i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. Il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore.23Il faraone voltò le spalle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto.24Tutti gli Egiziani scavarono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere, perché non potevano bere le acque del Nilo.25Sette giorni trascorsero dopo che il Signore aveva colpito il Nilo.
26Poi il Signore disse a Mosè: "Va' a riferire al faraone: Dice il Signore: Lascia andare il mio popolo perché mi possa servire!27Se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco, io colpirò tutto il tuo territorio con le rane:28il Nilo comincerà a pullulare di rane; esse usciranno, ti entreranno in casa, nella camera dove dormi e sul tuo letto, nella casa dei tuoi ministri e tra il tuo popolo, nei tuoi forni e nelle tue madie.29Contro di te e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane".
Salmi 72
1'Di Salomone.'
Dio, da'al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
2regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
3Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
4Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l'oppressore.
5Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
6Scenderà come pioggia sull'erba,
come acqua che irrora la terra.
7Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
8E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
9A lui si piegheranno gli abitanti del deserto,
lambiranno la polvere i suoi nemici.
10Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,
i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.
11A lui tutti i re si prostreranno,
lo serviranno tutte le nazioni.
12Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
13avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
14Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso,
sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
15Vivrà e gli sarà dato oro di Arabia;
si pregherà per lui ogni giorno,
sarà benedetto per sempre.
16Abbonderà il frumento nel paese,
ondeggerà sulle cime dei monti;
il suo frutto fiorirà come il Libano,
la sua messe come l'erba della terra.
17Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui saranno benedette
tutte le stirpi della terra
e tutti i popoli lo diranno beato.
18Benedetto il Signore, Dio di Israele,
egli solo compie prodigi.
19E benedetto il suo nome glorioso per sempre,
della sua gloria sia piena tutta la terra.
Amen, amen.
Salmi 97
1Il Signore regna, esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
2Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sono la base del suo trono.
3Davanti a lui cammina il fuoco
e brucia tutt'intorno i suoi nemici.
4Le sue folgori rischiarano il mondo:
vede e sussulta la terra.
5I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
6I cieli annunziano la sua giustizia
e tutti i popoli contemplano la sua gloria.
7Siano confusi tutti gli adoratori di statue
e chi si gloria dei propri idoli.
Si prostrino a lui tutti gli dèi!
8Ascolta Sion e ne gioisce,
esultano le città di Giuda
per i tuoi giudizi, Signore.
9Perché tu sei, Signore,
l'Altissimo su tutta la terra,
tu sei eccelso sopra tutti gli dèi.
10Odiate il male, voi che amate il Signore:
lui che custodisce la vita dei suoi fedeli
li strapperà dalle mani degli empi.
11Una luce si è levata per il giusto,
gioia per i retti di cuore.
12Rallegratevi, giusti, nel Signore,
rendete grazie al suo santo nome.
Geremia 33
1La parola del Signore fu rivolta una seconda volta a Geremia, mentre egli era ancora chiuso nell'atrio della prigione:2"Così dice il Signore, che ha fatto la terra e l'ha formata per renderla stabile e il cui nome è Signore:3Invocami e io ti risponderò e ti annunzierò cose grandi e impenetrabili, che tu non conosci.4Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo alle case di questa città e alle case dei re di Giuda, che saranno diroccate di fronte alle opere di assedio e alle armi5dei Caldei venuti a far guerra e a riempirle dei cadaveri degli uomini che io ho colpito nella mia ira e nel mio furore, poiché ho nascosto il volto distornandolo da questa città a causa di tutta la loro malvagità:6Ecco io farò rimarginare la loro piaga, li curerò e li risanerò; procurerò loro abbondanza di pace e di sicurezza.7Cambierò la sorte di Giuda e la sorte di Israele e li ristabilirò come al principio.8Li purificherò da tutta l'iniquità con cui hanno peccato contro di me e perdonerò tutte le iniquità che han commesso verso di me e per cui si sono ribellati contro di me.9Ciò sarà per me titolo di gioia, di lode e di gloria tra tutti i popoli della terra, quando sapranno tutto il bene che io faccio loro e temeranno e tremeranno per tutto il bene e per tutta la pace che concederò loro.10Dice il Signore: In questo luogo, di cui voi dite: Esso è desolato, senza uomini e senza bestiame; nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, che sono desolate, senza uomini, senza abitanti e senza bestiame, si udranno ancora11grida di gioia e grida di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa e il canto di coloro che dicono: 'Lodate il Signore degli eserciti, perché è buono, perché la sua grazia dura sempre', portando sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore, perché ristabilirò la sorte di questo paese come era prima, dice il Signore.
12Così dice il Signore degli eserciti: In questo luogo desolato, senza uomini e senza bestiame, e in tutte le sue città ci saranno ancora luoghi di pastori che vi faranno riposare i greggi.13Nelle città dei monti, nelle città della Sefèla, nelle città del mezzogiorno, nella terra di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme e nelle città di Giuda passeranno ancora le pecore sotto la mano di chi le conta, dice il Signore.
14Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda.15In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.16In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.
17Così dice il Signore: Davide non sarà mai privo di un discendente che sieda sul trono della casa di Israele;18ai sacerdoti leviti non mancherà mai chi stia davanti a me per offrire olocausti, per bruciare l'incenso in offerta e compiere sacrifici tutti i giorni".
19Questa parola del Signore fu poi rivolta a Geremia:20"Dice il Signore: Se voi potete spezzare la mia alleanza con il giorno e la mia alleanza con la notte, in modo che non vi siano più giorno e notte al tempo loro,21così sarà rotta anche la mia alleanza con Davide mio servo, in modo che non abbia un figlio che regni sul suo trono, e quella con i leviti sacerdoti che mi servono.22Come non si può contare la milizia del cielo né numerare la sabbia del mare, così io moltiplicherò la discendenza di Davide, mio servo, e i leviti che mi servono".
23La parola del Signore fu ancora rivolta a Geremia:24"Non hai osservato ciò che questo popolo va dicendo: Il Signore ha rigettato le due famiglie che si era scelte! e così disprezzano il mio popolo quasi che non sia più una nazione ai loro occhi?".25Dice il Signore: "Se non sussiste più la mia alleanza con il giorno e con la notte, se io non ho stabilito le leggi del cielo e della terra,26in tal caso potrò rigettare la discendenza di Giacobbe e di Davide mio servo, così da non prendere più dai loro posteri coloro che governeranno sulla discendenza di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Poiché io cambierò la loro sorte e avrò pietà di loro".
Lettera ai Colossesi 2
1Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti coloro che non mi hanno mai visto di persona,2perché i loro cuori vengano consolati e così, strettamente congiunti nell'amore, essi acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo,3nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza.4Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti,5perché, anche se sono lontano con il corpo, sono tra voi con lo spirito e gioisco al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo.
6Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto,7ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie.8Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
9È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,10e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà.11In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo.12Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.13Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati,14annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce;15avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo.
16Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati:17tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo!18Nessuno v'impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale,19senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio.
20Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché lasciarvi imporre, come se viveste ancora nel mondo, dei precetti quali21"Non prendere, non gustare, non toccare"?22Tutte cose destinate a scomparire con l'uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini!23Queste cose hanno una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo, ma in realtà non servono che per soddisfare la carne.
Capitolo III: Utilità della Comunione frequente
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
1. Ecco, io vengo a te, o Signore, per trarre beneficio dal tuo dono e ricevere allegrezza al banchetto santo, "che, nella tua bontà, o Dio, hai preparato al misero" (Sal 67,11). Ecco, quanto io posso e debbo desiderare sta tutto in te; tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la fortezza, la maestà e la gloria. "Ricolma dunque oggi di letizia l'anima del tuo servo, perché, o Signore Gesù, a te ho innalzato l'anima mia" (Sal 85,4). Ardentemente desidero ora riceverti, con devozione e venerazione; desidero introdurti nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, di essere da te benedetto e di essere annoverato tra i figli d'Abramo. L'anima mia ha fame del tuo corpo; il mio cuore arde di farsi una cosa sola con te. Dammi in dono te stesso, e mi basta; poiché non c'è consolazione che abbia valore, fuori di te. Non posso stare senza di te; non riesco a vivere senza la tua presenza. E così occorre che io mi accosti frequentemente a te, ricevendoti come mezzo della mia salvezza. Che non mi accada di venir meno per strada, se fossi privato di questo cibo celeste. Tu stesso, o Gesù tanto misericordioso, predicando alle folle e guarendo varie malattie, dicesti una volta: "non li voglio mandare alle loro case digiuni, perché non vengano meno per strada" (Mt 15,32). Fa', dunque, la stessa cosa ora con me; tu, che, per dare conforto ai fedeli, hai lasciato te stesso in sacramento. Sei tu, infatti, il soave ristoro dell'anima; e chi ti mangia degnamente sarà partecipe ed erede della gloria eterna. Poiché, dunque, io cado tanto spesso in peccato, e intorpidisco e vengo meno tanto facilmente, è veramente necessario che, pregando, confessandomi frequentemente e prendendo il santo cibo del tuo corpo, io mi rinnovi, mi purifichi e mi infiammi; cosicché non avvenga che, per una prolungata astinenza, io mi allontani dal mio santo proposito. In verità, "i sensi dell'uomo, fin dall'adolescenza, sono proclivi al male" (Gn 8,21); tosto egli cade in mali peggiori, se non lo soccorre la medicina celeste. Ed è appunto la santa Comunione che distoglie l'uomo dal male e lo rafforza nel bene. Che se ora sono così spesso svogliato e tiepido nella Comunione o nella celebrazione della Messa, che cosa sarebbe di me, se non prendessi questo rimedio e non cercassi un così grande aiuto? Anche se non mi sento sempre degno e pienamente disposto a celebrare, farò in modo di ricevere, in tempi opportuni, questi divini misteri e di rendermi partecipe di una grazia così grande. Giacché la principale, anzi l'unica, consolazione dell'anima fedele - finché va peregrinando, lontana da te, entro il corpo mortale - consiste proprio in questo, nel ricordarsi frequentemente del suo Dio e nel ricevere, in spirito di devozione, il suo diletto.
