Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 31° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 12
1In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.2Ciò vedendo, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato".3Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?6Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.7Se aveste compreso che cosa significa: 'Misericordia io voglio e non sacrificio', non avreste condannato individui senza colpa.8Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato".
9Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga.10Ed ecco, c'era un uomo che aveva una mano inaridita, ed essi chiesero a Gesù: "È permesso curare di sabato?". Dicevano ciò per accusarlo.11Ed egli disse loro: "Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non l'afferra e la tira fuori?12Ora, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Perciò è permesso fare del bene anche di sabato".13E rivolto all'uomo, gli disse: "Stendi la mano". Egli la stese, e quella ritornò sana come l'altra.14I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.
15Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti,16ordinando loro di non divulgarlo,17perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia:
18'Ecco il mio servo che io ho scelto;
il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annunzierà la giustizia alle genti.'
19'Non contenderà, né griderà,
né si udrà sulle piazze la sua voce.'
20'La canna infranta non spezzerà,
non spegnerà il lucignolo fumigante,
finché abbia fatto trionfare la giustizia;'
21'nel suo nome spereranno le genti.'
22In quel tempo gli fu portato un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva.23E tutta la folla era sbalordita e diceva: "Non è forse costui il figlio di Davide?".24Ma i farisei, udendo questo, presero a dire: "Costui scaccia i demòni in nome di Beelzebùl, principe dei demòni".
25Ma egli, conosciuto il loro pensiero, disse loro: "Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi.26Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso; come potrà dunque reggersi il suo regno?27E se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri figli in nome di chi li scacciano? Per questo loro stessi saranno i vostri giudici.28Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio.29Come potrebbe uno penetrare nella casa dell'uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto gli potrà saccheggiare la casa.30Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.31Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.32A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.
33Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero.34Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore.35L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.36Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio;37poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato".
38Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: "Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno". Ed egli rispose:39"Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta.40Come infatti 'Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce', così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.41Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!42La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!
43Quando lo spirito immondo esce da un uomo, se ne va per luoghi aridi cercando sollievo, ma non ne trova.44Allora dice: Ritornerò alla mia abitazione, da cui sono uscito. E tornato la trova vuota, spazzata e adorna.45Allora va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione perversa".
46Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli.47Qualcuno gli disse: "Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti".48Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".49Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli;50perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre".
Levitico 2
1Se qualcuno presenterà al Signore un'oblazione, la sua offerta sarà di fior di farina, sulla quale verserà olio e porrà incenso.2La porterà ai figli di Aronne, i sacerdoti; il sacerdote prenderà da essa una manciata di fior di farina e d'olio, con tutto l'incenso, e lo brucerà sull'altare come memoriale: è un sacrificio consumato dal fuoco, profumo soave per il Signore.3Il resto dell'offerta di oblazione sarà per Aronne e per i suoi figli, cosa santissima, proveniente dai sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore.4Quando offrirai una oblazione cotta nel forno, essa consisterà in focacce azzime di fior di farina impastata con olio e anche di schiacciate azzime spalmate di olio.5Se la tua offerta sarà un'oblazione cotta sulla teglia, sarà di fior di farina, azzima e impastata con olio;6la farai a pezzi e sopra vi verserai olio: è un'oblazione.7Se la tua offerta sarà una oblazione cotta nella pentola, sarà fatta con fior di farina nell'olio:8porterai al Signore l'oblazione così preparata e la presenterai al sacerdote, che la offrirà sull'altare.9Il sacerdote preleverà dall'oblazione il memoriale e lo brucerà sull'altare: sacrificio consumato dal fuoco, profumo soave per il Signore.10Il resto dell'oblazione sarà per Aronne e per i suoi figli, cosa santissima, proveniente dai sacrifici consumati dal fuoco per il Signore.
11Nessuna delle oblazioni che offrirete al Signore sarà lievitata: non brucerete né lievito, né miele come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore;12potrete offrire queste cose al Signore come offerta di primizie, ma non saliranno sull'altare a titolo di profumo soave.13Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell'alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta offrirai del sale.
14Se offrirai al Signore una oblazione di primizie, offrirai come tua oblazione di primizie spighe di grano fresche abbrustolite sul fuoco e chicchi pestati di grano nuovo.15Verserai olio sopra di essa, vi metterai incenso: è una oblazione.16Il sacerdote brucerà come memoriale una parte dei chicchi e dell'olio insieme con tutto l'incenso: è un sacrificio consumato dal fuoco per il Signore.
