Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 31° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 27
1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'
11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Secondo libro dei Maccabei 2
1Si trova scritto nei documenti che Geremia profeta ordinò ai deportati di prendere del fuoco, come è stato significato,2e che il medesimo profeta ai deportati consegnò la legge raccomandando loro di non dimenticarsi dei comandi del Signore e di non lasciarsi traviare nelle idee, vedendo i simulacri d'oro e d'argento e il fasto di cui erano circondati,3e che con altre simili espressioni li esortava a non ripudiare la legge nel loro cuore.4Si diceva anche nello scritto che il profeta, ottenuto un responso, ordinò che lo seguissero con la tenda e l'arca. Quando giunse presso il monte dove Mosè era salito e aveva contemplato l'eredità di Dio,5Geremia salì e trovò un vano a forma di caverna e là introdusse la tenda, l'arca e l'altare degli incensi e sbarrò l'ingresso.6Alcuni del suo seguito tornarono poi per segnare la strada, ma non trovarono più il luogo.7Geremia, saputolo, li rimproverò dicendo: Il luogo deve restare ignoto, finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e si sarà mostrato propizio.8Allora il Signore mostrerà queste cose e si rivelerà la gloria del Signore e la nube, come appariva sopra Mosè, e come avvenne quando Salomone chiese che il luogo fosse solennemente santificato.9Si narrava anche che questi, dotato di sapienza, offrì il sacrificio per la dedicazione e il compimento del tempio.10E allo stesso modo che Mosè aveva pregato il Signore ed era sceso il fuoco dal cielo a consumare le vittime immolate, così pregò anche Salomone e il fuoco sceso dal cielo consumò gli olocausti.11Mosè aveva detto: Poiché non è stata mangiata la vittima offerta per il peccato, essa è stata consumata.12Allo stesso modo anche Salomone celebrò gli otto giorni.
13Si descrivevano le stesse cose nei documenti e nelle memorie di Neemia e come egli, fondata una biblioteca, curò la raccolta dei libri dei re, dei profeti e di Davide e le lettere dei re intorno ai doni.14Anche Giuda ha raccolto tutti i libri andati dispersi per la guerra che abbiamo avuto, e ora si trovano presso di noi.15Se mai ne avete bisogno, mandate persone con l'incarico di portarveli.
16Vi abbiamo scritto mentre stiamo per celebrare la purificazione; farete ottima cosa se celebrerete anche voi questi giorni.17Poiché Dio ha salvato tutto il suo popolo e ha concesso a tutti l'eredità, nonché il regno, il sacerdozio e la santificazione18come ha promesso mediante la legge, noi poniamo in Dio speranza che egli ci usi presto misericordia e voglia presto radunarci, da ogni regione posta sotto il cielo, nel luogo santo; egli infatti ci ha liberati da grandi mali e ha purificato il luogo santo".
19I fatti riguardanti Giuda Maccabeo e i suoi fratelli, la purificazione del grande tempio e la dedicazione dell'altare,20come anche le guerre contro Antioco Epìfane e il figlio di lui Eupàtore,21nonché le manifestazioni venute dal cielo sopra coloro che si erano battuti con valore per il giudaismo, riuscendo in pochi a impadronirsi di tutta la regione e a scacciare una moltitudine di barbari,22a riconquistare il tempio famoso in tutto il mondo, a liberare la città e a ristabilire le leggi che stavano per essere soppresse, quando il Signore si rese loro propizio con ogni benevolenza:23questi fatti narrati da Giàsone di Cirene nel corso di cinque libri, ci studieremo di riassumerli in una sola composizione.24Vedendo infatti la massa di numeri e l'effettiva difficoltà per chi desidera di inoltrarsi nelle narrazioni storiche, a causa della vastità della materia,25ci siamo preoccupati di offrire diletto a coloro che amano leggere, facilità a quanti intendono ritenere nella memoria, utilità a tutti gli eventuali lettori.26Per noi certo, che ci siamo sobbarcati la fatica del sunteggiare, l'impresa non si presenta facile: ci vorranno sudori e veglie,27così come non è facile preparare un banchetto e accontentare le esigenze altrui; tuttavia per far cosa gradita a molti ci sarà dolce sopportare la fatica,28lasciando all'autore la completa esposizione dei particolari, curandoci invece di procedere secondo gli schemi di un riassunto.29Come infatti in una casa nuova all'architetto tocca pensare a tutta la costruzione, mentre chi è incaricato di dipingere a fuoco e a fresco deve badare solo alla decorazione, così, penso, è per noi.30L'entrare in argomento e il passare in rassegna i fatti e l'insinuarsi nei particolari, spetta all'ideatore dell'opera storica;31curare il sunto della esposizione e tralasciare i complementi della narrazione storica, è riservato a chi fa opera di compendio.32Di qui dunque cominceremo la narrazione, senza nulla aggiungere a ciò che abbiamo detto nella prefazione: sarebbe certo ingenuo abbondare nei preamboli e abbreviare poi la narrazione storica.
Salmi 116
1Alleluia.
Amo il Signore perché ascolta
il grido della mia preghiera.
2Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
3Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi.
Mi opprimevano tristezza e angoscia
4e ho invocato il nome del Signore:
"Ti prego, Signore, salvami".
5Buono e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
6Il Signore protegge gli umili:
ero misero ed egli mi ha salvato.
