Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 32° settimana del tempo ordinario (San Giosafat)
Vangelo secondo Giovanni 20
1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto".14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro!17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto.
19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo;23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.25Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!".28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".
30Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.31Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Secondo libro di Samuele 23
1Queste sono le ultime parole di Davide:
"Oracolo di Davide, figlio di Iesse,
oracolo dell'uomo che l'Altissimo ha innalzato,
del consacrato del Dio di Giacobbe,
del soave cantore d'Israele.
2Lo spirito del Signore parla in me,
la sua parola è sulla mia lingua;
3il Dio di Giacobbe ha parlato,
la rupe d'Israele mi ha detto:
Chi governa gli uomini ed è giusto,
chi governa con timore di Dio,
4è come la luce del mattino
al sorgere del sole,
in un mattino senza nubi,
che fa scintillare dopo la pioggia
i germogli della terra.
5Così è stabile la mia casa davanti a Dio,
perché ha stabilito con me un'alleanza eterna,
in tutto regolata e garantita.
Non farà dunque germogliare
quanto mi salva
e quanto mi diletta?
6Ma gli scellerati sono come spine,
che si buttano via a fasci
e non si prendono con la mano;
7chi le tocca usa un ferro o un'asta di lancia
e si bruciano al completo nel fuoco".
8Questi sono i nomi dei prodi di Davide: Is-Bàal il Cacmonita, capo dei Tre. Egli impugnò la lancia contro ottocento uomini e li trafisse in un solo scontro.9Dopo di lui veniva Eleàzaro figlio di Dodò l'Acochita, uno dei tre prodi che erano con Davide, quando sfidarono i Filistei schierati in battaglia, mentre gli Israeliti si ritiravano sulle alture.10Egli si alzò, percosse i Filistei, finché la sua mano, sfinita, rimase attaccata alla spada. Il Signore concesse in quel giorno una grande vittoria e il popolo seguì Eleàzaro soltanto per spogliare i cadaveri.11Dopo di lui veniva Sammà figlio di Aghè, l'Ararita. I Filistei erano radunati a Lechì; in quel luogo vi era un campo pieno di lenticchie: mentre il popolo fuggiva dinanzi ai Filistei,12Sammà si piantò in mezzo al campo, lo difese e sconfisse i Filistei. E il Signore concesse una grande vittoria.
13Tre dei Trenta scesero al tempo della mietitura e vennero da Davide nella caverna di Adullàm, mentre una schiera di Filistei era accampata nella valle dei Rèfaim.14Davide era allora nella fortezza e c'era un appostamento di Filistei a Betlemme.15Davide espresse un desiderio e disse: "Se qualcuno mi desse da bere l'acqua del pozzo che è vicino alla porta di Betlemme!".16I tre prodi si aprirono un varco attraverso il campo filisteo, attinsero l'acqua dal pozzo di Betlemme, vicino alla porta, la presero e la presentarono a Davide; il quale però non ne volle bere, ma la sparse davanti al Signore,17dicendo: "Lungi da me, Signore, il fare tal cosa! È il sangue di questi uomini, che sono andati là a rischio della loro vita!". Non la volle bere. Questo fecero quei tre prodi.
18Abisài, fratello di Ioab, figlio di Zeruià, fu il capo dei Trenta. Egli impugnò la lancia contro trecento uomini e li trafisse; si acquistò fama fra i trenta.19Fu il più glorioso dei Trenta e perciò fu fatto loro capo, ma non giunse alla pari dei Tre.20Poi veniva Benaià, figlio di Ioiadà, uomo valoroso, celebre per le sue prodezze, oriundo da Cabseèl. Egli uccise i due figli di Arièl, di Moab. Scese anche in mezzo a una cisterna, dove uccise un leone, in un giorno di neve.21Uccise anche un Egiziano, uomo d'alta statura, che teneva una lancia in mano; Benaià gli scese contro con un bastone, strappò di mano all'Egiziano la lancia e lo uccise con la lancia di lui.22Questo fece Benaià figlio di Ioiadà, e si acquistò fama tra i trenta prodi.23Fu il più illustre dei Trenta, ma non giunse alla pari dei Tre. Davide lo ammise nel suo consiglio.24Poi vi erano Asaèl fratello di Ioab, uno dei Trenta; Elcanàn figlio di Dodò, di Betlemme.25Sammà di Caròd; Elikà di Caròd;26Cèles di Pelèt; Ira figlio di Ikkès, di Tekòa;27Abièzer di Ànatot; Mebunnài di Cusà;28Zalmòn di Acòach; Maharai di Netofà;29Chèleb figlio di Baanà, di Netofà; Ittài figlio di Ribài, di Gàbaa di Beniamino; Benaià di Piratòn;30Iddài di Nahale-Gaàs;31Abi-Albòn di Arbàt; Azmàvet di Bacurìm;32Eliacbà di Saalbòn; Iasèn di Gun;33Giònata figlio di Sammà, di Aràr; Achiàm figlio di Saràr, di Afàr;34Elifèlet figlio di Acasbài, il Maacatita; Eliàm figlio di Achitòfel, di Ghilo;35Chesrài del Carmelo; Paarài di Aràb;36Igàl figlio di Natàn, da Zobà; Banì di Gad;37Zèlek l'Ammonita; Nacrai da Beeròt, scudiero di Ioab, figlio di Zeruià;38Irà di Ièter; Garèb di Ièter;39Uria l'Hittita. In tutto trentasette.
Proverbi 8
1La Sapienza forse non chiama
e la prudenza non fa udir la voce?
2In cima alle alture, lungo la via,
nei crocicchi delle strade essa si è posta,
3presso le porte, all'ingresso della città,
sulle soglie degli usci essa esclama:
4"A voi, uomini, io mi rivolgo,
ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.
5Imparate, inesperti, la prudenza
e voi, stolti, fatevi assennati.
6Ascoltate, perché dirò cose elevate,
dalle mie labbra usciranno sentenze giuste,
7perché la mia bocca proclama la verità
e abominio per le mie labbra è l'empietà.
8Tutte le parole della mia bocca sono giuste;
niente vi è in esse di fallace o perverso;
9tutte sono leali per chi le comprende
e rette per chi possiede la scienza.
10Accettate la mia istruzione e non l'argento,
la scienza anziché l'oro fino,
11perché la scienza vale più delle perle
e nessuna cosa preziosa l'uguaglia".
12Io, la Sapienza, possiedo la prudenza
e ho la scienza e la riflessione.
13Temere il Signore è odiare il male:
io detesto la superbia, l'arroganza,
la cattiva condotta e la bocca perversa.
14A me appartiene il consiglio e il buon senso,
io sono l'intelligenza, a me appartiene la potenza.
15Per mezzo mio regnano i re
e i magistrati emettono giusti decreti;
16per mezzo mio i capi comandano
e i grandi governano con giustizia.
17Io amo coloro che mi amano
e quelli che mi cercano mi troveranno.
18Presso di me c'è ricchezza e onore,
sicuro benessere ed equità.
19Il mio frutto val più dell'oro, dell'oro fino,
il mio provento più dell'argento scelto.
20Io cammino sulla via della giustizia
e per i sentieri dell'equità,
21per dotare di beni quanti mi amano
e riempire i loro forzieri.
22Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, fin d'allora.
23Dall'eternità sono stata costituita,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
24Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;
25prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io sono stata generata.
26Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,
né le prime zolle del mondo;
27quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull'abisso;
28quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell'abisso;
29quando stabiliva al mare i suoi limiti,
sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia;
quando disponeva le fondamenta della terra,
30allora io ero con lui come architetto
ed ero la sua delizia ogni giorno,
dilettandomi davanti a lui in ogni istante;
31dilettandomi sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.
32Ora, figli, ascoltatemi:
beati quelli che seguono le mie vie!
33Ascoltate l'esortazione e siate saggi,
non trascuratela!
34Beato l'uomo che mi ascolta,
vegliando ogni giorno alle mie porte,
per custodire attentamente la soglia.
35Infatti, chi trova me trova la vita,
e ottiene favore dal Signore;
36ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso;
quanti mi odiano amano la morte".
Salmi 55
1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.'
'Di Davide.'
2Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
non respingere la mia supplica;
3dammi ascolto e rispondimi,
mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
4al grido del nemico, al clamore dell'empio.
Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.
5Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
6Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.
7Dico: "Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
8Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
9Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano".
10Disperdili, Signore,
confondi le loro lingue:
ho visto nella città violenza e contese.
11Giorno e notte si aggirano
sulle sue mura,
12all'interno iniquità, travaglio e insidie
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
13Se mi avesse insultato un nemico,
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario,
da lui mi sarei nascosto.
14Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente;
15ci legava una dolce amicizia,
verso la casa di Dio camminavamo in festa.
16Piombi su di loro la morte,
scendano vivi negli inferi;
perché il male è nelle loro case,
e nel loro cuore.
17Io invoco Dio
e il Signore mi salva.
18Di sera, al mattino, a mezzogiorno mi lamento e sospiro
ed egli ascolta la mia voce;
19mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono:
sono tanti i miei avversari.
20Dio mi ascolta e li umilia,
egli che domina da sempre.
Per essi non c'è conversione
e non temono Dio.
21Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
22Più untuosa del burro è la sua bocca,
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole,
ma sono spade sguainate.
23Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli.
24Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni.
Ma io, Signore, in te confido.
Michea 7
1Ahimè! Sono diventato
come uno spigolatore d'estate,
come un racimolatore dopo la vendemmia!
Non un grappolo da mangiare,
non un fico per la mia voglia.
2L'uomo pio è scomparso dalla terra,
non c'è più un giusto fra gli uomini:
tutti stanno in agguato
per spargere sangue;
ognuno da' la caccia con la rete al fratello.
3Le loro mani son pronte per il male;
il principe avanza pretese,
il giudice si lascia comprare,
il grande manifesta la cupidigia
e così distorcono tutto.
4Il migliore di loro non è che un pruno,
il più retto una siepe di spine.
Il giorno predetto dalle tue sentinelle,
il giorno del castigo è giunto,
adesso è la loro rovina.
5Non credete all'amico,
non fidatevi del compagno.
Custodisci le porte della tua bocca
davanti a colei che riposa vicino a te.
6Il figlio insulta suo padre,
la figlia si rivolta contro la madre,
la nuora contro la suocera
e i nemici dell'uomo
sono quelli di casa sua.
7Ma io volgo lo sguardo al Signore,
spero nel Dio della mia salvezza,
il mio Dio m'esaudirà.
8Non gioire della mia sventura,
o mia nemica!
Se son caduta, mi rialzerò;
se siedo nelle tenebre,
il Signore sarà la mia luce.
9Sopporterò lo sdegno del Signore
perché ho peccato contro di lui,
finché egli tratti la mia causa
e mi renda ragione,
finché mi faccia uscire alla luce
e io veda la sua giustizia.
10La mia nemica lo vedrà
e sarà coperta di vergogna,
lei che mi diceva:
"Dov'è il Signore tuo Dio?".
I miei occhi gioiranno nel vederla
calpestata come fango della strada.