2. Oh!, meravigliosa degnazione della tua misericordia verso di noi, che tu, Signore Dio, creatore e vivificatore di tutti gli spiriti celesti, ti abbassi a venire in questa anima poveretta, saziando la sua fame con la tua divinità e insieme con la tua umanità. Felice quello spirito, beata quell'anima che merita di ricevere devotamente te, Signore e Dio, colmandosi in tal modo di gioia interiore. Quale grande signore essa accoglie; quale amato ospite, qual piacevole compagno riceve; quale fedele amico accetta; quale nobile e bello sposo essa abbraccia, degno di amore più di ogni persona cara e di ogni cosa che si possa desiderare. Tacciano dinanzi a te, o dolcissimo mio diletto, il cielo e la terra, con tutte le loro bellezze; giacché dalla degnazione della tua munificenza cielo e terra ricevono quanto hanno di grande e di nobile, pur non arrivando essi alla grandezza del tuo nome, "immenso nella sua sapienza" (Sal 146,5).
DISCORSO 299/E DISCORSO SUL NATALE DEI SANTI SCILLITANI NELLA BASILICA NOVARUM
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaDa Cristo la fortezza negli uomini e nelle donne. Gli anni passano all'indietro, non si fanno avanti.
1. La forza dei martiri di Cristo, uomini e donne, è Cristo. Giacché, se soltanto degli uomini si mostrassero forti nel martirio, la virtù sarebbe attribuita al sesso più forte. Il sesso più debole riuscì a superare da forte i patimenti per il fatto che Dio esercita la sua potenza su tutti. Quindi, sia l'uomo che la donna, quando sono tribolati, devono dire: Il Signore è la mia forza 1, e: Ti amo, Signore, mia forza 2. L'amore stesso è forza: infatti chi è capace di amare, tutto può tollerare coraggiosamente per colui che ama. E se l'amore sensuale ha portato a questo gli amanti, ad affrontare animosamente molte pene per le loro frivolezze e colpe, né fanno caso ad alcun pericolo quelli che attentano alla castità altrui, quanto devono essere più tenaci nell'amore di Dio coloro che lo amano, dal quale e in vita e in morte non si possono separare? Immancabilmente l'amante libertino perde ciò che ama se sarà stato ucciso a causa di colei che ama; al contrario, chi ama Dio, non solo forte e giusto, se muore, non perde ciò che ha amato, ma quel che ha amato lo trova morendo. Infine, chi ama la colpa, teme di confessare, chi ama Dio ha timore di rinnegare. Perciò, fratelli, scegliamo quell'amore che ci permette di vivere nell'innocenza, e moriamo serenamente; quindi, data la preferenza a un tale amore, una volta che avrà preso possesso del nostro essere interiore, per noi il vivere sarà Cristo e morire un guadagno 3. Con la morte evitiamo ciò che abbiamo odiato; morendo, raggiungiamo quel che amiamo. Pertanto lo faccia chi ama questa vita, se poi amando non può essere durevole. Sia che ami o che non ami, quel che ami sfugge: sfugge, non conservi quel che ami. Avanzano gli anni, l'età declina, quel che resta si fa breve: quindi, con il prolungarsi della tua vita, gli anni non sono venuti aumentando davanti a te, ma sono passati all'indietro, se fai caso a quanti ne possono rimanere. Infatti, se te li fossi trovati davanti, ti avrebbero reso più lunga la vita; supponiamo ora che ti restino trent'anni: tu stai vivendo perché essi trascorrano. Da quando sei nato, hai accumulato invano molti anni che, vivendo a lungo, hai reso più pochi. Osserva le dita di chi ne sta facendo il calcolo, non attendere che ti si informi di quelli che sono trascorsi, ma di quelli che sono rimasti; ti accorgi, anzi, che questi vengono per scomparire. Infatti, se hai raggiunto le ore nove, non puoi rendere attuali le ore sei: così pure non fai un domani del ieri che è passato; fra poco anche il 'domani' sarà 'ieri'. A che giova non disprezzare queste cose che con l'amore non riesci a conservare? Il giorno che ami ti sfugge, si fa vicino Dio desiderato. Questo ama, dove puoi giungere con l'amore. È fedele, ti sta accanto: accostati a lui. Ed a questo tu eri indolente: è venuto da te, è nato per te, è morto per te.
Il medico ha bevuto per primo il calice amaro della morte. Agli occhi degli uomini appare l'asprezza della morte dei martiri. Ogni parola di Cristo è insegnamento per noi. Nobile risposta di Donata martire.
2. Non temere, dunque, la coppa amara della morte; la morte è indubbiamente amara, ma attraverso questa amarezza si passa ad una grande soavità. Tale amarezza cura le profondità della tua anima, non in quanto tu muori, ma se tu muori per la verità. Tale amarezza è un farmaco, non un veleno: risana il tuo essere interiore, bevi tranquillo. Quel che non ha esitato a bere il medico, per quale ragione esita a berlo il malato? Egli non aveva in sé cosa curare con l'amarezza di quella coppa; beve per te, perché tu non creda ti si dia veleno. Beve per te, perché tu imparassi a dire: Davanti al Signore è preziosa la morte dei suoi santi 4. Confessando Cristo, [i martiri] tollerarono vari tormenti: alcuni furono decapitati, altri arsi al fuoco, altri esposti alle belve, altri privati della sepoltura. Tormenti penosi tutti, crudeli tutti, orribili tutti: ma davanti agli uomini. Pertanto la Scrittura, nel dar risalto alla morte dei martiri, dice: Davanti al Signore è preziosa la morte dei suoi santi, davanti a colui che sa giudicare e non può sbagliare. Notando infatti che la felicità terrena era disprezzata dai sapienti e dai fedeli, uomini stolti ed infedeli ritennero infelici quanti morivano per il nome di Cristo; non avendo gli occhi della fede erano quindi incapaci a scorgere quei beni che erano stati promessi. È venuto l'Autore e il Datore delle promesse: esortando rassicurò, concedendo lo Spirito operò una perfetta guarigione. Ha detto infatti: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla 5. Osserva gli stolti che infieriscono: nel caso ascoltino queste parole, non possono far più nulla. Giacché si accaniscono molto sui cadaveri: dilaniano, bruciano, disperdono, impediscono la sepoltura; e, come per farsene un vanto, dicono: Dov'è quanto ha detto Cristo, per cui quando un uomo avrà ucciso un altro uomo non può fare più nulla? Ecco ho infierito assai su un uomo morto. Gli somiglia nel cuore chi è fisicamente insensibile. Spietato e stolto, che cosa hai fatto? Se quello ha sensibilità, la tua opera c'è, se non l'ha, sei stato inutilmente crudele. Cristo ha detto: Vi mostro invece chi dovete temere: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettarvi nella Geenna 6. Tanto non può fare l'uomo che colpisce e uccide, che giunge a ferire il corpo e, poiché se n'è separato lo spirito che egli non vede, non può andare oltre. Chi dovete temere? Bada a chi può essere il tuo uccisore, fa' attenzione a come puoi morire. Dopo la morte sei in potere di chi ti aveva prima della morte; infatti un uomo niente potrebbe fare contro di te, se egli non lo permettesse. Ti meravigli che lo permetta? Ascolta il Principe dei martiri che, giudicato da un uomo, lui, Dio in occulto e uomo manifesto, come un uomo veniva disprezzato; così, mentre egli veniva giudicato da un uomo, questi si fece arrogante. Disse: Non mi rispondi? Non sai che ho il potere di ucciderti e di metterti in libertà? 7 E mite, egli, il Signore di tutti, il servo di tutti, che si dà a servire i malati, non per condizione ma per amore, volle curare anche quello, arrogante e pieno di sé. Da costui Cristo subiva una specie di giudizio e proprio questo veniva curato da Cristo: il superbo minacciò, ma il Medico tagliò sicuro. La risposta colpì là dove in sé soffiò a gonfiarsi come volle. Non dicendogli: Non sei tu ad avere potere su di me, ma sono io piuttosto ad avere potere su di te. Se avesse detto questo, il Signore avrebbe detto il vero, ma non ci avrebbe offerto un esempio. Cristo anche durante la passione volle farsi maestro, come pure quando venne tentato dette insegnamenti. Come ti insegnò che cosa tu debba rispondere al tentatore quando fu tentato, così ti insegnò che rispondere al persecutore quando venne giudicato. Quella sua voce era la nostra, il Capo parlava nelle veci del corpo. Che disse, allora? Non avresti alcun potere su di me se non ti fosse stato dato dall'alto 8. Non disse: Non hai, ma: Non avresti avuto se non avessi ricevuto. Insegnò che il martire non all'uomo dev'essere sottomesso, ma a Dio, insegnò al martire di non temere l'uomo quando dall'uomo gli viene qualche sofferenza, ma di temere colui che lascia fare all'uomo, colui che dà potere all'uomo. Formata a tale scuola, una donna di straordinaria fortezza disse: L'onore a Cesare in quanto Cesare, ma il timore a Dio 9. Rese a ciascuno il suo con giusta attribuzione; né superba né debole nella risposta. Si attenne all'apostolo Pietro che dice: Siate sottomessi ad ogni istituzione umana per amore di Dio 10. Disse: Onore a Cesare in quanto Cesare. Si onori, sia pure crudele; gli si renda la sottomissione dell'umiltà, anche se non ha il potere supremo. Potestà assoluta ha infatti colui che ha in suo potere noi e le nostre parole 11. Temete dunque - dice il Signore - solo chi, dopo aver ucciso, ha il potere di fare, non finché può quaggiù ed oltre più nulla, ma chi, anche dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nel fuoco della Geenna 12.