7Ritorna, anima mia, alla tua pace,
poiché il Signore ti ha beneficato;
8egli mi ha sottratto dalla morte,
ha liberato i miei occhi dalle lacrime,
ha preservato i miei piedi dalla caduta.
9Camminerò alla presenza del Signore
sulla terra dei viventi.
10Alleluia.
Ho creduto anche quando dicevo:
"Sono troppo infelice".
11Ho detto con sgomento:
"Ogni uomo è inganno".
12Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato?
13Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
14Adempirò i miei voti al Signore,
davanti a tutto il suo popolo.
15Preziosa agli occhi del Signore
è la morte dei suoi fedeli.
16Sì, io sono il tuo servo, Signore,
io sono tuo servo, figlio della tua ancella;
hai spezzato le mie catene.
17A te offrirò sacrifici di lode
e invocherò il nome del Signore.
18Adempirò i miei voti al Signore
e davanti a tutto il suo popolo,
19negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.
Salmi 46
1'Al maestro del coro. Dei figli di Core.'
'Su "Le vergini...". Canto.'
2Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
3Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare.
4Fremano, si gonfino le sue acque,
tremino i monti per i suoi flutti.
5Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio,
la santa dimora dell'Altissimo.
6Dio sta in essa: non potrà vacillare;
la soccorrerà Dio, prima del mattino.
7Fremettero le genti, i regni si scossero;
egli tuonò, si sgretolò la terra.
8Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
9Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto portenti sulla terra.
10Farà cessare le guerre sino ai confini della terra,
romperà gli archi e spezzerà le lance,
brucerà con il fuoco gli scudi.
11Fermatevi e sappiate che io sono Dio,
eccelso tra le genti, eccelso sulla terra.
12Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
Baruc 6
1Per i peccati da voi commessi di fronte a Dio sarete condotti prigionieri in Babilonia da Nabucodònosor re dei Babilonesi.2Giunti dunque in Babilonia, vi resterete molti anni e per lungo tempo fino a sette generazioni; dopo vi ricondurrò di là in pace.3Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondono timore ai pagani.4State attenti dunque a non imitare gli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi.5Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate: "Te dobbiamo adorare, Signore".6Poiché il mio angelo è con voi, egli si prenderà cura di voi.
7Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e inargentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare.8Come si fa con una ragazza vanitosa, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi.9Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, dandone anche alle prostitute nei postriboli.
10Adornano poi con vesti, come si fa con gli uomini, questi idoli d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli.11Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi.12Come un governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende.13Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libera dalla guerra e dai ladri.14Per questo è evidente che non sono dèi; non temeteli, dunque!
15Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi.16I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano.17Come ad uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con portoni, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri.18Accendono loro lumi, persino più numerosi che per se stessi, ma gli dèi non ne vedono alcuno.19Sono come una delle travi del tempio; il loro interno, come si dice, viene divorato e anch'essi senza accorgersene sono divorati dagli insetti che strisciano dalla terra, insieme con le loro vesti.20Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio.21Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini e altri uccelli e anche i gatti.22Di qui potete conoscere che non sono dèi; non temeteli, dunque!
23L'oro di cui sono adorni per bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano.24Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale.25Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrossiscono anche i loro fedeli perché, se cadono a terra, non si rialzano più.26Neanche se uno li colloca diritti si muoveranno da sé, né se si sono inclinati si raddrizzeranno; si pongono offerte innanzi a loro come ai morti.27I loro sacerdoti vendono le loro vittime e ne traggono profitto; anche le mogli di costoro ne pongono sotto sale una parte e non ne danno né ai poveri né ai bisognosi; anche una donna in stato di impurità e la puerpera toccano le loro vittime.28Conoscendo dunque da questo che non sono dèi, non temeteli!
29Come infatti si potrebbero chiamare dèi? Perfino le donne presentano offerte a questi idoli d'argento, d'oro e di legno.30Nei templi i sacerdoti siedono con le vesti stracciate, la testa e le guance rasate, a capo scoperto.31Urlano alzando grida davanti ai loro dèi, come fanno alcuni durante un banchetto funebre.32I sacerdoti si portan via le vesti degli dèi e ne rivestono le loro mogli e i loro bambini.33Gli idoli non possono contraccambiare né il male né il bene ricevuto da qualcuno; non possono né costituire né spodestare un re;34nemmeno possono dare ricchezze né soldi. Se qualcuno, fatto un voto, non lo mantiene, non se ne curano.35Non liberano un uomo dalla morte né sottraggono il debole da un forte.36Non rendono la vista a un cieco né liberano un uomo dalle angosce.37Non hanno pietà della vedova né beneficano l'orfano.38Sono simili alle pietre estratte dalla montagna quegli idoli di legno, indorati e argentati. I loro fedeli saranno confusi.39Come dunque si può ritenere e dichiarare che costoro sono dèi?
40Inoltre, perfino gli stessi Caldei li disonorano; questi infatti quando trovano un muto incapace di parlare lo presentano a Bel pregandolo di farlo parlare, quasi che costui potesse sentire.41Costoro, pur rendendosene conto, non sono capaci di abbandonare gli idoli, perché non hanno senno.42Le donne siedono per la strada cinte di cordicelle e bruciano della crusca.43Quando qualcuna di esse, tratta in disparte da qualche passante, si è data a costui, schernisce la sua vicina perché non fu stimata come lei e perché la sua cordicella non fu spezzata.44Quanto avviene attorno agli idoli è menzogna; dunque, come si può credere e dichiarare che costoro sono dèi?
