Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Quando saremo giunti alla presenza di Dio, come non ci infiammerà  quell'amore senza inquietudine che proveremo dinanzi al suo volto, che ora desideriamo e a cui aneliamo? Se ora aneliamo a lui senza vederlo, quando lo avremo raggiunto, come ci illuminerà ! Come ci muterà ! E che cosa farà  di noi? E noi, o fratelli, di che cosa ci occuperemo? Questa sarà  la nostra occupazione: lodare Dio. Amerai e loderai. Potrai smettere di lodare se potrai smettere di amare. Ma non cesserai di amare perché colui che vedrai è tale che non ingenera in te alcun fastidio. Ti sazia e non ti sazia. È strano ciò che dico ... Cosa dirò dunque, se non ciò che può, sì, esser detto a parole ma solo a stento può esser pensato? Ti sazia e non ti sazia; perché ambedue le cose trovo nella Scrittura ... Avranno fame anche mentre ti mangiano; e coloro che ti bevono, anche durante il bere avranno sete. Che vuol dire "aver sete pur mentre si beve"? Vuol dire: non stancarsi mai di bere. Se, dunque, ci sarà  data un giorno questa dolcezza ineffabile ed eterna, che cosa, o fratelli, essa esige ora da noi se non una fede sincera, una speranza salda, una carità  pura, e che ognuno cammini nella via che Dio gli assegna, sopporti le tentazioni e accolga le consolazioni? (Sant'Agostino)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 32° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 11

1Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli".2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione".

5Poi aggiunse: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani,6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;7e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;8vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.

9Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.10Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?13Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!".

14Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.15Ma alcuni dissero: "È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni".16Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.17Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: "Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra.18Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl.19Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici.20Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
21Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro.22Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.

23Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.

24Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito.25Venuto, la trova spazzata e adorna.26Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima".

27Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!".28Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".

29Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona.30Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.31La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.32Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui.

33Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce.34La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre.35Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra.36Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore".


37Dopo che ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola.38Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.39Allora il Signore gli disse: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità.40Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno?41Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo.42Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre.43Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze.44Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo".
45Uno dei dottori della legge intervenne: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi".46Egli rispose: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!47Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi.48Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri.49Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno;50perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo,51dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.52Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito".
53Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti,54tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.


Primo libro dei Maccabei 12

1Giònata, vedendo che le circostanze gli erano propizie, scelse uomini adatti e li inviò a Roma per ristabilire e rinnovare l'amicizia con quel popolo.2Anche presso gli Spartani e in altre località inviò lettere sullo stesso argomento.3Partirono dunque per Roma e là entrarono nel consiglio e dissero: "Giònata sommo sacerdote e il popolo dei Giudei ci hanno inviati a rinnovare la comune amicizia e l'alleanza come la prima volta".4E i Romani diedero loro lettere di raccomandazione per le autorità dei vari luoghi, perché favorissero il loro ritorno pacifico in Giudea.
5Questa è invece la copia della lettera che Giònata scrisse agli Spartani:
6"Giònata sommo sacerdote e il consiglio degli anziani del popolo e i sacerdoti e tutto il resto del popolo giudaico, agli Spartani loro fratelli salute.7Già in passato era stata spedita una lettera ad Onia sommo sacerdote da parte di Areo, che regnava fra di voi, con l'attestazione che siete nostri fratelli, come risulta dalla copia annessa.8Onia aveva accolto con onore l'inviato e aveva accettato la lettera nella quale vi erano le dichiarazioni di alleanza e di amicizia.9Noi dunque, pur non avendone bisogno, avendo a conforto le scritture sacre che sono nelle nostre mani,10ci siamo indotti a questa missione per rinnovare la fraternità e l'amicizia con voi in modo da non diventare per voi degli estranei; molti anni infatti sono passati da quando mandaste messaggeri a noi.11Noi dunque fedelmente in tutte le feste e negli altri giorni prescritti ci ricordiamo di voi nei sacrifici che offriamo e nelle nostre invocazioni, com'è doveroso e conveniente ricordarsi dei fratelli.12Ci rallegriamo della vostra gloria.13Noi invece siamo stati circondati da tante oppressioni e molte guerre: ci hanno combattuti i re dei paesi vicini,14ma non abbiamo voluto disturbare né voi né gli altri nostri alleati e amici in queste lotte:15abbiamo infatti dal cielo un valido aiuto per il quale noi siamo stati liberati dai nostri nemici ed essi sono stati umiliati.16Ora abbiamo designato Numenio figlio di Antioco e Antìpatro figlio di Giàsone e li abbiamo inviati presso i Romani a rinnovare la precedente amicizia e alleanza con loro.17Abbiamo quindi dato loro disposizioni di passare anche da voi, per salutarvi e consegnarvi la nostra lettera, riguardante la ripresa dei nostri rapporti e la nostra fraternità.18Voi dunque farete cosa ottima comunicandoci una risposta su queste cose".
19Segue ora copia della lettera che essi avevano inviato ad Onia:
20"Areo, re degli Spartani, a Onia sommo sacerdote salute.21Si è trovato in una scrittura, riguardante gli Spartani e i Giudei, che essi sono fratelli e che discendono dalla stirpe di Abramo.22Ora, dal momento che siamo venuti a conoscenza di questa cosa, ci farete cosa gradita scrivendoci sui vostri sentimenti di amicizia.23Noi intanto vi rispondiamo: I vostri armenti e i vostri averi ci appartengono e i nostri appartengono a voi. Abbiamo quindi disposto perché vi sia riferito in questo senso".
24Giònata ebbe notizia che i generali di Demetrio erano ritornati con forze più numerose di prima per ritentare la guerra contro di lui.25Egli si mosse da Gerusalemme e andò loro incontro nella regione di Amat, perché non volle dar loro il tempo di entrare nel suo paese.26Mandò nel loro campo delle spie, le quali tornarono annunciando che essi stavano disponendosi per dar loro l'assalto di notte.27Quando fu il tramonto, Giònata comandò ai suoi di vegliare tutta la notte e di stare con le armi pronte per la battaglia e dispose sentinelle intorno al campo.28Ma anche gli avversari seppero che Giònata e i suoi uomini stavano pronti per la battaglia e furon presi da timore ed esitazione d'animo e allora accesero fuochi nel loro campo.29Giònata e i suoi uomini non si accorsero di nulla fino al mattino, perché continuavano a vedere il bagliore dei fuochi.30Allora si diede a inseguire le loro tracce, ma non poté raggiungerli, perché avevano passato il fiume Elèutero.31Giònata piegò sugli Arabi chiamati Zabadei, li assalì e si impadronì delle loro spoglie.32Poi ripartì e andò a Damasco e si diede a percorrere tutto il paese.33Anche Simone fece una spedizione, marciando fino ad Ascalòna e ai vicini posti di guarnigione, poi piegò su Giaffa e se ne impadronì;34aveva sentito infatti che avevano intenzione di consegnare la fortezza ai partigiani di Demetrio; perciò vi pose una guarnigione per presidiarla.
35Quando Giònata fu di ritorno, radunò in assemblea gli anziani del popolo e deliberò con loro di costruire fortezze in Giudea,36di sopraelevare le mura di Gerusalemme e di alzare una grande barriera tra la città e l'Acra per separare questa dalla città affinché fosse isolata, così che non potessero più né comperare né vendere.37Si organizzarono dunque per ricostruire la città e poiché era rovinato parte del muro sul torrente dal lato orientale, Giònata allestì il cosiddetto Kafenata.38Simone a sua volta ricostruì Adida nella Sefela fortificandola e applicandovi porte e sbarre.
39Intanto Trifone cercava di diventare re dell'Asia, cingere la corona e stendere la mano contro il re Antioco,40ma sospettava che Giònata glielo impedisse e, nel caso, gli muovesse guerra. Perciò cercava di averlo nelle mani e di eliminarlo; si mosse dunque e venne a Beisan.41Giònata gli uscì incontro con quarantamila uomini scelti e inquadrati e venne a Beisan.42Trifone, vedendo che era venuto con numeroso esercito, si guardò bene dal mettergli le mani addosso.43Anzi lo ricevette con molti onori, lo presentò a tutti i suoi amici, gli offrì doni e ordinò ai suoi amici e alle sue truppe di obbedirgli come a lui stesso.44Disse a Giònata: "Perché mai hai disturbato tutta questa gente, non essendoci guerra tra di noi?45Su, dovresti rimandarli alle loro case; tu scegli per te pochi uomini che ti accompagnino e vieni con me a Tolemàide e io la consegnerò a te insieme con le altre fortezze e il resto dell'esercito e tutti i funzionari, poi tornerò indietro e partirò: sono venuto appunto per questo".46Giònata, fidatosi di lui, fece quanto aveva detto e rimandò le truppe che tornarono nella Giudea.47Fece rimanere tremila uomini, di cui duemila lasciò in Galilea e gli altri mille andarono con lui.48Ma quando Giònata fu entrato in Tolemàide, i cittadini chiusero le porte e si impadronirono di lui e passarono a fil di spada quanti erano entrati con lui.49Trifone mandò poi fanti e cavalli in Galilea e nella grande pianura per liquidare tutti gli uomini di Giònata.50Ma essi avevano sentito dire che Giònata era stato catturato e che era finita per lui e per quelli che erano con lui e, incoraggiatisi l'un l'altro, si presentarono inquadrati, pronti alla battaglia.51Gli inseguitori li videro decisi a difendere la loro vita e se ne tornarono.52Così tutti giunsero senza molestie in Giudea; fecero lutto per Giònata e per quelli della sua scorta e furono presi da grande timore. Tutto Israele si immerse in un lutto profondo.53Tutti i popoli intorno a loro cercarono subito di sterminarli, dicendo appunto: "Non hanno più né capo né sostegno: scendiamo ora in guerra contro di loro e cancelleremo anche il loro ricordo dagli uomini".


