Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Gesù nel tempio osserva la gente che dà  l'offerte. Le persone ricche ne danno tante. Niente da dire: sono generose. Ma è solo l'apparenza. Attenzione! Non lasciamoci ingannare da gesti appariscenti. Se, mentre facciamo del bene, pensiamo all'ammirazione che riusciamo a suscitare negli altri, noi mettiamo come un verme nelle nostre buone azioni che le rodera' per sempre. Poi c'è una povera vedova che dà  i suoi ultimi spiccioli e se ne va. Il suo piccolo gesto di carità  si consuma nell'oscurità  della fede. Però questo umile gesto non sfugge agli occhi di Gesù, che lo loda come il modello di carità . La carità  è magnanima e non cerca il suo interesse. La carità  non si vanta, non si gonfia. La carità  non ostenta. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 32° settimana del tempo ordinario (San Martino di Tours)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 6

1Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono.2Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?3Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui.4Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".5E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
7Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.8E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;9ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.10E diceva loro: "Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.11Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro".12E partiti, predicavano che la gente si convertisse,13scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

14Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui".15Altri invece dicevano: "È Elia"; altri dicevano ancora: "È un profeta, come uno dei profeti".16Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!".

17Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.18Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello".19Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva,20perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
21Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.22Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò".23E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno".24La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista".25Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista".26Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.27Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.28La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.29I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.31Ed egli disse loro: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'". Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.32Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.34Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.35Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: "Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;36congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare".37Ma egli rispose: "Voi stessi date loro da mangiare". Gli dissero: "Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?".38Ma egli replicò loro: "Quanti pani avete? Andate a vedere". E accertatisi, riferirono: "Cinque pani e due pesci".39Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.40E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.41Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.42Tutti mangiarono e si sfamarono,43e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.44Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

45Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla.46Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.47Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra.48Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.49Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma", e cominciarono a gridare,50perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: "Coraggio, sono io, non temete!".51Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò. Ed erano enormemente stupiti in se stessi,52perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.

53Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.54Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe,55e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse.56E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.


Primo libro dei Maccabei 13

1Simone seppe che Trifone stava radunando un numeroso esercito per venire in Giudea a schiacciarla;2vide che il popolo era tremante e impaurito, andò a Gerusalemme e radunò il popolo;3li confortò e disse loro: "Voi sapete bene quanto io e i miei fratelli e la casa di mio padre abbiamo fatto per le leggi e per il santuario e le guerre e le difficoltà che abbiamo sostenute.4Per questa causa sono morti i miei fratelli, tutti per la causa di Israele, e sono restato io solo.5Ebbene, mai risparmierò la vita di fronte a qualunque tribolazione: perché io non sono più importante dei miei fratelli.6Anzi io difenderò il mio popolo e il santuario e le vostre mogli e i figli vostri, poiché si sono radunati tutti i pagani per sterminarci, spinti dall'odio".7Lo spirito del popolo si infiammò all'udire queste parole;8perciò risposero gridando a gran voce: "Tu sei il nostro condottiero al posto di Giuda e di Giònata tuo fratello;9combatti la nostra guerra e quanto ci comanderai noi faremo".10Egli allora radunò tutti gli uomini atti alle armi e accelerò il completamento delle mura di Gerusalemme e le fortificò tutt'attorno.11Poi inviò Giònata figlio di Assalonne con un forte esercito a Giaffa; egli ne scacciò gli occupanti e rimase là sul posto.
12Intanto Trifone si mosse da Tolemàide con ingenti forze per venire in Giudea e aveva con sé Giònata come prigioniero.13Simone a sua volta si accampò in Adida di fronte alla pianura.14Trifone venne a sapere che Simone era succeduto a Giònata suo fratello e che si accingeva a muovergli guerra, perciò mandò messaggeri a proporgli:15"Giònata tuo fratello lo tratteniamo a causa del denaro che doveva all'erario del re per gli affari che amministrava.16Ora, mandaci cento talenti d'argento e due dei suoi figli in ostaggio, perché una volta liberato non si allontani per ribellarsi a noi. Con questo lo rimetteremo in libertà".17Simone si rese conto che gli parlavano con inganno, ma mandò ugualmente a prendere l'argento e i figli, per non attirarsi forte inimicizia da parte del popolo,18che poteva commentare: "È perito perché non gli hai mandato l'argento né i figli".19Perciò gli mandò i cento talenti e i figli; ma quegli non mantenne la parola e non liberò Giònata.20Fatto questo, Trifone si mosse per entrare nel paese e devastarlo, girando per la via che conduce ad Adòra. Ma Simone con le sue truppe ne seguiva le mosse puntando su tutti i luoghi dove quegli si dirigeva.21Quelli dell'Acra intanto inviarono messaggeri a Trifone sollecitandolo a venire da loro attraverso il deserto e a inviare loro vettovaglie.22Trifone allestì tutta la sua cavalleria per andare, ma in quella notte cadde neve abbondantissima, e così a causa della neve non poté andare. Perciò si mosse e andò in Gàlaad.23Quando fu vicino a Bascama, uccise Giònata e lo seppellì sul posto.24Poi tornò e partì per la sua regione.
25Simone mandò a prendere le ossa di Giònata suo fratello e lo seppellì in Modin, città dei suoi padri.26Tutto Israele lo pianse con un grande lamento e fece lutto su di lui per molti giorni.27Simone sopraelevò il sepolcro del padre e dei fratelli e lo pose bene in vista con pietre levigate, dietro e davanti.28Poi dispose sette piramidi, l'una di fronte all'altra, per il padre, per la madre e per i quattro fratelli.29Le completò con una struttura architettonica, ponendovi attorno grandi colonne; pose sulle colonne trofei di armi a perenne memoria e presso i trofei navi scolpite che si potessero osservare da quanti erano in navigazione sul mare.30Tale è il mausoleo che eresse in Modin e che esiste ancora.
31Trifone agiva con perfidia verso Antioco, il re ancora giovinetto, finché lo uccise32e si fece re al suo posto, si mise in capo la corona dell'Asia e procurò grandi rovine al paese.33Simone intanto completò le fortezze della Giudea, le cinse di torri elevate e di mura solide con portoni e sbarre e rifornì le fortezze di viveri.34Poi Simone scelse uomini adatti e li inviò al re Demetrio per ottenere esoneri al paese; perché tutti gli atti di Trifone erano state rapine.
35Il re Demetrio lo assicurò in questo senso, poi gli rispose per iscritto inviandogli la seguente lettera:
36"Il re Demetrio a Simone sommo sacerdote e amico del re, agli anziani e al popolo dei Giudei salute.37Abbiamo ricevuto la corona d'oro e la palma che ci avete inviata e siamo pronti a concludere con voi una pace solenne e a scrivere ai sovrintendenti agli affari di concedervi le esenzioni;38quanto stabilimmo con voi resta stabilito e le fortezze che avete costruite restino di vostra proprietà.39Vi condoniamo le mancanze e le colpe fino ad oggi e la corona che ci dovete; se altro si riscuoteva in Gerusalemme, non sia più riscosso.40Se alcuni di voi sono atti ad essere iscritti al seguito della nostra persona, siano iscritti e regni la pace tra di noi".
41Nell'anno centosettanta fu tolto il giogo dei pagani da Israele42e il popolo cominciò a scrivere negli atti pubblici e nei contratti: "Anno primo di Simone il grande, sommo sacerdote, stratega e capo dei Giudei".
43In quel tempo Simone pose il campo contro Ghezer, la circondò di accampamenti, fece allestire una torre mobile, la spinse contro la città e abbatté una torre impadronendosene.44I soldati della torre mobile si lanciarono nella città e si produsse in città un grande trambusto.45I cittadini salirono sulle mura insieme con le mogli e i bambini, con le vesti stracciate, e supplicarono a gran voce per indurre Simone a dar loro la destra46e dissero: "Non trattarci secondo le nostre iniquità, ma secondo la tua clemenza".47Simone venne a patti con loro e non combatté oltre contro di loro; ma li scacciò dalla città, purificò le case nelle quali c'erano idoli, e così entrò in città con canti di lode e di ringraziamento.48Egli eliminò da essa ogni contaminazione e vi stabilì uomini che fossero osservanti della legge; poi la fortificò e costruì in essa la propria dimora.
49Ora quelli dell'Acra in Gerusalemme, messi nell'impossibilità di uscire e venire nel paese a comprare e vendere, erano terribilmente affamati e buon numero di essi moriva di fame.50Allora fecero giungere il loro grido a Simone, perché desse loro la destra, e Simone la diede; così li sloggiò di là e purificò l'Acra da tutte le contaminazioni.51Fecero ingresso in quel luogo il ventitré del secondo mese dell'anno centosettantuno, con canti di lode e con palme, con suoni di cetre, cembali e arpe e con inni e canti, perché era stato eliminato un grande nemico da Israele.52Simone stabilì di celebrare ogni anno questo giorno di festa. Intanto completò la fortificazione del monte del tempio lungo l'Acra; qui abitò con i suoi.53Vedendo poi che suo figlio Giovanni era ormai uomo, Simone lo fece capo di tutte le milizie e questi pose la sua residenza in Ghezer.