45Gli idoli sono lavoro di artigiani e di orefici; essi non diventano niente altro che ciò che gli artigiani vogliono che siano.46Coloro che li fabbricano non hanno vita lunga; come potrebbero le cose da essi fabbricate essere dèi?47Essi lasciano ai loro posteri menzogna e ignominia.48Difatti, quando sopraggiungono la guerra e le calamità, i sacerdoti si consigliano fra di loro sul come potranno nascondersi insieme con i loro dèi.49Come dunque è possibile non comprendere che non sono dèi coloro che non possono salvare se stessi né dalla guerra né dai mali?50Dopo tali fatti si riconoscerà che gli idoli di legno, indorati e argentati, sono una menzogna; a tutte le genti e ai re sarà evidente che essi non sono dèi, ma lavoro delle mani d'uomo e che sono privi di ogni qualità divina.51A chi dunque non sarà evidente che non sono dèi?
52Essi infatti non possono costituire un re sul paese né concedere la pioggia agli uomini;53non risolvono le contese, né liberano l'oppresso, poiché non hanno alcun potere; sono come cornacchie fra il cielo e la terra.54Infatti, se il fuoco si attacca al tempio di questi dèi di legno o indorati o argentati, mentre i loro sacerdoti fuggiranno e si metteranno in salvo, essi invece come travi bruceranno là in mezzo.55A un re e ai nemici non possono resistere.56Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dèi?
57Né dai ladri né dai briganti si salveranno questi idoli di legno, argentati e indorati, ai quali i ladri con la violenza tolgono l'oro, l'argento e la veste che li avvolge e poi fuggono tenendo la roba; essi non sono in grado di aiutare neppure se stessi.58Per questo vale meglio di questi dèi bugiardi un re che mostri coraggio oppure un arnese utile in casa, di cui si serve chi l'ha acquistato; anche meglio di questi dèi bugiardi è una porta, che tenga al sicuro quanto è dentro la casa o perfino una colonna di legno in un palazzo.59Il sole, la luna, le stelle, essendo lucenti e destinati a servire a uno scopo obbediscono volentieri.60Così anche il lampo, quando appare, è ben visibile; anche il vento spira su tutta la regione.61Quando alle nubi è ordinato da Dio di percorrere tutta la terra, eseguiscono l'ordine; il fuoco, inviato dall'alto per consumare monti e boschi, eseguisce il comando.62Gli idoli invece non assomigliano né per l'aspetto né per la potenza a queste cose.63Perciò non si deve ritenere né dichiarare che siano dèi, poiché non possono né rendere giustizia né beneficare gli uomini.64Conoscendo dunque che non sono dèi, non temeteli!
65Essi non maledicono né benedicono i re;66non mostrano alle genti segni nel cielo, né risplendono come il sole, né illuminano come la luna.67Le belve sono migliori di loro, perché possono fuggire in un riparo e provvedere a se stesse.68Dunque, in nessuna maniera è chiaro per noi che essi sono dèi; per questo non temeteli!
69Come infatti uno spauracchio che in un cocomeraio nulla protegge, tali sono i loro idoli di legno indorati e argentati;70ancora, i loro idoli di legno indorati e argentati si possono paragonare a un ramo nell'orto, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre.71Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro saprete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna.72È migliore un uomo giusto che non abbia idoli, poiché sarà lontano dal disonore.
Seconda lettera ai Corinzi 3
1Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra?2La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini.3È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori.
4Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio.5Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio,6che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito da' vita.
7Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu circonfuso di gloria, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore pure effimero del suo volto,8quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?9Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero della giustizia.10Anzi sotto quest'aspetto, quello che era glorioso non lo è più a confronto della sovraeminente gloria della Nuova Alleanza.11Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo.12Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza13e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero.14Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato.15Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;16'ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto'.17Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà.18E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore.
Capitolo II: La verità si fa sentire dentro di noi senza altisonanti parole
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1. "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). "Io sono il tuo servo; dammi luce per apprezzare quello che tu proclami" (Sal 118,125). Disponi il mio cuore alle parole della tua bocca; il tuo dire discenda come rugiada. Dissero una volta a Mosè i figli di Israele: "Parlaci tu, e potremo ascoltarti; non ci parli il Signore, affinché non avvenga che ne moriamo" (Es 20,19). Non così, la mia preghiera, o Signore. Piuttosto, con il profeta Samuele, in umiltà e pienezza di desiderio, io ti chiedo ardentemente: "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). Non mi parli Mosè o qualche altro profeta; parlami invece tu, Signore Dio, che ispiri e dai luce a tutti i profeti: tu solo, senza di loro, mi puoi ammaestrare pienamente; quelli, invece, senza di te, non gioverebbero a nulla. Possono, è vero, far risuonare parole, ma non danno lo spirito; parlano bene, ma, se tu non intervieni, non accendono il cuore; lasciano degli scritti, ma sei tu che ne mostri il significato; presentano i misteri, ma sei tu che sveli il senso di ciò che sta dietro al simbolo; emettono ordini, ma sei tu che aiuti ad eseguirli; indicano la strada , ma sei tu che aiuti a percorrerla. Essi operano solamente all'esterno, ma tu prepari ed illumini i cuori; essi irrigano superficialmente, ma tu rendi fecondi; essi fanno risuonare delle parole, ma sei tu che aggiungi all'ascolto il potere di comprendere.