11È il giorno in cui le tue mura
saranno riedificate;
in quel giorno più ampi saranno i tuoi confini;
12in quel giorno si verrà a te
dall'Assiria fino all'Egitto,
dall'Egitto fino all'Eufrate,
da mare a mare, da monte a monte.
13La terra diventerà un deserto
a causa dei suoi abitanti,
a motivo delle loro azioni.
14Pasci il tuo popolo con la tua verga,
il gregge della tua eredità,
che sta solitario nella foresta
in mezzo ai giardini;
pascolino in Basàn e in Gàlaad
come nei tempi antichi.
15Come quando sei uscito dall'Egitto,
mostraci cose prodigiose.
16Vedranno le genti e resteranno deluse
di tutta la loro potenza.
Si porranno la mano sulla bocca,
i loro orecchi ne resteranno assorditi.
17Leccheranno la polvere come il serpente,
come i rettili della terra;
usciranno tremanti dai loro nascondigli,
trepideranno e di te avranno timore.
18Qual dio è come te,
che toglie l'iniquità e perdona il peccato
al resto della sua eredità;
che non serba per sempre l'ira,
ma si compiace d'usar misericordia?
19Egli tornerà ad aver pietà di noi,
calpesterà le nostre colpe.
Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.
20Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà,
ad Abramo la tua benevolenza,
come hai giurato ai nostri padri
fino dai tempi antichi.
Apocalisse 18
1Dopo ciò, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere e la terra fu illuminata dal suo splendore.
2Gridò a gran voce:
"È caduta, è caduta
Babilonia la grande
ed è diventata covo di demòni,
carcere di ogni spirito immondo,
carcere d'ogni uccello impuro e aborrito
e carcere di ogni bestia immonda e aborrita.
3Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino
della sua sfrenata prostituzione,
i re della terra si sono prostituiti con essa
e i mercanti della terra si sono arricchiti
del suo lusso sfrenato".
4Poi udii un'altra voce dal cielo:
"Uscite, popolo mio, da Babilonia
per non associarvi ai suoi peccati
e non ricevere parte dei suoi flagelli.
5Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo
e Dio si è ricordato delle sue iniquità.
6Pagatela con la sua stessa moneta,
retribuitele il doppio dei suoi misfatti.
Versatele doppia misura nella coppa con cui mesceva.
7Tutto ciò che ha speso per la sua gloria e il suo lusso,
restituiteglielo in tanto tormento e afflizione.
Poiché diceva in cuor suo:
Io seggo regina,
vedova non sono e lutto non vedrò;
8per questo, in un solo giorno,
verranno su di lei questi flagelli:
morte, lutto e fame;
sarà bruciata dal fuoco,
poiché potente Signore è Dio
che l'ha condannata".
9I re della terra che si sono prostituiti e han vissuto nel fasto con essa piangeranno e si lamenteranno a causa di lei, quando vedranno il fumo del suo incendio,10tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti e diranno:
"Guai, guai, immensa città,
Babilonia, possente città;
in un'ora sola è giunta la tua condanna!".
11Anche i mercanti della terra piangono e gemono su di lei, perché nessuno compera più le loro merci:12carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo;13cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, cocchi, schiavi e vite umane.
14"I frutti che ti piacevano tanto,
tutto quel lusso e quello splendore
sono perduti per te,
mai più potranno trovarli".
15I mercanti divenuti ricchi per essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e gemendo, diranno:
16"Guai, guai, immensa città,
tutta ammantata di bisso,
di porpora e di scarlatto,
adorna d'oro,
di pietre preziose e di perle!
17In un'ora sola
è andata dispersa sì grande ricchezza!".
Tutti i comandanti di navi e l'intera ciurma, i naviganti e quanti commerciano per mare se ne stanno a distanza,18e gridano guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai somigliante all'immensa città?".19Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono:
"Guai, guai, immensa città,
del cui lusso arricchirono
quanti avevano navi sul mare!
In un'ora sola fu ridotta a un deserto!
20Esulta, o cielo, su di essa,
e voi, santi, apostoli, profeti,
perché condannando Babilonia
Dio vi ha reso giustizia!".
21Un angelo possente prese allora una pietra grande come una mola, e la gettò nel mare esclamando:
"Con la stessa violenza sarà precipitata
Babilonia, la grande città
e più non riapparirà.
22La voce degli arpisti e dei musici,
dei flautisti e dei suonatori di tromba,
non si udrà più in te;
ed ogni artigiano di qualsiasi mestiere
non si troverà più in te;
e la voce della mola
non si udrà più in te;
23e la luce della lampada
non brillerà più in te;
e voce di sposo e di sposa
non si udrà più in te.
Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra;
perché tutte le nazioni dalle tue malìe furon sedotte.
24In essa fu trovato il sangue dei profeti e dei santi
e di tutti coloro che furono uccisi sulla terra".
Capitolo XXII: La meditazione della miseria umana
Leggilo nella Biblioteca1. Dovunque tu sia e dovunque ti volga, sei sempre misera cosa; a meno che tu non ti volga tutto a Dio. Perché resti turbato quando le cose non vanno secondo la tua volontà e il tuo desiderio? Chi è colui che tutto ha secondo il suo beneplacito? Non io, non tu, né alcun altro su questa terra. Non c'è persona al mondo, anche se è un re o un papa, che non abbia qualche tribolazione o afflizione. E chi è dunque che ha la parte migliore? Senza dubbio colui che è capace di sopportare qualche male per amore di Dio. Dice molta gente, debole e malata nello spirito: guarda che vita beata conduce quel tale; come è ricco e grande, come è potente e come è salito in alto! Ma, se poni mente ai beni eterni, vedrai che tutte queste cose passeggere sono un nulla, anzi qualcosa di molto insicuro e particolarmente gravoso, giacché le cose temporali non si possono avere senza preoccupazioni e paure. Per la felicità non occorre che l'uomo possieda beni terreni in sovrabbondanza; basta averne una modesta quantità, giacché la vita di quaggiù è veramente una misera cosa. Quanto più uno desidera elevarsi spiritualmente, tanto più la vita presente gli appare amara, perché constata pienamente le deficienze dovute alla corrotta natura umana. Invero mangiare, bere, star sveglio, dormire, riposare, lavorare, e dover soggiacere alle altre necessità che ci impone la nostra natura, tutto ciò, in realtà, è una miseria grande e un dolore per l'uomo religioso; il quale amerebbe essere sciolto e libero da ogni peccato. In effetti l'uomo che vive interiormente si sente schiacciato, come sotto un peso, dalle esigenze materiali di questo mondo; ed è perciò che il profeta prega fervorosamente di essere liberato, dicendo: "Signore, toglimi da queste necessità" (Sal 24,17).
2. Guai a quelli che non riconoscono la loro miseria. Guai, ancor più, a quelli che amano questa vita miserabile e destinata a finire; una vita alla quale tuttavia certa gente - anche se, lavorando o elemosinando, mette insieme appena appena il necessario - si abbarbica, come se potesse restare quaggiù in eterno, senza darsi pensiero del regno di Dio. Gente pazza, interiormente priva di fede; gente sommersa dalle cose terrene, tanto da gustare solo ciò che è materiale. Alla fine, però, constateranno, con pena, quanto poco valessero - anzi come fossero un nulla - le cose che avevano amato. Ben diversamente, i santi di Dio, e tutti i devoti amici di Cristo; essi non andavano dietro ai piaceri del corpo o a ciò che rende fiorente questa vita mortale. La loro anelante tensione e tutta la loro speranza erano per i beni eterni; il loro desiderio - per non essere tratti al basso dall'attaccamento alle cose di quaggiù - si elevava interamente alle cose invisibili, che non vengono meno. O fratello, non perdere la speranza di progredire spiritualmente; ecco, ne hai il tempo e l'ora. Perché, dunque, vuoi rimandare a domani il tuo proposito? Alzati, e comincia all'istante, dicendo: è questo il momento di agire; è questo il momento di combattere; è questo il momento giusto per correggersi. Quando hai dolori e tribolazioni, allora è il momento per farti dei meriti. Giacché occorre che tu passi attraverso il "fuoco e l'acqua" prima di giungere nel refrigerio (Sal 65,12). E se non farai violenza a te stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né vivere senza molestie e dolori. Ben vorremmo aver tregua da ogni miseria; ma avendo perduto, a causa del peccato, la nostra innocenza, abbiamo perduto quaggiù anche la vera felicità. Perciò occorre che manteniamo in noi una ferma pazienza, nell'attesa della misericordia divina, "fino a che sia scomparsa l'iniquità di questo mondo" (Sal 56,2) e le cose mortali "siano assunte dalla vita eterna" (2Cor 5,4).
3. Tanto è fragile la natura umana che essa pende sempre verso il vizio. Ti accusi oggi dei tuoi peccati e domani commetti di nuovo proprio ciò di cui ti sei accusato. Ti proponi oggi di guardarti dal male, e dopo un'ora agisci come se tu non ti fossi proposto nulla. Ben a ragione, dunque, possiamo umiliarci; né mai possiamo avere alcuna buona opinione di noi stessi, perché siamo tanto deboli e instabili. Inoltre, può andare rapidamente perduto per negligenza ciò che a stento, con molta fatica, avevamo alla fine raggiunto, per grazia di Dio. E che cosa sarà di noi alla fine, se così presto ci prende la tiepidezza? Guai a noi, se pretendessimo di riposare tranquillamente, come se già avessimo raggiunto pace e sicurezza, mentre, nella nostra vita, non si vede neppure un indizio di vera santità. Occorrerebbe che noi fossimo di nuovo plasmati, quasi in un buon noviziato, a una vita irreprensibile; in tal modo potremo sperare di raggiungere un certo miglioramento e di conseguire un maggior profitto spirituale.
DISCORSO 103 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI LC 10, 38-42: "E UNA DONNA DI NOME MARTA LO RICEVETTE NELLA SUA CASA" ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaBisogna tendere a un'unica meta.
1. 1. Le parole di nostro Signore Gesù Cristo che sono state lette poc'anzi dal Vangelo ci richiamano alla mente ch'esiste una misteriosa unità alla quale dobbiamo tendere quando ci affatichiamo nella molteplicità delle cose di questo mondo. A questa mèta noi tendiamo mentre siamo ancora pellegrini e non ancora arrivati nella stabile dimora, mentre siamo ancora in cammino e non ancora nella patria, ancora spinti dal desiderio, non ancora nel godimento. Dobbiamo però tendervi alacremente e incessantemente, per giungervi finalmente un bel giorno.
Cristo si degna di farsi nutrire.