Salmi 135

1Alleluia.

Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
2voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
3Lodate il Signore: il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
4Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come suo possesso.

5Io so che grande è il Signore,
il nostro Dio sopra tutti gli dèi.
6Tutto ciò che vuole il Signore,
egli lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
7Fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce le folgori per la pioggia,
dalle sue riserve libera i venti.

8Egli percosse i primogeniti d'Egitto,
dagli uomini fino al bestiame.
9Mandò segni e prodigi
in mezzo a te, Egitto,
contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10Colpì numerose nazioni
e uccise re potenti:
11Seon, re degli Amorrèi,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Cànaan.
12Diede la loro terra in eredità a Israele,
in eredità a Israele suo popolo.

13Signore, il tuo nome è per sempre;
Signore, il tuo ricordo per ogni generazione.
14Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.

15Gli idoli dei popoli sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
16Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
17hanno orecchi e non odono;
non c'è respiro nella loro bocca.
18Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.
19Benedici il Signore, casa d'Israele;
benedici il Signore, casa di Aronne;
20Benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.

21Da Sion sia benedetto il Signore.
che abita a Gerusalemme. Alleluia.


Salmi 102

1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.

4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.

7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.

13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.

16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.

19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.

24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.

28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.


Zaccaria 11

1Apri, Libano, le tue porte,
e il fuoco divori i tuoi cedri.
2Urla, cipresso, perché il cedro è caduto,
gli splendidi alberi sono distrutti.
Urlate, querce di Basàn,
perché la foresta impenetrabile è abbattuta!
3Si ode il lamento dei pastori,
perché la loro gloria è distrutta!
Si ode il ruggito dei leoncelli,
perché è devastata la magnificenza del Giordano!

4Così parla il Signore mio Dio: "Pasci quelle pecore da macello5che i compratori sgozzano impunemente, e i venditori dicono: Sia benedetto il Signore, mi sono arricchito, e i pastori non se ne curano affatto.6Neppur io perdonerò agli abitanti del paese. Oracolo del Signore. Ecco, io abbandonerò gli uomini l'uno in balìa dell'altro, in balìa del loro re, perché devastino il paese - non mi curerò di liberarli dalle loro mani".
7Io dunque mi misi a pascolare le pecore da macello da parte dei mercanti di pecore. Presi due bastoni: uno lo chiamai Benevolenza e l'altro Unione e condussi al pascolo le pecore.8Nel volgere d'un sol mese eliminai tre pastori. Ma io mi irritai contro di esse, perché anch'esse si erano tediate di me.9Perciò io dissi: "Non sarò più il vostro pastore. Chi vuol morire, muoia; chi vuol perire, perisca; quelle che rimangono si divorino pure fra di loro!".10Presi il bastone chiamato Benevolenza e lo spezzai: ruppi così l'alleanza da me stabilita con tutti i popoli.11Lo ruppi in quel medesimo giorno; i mercanti di pecore che mi osservavano, riconobbero che quello era l'ordine del Signore.12Poi dissi loro: "Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare". Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga.13Ma il Signore mi disse: "Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!". Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore.14Poi feci a pezzi il secondo bastone chiamato Unione per rompere così la fratellanza fra Giuda e Israele.15Quindi il Signore mi disse: "Prenditi gli attrezzi di un pastore insensato,16poiché ecco, io susciterò nel paese un pastore, che non avrà cura di quelle che si perdono, non cercherà le disperse, non curerà le malate, non nutrirà le affamate; mangerà invece le carni delle più grasse e strapperà loro perfino le unghie.

17Guai al pastore stolto che abbandona il gregge!
Una spada sta sopra il suo braccio
e sul suo occhio destro.
Tutto il suo braccio si inaridisca
e tutto il suo occhio destro resti accecato".


Prima lettera ai Corinzi 15

1Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi,2e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano!
3Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture,4fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture,5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti.7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli.8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.9Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio.10Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.11Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
12Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti?13Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!14Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto;17ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.18E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.19Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
20Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.21Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti;22e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.23Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo;24poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza.25Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.26L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte,27perché 'ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi'. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa.28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
29Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?30E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente?31Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore!32Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, 'mangiamo e beviamo, perché domani moriremo'.33Non lasciatevi ingannare: "Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi".34Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.

35Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?".36Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore;37e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere.38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo.39Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.40Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.41Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore.42Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile;43si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;44si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che45il primo 'uomo', Adamo, 'divenne un essere vivente', ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.47Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.48Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.49E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.50Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
51Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati,52in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.53È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.

54Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:

'La morte è stata ingoiata per la vittoria.'
55'Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione'?

56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.57Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!58Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.


Capitolo III: Chi é colui che ama il bene e la pace

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1. Se, in primo luogo, manterrai te stesso nella pace, potrai dare pace agli altri; ché l'uomo di pace è più utile dell'uomo di molta dottrina. Colui che è turbato dalla passione trasforma anche il bene in male, pronto com'è a vedere il male dappertutto; mentre colui che ama il bene e la pace trasforma ogni cosa in bene. Chi è pienamente nella pace non sospetta di alcuno. Invece chi è inquieto e turbato sta sempre in agitazione per vari sospetti. Non è tranquillo lui, né permette agli altri di esserlo; dice sovente cose che non dovrebbe dire e tralascia cose che più gli converrebbe fare; sta attento a ciò che dovrebbero fare gli altri, e trascura ciò a cui sarebbe tenuto lui stesso. Sii dunque zelante, innanzi tutto , con te stesso; solo così potrai essere giustamente zelante con il tuo prossimo. Tu sei molto abile nel trovare giustificazioni per quello che fai e nel farlo apparire sotto una certa luce, mentre rifiuti di accettare le giustificazioni negli altri. Sarebbe invece più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta gli altri anche tu.  

2. Vedi quanto sei ancora lontano dal vero amore e dalla umiltà di chi non sa adirarsi e indignarsi con alcuno, fuor che con se stesso. Non è grande merito stare con persone buone e miti; è cosa, questa, che fa naturalmente piacere a tutti, e nella quale tutti troviamo facile contentezza, giacché amiamo di più quelli che ci danno ragione. E' invece grande virtù, e lodevole comportamento, degno di un uomo, riuscire a vivere in pace con le persone dure e cattive, che si comportano senza correttezza e non hanno condiscendenza verso di noi. Ci sono alcuni che stanno, essi, nella pace e mantengono pace anche con gli altri. Ci sono invece alcuni che non stanno in pace essi, né lasciano pace agli altri: pesanti con il prossimo, e ancor più con se stessi. Ci sono poi alcuni che stanno essi nella pace e si preoccupano di condurre alla pace gli altri. La verità è che la vera pace, in questa nostra misera vita, la dobbiamo far consistere nel saper sopportare con umiltà, piuttosto che nel non avere contrarietà. Colui che saprà meglio sopportare, conseguirà una pace più grande. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, questi è l'amico di Cristo e l'erede del cielo.