Salmi 62
1'Al maestro del coro. Su "Iduthun". Salmo. Di Davide.'
2Solo in Dio riposa l'anima mia;
da lui la mia salvezza.
3Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
4Fino a quando vi scaglierete contro un uomo,
per abbatterlo tutti insieme,
come muro cadente,
come recinto che crolla?
5Tramano solo di precipitarlo dall'alto,
si compiacciono della menzogna.
Con la bocca benedicono,
e maledicono nel loro cuore.
6Solo in Dio riposa l'anima mia,
da lui la mia speranza.
7Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
8In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
9Confida sempre in lui, o popolo,
davanti a lui effondi il tuo cuore,
nostro rifugio è Dio.
10Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
una menzogna tutti gli uomini,
insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.
11Non confidate nella violenza,
non illudetevi della rapina;
alla ricchezza, anche se abbonda,
non attaccate il cuore.
12Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la grazia;
13secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo.
Salmi 105
1Alleluia.
Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere.
2Cantate a lui canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
3Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
4Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.
5Ricordate le meraviglie che ha compiute,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca:
6voi stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
7È lui il Signore, nostro Dio,
su tutta la terra i suoi giudizi.
8Ricorda sempre la sua alleanza:
parola data per mille generazioni,
9l'alleanza stretta con Abramo
e il suo giuramento ad Isacco.
10La stabilì per Giacobbe come legge,
come alleanza eterna per Israele:
11"Ti darò il paese di Cànaan
come eredità a voi toccata in sorte".
12Quando erano in piccolo numero,
pochi e forestieri in quella terra,
13e passavano di paese in paese,
da un regno ad un altro popolo,
14non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15"Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti".
16Chiamò la fame sopra quella terra
e distrusse ogni riserva di pane.
17Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
18Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
19finché si avverò la sua predizione
e la parola del Signore gli rese giustizia.
20Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
21lo pose signore della sua casa,
capo di tutti i suoi averi,
22per istruire i capi secondo il suo giudizio
e insegnare la saggezza agli anziani.
23E Israele venne in Egitto,
Giacobbe visse nel paese di Cam come straniero.
24Ma Dio rese assai fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi nemici.
25Mutò il loro cuore
e odiarono il suo popolo,
contro i suoi servi agirono con inganno
26Mandò Mosè suo servo
e Aronne che si era scelto.
27Compì per mezzo loro i segni promessi
e nel paese di Cam i suoi prodigi.
28Mandò le tenebre e si fece buio,
ma resistettero alle sue parole.
29Cambiò le loro acque in sangue
e fece morire i pesci.
30Il loro paese brulicò di rane
fino alle stanze dei loro sovrani.
31Diede un ordine e le mosche vennero a sciami
e le zanzare in tutto il loro paese.
32Invece delle piogge mandò loro la grandine,
vampe di fuoco sul loro paese.
33Colpì le loro vigne e i loro fichi,
schiantò gli alberi della loro terra.
34Diede un ordine e vennero le locuste
e bruchi senza numero;
35divorarono tutta l'erba del paese
e distrussero il frutto del loro suolo.
36Colpì nel loro paese ogni primogenito,
tutte le primizie del loro vigore.
37Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
fra le tribù non c'era alcun infermo.
38L'Egitto si rallegrò della loro partenza
perché su di essi era piombato il terrore.
39Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte.
40Alla loro domanda fece scendere le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
41Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque,
scorrevano come fiumi nel deserto,
42perché ricordò la sua parola santa
data ad Abramo suo servo.
43Fece uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
44Diede loro le terre dei popoli,
ereditarono la fatica delle genti,
45perché custodissero i suoi decreti
e obbedissero alle sue leggi.
Alleluia.
Ezechiele 12
1Questa parola del Signore mi fu riferita:2"Figlio dell'uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli.
3Tu, figlio dell'uomo, fa' il tuo bagaglio da deportato e, di giorno davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo, davanti ai loro occhi: forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli.4Prepara di giorno il tuo bagaglio, come il bagaglio d'un esiliato, davanti ai loro occhi; uscirai però al tramonto, davanti a loro, come partirebbe un esiliato.5Fa' alla loro presenza un'apertura nel muro ed esci di lì.6Mettiti alla loro presenza il bagaglio sulle spalle ed esci nell'oscurità: ti coprirai la faccia in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti".
7Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come il bagaglio d'un esiliato e sul tramonto feci un foro nel muro con le mani, uscii nell'oscurità e mi misi il bagaglio sulle spalle sotto i loro occhi.
8Al mattino mi fu rivolta questa parola del Signore:9"Figlio dell'uomo, non t'ha chiesto il popolo d'Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo?10Rispondi loro: Così dice il Signore Dio: Quest'oracolo è per il principe di Gerusalemme e per tutti gli Israeliti che vi abitano.
11Tu dirai: Io sono un simbolo per voi; infatti quello che ho fatto a te, sarà fatto a loro; saranno deportati e andranno in schiavitù.12Il principe, che è in mezzo a loro si caricherà il bagaglio sulle spalle, nell'oscurità, e uscirà per la breccia che verrà fatta nel muro per farlo partire; si coprirà il viso, per non vedere con gli occhi il paese.13Ma io tenderò la mia rete contro di lui ed egli rimarrà preso nei miei lacci: lo condurrò in Babilonia, nel paese dei Caldei, ma egli non la vedrà e là morirà.14Disperderò ad ogni vento quanti sono intorno a lui, le sue guardie e tutte le sue truppe, e snuderò dietro a loro la spada.15Allora sapranno che io sono il Signore, quando li avrò dispersi fra le genti e li avrò disseminati in paesi stranieri.16Tuttavia ne risparmierò alcuni, superstiti alla spada, alla fame e alla peste, perché raccontino tutte le loro scelleratezze alle genti fra le quali andranno e anch'esse sappiano che io sono il Signore".
17Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, mangia il pane con paura e bevi l'acqua con trepidazione e con angoscia.19Al popolo del paese dirai: Così dice il Signore Dio agli abitanti di Gerusalemme, al paese d'Israele: Mangeranno il loro pane nell'angoscia e berranno la loro acqua nella desolazione, perché la loro terra sarà spogliata della sua abbondanza per l'empietà di tutti i suoi abitanti.20Le città popolose saranno distrutte e la campagna ridotta a un deserto: saprete che io sono il Signore".
21Mi fu ancora rivolta questa parola del Signore:22"Figlio dell'uomo, che cos'è questo proverbio che si va ripetendo nel paese di Israele: Passano i giorni e ogni visione svanisce?23Ebbene, riferisci loro: Così dice il Signore Dio: Farò cessare questo proverbio e non si sentirà più ripetere in Israele; anzi riferisci loro: Si avvicinano i giorni in cui si avvererà ogni visione.
24Infatti non ci sarà più visione falsa, né predizione fallace in mezzo agli Israeliti,25perché io, il Signore, parlerò e attuerò senza indugio la parola che ho detta. Anzi, ai vostri giorni, o genìa di ribelli, pronunzierò una parola e l'attuerò: parola del Signore Dio".
26Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:27"Figlio dell'uomo, ecco, gli Israeliti van dicendo: La visione che costui vede è per i giorni futuri; costui predice per i tempi lontani.28Ebbene, riferisci loro: Dice il Signore Dio: Non sarà ritardata più a lungo ogni mia parola: la parola che dirò l'eseguirò. Oracolo del Signore Dio".
Apocalisse 13
1Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo.2La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande.3Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita.
Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia4e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?".
5Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi.6Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo.7Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione.8L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato.
9Chi ha orecchi, ascolti:
10'Colui che deve andare in prigionia',
andrà 'in prigionia;
colui che deve essere ucciso di spada
di spada' sia ucciso.
In questo sta la costanza e la fede dei santi.
11Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.12Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita.13Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini.14Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta.15Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia.16Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte;17e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome.18Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.
Capitolo VII: Proteggere la grazia sotto la salvaguardia dell’umiltà
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, è per te cosa assai utile e sicura tenere nascosta la grazia della devozione; non insuperbirne, non continuare a parlarne e neppure a ripensarci molto. Disprezza, invece, temendo questa grazia come data a uno che non ne era degno. Non devi attaccarti troppo forte a un tale slancio devoto, che subitamente può trasformarsi in un sentimento contrario. Nel tempo della grazia ripensa a quanto, di solito, sei misero e povero senza la grazia. Un progresso nella vita spirituale non lo avrai raggiunto quando avrai avuto la grazia della consolazione, ma quando, con umiltà, abnegazione e pazienza, avrai saputo sopportare che essa ti sia tolta. Cosicché, neppure allora, tu sia pigro nell'amore alla preghiera o lasci cadere del tutto le abituali opere di pietà; anzi, tu faccia volenterosamente tutto quanto è in te, come meglio potrai e saprai, senza lasciarti andare del tutto a causa dell'aridità e dell'ansietà spirituale che senti.