1. 2. Marta e Maria erano due sorelle germane non solo riguardo alla nascita ma anche alla loro pietà; tutt'e due erano legate da grande affetto al Signore, tutt'e due servivano il Signore, presente col suo corpo, in perfetto accordo di sentimenti. Marta lo accolse come si è soliti accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il Salvatore come inferma, il Creatore come creatura. Lo accolse per nutrirlo nella carne, mentre era lei che doveva essere nutrita nello spirito. Il Signore infatti volle prendere la natura di servo ed essere nutrito in questa natura dai servi, per condiscendenza, non per esigenza. Poiché fu una condiscendenza anche quella di offrirsi per essere nutrito. Aveva sì un corpo con cui sentiva fame e sete, ma non sapete che quando nel deserto egli ebbe fame andarono a servirlo gli angeli 1? Il fatto dunque che volle essere nutrito, fu un dono da lui concesso a chi lo nutriva. Che c'è quindi da stupirsi che anche ad una vedova concesse di nutrire il santo profeta Elia, ch'egli prima nutriva procurandogli il cibo per mezzo d'un corvo 2? Si era forse trovato nell'impossibilità di nutrirlo quando lo mandò da una vedova? Per nulla affatto, ma aveva stabilito di benedire una pia vedova per il servizio da lei reso al proprio servo. Così dunque fu accolto come ospite il Signore ch'è venuto tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio 3; in tal modo ha adottato dei servi rendendoli fratelli, ha riscattato dei prigionieri costituendoli suoi coeredi. Nessuno di voi però osi esclamare: "Felici coloro che hanno meritato d'accogliere Cristo nella propria casa!". Non affliggerti, non recriminare d'esser nato in un tempo in cui non puoi vedere più il Signore nel suo corpo: non ti ha privato di questo onore, poiché egli assicura: Ogni volta che avete fatto qualcosa a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me 4.
Ambedue buone le occupazioni di Marta e di Maria, ma migliore quella di Maria.
2. 3. Accontentiamoci per il momento di aver detto queste cose a proposito del nutrimento corporeo ricevuto dal Signore e di quello spirituale dato in cambio da lui; veniamo ora all'argomento che ho proposto, quello cioè riguardante l'unità. Marta, mettendo in ordine la casa e preparando da mangiare per il Signore, era molto indaffarata. Sua sorella Maria invece preferì d'essere nutrita dal Signore. Abbandonò in certo qual modo la sorella affannata in molte faccende, si pose a sedere ai piedi del Signore e senza occuparsi d'altro ascoltava le sue parole. Essa con vivissimo spirito di fede aveva ascoltato: Riposatevi e sappiate che io sono il signore 5. L'una si agitava, l'altra desinava; l'una era occupata in molte cose, l'altra era intenta a una sola cosa. Ambedue le occupazioni erano buone, ma tuttavia che bisogno avremmo di dire qual era migliore? Abbiamo uno a cui possiamo domandarlo; ascoltiamolo insieme. Già quando veniva letto il Vangelo abbiamo sentito che cosa sia meglio; ascoltiamolo di nuovo mentre io ve lo ricordo. Marta ricorre all'ospite come ad un arbitro, depone ai piedi del giudice il reclamo con il quale si lamenta affettuosamente che la sorella l'abbia lasciata sola e abbia trascurato d'aiutarla nelle faccende faticose del suo servizio. Maria non risponde nulla, pur trovandosi lì presente, ma il Signore pronuncia la sentenza. Si direbbe ch'essa, per non interrompere il suo riposo, preferì affidare la propria discolpa al giudice e non volle affaticarsi nemmeno a preparare una risposta! Se infatti avesse preparato le parole di risposta, avrebbe allentato la tensione con cui ascoltava. Rispose dunque il Signore, lui che non si affaticava a parlare poiché egli era la Parola. Che disse dunque? Marta, Marta! La ripetizione del nome è un indizio dell'affetto che portava o forse un mezzo per eccitare in lei una maggiore attenzione; perché ascoltasse più attentamente fu chiamata due volte: Marta, Marta, ascolta: Tu sei occupata in troppe faccende, ma d'una sola cosa c'è bisogno 6, cioè una sola cosa è necessaria. Quell'opus non significa una sola opera, come se si trattasse d'una unica opera, ma opus est vuol dire "è d'uopo", "è utile", "è necessaria" l'unica opera ch'era stata scelta da Maria.
La sola cosa necessaria.
3. 4. Fissate dunque, o miei fratelli, il vostro pensiero su quest'unità e riflettete: nella molteplicità stessa delle cose vi piace qualcosa che non sia l'unità? Ecco, per grazia di Dio quanti siete qui radunati! Ma chi potrebbe sopportarvi se non aveste l'unità dei medesimi sentimenti? D'onde viene una così gran pace in un sì gran numero di persone? Ammettiamo che ci sia l'unità e ci sarà un popolo; sopprimiamola e non ci sarà che una turba. Che cos'è infatti una turba, se non una moltitudine turbata? Ma udite l'Apostolo: Io però vi scongiuro, fratelli. Parlava a molte persone, ma di tutte voleva fare una sola cosa. Ma io vi scongiuro, fratelli, che tutti diciate la medesima cosa e non ci siano tra voi divisioni ma siate completamente d'accordo: abbiate i medesimi sentimenti e le medesime convinzioni 7. E in un altro passo dice: Siate unanimi, abbiate i medesimi sentimenti, non fate nulla per invidia o per vanagloria 8. Anche il Signore, rivolto al Padre, dice dei suoi discepoli: Siano una sola cosa come anche noi siamo una sola cosa 9. Inoltre negli Atti degli Apostoli è detto: La comunità dei credenti era un'anima sola e un cuore solo 10. Magnificate dunque il Signore con me ed esaltiamo insieme il suo nome 11. Poiché una sola cosa è necessaria, l'unità celeste mediante la quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono una sola cosa. Vedete come ci viene raccomandata l'unità. Il nostro Dio è certamente la Trinità. Il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio, ma lo Spirito di tutti e due; e tuttavia queste tre realtà non sono tre dèi, né tre onnipotenti, ma un solo Dio onnipotente, la stessa Trinità è un solo Dio; poiché una sola cosa è necessaria. Ma non potremo giungere a questa unità se, pur essendo molti, non avremo un cuor solo.
Buona l'occupazione di Marta, ma migliore quella di Maria.
4. 5. Buone sono le opere fatte a favore dei poveri, e soprattutto i servigi dovuti e le cure religiose per i fedeli servi di Dio. Sono servizi che si rendono per un dovere, non per un favore, poiché l'Apostolo afferma: Se noi abbiamo seminato per voi beni spirituali, è forse qualcosa di straordinario se raccogliamo da voi beni materiali? 12. Sono occupazioni buone, vi esortiamo a compierle e con la parola di Dio cerchiamo di farvi crescere nella carità: non siate riluttanti a ospitare i fedeli servi di Dio. Alle volte alcuni, senza sapere chi accoglievano, ospitarono degli angeli 13. Buone sono queste occupazioni; migliore tuttavia quella scelta da Maria; la prima infatti comporta l'affaccendarsi per necessità, la seconda apporta la dolcezza derivante dalla carità. Quando uno vuol rendere un servizio desidera far fronte all'impegno, ma alle volte non ci riesce; si va a cercare ciò che manca, si prepara ciò che si ha a portata di mano; ma l'animo è diviso e inquieto. Se infatti Marta avesse potuto bastare alla bisogna, non avrebbe chiesto l'aiuto della sorella. Le occupazioni sono molte e svariate; poiché sono materiali e temporali: anche se sono buone, sono transitorie. Che dice dunque il Signore a Marta? Maria si è scelta la parte migliore 14. Tu hai scelto la parte che non è cattiva, ma lei ha scelto quella migliore. Ascolta perché è migliore: perché nessuno gliela porterà via. A te sarà portato via un giorno il peso della necessità, mentre eterna è la dolcezza della verità. Non le sarà tolta la parte che si è scelta; non le sarà tolta ma accresciuta. In questa vita infatti le sarà aumentata, le sarà resa perfetta nell'altra vita, ma non le sarà tolta giammai.
Il servizio di Marta tende al riposo di Maria.
5. 6. Tu al contrario, o Marta, sia detto con tua buona pace, tu, già benedetta per il tuo encomiabile servizio, come ricompensa per questa tua fatica domandi il riposo. Ora tu sei occupata in molte faccende, vuoi ristorare dei corpi mortali, sia pure di persone sante, ma quando sarai giunta alla patria, vi troverai forse pellegrini da accogliere come ospiti? Vi troverai forse affamati cui spezzare il pane? Assetati cui dar da bere? Malati da visitare? Litigiosi da mettere d'accordo? Morti da seppellire? Lì non ci sarà nulla di tutto ciò. E allora che cosa ci sarà? Ciò che ha scelto Maria; lì saremo nutriti, non daremo da mangiare. Lassù quindi vi sarà completo e perfetto ciò che Maria ha scelto quaggiù; raccoglieva le briciole da quella ricca mensa, cioè dalla parola del Signore. Orbene, volete sapere quel che vi sarà lassù? Il Signore stesso afferma dei suoi servi: Io vi assicuro che li farà mettere a tavola e passerà lui stesso a servirli 15. "Stare a tavola" che vuol dire, se non stare in ozio, se non riposare? Che vuol dire: Passerà lui stesso a servirli? Prima passerà e così servirà. Ma dove? Nel banchetto celeste del quale dice: Io vi assicuro che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e staranno a tavola con Abramo, con Isacco, e con Giacobbe nel regno dei cieli 16. Lassù il Signore ci ristorerà, ma prima passerà da questa terra. Come infatti sapete, "Pasqua" significa "passaggio". Il Signore è venuto, ha compiuto prodigi divini, ha sofferto patimenti umani. Viene ancora forse coperto di sputi? viene forse ancora schiaffeggiato? coronato di spine? flagellato? crocifisso? trafitto dalla lancia? È passato. Per conseguenza anche il Vangelo dice così quando il Signore fece la Pasqua con i suoi discepoli. Che dice il Vangelo? Essendo giunto il momento che Gesù doveva passare da questo mondo per tornare al Padre 17. Egli dunque è passato, per ristorarci: cerchiamo di seguirlo, per essere ristorati.
1 - Cf Mt 4, 11.
2 - Cf. 1 Re 17, 6. 9 ss.
3 - Cf. Gv 1, 11-12.
4 - Mt 25, 40.
5 - Sal 45, 11.
6 - Lc 10, 41.
7 - 1 Cor 1, 10.
8 - Fil 2, 2-3.
9 - Gv 17, 22.
10 - At 4, 32.
11 - Sal 33, 4.
12 - 1 Cor 9, 11.
13 - Eb 13, 2.
14 - Lc 10, 41.
15 - Lc 12, 37.
16 - Mt 8, 11.
17 - Gv 13, 1.
ANNO 1919
Il diario di Santa Teresa di Los Andes - Santa Teresa di Los Andes
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Suora del Sacro Cuore o Carmeiltana?