Sapienza 6

1Ascoltate, o re, e cercate di comprendere;
imparate, governanti di tutta la terra.
2Porgete l'orecchio, voi che dominate le moltitudini
e siete orgogliosi per il gran numero dei vostri popoli.
3La vostra sovranità proviene dal Signore;
la vostra potenza dall'Altissimo,
il quale esaminerà le vostre opere
e scruterà i vostri propositi;
4poiché, pur essendo ministri del suo regno,
non avete governato rettamente,
né avete osservato la legge
né vi siete comportati secondo il volere di Dio.
5Con terrore e rapidamente egli si ergerà contro di voi
poiché un giudizio severo si compie
contro coloro che stanno in alto.
6L'inferiore è meritevole di pietà,
ma i potenti saranno esaminati con rigore.
7Il Signore di tutti non si ritira davanti a nessuno,
non ha soggezione della grandezza,
perché egli ha creato il piccolo e il grande
e si cura ugualmente di tutti.
8Ma sui potenti sovrasta un'indagine rigorosa.
9Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole,
perché impariate la sapienza e non abbiate a cadere.
10Chi custodisce santamente le cose sante sarà santificato
e chi si è istruito in esse vi troverà una difesa.
11Desiderate, pertanto, le mie parole;
bramatele e ne riceverete istruzione.

12La sapienza è radiosa e indefettibile,
facilmente è contemplata da chi l'ama
e trovata da chiunque la ricerca.
13Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano.
14Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
15Riflettere su di essa è perfezione di saggezza,
chi veglia per lei sarà presto senza affanni.
16Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei,
appare loro ben disposta per le strade,
va loro incontro con ogni benevolenza.
17Suo principio assai sincero è il desiderio d'istruzione;
la cura dell'istruzione è amore;
18l'amore è osservanza delle sue leggi;
il rispetto delle leggi è garanzia di immortalità
19e l'immortalità fa stare vicino a Dio.
20Dunque il desiderio della sapienza conduce al regno.
21Se dunque, sovrani dei popoli,
vi dilettate di troni e di scettri,
onorate la sapienza, perché possiate regnare sempre.

22Esporrò che cos'è la sapienza e come essa nacque;
non vi terrò nascosti i suoi segreti.
Seguirò le sue tracce fin dall'origine,
metterò in luce la sua conoscenza,
non mi allontanerò dalla verità.
23Non mi accompagnerò con l'invidia che consuma,
poiché essa non ha nulla in comune con la sapienza.
24L'abbondanza dei saggi è la salvezza del mondo;
un re saggio è la salvezza di un popolo.
25Lasciatevi dunque ammaestrare dalle mie parole
e ne trarrete profitto.


Salmi 22

1'Al maestro del coro. Sull'aria: "Cerva dell'aurora". Salmo. Di Davide.'

2"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza":
sono le parole del mio lamento.
3Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.

4Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
6a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.

7Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
8Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9"Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico".

10Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
11Al mio nascere tu mi hai raccolto,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12Da me non stare lontano,
poiché l'angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.

13Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
14Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
15Come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
16È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.

17Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
19si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.

20Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
21Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
22Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
23Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.

24Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;
25perché egli non ha disprezzato
né sdegnato l'afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.

26Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
"Viva il loro cuore per sempre".
28Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
29Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
30A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

E io vivrò per lui,
31lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
"Ecco l'opera del Signore!".


Baruc 3

1Signore onnipotente, Dio d'Israele, un'anima angosciata, uno spirito tormentato grida verso di te.2Ascolta, Signore, abbi pietà, perché abbiamo peccato contro di te.3Tu domini sempre, noi continuamente periamo.4Signore onnipotente, Dio d'Israele, ascolta dunque la supplica dei morti d'Israele, dei figli di coloro che hanno peccato contro di te: essi non hanno ascoltato la voce del Signore loro Dio e a noi si sono attaccati questi mali.5Non ricordare l'iniquità dei nostri padri, ma ricordati ora della tua potenza e del tuo nome,6poiché tu sei il Signore nostro Dio e noi ti loderemo, Signore.7Per questo tu hai riempito i nostri cuori del tuo timore perché invocassimo il tuo nome. Noi ti lodiamo ora nell'esilio, poiché abbiamo allontanato dal cuore tutta l'iniquità dei nostri padri, i quali hanno peccato contro di te.8Ecco, siamo ancor oggi esiliati e dispersi, oggetto di obbrobrio, di maledizione e di condanna per tutte le iniquità dei nostri padri, che si sono ribellati al Signore nostro Dio.