2. Non mi parli dunque Mosè; parlami tu, Signore mio Dio, verità eterna, affinché, se ammonito solo esteriormente e privo di fuoco interiore, io non resti senza vita e non mi isterilisca; affinché non mi sia di condanna la parola udita non tradotta in pratica, conosciuta ma non amata, creduta ma non osservata. "Parla, dunque, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10): "tu hai infatti parole di vita eterna" (Gv 6,69). Parlami, affinché scenda un po' di consolazione all'anima mia, e tutta la mia vita sia purificata. E a te sia lode e onore perpetuo.
Omelia 32: Lo Spirito Santo e la Chiesa.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca[Se abbiamo sete, andiamo.]
1. In mezzo ai dissensi e ai dubbi che i Giudei sollevarono nei suoi confronti, il Signore Gesù Cristo, tra le altre cose che disse e che servirono a confondere alcuni e ad illuminare altri, nell'ultimo giorno di quella solennità (Gv 7, 37) che si stava celebrando e che si chiamava Scenopegia, cioè erezione delle tende - la vostra Carità ricorda che di questa festività si è già parlato -, il Signore Gesù Cristo lanciò un appello, non parlando ma gridando: Chi ha sete venga a me! Se dunque abbiamo sete andiamo a lui: e andiamo a lui non coi piedi ma con gli slanci del cuore, non muovendoci materialmente, ma amando. Sebbene anche chi ama, interiormente si muova. Ma altro è muoversi col corpo, altro è muoversi col cuore: si muove col corpo chi si sposta fisicamente da un luogo ad un altro, si muove col cuore chi orienta in modo diverso i propri affetti. Se tu amavi una cosa e ora ne ami un'altra, tu non sei più dov'eri prima.
2. Ecco quanto ad alta voce il Signore ci dice. In piedi, ad alta voce disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura: "Fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno". Non occorre soffermarci sul significato di queste parole che l'evangelista ci chiarisce. Perché il Signore disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno, ce lo spiega l'evangelista così proseguendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato (Gv 7, 37-39). C'è dunque una sete interiore e un seno interiore, poiché c'è l'uomo interiore. Quest'uomo interiore è invisibile, mentre quello esteriore è visibile; ma l'uomo interiore è migliore di quello esteriore. E ciò che non si vede, si ama di più; risulta infatti che si ama di più l'uomo interiore di quello esteriore. Come risulta? Ciascuno ne ha la prova in se stesso; perché, quantunque chi vive male abbandoni l'anima al corpo, tuttavia vuol vivere, il che è impossibile senza l'anima, e identifica se stesso più con ciò che regge che con ciò che viene retto. Chi regge è l'anima, chi viene retto è il corpo. Ognuno trova godimento nel piacere, e il piacere lo riceve dal corpo: separa l'anima dal corpo e nulla nel corpo resterà; e benché riceva godimento dal corpo, è l'anima che gode. Ora, se l'anima trova godimento nella sua casa, cioè nel corpo, non lo troverà in se stessa? Se trova diletto fuori di sé, non lo troverà in se stessa? E' troppo evidente che l'uomo ama di più la sua anima che il suo corpo. E anche in un altro, si ama l'anima più del corpo. Cosa si ama infatti nell'amico, quando l'amore è sincero e puro, l'anima o il corpo? Se è la sua fedeltà che si ama, si ama la sua anima; se in lui si ama la benevolenza, questa risiede nell'anima; se ami l'amico perché anch'egli ama te, ami la sua anima, perché non è il corpo ma è l'anima che ama. Lo ami precisamente per questo, perché egli ti ama. Cerca il motivo per cui egli ti ama e troverai che è lo stesso per cui tu ami lui. Lo si ama più vivamente, anche se non lo si vede.
3. Aggiungerò un'altra considerazione, da cui più chiaramente risulterà alla vostra Carità fino a che punto si ami l'anima e come essa venga preferita al corpo. Anche quelli che sono presi da un amore lascivo, che si lasciano sedurre dalla bellezza del corpo e attrarre dalle forme fisiche, essi stessi amano di più allorché sono amati. Al contrario, se uno ama e sente di essere odiato, invece di amore proverà sdegno. Perché invece di amore proverà sdegno? Perché il suo amore non è stato ricambiato. Se dunque quelli stessi che si innamorano dei corpi chiedono una risposta di amore, e nell'essere amati trovano la più grande soddisfazione, che dire di quelli che amano le anime? E se quelli che amano le anime sono tanto grandi, che saranno quelli che amano Dio, che rende belle le anime? E' l'anima che dona decoro al corpo, allo stesso modo che Dio lo dona alle anime. E' l'anima che rende amabile il corpo; tanto che quando l'anima se ne va, ti trovi inorridito davanti ad un cadavere che tu, per quanto possa aver amato quelle belle membra, ti affretti a seppellire. L'anima è la bellezza del corpo, Dio la bellezza dell'anima.
[La fonte non viene meno.]