1 gennaio 1919. Ho molta pena nel vedere l'oblio nel quale vivono gli uomini in rapporto a Dio. Essi vivono in una gioia sfrenata, nell'offendere, senza pensare che ogni anno che passa l'ora della loro morte si avvicina. Ho molti dubbi sulla mia vocazione. Dubbi se essere del Sacro Cuore o Carmelitana. Ho parlato con la Madre vicaria. Lei mi ha esposto in modo particolareggiato la regola del Sacro Cuore. Lei mi ha riassunto così: una vita mista di azione ed orazione; molta vita interiore perché loro devono possedere Dio in loro stesse, donarlo alle anime, ma dimorare sempre in lui. Esse hanno cinque ore di preghiera, contando l'esame e l'ufficio. La loro vita è una preghiera continua. In effetti perché la loro opera porti dei frutti nelle anime, loro devono ricorrere a Dio in ogni istante. Il loro obbiettivo principale è di glorificare il Sacro Cuore e per mezzo suo salvare molte anime. Loro le salvano con un'abnegazione continua. Si sacrificano per queste anime dal mattino alla sera. Si consacrano all'istruzione delle fanciulle ricche e povere. Mi hanno proposto anche la congregazione dei Figli di Maria e la Scuola Normale. Devono vivere nel mondo ma si devono comportare come religiose, come crocifisse per lui. Sanno che il conforto esiste ma non lo possiedono. Non hanno un convento proprio. La loro patria è il mondo intero. Possono essere inviate negli altri paesi del mondo senza che loro conoscano la lingua o la gente del posto.
Questa vita di immolazione mi attira molto; ma il Carmelo mi si presenta con tutte le attrattive che possono soddisfare la mia anima. In più Nostro Signore mi ha dichiarato tante volte che sarò Carmelitana. E quando sono in preghiera Nostro Signore mi ha detto che ha scelto per me questa via perfetta e così unita a lui perché tra le scelte del suo Cuore divino, egli mi ama molto. Egli ha detto a Maddalena che lei aveva scelto la parte migliore, benché Marta l'avesse servito con amore. La Santissima Vergine, mia Madre, fu una Carmelitana perfetta. Lei l'ha sempre vegliato, contemplato, ed amato. Nostro Signore ha vissuto trenta anni della sua vita nel silenzio, e nella preghiera ed ha consacrato solo gli ultimi tre anni della sua vita alla evangelizzazione. La vita della Carmelitana consiste nell'amare, contemplare e soffrire. Lei vive sola con il suo Dio. Tra lei e Lui non ci sono le creature, non c'è il mondo, non c'è nulla, perché la sua anima raggiunge la pienezza dell'amore, lei si fonde con la Divinità, ed è attirata dalla perfezione per la contemplazione e la sofferenza. Lei non contempla che Dio e come gli angeli nel cielo, intona le lodi all'Essere per eccellenza. La solitudine, l'allontanamento da tutto ciò che è terrestre, la povertà nella quale ella vive sono degli elementi che favoriscono la contemplazione di Dio Amore. Infine, la sofferenza la purifica intensamente. La Carmelitana soffre in silenzio le angosce dello spirito che sono o possono essere orribili quanto quelle del corpo. Gesù Cristo, nella sua passione non si è lamentato una sola volta; ma quando la sua anima ha sofferto il peso della passione, non ha potuto non dire 'ta mia anima è triste fino alla morte. Padre, se ciò èpossibile, che questo calice si allontani da me, però non la mia volontà sia fatta ma la tua"2 Quale deve essere il dolore che prova nello spirito perché l'Uomo dei dolori dica che quella sola sofferenza sarebbe sufficiente per poterlo fare morire.
Un'altra volta, Gesù grida sulla croce: "Padre mio perché mi hai abbandonato?". La Carmelitana si vede spesso circondata dalle tenebre che hanno circondato il suo Bene amato. Si vede abbandonata, rifiutata. Per un'anima che ha tutto abbandonato, per servire Dio che lei ama, c'è una sofferenza più grande di quella di vedersi sola senza di lui? la Carmelitana non ha distrazioni che possono distoglierla dal suo dolore. Lei vive per lui e niente le può fare dimenticare la sua pena, nemmeno un istante. Lei è nella solitudine.
Ella soffre nella sua volontà: si sforza di spogliarsi di se stessa per divinizzarsi. Non deve più volere perché mai più farà ciò che le piace. Lascia per Dio le cose che ha più amato nella vita. Non potrà più accarezzare perché la grata la tiene separata, soffre nel suo corpo per le austerità alle quali si sottomette. Soffre la fame ed il freddo. Spesso si offre a Dio come vittima per le anime, e Dio l'accetta e le fa soffrire malattie orribili che i medici non riescono a guarire. Ma quale gioia esprime il suo viso, che pace traspare dalle sue azioni! È proiettata in un'atmosfera divina. Ugualmente, quando si sente debole di fronte alle penitenze, quando è abbattuta da questa vita piena di sacrifici, e di solitudine, reagisce con la gioia. Lo sa prima di entrare in Monastero, e, perciò ha scelto la croce. La Carmelitana è povera. Non possiede niente. Deve lavorare per vivere. Il suo letto è una tavola dileguo. Il suo abito è ruvido. Non ha una sedia per sedersi. Il suo cibo non è ricercato e poco abbondante4. Ma lei ama e l'amore la arricchisce, la dona al suo Dio. Ma perché nàsce in fondo alla mia anima questa attrazione per la sofferenza? È perché amo. La mia anima desidera la croce perché su di essa c'è Gesù.
Il viaggio a Los Andes
11 gennaio 1919. Non ho parole per esprimere la mia riconoscenza al mio Gesù. Egli è troppo buono; mi anniento davanti ai suoi favori. Mi abbandono nelle sue braccia. Mi lascio guidare perché sono cieca e lui è la mia luce. Sono il soldato che obbedisce al suo capitano. Sono il suo soldato. Non sono niente. Lui è tutto. Oh! l'anima che mette la sua speranza in lui deve essere senza timori. Egli è il vincitore di tutti gli ostacoli, di tutte le difficoltà. Il viaggio a Los Andes mi sembrava impossibile; lo confido a Nostro Signore. Se lui lo vuole va bene; se no va bene lo stesso. I dubbi aumentavano in giorno in giorno. I miei problemi sono così grandi che non so cosa mi succede, ed ecco che tutti i bambini partono per la campagna con papà così tutto si aggiustò in modo che si poté andare con mamma che ebbe la bontà di condurmi. Noi partiamo con l'espresso del mattino al fine di prendere la corrispondenza ma siamo arrivati in ritardo e dobbiamo aspettare un'ora. Noi non possiamo prendere il treno del pomeriggio ma quello della sera. Dio lo permette perché passi più tempo nel mio monastero. Quando noi arriveremo la giù troveremo una casa povera e vecchia, quella dovrà essere il mio monastero: la sua povertà mi parla al cuore, mi sento attratta da lei. Subito una ragazzina uscì a dirci che Madre Angelica ci avrebbe ricevuto dopo colazione. Noi ritornammo alle 11.50. Entrai nel parlatorio e Teresita Montes venne alla ruota. Noi parlammo con lei. Non sapevo che mi succedeva. Lei andò a chiamare Madre Angelica. Sentii la sua voce per la prima volta. Mi sentii contenta. Restai sola con lei. Noi parlammo allora della vita della Carmelitana. Lei me la spiegò completamente. Mi parlò dell'ufficio divino: come le religiose rimpiazzano gli angeli e cantano gli inni a Dio. Subito suonarono i vespri e lei mi disse che potevamo andare in chiesa. Lì era buio. Nel fondo, la grata, ove sentivo recitare l'ufficio con una così grande devozione che mi pareva veramente di essere in cielo. Non recitai nulla. Ero annientata davanti al mio Dio. La mia anima piangeva di riconoscenza. Mi sentivo felice e soddisfatta. Vedevo il volto di Nostro Signore e mi sembrava che mi dicesse che era contento di sentire i canti delle sue spose. Pensai che mi unirò a questi angeli. Piansi perché non sapevo che cosa mi succedeva. Subito, recitarono le litanie e ebbi la fortuna di unirmi a loro. Quella fii la mia prima preghiera unita a loro per la mia Madre Santa.
Successivamente andammo in parlatorio. Mi sentii in una pace e in una tranquillità così grandi che mi è impossibile descriverla. Vedevo chiaramente che Dio mi voleva li e sentii una forza in me che mi faceva vincere tutti gli ostacoli per il fine di essere Carmelitana e di fermarmi ll per sempre. Noi parlammo dell'amore di Dio. Madre Angelica lo fece con una grande eloquenza che sembrava provenire dal profondo della sua anima. Lei mi fece vedere la grande bontà di Dio che mi chiama e come tutto quello che ho viene da Dio. Successivamente lei mi parlò dell'umiltà: come questa virtù è molto necessaria; che devo considerarmi sempre come rultima, umiliarmi il più possibile, e dirmi interiormente quando mi riprendono: "Ho meritato ciò ed ancora di più" Lei mi parlò delle mie piccole sorelle e mi disse quanto erano buone. Parlai con lei da sola quattro ore e mezza. Lei domandò allora a mamma di andare a prendere una merenda. Teresita Montes venne a chiedere se volessi fare la ”Visita di presentazione”. Madre Angelica lo permise, ed allora Teresita andò a cercare tutte le Monache.
Subito tirarono la tenda delle grate, e cominciarono ad entrare e ad accostarsi alla grata. Ero inginocchiata poiché mi ritenevo indegna di stare in piedi davanti a tali sante. Tutte con il velo sollevato, vennero a salutaimi con tanto affetto, che restai confusa. All'inizio, mi sentivo molto timida nel parlare, ma dopo parlammo con una confidenza estrema.
Loro davano prova di una gioia, e nello stesso tempo di una familiarità che mi incantarono. Mi chiesero quando sarei entrata. Risposi loro che sarei entrata in maggio. Una di loro mi chiese se per San Giuseppe o per la festa dello Spirito Santo. Era stabilito per il 7, festa di San Giuseppe, e loro mi raccomandarono a lui. Dopo un lungo momento si ritirarono e io rimasi con Madre Angelica che mi mandò a fare colazione. Obbedù benché non ne avessi nessuna voglia perché mi sentivo sazia. Dopo circa mezz'ora uscli, ed allora mamma parlò con lei e mi posi a pregare.
Dopo lei mi chiamò per darmi qualche libro, ed altre cose che le avevo chiesto. Non chiesi nulla ma nel medesimo tempo la mia anima era gonfia di felicità. Dio aveva cambiato la tempesta in bonaccia; i problemi in una santa pace!
Ritornammo a casa pregando Dio di non incontrare persone che ci conoscessero, e fu così. Sia benedetto e lodato il mio Dio! Siamo arrivati alle 11 e 50. Ci aspettava solo Rebeca. La gente non aveva sospettato niente. Come Dio nella sua bontà ha sistemato tutto per me senza che facessi niente!!
La preghiera che ho fatto
15 gennaio 1919. Sono in campagna. Che pena! perché non posso pregare, né tanto meno rimanere sola. Ma sarò unita al mio Gesù. Gli offro tutto perché questa è la sua volontà.
L'orazione che feci: la sera ebbi molto fervore e Nostro Signore mi ha fatto capire la sua grandezza e contemporaneamente la mia nullità. Subito ho avuto voglia di morire per non offendere Nostro Signore, per non continuare ad essere infedele. Desidero spesso soffrire le angosce dell'inferno al fine di poterlo amare con questo mezzo e ripagarlo, in qualche maniera, delle sue grazie.