Omelia 36: La medicina che ci guarisce.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Fra i quattro Vangeli, o meglio fra i quattro libri dell'unico Vangelo, il santo apostolo Giovanni, giustamente paragonato all'aquila per la sua intelligenza delle cose spirituali, più degli altri tre ha elevato il suo annuncio ad altezze vertiginose, deciso a trascinare nel suo volo anche i nostri cuori. Gli altri tre evangelisti, infatti, hanno seguito il Signore nella sua vita terrena considerandolo quasi solo nel suo aspetto di uomo ed hanno detto poco della sua divinità; mentre questi, quasi sdegnasse di camminare sulla terra - come subito ci appare dalle prime battute - di colpo si sollevò al di sopra della terra e degli spazi celesti, al di sopra delle stesse schiere angeliche e di tutti gli ordini delle potenze invisibili, e pervenne a colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose dicendo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. E ancora: Tutto è stato fatto per mezzo di lui e niente senza di lui è stato fatto (Gv 1, 1-3). A tale sublimità di esordio adeguò tutto il Vangelo, e come nessun altro parlò della divinità del Signore. Con profusione comunicò ciò che aveva bevuto alla fonte. Non per nulla si dice di lui in questo medesimo Vangelo che nell'ultima Cena stava appoggiato sul cuore del Signore (cf. Gv 13, 23): da quel cuore segretamente attinse e, ciò che segretamente aveva attinto, pubblicamente proclamò, affinché fosse nota a tutti i popoli non solo l'incarnazione del Figlio di Dio, la sua passione e risurrezione, ma altresì ciò che era prima dell'incarnazione: Unigenito del Padre, Verbo del Padre, coeterno a colui che lo generò, uguale a colui che lo mandò, ma diventato inferiore nella medesima missione affinché il Padre risultasse maggiore di lui.

[La medicina che ci guarisce e la potenza che ci ha creati.]

2. Tutto ciò che avete sentito dell'umile condizione del Signore Gesù Cristo, è da considerare nella logica del mistero dell'incarnazione, conseguenza di ciò che egli è diventato per noi, non di ciò che era quando ci creò. Tutto ciò invece che di sublime, di superiore ad ogni creatura, di divino, di uguale e coeterno al Padre, di lui sentirete o leggerete in questo Vangelo, sappiatelo riferire alla sua natura divina, non alla sua natura di servo. Ora, se voi che potete capire - non tutti potete capire, ma tutti potete credere -, vi atterrete a questa regola, con sicurezza, come chi cammina nella luce, potrete affrontare le calunnie che nascono dalle tenebre dell'eresia. Non sono mancati, infatti, quelli che, tenendo conto unicamente delle testimonianze evangeliche che si riferiscono all'umiltà di Cristo, sono rimasti sordi di fronte alle testimonianze che si riferiscono alla sua divinità; e appunto perché sordi, hanno parlato a sproposito. Altri invece, tenendo conto unicamente di ciò che è stato detto intorno alla grandezza del Signore, anche se hanno letto quanto riguarda la sua misericordia che lo spinse a farsi uomo per noi, non vi hanno creduto, o lo hanno considerato come inventato dagli uomini e falso, sostenendo che Cristo nostro Signore era soltanto Dio e non anche uomo. Per opposti motivi, entrambi sono in errore. La fede cattolica, invece, mantenendosi nella verità da una parte e dall'altra e predicando ciò che crede, ha sempre ritenuto e creduto che Cristo è Dio ed è uomo; poiché l'una e l'altra verità risulta dalla Scrittura, l'una e l'altra è certa. Se affermi che Cristo è soltanto Dio, vieni a negare la medicina con cui sei stato risanato; se dici che Cristo è soltanto uomo, vieni a negare la potenza con cui sei stato creato. L'una e l'altra verità tieni dunque per certa, o anima fedele, o cuore cattolico; l'una e l'altra verità ritieni saldamente, l'una e l'altra credi, l'una e l'altra fedelmente professa: che Cristo è Dio, che Cristo è uomo. Come Dio, Cristo è uguale al Padre, è una cosa sola con il Padre; come uomo è nato dalla Vergine, assumendo dell'uomo la natura mortale senza contrarne il peccato.

3. Questi Giudei dunque vedevano l'uomo, senza capire né credere che era Dio. Fra le altre cose, avete sentito che cosa gli dissero: Tu rendi testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non è vera (Gv 8, 13). Avete sentito anche la sua risposta. Vi è stata letta ieri, e noi, secondo le nostre forze, ve l'abbiamo spiegata. Oggi sono state lette queste sue parole: Voi giudicate secondo la carne (Gv 8, 15). Ecco perché mi dite: Tu rendi testimonianza a te stesso e la tua testimonianza non è vera, perché voi giudicate secondo la carne, perché non capite Dio e vi fermate all'uomo, e perseguitando l'uomo offendete Dio che in esso è nascosto. Voi giudicate secondo la carne; e per il fatto che io rendo testimonianza a me stesso, voi mi considerate arrogante. Ogni uomo, infatti, quando vuole rendere testimonianza a se stesso, appare arrogante e superbo. Non a caso sta scritto: Non sia la tua bocca a lodarti, ma la bocca del tuo prossimo (Prv 27, 2). Ma questo vale per l'uomo. Noi, infatti, siamo deboli e ci rivolgiamo a degli esseri deboli come noi. Possiamo dire la verità e mentire; senza dubbio si deve dire la verità, tuttavia se vogliamo possiamo mentire. La luce non può mentire: non è possibile scoprire tenebre di menzogna nello splendore della luce divina. Colui che parlava era la luce, era la verità; ma la luce splendeva nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno compresa; perciò giudicavano secondo la carne: Voi giudicate secondo la carne.

[Prima salvatore poi giudice.]