4. Il Signore dunque ci grida di andare a lui e di bere, se interiormente abbiamo sete; e ci assicura che, se berremo, fiumi di acqua viva scorreranno dal nostro seno. Il seno dell'uomo interiore è la coscienza del cuore. Bevendo a quest'onda, la coscienza limpida si ravviva, e, dovendo attingere, disporrà di una fonte; anzi, sarà essa stessa la fonte. Cosa è questa fonte, cos'è questo fiume che scaturisce dal seno dell'uomo interiore? E' la benevolenza che lo porta ad interessarsi del prossimo. Perché, se uno pensa che ciò che beve è soltanto per lui, non fluirà dal suo seno l'acqua viva; se si affretta, invece, a renderne partecipe il prossimo, allora, appunto perché scorre, la fonte non inaridisce. Vedremo ora che cos'è ciò che bevono quelli che credono nel Signore; se infatti siamo Cristiani e crediamo, dobbiamo bere. E ciascuno in se stesso deve rendersi conto se beve, e se vive di ciò che beve; poiché la fonte non ci abbandona, se non siamo noi ad abbandonarla.
5. L'evangelista ci spiega, come dicevo, il motivo per cui il Signore fece sentire la sua voce, a quale fonte invitava a bere e che cosa offre a chi viene a bere, dicendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non ancora era stato glorificato. Di quale Spirito parla se non dello Spirito Santo? Ogni uomo, infatti, ha in sé il proprio spirito, di cui ho parlato quando affermavo il valore dell'anima. L'anima di ciascuno è precisamente il suo spirito, del quale l'Apostolo dice: Chi, tra gli uomini, conosce i pensieri dell'uomo, all'infuori dello spirito dell'uomo che è in lui? E aggiunge: Così, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio (1 Cor 2, 11). Nessuno conosce i nostri pensieri, se non il nostro spirito. Io non so, infatti, che cosa pensi tu, né tu sai che cosa penso io: ciò che pensiamo dentro di noi è un nostro segreto, e dei pensieri di ciascuno, solo testimone è il proprio spirito. Così, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio. Noi con il nostro spirito, Dio con il suo; però con questa differenza: che Dio con il suo Spirito sa anche ciò che avviene in noi; mentre noi, senza il suo Spirito, non possiamo sapere che cosa avviene in Dio. Dio, anzi, conosce di noi anche ciò che noi stessi ignoriamo. Pietro, ad esempio, non conosceva la sua debolezza, quando apprese dal Signore che per tre volte lo avrebbe rinnegato (cf. Mt 26, 33-35). Il malato non sapeva di essere malato, il medico sì. Ci sono dunque delle cose che Dio sa di noi, e che noi ignoriamo. Tuttavia, per quanto riguarda gli uomini, nessuno si conosce meglio dell'interessato; un altro ignora che cosa avviene in noi, ma il nostro spirito lo sa. Avendo però ricevuto lo Spirito Santo, noi apprendiamo anche le cose di Dio. Non tutto, perché non abbiamo ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, ma solamente un pegno. In virtù del pegno, di cui riceveremo poi la pienezza, noi conosciamo già molte cose. Il pegno ci consoli durante questa peregrinazione, pensando che colui che ci ha dato il pegno si è impegnato a darci il resto. Se tale è la caparra, che sarà la pienezza del dono?
6. Ma che significano le parole: Lo Spirito non era stato ancora dato perché Gesù non ancora era stato glorificato? Il senso è evidente. Non vuol dire infatti che non esisteva lo Spirito di Dio, che era presso Dio, ma che ancora non era presente in coloro che avevano creduto in Gesù. Così infatti aveva disposto il Signore Gesù: di dare loro lo Spirito, di cui parliamo, solo dopo la sua risurrezione. E ciò non senza motivo. Se vogliamo conoscere il motivo, egli ci aiuterà a trovarlo. Se bussiamo, ci aprirà e ci farà entrare. E' l'amore filiale che bussa, non la mano; bussa anche la mano, se la mano non si ritrae dalle opere di misericordia. Per qual motivo, dunque, il Signore Gesù Cristo stabilì di dare lo Spirito Santo solo dopo la sua glorificazione? Prima di rispondere in qualche modo a questa domanda, c'è da risolvere un altro problema che potrebbe turbare qualcuno. Come si può dire che lo Spirito Santo non era ancora presente negli uomini santi, se il Vangelo dice che Simeone conobbe il Signore appena nato per mezzo dello Spirito Santo, e così la vedova Anna, profetessa (cf. Lc 2, 25-38), e lo stesso Giovanni che lo battezzò (cf. Lc 1, 26-34)? Zaccarìa, a sua volta, pronunciò molte parole dietro ispirazione dello Spirito Santo (cf. Lc 1, 67-79), e Maria stessa, non concepì il Signore senza aver prima ricevuto lo Spirito Santo (cf. Lc 1, 35). Sicché abbiamo molte prove della presenza dello Spirito Santo, prima che il Signore fosse glorificato mediante la risurrezione della carne. E non fu certo un altro Spirito Santo quello di cui furono dotati i profeti che annunciarono la venuta di Cristo. Ma il modo con cui sarebbe stato dato doveva essere assolutamente diverso dal precedente: è di questo modo che qui si parla. Prima della risurrezione, infatti, in nessuna parte si legge che degli uomini riuniti insieme, ricevuto lo Spirito Santo, abbiano cominciato a parlare nelle lingue di tutte le genti. Dopo la sua risurrezione, invece, la prima volta che apparve ai suoi discepoli, il Signore disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. E' in riferimento a questo fatto che l'evangelista dice: Non era stato ancora dato lo Spirito, perché ancora Gesù non era stato glorificato. E alitò su di essi (Gv 20, 22; 7, 39), colui che col suo soffio vivificò il primo uomo, traendolo dal fango (cf. Gn 2, 7); colui che col suo soffio animò le membra del corpo, mostrando col gesto di alitare loro in faccia, di volerli rialzare dal fango e liberarli dalle opere di fango. Fu allora, dopo la sua risurrezione, chiamata dall'evangelista glorificazione, che il Signore donò per la prima volta ai suoi discepoli lo Spirito Santo. Poi, dopo essere stato con essi quaranta giorni, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli, alla presenza degli stessi Apostoli, che lo seguivano con gli occhi, salì al cielo (cf. At 1, 3-9). E, dieci giorni dopo, nel giorno di Pentecoste mandò su di essi lo Spirito Santo. Allora, come ho detto, quanti si trovavano riuniti nel medesimo luogo, lo ricevettero, ne furono ripieni e presero a parlare nelle lingue di tutte le genti (cf. At 2, 1-11).