2. Molti, non appena accade qualcosa di male, si fanno tosto impazienti e perdono la buona volontà. Ma le vie dell'uomo non dipendono sempre da lui. E' Dio che può dare e consolare, quando vuole e quanto vuole e a chi egli vuole; nella misura che gli piacerà e non di più. Molti, poi, fattisi arditi per il fatto che sentivano la grazia della devozione, procurarono la loro rovina: essi vollero fare di più di quanto era nelle loro possibilità, non considerando la propria pochezza e seguendo l'impulso del cuore piuttosto che il giudizio della ragione. Presunsero di poter fare più di quello che era nella volontà di Dio; perciò d'un tratto persero la grazia. Essi, che avevano posto il loro nido nel cielo, restarono a mani vuote, abbandonati alla loro miseria; cosicché, umiliati e spogliati, imparassero, a non volare con le loro ali, ma a star sotto le mie ali, nella speranza. Coloro che sono ancora novellini e inesperti nella via del Signore facilmente si ingannano e cadono, se non si attaccano al consiglio di persone elette. E se vogliono seguire quello che loro sembra giusto, anziché affidarsi ad altri più esperti, finiranno male, a meno che non vogliano ritrarsi dal proprio interno. Coloro che si credono sapienti di per sé, di rado si lasciano umilmente guidare da altri. Sennonché uno scarso sapere e una modesta capacità di comprendere, accompagnati dall'umiltà, valgono di più di un gran tesoro di scienza, accompagnato dal vuoto compiacimento di sé. E' meglio per te avere poco, piuttosto che molto; del molto potresti insuperbire.
Non agisce con sufficiente saggezza colui che, avendo la grazia, si dà interamente alla gioia, senza pensare alla sua miseria di prima e alla purezza che si deve aver nel timore di Dio; timore cioè di perdere quella grazia che gli era stata data. Così non dimostra di avere sufficiente virtù colui che, al momento dell'avversità o in altra circostanza che lo opprima, si dispera eccessivamente e concepisce, nei confronti, pensieri e sentimenti di fiducia meno piena di quanto mi si dovrebbe. Al momento della lotta, si troverà spesso estremamente abbattuto e pieno di paura proprio colui che, in tempo di quiete, avrà voluto essere troppo sicuro. Se tu, invece, riuscissi a restare umile e piccolo in te stesso, e a ben governare e dirigere il tuo spirito non cadresti così facilmente nel pericolo e nel peccato. Un buon consiglio è questo, che, quando hai nell'animo uno speciale ardore spirituale, tu consideri bene quello che potrà accadere se verrà meno tale luce interiore. Quando poi ciò accadesse, pensa che poi di nuovo possa tornare quella luce che per un certo tempo ti ha tolta, per tua sicurezza e per la mia gloria. Infatti, subire una simile prova è spesso a te più utile che godere stabilmente di una situazione tranquilla, secondo il tuo piacere. In verità i meriti non si valutano secondo questo criterio, che uno abbia frequenti visioni, o riceva particolari gioie interiori, o sia posto in un grado più alto. Ma piuttosto secondo questo criterio, che uno sia radicato nella vera umiltà e ripieno dell'amore divino; che ricerchi sempre soltanto e interamente di rendere gloria a Dio; che consideri se stesso un nulla; che si disprezzi veramente e preferisca perfino essere disprezzato ed umiliato dagli altri, anziché essere onorato.
LETTERA 209: Agostino al papa Celestino congratulandosi per la sua elezione pacifica e unanime
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta forse all'inizio del 423.
Agostino al papa Celestino congratulandosi per la sua elezione pacifica e unanime (n. 1) ed esponendogli il caso di Antonio, giovane vescovo dei Fussalesi, convertiti dal Donatismo: colui, privato dell'amministrazione della propria diocesi a causa di gravi colpe, s'era appellato alla Sede Apostolica (nn. 2-8). Agostino scongiura perciò il papa di mantenere in vigore la sentenza pronunciata contro di quello (nn. 9-10).
AL SANTO PADRE CELESTINO, SIGNORE BEATISSIMO, DEGNO DI VENERAZIONE E DI AMORE, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE
Si congratula con Celestino.