4. Io non giudico nessuno (Gv 8, 15). Sicché non giudica nessuno il Signore nostro Gesù Cristo? Non è lui che noi professiamo essere risorto da morte il terzo giorno, asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre, donde verrà a giudicare i vivi e i morti? Non è questa la nostra fede, di cui l'Apostolo dice: Col cuore si crede per la giustizia, con la bocca si fa professione di fede per la salvezza (Rm 10, 10)? Allora, con la nostra confessione contraddiciamo Dio? Noi diciamo che egli verrà a giudicare i vivi e i morti, mentre egli dice: Io non giudico nessuno. Questa difficoltà si può risolvere in due modi. Dice: Io non giudico nessuno nel senso che non giudica nessuno "ora", come dice in un altro passo: Io non sono venuto per giudicare il mondo ma per salvarlo (Gv 12, 47): non intende, cioè, negare il giudizio ma differirlo; oppure, siccome prima ha detto: Voi giudicate secondo la carne, aggiunge: io non giudico nessuno, sottinteso "secondo la carne". Non ci rimane dunque alcun dubbio contrario alla fede che abbiamo e che professiamo su Cristo come giudice. Dapprima Cristo è venuto a salvare, poi verrà a giudicare: condannando nel suo giudizio coloro che non hanno voluto essere salvati e conducendo alla vita coloro che, credendo, non hanno rifiutato la salvezza. Il primo avvento di nostro Signore Gesù Cristo è quindi di salvezza, non di giudizio. Se fosse venuto subito per giudicare, non avrebbe trovato nessuno cui dare un giusto premio. Ma siccome vide che tutti erano peccatori e assolutamente nessuno esente dalla morte meritata dal peccato, doveva prima elargire la misericordia e poi pronunciare il giudizio. Di lui il salmo aveva cantato: Canterò la tua misericordia e il tuo giudizio, Signore (Sal 100, 1). Non dice, il salmista, "il giudizio e la misericordia"; perché se ci fosse stato prima il giudizio, non ci sarebbe stata alcuna misericordia; ma prima la misericordia e poi il giudizio. Che significa "prima la misericordia"? Il creatore dell'uomo ha voluto essere uomo: si è fatto ciò che egli aveva fatto, affinché non perisse la sua creatura. Che cosa si può aggiungere a tale misericordia? Eppure egli vi aggiunse qualcosa. Non si accontentò di farsi uomo, ma volle essere anche riprovato dagli uomini; non si accontentò di farsi riprovare, volle anche essere oltraggiato; non si accontentò di farsi oltraggiare, si fece anche uccidere; e, come se neppure questo bastasse, volle subire la morte di croce. Così quando l'Apostolo parla della sua obbedienza fino alla morte, gli sembra poco dire: Si fece obbediente fino alla morte; e siccome non si trattava di una morte qualsiasi, aggiunge: fino alla morte di croce (Fil 2, 8). Fra tutte le morti non ce n'era una peggiore di quella della croce. Tanto che per indicare i dolori più atroci si usa il termine "cruciatus", che deriva da croce. I crocifissi che pendevano dal legno inchiodati alle mani e ai piedi, erano condannati a morire di morte lenta. La crocifissione non provocava subito la morte: si rimaneva vivi a lungo sulla croce, e non perché si volesse prolungare la vita ma perché fosse ritardata la morte, e così il dolore non cessasse troppo presto. E' poco dire che egli volle morire per noi, accettò di farsi crocifiggere facendosi obbediente fino alla morte di croce. Colui che avrebbe annientato la morte, scelse il peggiore e il più ignominioso genere di morte: con la sua orribile morte uccise ogni morte. Era la morte più orribile per i Giudei, i quali non si rendevano conto che appunto per questo era stata scelta dal Signore. Egli avrebbe fatto della sua croce un vessillo, e l'avrebbe posta sulla fronte dei fedeli come trofeo di vittoria sul diavolo, tanto che l'Apostolo dice: Non sia mai che io mi glori d'altro all'infuori della croce del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale il mondo è per me crocifisso ed io lo sono per il mondo (Gal 6, 14). Niente era allora così insopportabile nella carne, niente è adesso così glorioso sulla fronte come il segno della croce. Che cosa non riserverà ai suoi fedeli colui che ha conferito tanto onore al suo supplizio? I Romani stessi ormai non usano più la croce come supplizio ritenendo che, dopo essere stata tanto onorata dal Signore, sarebbe fare onore ad un criminale crocifiggendolo. Colui dunque che è venuto al mondo per essere crocifisso, non giudicò nessuno, anzi sopportò i malvagi. Si assoggettò al giudizio ingiusto per poter giudicare con giustizia. Ma l'assoggettarsi al giudizio ingiusto è stato un atto di misericordia; e umiliandosi fino alla morte di croce, rinviò l'esercizio della sua potenza manifestando la sua misericordia. In che senso rinviò l'esercizio della sua potenza? Perché non volle discendere dalla croce, egli che poté poi risorgere dal sepolcro. E in che modo manifestò la sua misericordia? Perché pendendo dalla croce disse: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Perciò le parole Io non giudico nessuno possono significare che non era venuto a giudicare ma a salvare il mondo; oppure avere quest'altro senso: poiché, come ho già ricordato, le parole Io non giudico nessuno fanno seguito alle altre Voi giudicate secondo la carne, vogliono forse farci intendere che il Cristo non giudica nessuno secondo la carne, come secondo la carne egli stesso è stato giudicato dagli uomini.

5. E affinché riconosciate che Cristo è anche giudice, ascoltate ciò che segue: Anche se giudico, il mio giudizio è vero. Eccoti anche il giudice; ma, per non sentirlo giudice, riconoscilo salvatore. E per quale motivo disse che il suo giudizio è vero? Perché - dice - io non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato (Gv 8, 16). Vi dicevo, o fratelli, che l'evangelista Giovanni vola così in alto che è difficile seguirlo con la nostra intelligenza. Giova richiamare a vostra Carità il simbolo dell'evangelista che vola più in alto. Nella profezia di Ezechiele, come anche nell'Apocalisse dello stesso Giovanni autore di questo Vangelo, si parla di un animale a quattro facce: di uomo, di vitello, di leone e di aquila (cf. Ez 1, 5-10; Apoc 4, 6-7). Quanti prima di noi si sono occupati dei simboli delle sacre Scritture, solitamente hanno visto in questo animale, o meglio in questi animali, i quattro Evangelisti. Il leone è simbolo del re, in quanto il leone, a motivo della sua terribile forza e potenza, viene considerato il re degli animali. Questa figura rappresenta Matteo che, nella genealogia del Signore, attraverso la successione dei re, dimostra che il Signore discende per via regia dal seme del re Davide. Luca, che esordisce dal sacrificio del sacerdote Zaccaria padre di Giovanni Battista, viene simboleggiato dal vitello, essendo il vitello la vittima principale del sacrificio sacerdotale. Marco giustamente viene caratterizzato dalla figura dell'uomo, perché né parla del potere regale né esordisce dalla dignità sacerdotale, ma precisamente da Cristo come uomo. Si può dire che questi tre evangelisti non si sono scostati dalle cose terrestri, cioè da quanto ha compiuto in terra il Signore nostro Gesù Cristo: come se camminassero con lui sulla terra, parlano pochissimo della sua divinità. Rimane l'aquila, cioè Giovanni, l'araldo delle cose più sublimi, colui che contempla con occhio sicuro la luce invisibile ed eterna. Si dice che il giovane aquilotto viene addestrato in questo modo: il padre con i suoi artigli lo tiene sospeso in alto e lo pone di fronte al sole; l'aquilotto che riesce a fissare il sole fermamente, viene riconosciuto come figlio; quello che sbatte gli occhi viene considerato bastardo e lasciato andare. Pensate dunque quali cose sublimi abbia dovuto annunciare colui che è stato paragonato all'aquila. E tuttavia noi, così terra terra, deboli e di poco conto, osiamo commentare e spiegare queste cose, con la speranza anche di poterle capire quando le meditiamo, e di essere capiti quando le esponiamo.

6. Perché dico questo? Qualcuno forse, sentendomi parlare così, giustamente mi dirà: Allora deponi quel libro! perché lo prendi in mano e osi commentarlo, se non sei all'altezza? Rispondo: ci sono troppi eretici, e Dio ha permesso che ci fossero perché non ci nutrissimo sempre di latte, rimanendo infantili e immaturi. Non avendo tenuto in debito conto la divinità di Cristo, sono caduti in interpretazioni arbitrarie, in nome delle quali hanno suscitato in mezzo ai fedeli cattolici problemi delicatissimi, provocando dubbi, agitazioni e disorientamenti. Si è reso allora necessario che degli uomini spirituali, che hanno letto il Vangelo e hanno inteso rettamente la divinità di nostro Signore Gesù Cristo, opponessero alle armi del diavolo le armi di Cristo e apertamente, con tutte le forze, attaccassero battaglia in difesa della divinità di Cristo contro i falsi e menzogneri dottori, onde evitare che a causa del loro silenzio altri perissero. Quanti hanno immaginato che nostro Signore Gesù Cristo, o fosse di una sostanza diversa da quella del Padre o esistesse soltanto il Cristo, sì da essere egli stesso Padre Figlio e Spirito Santo; quanti, d'altra parte, si sono ostinati a pensare che il Cristo fosse soltanto uomo e non Dio fatto uomo, o un Dio mutevole nella sua divinità, o un Dio che insieme non fosse anche uomo, hanno fatto naufragio nella fede, e sono stati allontanati dal porto della Chiesa, affinché con la loro irrequietezza non sfasciassero le barche che erano con loro. Questa considerazione ha costretto anche noi, che siamo così piccoli e, per quanto dipende da noi assolutamente indegni, ma, per sua misericordia, chiamati a far parte del numero dei suoi ministri, a non tacere ciò che voi potrete capire e godere insieme con me; e se ancora non riuscirete a capire, credendo potrete rimanere sicuri nel porto.

[La fede purifica perché si possa vedere.]