7. Ma allora, o fratelli, siccome adesso chi è battezzato in Cristo e crede in Cristo, non parla le lingue di tutte le genti, si deve pensare che egli non ha ricevuto lo Spirito Santo? Lungi da noi un pensiero così contrario alla fede! Siamo certi che ogni uomo riceve lo Spirito Santo, ma lo riceve secondo la capacità del vaso della fede che egli reca alla fonte. E siccome anche adesso si riceve, qualcuno si domanderà: Come mai nessuno parla le lingue di tutte le nazioni? Perché ormai la Chiesa stessa parla le lingue di tutte le nazioni. Alle origini la Chiesa era presente in una sola nazione, e in essa parlava le lingue di tutte. Parlando le lingue di tutte le nazioni, preannunciava il tempo in cui, crescendo in mezzo ad esse, avrebbe parlato le lingue di tutte. Chi non è in questa Chiesa, neppure adesso riceve lo Spirito Santo. Staccato e separato dall'unità delle membra, da quella unità che parla le lingue di tutti, egli se ne priva, e non ha lo Spirito Santo. Se lo ha, ce ne dia la prova che allora veniva data. In che cosa consiste quella prova? Parli tutte le lingue? E che, mi risponde, tu parli tutte le lingue? Certamente, rispondo, perché ogni lingua è mia, in quanto è la lingua di quel corpo di cui io sono membro. La Chiesa che è diffusa fra tutte le genti, parla la lingua di tutti; la Chiesa è il corpo di Cristo e tu sei membro di questo corpo; essendo membro di quel corpo che parla tutte le lingue, anche tu parli tutte le lingue. L'unità diventa armonia per la carità delle membra che la compongono; e questa unità parla come parlava allora un sol uomo.
[Chi ama l'unità possiede tutto.]
8. Riceviamo dunque anche noi lo Spirito Santo, se amiamo la Chiesa, se siamo compaginati dalla carità, se ci meritiamo il nome di cattolici e di fedeli. Siamo convinti, o fratelli, che uno possiede lo Spirito Santo nella misura in cui ama la Chiesa di Cristo. Lo Spirito, infatti, è dato, come dice l'Apostolo, in ordine ad una manifestazione. Di che manifestazione si tratta? Lo dice il medesimo Apostolo: A uno per opera dello Spirito sono concesse parole di sapienza; a un altro, secondo il medesimo Spirito, parole di scienza; a un altro la fede, nel medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni, in virtù dell'unico Spirito; a un altro il potere di compiere miracoli, grazie al medesimo Spirito (1 Cor 12, 7-10). C'è una grande varietà di doni, che vengono concessi per l'utilità comune, e forse tu non hai nessuno di questi doni. Ma se ami, non si può dire che non hai niente; perché, se ami l'unità, qualunque cosa possieda un altro la possiede anche per te. Bandisci dal tuo cuore l'invidia, e sarà tuo ciò che io ho; se io mi libero da ogni sentimento d'invidia, è mio ciò che tu hai. L'invidia divide, la salute unisce. Soltanto l'occhio vede nel corpo; ma è forse per sé solo che l'occhio vede? No, vede anche per la mano, vede anche per il piede e per tutte le altre membra del corpo: se, infatti, il piede in qualche modo inciampa, l'occhio non si volge altrove indifferente. Soltanto la mano lavora nel corpo; ma è forse per sé sola che la mano opera? No, opera anche per l'occhio: se qualcosa, infatti, colpisce non la mano ma la faccia, forse che la mano dice: non mi muovo perché non sono colpita io? Così il piede, camminando, serve a tutte le membra; le altre membra tacciono, e la lingua parla per tutte. Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; e amiamo la Chiesa, se rimaniamo nella sua unità e nella sua carità. Il medesimo Apostolo, infatti, dopo aver parlato dei doni diversi che vengono distribuiti ai singoli uomini in ordine alle diverse funzioni delle singole membra, soggiunge: Una via ancora più eccellente voglio mostrarvi (1 Cor 12, 31), e comincia a parlare della carità. La pone al di sopra delle lingue degli uomini e degli angeli, al di sopra dei miracoli della fede, al di sopra della scienza e della profezia, al di sopra anche di quella grande opera di misericordia per cui uno distribuisce ai poveri quanto possiede; e finalmente la pone al di sopra dell'immolazione del proprio corpo: la pone, insomma, al di sopra di tutti questi doni eccellenti. Se avrai la carità, avrai tutto; senza la carità nulla ti gioverà, qualunque cosa tu abbia. E poiché la carità, di cui parliamo, dipende dallo Spirito Santo (è appunto l'argomento dello Spirito Santo che si sta trattando adesso nel Vangelo), ascolta ciò che dice l'Apostolo: La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato (Rm 5, 5).