27 gennaio. Ho letto la "Dottrina Spirituale" di San Giovanni della Croce, e ho un tale desiderio che Dio non si allontani mai dai miei pensieri. L'intensità dell'amore che provo è tale che mi sento senza forze, stanca e come se fossi da un'altra parte e non più in me stessa.
Ho sentito un grande impulso di andare all'orazione. Ho cominciato, con la comunione spirituale, ma nel rendimento di grazie, la mia anima era dominata dall'amore. Le caratteristiche di Dio si presentarono a me una ad una: la Bontà, la Saggezza, l'Immensità. la Misericordia, la Santità, la Giustizia. Ci fu un momento in cui non sapevo più nulla. Mi sentivo in Dio. Quando ho contemplato la giustizia di Dio ho avuto un fremito. Avrei voluto fuggire per allontanarmi dalla sua giustizia. Ho visto l'inferno, ove la collera di Dio accende il fuoco e annientandomi, ho chiesto misericordia ed ho sentito che essa mi inondava. Ho visto quanto il peccato è orribile. Avrei voluto morire piuttosto che commetterlo. Ho promesso a Dio di vederlo nelle creature e di vivere riconciliata. Egli mi ha chiesto di sforzarmi di essere perfetta, e mi ha spiegato, praticamente ciascuna delle sue perfezioni. Che tutte le mie azioni siano fatte con perfezione in modo che ci sia unità tra me e lui, ciò che non potrebbe realizzarsi se commettessi qualche imperfezione. Poi mi sono fermata là perché non sapevo che figura facevo e temevo di presentarmi davanti agli altri perché mi potevano chiedere qualcosa. Credo che avrò passato più di un'ora. Nel pomeriggio non ho avuto grande fervore ma l'ho passato molto ritirata.
28 gennalo. Ho fatto la mia preghiera. Ho sentito amore e unione con Dio. Tuttavia sono stata pochissimo raccolta. Sono restata un momento senza pensare a nulla. Ho ricevuto passivamente i raggi del Sole Divino. Nostro Signore mi ha chiesto di ubbidirgli nella fede. Mi ha detto che voleva da me una purezza più grande: che viva senza preoccuparmi delle cose del corpo, come se quelle non esistano e non mi causino alcuna incomodità, che viva guardando solamente Dio laia anima.
Consigli del Padre Cea Patto con lui
10 febbraio. Quanto è buono il mio Dio! Siamo in missione con il Santo Sacramento, la comunione e due messe quotidiane. Rimango al suoi piedi. Mi sento spessissimo venire meno d'amore. Mi anniento alla sua Presenza vedendomi così miserabile nonostante i favori di cui mi riempie. Tutto quanto faccio è per amor suo. Vivo continuamente alla presenza di Dio. I Padri che sono venufi sono santissimi. Uno di loro, il Padre Cea', sembra leggere nelle anime. Mi sono confessata e gli ho detto che desideravo essere Carmelitana. Ha reso grazie a Dio per questo perché le considera delle donne sante~ L'ho interrogato a proposito della mia orazione e mi ha detto di non far alcun caso delle locuzioni interiori, ma unicamente degli effetti che esse operano nell'anima mia. Devo dire al confessore tutto ciò che Nostro Signore mi dice.
Mi ha detto che, per pervenire all'unione con Dio, occorre
1) distaccarsi dalle creature;
2) disprezzare se stessa;
5) la presenza continua di Dio.
Mi ha detto di fare tutto per Dio, per amor suo senz altro fine. Mi ha detto di pensare spesso alla bontà di Dio, alla sua grandezza e al mio nulla, al numero delle anime che si perdono perdendo così il sangue di Nostro Signore. Devo consolare e riparare per così tanti peccati. I Sabati penserò alle virtù della Vergine e ogni giorno cercherò qualche cosa di nuovo per non stancarmi: i venerdì, la Passione, ecc.
Mi ha detto che acquisterò l'umiltà umiliandomi, considerandomi peccatrice e l'ultima di tutte. Quando noto un difetto nelle persone, che pensi alle loro qualità e anche che questi difetti possono essere permessi da Dio per umiliare la persona che li ha e che può essere interiormente graditissima a Dio, mentre io ho dei difetti peggiori e più numerosi. Osservare il poco che valgo davanti a Dio e servire tutti gli altri come se ne fossi la schiava, perché lo sono per il peccato.
In segnito ho fatto una confessione generale per umiliarmi e riconoscere quanto sono malvagia e anche i favori che Dio ha deposto in me. Mi ha proposto di fare un patto: egli pregherebbe molto per me e io lo farò per lui. Mi ha donato una immagine di Santa Teresa con una sentenza e un'altra immagine
con l'ideale della Carmelitana e la preghiera del Padre Claret alla Vergine. Mi ha consegnato un Trattato della perfezione religiosa di Nieremberg. Quanto sei buono, Signore, con questo “nulla criminale”. Tu sei colui che suscita in me l'interesse che mi condurrà a te. Non so come ripagartelo.
In comunione perpetua con Gesù
21 febbraio. Alla fine mi sono dedicata al mio Diario senza ritardare oltre.
Termino la mia meditazione. Ho letto nel libro che mi ha donato il Padre la superiorità della vocazione. Prima avevo fatto la comunione spirituale e Nostro Signore mi aveva detto che desiderava che vivessi con Lui in una comunione perpetua perché mi amava molto. Gli ho risposto che se lui mi amava, lo poteva perché egli è onnipotente. In seguito, mi ha detto che la Santissima Trinità era nell'anima mia e che dovevo adorarla. Immediatamente, sono restata molto raccolta contemplandola ed essa mi appariva essere piena di luce. L'anima mia era annichilita. Vedevo la sua Grandezza infinita e come s'abbassava per unirsi a me, nulla miserabile. Lui, l'Immensità con la piccolezza; la Saggezza con l'ignoranza; l'Eterno con la creatura limitata; ma al disopra di tutto, la Bellezza con la bruttezza; la Santità con il peccato. Allora, nel più intimo dell'anima mia, in maniera rapida, mi ha fatto comprendere l'amore che lo faceva uscire da se stesso per cercarmi; ma ciò fu senza parole e fui incendiata d'amor di Dio. Poi ho meditato come Dio mi ha chiamata, preferendomi a tutti gli esseri che non l'avrebbero mai offeso e avrebbero corrisposto al suo amore facendosi santi, mentre io non corrispondo al suoi favori. Allora gli ho chiesto perché mi chiamava. Mi ha risposto che aveva creato la mia anima e tutto quello che doveva fare e come doveva farlo. e che aveva visto come avrei corrisposto da ingrata e, nonostante questo, mi ha amata e vuole unirsi a me. Ho visto che non si unisce neanche con gli angeli e tuttavia, vuole unirsi ad una creatura così miserabile; vuole identificarla con il suo essere stesso tirandola fuori dalle sue miserie per divinizzarla in tal modo che essa venga a possedere le sue perfezioni infinite.
Tutto ciò mi fa come uscire da me, e quando apro gli occhi, mi sembra che torno da un altro mondo. Gli ho chiesto che cosa volesse da me e come corrisponderei al suo amore. Mi ha detto di evitare ogni peccato e d'obbedire alle sue ispirazioni. Mi sono offerta per consolarlo. Ho pensato: quale consolazione potrei apportare a Dio, che sono nulla? Ma mi ha risposto che mi amava, che si prendeva cura di me e che questo desiderio gli era gradito. Allora, ho unito i miei desideri di riparazione al desideri di Nostro Signore, a quelli della Vergine, degli angeli e dei Santi.
In serata, ho meditato sulla preghiera nell'orto. Nostro Signore mi ha avvicinata a lui. Ho visto il suo volto di agonizzante. L'ho sentito gelato. Egli ha pregato il Padre perché almeno non l'abbandoni e gli resti fedele. Ho provato del fervore e un dolore d'offenderlo.
22 febbraio. Sono in meditazione. Nostro Signore mi ha invitato a meditare sulla purezza della Vergine. Lei senza dirmi nulla, ha cominciato a parlarmi. Non ho riconosciuto la sua voce e le ho chiesto se era Gesù. Mi ha risposto che Nostro Signore era nella mia anima, ma che lei mi parlava. Mi ha detto punto per punto quello che mi era stato detto a proposito della purezza: 1) Essere pura in pensieri: cioè respingere tutti i pensieri che non siano di Dio per vivere costantemente alla sua presenza. Per questo sforzarmi di non aver affezione per alcuna creatura; 2) essere pura nei miei desideri per desiderare solamente di appartenere ogni giorno di più a Dio; desiderare la sua gloria; desiderare d'essere santa e di fare tutto con perfezione. Per questo non desiderare né onori, né lodi, ma il disprezzo e l'umiliazione poiché è così che si è graditi a Dio. Non desiderare né il conforto, né alcuna cosa che lusinghi i miei sensi. Non desiderare il cibo e il sonno che per meglio servire Dio; 3) essere pura nelle azioni. Astenermi da tutto ciò che può contaminarmi, da tutto ciò che non è permesso da Dio che desidera la mia santifica zione, agire per Dio il meglio possibile e non per essere vista dalle creature. Evitare ogni parola che non sia pronunciata che per Dio, per la sua gloria. Che nelle mie conversazioni mi immerga sempre in Dio. Non guardare nulla senza alcuna necessità, se non per contemplare Dio nelle sue opere. Immaginarmi che Dio mi osserva sempre. Astenermi da ciò che mi piace al gusto e se devo mangiare, non compiacermi ma offrirlo a Dio come cosa necessaria per meglio servirlo. Mortificare il tatto non toccando me stessa senza necessità, né alcun altra persona. In una parola, che tutto il mio spirito sia immerso in Dio in modo tale che dimentichi completamente il mio corpo. La Vergine dovette vivere così fin dalla nascita, ma questo le era più facile poiché ella fu sempre piena di grazia. Devo fare tutto da parte mia per imitarla poiché è così che Dio s'unirà intimamente a me. Pregare per ottenerlo. Così rifletterò Dio nell'anima mia.
La sera dello stesso giorno: ho pensato senza sosta a Dio. Grazie a Dio!
Senza raccoglimento né fervore
Il mio Diario
24. Non potevo raccogliermi, ma Nostro Signore, nell'intimo dell'anima mia, mi ha detto di adorarlo e sono restata molto raccolta. Nel pomeriggio sono uscita per consacrare le case al Sacro Cuore. Con quale amore l'ho fatto! Ma quale pena ho provato nel costatare che il mio Gesù non poteva alloggiare in tutte.