7. Dirò allora: chi può capisca, chi non può creda. Dirò con il Signore: Voi giudicate secondo la carne, io non giudico nessuno; cioè non giudico nessuno ora, oppure non giudico nessuno secondo la carne. E se anche giudico, il mio giudizio è vero. Perché il tuo giudizio è vero? Perché non sono solo - risponde - ma è con me il Padre che mi ha mandato. Allora, Signore Gesù, se tu fossi solo sarebbe falso il tuo giudizio; e perciò giudichi secondo verità perché non sei solo, ma è con te il Padre che ti ha mandato? Che posso rispondere io? Risponda egli stesso: Il mio giudizio è vero. Perché è vero? Perché non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato. Ma se il Padre è con te, come ha fatto a mandarti? Ti ha mandato ed è con te, cosicché, anche mandato, non ti sei allontanato da lui e, venuto in mezzo a noi, sei rimasto lo stesso presso di lui? Come si può credere ciò? come si può capire? A queste due domande rispondo così: giustamente ti domandi come si può capire, ma non altrettanto giustamente ti domandi come si può credere. Che anzi il fatto di non capire subito, ti fa esercitare quella che propriamente si chiama fede; infatti, se immediatamente ti fosse dato di capire, non avresti bisogno di credere, perché vedresti con i tuoi occhi. Appunto perché non capisci, credi; ma credendo diventi capace di capire; infatti, se non credi, non riuscirai mai a capire, perché diventerai sempre meno capace. Lascia che la fede ti purifichi, affinché ti sia concesso di giungere alla piena intelligenza. Il mio giudizio è vero, - dice il Signore - perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. Allora, Signore Gesù Cristo nostro Dio, la tua venuta è la tua incarnazione? Così vedo, così capisco; o meglio così credo, se è presunzione dire "così capisco". Davvero nostro Signore Gesù Cristo è qui: o meglio, un tempo era qui secondo la carne, adesso è qui secondo la divinità; era col Padre e dal Padre non si è mai allontanato. Quando dunque si dice che è stato mandato ed è venuto in mezzo a noi, ci si riferisce alla sua incarnazione, poiché il Padre non si è incarnato.

[Scilla e Cariddi.]

8. Ci sono degli eretici, chiamati sabelliani e anche patripassiani, i quali sostengono che anche il Padre soffrì la passione. Tu, o cattolico, non essere patripassiano, non saresti nel giusto. Tieni presente che la missione del Figlio consiste nella sua incarnazione; non credere, però, che il Padre si sia incarnato, e non credere neanche che il Padre si sia allontanato dal Figlio incarnato. Il Figlio portava la carne e il Padre era col Figlio. Se il Padre era in cielo e il Figlio in terra, come poteva il Padre essere col Figlio? Perché tanto il Padre che il Figlio erano dovunque: Dio non è in cielo senza essere anche in terra. Ascolta colui che voleva sfuggire al giudizio di Dio e non trovava dove rifugiarsi: Dove andrò, lontano dal tuo spirito, - dice - e dove fuggirò lontano dal tuo cospetto? Se salgo in cielo, là tu ci sei. E siccome si trattava della terra, ascolta ciò che segue: se scenderò nell'inferno, ti ci trovo (Sal 138, 7-8). Se dunque si afferma che si trova anche nell'inferno, che luogo rimane dove non sia? E' Dio stesso che per bocca del profeta dichiara: Io riempio il cielo e la terra (Ger 23, 24). E' dunque dappertutto colui che in nessun luogo può essere circoscritto. Non allontanarti da lui, ed egli sarà sempre con te. Se vuoi raggiungerlo, non essere pigro nell'amarlo; infatti tu corri a lui, non con i piedi, ma con l'affetto del cuore. Andrai a lui rimanendo dove sei, se credi in lui e lo ami. Quindi è dappertutto, e se è dappertutto come può non essere col Figlio? Non sarà col Figlio colui che è anche con te, se credi in lui?

9. In che senso dunque è vero il suo giudizio, se non perché è il vero Figlio di Dio? Egli dice: Anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato, come a dire: il mio giudizio è vero perché sono Figlio di Dio. Come dimostri che sei Figlio di Dio? Perché non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato. Vergognati, sabelliano, stai ascoltando "Figlio" e stai ascoltando "Padre". Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio. Non dice: Io sono il Padre e sono anche il Figlio; ma dice: Io non sono solo. Perché non sei solo? Perché è con me il Padre. Sono io e il Padre che mi ha mandato. Ascolta bene: Sono io e colui che mi ha mandato. Distingui bene le persone, se non vuoi sacrificarne una delle due. Distinguile con l'intelligenza, non separarle con l'incredulità, di modo che fuggendo Cariddi tu non cada in Scilla. Eri come inghiottito nel gorgo dell'empietà dei sabelliani, se sei arrivato a dire che il Padre è la stessa persona del Figlio; adesso hai imparato: Non sono solo - dice il Signore - ma io e il Padre che mi ha mandato. Riconosci che il Padre è il Padre e il Figlio è il Figlio. Renditene conto, ma guardati anche dal dire: il Padre è maggiore e il Figlio è minore; attento a non dire che il Padre è oro e il Figlio è argento. C'è una sola sostanza, una sola divinità, una sola coeternità, perfetta uguaglianza, nessuna diversità. Se solamente crederai che Cristo è altra cosa da ciò che è il Padre, però non della medesima natura, avrai evitato Cariddi, ma finirai negli scogli di Scilla. Naviga nel mezzo, evitando l'una e l'altra costa, ambedue pericolose. Il Padre è il Padre e il Figlio è il Figlio. Se sei arrivato ad ammettere che il Padre è il Padre e il Figlio è il Figlio, sei riuscito ad evitare il gorgo che travolge; e perché allora vuoi andare verso l'altra parte dicendo: una cosa è il Padre e un'altra cosa è il Figlio? E' esatto dire che è un altro, ma è sbagliato dire che è di diversa natura. Infatti il Figlio è un altro, poiché egli non è il Padre; e un altro è il Padre, poiché egli non è il Figlio; non sono tuttavia di natura diversa, perché il Padre e il Figlio sono la medesima natura. Che vuol dire la medesima natura? Vuol dire che sono un solo Dio. Hai sentito: Non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato: ascolta ora come devi credere al Padre e al Figlio. Ascolta lo stesso Figlio: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). Non ha detto: Io sono il Padre, oppure: Io e il Padre è uno solo, ma siccome ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola, tieni conto di ambedue le espressioni: una cosa sola e siamo, e così eviterai Scilla e Cariddi. Con la prima di queste due espressioni, cioè una cosa sola, ti salva da Ario; con la seconda, cioè siamo, ti salva da Sabellio. Se è una cosa sola, vuol dire che non è diverso; dicendo siamo, comprende il Padre e il Figlio. Siamo infatti non si dice di uno solo; e una cosa sola non si dice di cose diverse. E' per questo, dice, che il mio giudizio è vero, perché, a dirla in breve, io sono il Figlio di Dio. Riuscirò a persuaderti chiaramente che io sono Figlio di Dio, e capirai anche che con me è il Padre; non sono un figlio che vive separato dal Padre; non sono qui senza essere con lui; e lui non è lassù senza essere qui con me; ho preso la forma di servo ma non ho perduto la forma di Dio (cf. Fil 2, 7); dunque non sono solo - dice - ma io e il Padre che mi ha mandato.

10. Ha parlato del giudizio, ed ora parla della testimonianza. Nella vostra legge sta scritto - dice - che la testimonianza di due persone è vera. Ora sono io a rendere testimonianza di me stesso, e c'è anche il Padre, che mi ha mandato, a testimoniare di me (Gv 8, 17-18). Avrebbero dovuto tener conto del riferimento alla loro legge; ma erano maldisposti. Quando, o miei fratelli, Dio dice: Un fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o tre testimoni (Dt 19, 5; Mt 18, 16), ci pone un problema grosso e, a mio parere, assai misterioso. Si deve cercare la verità per mezzo di due testimoni? Questa, certo, è la consuetudine del genere umano, anche se può accadere che i due testimoni mentiscano. La casta Susanna fu accusata da due falsi testimoni (cf. Dn 13, 34-62): forse che non erano falsi per il fatto che erano due? Ma perché parliamo di due o tre, quando tutto un popolo mentì contro Cristo (cf. Lc 23, 1)? Ora, se un popolo, formato da una grande moltitudine di persone, si dimostrò falso testimone, come si ha da intendere che la verità dovrà essere stabilita sulla parola di due o tre persone, se non che questa affermazione contiene una misteriosa allusione alla Trinità, in cui si trova la fonte indefettibile della verità? Vuoi ottenere una sentenza favorevole? Procurati la testimonianza di due o tre persone: del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Infatti quando Susanna, donna casta e sposa fedele, era accusata dai due falsi testimoni, la Trinità la difendeva nel segreto della sua coscienza; e fu la Trinità che dal segreto suscitò un testimone in Daniele e convinse i due di falsità. Ora, siccome nella vostra legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera, accettate la nostra testimonianza, se non volete subire il giudizio di condanna. Infatti, io non giudico nessuno - dice il Signore - ma rendo testimonianza a me stesso, cioè rinvio il giudizio, ma non rinvio la testimonianza.

[Invochiamo la testimonianza di Dio.]