9. Perché dunque il Signore ha voluto darci solamente dopo la sua risurrezione lo Spirito, dal quale ci provengono i massimi benefici, in quanto per suo mezzo viene riversata nei nostri cuori la carità di Dio? Per quale motivo? Perché nell'attesa della nostra risurrezione la nostra carità arda vivamente, consumi ogni attaccamento mondano, e tutta intera corra verso Dio. A questo mondo, dove si nasce e si muore, non ci si può attaccare. Per mezzo della carità, con cui amiamo Dio, migriamo da questo mondo e, per mezzo di essa, abitiamo già in cielo. Durante questa nostra vita di peregrinazione non ci abbandoni mai il pensiero che non abbiamo fissa dimora quaggiù, e riusciremo, vivendo bene, a prepararci lassù quel posto che mai dovremo lasciare. Il Signore nostro Gesù Cristo, infatti, dopo che è risorto non muore più - dice l'Apostolo -, la morte non avrà più alcun potere su di lui (Rm 6, 9). Ecco che cosa dobbiamo amare. Se viviamo, se crediamo in colui che è risorto, egli ci darà cose ben diverse da quelle che qui amano quelli che non amano Dio, i quali tanto più amano le cose di quaggiù quanto meno amano Dio, e tanto meno quanto più amano lui. Ma vediamo che cosa ci ha promesso: non ricchezze terrene e temporali, non onori e potenza di questo mondo; come vedete, tutte queste cose vengono concesse anche ai cattivi, affinché i buoni non abbiano a tenerle in gran conto. Non ci ha promesso nemmeno la salute del corpo; non perché non sia lui a concederla, ma perché, come potete vedere, la concede anche alle bestie. Non una vita lunga; per quanto si può dire lungo ciò che finisce. Non ha promesso a noi credenti, come fosse una gran cosa, la longevità, l'estrema vecchiaia, che tutti desiderano prima che venga, ma di cui tutti si lamentano quando viene. Non la bellezza del corpo, che le malattie o la stessa desiderata vecchiaia, distruggono. Uno vuole essere bello, e vuol essere vecchio; due cose inconciliabili: se sarai vecchio non sarai bello, perché quando giunge la vecchiaia, la bellezza se ne va; e nel medesimo uomo non possono abitare insieme il vigore della bellezza e il lamento della vecchiaia. Niente di tutto questo ci ha promesso colui che ha detto: Chi crede in me venga e beva; e dal suo seno fluiranno torrenti d'acqua viva. Ci ha promesso la vita eterna, dove niente dovremo temere, dove saremo al sicuro d'ogni turbamento, da dove non partiremo, dove non morremo; dove non si piangono partenze, dove non si attendono arrivi. Essendo tale la promessa che il Signore ha fatto a coloro che lo amano, e ardono della carità dello Spirito Santo, per questo non volle dare lo Spirito stesso se non dopo la sua glorificazione, onde mostrare nel suo corpo la vita che ancora non abbiamo, ma che speriamo di avere nella risurrezione.
15 - Si parla di altre feste che Maria beatissima celebrava.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca662. Nel rinnovare la memoria della vita e passione del nostro Redentore, la Regina non mirava soltanto a rendergli l'adeguata riconoscenza per se stessa e per l'intero genere umano e ad insegnare alla Chiesa questa scienza, come maestra della santità e della sapienza; oltre al soddisfare un simile debito, era suo disegno vincolarlo a sé, inclinando la sua sconfinata bontà alla pietà, di cui comprendeva bisognosa la fragilità e miseria degli uomini. Nella sua prudenza intendeva che egli e il Padre erano assai irritati dalle loro colpe e che nel tribunale della clemenza celeste essi non avevano niente da addurre a proprio favore se non l'immensa benevolenza con la quale Dio stesso li aveva amati e riconciliati quando erano peccatori e suoi nemici'. Dal momento che ciò era stato realizzato dall'Unigenito con le sue opere, i suoi tormenti e i suoi misteri, giudicava le date in cui questi si erano compiuti adatte per moltiplicare le suppliche e per muoverlo al perdono, implorandolo di amarli perché li aveva amati, di chiamarli alla fede e all'amicizia con lui perché le aveva egli medesimo guadagnate loro, di giustificarli perché aveva conquistato loro la giustificazione e la vita eterna.