1. Anzitutto mi congratulo con i tuoi meriti, per il fatto che il Signore ti ha collocato su codesta Sede, senza alcuna scissione tra i suoi fedeli. In secondo luogo ragguaglio la Santità tua sui fatti che ci riguardano, affinché tu ci venga in aiuto, non solo con la preghiera, ma altresì col consiglio e con la tua autorità. Invio la presente alla Beatitudine tua trovandomi in una gran tribolazione poiché, volendo giovare ad alcuni membri di Cristo d'una località vicina a noi, agendo da incauto e da imprudente, ho provocato loro un grave danno.
Perché Agostino fece ordinare vescovo il giovane Antonio.
2. Confinante col territorio d'Ippona v'è una borgata detta Fussala. Finora non c'era mai stato alcun vescovo, ma apparteneva alla diocesi d'Ippona, con tutto il territorio contiguo. La regione aveva pochi cattolici, mentre tutte le altre comunità, che lì erano molto numerose, appartenevano disgraziatamente all'eresia donatista, sicché nella medesima borgata non c'era affatto nessun cattolico. È avvenuto che tutti quei luoghi tornassero, per misericordia di Dio, all'unità della Chiesa; attraverso quante nostre fatiche e pericoli sarebbe troppo lungo spiegarlo; basti dire che i sacerdoti, stabilitivi da noi in principio per ricondurre gli abitanti all'unità, sono stati depredati, bastonati, storpiati, accecati, uccisi. Le loro sofferenze però non sono state né inutili né sterili, essendo stata raggiunta l'unità. Ma detta borgata dista quaranta miglia da Ippona e io, per governare i suoi fedeli e per ricondurre quei pochi rimanenti scismatici, dell'uno e dell'altro sesso, che si sbandavano non più minacciosi ma solo ritrosi, vedevo che esplicavo la mia attività in un campo più vasto di quanto avrei dovuto, e non ero in grado d'usare quella debita diligenza che capivo si dovesse usare con criteri molto ben determinati; per questi motivi mi preoccupai che fosse ordinato un vescovo che si stabilisse in quel luogo.
Giovane lettore ordinato invece del designato.
3. Per questo scopo cercavo una persona adatta e confacente per quella località, che sapesse bene la lingua punica; avevo anche un prete, proclive allo scopo che avevo in mente. Scrissi allora al santo vegliardo, che in quel tempo era primate della Numidia, pregandolo - come ottenni - che venisse da lontano per ordinarlo. Quando il primate si trovò lì presente tra noi, e tutti gli animi erano in trepidante attesa d'un avvenimento sì importante, il prete, che mi pareva disposto, all'ora fissata non volle più saperne e ci piantò in asso opponendo un netto rifiuto. Io avrei dovuto certamente rimandare la cosa, come poi dimostrarono i fatti, anziché precipitare una faccenda sì rischiosa, ma siccome non volevo che il reverendissimo e venerando vegliardo, giunto a noi con tanta fatica, se ne tornasse a casa senza compiere la funzione per la quale era venuto da tanto lontano, presentai ai fedeli, senza che me lo avessero chiesto, un giovane chiamato Antonio che, allora, si trovava con me, educato bensì da noi nel nostro monastero fin dall'infanzia, ma ch'era ancora soltanto lettore, e non era conosciuto per nessun altro grado e per nessun'altra attività nel clericato. Quei poveri fedeli che non sospettavano quanto sarebbe accaduto, si affidarono con la massima arrendevolezza a me che loro lo presentavo. Basta: fu ordinato e cominciò ad essere il loro vescovo.
Il giovane vescovo accusato di gravi colpe.
4. Che dovrei ora fare? Da un lato non voglio aggravare, presso la Santità tua, la condizione d'una persona da me stesso allevata; dall'altra non voglio abbandonare a se stessi i fedeli che ho aiutati a ritornare all'unità a prezzo di tante ansie e di tanti dolori; ma non mi è possibile trovare in qual modo fare l'una e l'altra cosa. Ed ecco perché: la faccenda giunse a uno scandalo così grave, che vennero qui da noi a presentare delle accuse contro di lui quegli stessi che, nell'accettarlo come vescovo, avevano ottemperato al nostro consiglio, pensando di procurare il proprio bene. Poiché però, in quei processi, non poterono provarsi affatto certe accuse capitali rinfacciategli non dai fedeli di chi è vescovo, ma da certi altri individui, e sembrava che si fosse discolpato anche degli altri capi di accusa, che gli venivano addebitati con acceso malanimo, fece tanta compassione non solo a noi, ma anche agli altri, che non credemmo a nessuna delle accuse mossegli dagli abitanti della borgata e della contrada, circa l'intollerabile prepotenza esercitata su di loro, le rapine e le altre oppressioni e vessazioni di cui lo accusavano; per tutte queste accuse, e per tutte le altre accumulate insieme, non ci parve giusto di deporlo dall'episcopato, ma ci limitammo a ordinargli di restituire le cose che si fosse provato essere state rubate.