9Ascolta, Israele, i comandamenti della vita,
porgi l'orecchio per intender la prudenza.
10Perché, Israele, perché ti trovi in terra nemica
e invecchi in terra straniera?
11Perché ti contamini con i cadaveri
e sei annoverato fra coloro che scendono negli inferi?
12Tu hai abbandonato la fonte della sapienza!
13Se tu avessi camminato nei sentieri di Dio,
saresti vissuto sempre in pace.
14Impara dov'è la prudenza,
dov'è la forza, dov'è l'intelligenza,
per comprendere anche dov'è la longevità e la vita,
dov'è la luce degli occhi e la pace.
15Ma chi ha scoperto la sua dimora,
chi è penetrato nei suoi forzieri?
16Dove sono i capi delle nazioni,
quelli che dominano le belve che sono sulla terra?
17Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo,
quelli che ammassano argento e oro,
in cui confidano gli uomini,
e non pongono fine ai loro possessi?
18Coloro che lavorano l'argento e lo cesellano
senza rivelare il segreto dei loro lavori?
19Sono scomparsi, sono scesi negli inferi
e altri hanno preso il loro posto.
20Nuove generazioni hanno visto la luce
e sono venute ad abitare il paese,
ma non hanno conosciuto la via della sapienza,
21non hanno appreso i suoi sentieri;
neppure i loro figli l'hanno raggiunta,
anzi, si sono allontanati dalla sua via.
22Non se n'è sentito parlare in Canaan,
non si è vista in Teman.
23I figli di Agar, che cercano sapienza terrena,
i mercanti di Merra e di Teman,
i narratori di favole, i ricercatori dell'intelligenza
non hanno conosciuto la via della sapienza,
non si son ricordati dei suoi sentieri.
24Israele, quanto è grande la casa di Dio,
quanto è vasto il luogo del suo dominio!
25È grande e non ha fine,
è alto e non ha misura!
26Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi,
alti di statura, esperti nella guerra;
27ma Dio non scelse costoro
e non diede loro la via della sapienza:
28perirono perché non ebbero saggezza,
perirono per la loro insipienza.
29Chi è salito al cielo per prenderla
e farla scendere dalle nubi?
30Chi ha attraversato il mare e l'ha trovata
e l'ha comprata a prezzo d'oro puro?
31Nessuno conosce la sua via,
nessuno pensa al suo sentiero.
32Ma colui che sa tutto, la conosce
e l'ha scrutata con l'intelligenza.
È lui che nel volger dei tempi ha stabilito la terra
e l'ha riempita d'animali;
33lui che invia la luce ed essa va,
che la richiama ed essa obbedisce con tremore.
34Le stelle brillano dalle loro vedette
e gioiscono;
35egli le chiama e rispondono: "Eccoci!"
e brillano di gioia per colui che le ha create.
36Egli è il nostro Dio
e nessun altro può essergli paragonato.
37Egli ha scrutato tutta la via della sapienza
e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo,
a Israele suo diletto.
38Per questo è apparsa sulla terra
e ha vissuto fra gli uomini.


Atti degli Apostoli 10

1C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica,2uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio.3Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: "Cornelio!".4Egli lo guardò e preso da timore disse: "Che c'è, Signore?". Gli rispose: "Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio.5E ora manda degli uomini a Giaffa e fa' venire un certo Simone detto anche Pietro.6Egli è ospite presso un tal Simone conciatore, la cui casa è sulla riva del mare".7Quando l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e,8spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa.
9Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare.10Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi.11Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi.12In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo.13Allora risuonò una voce che gli diceva: "Alzati, Pietro, uccidi e mangia!".14Ma Pietro rispose: "No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo".15E la voce di nuovo a lui: "Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".16Questo accadde per tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu risollevato al cielo.17Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all'ingresso.18Chiamarono e chiesero se Simone, detto anche Pietro, alloggiava colà.19Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: "Ecco, tre uomini ti cercano;20alzati, scendi e va' con loro senza esitazione, perché io li ho mandati".21Pietro scese incontro agli uomini e disse: "Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?".22Risposero: "Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli".23Pietro allora li fece entrare e li ospitò.
Il giorno seguente si mise in viaggio con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono.24Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi.25Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo.26Ma Pietro lo rialzò, dicendo: "Alzati: anch'io sono un uomo!".27Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro:28"Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo.29Per questo sono venuto senza esitare quando mi avete mandato a chiamare. Vorrei dunque chiedere: per quale ragione mi avete fatto venire?".30Cornelio allora rispose: "Quattro giorni or sono, verso quest'ora, stavo recitando la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste31e mi disse: Cornelio, sono state esaudite le tue preghiere e ricordate le tue elemosine davanti a Dio.32Manda dunque a Giaffa e fa' venire Simone chiamato anche Pietro; egli è ospite nella casa di Simone il conciatore, vicino al mare.33Subito ho mandato a cercarti e tu hai fatto bene a venire. Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato".

34Pietro prese la parola e disse: "In verità sto rendendomi conto che 'Dio non fa preferenze di persone',35ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto.36Questa è 'la parola che egli ha inviato' ai figli d'Israele, 'recando la buona novella' della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti.37Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni;38cioè come 'Dio consacrò in Spirito Santo' e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.39E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce,40ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse,41non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.42E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio.43Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".

44Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso.45E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo;46li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio.47Allora Pietro disse: "Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?".48E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Dopo tutto questo lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.


Capitolo XVI: Soltanto in Dio va cercata la vera consolazione

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1. Qualunque cosa io possa immaginare e desiderare per mia consolazione, non l'aspetto qui, ora, ma in futuro. Ché, pure se io potessi avere e godere da solo tutte le gioie e le delizie del mondo, certamente ciò non potrebbe durare a lungo. Sicché, anima mia, non potrai essere pienamente consolata e perfettamente confortata se non in Dio, che allieta i poveri e accoglie gli umili. Aspetta un poco, anima mia, aspetta ciò che Dio ha promesso e avrai in cielo la pienezza di ogni bene. Se tu brami disordinatamente i beni temporali, perderai quelli eterni del cielo: dei beni di quaggiù devi avere soltanto l'uso temporaneo, col desiderio fisso a quelli eterni. Anima mia, nessun bene di quaggiù, ti potrà appagare perché non sei stata creata per avere soddisfazione in queste cose. Anche se tu avessi tutti i beni del mondo, non potresti essere felice e beata, perché è in Dio, creatore di tutte le cose, che consiste la tua completa beatitudine e la tua felicità. Non è una felicità quale appare nella esaltazione di coloro che amano stoltamente questo mondo, ma una felicità quale si aspettano i buoni seguaci di Cristo; quale, talora, è pregustata, fin da questo momento, da coloro che vivono dello spirito e dai puri di cuore, "il cui pensiero è già nei cieli" (Fil 3,20).