Lazzaro e il ricco: uguali quanto alla morte, ma con destino diverso. Le ricchezze non sono di per sé riprovevoli, come non merita lode la povertà in sé. Come vien condannato il ricco.
3. O infedele, tu guardi alle cose presenti, resti atterrito da quanto avviene al presente: pensa una buona volta a quel che sarà. Domani e domani, verrà la volta di un domani ultimo; un giorno incalza l'altro, né fa sparire colui che ha fatto il giorno. Da lui infatti c'è un giorno che non ha un 'ieri' e un 'domani', poiché da lui il giorno non conosce alba e tramonto: c'è da lui una luce senza fine, dove è la sorgente della vita, e nella sua luce vedremo la luce. Vi prenda dimora almeno l'affetto dell'anima, là sia fisso l'affetto dell'anima, fino a quando di necessità il corpo si trovi quaggiù; se ivi è il suo affetto, vi si troverà l'uomo tutto intero. Al ricco in porpora e bisso vennero meno le delizie; per il povero coperto di piaghe finirono gli stenti. L'uno temeva l'ultimo giorno, l'altro lo desiderava. Venne per entrambi, ma non trovò simile l'uno all'altro; non trovandoli uguali fra loro, non sopraggiunse allo stesso modo per entrambi. Simile il morire dell'uno e dell'altro; cessare di vivere e cessare di vivere: condizione pari. Hai inteso che avevano in comune, bada a quanto li separa. Accadde infatti che quel povero morì e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo, morì anche il ricco e fu sepolto 13. Forse quel povero non ebbe neppure una sepoltura. Già conoscete quel che segue: quello era nell'inferno fra i tormenti, l'altro aveva ristoro nel seno di Abramo. Trascorsero quei piaceri e quelle sventure, l'una e l'altra forma di esistenza ebbe fine e cambiò: il ricco passò dai godimenti alle pene, l'altro dall'estrema povertà all'abbondanza dei beni. Evidentemente quei piaceri e quelle sventure ebbero breve durata; le pene e i godimenti che invece subentrarono sono senza fine. In realtà non è che nel ricco sono incolpate le ricchezze e neppure che nel povero viene esaltata la povertà; ma in quello viene condannata l'empietà, in questo è lodata la fede religiosa. Si dà l'occasione che gli uomini ascoltino tutto questo dal Vangelo: coloro che nulla posseggono si rallegrano, il mendicante esulta a queste parole. Nel seno di Abramo sarò io, non quel ricco. Rispondiamo al povero: hai in meno le piaghe, aggiungitele attraverso i meriti, desidera anche le lingue dei cani. Ti vanti d'essere povero, io cerco se sei fedele: infatti la povertà priva della fede quaggiù è tormento, nell'altra vita è condanna. Rivolgiamo la parola anche al ricco: quando hai ascoltato dal Vangelo di quel ricco che vestiva di porpora e bisso e banchettava ogni giorno splendidamente, sei stato preso da timore; non riprovo il fatto che tu abbia avuto timore, ma vedi di temere maggiormente quel che è riprovevole nella situazione. Disprezzava il povero che giaceva davanti alla sua porta, questi bramava le briciole che cadevano dalla mensa di lui 14; non gli si porgeva di che coprirsi, non un riparo, non un gesto di solidarietà. Questo è punito nel ricco, la crudeltà, l'empietà, la vanagloria, la superbia, l'infedeltà: queste cose sono punite nel ricco. Come lo provi? - dice qualcuno -, in realtà ad essere punite sono le ricchezze. Se da parte mia non ne traggo le prove dalla stessa pericope evangelica, nessuno mi può dar retta. Quel ricco, trovandosi nei tormenti dell'inferno, desiderò sulla sua lingua una sola goccia d'acqua dal dito di quel povero che aveva desiderato le briciole della mensa di lui; quello ottenne forse più facilmente le briciole che non il ricco la goccia: infatti gli venne negata 15. Gli rispose Abramo nel cui seno era il povero: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita tua 16. Questo infatti mi son proposto di dimostrare, che in lui fu condannata l'empietà e l'infedeltà, non le ricchezze e l'abbondanza dei beni terreni. Hai ricevuto, disse, i tuoi beni durante la vita tua. Che s'intende per i tuoi beni? Che non hai creduto in altri beni. Che vuol dire durante la vita tua? Che non hai creduto nell'altra vita. Quindi, i tuoi beni, non di Dio; durante la vita tua, non di Cristo. Hai ricevuto i tuoi beni durante la vita tua: è venuto meno quello in cui hai creduto, perciò non hai ricevuto quei beni che sono migliori; infatti, trovandoti in mezzo a quelli di minor valore, non hai voluto credere a questi.
Discorsi blasfemi sulla vita eterna. I Giudei fratelli del ricco empio.
4. Forse noi poniamo sotto accusa questo ricco e il senso delle parole di Abramo lo interpretiamo secondo la nostra capacità di giudizio. Per rendere qualcosa in modo più chiaro, si spieghi quel che è oscuro, si renda evidente ciò che vi è riposto, si apra a chi bussa. Dopo che gli venne rifiutato il soccorso, minimo gesto di misericordia, perché si adempisse la Scrittura che afferma: Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia 17, pregò che venisse inviato Lazzaro dai suoi fratelli ad avvertirli di che si tratti dopo questa vita. Gli si rispose che non poteva essere realizzato, ma se quelli volevano evitare quei medesimi luoghi di tormento, ascoltassero Mosè e i Profeti. Disse: Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino quelli 18. Egli però si conosceva e conosceva i suoi fratelli, infatti erano soliti borbottare fra loro tali argomenti i fratelli senza fede. Beffandosi della parola di Dio, all'udire qualche espressione contenuta nella legge e nei Profeti che riguardava i supplizi eterni da evitare e i premi eterni da desiderare, si dicevano borbottando: Chi è tornato dall'al di là? chi ne è venuto? Chi potrà raccontare come ci si trova? Da quando ho seppellito mio padre non ne ho più udito la voce. Egli, sapendo questo, che con i suoi fratelli era solito fare discorsi blasfemi nell'intenzione e nell'espressione, chiedeva appunto che si facesse quanto essi dicevano non essersi verificato e per cui disprezzavano la parola di Dio. E disse: Vada qualcuno di qui e li avverta. E il padre Abramo: Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino quelli. Ma egli, memore dei loro colloqui: No, padre Abramo 19. Quasi a dire: So io di che eravamo soliti parlare. No, padre Abramo: so quel che dico, so quel che chiedo. Dispregiatore del povero, compassionevole tardivo, volle che venisse usata verso i suoi fratelli quella misericordia che non riservò a se stesso. No, disse, no, padre Abramo: non credono a Mosè ed ai Profeti. Lo so, tale sono stato anch'io: Ma se qualcuno dai morti andrà da loro, gli crederanno 20. E il padre Abramo: Se non ascoltano Mosè e i Profeti - infatti erano Giudei e solo un giudeo può chiamare padre Abramo -. Rispose dunque il padre Abramo: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi 21. È avvenuto, si è adempiuto: non hanno ascoltato Mosè e i Profeti, non hanno riconosciuto il Signore risorto. Come sorsero infatti dei dispregiatori di Mosè e dei Profeti, così non vollero saperne del Signore risorto dai morti, contro il quale comprarono falsi testimoni. Vi daremo del denaro 22 - dicono ai custodi del sepolcro - e dichiarate: i suoi discepoli sono venuti e lo hanno rubato mentre noi dormivamo 23. Testimoni che dormono, comprati, corrotti, che rinnegano la loro vita, che inventano furti altrui! Se eravate desti a vigilare, perché non li avete arrestati? Se dormivate, com'è stato che avete veduto?
Il ricco Abramo accoglie il povero. In che conto ebbe Abramo quel che possedeva. Chi è ricco nello spirito è il vero ricco.