Antonio esonerato dalla carica.
5. Alla fine abbiamo mitigato i nostri verdetti in modo che, lasciandogli la piena dignità episcopale, non rimanessero del tutto impunite certe azioni che non si sarebbero dovute compiere in seguito di nuovo da lui medesimo né essere proposte all'imitazione degli altri. Gli abbiamo pertanto lasciata intatta la dignità episcopale dato che è giovane e può emendarsi ma, poiché dev'essere castigato, gli abbiamo diminuito la potestà, in modo che non fosse più a capo di coloro coi quali s'era comportato in maniera tale ch'erano tanto esacerbati da non poter sopportare in alcun modo che fosse il loro capo e mostravano che l'incapacità di sopportare il dolore sarebbe forse potuta sboccare in qualche delitto con pericolo di loro e di lui. Siffatto loro stato d'animo si è manifestato con molta evidenza anche allorché i vescovi hanno discusso il suo caso con quelli, dato che l'illustrissimo Celere, del cui prepotente modo d'agire contro di lui s'era lamentato Antonio, non esercita più alcuna carica né in Africa né in alcun altro luogo.
Il papa usi clemenza verso Antonio.
6. Ma perché dilungarmi? Aiutaci, ti scongiuro, a risolvere questo caso con l'augusta tua pietà, Padre santo, degno d'essere venerato con la dovuta carità, e dà ordine che ti vengano lette tutte le relazioni che ti sono state inviate. Considera come ha adempiuto l'ufficio di vescovo, come si è sottomesso alla nostra sentenza in forza della quale è stato scomunicato, fino a quando non fosse restituita ogni cosa agli abitanti di Fussala, e come subito dopo ha messo da parte una somma di monete d'oro superiore a quella stabilita dai verbali perché gli fosse resa la comunione ecclesiale; considera con quanta accortezza ha saputo convincere quel santo vegliardo del nostro primate, persona di grande prudenza, sì da indurlo a prestargli fede in tutto fino al punto di raccomandarlo, come se fosse del tutto innocente, al venerabile papa Bonifacio. Considera inoltre tutte le altre circostanze che non occorre siano ricordate da me, avendole già riferite alla Santità tua il suddetto venerabile primate.
Calunnie di Antonio verso Agostino.
7. D'altra parte, in relazione ai numerosi verbali in cui è registrato il processo da noi svolto nei suoi confronti, avrei maggior motivo di temere che tu possa avere l'impressione che noi abbiamo preso provvedimenti meno severi di quanto sarebbe stato necessario, se non ti conoscessi tanto incline all'indulgenza, che crederai opportuno perdonare non solo a noi, che siamo stati indulgenti con lui, ma anche a lui stesso. Egli però tenta di valersi del trattamento benevolo, o addirittura troppo debole, usato nei suoi riguardi come d'un precedente da cui possa derivare un suo diritto. " O mi si doveva lasciare nella mia cattedra - va egli protestando a gran voce - o non dovevo essere vescovo! " come se ora occupasse una cattedra diversa dalla propria. In effetti gli sono state lasciate e affidate le località ov'era già vescovo, proprio per non dare l'impressione che fosse stato trasferito, illecitamente, ad altra sede, contro le leggi stabilite dai Padri della Chiesa. Dunque un giudice dev'essere tanto severo oppure tanto indulgente che, se un vescovo non è stato reputato meritevole d'essere privato della carica episcopale, non si dovrebbe prendere alcun provvedimento nei suoi riguardi, o se c'è un vescovo nei confronti del quale si crederà opportuno prendere qualche provvedimento, lo si dovrebbe forse privare della carica episcopale?
Triplice specie di pene inflitte a vescovi.