25. Facevo orazione e mi hanno interrotto. Ma Nostro Signore ha permesso che resti unitissima a lui.
26 febbraio. Ho fatto orazione. Non ho avuto raccoglimento interiore, né fervore. Non sentivo neppure l'amore, né la voce di Nostro Signore. Tuttavia provavo della consolazione di essere con Dio. Al termine dell'orazione desideravo morire per non più continuare a offendere Dio e, vedendo la mia ingratitudine e la bontà e la misericordia di Dio, avevo un forte desiderio di versare il mio sangue. Alla fine, Dio mi ha fatto assaporare il suo amore infinito. Nel pomeriggio, ero molto raccolta, adorandolo con molto amore e rimpiangevo di non poter trovarmi al Carmelo per vivere adorandolo sempre. La mia meditazione ebbe come soggetto, perché Nostro Signore me lo aveva chiesto, le tre Persone divine: come il Padre, conoscendosi, genera il Verbo e, amandosi, lo Spirito Santo, e l'opera che ciascuna Persona opera nelle anime. Ma non ho trascorso tutto il tempo a meditare questo mistero poiché ho anche meditato le parole del Signore:
“Vegliate e pregate per non entrare in tentazione”, ecc. Ho deciso di essere molto raccolta.
27 febbralo. Non ho avuto fervore nell'orazione. Grande aridità; ma Dio mi si è manifestato interiormente senza parlarmi. Ho meditato sul voto di povertà che consiste nel non possedere nulla, nemmeno la nostra volontà, né la nostra opinione; a non desiderare nulla, alcun conforto; a rifuggire da ogni pensiero d'ambizione e a desiderare d'essere trattata come una povera serva. Essere povera così da apparirlo davanti a tutti; non lamentarsi di nulla; rendere grazie a Dio quando ci manca qualcosa. Dio mi ha fatto comprendere che ero attaccata alle consolazioni e ai gusti sensibili dell'unione divina. Soffro a vedere che Nostro Signore, per attirarmi, mi dona delle consolazioni. Quanto deve trovarmi miserabile! E soffro pure di costatare che non faccio nulla per Dio. Vorrei martirizzare la mia carne così da provare a Dio il mio amore. Mi ha fatto anche comprendere che l'unione divina non si trovava nel raccoglimento sensibile, ma nella perfezione dell'anima mia, imitandolo e soffrendo con lui. Che non consisteva nemmeno nelle parole intese interiormente, per cui non dovevo farci caso, ma essendo veramente santa, possedendo le sue perfezioni.
Ho vissuto raccolta. Ho preso l'impegno di rinunciare ad ogni conforto, al miei gusti e alla mia propria volontà, avendo coscienza che sono una povera serva che non possiede nulla, ma che Dio mi dona tutto. L'ho mantenuto.
5 aprile. È da molto tempo che non scrivo il mio Diario i cui fogli possono essere bruciati. Bisogna che, nel rinchiudermi al Carmelo tutti questi ricordi dell'esilio muoiano per non vivere altro che la vita nascosta in Cristo. Mamma e Rebeca me l'hanno chiesto, ma sono cose dell'anima così intime che non è permesso a nessuno, a nessuna creatura di sapere. Solo Gesù può leggere. La sua mano divina ha la delicatezza sufficiente per toccarmi e baciarmi. In più queste pagine riferiscono tante miserie, tante infedeltà, e tutto l'amore del Cuore divino per questa anima così infedele che soltanto per questo motivo, mi piacerebbe che lo si leggesse. Ma ci sono dei favori che Dio fa alle anime scelte che non devono essere conosciute e di cui l'anima sola deve conservare il ricordo.
Oggi è nata una nipotina. L'ho attesa con un'angoscia ed un timore indescrivibili. Com'è grande il potere che Dio manifesta nell'opera della generazione umana! Una saggezza che stupisce il cuore e l'intelligenza che la contempla!
Papà darà il suo consenso?
(5 aprile). Ho scritto a papà per sollecitare il suo consenso e non ho ottenuto alcuna risposta. La mia anima soffre tanto. Arriverà e bisognerà uscire per riceverlo senza sapere che accoglienza mi farà. Bisognerà sostenere lo sguardo che mi indirizzerà pieno di tristezza e di amaro rimprovero. O potrà prendere un atteggiamento indifferente. Gesù, che crudele martirio! Ma tutto è per il tuo amore. Se ciò non fosse per te, non avrei avuto mal il coraggio necessario per dargli questo dolore. Ma davanti a te tutto sparisce.
I miei fratelli sono preoccupati perché a me non piace uscire, loro vogliono che esca e mi rimproverano di non farlo. Il giorno stesso che ho inviato la lettera si erano arrabbiati con me; ma benché soffra molto, a che cosa si può comparare il grande bene che assaporo? Gesù, sono contenta perché soffro. Io desidero soffrire di più, ma non ti chiedo altro che fare in me la tua divina volontà.
Oggi mi sento annientata; ma ho preso il mio crocifisso e gli ho detto "ti amo"; (stato sufficiente per ridonarmi coraggio.
Nostro Signore è troppo buono. Nel pomeriggio, papà ha scritto una lettera alla mamma e deborda di tenerezza per me.' Si dice obbligato a darmi il suo consenso; ma cosa pensare di ciò, potrei avere una risposta dal mio Gesù? Vede ciò che l'anima mia prova dinanzi alle delicatezze del suo amore. Voglio mostrarmi indifferente alla sua divina volontà. Da parte mia, che mi permetta di partire a maggio o che non acconsenta, è la stessa cosa; mi è indifferente che mi lasci diventare Carmelitana o no. E vero che ne soffrirei. Ma siccome non cerco che lui, possedendolo ne sono felice, e cosa può mai farmi il resto? Se lo permette, mi sottometto al suo volere poiché faccio ciò che mi comanda.
4 aprile. Papà non è ancora arrivato. Arriva oggi in serata. Credo che la Santissima Vergine vorrà essere la messaggera della volontà di Dio, domani Sabato. Annoto che l'anima mia è sonnolenta. A volte provo del fervore durante l'orazione, altre volte, no e tuttavia in questi giorni non l'ho provato. Quando desidero meditare non riesco a riflettere. Ho l'impressione che una nube spessa mi nasconda l'Amato del mio cuore; l'anima mia vorrebbe immergersi nella contemplazione delle perfezioni di questo Essere adorabile e non lo può. Soffro molto. L'amo. Provo quest'amore, ma non trovo alcuna consolazione. Ho l'impressione che l'anima mia sospirante è sospesa al di sopra della terra e si senta attirata da Dio e non riesce a elevarsi. Non può contemplarlo.
Ho partecipato all'Ora Santa. Il Padre Falgueras mi ha parlato dei mezzi per unirsi a Dio: conformare il pensiero umano al pensiero divino; apprezzare ciò che piace a Dio; disprezzare ciò che il Cristo ha disprezzato; desiderare le sofferenze, le umiliazioni. Al contrario, disprezzare gli onori, le ricchezze e le vanità. Le disprezzo come dovrei? No. Amo di più essere lodata che disprezzata. E non amo per niente apparire povera. Tuttavia gli chiedo che mamma non si preoccupi di vestirmi e mi ha inteso poiché non mi ha comprato vestiti, non vale la pena se parto. Gli chiedo anche le umiliazioni: tutte quelle che la sua divina volontà vorrà inviarmi.
Mi ha detto anche quanto fosse necessario d'unire la nostra volontà a quella di Dio rimanendo fedele alle sue aspirazioni, non rifiutando nulla. E che a volte non corrispondo alla sua chiamata; ma lo faccio però quasi sempre. Gli ho chiesto perdono per i miei peccati. Mi sono sentita peccatrice a tal punto da gettarmi al suoi piedi e gli ho chiesto di guarire le mie piaghe.
Mi ha anche detto quanto fosse necessario vivere costantemente nella contemplazione di Dio, soprattutto di Gesù Cristo, 'poiché l'umanità è la porta che occorre oltrepassare per entrare nella Divinità. Per l'orazione noi penetriamo nei sentimenti e le affezioni di questo Cuore divino per imitarlo e per immedesimarci di questi sentimenti. Gli ho promesso di non vivere che per lui, di non tralasciare la mia orazione senza una seria ragione o impedimento e di vivere secondo un programma, poiché mi rendo conto che perdo tempo.
Da otto giorni sono al Carmelo
14 maggio 1919. Fanno otto giorni che sono al Carmelo. Otto giorni di cielo. Provo l'amor di Dio in modo tale che vi sono momenti che credo di non riuscire a resistere. Voglio essere una ostia pura, sacrificarmi continuamente in tutto per i sacerdoti e i peccatori. Ho fatto il mio sacrificio senza lacrime. Quale forza Dio mi ha elargito in questi momenti! Ho sentito il mio cuore spezzarsi sentendo i singhiozzi di mamma e dei miei fratelli. Ma avevo Dio e lui solo mi bastava.
Nostro Signore mi rimprovera le più piccole imperfezioni e mi domanda i sacrifici i più piccoli; ma è inconcepibile che mi costino tanto. Mi ha domandato di vivere in un continuo raccoglimento. Che non guardi nulla. Che faccia tutto per amore. Che gli obbedisca al minimo cenno. Che abbia un grande spirito di fede.
17 maggio 1919. Ho provato un grande amore divino. Durante l'orazione, ho sentito che il Sacro Cuore s'univa al mio. E il suo amore era così grande che ho sentito tutto il mio corpo infiammato di quest'amore e sono rimasta senza sentire il mio corpo. Mi hanno toccato perché mi sedessi e ciò ha prodotto una sensazione tanto sgradevole che mi sono messa a tremare. L'amore di Dio mi si è manifestato in modo tale che non mi accorgevo di ciò che accadeva. Sono rimasta così per quasi un'ora e tre quarti. Nostro Signore mi ha chiesto di abbandonarmi totalmente a lui e che con l'abbandono totale di me stessa attirerei molte anime. Mi offrii come vittima perché il suo amore infinito sia manifestato alle anime. Mi ha detto di agire sempre unendomi a lui.
20 maggio. Mi sono confessata da Padre Avertano. Ho reso grazie a Dio &avermi dato un direttore così istruito e così santo. Mi ha detto d'essere prudente a proposito delle parole che intenderei interiormente. Non dovrei mal chiedere nulla a Nostro Signore, né chiedergli la croce perché avrei delle sofferenze che assomiglierebbero alle pene di un dannato. Mi sento felice di poter soffrire qualche cosa per Dio. Non dovrei fare caso alla voce che sento interiormente se mi domanda qualche cosa di meraviglioso, e questo fino a quattro volte, poi dovrò consultarlo.
Quando mi sentirò turbata o che mi si comanderà qualche cosa al di fuori di ciò che concerne il mio stato di vita, che non vi faccia caso. Che tenga conto soltanto di ciò che Nostro Signore m'insegnerà per praticare le virtù e correggere i miei difetti, soltanto allora lo ascolterò in ciò e porrei attenzione. Che la mia intenzione sia soltanto di essere gradita a Dio e su questo punto fare il mio esame particolare. Devo comportarmi senza tenere conto delle persone come se fossi sola in Monastero, senza voler attirarmi le simpatie e l'affezione delle persone, ma al contrario ricercando, se non il disprezzo, almeno di correggere la mia intenzione, annotandolo sulla mia "coscienza"2 e quando cercherò di compiacermi delle persone, farò il conto delle mie mancanze.