5. Per quanto posso giudicare, abbiamo dato le prove che in quel ricco non sono incolpate le ricchezze, ma l'empietà e la mancanza di fede, la superbia, la crudeltà. Ascolta un attestato di maggior valore a riprova che non si biasimano le ricchezze. Dove fu cacciato quel ricco? Nell'inferno, fra i tormenti. Dove fu portato il povero? Nel seno di Abramo. Vedi il povero nel seno di Abramo: Abramo l'accolse, egli fu accolto. Quello stesso Abramo che fu il patriarca fedele. Aggiungi e, quel che vorrei dire, leggi nel libro della Genesi delle ricchezze di Abramo, dell'oro, dell'argento, del bestiame, della servitù 24: Abramo era nell'abbondanza. Perché condanni il ricco? Il ricco accolse il povero. Lungi da noi dar colpa alle ricchezze, né con questo però vogliamo portare in alto l'avarizia. Il ricco non stia a dire che ho parlato per lui, che ho voluto rassicurarlo. Ha avuto timore infatti nella ripresentazione del passo evangelico: all'udire del ricco precipitato nelle pene infernali, ha avuto timore. Ho esposto le ragioni che danno sicurezza. [Il ricco] non abbia timore delle ricchezze, ma dei vizi: non tema l'abbondanza ma l'avarizia; non tema di avere, ma la bramosia di avere. Sia facoltoso come Abramo ed abbia, con le ricchezze, la fede: conservi, possegga, non si lasci possedere. Qualcuno mi dirà: In che modo seppe esser ricco Abramo? Vuoi sapere come si regolò Abramo quanto ai beni materiali? Che c'era in lui? il sentimento religioso; che cosa? la fede; che cosa? l'obbedienza; che cosa? i beni spirituali. Vuoi sapere? vuoi giungere a conoscerlo attraverso la lettura presentata? Ogni uomo conserva per i propri figli tutto ciò che giudica di poter mettere insieme senza colpa. Quindi, dal momento che tutti gli uomini conservano i loro averi per i propri figli - e coloro che non hanno figli vi si adattano di necessità, perché non hanno a chi lasciare il patrimonio costituito - essendo perciò evidente che tutti gli uomini amano più i loro figli che le ricchezze personali, ed amano di più coloro per i quali accumulano che quanto mettono insieme, vuoi sapere in che conto Abramo aveva quell'eredità? Leggi in che conto ebbe l'erede in seguito al comando di Dio. Fa' conto di vedere un padre ricco, quindi e colui che possiede, e ciò che possiede, e colui che è l'erede. Soppesa quello e quello, attribuisci i rispettivi valori, ordina l'amore. Senza dubbio contava di più colui al quale riservava il patrimonio che i beni a lui destinati. Credo che se a costui il Signore Gesù Cristo avesse detto: Se vuoi essere perfetto, va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi 25, come quel ricco nel Vangelo, anche Abramo si sarebbe allontanato triste. Avrebbe udito con tristezza: "abbandona le ricchezze" chi di buon animo ascoltò: "sacrifica a me l'erede"? Sacrifica a me il tuo figlio unico, il tuo amato figlio: rendilo a me che l'ho dato. Non dubitò, non esitò; non adombrò di mestizia la pietà né chi avrebbe offerto il sacrificio, né chi doveva essere sacrificato: infatti neppure il fanciullo stesso si allarmò sotto l'arma del padre. Fu condotto compiacente da chi si abbandonava in compiacenza, venne legato, posto sull'altare senza por tempo in mezzo: si levò la destra armata del padre per nulla tremante, niente affatto debole, né ritratta prima del comando di Colui che aveva voluto si levasse. Ecco in che modo dovete possedere; conservate pure il possesso di tutto quanto avete potuto avere; non allo scopo di fomentare le ambizioni, ma per compiere bene i doveri della pietà e poter attendere tranquilli l'ultimo giorno. Veramente ricchi quanti siano interiormente ricchi; all'esterno come avete potuto, nello spirito come vi è stato fatto obbligo. Possiedi? Il Signore ha dato. Hai perduto? Il Signore ha tolto 26. Rallegrati, perché colui che ha tolto non ha sottratto se stesso. Non ti basta colui che ti ha creato? Come è piaciuto al Signore, così si è verificato 27. Parla, di che temi? Forse che mentre tu sei cattivo ed egli è buono, a te piace il bene ed a lui il male? Non può essere. Credi buono ciò che piace a lui buono. Come è piaciuto al Signore, così si è verificato: sia benedetto il nome del Signore. Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio 28.
1 - Sal 117, 14.
2 - Sal 17, 2.
3 - Fil 1, 21.
4 - Sal 115, 15.
5 - Lc 12, 4.
6 - Lc 12, 5.
7 - Gv 19, 10.
8 - Gv 19, 11.
9 - Passio sanct. Scillitanorum (ed. J.A. ROBINSON), P. 114.
10 - 1 Pt 2, 13.
11 - Sap 7, 16.
12 - Cf. Lc 12, 5.
13 - Lc 16, 22.
14 - Cf. Lc 16, 19-21.
15 - Cf. Lc 16, 22-24.
16 - Lc 16, 25.
17 - Gc 2, 13.
18 - Lc 16, 29.
19 - Lc 16, 30.
20 - Lc 16, 30.
21 - Lc 16, 31.
22 - Mt 28, 12.
23 - Mt 28, 13.
24 - Cf. Gn 13, 2.
25 - Mt 19, 21.
26 - Gb 1, 21.
27 - Gb 1, 21.
28 - Rm 8, 28.
17 - Maria beatissima manifesta a Giovanni una nuova persecuzione disposta da Lucifero contro la Chiesa.
La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca334. Negli Atti si menziona la violenta persecuzione che dopo la lapidazione di Stefano si scatenò per istigazione del serpente fino alla conversione di Paolo; l'ho illustrata nei capitoli dodicesimo e quattordicesimo della presente parte, ma quello che ho raccontato successivamente fa capire che egli non si riposò né si dette per vinto, insorgendo ancora contro i credenti e contro Maria. Ciò che ci è riferito circa la carcerazione di Pietro e di Giacomo, ordinata da Erode, sarebbe sufficiente per farci dedurre che si trattò di un altro tentativo di eliminazione dei seguaci di Gesù, anche se non fosse dichiarato espressamente che furono contemporaneamente inviate delle truppe per tormentarne alcuni. Affinché si intenda meglio quanto si è affermato e quanto si affermerà più avanti, torno ad avvertire che tutto questo era architettato e suscitato dai demoni, che irretivano gli oppressori. La provvidenza divina in certi periodi ne concedeva loro il permesso e in altri lo revocava, precipitandoli nelle profondità, come al momento della trasformazione che avvenne in Saulo e in altre occasioni; quindi, la comunità primitiva, come è stato in ogni secolo, a volte era nella tranquillità, mentre altre volte, terminate queste tregue, veniva molestata e afflitta.
335. Erano convenienti sia la calma, perché nuovi discepoli si unissero agli altri, sia l'ostilità contro di loro, perché acquistassero meriti e fossero provati, e così Dio nella sua saggezza le alternava e continua a farlo. Per tali ragioni, quando il giovane di Tarso divenne cristiano ci furono numerosi mesi di quiete, nei quali satana e i suoi stettero soggiogati negli abissi. Luca ne parla dicendo che la Chiesa era in pace per tutta la Giudea , la Galilea e la Samarìa , e cresceva nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito. Ciò si verificò prima della visita dell'Apostolo a Gerusalemme, anche se questa viene fatta precedere per dare un ordine alla narrazione, come capita frequentemente pure nei Vangeli, che sono soliti fare alcune anticipazioni per completare il tema che stanno affrontando; infatti, non riportano in forma di annali tutti gli eventi della loro storia, benché nell'essenziale osservino la successione temporale.
336. Premesso questo e ricollegandomi a quello che ho esposto sul conciliabolo che fu tenuto dopo i fatti accaduti sulla via di Damasco, informo che esso si protrasse abbastanza a lungo e i principi delle tenebre scelsero svariati espedienti per distruggere la fede e cercare di far cadere la Vergine dallo stato sublime in cui la immaginavano collocata, sebbene al riguardo ignorassero infinitamente più di quanto conoscevano. Passati quei giorni, risalirono per mettere in atto i consigli di malvagità che avevano escogitato. A capo di tutti uscì Lucifero ed è degno di attenzione considerare che il suo furore era tale che per questa impresa portò con sé più di due terzi dei suoi ministri. Senza dubbio, avrebbe lasciato spopolato il suo regno caliginoso, se la sua stessa perfidia non lo avesse obbligato a farne rimanere alcuni per angustiare i dannati; infatti, oltre al fuoco eterno al quale sono destinati dalla giustizia celeste, e che non poteva mancare, non consentì che questi fossero privi della loro vista e compagnia, affinché non avessero un piccolo respiro in loro assenza. A tal fine, quelle caverne non sono mai vuote e non viene risparmiato un simile flagello agli infelici che le abitano, nonostante che la cruentissima bestia abbia tanta avidità della rovina dei mortali. Così empio, feroce e inumano padrone servono gli sciagurati peccatori!