8. Come risulta chiaro da sentenze perfino del tribunale della Sede Apostolica o da quelle di altri tribunali, confermate da essa, alcuni vescovi non sono stati privati della carica episcopale, ma neppure lasciati del tutto impuniti. Per non rifarmi ad esempi troppo lontani dai nostri tempi, ricorderò solo quelli recenti. Anche Prisco, vescovo della provincia Cesariense, potrebbe protestare ad alta voce: "O doveva essere lasciata anche a me, come a tutti gli altri, la possibilità d'arrivare alla dignità di primate o non doveva essermi lasciato l'episcopato". Allo stesso modo anche Vittore, vescovo della medesima provincia, lasciato nella medesima pena che ha dovuto subire Prisco, e col quale non è in comunione alcun altro vescovo, tranne che nella propria diocesi, potrebbe protestare a gran voce e a buon diritto: " O avrei dovuto poter comunicare coi miei colleghi in ogni luogo, oppure non avrei dovuto essere in comunione neppure nei luoghi della mia diocesi". Infine un terzo vescovo della medesima provincia, Lorenzo, potrebbe ripetere le identiche, precise parole di costui e protestare a gran voce: " O dovevo restare vescovo nella cattedra per la quale sono stato ordinato, oppure non dovevo essere vescovo ". Ma chi potrebbe biasimare i provvedimenti presi nei confronti di siffatti vescovi, tranne chi non considera abbastanza che non tutte le colpe dei vescovi devono essere lasciate impunite né tutte devono essere punite alla stessa ed unica maniera?
Impedire che Antonio si vendichi dei fedeli.
9. Poiché dunque il beatissimo papa Bonifacio, nella lettera a noi inviata, parla di Antonio con pastorale e vigile prudenza, dicendo: " Purché egli ci abbia esposto fedelmente i fatti come si sono svolti davvero ", apprendi adesso come veramente si sono svolti i fatti ch'egli ha taciuti nel suo memoriale; eccoti inoltre i fatti avvenuti in Africa dopo che si è conosciuto il contenuto della lettera scritta da quel Papa di santa memoria. Ma porgi anche aiuto alle persone che te lo chiedono per la misericordia di Gesù Cristo con molto maggiore premura di lui, dalla turbolenza del quale desiderano essere liberati. Sia lui stesso, sia voci maligne assai frequenti, fanno a quella gente minacce di procedimenti legali e di ricorsi a pubblici funzionari, nonché di attacchi da parte dei militari, come se avessero il compito di eseguire la sentenza della Sede Apostolica. Per conseguenza questi sventurati, sebbene Cristiani cattolici, temono punizioni più rigorose da parte d'un vescovo cattolico che non ne temessero, mentre erano eretici, da parte delle leggi degli Imperatori cattolici. Non permettere che si portino ad effetto tali minacce, te ne scongiuro per il sangue di Cristo, per la memoria dell'apostolo Pietro, il quale esortò i capi della Chiesa a non dominare da tiranni sui loro fratelli 1. Da parte mia raccomando alla bontà e alla carità della Santità tua gli abitanti di Fussala, miei figli in Cristo, e il vescovo Antonio, anch'egli mio figlio in Cristo, poiché voglio bene agli uni e all'altro. Non mi sdegno contro gli abitanti di Fussala per le giuste lagnanze fatte giungere alle tue orecchie per avere io imposto loro come vescovo, perché fossero così duramente trattati da lui, una persona non ancora da me sperimentata, non ancora rafforzata almeno dall'età. Non voglio però che si faccia del male nemmeno a costui, alla perversa cupidigia del quale mi oppongo, tanto più fortemente quanto più sincero è l'affetto che nutro per lui. Meritino l'uno e l'altro la tua misericordia: quelli, perché non abbiano più a soffrire altri mali; questo, perché mai più ne commetta; quelli, perché non abbiano in odio la Chiesa cattolica se essa non corre in loro aiuto da parte dei vescovi cattolici e soprattutto da parte di codesta Sede Apostolica contro un vescovo cattolico; questo, per impedire che si macchi d'una colpa sì grave, allontanando da Cristo coloro che vuol tenere soggetti contro la loro volontà.
Dolore di Agostino per il pericolo spirituale di Antonio.