2. Vano e di breve durata è il conforto che viene dagli uomini; santo e puro è quello che la verità fa sentire dal di dentro. L'uomo pio si porta con sé, dappertutto, il suo consolatore, Gesù, e gli dice: o Signore Gesù, stammi vicino in ogni luogo e in ogni tempo. La mia consolazione sia questa, di rinunciare lietamente ad ogni conforto umano. Che se mi verrà meno la tua consolazione, sia per me di supremo conforto, appunto, questo tuo volere, questa giusta prova; poiché "non durerà per sempre la tua collera e le tue minacce non saranno eterne" (Sal 102,9).


DISCORSO 190 NATALE DEL SIGNORE

Discorsi - Sant'Agostino

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Cristo è la nostra luce.

1. 1. Il Signore nostro Gesù, che era presso il Padre prima che nascesse da una madre, si scelse non solo una vergine da cui nascere ma anche il giorno in cui nascere. Anche gli uomini, benché soggetti ad errore, sogliono scegliersi i giorni: uno per piantare nuovi alberi, un altro per cominciare a costruire, un altro per intraprendere un viaggio, a volte un altro anche per prendere moglie. Chi fa così lo fa per poter con successo curare ciò che nasce dalla sua impresa. Ma nessuno può scegliersi il giorno in cui nascere. Cristo, che è stato il creatore di ambedue le cose - la madre e il giorno - le poté scegliere ambedue. Il giorno però non l'ha scelto come lo scelgono coloro che scioccamente fanno dipendere i destini dell'uomo dalla disposizione delle stelle. Infatti Cristo non è divenuto felice per il giorno nel quale è nato; ma ha fatto beato quel giorno nel quale si è degnato di nascere. Il giorno della sua nascita infatti porta il mistero della sua luce. Dice infatti l'Apostolo: È già notte inoltrata, il giorno si avvicina. Svestiamoci dunque delle opere che si compiono nelle tenebre e indossiamo le armi della luce. Camminiamo dignitosamente come in pieno giorno 1. Riconosciamo il vero giorno e diventiamo giorno! Eravamo infatti notte quando vivevamo senza la fede in Cristo. E poiché la mancanza della fede aveva avvolto come una notte il mondo intero, aumentando la fede la notte doveva diminuire. Perciò con il giorno del Natale del Signore nostro Gesù la notte comincia a diminuire e il giorno a crescere. Pertanto, fratelli, festeggiamo solennemente questo giorno, però non come i pagani che lo festeggiano a motivo dell'astro solare; ma festeggiamolo a motivo di colui che ha creato questo sole. Colui che è Verbo è divenuto carne 2 per poter vivere, a nostro vantaggio, sotto questo sole: sotto questo sole con il corpo, perché per la potenza è sopra l'universo intero, all'interno del quale creò il sole. Ora però Cristo si trova anche con il corpo al di sopra di questo sole, che viene adorato al posto di Dio da coloro che, ciechi di mente, non riescono a vedere il vero sole di giustizia.

Nella sua nascita Cristo onora l'uomo e la donna.

2. 2. Celebriamo in questo giorno, cristiani, non la sua nascita divina ma quella umana, con la quale si è fatto uguale a noi; perché per lui divenuto da invisibile visibile, noi potessimo, partendo dalle realtà visibili, giungere a quelle invisibili. Secondo la fede cattolica dobbiamo credere che due sono le nascite del Signore: una divina, l'altra umana; quella al di là del tempo, questa nel tempo. Però tutte e due mirabili: la prima senza necessità di madre, questa senza concorso di padre. Se non riusciamo a comprendere questa, come potremo parlare di quella divina 3? Chi potrebbe comprendere questa novità assolutamente straordinaria, inusitata, unica al mondo, incredibile ma divenuta credibile e incredibilmente creduta da tutti: che una vergine concepisse, una vergine partorisse e nel partorire rimanesse vergine? Ciò che la ragione umana non trova credibile l'accetta la fede; e dove vien meno la ragione umana lì avanza la fede. Chi oserà dire che il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 4, non avrebbe potuto formarsi un corpo anche senza una madre, come ha creato il primo uomo senza un padre e senza una madre? Ma poiché è lui che ha creato ambedue i sessi, quello maschile e quello femminile, nel nascere li volle onorare ambedue, perché è venuto per salvarli ambedue. Ricordate certamente il racconto del peccato del primo uomo; il serpente non osò rivolgersi all'uomo, ma per ingannarlo si servì della donna. Passando attraverso la creatura più debole conquistò anche la più forte, penetrando nel cuore della donna riportò vittoria su ambedue. Perciò, affinché non facessimo ricadere sulla donna, come se fossimo mossi da giusto sdegno, la nostra morte, e affinché non pensassimo che la donna sia stata condannata senza possibilità di salvezza, il Signore, venendo a cercare ciò che era perduto 5, volle occuparsi, onorandoli, di ambedue i sessi, perché ambedue erano perduti. Perciò in nessuno dei due sessi dobbiamo fare ingiuria al Creatore: la natività del Signore è garanzia per ambedue a sperare nella salvezza. Il sesso maschile è stato onorato nel corpo di Cristo, il sesso femminile è stato onorato nella madre di Cristo. La grazia di Gesù Cristo ha vinto l'astuzia del serpente.

Cristo Bambino e Verbo.

3. 3. Ambedue i sessi rinascano quindi in colui che oggi è nato e celebrino questo giorno. In questo giorno Cristo Signore non cominciò ad esistere ma, esistendo da sempre presso il Padre, portò alla luce di questo mondo il corpo che prese dalla madre; donò alla madre la fecondità, non le tolse l'integrità. Viene concepito, nasce, è infante. Chi è questo infante? - Si dice infante infatti perché non può favellare, cioè parlare -. È infante e nello stesso tempo è Verbo. Tace in quanto infante ma insegna per mezzo degli angeli. Viene annunziato ai pastori colui che è principe e pastore dei pastori e giace in una mangiatoia come foraggio per i giumenti fedeli. Era stato predetto per mezzo del profeta: Il bue ha conosciuto il suo proprietario e l'asino la mangiatoia del suo padrone 6. Perciò sedette sopra un asinello quando entrò a Gerusalemme tra le acclamazioni di una moltitudine di gente che lo precedeva e lo seguiva 7. Riconosciamolo anche noi, accostiamoci anche noi alla mangiatoia, mangiamo anche noi il foraggio, portiamo su di noi il Signore, colui che ci regge, per arrivare, dietro alla sua guida, alla Gerusalemme celeste. La nascita di Cristo dalla madre è avvenuta nella debolezza, ma la nascita di Cristo dal Padre è avvenuta nella potenza. Cristo ha avuto nei giorni temporali un giorno temporale; ma lui è il giorno eterno sorto dal giorno eterno.