Devo essere ugualmente amabile con tutte le mie sorelle e non essere più attenta a quella che mi considera di più e mi parla più spesso. Non cercare di essere disprezzata, ma mantenermi sempre indifferente. Possedere la stessa attitudine per rapporto alla croce. Quanto all'obbedienza, essa non mi obbliga in ciò che porta pregiudizio alla mia salute. Quanto alla mortificazione, non forzarmi a domare il corpo, ma a scomodarlo. Nell'orazione non devo cercare l'immagine di Dio, ma il concetto puro, poiché se lo immaginassi, lo rimpicciolirei.
Pena per la separazione
Ingratitudine umana
Immersa nell'agonia di Nostro Signore
20 maggio. La sera, ho provato una pena immensa per la separazione. Mi raffiguravo Rebeca che piangeva sola nella nostra camera. Desideravo fortemente abbracciare e stringere ciascuno di coloro che avevo lasciato per Gesù. Non solo non avevo conosciuto questa pena che provavo, ma mi chiedevo se dovevo farlo sapere alla nostra piccola Madre poiché mi sembrava ciò fosse ricercare le consolazioni umane. Allora, dissi a Nostro Signore che se fosse venuta ad accompagnarmi in Noviziato glielo avrei detto, altrimenti avrei taciuto. Ma Nostro Signore, come sempre, mi fece un dono e permise che, contrariamente alla sua abitudine, venisse. Le dissi la mia pena e lei mi condusse in Coro dove stavo per tremare dalla violenza della sofferenza. Grazie alle preghiere della nostra piccola Madre, restal in pace e dopo potei dormire.
22 maggio. Durante l'orazione, Nostro Signore mostrò come fosse stato stritolato per noi e come fosse divenuto ostia. Mi disse che per essere ostia occorreva morire a se stessa. Un'ostia una Carmelitana deve mettere in croce il suo pensiero, rigettare tutto ciò che non è Dio. Avere costantemente il pensiero fisso su di Lui, i desideri rivolti verso la gloria di Dio e la santificazione dell'anima. Un'ostia non possiede volontà propria, la si trasporta dove si vuole. Un'ostia non vede, non sente, non comunica con l'esterno, ma all'interno.
In seguito mi mostrò come, malgrado la sua agonia sull'altare, le creature non l'amano, non fanno attenzione a lui. Ne ho provato pena per tutta la giornata. E una specie di martirio, poiché mi trovo spossata per amarlo come dovrei farlo, miserabilissima e incapace di offrirgli consolazione alcuna. Di più, costato l'ingratitudine degli uomini. Ciò mi riempie di un'amarezza indicibile. Ad aumentare il mio tormento, mi è giunta una lettera della mia piccola mamma: mi chiede di pregare perché Nostro Signore vinca Miguel molto ammalato. Ciò mi mette fuori di me perché colui che offende Dio è del mio stesso sangue. Sono incapace di qualunque cosa, tanto ègrande l'amore che provo e l'amarezza per i peccati. Durante la Comunione, Nostro Signore mi ha detto di consolarlo. Mi si presenta ad ogni momento, come un agonizzante. E’ orribile!... Mi chiede di accarezzarlo, d'abbracciarlo perché ciò gli dia consolazione.
26 maggio 1919. Fanno tre giorni che sono immersa nell'agonia di Nostro Signore. Ad ogni istante mi si presenta come un moribondo, il volto a terra, i capelli arrossati di sangue, gli occhi bluastri, l'aspetto tirato, pallido, livido. La sua tunica abbassata fino alla vita. Il dorso è coperto da una moltitudine di punte di spillone ho capito che sono i peccati. Sopra le scapole, vi sono due piaghe che lasciano intravedere le ossa bianche e, inchiodate sopra gli orli di queste piaghe, delle punte che penetrano fino all'osso. Sopra la spina dorsale, le punte lo fanno soffrire orribilmente. Da ogni parte il sangue cola a torrenti e inonda interamente il suolo. La Santa Vergine è in piedi accanto, piange e domanda misericordia al Padre. Vedo quest'immagine con una tale acutezza ch'essa mi provoca una specie d'agonia. Non posso piangere, ma sono interamente coperta di sudore, le mie mani si ghiacciano, il cuore mi fa male e la respirazione è ansante.
Questa visione riempie d'amarezza tutto ciò che compio e non trovo piacere alcuno se non accompagnando Nostro Signore. Ma trovo più perfetto di compiere tutte le mie azioni senza mostrare esteriormente pena alcuna. Ho parlato con la mia piccola Madre poiché comprendevo che occorreva che altre anime meno miserabili della mia lo consolino. Nostro Signore mi ha detto che tanto la piccola Madre e le piccole suore e io stessa l'abbiamo consolato. Non so come ringraziare Nostro Signore che mi ha resa partecipe delle sue sofferenze e che ha trovato consolazione in me peccatrice miserabile. La sola cosa che mi chiede, è di non parlare di me stessa, di vivere soltanto per Dio e per consolarlo. Che sofira in silenzio. Ma siccome a volte non ne posso più, che mi riconforti presso la mia piccola Madre. Fino a quando ricercherò le creature? Non desidero morire che alla fine del mondo per vivere sempre ai piedi del tabernacolo, confortare tanto il Signore nella sua agonia.
"Ritiro dello Spirito Santo"
Da ieri sono in ritiro. Nostro Signore mi ha detto di unirmi al Padre suo attraverso di lui, che la sola cosa che dovevo cercare in questo ritiro era di nascondermi e di immergermi nella divinità per conoscere maggiormente Dio e amarlo, e conoscermi di più e detestarmi. Desidera che mi lasci guidare completamente dallo Spirito Santo perché la mia vita dev'essere una continua lode d'amore. Perdermi in Dio. Contemplarlo sempre senza mal perderlo di vista. Per questo, vivere nel silenzio e nell'oblio di tutto il creato poiché Dio, per natura, vive sempre solo. Tutto in lui è silenzio, armonia, unità. Per vivere in lui, occorre rendersi semplici, non aver che un solo pensiero, una sola attività: lodarlo.
Dio si comunica all'anima mia di una maniera ineffabile in questi giorni dove mi sento al Cenacolo. L'amore che provo non è più sensibile, èmolto più interiore. Durante l'orazione mi capita ciò che non mi era mal accaduto: rimango completamente penetrata da Dio. Non riesco a riflettere, ma è come se mi addormentassi in Dio. Allora comprendo la sua grandezza e il godimento che provo nell'anima è tale che essa pare essere di Dio. Mi sembra che sia tutta penetrata dalla divinità.
Sono tre o quattro giorni, che essendo in orazione, ho avuto il presentimento che Dio si abbassasse fino a me, ma con uno slancio d'amore così grande che non avrei potuto resistere a una forza un po' più grande, perché in quel momento, la mia anima tendeva a uscire dal mio corpo. Il mio cuore pulsava con tanta violenza che era terribile e sentivo che tutto il mio essere era come sospeso e che era unito a Dio. La fine dell'ora suonò una volta ed io non l'avevo intesa. Vidi che le mie piccole sorelle novizie uscivano e cercavo di seguirle, ma non potei muovermi. Ero come inchiodata al suolo e ciò fino a che, quasi piangendo, domandai a Nostro Signore di poter uscire, altrimenti tutte l'avrebbero notato. Allora ci riuscii, ma la mia anima era come se fosse da un'altra parte.
Ma tutto non è stato solo godimento. La croce è stata ben pesante. Da principio ho dovuto accompagnare Nostro Signore in agonia. In seguito mi vennero dei dubbi così orribili contro la fede che ebbi la tentazione di non comunicarmi e, dopo, quando ricevetti sulla lingna la santa ostia, volevo rigettarla poiché pensavo che Nostro Signore non era là. Non capivo più ciò che mi accadeva e l'ho raccontato a Nostra Madre: mi ha assicurato che non vi avevo acconsentito. Ero dunque più tranquilla e lei mi disse di disprezzare questo pensiero, e così, la tentazione disparve. Ma Nostra Madre mi ha detto di non abbattermi in questo modo, che devo essere più donna. E Nostro Signore mi ha rimproverato di scaricarmi della croce su Nostra Madre e mi ha chiesto di soffrire senza dir nulla.
La terza prova fu più orribile. Ho sentito tutto il peso dei miei peccati e i numerosi favori e l'amore di Dio. Non capivo più ciò che mi succedeva vedendo che non ripagavo Nostro Signore. La mia pena aumentò in refettorio ascoltando ciò che facevano le Monache dell'epoca primitiva. Ritornai piangendo nella mia cella, prostrata, la testa che toccava il pavimento. Ero in questo stato quando Nostra Madre viene a cercarmi per andare in giardino dove ho dovuto parlare per tutto il tempo della ricreazione. Non ne potevo più; ma non l'ho detto, né lasciato trasparire. Al contrario. La sera, ella mi chiese se ero serena, e le dissi di sì poiché lo ero per volontà di Dio e che ero sommersa dalle grazie di Dio. Mi mandò a dormire, e fu peggio poiché Nostro Signore non voleva neanche lo lodassi. In seguito rimasi con tanta pena che fu orribile. Il giorno seguente, Nostro Signore mi si presentò, non più in agonia, ma con un volto tristissimo. Gli chiesi che cosa avesse, ma non mi rispose, facendomi capire che era adirato contro di me. Ma in seguito, poiché insistevo, mi disse che non voleva parlare con me, che ero una peccatrice, e, in un istante, mi enumerò tutti i peccati della mia vita e continuò ad essere triste. Provavo una pena immensa, tutta confusa per i miei peccati. Ma non potevo credere che fosse così adirato poiché mi ha detto che mi ha perdonato. Inoltre, Egli è tutta Bontà e Misericordia.
La quarta prova fu spaventevole e ebbe luogo dopo l'orazione durante la quale mi vidi infiammata e trasportata in Dio senza potermi muovere. Mi venne il pensiero che tutto era inganno del demonio e prova ne era che non ubbidivo alla campana. Le tenebre furono orribili poiché mi credevo abbandonata da Dio. Ancor più provavo la pena più grande vedendo che tutte stavano notando qualcosa di straordinario in me. Ciò mi riempiva d'amarezza poiché voglio passare inosservata.
Oggi, vigilia di Pentecoste, ho provato questo trasporto di tutto il mio essere in Dio, con molta violenza, senza poterlo nascondere. Per tre volte sono ritornata in me e in seguito sono stata di nuovo trasportata. Soffro molto perché non so se queste sono illusioni e non posso chiederlo a nessuno. Alla fine, mi abbandono alla volontà di Dio. È il mio Padre, il mio Sposo, il mio Santificatore. Lui mi ama e desidera il mio bene.
Per giungere a vivere in Dio, con Dio e per Dio, ciò che è l'ideale di una Carmelitana, di una Teresa di Gesù e di una ostia, ho compreso che sono necessarie quattro cose:
1) silenzio, tanto interiore che esteriore. Silenzio in tutto il mio essere. Evitare ogni parola inutile,
2) non parlare di se stessa. Se occorre, per divertire gli altri, farlo alla terza persona. Non parlare mal della famiglia;
5) in maniera assoluta, non accordare nulla alla carne. Non cercare il piacere in nulla e l'inclinazione per entrare più facilmente in relazione con Dio;
4) vedere Dio in ogni creatura, poiché tutto si trova nella sua immensità. Leggerò ogni giorno questi punti e mi esaminerò a loro riguardo.