10. Quanto a me, debbo confessarlo alla Beatitudine tua, sono tormentato da tanto timore e dolore per il pericolo in cui si trovano gli uni e l'altro, che penso di ritirarmi dall'ufficio d'amministrare l'episcopato per dedicarmi a piangere, come si conviene, il mio errore, qualora dovessi vedere questa Chiesa di Dio messa a soqquadro da un individuo, che per la mia imprudenza ho favorito perché diventasse vescovo, e dovessi anche (Dio non voglia) vederla andare in rovina insieme con colui che ve la sta mandando. Memore di quanto dice l'Apostolo: Se noi ci giudicassimo da noi stessi, non saremmo giudicati da lui 2, giudicherò me stesso, affinché mi perdoni Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti 3. Ma se tu solleverai da un micidiale timore e tristezza i fedeli di Cristo che abitano in quella contrada, e consolerai la mia vecchiaia con un atto di giustizia e di misericordia, te ne darà la ricompensa, ricambiandoti del bene col bene in questa vita e in quella futura, Colui che grazie al tuo intervento, ci soccorre in questa tribolazione e che ti ha posto in cotesta Sede episcopale.
1 - 1 Pt 5, 3.
2 - 1 Cor 11, 31.
3 - 2 Tm 4, 1.
«Tocca a te!» disse il becchino
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaLa sera del 30 ottobre 1868, alle comunità riunite degli studenti e artigiani, Don Bosco raccontò questo sogno.
Tutti i giovani sono in cortile che si divertono. Incomincia a
imbrunire, cessano i giochi, si formano crocchi in attesa che la campana chiami allo studio; c’è ancora qualcuno che passeggia; in tanto la sera
si avanza e appena appena si può distinguere un giovane dall’altro.
Ed ecco entrare dalla portineria due becchini che, camminando con passo
concitato, portano sulle spalle una cassa da morto. I giovani, al loro
passaggio, fanno largo. Quei due uomini vengono avanti e depongono la
bara per terra in mezzo al cortile. I giovani si dispongono intorno
formando un vasto circolo, ma nessuno parla per la paura. I becchini
tolgono il coperchio alla cassa.
In quell’istante compare la luna con la sua luce chiara, viva, e
lentamente fa un primo giro intorno alla cupola di Maria Ausiliatrice,
ne fa un secondo e poi ne comincia un terzo, ma non lo finisce e si
ferma sopra la chiesa, quasi fosse per cadere.
Intanto, appena la luna ebbe illuminato il cortile, uno dei becchini
fece un giro, poi un altro dinanzi alle file degli alunni, fissando ben
da vicino il volto di ciascuno finché, vedutone uno sulla cui fronte
stava scritto: «Morieris» (morirai), lo prese per metterlo nella cassa.
— Tocca a te! — gli disse.
Quegli gridava:
— Sono ancora giovane, vorrei prepararmi, fare delle opere buone che non ho fatto finora.
— Io non debbo rispondere a questo.
— Ma almeno possa ancora andare a rivedere i miei parenti.
— Io non posso rispondere a questo. Vedi là la luna? Ha fatto un giro,
poi un altro, poi un poco più di mezzo giro; appena scomparirà, tu
verrai con me.
Poco dopo la luna scomparve dall’orizzonte e il becchino prese il
giovane per la vita, Io distese nella cassa, gli avvitò sopra il
coperchio e senz’altro lo portò via, aiutato dal compagno.
Dopo due giri e mezzo di luna (due mesi e mezzo) la profezia si avverava.
Il segretario Don Gioachino Berto, parlando dell’avveramento del sogno,
commenta. « Noi eravamo già assuefatti a vedere avverarsi tali
predizioni, sicché ci avrebbe recato stupore, come di eccezione alla
regola, il vederne alcuna non avverata».
SAN GIUSEPPE
Sant'Anna Schaffer
Una volta feci un
sogno simile a quello appena descritto, ma con San Giuseppe; egli stava
davanti al mio letto con un viso sorridente e mi disse: "Svegliati e preparati alla Santa Comunione".
Mi svegliai subito: erano le quattro del mattino. Sapevo che quel
giorno non avrei potuto ricevere la Santa Comunione. Già nel sonno
avevo tanto sofferto per via di questa impossibilità. Mi preparai
spiritualmente davanti al tabernacolo per accogliere Gesù Eucaristia.
Due ore dopo, alle sei, ricevetti la notizia che dopo mezz'ora avrei
potuto ricevere la Santa Comunione. Chi più felice di me? Forse San
Giuseppe aveva implorato per me quella grazia e quella gioia?
"Ti
ringrazio, San Giuseppe, perché mi assisti nella mia sofferenza! Ti
prego di prendermi sotto la tua protezione e di condurmi a Gesù!"