337. L'ira del maligno era arrivata al culmine e ad un punto inconcepibile, per quello che stava succedendo dopo la passione del Redentore, per l'eccellenza della Signora e per la sua protezione, da lui sperimentata in Stefano, in Paolo e in altri casi. Perciò, pose la sua sede nella città santa per muovere personalmente l'attacco contro i più vigorosi e per dirigere da lì tutti i suoi squadroni, che sono ben disciplinati soltanto nel far guerra per la nostra perdizione, mentre per il resto stanno immersi nello scompiglio e nella confusione. L'Altissimo, però, non dette ad essi licenza completa di compiere quello che la loro invidia bramava, giacché altrimenti in breve avrebbero sconvolto il mondo: pose dei limiti, così che facessero solo quanto era opportuno perché la comunità ecclesiale si fondasse sul sangue dei martiri, radicandosi più saldamente, e nelle tribolazioni si manifestassero con più evidenza la sapienza e la virtù del timoniere di quella navicella. Immediatamente il serpente impose ai suoi di girare per l'intero pianeta allo scopo di scoprire dove fossero i credenti e dove si predicasse Cristo, dandogli poi ragguaglio di tutto. Si stabilì il più lontano possibile dai luoghi consacrati dai misteri del nostro Salvatore, poiché essi erano per lui terribili e in proporzione della loro vicinanza era indebolito e schiacciato dalla forza divina; hanno tuttora questo potere e lo avranno sino alla fine. È davvero motivo di intenso dolore che oggi siano in balìa dei pagani a causa delle nostre colpe! Fortunati quei pochi che godono di questo privilegio, come i figli di san Francesco, nostro padre e restauratore della Chiesa!
338. Il drago ricevette una relazione sulla condizione di tutti i posti dove era annunciato Gesù e su quella dei battezzati. Impartì ad alcuni dei suoi l'ordine di attendere assiduamente a opprimerli, inviandoli in numero maggiore o minore secondo la differenza che c'era tra gli apostoli, i discepoli e i comuni fedeli. Ingiunse ad altri di andare e venire per rendergli conto di quanto avveniva e per trasmettere le sue disposizioni. Indicò, inoltre, degli uomini increduli, cattivi e dai costumi depravati, affinché li irritassero, provocassero e riempissero di collera e gelosia contro i seguaci del Signore. Tra costoro ci furono il re Erode e molti giudei, per il loro odio verso colui che avevano crocifisso e il cui nome volevano cancellare dalla terra dei viventi; accanto ad essi, si valse anche di vari gentili, particolarmente ciechi e attaccati all'idolatria. Tra gli uni e gli altri investigò con diligenza quali fossero i peggiori, per farli strumenti della sua iniquità. In tale maniera avviò la persecuzione, e sempre ha usato quest'arte diabolica per annientare l'efficacia e il frutto del nostro riscatto. Fece strage tra i primi cristiani, angariandoli in parecchi modi che non sono scritti e risaputi, anche se pure ai nuovi santi accadde all'incirca ciò che nella lettera agli Ebrei viene
riferito a quelli antichi'. Oltre che con questi patimenti esteriori, affliggeva i giusti con tentazioni, suggestioni e illusioni, come fa ancora con tutti coloro che desiderano camminare per i sentieri della legge di Dio e mettersi sulle orme del nostro Maestro. Finché siamo quaggiù non possiamo avere notizia di tutto quello che pose in opera per estinguere la Chiesa ai suoi inizi, come neppure di quello che fa adesso con lo stesso intento.
339. Nulla, però, restò celato alla prudentissima Principessa, che nella chiarezza della sua eminente scienza penetrava tutti i suoi oscuri segreti. Le percosse e le ferite quando ci trovano preparati non fanno in noi grande impressione, ed ella era ben istruita sulle future sofferenze dei devoti, così che nessuna le poteva giungere inaspettata; tuttavia esse, colpendoli, straziavano anche il suo cuore, nel quale teneva tutti racchiusi con amore sviscerato di pietosissima madre, e l'afflizione corrispondeva alla sua quasi immensa carità. Spesso la sua vita sarebbe venuta meno se, come ho ripetuto varie volte, non le fosse stata preservata miracolosamente. In ogni anima retta e perfetta nell'ardore per l'Onnipotente avrebbe prodotto rilevanti effetti la conoscenza dello sdegno e della malizia di tanti demoni astuti e vigilanti contro poche persone semplici, modeste, di natura fragile e piene di miserie. Con questa cognizione la Vergine avrebbe dimenticato qualunque sollecitudine per se stessa e le proprie angustie, se ne avesse avute, per dedicarsi a procurare rimedio e conforto ai suoi piccoli. Moltiplicava per loro le invocazioni, i sospiri, le lacrime e le attenzioni; dava a tutti degli ottimi consigli, esortandoli e ammonendoli per prepararli e incoraggiarli. Sovente comandava con autorità agli avversari e strappava alle loro grinfie innumerevoli creature che essi ingannavano e pervertivano, liberandole dalla seconda morte. In altre circostanze impediva tremende crudeltà e insidie tramate contro i servitori di sua Maestà, perché Lucifero macchinò di uccidere subito i Dodici, come aveva provato a fare per mezzo di Saulo, e quindi gli altri discepoli che proclamavano la fede.
340. La nostra Signora, per niente sconvolta dalle sue premurose preoccupazioni, conservava interiormente somma pace e tranquillità, e all'esterno imperturbabilità e compostezza regale; tuttavia, con tali pensieri e tale compassione, le intime pene le conferivano un aspetto piuttosto triste se confrontato con il suo solito amabile contegno. Siccome Giovanni provvedeva a lei con considerevole cura e dipendenza filiale come aquila assai perspicace, il lieve mutamento sul suo volto non poté sfuggirgli. Se ne addolorò profondamente e, dopo aver meditato, andò a implorare luce per non errare: «Sovrano immenso e redentore del mondo, confesso che vi sono molto debitore per quanto mi avete donato, senza mio merito e soltanto per vostra benignità, dandomi per madre quella stessa che è veramente madre vostra, avendovi concepito, partorito e nutrito al suo petto. Un simile beneficio mi ha reso felice e mi ha arricchito del più prezioso tesoro del cielo e della terra. Ella, però, è rimasta sola e povera per la vostra mancanza, che non possono compensare tutti gli angeli e gli uomini insieme, e tanto meno questo vile verme e vostro schiavo. In questo momento vedo alquanto mesta colei nella quale vi siete incarnato e che è l'allegrezza del vostro popolo. Aspiro a consolarla, ma ne sono incapace; la ragione e l'affetto mi spronano, mentre la riverenza e la mia debolezza mi arrestano. Concedetemi l'energia necessaria e illuminatemi su ciò che io debba fare per compiacere voi ed essere utile a lei».
341. Dopo questa orazione, egli fu a lungo dubbioso sull'opportunità di chiedere a Maria beatissima la causa del suo abbattimento: da una parte lo bramava con dolcezza e dall'altra non ardiva per timore santo e per riguardo; così, anche se per tre volte si fece animo e giunse fino alla porta della stanza dove ella stava, la timidezza lo trattenne dall'entrare. La Regina dell'umiltà, sapendo quanto accadeva in costui e quanto egli faceva, per il rispetto che ne aveva come sacerdote si alzò dalla preghiera e uscì a domandargli: «Signore, che cosa ordinate alla vostra ancella?». Ho già affermato che ella chiamava signori i ministri del suo Unigenito. L'Evangelista, sollevato e aiutato da questo favore, sebbene non senza una certa ritrosia, disse: «La ragione e il desiderio di prodigarmi per voi mi hanno obbligato a riflettere sulla vostra tristezza e a giudicare che abbiate qualche afflizione, dalla quale anelo di trovarvi alleggerita».
342. Non si diffuse in altre parole, ma ella conobbe che agognava interrogarla sulle sue sollecitudini e, prontissima nell'obbedire, rispose a ciò prima ancora che egli lo palesasse, stimandolo suo superiore. Si rivolse così a Gesù: «Dio e figlio mio, al vostro posto mi avete lasciato questo giovane, affinché mi accompagni e mi assista, ed io l'ho ricevuto come mio prelato e come colui che mi deve dirigere; quindi, intendo essergli docile ed adempiere la sua volontà, qualora mi sia nota, perché la vostra serva si regoli sempre secondo le vostre disposizioni. Datemi licenza di esaudirlo rivelandogli i miei affanni». Avvertì immediatamene il "fiat" divino e, postasi in ginocchio ai piedi di Giovanni, si fece benedire da lui e gli baciò la mano. Ottenuto il permesso di esprimersi, parlò in questo modo: «Signore, la mia sofferenza ha una motivazione: mi sono state manifestate le tribolazioni che sovrastano i credenti e le persecuzioni che essi, e soprattutto il collegio apostolico, dovranno patire. Ho potuto osservare che per organizzare ed eseguire tale malvagità il drago infernale è salito dalle caverne degli abissi con moltissime legioni, piene di implacabile furore per distruggere il corpo della Chiesa. Gerusalemme sarà turbata per prima e più delle altre città, in essa ammazzeranno uno dei Dodici e prenderanno e maltratteranno altri per opera del diavolo. Sono affranta per la pietà che sento e per la resistenza che i nemici faranno alla magnificazione del nome dell'Altissimo e al rimedio delle anime».