Cristo si è fatto debole per farci forti.

3. 4. Giustamente la voce del suo Salmo ci accende di fervore, come voce di tromba celeste, quando ascoltiamo: Cantate al Signore un canto nuovo; canta al Signore, terra tutta; cantate al Signore e benedite il suo nome 8. Riconosciamo e annunziamo il giorno da giorno, che è nato nella carne in questo giorno terreno. Giorno Figlio dal Giorno Padre, Dio da Dio, luce da luce. Questa è infatti la salvezza di cui si parla in un altro Salmo: Dio ci sia propizio e ci benedica, ci mostri sereno il suo volto; perché ci siano note sulla terra le tue vie, la tua salvezza fra tutte le genti 9. Il concetto espresso prima con le parole sulla terra lo ripete poi con l'espressione fra tutte le genti; e quanto prima ha detto con la tua via lo ripete con l'espressione la tua salvezza. Ricordiamo che lo stesso Signore ha detto: Io sono la via 10. E quando poco fa ci è stato letto il Vangelo, abbiamo udito che al fortunato vecchio Simeone era stato rivelato da Dio che non avrebbe assaggiato la morte prima di aver visto il Cristo del Signore. Costui, preso tra le braccia Cristo bambino e riconosciuto nel piccolo il grande Signore, esclamò: Ora lascia, Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza 11. Proclamiamo dunque - ed è bene che lo facciamo - il giorno da giorno, la sua salvezza. Proclamiamo tra le genti la sua gloria, fra tutti i popoli le sue meraviglie 12. Egli giace in una mangiatoia, ma contiene l'universo intero; succhia da un seno, ma è il pane degli angeli; è avvolto in pochi panni, ma ci riveste dell'immortalità; viene allattato, ma viene adorato; non trova riparo in un albergo, ma si costruisce il tempio nel cuore dei suoi fedeli. Perché la debolezza divenisse forte la fortezza si è fatta debole. Perciò non solo non disprezziamo, ma anzi ammiriamo ancor più anche la sua nascita nel corpo e in questo evento riconosciamo quanto una così grande dignità si sia umiliata per noi. Con questa considerazione accendiamo di carità i nostri cuori per poter arrivare alla sua vita eterna.

 

1 - Rm 13, 12-13.

2 - Cf. Gv 1, 14.

3 - Cf. Is 53, 8.

4 - Cf. Gv 1, 3.

5 - Cf. Lc 19, 10.

6 - Is 1, 3.

7 - Cf. Mt 21, 1-9.

8 - Sal 95, 1-2.

9 - Sal 66, 2-3.

10 - Gv 14, 6.

11 - Lc 2, 29-30.

12 - Sal 95, 2-3.


17 - Le occupazioni di Maria santissima dopo la morte di san Giuseppe ed alcuni fatti avvenuti con i suoi angeli.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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895. La perfezione cristiana è tutta racchiusa nei due generi di vita - attiva e contemplativa - che la Chiesa conosce. Alla prima appartengono le opere corporali e sensibili, che si esercitano col prossimo nelle molte e molto varie situazioni dell'esistenza umana e che riguardano le virtù morali; tali virtù, poi, perfezionano tutte queste azioni della vita attiva. Alla seconda appartengono le attività interiori dell'intelletto e della volontà; il loro oggetto è nobilissimo, spirituale e proprio della creatura intellettuale e razionale. Per questo la vita contemplativa è superiore a quella attiva, è in sé più amabile e in un certo senso più quieta, più dilettevole e bella, anche perché si avvicina maggiormente al fine ultimo che è Dio. Essa, infatti, consiste nell'altissima conoscenza e nell'amore di lui, partecipando in misura maggiore della vita eterna. Espressione di questi due generi di vita sono Marta e Maria: una quieta e dolce, l'altra sollecita e agitata; sono ancora le altre due sorelle e spose Lia e Rachele: una feconda, ma brutta e con gli occhi smorti, l'altra bella e graziosa, ma inizialmente sterile. Infatti la vita attiva è più fruttuosa - benché divisa in molte e varie occupazioni nelle quali si turba -, ma non ha occhi abbastanza limpidi per penetrare le cose sublimi e divine. Al contrario, la vita contemplativa è bellissima - anche se al principio non è tanto feconda - perché dà il suo frutto più tardi mediante l'orazione e i meriti, che suppongono una grande santità ed amicizia con Dio al fine di obbligarlo ad estendere la sua liberalità verso altre anime; la vita contemplativa, tuttavia, dà frutti di benedizioni molto copiose e di grande valore.

896. Unire queste due vite è il massimo della perfezione cristiana, ma è tanto difficile, come si vede in Marta e Maria, in Lia e Rachele, che non furono una sola persona, ma due differenti. Nessuna di loro poté infatti rappresentarle entrambe per la difficoltà di riunirle perfettamente e contemporaneamente in sé. In ciò i santi faticarono molto e a questo stesso scopo furono indirizzate la dottrina dei maestri di spirito, le tante istruzioni degli uomini apostolici e dotti, gli esempi degli apostoli e dei fondatori degli ordini religiosi. Tutti costoro procurarono di unire la contemplazione con l'azione nella misura in cui, con la grazia divina, fu loro concesso. Nonostante ciò, sempre compresero che la vita attiva, per la moltitudine delle sue azioni in relazione alle cose materiali, distrae il cuore e lo turba, come il Signore disse a Marta. Inoltre, per quanto il cuore fatichi per sollevarsi agli oggetti altissimi della contemplazione, in questa vita non può conseguire questo fine che con grande difficoltà e per breve tempo, salvo che non l'ottenga altrimenti per uno speciale privilegio della destra dell'Altissimo. Per questa ragione i santi che si diedero alla contemplazione cercarono di proposito gli eremi e la solitudine; invece, quelli dediti alla vita attiva e alla salvezza delle anime per mezzo della predicazione e dell'insegnamento, si riservavano una parte del tempo per ritirarsi dalle attività esteriori e dividevano i giorni dedicando alcune ore alla contemplazione ed altre alle varie occupazioni. Operando tutto con perfezione, ottennero il merito ed il premio di entrambe le vite, che si fonda unicamente sull'amore e sulla grazia.