11. Contro le accuse degli uomini e le basse insinuazioni del genere umano, prendiamoci come giudice Dio; scegliamo lui, o fratelli, come testimone. Non disdegna di essere testimone colui che è giudice; non riceve una promozione diventando giudice, poiché, essendo ora testimone, sarà anche giudice. E' testimone perché non ha bisogno d'altri per conoscere chi sei. E' giudice perché ha il potere di dare la morte e di donare la vita, di condannare e di assolvere, di precipitare nell'inferno e di innalzare al cielo, di mandarci col diavolo e di incoronarci insieme agli angeli. Avendo questo potere, è giudice. Ma siccome per conoscerti non ha bisogno di testimonianze, colui che allora ti giudicherà ora ti vede. Non potrai ingannarlo quando si metterà a giudicarti. Non potrai ricorrere a falsi testimoni che ingannino quel giudice, quando si metterà a giudicarti. Dio ti dice: quando mi disprezzavi, vedevo; e quando rifiutavi di credere, non sfuggivi al mio giudizio: Io differivo, ma non lo annullavo. Non hai voluto dare ascolto a ciò che ho comandato, subirai ciò che ho predetto. Se invece ascolterai ciò che ti comando, non dovrai subire i mali predetti, ma avrai i beni promessi.

12. Non deve impressionare la frase: Il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato, mentre altrove ha detto: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 22). Già abbiamo discusso su queste parole del Vangelo, ed ora ci limitiamo a ricordarvi che esse non significano affatto che il Padre non sarà insieme con il Figlio a giudicare, ma significano che ai buoni e ai cattivi, convocati per il giudizio, apparirà solo il Figlio, in quella forma nella quale patì e risuscitò e ascese al cielo, secondo l'annuncio dato dagli angeli ai discepoli che contemplavano la sua ascensione: Verrà così come l'avete visto andare in cielo (At 1, 11); cioè verrà per giudicare in quella forma di uomo in cui fu giudicato, affinché si compia la profezia: Vedranno colui che hanno trafitto (Zc 12, 10). Se invece andremo con i giusti alla vita eterna, lo vedremo come egli è, e allora questo non sarà il giudizio dei vivi e dei morti, ma soltanto il premio dei vivi.

13. Né deve fare difficoltà la frase: Nella vostra legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera, quasi si possa pensare che quella non fosse la legge di Dio, non avendo detto "nella legge di Dio" ma nella vostra legge. Si sappia che ha detto nella vostra legge come a dire: nella legge che a voi è stata data. E da chi è stata data, se non da Dio? Allo stesso modo che noi diciamo il nostro pane quotidiano e dacci oggi (Mt 6, 11).


1 - Il Signore dispone di mettere alla prova Maria santissima mentre è a Nazaret e la prepara a nuove grazie.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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712. Gesù, Maria e Giuseppe vennero ad abitare a Nazaret e quella umile e povera abitazione si tramutò in un secondo cielo. Per poter riferire gli arcani misteri che avvennero tra Gesù e la sua purissima Madre fino ai dodici anni di vita e successivamente alla predicazione, sarebbero necessari molti libri. Direi comunque sempre poco per la grandezza ineffabile dell'argomento e per la mia ignoranza. Dirò solo, illuminata dalla gran Signora, qualche cosa, tacendo però nella maggior parte, perché non è possibile né conveniente conoscere tutto in questa vita. Il saper ogni cosa è riservato per la vita eterna in cui abbiamo riposto ogni nostra speranza.

713. Pochi giorni dopo il ritorno dall'Egitto a Nazaret, il Signore decise di mettere alla prova la sua santissima Madre come aveva fatto nel tempo della sua fanciullezza, benché ora ella fosse più salda nell'amore e ripiena di sapienza. La potenza di Dio è infinita e il suo amore divino è immenso, ma anche la capacità della Regina era superiore a quella di tutte le creature, così che il Signore volle sollevarla a maggiore stato di santità e di meriti. Come vero maestro di vita spirituale, volle formare una discepola saggia ed eccellente, la quale fosse poi una perfetta maestra di vita e vivo esempio della dottrina del suo maestro. Fu tale infatti Maria santissima dopo l'ascensione al cielo del suo figlio e Signore nostro. Di questo tratterrò in seguito. Era conveniente e necessario, per l'onore di Cristo nostro redentore, che la dottrina evangelica, con la quale e nella quale voleva fondare la nuova legge di grazia santa e senza macchia né ruga, fosse accreditata nella sua efficacia e virtù in qualche pura creatura nella quale i suoi effetti fossero pienamente compiuti. Questa doveva essere il più possibile perfetta nel suo genere e su di essa si sarebbero regolati e misurati tutti gli altri inferiori. A ragione questa creatura doveva essere la beatissima Maria come madre e più vicina al maestro e Signore della santità.

714. L 'Altissimo, dunque, dispose che la divina Signora fosse la prima discepola della sua scuola e la primogenita della nuova legge di grazia. Maria doveva essere l'immagine perfetta del prototipo divino e la materia preparata convenientemente nella quale, come in molle cera, s'imprimesse il sigillo della sua dottrina e santità. In questo modo Figlio e Madre dovevano formare le due tavole viventi della nuova legge che egli era venuto ad insegnare al mondo. Per conseguire questo altissimo fine, il Signore le manifestò tutti i misteri della dottrina evangelica. Il Redentore del mondo conferì con lei su tutto quanto era accaduto, dal ritorno dall'Egitto sino al tempo della predicazione pubblica, come vedremo nel discorso che segue. Per ben ventitré anni il Verbo incarnato e la sua santissima Madre occuparono il tempo a parlare e a far memoria dei grandi misteri. Gli evangelisti tralasciarono tutto ciò che riguardava la vita di Maria, ad eccezione di quanto successe al bambino Gesù all'età di dodici anni, quando si smarrì, secondo un prestabilito disegno, a Gerusalemme, come riferisce san Luca. In questo tempo Maria santissima fu l'unica discepola del suo unigenito Figlio. Egli, oltre agli ineffabili doni di santità e di grazia, comunicati sino ad allora, le infuse una nuova luce e la fece partecipe della sua divina scienza, imprimendo nel suo cuore la legge di grazia e la dottrina che avrebbe insegnato, fino alla fine del mondo, nella sua Chiesa. Tutto ciò avvenne in modo così sublime che non si può spiegare con la ragione e con le parole: la Regina mantenne un comportamento, dettato dalla saggezza e dalla sapienza, tale da illuminare molti mondi - se vi fossero stati - con il suo insegnamento.

715. Per innalzare questo edificio nel cuore purissimo della sua santissima Madre al di sopra di tutto ciò che non era Dio, lo stesso Signore gettò le fondamenta mettendola alla prova nella fortezza dell'amore e di tutte le virtù. A tal fine le fece provare interiormente la sua assenza ritirandole quella vista ordinaria che le dava continua gioia spirituale. Non voglio dire che il Signore la abbandonò, poiché egli rimase accanto a lei e in lei con il dono di grazie sovrabbondanti e in modo ineffabile; tuttavia si nascose dalla sua vista e sospese gli effetti dolcissimi che ella soleva gustare. Come e perché ciò accadesse, il Signore non glielo manifestò mai. Anche lo stesso figlio e Dio bambino le si mostrò più severo del solito: stava meno vicino a lei perché si ritirava molte volte, e le diceva poche parole con grande severità e austerità. Ma quello che la affliggeva maggiormente era l'eclisse di quel Sole che riverberava come in uno specchio di cristallo nell'umanità santissima, nella quale Maria vedeva le opere della sua purissima anima. Così ella non le poteva più vedere come era abituata, per poter imitare quella viva immagine.