343. A questo avviso egli restò sconcertato, ma, confortato dalla grazia, replicò: «Madre e signora mia, la vostra sapienza non ignora che dai travagli l'Onnipotente trarrà ampio profitto per i fedeli e che li sosterrà in essi. Noi apostoli siamo preparati a sacrificare le nostre vite per chi offrì la sua per l'intero genere umano. Ci sono stati elargiti doni enormi e non è giusto che siano oziosi e sterili in noi. Quando eravamo bambini alla scuola del nostro Maestro, ci comportavamo da bambini; ma, allorché egli ci ha arricchito con il suo Spirito ed ha acceso in noi la fiamma del suo amore, abbiamo perso la codardìa e vogliamo percorrere il sentiero della croce, che egli ci ha indicato con l'insegnamento e con l'esempio. Siamo consci che la comunità ecclesiale si deve piantare e conservare con il sangue dei suoi ministri e dei suoi membri. Invocate l'Eterno per noi, poiché con la virtù celeste e la vostra protezione trionferemo sui nostri avversari a sua gloria. Se in questo luogo, però, l'oppressione sarà più dura, mi pare che non sia consigliabile che l'aspettiate qui, affinché la rabbia dei demoni per mezzo della malizia dei mortali non tenti qualche offesa contro il tabernacolo del Verbo».
344. La Vergine , per la tenerezza e la compassione verso i cristiani, era priva di paura e incline a rimanere lì, per consolare e incoraggiare tutti in quel frangente; ma non comunicò questa aspirazione perché, pur essendo così santa, essa proveniva dal suo giudizio. Cedette all'umiltà e all'obbedienza che prestava a colui che riteneva suo superiore e, arrendendosi senza ribattere, lo ringraziò per il valore con cui bramava i tormenti e il supplizio per il Redentore. Quanto all'andarsene, lo invitò a decidere come pensasse meglio, perché si sarebbe sottomessa da suddita e avrebbe supplicato il Creatore di guidarlo con la sua luce affinché scegliesse quello che gli era più gradito e che più lo esaltava. Di fronte a questo abbandono, che riprende la nostra condotta e ci è di modello, egli decretò di trasferirsi a Efeso, in Asia minore, e lo propose: «Madre, per allontanarci da qui ed avere altrove occasione di impegnarci per l'onore del vostro Unigenito, mi sembra opportuno che ci ritiriamo a Efeso, dove conseguirete quei risultati che non spero qui. Mi piacerebbe essere uno di quelli che stanno presso il trono della Trinità per attendere degnamente a voi nel tragitto, ma sono un misero verme della terra; il Salvatore, però, sarà con noi e lo avrete ovunque propizio come Dio e figlio vostro».
345. La partenza fu fissata per quando tutto fosse stato sistemato in città e ciascuno fosse stato avvertito di quello che era necessario. Maria entrò nel suo oratorio, dove fece la seguente implorazione: «Supremo sovrano, io, vile ancella, mi prostro davanti alla vostra presenza regale e con tutta me stessa vi scongiuro di dirigermi e di indirizzare al vostro maggiore beneplacito il viaggio che intraprenderò per fare la volontà del vostro discepolo, che sarà sicuramente la vostra. Non è ragionevole che questa schiava, a voi tanto debitrice, faccia un passo che non sia per rendervi omaggio. Accogliete la mia richiesta, perché io compia quello che è perfetto». Egli le disse: «Sposa e colomba mia, ho deciso che vi spostiate da un'altra parte per mio compiacimento. Assecondate Giovanni e stabilitevi a Efeso, dove, tramite voi e la vostra assistenza, al momento adatto mostrerò la mia clemenza verso alcuni». La prudente Principessa fu così sollevata e informata dei suoi disegni; quindi, gli domandò la benedizione e la licenza di fare i preparativi per la data in cui l'Evangelista avrebbe determinato di mettersi in cammino. Piena del fuoco della carità bruciava nel desiderio del bene degli abitanti di quella località, perché sua Maestà le aveva dato speranza che da essi si sarebbe ricavato un frutto di suo gusto.
346. Tutta la sua sollecitudine era tesa alla crescita e alla dilatazione della Chiesa, al conforto dei credenti e alla difesa di questi ultimi dal serpente nella persecuzione e nelle insidie che approntava. Nel suo incomparabile ardore, prima di lasciare Gerusalemme dispose molte cose come le fu possibile da se stessa e con l'intervento degli angeli, allo scopo di prevenire tutto quello che le parve conveniente per la sua assenza, perché allora non le era noto quanto sarebbe restata distante. La più grande diligenza che poté impiegare fu la sua continua ed efficace orazione affinché Gesù con il vigore infinito del suo braccio custodisse i suoi e schiacciasse la superbia di Lucifero, dissipando le scelleratezze che questi nella sua astuzia fabbricava contro di lui. Ella era al corrente che il primo dei Dodici a spargere il suo sangue per la fede sarebbe stato Giacomo; per questo e per l'affetto che gli portava, intercedette soprattutto per lui.
347. Mentre era intenta in tali preghiere, a quattro giorni dalla partenza, sentì nel suo castissimo cuore degli effetti dolcissimi, come le succedeva altre volte quando le stava per venire concesso qualche dono singolare. Queste opere nello stile della Scrittura si chiamano parole del Signore, e ad esse la Maestra della scienza rispose: «Mio Re, che cosa mi comandate di fare? Che cosa volete da me? Parlate, perché la vostra serva vi ascolta». Mentre replicava ciò, vide Cristo scendere in persona dall'empireo a visitarla su un seggio di ineffabile splendore, scortato da innumerevoli spiriti celesti di tutti gli ordini, e fare con questa magnificenza il suo ingresso nella stanza. La religiosa e modesta Vergine lo adorò con somma venerazione, procedente dal suo purissimo intimo. Subito egli affermò: «Madre mia, dalla quale ricevetti la natura umana per riscattare il mondo, sono attento alle vostre suppliche, sante e accette ai miei occhi. Sosterrò la mia Chiesa e ne sarò il padre e il protettore, affinché non sia vinta e le porte degli inferi non prevalgano contro di essa'. Sapete già che per la mia esaltazione bisogna che gli apostoli si affatichino con il mio aiuto e infine vengano dietro a me sulla via della croce e della morte che io ho patito per la redenzione; il primo che mi imiterà su di essa sarà Giacomo, mio servitore fedele, che qui subirà il martirio. Perché egli torni, come anche per altri considerevoli fini, è mio volere che andiate immediatamente da lui in Spagna, dove sta predicando. Recatevi a Saragozza e invitatelo a rientrare, ma solo dopo avere eretto là un edificio sacro a voi dedicato; in esso sarete invocata per quel paese, ad onore mio e di tutta la Trinità ».
348. Ella accolse queste indicazioni con nuovo godimento e, con degna sottomissione e riconoscenza, riprese: «Mio vero sovrano, la vostra volontà si adempia in me per sempre e tutti vi celebrino senza termine per le meraviglie che nella vostra immensa misericordia realizzate per coloro che vi seguono. Mi faccio voce di ciascuno nel lodarvi e nel ringraziarvi per esse. Permettetemi di promettere in vostro nome che la vostra destra onnipotente darà speciale soccorso nel tempio di cui chiedete la costruzione, e che esso sarà parte della mia eredità a vantaggio di chiunque lì si rivolgerà a voi e a me, come mediatrice presso la vostra clemenza».
349. Il Salvatore continuò: «Mia carissima, nella quale incessantemente mi compiaccio, vi do la mia parola regale che guarderò con particolare benevolenza e riempirò di larghe benedizioni quelli che con riverenza e devozione verso di voi in quel luogo mi imploreranno per vostro tramite. Ho deposto nelle vostre mani tutti i miei tesori; fate le mie veci e avete la mia autorità, per cui potete arricchire e distinguere quel santuario e garantire in esso il vostro favore, poiché esaudirò i vostri desideri, a me tanto graditi». Appena ella ebbe reso grazie per tale assicurazione, per ordine di sua Maestà moltissimi degli esseri superni che lo accompagnavano formarono un trono con una fulgida nube e ve la posero come signora dell'universo; gli altri risalirono con lui, dopo che l'ebbe benedetta, mentre, sorretta dai serafini, insieme ai suoi mille custodi e agli altri, si dirigeva in anima e corpo verso Saragozza. Anche se il viaggio avrebbe potuto essere brevissimo, il suo Unigenito stabilì che si eseguisse in modo tale che essi le intonassero con leggiadra armonia inni di giubilo.
350. Alcuni attaccavano l"'Ave Maria", altri "Salve, sancta Parens" e "Salve Regina", altri ancora il "Regina coeli", alternandosi gli uni agli altri con una consonanza tanto ben concertata che ci è impossibile immaginarla. Ella, allora, riferendo quel tributo all'Autore che glielo accordava, con umiltà proporzionata all'altezza del beneficio ripeteva: «Santo, santo, santo, Dio sabaoth, abbi pietà della misera progenie di Eva. Tua è la gloria e tua è la potenza. Tu solo sei il Santo e il Signore degli eserciti e dell'intero creato». Essi, quindi, rispondevano a questi cantici tanto amabili per l'Eterno, e così arrivarono a destinazione quando era già prossima la mezzanotte.