897. Solo Maria santissima unì questi due generi di vita in grado supremo, senza che l'altissima e ardentissima contemplazione venisse in lei ostacolata dalle azioni esterne della vita attiva. Nella nostra prudentissima e grande Regina si trovarono la sollecitudine di Marta senza agitazione, la quiete di Maria senza ozio. Ella ebbe la bellezza di Rachele e la fecondità di Lia, e fu l'unica a racchiudere veramente in sé ciò che significavano queste differenti sorelle. Infatti, sebbene servisse il suo sposo infermo e lo sostentasse col suo lavoro e nello stesso tempo facesse altrettanto per il suo Figlio santissimo, in tali occupazioni la sua contemplazione non s'interrompeva né veniva impedita; inoltre, ella non aveva bisogno di cercarsi tempi di solitudine e ritiro per rasserenare il suo cuore pacifico e sollevarlo al di sopra dei più sublimi serafini. Quando si trovò sola, tuttavia, e non più impegnata dalla compagnia del suo sposo, indirizzò la sua vita e i suoi esercizi al solo ministero dell'amore interiore. Subito conobbe nell'intimo del suo Figlio santissimo che quella era anche là volontà di lui; era infatti suo beneplacito che ella moderasse la fatica fisica, in cui si era impegnata in passato lavorando giorno e notte per accudire il santo infermo, e che al posto di questo esercizio accompagnasse sua Maestà nelle preghiere e nelle opere altissime che egli compiva.

898. Il medesimo Signore le manifestò pure che per il poco cibo loro necessario bastava lavorare una parte del giorno. Fino ad allora, infatti, avevano usato un altro criterio per amore a san Giuseppe e per accompagnarlo e consolarlo quando doveva mangiare; ma da quel giorno in poi il Figlio santissimo e la sua beatissima Madre mangiarono una sola volta al giorno, alle sei di sera. Molte volte si nutrivano solo di pane, altre la divina Signora aggiungeva frutta ed erbe, o pesce. Questo era il più grande banchetto del Re e della Regina del cielo e della terra. Benché fosse sempre stata somma la loro temperanza ed ammirabile l'astinenza, quando rimasero soli, esse furono maggiori e mai se ne dispensarono se non nella qualità del cibo e nell'orario della cena. Quando erano invitati, mangiavano in poca quantità ciò che veniva messo loro davanti senza rifiutare, incominciando a mettere in pratica il consiglio che poi il Signore avrebbe dato ai suoi discepoli nel mandarli a predicare. La grande Signora serviva quel povero cibo in ginocchio chiedendone prima il permesso e con la stessa venerazione lo preparava, perché doveva servire da alimento al suo figlio e Dio vero.

899. La presenza di san Giuseppe non aveva impedito alla prudentissima Madre di trattare il suo Figlio santissimo con ogni riguardo. Ella non perse tempo, né tralasciò azione alcuna di quelle che allora doveva compiere e che erano convenienti; ma dopo la morte del santo, la gran Signora cominciò a prostrarsi e genuflettersi con più frequenza, perché era più libera alla presenza degli angeli che a quella del suo sposo, che era pur sempre uomo. Molte volte stava prostrata in terra finché lo stesso Signore non le ordinava di alzarsi e molto spesso gli baciava i piedi, altre volte la mano, di solito con lacrime di profondissima umiltà e riverenza; stava sempre alla presenza di sua Maestà con atti o segni di adorazione e di ardentissimo amore, interiormente pronta ad imitarlo e sottomessa al suo divino beneplacito. Sebbene non avesse colpe, né la benché minima negligenza o imperfezione nel servizio e nell'amore del suo Figlio altissimo, stava sempre attenta come il servo e la schiava sono attenti alla mano del loro padrone per ottenerne le grazie che desiderano. Non è possibile che entri in mente umana la conoscenza del Signore che la nostra Regina ebbe per comprendere e compiere tante e così divine azioni, come ne fece in compagnia del Verbo incarnato negli anni in cui vissero insieme con la sola compagnia degli angeli che li servivano. Questi ne furono gli unici testimoni oculari e, vedendosi tanto inferiori alla sapienza e alla purezza di una semplice creatura, degna di tanta santità, furono ricolmi di lode ed ammirazione. Ella sola infatti arrivò a dare pieno compimento alle opere della grazia.

900. In questo tempo, la Regina del cielo ebbe con i santi angeli stessi dolcissime contese circa le azioni umili e ordinarie necessarie al servizio del Verbo incarnato e della sua umile casa, perché non vi era chi le potesse fare se non la stessa Imperatrice e questi nobilissimi e fedelissimi vassalli e ministri, i quali per tale scopo erano presenti in forma umana, pronti e solleciti nel provvedere a tutto. La gran Signora voleva scopare, sistemare le povere masserizie, lavare i piatti e preparare tutto il necessario con le proprie mani, ma i cortigiani dell'Altissimo, veramente cortesi e più veloci di lei nell'operare - benché non più umili -, compivano queste azioni prevenendo la loro Regina. Talvolta sua Altezza li incontrava mentre eseguivano ciò che desiderava fare lei ed essi, sul momento, ubbidendo alla sua parola le lasciavano esprimere tutta la sua umiltà e il suo amore. Infatti, affinché non la impedissero nei suoi desideri, Maria parlava loro e diceva: «Ministri dell'Altissimo, spiriti purissimi nei quali riverberano gli splendori con cui la sua divinità mi illumina, questi compiti umili non si addicono al vostro stato, alla vostra natura e condizione, bensì alla mia, poiché, oltre ad essere polvere, sono anche la più piccola di tutti i mortali e la schiava più debitrice del mio Signore e figlio. Lasciatemi compiere, amici miei, ciò che mi spetta, perché possa trarne profitto nel servizio dell'Altissimo col merito che voi non potete acquistare a causa della vostra dignità e del vostro stato. Io conosco il valore di queste opere servili che il mondo disprezza, e l'Altissimo non mi diede questa luce perché le affidassi ad altri, ma perché le facessi io stessa».

901. «Regina e signora nostra - rispondevano gli angeli -, è vero che ai vostri occhi e a quelli dell'Altissimo queste azioni sono tanto stimabili, ma, se con esse voi conseguite il prezzo della vostra incomparabile umiltà, considerate anche che noi mancheremmo all'obbedienza dovuta al Signore se non vi servissimo come sua Maestà altissima ci ha ordinato. Inoltre, se tralasciassimo qualunque ossequio permessoci dall'alto per riconoscervi nostra legittima Signora, mancheremmo anche alla giustizia. Il merito poi che perdete non eseguendo questi servizi modesti, viene facilmente compensato dalla mortificazione di non adempierli e dal desiderio ardentissimo con cui li ricercate». La prudentissima Signora rispondeva a queste ragioni dicendo: «No, spiriti sovrani, non deve essere così come voi volete, perché se giudicate grande dovere il servire me come Madre del vostro Signore e creatore, considerate che egli mi sollevò dalla polvere a questa dignità, ed il mio debito per tale beneficio è maggiore del vostro. Quindi, essendo tanto più grande la mia obbligazione, ancora più grande deve essere la mia corrispondenza: se voi volete servire il mio Figlio come creature plasmate dalla sua mano, io devo farlo per questo stesso motivo e in più per il fatto che sono sua madre; quindi avrò sempre più diritto di voi ad essere costantemente umile e riconoscente».