716. Questa nuova e improvvisa realtà fu il crogiuolo nel quale si rinnovò e crebbe di carati l'oro purissimo del santo amore della nostra gran Regina. Meravigliata di questa trasformazione, ricorse subito all'umile concetto che aveva di se stessa, giudicandosi indegna dello sguardo del Signore che si era nascosto. Attribuì la colpa di tutto ciò alla mancanza di gratitudine e alla scarsa corrispondenza per non aver dato all'Altissimo, e Padre delle misericordie, il contraccambio che doveva per i benefici ricevuti dalla sua mano. La prudentissima Signora non si affliggeva per la mancanza dei dolcissimi favori e delle abituali tenerezze del Signore, ma il sospetto di averlo disgustato o di aver mancato in qualche modo nel suo servizio e beneplacito le trapassava il candidissimo cuore con un dardo di dolore. Non sa pensare altro l'amore, quando è vero e nobile, perché tutto è impiegato nella gioia e nel bene del bene che ama. Quando l'amore immagina l'amato privo di questa gioia o lo sospetta timoroso e malcontento, non sa riposare fuori dall'appagamento e dalla compiacenza dell'amato. Queste angosce d'amore della Madre di Dio erano molto gradite al suo Figlio santissimo, perché lo innamoravano sempre di più e in modo nuovo; le tenerezze affettuose della sua unica e diletta gli ferivano il cuore. Servendosi di un accorgimento delicato, quando la dolce Madre lo cercava e voleva parlargli, le si mostrava sempre severo e le nascondeva il suo amore. Per questa misteriosa serietà l'incendio del castissimo cuore della Madre sollevava la fiamma come fornace o rogo ardente colpito da un piccolo getto di acqua.

717. Maria compiva atti eroici di tutte le virtù: si umiliava più della polvere, pregava il suo Figlio santissimo con la più profonda adorazione, lodava il Padre e gli rendeva grazie per le sue opere ammirabili e i suoi benefici, conformandosi alla sua divina disposizione e al suo volere. Scrutava la sua santa e perfetta volontà per adempierla in tutto. Si infiammava nell'amore, nella fede e nella speranza; in tutte le opere e vicende quel nardo fragrantissimo emanava odore di soavità per il Re dei re che riposava nel suo cuore come in un talamo fiorito ed odoroso. Perseverava in continue suppliche e lacrime con gemiti e replicati sospiri dall'intimo del suo cuore; effondeva la sua orazione al cospetto del Signore e gli manifestava la sua tribolazione. E molte volte gli diceva parole d'incomparabile bellezza e di amoroso dolore.

718. Gli diceva: «Creatore di tutto l'universo, Dio eterno ed onnipotente, infinito in sapienza e bontà, incomprensibile nell'essere e nelle perfezioni, ben so che il mio gemito non è nascosto alla vostra sapienza e che conoscete, mio Bene, la ferita che trapassa il mio cuore. Se, come inutile serva, ho mancato nel servirvi e nel corrispondere ai vostri desideri, perché, vita dell'anima mia, non mi affliggete e castigate con tutti i dolori e le pene della vita mortale in cui mi ritrovo, affinché io non veda la severità del vostro volto, che merita chi vi ha offeso? Tutte le tribolazioni per me sarebbero assai meno, ma non soffra il mio cuore nel vedervi sdegnato, perché solo voi, o Signore, siete la mia vita, il mio bene, la mia gloria e il mio tesoro. Il mio cuore non tiene conto delle cose create, né le loro immagini entrarono nell'anima mia, salvo che per magnificare la vostra grandezza e riconoscervi come Signore e creatore di tutto. Dunque, che farò io, mio bene e Signore mio, se viene meno la luce degli occhi miei, lo scopo dei miei desideri, la guida del mio pellegrinaggio, la vita che mi dà esistenza e tutto l'essere che mi alimenta? Chi darà agli occhi miei tante lacrime perché non ho saputo avvalermi dei beni ricevuti, e per essere stata così ingrata nel corrispondervi come dovevo? Signore mio, mia luce, mia guida, mia via e mio maestro, che con le vostre più che perfettissime ed eccellenti opere governate le mie che sono fragili e tiepide, se mi nascondete questo modello, come regolerò la mia vita secondo il vostro volere? Chi mi guiderà sicura in questo oscuro esilio? Che farò? A chi mi rivolgerò, se mi negate la vostra protezione?».

719. La cerva ferita con tutto ciò non riposava, ma, come assetata delle fonti purissime della grazia, ricorreva ancora ai suoi santi angeli e con loro teneva lunghe conversazioni e colloqui, dicendo ad essi: «Principi sovrani e favoriti intimi del supremo Re, amici suoi e miei custodi, per la vostra eterna beatitudine nel vedere sempre il suo divino volto nella luce inaccessibile, io vi prego di dirmi se conserva sdegno contro di me, e per quale ragione. Implorate ancora per me alla sua regale presenza, affinché per le vostre preghiere mi perdoni, se per caso l'ho offeso in qualche cosa. Ricordategli, amici miei, che sono polvere, benché fatta dalle sue mani e segnata con la sua immagine: che non si dimentichi di questa povera sino alla fine, poiché ella umilmente lo loda e lo onora. Pregatelo che dia pace e coraggio al mio timore e vita a chi non l'ha se non lo ama. Ditemi: come potrò piacergli e meritare la grazia di vedere il suo volto?». Gli angeli risposero: «Regina e signora nostra, è molto grande il vostro cuore, perché la tribolazione non lo vinca; nessuno conosce più di voi quanto il Signore sia vicino all'afflitto che lo invoca. Egli, senza dubbio, pone attenzione alla vostra richiesta e non disprezza i vostri amorosi gemiti. Sempre troverete in lui un Padre buono, e nel vostro Unigenito un figlio misericordioso, che con amore vede le vostre lacrime». L'amantissima Madre replicò: «Azzarderò troppo ad avvicinarmi alla sua presenza? Sarò troppo audace nel chiedergli, prostrata, che mi perdoni se in qualche cosa l'ho disgustato? Che farò? Che risposta troverò ai miei timori?». I santi principi risposero nuovamente: «Al nostro Re non dispiace il cuore umile, anzi proprio in esso pone gli occhi del suo amore e mai disprezza le preghiere supplichevoli di chi ama, soprattutto nel momento della prova».

720. I santi angeli consolavano la loro Regina e signora con questi colloqui e con queste rassicurazioni, manifestandole - in termini generali - nelle sue dolcissime angosce il singolare amore e compiacimento dell'Altissimo. E non dicevano di più, perché lo stesso Signore voleva avere in esse le sue delizie. Il suo Figlio santissimo, come vero uomo, le portava un naturale amore come a madre e a madre vergine, e spesso si inteneriva con naturale compassione nel vederla così afflitta e gemente. Tuttavia il tratto severo del suo viso non lasciava trasparire i sentimenti di compassione. Alcune volte l'amantissima Madre lo chiamava perché andasse a mangiare, ma egli o si tratteneva o vi andava senza guardarla e senza rivolgerle una parola. Sebbene in tutte queste occasioni Maria santissima spargesse molte lacrime lasciandogli intendere le amorose angosce del cuore, lo faceva con grande discrezione e ponderazione, con gesti tanto prudenti e colmi di sapienza che, se esistesse presso Dio la meraviglia - come sicuramente non è -, il suo divino Figlio sarebbe stato meravigliato di trovare una tale pienezza di santità e di perfezione in una semplice creatura. Il fanciullo Gesù, come uomo, provava speciale diletto e compiacenza nel vedere così ben impiegati, nella sua Madre vergine, gli effetti della sua grazia e del suo divino amore. I santi angeli gli davano nuova gloria con canti di lode per questo ammirabile ed inaudito prodigio di virtù.

721. Affinché il fanciullo Gesù dormisse e riposasse, l'amorosa Madre gli teneva sempre pronta, con una sola coperta, una predella lavorata dalle mani di san Giuseppe. Infatti dal momento in cui aveva lasciato la culla, quando abitavano in Egitto, non aveva voluto avere altro letto, né sistemazione migliore. Non sempre si serviva di quella predella o si coricava su di essa, ma alcune volte, stando seduto su quel duro legno, appoggiava il capo sopra un povero cuscino di lana che la Madre gli aveva confezionato. Quando la divina Signora aveva voluto dargli un letto migliore, il suo Figlio santissimo le aveva risposto che il letto sul quale si sarebbe dovuto distendere sarebbe stato il talamo della croce, per insegnare al mondo che non si deve giungere all'eterna quiete attraverso le comodità amate da Babilonia, perché nella vita il patire è sollievo. Da quell'istante la divina Signora aveva avuto cura di imitare il Figlio nel modo di riposare. Quando era già notte, Maria, madre di umiltà, aveva l'usanza di prostrarsi dinanzi al suo Figlio santissimo adagiato sulla predella. Lì, ogni notte, lo pregava di perdonarla per non essersi impegnata in quel giorno a servirlo con più attenzione e non essere stata tanto grata ai suoi benefici quanto doveva. Lo ringraziava nuovamente di tutto e lo riconosceva, con molte lacrime, come vero Dio e redentore del mondo; non si alzava da terra sino a che il suo Figlio unigenito non glielo ordinava e la benediva. Al mattino implorava il divino Maestro che le indicasse ciò che durante la giornata avrebbe dovuto operare a suo servizio. Il divino Salvatore faceva ciò con molto amore.