351. Il felicissimo Giacomo era fuori della città, vicino al muro presso la riva del fiume Ebro, e per mettersi in orazione si era discostato un po' dai suoi discepoli. Qualcuno di essi dormiva, qualcun altro pregava come il suo maestro, ma nessuno si aspettava la novità che stava sopravvenendo. Per questo, la processione angelica con la musica si allungò alquanto, in maniera tale che ognuno la potesse udire. Chi era nel sonno si risvegliò e tutti furono colmati di soavità interiore e di stupore, con una consolazione divina che si impossessò di loro e li lasciò come muti, attoniti e tra lacrime di gioia. Videro una luce sfolgorante, come se fosse stato mezzogiorno, benché essa fosse solo in un certo spazio a forma di grossa sfera, non dappertutto. Assorti in questa meraviglia e in questo gaudio, stettero immobili finché l'Apostolo non li chiamò. Attraverso simili effetti, furono preparati ad essere attenti al sublime mistero che sarebbe stato rivelato loro. Il trono fu posto davanti a Giacomo, che era in profonda contemplazione e più degli altri sentiva il suono e percepiva il bagliore. Gli spiriti celesti avevano con sé una piccola colonna di marmo o di diaspro e avevano fatto in un altro materiale una raffigurazione della Vergine, che alcuni tenevano con sommo ossequio; avevano approntato tutto ciò in quella notte, con il potere con cui operano nelle cose alle quali si estende la loro forza.
352. La Madre stava sulla nuvola, circondata dai vari cori, ciascuno dei quali aveva mirabile bellezza, anche se ella superava tutti in tutto. Da lì si manifestò al fortunato Apostolo, che prostratosi la riverì intensamente, osservando pure quello che veniva trasportato. Ella, per conto di Gesù, gli parlò: «Figlio mio, ministro dell'Altissimo, siate benedetto dalla sua destra; egli vi regga e vi palesi l'allegrezza del suo volto». Tutti gli angeli esclamarono: «Amen». Proseguì: «L'eccelso Re ha prescelto questo posto affinché in esso gli innalziate un tempio, dove sotto il titolo del mio nome il suo sia magnificato e dove i suoi tesori siano comunicati con abbondanza; egli darà libero corso alle sue antiche misericordie a vantaggio dei credenti e questi per mezzo della mia intercessione le otterranno, se le domanderanno con autentica confidenza e pia devozione. Da parte sua prometto loro enormi favori e la mia protezione, perché questa deve essere mia abitazione e mia eredità. In testimonianza di ciò, questo pilastro con sopra la mia immagine resterà qui e durerà con la santa fede sino alla fine dei tempi. Darete senza indugio inizio ai lavori e dopo avergli reso tale servizio partirete per Gerusalemme, poiché il Salvatore vuole che gli sacrifichiate la vostra vita là dove egli consegnò la sua per il riscatto degli uomini».
353. Concluse il discorso comandando ai custodi di collocare la colonna e la raffigurazione nel punto in cui si trovano ancora oggi, cosa che fu fatta all'istante. Subito dopo, essi confessarono quel luogo come casa di Dio, porta del cielo,,, terra consacrata per la sua esaltazione e per l'invocazione di Maria; lo fecero con Giacomo che, in attestazione di questo, si inginocchiò e celebrò con inni insieme a loro la dedicazione della prima chiesa fondata dopo la redenzione, e intitolata alla Regina. Questa fu la felice origine del santuario di "Nuestra Senora del Pilar", cioè del pilastro, in Saragozza, che a ragione si dice camera angelica, dimora dell'Unigenito e della sua castissima genitrice, degna della venerazione di tutti e garanzia certa e ferma dei benefici che i nostri peccati non giungeranno a demeritare. Mi pare che il nostro grande patrono, il secondo Giacobbe, abbia dato ad esso un principio più glorioso di quello che il primo dette al suo di Betel quando, andando pellegrino in Mesopotamia, eresse la pietra che eppure segnò la posizione del futuro tempio di Salomone. Là in sogno questi scorse in figura e in ombra la scala mistica con gli angeli, ma qui il nostro Giacobbe scorse la scala vera del cielo con gli occhi del corpo, e un numero più elevato di messaggeri superni. Là fu alzata la stele per una costruzione sacra che avrebbe dovuto essere distrutta parecchie volte e avere termine dopo alcuni secoli, ma qui, nella stabilità della colonna, l'edificio, la fede e il culto divino furono assicurati per tutta la durata del mondo, ascendendo e discendendo gli spiriti dalle altezze con le preghiere dei cristiani e gli incomparabili doni che la Principessa distribuisce a coloro che vanno a implorarla ed onorarla.
354. Il nostro Apostolo la ringraziò e la supplicò di difendere in modo speciale la Spagna , e soprattutto quel luogo a lei consacrato. Ella si impegnò riguardo a tutto e, impartitagli di nuovo la sua benedizione, fu riportata al cenacolo nella medesima maniera. Su sua richiesta, il Signore dispose che presso il santuario rimanesse un custode, che da quel giorno persevera in tale ministero e così farà fino a quando vi staranno il pilastro e l'immagine. Perciò, come tutti i cattolici riconoscono con meraviglia, esso si è mantenuto intatto per più di milleseicento anni, tra la perfidia dei giudei, l'idolatria dei romani, l'eresia degli ariani e la barbara furia dei mori e dei pagani; e l'ammirazione sarebbe maggiore se fossero note le macchinazioni escogitate in ogni epoca dall'inferno per abbatterlo per mano di tutti costoro. Non mi trattengo a riferire questi avvenimenti, perché non è necessario ed essi non appartengono al mio intento; basti asserire che Lucifero ha sovente tentato di farlo per mezzo di tutti questi nemici del supremo sovrano, e sempre l'angelo l'ha fermato.
355. Avviso, però, di due cose che mi sono state svelate. Innanzitutto, le promesse di Gesù e di sua Madre circa la conservazione di quel tempio, benché sembrino assolute, hanno implicita una condizione, come accade per molte altre della Bibbia che concernono elargizioni particolari: la nostra condotta non deve disobbligare sua Maestà, privandoci di quanto ci offre. Egli non lo spiega né dichiara poiché riserva nel segreto della sua equità il peso delle mancanze per le quali ciò può succedere, e affinché siamo avvertiti che quello che ci dà non ci è concesso perché lo usiamo contro di lui e pecchiamo confidando nella sua liberalità; infatti, non c'è alcuna offesa che ce ne renda altrettanto indegni. Di tali e tante macchie possono coprirsi questi regni che arriviamo a perdere la grazia eccezionale del patrocinio della Signora!
356. Non meno importante è prendere atto che i demoni, sapendo tutto questo, hanno provato e provano ad introdurre nell'illustre località e nei suoi abitanti vizi peggiori che nelle altre, specialmente quelli che oltraggiano maggiormente la purezza della Vergine, e inoltre con più efficacia e astuzia. Il serpente mira a due fini esecrabili: se può, ottenere che l'Onnipotente sia sciolto dall'impegno di salvaguardare il santuario, conseguendo per questa strada quello che per vie diverse finora non ha potuto; se non ci riesce, almeno impedire nelle anime la devozione per esso e gli immensi doni che Maria intende accordare lì a chi li domanderà nel modo conveniente. Satana e i suoi hanno ben chiaro che chi vive a Saragozza e nelle vicinanze le deve più di chi sta in differenti province della cristianità, perché ha dentro le mura la fonte dei favori che gli altri vengono a cercare da lontano. Se con il possesso di un simile tesoro fossero più cattivi e trascurassero la benignità e la clemenza che nessuno era in grado di guadagnare, questa ingratitudine verso l'Altissimo e la Regina beatissima sarebbe meritevole di sdegno più grande e di un castigo più grave della giustizia celeste. Confesso con gioia a coloro che leggeranno la presente Storia che, avendola scritta a solo due giornate di distanza, stimo per me fortunatissima questa prossimità e ho profondo affetto per quel luogo sacro, per il debito che tutti comprenderanno che io ho con la mia Maestra. Ne ho uno anche con la pietà di tale città ed in contraccambio di ciò vorrei richiamare alla memoria di quanti vi risiedono, con voce penetrante e forte, la cordiale ed intima venerazione cui sono tenuti, nonché quello che con essa possono conquistare e al contrario con la dimenticanza e la poca attenzione possono lasciarsi sfuggire. Si considerino, dunque, più beneficati e vincolati degli altri, apprezzino la loro ricchezza, ne godano felicemente e non facciano del propiziatorio di Dio una casa inutile e ordinaria; infatti, così muterebbero in tribunale di giudizio quell'edificio che fu stabilito come tribunale di misericordia.
357. Finita la visione, Giacomo fece venire a sé i discepoli, che erano assorti per la musica e lo splendore anche se non scorgevano né udivano niente, e li informò di quanto era opportuno affinché lo aiutassero nella costruzione, alla quale pose mano con ogni zelo. Prima di andarsene, con l'assistenza degli spiriti superni completò la piccola cappella dove stanno l'immagine e la colonna. Pian piano, poi, i cattolici hanno innalzato il sontuoso tempio e il resto che adorna quel santuario tanto famoso. Per il momento Giovanni non ebbe notizia di tale apparizione, né la Principessa gliela manifestò, perché non faceva parte della fede universale della Chiesa e per questo era da lei custodita nel proprio petto; tuttavia, ella ne rivelò a lui e agli altri evangelisti alcune più eccellenti, poiché necessarie all'istruzione dei credenti. San Giacomo, però, al suo rimpatrio attraversò Efeso e dette ragguaglio al fratello di quello che gli era capitato mentre peregrinava in Spagna, parlandogli delle due occasioni in cui aveva avuto il privilegio di contemplare la nostra sovrana, di ciò che era accaduto nella seconda e di ciò che aveva eretto. Dalla relazione che questi fece tanti degli apostoli e degli altri furono messi al corrente del miracolo, ed egli stesso in seguito lo comunicò loro in Gerusalemme per confermarli nella riverenza verso di lei e nella fiducia nella sua mediazione. Così fu, perché coloro ai quali esso fu annunciato cominciarono ad invocarla nelle tribolazioni e nei bisogni, ed ella soccorse molti, anzi tutti, in vari frangenti e pericoli.