902. Queste e altre simili erano le dolci e ammirabili contese fra Maria santissima e i suoi angeli, nelle quali la palma dell'umiltà restava sempre in mano alla loro Regina e maestra. Il mondo ignori giustamente misteri tanto imperscrutabili, dei quali la vanità e la superbia lo rendono indegno. La stolta arroganza giudichi pure basse e spregevoli queste occupazioni servili; le apprezzino i cortigiani del cielo, che ne conoscono il valore, e le ambisca per sé la stessa Regina dei cieli e della terra, che seppe dare loro la giusta importanza. Ma lasciamo ora il mondo con la sua ignoranza o con la sua discolpa, sia come sia, perché l'umiltà non è fatta per i cuori alteri, i servizi umili non si accordano con la porpora e le tele finissime, lo spazzare e il lavare i piatti non va d'accordo con i ricchi gioielli e i broccati, né le preziose gemme di queste virtù sono fatte per tutti senza distinzione. Tuttavia, se nella scuola dell'umiltà e del disprezzo - cioè negli ordini religiosi - si verificasse il contagio della superbia del mondo e si reputasse difetto e disonore questa umiliazione, non possiamo negare che ciò sarebbe assai vergognoso e biasimevole. Se noi religiose e religiosi disprezziamo questi benefici e queste occupazioni servili e - come fanno quelli del mondo - stimiamo bassezza il compierle, con che animo ci metteremo alla presenza degli angeli e della loro e nostra Regina, la quale reputò onore stimabilissimo le opere che noi giudichiamo vili e disdicevoli?

903. Sorelle mie, figlie di questa grande Regina e signora, parlo con voi, che dietro a lei siete chiamate e condotte al palazzo del Re con esultanza e gioia vera: non vogliate rendervi indegne del titolo onorifico di tale madre! Se ella stessa, che era Regina degli angeli e degli uomini, si abbassava a queste opere infime ed umili, che sembrerà agli occhi suoi e a quelli del Signore se la schiava sarà altera, superba, vana e sprezzante dell'umiltà? Esca dalla nostra comunità questo inganno, lasciamolo a Babilonia e ai suoi abitanti; gloriamoci di ciò che sua Altezza ebbe come corona e sia per noi vergogna, vituperio e severo monito il non avere le medesime contese che ella ebbe con gli angeli per vincere nell'umiltà. Gareggiamo nell'affrettarci a compiere i servizi più modesti e provochiamo nei nostri custodi questa competizione tanto gradita alla grande Regina e al suo Figlio santissimo, nostro sposo.

904. Affinché comprendiamo che senza vera umiltà è temerario appagarci di consolazioni spirituali o sensibili poco sicure e che esserne avidi sarebbe pazzo ardimento, volgiamo l'attenzione alla nostra celeste Maestra, che è l'esempio perfetto della vita santa. Alle opere umili e servili si alternavano in lei i favori e i doni del cielo. Molte volte, quando stava in preghiera col suo Figlio santissimo, accadeva che con voci soavi e dolce armonia gli angeli cantassero loro gli inni e i canti che la beatissima Madre aveva composto a lode dell'essere infinito di Dio e del mistero dell'incarnazione del Verbo. Affinché poi essi ripetessero questi cantici al loro stesso Signore e creatore, la Regina li chiamava e chiedeva loro di comporre altri canti alternando i versetti con lei; essi le obbedivano con ammirazione, vedendo la sua profonda sapienza in ciò che di nuovo rispondeva. Quando poi il suo Figlio santissimo mangiava o si ritirava a riposare, ella, madre premurosa ed amorevole, ordinava loro di suonargli da parte sua una dolce musica; e quando la prudentissima Madre lo comandava, il Signore lo permetteva per dare spazio all'ardente carità e venerazione con cui ella lo serviva in quegli ultimi anni. Per poter riferire tutto quello che mi fu manifestato, sarebbero stati necessari un discorso più lungo e una capacità maggiore della mia. Da ciò che ho accennato, tuttavia, si può conoscere qualcosa di misteri così profondi e trovare motivo di magnificare e benedire questa grande Signora e regina. Che tutte le nazioni la conoscano e la chiamino benedetta fra tutte le creature, Madre degnissima del Creatore e redentore del mondo!

 

Insegnamento della Regina del cielo

905. Figlia mia, prima di farti parlare di altri misteri, voglio che tu sia ben istruita su quello contenuto in tutte le cose che l'Altissimo ha disposto in me per rispetto a san Giuseppe. Quando mi sposai con lui il Signore mi comandò di regolarmi diversamente nel mangiare e nelle altre opere esteriori per adeguarmi al suo modo di procedere, dato che, egli era il capo ed io, nelle cose ordinarie, ero inferiore a lui. Il mio Figlio santissimo fece lo stesso, poiché, pur essendo vero Dio, esteriormente stava sottomesso a colui che dal mondo era ritenuto suo padre. Quando poi restammo soli dopo la morte del mio sposo, cambiammo la nostra regola nel mangiare e nelle altre attività. Prima di allora sua Maestà non volle che fosse san Giuseppe ad adattarsi a noi, ma noi a lui, come richiedeva l'ordine comune del mio stato; tantomeno l'Altissimo fece miracoli perché egli vivesse senza il solito ordine ed alimento. Il Signore, infatti, procede sempre come maestro delle virtù e indica a tutti ciò che è più perfetto: ai genitori come ai figli, ai prelati e ai superiori come ai sudditi. Insegna ai padri e alle madri ad amare i loro figli, ad aiutarli, sostentarli, ammonirli, correggerli ed avviarli alla salvezza eterna senza negligenza né lentezza; ai figli ad amare, stimare ed onorare i genitori come principio della loro vita e del loro essere, obbedendo con diligenza, osservando la legge naturale e divina che già di per sé implica un tale comportamento. Fare il contrario, infatti, è cosa mostruosa ed orrenda. Il divin Maestro insegna inoltre ai prelati e ai superiori ad amare i loro sottoposti e a guidarli come figli; ai sudditi, infine, ad ubbidire senza opporre resistenza, anche quando fossero per condizioni e qualità maggiori dei loro superiori, perché il superiore, in quanto rappresenta Dio, è sempre più grande, benché poi la vera carità ci faccia divenire tutti una cosa sola.