722. Durante questo tempo di dura e severa prova il Figlio si comportò in modo del tutto diverso. Quando la Ma dre si avvicinava per venerarlo e adorarlo, come sempre faceva, benché ella aumentasse le lacrime e i gemiti dall'intimo del cuore, non le rispondeva, solamente l'ascoltava con serietà e le ordinava di andarsene. Non c'è spiegazione che possa far comprendere quali effetti operava nel cuore purissimo e semplice dell'amorosa Madre il vedere suo figlio, Dio e vero uomo, così mutato nell'aspetto, parco nelle parole e diverso esteriormente da come di solito le si mostrava. La divina Signora esaminava interiormente le qualità e le circostanze delle sue azioni, e rivisitava attentamente, con la memoria, il porto celeste della sua anima. Non trovando in essa alcuna tenebra, perché vi erano luce, santità, purezza e grazia, sapendo che come dice Giobbe dinanzi agli occhi di Dio né i cieli né le stelle sono puri, temeva di non conoscere qualche casuale difetto, palese invece al Signore. Questo timore le causava veri e propri deliqui d'amore - poiché l'amore è forte come la morte -, ma in questa nobilissima imitazione il timore, pur ricolmando di sapienza, procura anche indicibili sofferenze. La nostra Regina visse per molti giorni in tale condizione. Mentre il suo Figlio santissimo la metteva alla prova con incomparabile compiacimento, la innalzava allo stato di maestra universale delle creature, ricompensando la fedeltà e la finezza del suo amore con abbondante e copiosa grazia, superiore a quella che già possedeva. Ciò che avvenne poi lo dirò nel capitolo seguente.

 

Insegnamento della Regina del cielo

723. Figlia mia, ti vedo desiderosa di essere discepola del mio Figlio santissimo e so che tale desiderio ti è nato dal comprendere come lo fui io. Ora, per tua consolazione, voglio che tu intuisca e sappia come il Figlio di Dio non esercitò una sola volta il servizio di maestro, né solamente nel tempo in cui in forma umana insegnò la sua dottrina. In verità egli continua la sua missione con le anime e lo farà sino alla fine del mondo, ammonendo ed ispirando loro ciò che è meglio e più santo, affinché lo mettano in pratica. Questo lo fa con tutte, senza eccezione, illuminandole secondo la sua volontà, ed esse riceveranno l'insegnamento secondo la propria disposizione e attenzione. Anche tu avresti potuto approfittare della conoscenza di questa verità, data la tua lunga esperienza. Infatti l'altissimo Signore non disdegna di essere maestro del povero, né di insegnare al disprezzato e al peccatore quando questi vogliono interiormente ascoltare la sua voce. Dal momento che ora desideri sapere quale disposizione sua Maestà voglia trovare in te per esercitare con te l'ufficio di maestro, io voglio dirtelo da parte dello stesso Signore ed assicurare che, se sarai ben disposta, egli porrà abbondantemente nella tua anima, come vero saggio artefice e maestro, la sua sapienza, la sua luce e il suo insegnamento.

724. Innanzitutto devi avere la coscienza limpida, pura, serena, quieta e la sollecitudine continua di non cadere nella colpa o in imperfezione alcuna. Contemporaneamente ti devi separare e allontanare da tutto ciò che è terreno, così che - come altre volte ti ho ammonita - non resti in te immagine o memoria di alcuna cosa umana o visibile, ma soltanto il cuore sincero, sereno e chiaro. Quando interiormente sarai così distaccata e libera dalle tenebre e dalle immagini terrene, volgerai l'attenzione al Signore porgendo l'orecchio a lui come figlia carissima che si scorda del popolo della vana Babilonia, della casa del suo padre Adamo e si libera da tutti i residui della colpa. Ti assicuro che egli ti dirà parole di vita eterna. Ti conviene, allora, ascoltarlo subito con venerazione ed umile riconoscenza, stimando la sua dottrina, eseguendola puntualmente e con diligenza, perché a questo gran Maestro delle anime nulla rimane nascosto. Egli si allontana e si ritira con disgusto quando la creatura è ingrata e negligente nell'obbedirgli e nel gradire un così alto beneficio. Non debbono giudicare le anime che l'allontanarsi di Dio avvenga in loro come avvenne in me, senza mia colpa e per eccessivo amore. Infatti nelle altre creature, limitate da tanti peccati, bassezze, ingratitudini e negligenze, vi sono pena e castigo meritati.

725. Adesso, figlia mia, esamina e considera le tue omissioni e mancanze nello stimare la dottrina e la luce che con particolare insegnamento hai ricevuto dal divino Maestro e dalle mie ammonizioni. Modera ormai i timori sregolati e non essere più dubbiosa se sia veramente il Signore che ti parla e insegna, perché la stessa dottrina rende testimonianza della sua verità e di chi ti ha ammaestrata in quanto è santa, pura, perfetta e senza macchia. Questa scienza insegna il meglio e ti corregge da qualsiasi difetto pur minimo che sia; inoltre ti viene approvata dai tuoi maestri e padri spirituali. Voglio ancora che tu sia sollecita - imitandomi in quello che hai scritto - nel venire da me ogni sera ed ogni mattina, perché io sono la tua maestra. Con umiltà mi dirai le tue colpe riconoscendole con dolore e perfetta contrizione, affinché io interceda per te presso il Signore e come madre possa impetrare per te il suo perdono. Subito dopo aver commesso una colpa o un'imperfezione, riconoscila e versa lacrime senza tardare, chiedendo al Signore il perdono con il desiderio di emendarti. Se riuscirai a mantenerti attenta e fedele in ciò che ti comando, sarai discepola dell'Altissimo e mia come desideri, perché la trasparenza dell'anima e la grazia sono le eminenti e più adeguate disposizioni per ricevere gli influssi della luce divina e della scienza infusa che il Redentore del mondo comunica a quelli che sono suoi veri discepoli.


Split (Jugoslavia), 19 giugno 1982. Festa del Cuore Immacolato di Maria. In voi la Mamma è glorificata.

Don Stefano Gobbi

«Entrate nel rifugio del mio Cuore Immacolato. In questi anni vi ho chiamati da ogni parte del mondo e voi, miei piccoli, avete risposto con generosità e siete entrati nel giardino che la Mamma ha preparato per voi. Avete ascoltato la mia voce ed accolto il mio invito. Ora con voi mi sono formata la schiera vittoriosa. Con quante insidie il mio Avversario ha cercato di impedirvi di rispondere al mio appello angosciato! Non vi è riuscito, perché sono sempre intervenuta a difendere il mio disegno di amore. Così - nonostante tutte le insidie di Satana e le difficoltà incontrate - il mio invito ha raggiunto gli estremi confini della terra. E dai cinque continenti, in grandissimo numero, i miei figli sono accorsi per entrare nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato.

Oggi vi guardo con compiacenza ed amore. In voi la Mamma è glorificata, perché vi posso offrire tutti alla perfetta glorificazione della Santissima Trinità. Così, in questi momenti della ribellione a Dio, attraverso di voi, la Madre può offrire il suo inno di gloria al Signore. Non ai grandi, ai potenti, ai ricchi, ai superbi è stato dato di comprendere la mia Voce e di penetrare il mistero del mio Cuore. È stato concesso ai piccoli, ai poveri, agli umili servi del Signore. Con loro mi sono formata la mia schiera.

Ormai il tempo della preparazione è compiuto. Ora dobbiamo entrare nei momenti conclusivi della battaglia. L'umanità è giunta a vivere le ore sanguinose del grande flagello, che la purificherà con il fuoco, la fame, la devastazione. La Chiesa sarà purificata dal Sangue di Gesù e vostro e dal fuoco dello Spirito Santo e verrà totalmente guarita dalle piaghe dell'infedeltà e dell'ipocrisia, dell'empietà e dell'apostasia. Sono giunti i momenti in cui, dal mondo e dalla Chiesa, deve essere riconosciuto il compito che in questi tempi la Santissima Trinità ha affidato al mio Cuore Immacolato. Tutti vi abbraccio e vi benedico».