358. Questo prodigio si verificò all'inizio del quaranta dopo Cristo, la notte tra il due e il tre gennaio. Dal principio della missione di Giacomo erano trascorsi quattro anni, quattro mesi e dieci giorni. Egli era partito il venti agosto del trentacinque e, dopo la visita della Signora appena riportata, spese un anno, due mesi e ventitré giorni nell'opera di edificazione, nel rientro e nella predicazione; morì, poi, il venticinque marzo dell'anno quarantunesimo dalla redenzione. La Vergine , quando gli si mostrò in Saragozza, aveva cinquantaquattro anni, tre mesi e ventiquattro giorni e si mise in viaggio verso Efeso il quarto giorno dal suo ritorno al cenacolo. Quindi, quel santuario le fu dedicato assai prima del suo insigne transito, come si capirà meglio allorché al termine di questa Vita farò sapere quando esso avvenne e l'età che ella aveva allora; passarono, infatti, più anni di quanti se ne assegnano comunemente. In Spagna ella era già ossequiata pubblicamente e con solennità in diversi templi, che erano subito sorti ad imitazione di quello del Pilar.
359. Questo regno ottenne su tutti gli altri la palma nel culto di Maria e, mentre ella era ancora sulla terra, si segnalò nel celebrarla e nell'implorarla più di quanto essi abbiano fatto dopo la sua definitiva salita al cielo; ciò lo nobilita al di sopra di quello che si potrà mai proclamare. Ho afferrato che, in ricompensa di questa vecchia e diffusa devozione, ella lo ha tanto impreziosito di sue immagini comparse e di santuari a lei intitolati, in numero maggiore che negli altri. Con tali favori ha voluto rendersi qui più familiare, offrendo il suo patrocinio con tante chiese, venendoci incontro in ogni provincia affinché la riconosciamo come nostra madre e protettrice e intendiamo che ci affida la difesa del suo onore e la dilatazione della sua gloria per tutto il mondo.
360. Prego, supplico umilmente e ammonisco tutti gli spagnoli perché risveglino la memoria, ravvivino la fede, risuscitino il primitivo fervore stimandosi più tenuti degli altri al suo servizio, abbiano in singolare considerazione il santuario di Saragozza, attribuendogli la preminenza sugli altri in quanto origine della loro pietà verso costei. Tutti i lettori credano che ricevemmo le nostre antiche fortune e grandezze per lei e per la sua venerazione; ora esse sono in tanta rovina e quasi perdute a motivo della nostra negligenza, con la quale ci attiriamo l'abbandono che stiamo sperimentando, e se desideriamo un rimedio per simili calamità lo troveremo solo con il suo potente intervento, obbligandola a questo con nuove dimostrazioni. Poiché il mirabile beneficio dell'essere cattolici e gli altri che ho riferito ci sono venuti per mezzo del nostro patrono Giacomo, si rinnovino anche gli appelli a lui, affinché per sua intercessione Dio ripeta le sue meraviglie.
Insegnamento della Regina del cielo
361. Carissima, sei già stata avvertita che non senza mistero nel corso di questa Storia ti ho sovente illuminato sui segreti, sui consigli e sui tradimenti orditi dall'inferno contro gli uomini, nonché sulla furiosa rabbia e vigilanza con cui esso si sforza in ciò, senza trascurare alcuna opportunità e senza lasciare pietra che non muova né sentiero, stato o persona a cui non tenda molti lacci nei quali vada a cadere; e i più insidiosi, perché più occulti, li dispiega contro chi aspira con sollecitudine alla salvezza eterna e all'amicizia con il Signore. Oltre a questi avvisi generali, ti sono stati palesati spesso i conciliaboli e le macchinazioni che tiene e dispone contro di te.
362. Per i figli della Chiesa è importantissimo uscire dall'ignoranza nella quale vivono così inevitabili minacce, senza avere cognizione che la mancanza di luce su di esse è castigo del primo peccato, e in seguito, quando potrebbero meritarla, ne diventano sempre più indegni con quelli propri. In tal modo parecchi degli stessi cristiani vanno avanti dimentichi, come se non ci fossero demoni a perseguitarli ed ingannarli, e se talora riflettono su questo lo fanno superficialmente e di passaggio, tornando immediatamente alla propria sventatezza, che in tanti non è causa di meno che delle pene perenni. Se in tutti i tempi e i luoghi, in tutte le opere e le circostanze, Lucifero trama contro di essi, sarebbe doveroso che non facessero nessun passo senza chiedere l'aiuto divino per vedere il pericolo e non inciamparvi. Siccome, però, a questo proposito è tanto profonda la smemoratezza dei discendenti di Adamo, fanno appena qualcosa senza essere feriti dal serpente e dal veleno che egli sparge dalla sua bocca. Quindi, accumulano colpe su colpe e vizi su vizi, irritando con essi la giustizia celeste e divenendo incapaci di ottenere misericordia.
363. Poiché ti è noto che l'ira e l'attenzione degli astuti nemici sono maggiori contro di te, tra queste trappole abbile anche tu contro di loro con grazia così abbondante e continua come conviene per vincerli. Medita su quello che feci allorché scoprii la loro intenzione di combattere me e l'intera comunità ecclesiale: moltiplicai le orazioni, le lacrime e i sospiri. Inoltre, dato che si volevano valere di Erode e dei giudei di Gerusalemme, anche se avrei potuto restare con meno timore in città e mi sentivo incline a ciò, me ne andai per dare esempio di cautela e di obbedienza: di cautela, allontanandomi dai rischi; di obbedienza, facendomi governare dagli ordini di Giovanni. Tu non sei forte e sei esposta a cose peggiori rispetto alle altre creature; per di più, sei mia discepola ed hai i miei atti e il mio comportamento come modello sul quale regolarti. Dunque, appena distingui una minaccia, discostatene e, se ce ne sarà bisogno, troncagli ogni via, cominciando da quello cui sei più sensibile. Appoggiati costantemente sul volere dei tuoi superiori, come guida sicura e colonna solida per non cascare. Indaga bene se sotto un'apparente pietà siano nascosti dei tranelli, e bada di non fare danno alla tua anima per guadagnare altri. Non fidarti del tuo dettame, benché ti sembri buono e retto; non avere mai difficoltà nell'essere docile, perché io per sottomissione uscii a peregrinare con molti disagi e incomodi.
364. Conferma anche il proposito di ricalcare con perfezione le mie orme per proseguire quello che rimane della narrazione e scriverlo nel tuo cuore. Corri per la strada dell'umiltà e dell'obbedienza dietro l'odore della mia vita e delle mie virtù; infatti, se mi ascolterai - come da te bramo e tanto frequentemente ti ripeto -, ti assisterò nelle tue necessità e tribolazioni e il mio Unigenito adempirà in te la sua volontà come spera, prima che tu sia giunta alla conclusione. Avranno, così, effetto le promesse che hai inteso molte volte da noi e sarai benedetta dalla sua destra onnipotente. Magnifica ed esalta l'Altissimo per il favore che fece al mio servo Giacomo in Saragozza e per il tempio che lì mi edificò prima del mio transito, nonché per quanto ancora ti ho rivelato di questo prodigio e perché quel santuario fu il primo, e di sommo compiacimento per la beatissima Trinità.
2-44 Luglio 4, 1899 Gesù parla della Celeste Mamma. Turbazione.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina, avendomi Gesù rinnovato le pene della crocifissione, si trovava insieme la nostra Mamma Regina e Gesù, parlando di Lei, ha detto:
(2) “Il mio proprio regno fu nel cuore di mia Madre e questo perché il suo cuore non fu mai menomamente disturbato, tanto, che nel mare immenso della Passione soffrì pene immense, il suo cuore fu passato a parte a parte dalla spada del dolore, ma non ricevette un minimo alito di turbazione. Quindi, essendo il mio regno, regno di pace, perciò potetti in Lei stendervi il mio regno e senza ricevere nessun ostacolo, liberamente regnare”.
(3) Avendo Gesù seguitato altre volte a venire e vedendomi io tutta piena di peccati, gli ho detto: “Mio Signore Gesù, mi sento tutta coperta di piaghe e peccati gravi, deh! vi prego, abbiate pietà di questa miserabile”.
(4) E Gesù: “Non temere, che non ci sono colpe gravi, e poi, si deve avere orrore della colpa, ma non disturbarsi, perché l’agitazione, da dovunque venga, non fa mai bene all’anima”.
(5) Poi ha soggiunto: “Figlia mia, tu sei vittima, come Io lo sono, fa che tutte le tue opere risplendano con le stesse mie intenzioni, pure e sante, acciocché, ritrovando in te la mia stessa immagine, possa liberamente versare l’influenza delle mie grazie e così ornata potrò offrirti come vittima odorosa innanzi alla divina giustizia”.