906. Affinché tu possa ottenere questa grande virtù, voglio che ti adatti alle tue sorelle e suddite senza cerimonie affettate né gesti imperfetti e che ti comporti con loro con schiettezza e sincerità cristallina: prega quando pregano, mangia e lavora insieme a loro e partecipa alla ricreazione. Nelle congregazioni, infatti, la più grande perfezione si fonda sul seguire lo spirito comune. Se farai così, sarai guidata dallo Spirito Santo, che regge le comunità ben organizzate. Con quest'ordine, tuttavia, puoi ben superare le altre nell'astinenza mangiando meno di tutte, benché ti pongano innanzi la stessa quantità di cibo; lascia ciò di cui ti vorrai privare per amore del tuo Sposo e per amore mio, ma fallo senza metterti in mostra. Se non sarai impedita da qualche grave infermità, non mancare mai alle preghiere comuni, a meno che l'obbedienza dei superiori non ti tenga occupata in tali tempi; partecipa ad esse con speciale riverenza, timore, attenzione e devozione, poiché molte volte ivi sarai visitata dal Signore.

907. Voglio, similmente, che da questo capitolo tu apprenda la vigilante cautela necessaria nel nascondere quelle opere che potrai fare in segreto seguendo il mio esempio. Infatti, sebbene io non avessi ragione di premunirmi dal compierle alla presenza del mio santo sposo Giuseppe, davo ad esse questa maggiore perfezione e prudenza, perché il nascondimento di per sé le rende più lodevoli. Questo non è tuttavia necessario nelle azioni comuni con le quali devi dare esempio senza nascondere la luce, poiché mancare in ciò potrebbe dare scandalo ed essere degno di riprensione. Molte altre cose, che si possono fare lontano dalla vista delle creature, non si devono esporre con leggerezza al pericolo della pubblicità e dell'ostentazione. Con questa segretezza potrai fare molte genuflessioni come facevo io e, prostrata a terra, potrai umiliarti adorando la suprema maestà dell'Altissimo, affinché il corpo mortale, che appesantisce l'anima, venga offerto in sacrificio gradito per riparare i moti sregolati compiuti contro la ragione e la giustizia. In tal modo, quindi, non vi sarà nulla in te che non venga dedicato al servizio del tuo Creatore e sposo e il corpo compenserà in una qualche misura il molto che ha impedito e impedisce all'anima con le sue passioni e i suoi difetti terreni.

908. Con questo intento procura sempre di tenere il corpo completamente assoggettato; fa' in modo che i benefici che gli vengono concessi servano solo per sostentarlo, affinché possa servire l'anima e non si crogioli nei suoi capricci e nelle sue passioni. Mortificalo e schiaccialo rendendolo come morto a tutto ciò che è piacevole per i sensi, finché giunga a un punto tale che le attività comuni e necessarie alla vita gli siano di pena piuttosto che di piacere, di amarezza piuttosto che di pericoloso diletto. E sebbene in altre circostanze ti abbia manifestato il valore di questa umiliazione, adesso col mio esempio imparerai a stimare maggiormente qualunque atto di umiltà e di mortificazione. Ora ti comando di non disprezzarne alcuno e di non giudicarlo piccolo; al contrario devi reputare questi atti un tesoro inestimabile e fare in modo di guadagnartelo. Per ottenere ciò devi essere avida, affrettandoti agli uffici servili dello scopare e pulire la casa e al servizio delle sorelle inferme e bisognose, come ti ho ordinato altre volte; in tutte queste azioni mi terrai davanti ai tuoi occhi come modello, affinché la mia premura nell'umiltà ti serva da stimolo, l'imitarmi ti dia gioia e vergogna la negligenza nel non farlo. Se in me fu tanto necessaria tale virtù per trovare grazia e compiacimento agli occhi del Signore - sebbene non lo avessi mai offeso in tutta la mia esistenza - e se per ottenere che la sua destra divina mi sollevasse io mi abbassai, quanto maggiormente hai bisogno tu di prostrarti nella polvere e di annichilirti nel tuo essere, essendo stata concepita nel peccato e avendo offeso Dio più volte! Umiliati sino al non essere e riconosci di aver malamente impiegato la vita che l'Altissimo ti ha dato; il fatto di esistere sia dunque per te di maggiore umiliazione, affinché tu trovi il tesoro della grazia.


16-41 Gennaio 20, 1924 Il mare della Divina Volontà, è mare di luce e di fuoco, senza porto e senza lido.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi trovavo nel duro stato delle mie solite privazioni dell’amato mio bene, ed io mi sentivo immersa nelle amarezze, priva di Colui che è il solo che fa sorgere il sole, il calore, il sorriso, la felicità nella povera anima mia; senza di Lui è sempre notte, resto intirizzita dal freddo della sua privazione, sono infelice. Quindi mi sentivo oppressa, ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, coraggio, non ti lasciar in preda dell’oppressione, se sapessi quanto Io ne soffro nel vederti soffrire, tanto che per non vederti tanto soffrire ti addormento, ma Io me ne sto a te vicino, non ti lascio; e mentre tu dormi Io faccio per te ciò che dovremmo fare insieme se tu vegliassi, perché non è che sei tu che vuoi dormire, sono Io che lo voglio e perciò ti supplisco. Vedi quanto ti amo, se sapessi quanto soffro quando ti veggo svegliare, spasimare perché non hai avvertito che ti stavo vicino, perché ti avevo Io stesso assonnata nello spasimo della mia privazione. E’ vero che soffri, Io soffro, ma è il nodo del mio Volere che anche in questo scorre in te, che stringendoti di più rende più stabile la nostra unione. Perciò coraggio, e poi ricordati che sei la mia piccola barchetta nella mia Volontà, e la Volontà Divina non è mare di acqua che ha i suoi porti ed i suoi lidi, dove fanno le fermate le barche, le navi, i passeggeri, dove si riposano, si danno al bel tempo, e molti passeggeri non ritornano neppure a valicare più il mare. Il mare della mia Volontà è mare di luce e di fuoco, senza porto e senza lido, quindi per la mia piccola barchetta non ci sono fermate, deve sempre valicare, ma con tale velocità, da racchiudere in ogni tuo palpito e atto tutta la interminabile eternità, in modo da congiungerli insieme a quel palpito e atto eterno, il quale è palpito e atto di ciascuno; e tu valicando su tutto, farai in ogni tuo palpito il giro dell’eternità, prenderai tutto e ci porterai tutto ciò che dalla Divinità esce, per dare e per ricevere, ma mentre dà non riceve, e la mia piccola barchetta tiene il compito di valicare nel mare immenso della mia Volontà, per ricambiarci di tutto ciò che esce da Noi, perciò, se ti opprimi perderai l’attenzione del giro, ed il mare del mio Volere, non sentendosi agitato dai veloci giri della mia piccola barchetta, ti brucerà di più e spasimerai di più per la mia privazione; invece se giri sempre, sarai come quel dolce venticello, che mentre porterai refrigerio al nostro fuoco, ti servirà per raddolcire lo spasimo che soffri per la mia privazione”.