Ritiro 1919 Settembre
Appartengo a Dio poiché mi ha creata. Non devo vivere che per Dio e in Dio. Attirandomi al chiostro, Dio mi ha attirata a questa vita in lui, poiché il chiostro è l'anticamera del cielo e, in cielo, Dio solo esiste per ranima. Un'anima che non vive in Dio nel chiostro lo profana. Il chiostro è tutto impregnato di Dio. È la sua dimora. Le anime religiose sono gli angeli che l'adorano costantemente. Una religiosa deve osservare i suoi voti poiché in essi è la santità. Il voto di obbedienza racchiude gli altri due ed èquello che costituisce la religiosa. È l'offerta più grande che si possa fare a Dio, poiché, attraverso ciò, noi rinunciamo al nostro volere, e per compierlo con perfezione, dovremo fare attenzione al minimi dettagli delle Costituzioni e del Cerimoniale. Obbedendo, dobbiamo soltanto vedere l'autorità di Dio e non tenere conto delle creature. Anche se queste si lasciano dominare dalla passione e ordinano cose che sembrano ingiuste, dobbiamo obbedire, non vedendo in ciò altro che la volontà di Dio che vuole perfezionarci e avvicinarci maggiormente a lui. Una Carmelitana deve vivere sempre per fede, speranza e carità. La vita di fede consiste nell'apprezzare, giudicare le cose e le creature secondo il giudizio che Dio porta su di loro. Per esempio, con lo spirito di fede, una umiliazione è ricevuta con gioia perché con essa l'anima assomiglia maggiormente a Gesù umiliato. La speranza consiste in una piena diffidenza di noi stessi, consiste nell'affidarsi alla grazia di Gesù. Dimenticare i nostri peccati quando il nemico si serve di loro per farci dubitare della misericordia del Dio Amore. La carità consiste nell'apprezzare Dio e preferirlo a tutte le cose e a tutte le creature.
Dallo spirito di fede e di carità proviene lo spirito di sacrificio che consiste in una continua rinunci alle creature, alle cose e alla nostra propria concupiscenza. Un'anima che è sacrificata dal mattino alla sera, vincerà e lotterà contro le sue passioni. L'unione con Dio, o santità, è di vivere in spirito di fede e di carità. La fede dev'essere la mia guida per andare a Dio. Devo distaccarmi da tutte le consolazioni e i godimenti che trovo nell'orazione. Devo sforzarmi di dimenticare i favori che Dio mi fa, fissando la mia attenzione sull'amore che mi testimonia sulla croce e nel Tabernacolo.
(Preghiera): Tu che mi hai creata, salvami. Poiché sono indegna di pronunciare il tuo nome così dolce perché mi servirebbe di consolazione, oso, immersa nel mio nulla, implorare la tua infinita misericordia. Sì sono ingrata. Lo riconosco. Sono polvere ribelle. Sono "un nulla criminale". Ma, non sei tu il Buon Pastore? Non sei tu colui che è uscito alla ricerca della Samaritana per donarle la vita eterna? Non sei tu colui che ha difeso la donna adultera e colui che ha asciugato le lacrime di Maria la peccatrice? E’ vero che esse risposero al tuo sguardo di tenerezza. Raccolsero le tue parole di vita. Ed io, quante volte sono stata trasportata dal tuo amore, quante volte non ho sentito battere il tuo Cuore divino nel mio, ascoltando i tuoi accenti melodiosi! e tuttavia, non ti amo ancora. Ma perdonami. Ricordati che sono "un nulla criminale", che può soltanto peccare. Gesù adorabile, per il tuo Cuore divino, dimentica le mie ingratitudini e prendimi interamente. Isolami da tutto ciò che avviene attorno a me. Che viva in te contemplandoti sempre. Che viva sommersa dal tuo amore affinché consumi il mi essere miserabile e mi converta a te.
Vita della Carmeiltana Decisioni
La perfezione della vita consiste nell'avvicinarsi a Dio. Il cielo è il possesso di Dio. In cielo si contempla Dio, lo si adora, lo si ama. Ma per arrivare al cielo occorre staccarsi dalla terra. E la vita della Carmelitana non è altra cosa che contemplare, adorare e amare Dio senza sosta. Ed essa, che desidera ardentemente questo cielo, si allontana dal mondo e si sforza di distaccarsi, nella misura del possibile, da tutto il terrestre.
Quando Gesù viveva sulla terra, trovava le sue delizie nella casa di Betania, la sua dimora di predilezione. Là, era intimamente conosciuto da Lazzaro, servito da Marta, e amato follemente da Maria. La Carmelitana rimpiazza ora accanto a Gesù, questa vita intima. La studia per amarlo e servirlo secondo la sua volontà. È il suo rifugio in mezzo al mondo, la sua dimora di predilezione, con i suoi amici scelti.
La Carmelitana sale al Tabor dal Carmelo e si riveste degli abiti della penitenza che la fanno assomigliare a Gesù. E, come lui, si trasforma, si trasfigura per essere convertita in Dio.
La Carmelitana sale il Calvario, là s'immola per le anime. L'amore la crocifigge, muore a se stessa e al mondo. Va al sepolcro e il suo sepolcro èil Cuore di Gesù; e da li risorge, rinasce a una vita nuova e vive spiritualmente unita al mondo intero. XI 1919.
XI Festa della Presentazione della Santissima Vergine.
1) Non vivere che per Dio, cioè con il pensiero fisso in lui, allontanando tutto l'inutile. Vivere completamente eclissata per le creature, non dicendo nulla di me stessa, né dicendo la mia opinione in nulla se non me la si chiede; non attirando l'attenzione in nulla, né nel modo di parlare o di ridere, né nell'espressione e nemmeno parlando di me stessa per umiliarmi, in una parola, che "il nulla criminale" sparisca.
2) Essere fedele a tutto ciò che mi chiede Gesù. Essere fedele nei dettagli. Essere fedele nel praticare ciò che mi si fa osservare e farlo con perfezione.
5) Durante la giornata, conservare un silenzio rigoroso e non parlare, anche con Nostra Madre se lei non lo fa per primo.
4) Vivere l'attimo presente con fede.
5) Durante la giornata, non ridere, né fare gesti alle mie piccole sorelle.
6) Durante le ricreazioni, saper controllare molto se stessa per essere sempre allegre, ma senza oltrepassare i limiti della modestia religiosa.
7) Considerare che Nostra Madre è come una custodia ove Gesù è esposto e che le mie piccole sorelle sono delle ostie dove Gesù vi dimora nascosto. Amerò Nostra Madre perché rappresenta per me l'autorità di Dio e la sua divina volontà. Amerò le piccole sorelle perché immagini di Dio e perché Gesù me ne ha dato il comando.
8) Non parlare di argomenti spirituali, e fare come se non conoscessi nulla e non comprendessi alcunché.
9) Non far mal trasparire che soffro, a meno che Nostra Madre non me lo ordini.
10) Non cercare consolazioni da nessuno, neanche da Gesù, ma domandargli che mi dia la forza di soffrire di più.
11) Stimarmi sempre come un essere disprezzabile, tanto nei confronti delle creature che di Dio e accettare gioiosamente le umiliazioni, le dimenticanze delle creature e di Gesù senza scoraggiarmi.
Infine, sforzarmi sempre di compiere ciò che credo il più perfetto.
Visita di un sacerdote « giornalista » e conseguenze
Beata Alexandrina Maria da Costa
Il 27 agosto 1941 ebbi la visita del parroco accompagnato da p. Tercas e da un altro sacerdote. Questa visita mi fu molto disgustosa perché feci il sacrificio di rispondere di fronte a tutti ad una serie di domande del p. Tercas. Risposi coscienziosamente ad ogni domanda, perché pensavo che fosse venuto per motivo di studio, come altri avevano fatto. Soltanto il Signore sa valutare quanto mi costò il dover parlare della « Passione »; fu su questa soprattutto che mi interrogò. Il parroco mi disse che il reverendo [p. Tercas] voleva ritornare venerdì, 29 agosto [per assistere alla Passione]. Non volevo acconsentire senza consultare il mio direttore ma, avendomi detto che doveva partire per Lisbona in quei giorni [quindi non poteva attendere], cedetti dicendo: - Penso che lei non venga qui per curiosità, nevvero? - Rassicuratami che no, acconsentii, anche se la sua visita in un venerdì mi dispiaceva assai. Venne, ma condusse anche tre sacerdoti. Ero ben lontana dal supporre che quella visita mi preparava un nuovo calvario: poco dopo egli pubblicò quanto vide e seppe da me. Che il Signore accetti il dolore causatomi da quella pubblicazione e dal sapere di pubblico dominio i miei segreti nascosti durante lunghi anni! Ogni tanto mi giungevano all'orecchio i commenti che si facevano su di me: erano spine acute che involontariamente le persone mi configgevano nell'anima. Chi leggeva quella rivista o ascoltava quello che si diceva di me ne riceveva differenti impressioni.
[Scrisse al direttore: ] « ... So che pochi mi comprenderanno, ma mi basta una sola cosa: Gesù comprende tutto. Ho saputo che ieri [gente venuta da fuori] domandavano già di una certa Alexandrina di Balasar e che persone del paese richiedevano la rivista in cui si parla di me. Ho pianto molto. Voltata verso il tabernacolo della chiesa ho detto a Gesù: - Hai permesso che io arrivassi a questo punto e non vieni a prendermi per il cielo! - D'improvviso mi venne in mente che potevo fare contento Gesù e dissi: - Non piango più, perché Gesù non vuole. Voglio soffrire tutto per salvare anime e per amore di Gesù e di Mammina. - Infatti ho sempre sorriso, anche se dentro piangevo, perché nel mio cuore regnava la sofferenza. La pubblicazione della mia vita è una spina che non cesserà di ferirmi... » (lettera a p. Pinho, 19-12-1941).
Il mio viaggio a Oporto e la pubblicazione della mia vita allarmarono i superiori del mio direttore a tal punto che forse potranno proibirgli di venire da me, di prestarmi l'assistenza religiosa di cui ho bisogno e perfino di scrivermi e di ricevere mie notizie!
Da allora cominciai a vivere di illusioni: - Verrà oggi, verrà domani? - Quante cose mi venivano in mente! Il pensiero di perdere tempo in divagazioni inutili mi addolorava, ma non riuscivo a sviare il mio spirito da ciò che mi faceva soffrire tanto.
La mia vita divenne un sacrificio totale. Posso quindi affermare che non so cosa sia il godere, anche se non me ne duole. Mi sento alla fine della vita: aspetto l'eternità. Soltanto là potrò ringraziare Gesù di avermi scelta per questa vita di continuo sacrificio, per amare soltanto Lui, per salvargli anime