663. Né i mortali né gli angeli arriveranno a ponderare degnamente quanto il mondo debba alla sua benignità materna. 1 tanti benefici che ricevette dalla destra divina, come anche le tante visioni beatifiche che le furono concesse mentre era quaggiù, non furono per lei sola, ma pure per noi; in tali occasioni, infatti, la sua intelligenza e carità giunsero al massimo grado possibile in una semplice creatura, e in misura proporzionata ella desiderava la gloria dell'Altissimo nella salvezza degli essere dotati di ragione. Siccome al tempo stesso restava viatrice per meritare, vince qualsiasi capacità l'incendio che divampava nel suo purissimo cuore affinché non si dannasse nessuno di coloro che potevano arrivare a godere di sua Maestà. Da quell'anelito le risultò un prolungato martirio, che sostenne nella sua esistenza e che l'avrebbe consumata ad ogni ora e ad ogni istante se non fosse stata preservata e sorretta. Il supplizio fu il pensare che molti si sarebbero persi e sarebbero rimasti per sempre privi della gioia della contemplazione del sommo Bene, e per di più avrebbero subito i perenni castighi dell'inferno, senza la speranza del rimedio da loro disprezzato.
664. La Vergine si angustiava con enorme tristezza di questa straziante infelicità, giacché la valutava e calcolava con uguale cognizione, alla quale corrispondeva peraltro il suo incredibile fervore; dunque, non avrebbe trovato sollievo alle sue pene qualora esse fossero state lasciate crescere in base alla forza della sua affezione e della considerazione di quanto Cristo aveva fatto per riscattare i suoi fratelli. L'Onnipotente impediva le conseguenze di questo dolore fatale: a volte la conservava miracolosamente; altre la distraeva con diverse illuminazioni; altre ancora le svelava gli occulti segreti della predestinazione perché, capendo le motivazioni e l'equità della sua giustizia, avesse quiete. I suddetti erano alcuni degli espedienti con cui egli si preoccupava che non venisse meno per i misfatti e per la condanna perpetua dei reprobi. Se una sorte così sciagurata da lei prevista la amareggiava tanto pesantemente e se in suo Figlio produceva effetti tali che per riparare si consegnò alla crocifissione, con che parole si definirà la cieca insensatezza di chi si abbandona precipitosamente e con animo insensibile all'insanabile e mai esagerata rovina?
665. Gesù alleggeriva i suoi affanni esaudendola, dichiarandosi impegnato dalla sua tenerezza, elargendole i suoi infiniti tesori, designandola sua elemosiniera maggiore e affidando alla sua volontà la distribuzione delle ricchezze delle sue misericordie, affinché con la sua luce le applicasse a coloro per i quali le reputava convenienti. Queste promesse erano ordinarie come erano continue le invocazioni che le sollecitavano, e tutto aumentava nelle feste. Nel giorno in cui era avvenuta la circoncisione, Maria cominciava la preparazione allo stesso orario che nelle altre solennità e al solito il Verbo incarnato entrava nel suo oratorio con grande splendore, attorniato dai ministri superni e dagli eletti. Poiché in quella circostanza egli aveva iniziato a spargere il suo sangue e si era umiliato ad assoggettarsi alla legge dei rei, erano ineffabili gli atti della sua castissima Madre nel commemorare la sua generosità e indulgenza.
666. La Principessa si piegava a toccare il fondo della virtù dell'umiltà: si affliggeva soavemente di ciò che il bambino aveva sostenuto in tanto giovane età, lo ringraziava per la progenie di Adamo, piangeva l'universale dimenticanza nel non stimare il prezioso sangue versato con ampio anticipo per la redenzione e, come confusa al suo cospetto a non pagare un simile dono, si offriva di perire e di dare il proprio per sdebitarsi e per imitare il suo Maestro. Su queste aspirazioni teneva con lui sino a sera armoniosi colloqui e, non essendo opportuno porre in esecuzione il suo sacrificio sebbene fosse accetto, aggiungeva ulteriori invenzioni di bontà. Quanto alle carezze e ai favori di cui era colmata, gli chiedeva che fossero ripartiti tra tutti; quanto invece al soffrire per suo amore e con tale strumento, che ella fosse singolare, ma la ricompensa
fosse condivisa con gli altri e ciascuno gustasse la sua dolcezza perché, invitato da essa al sentiero della vita, non si smarrisse con la morte, quando egli medesimo aveva patito per attirare tutto a sé. Quindi, presentava al Padre il sangue che era stillato nel rito e l'abbassamento che il suo Unigenito aveva esercitato facendosi circoncidere mentre era impeccabile, e venerava quest'ultimo come Dio e uomo vero. Dopo altre opere di incomparabile perfezione, egli la benediva e tornava alla destra dell'Eterno.
667. Si disponeva all'adorazione dei Magi qualche giorno prima, quasi andando mettendo insieme degli omaggi per il Signore. Il principale, che la Regina chiamava oro, erano le anime che riconduceva allo stato di grazia avvalendosi dei custodi, che avevano da lei l'ordine di aiutarla infondendo in numerose di esse speciali ispirazioni a conoscere l'Altissimo ed a ravvedersi, e soprattutto con le sue suppliche, con le quali affrancava tanti dall'errore, o li guidava alla fede e al battesimo, o li strappava durante l'agonia dalle grinfie del drago. C'erano, poi, la mirra, cioè le prostrazioni, le mortificazioni e altre penitenze, e l'incenso, costituito dagli incendi e dai voli del suo ardore, dalle giaculatorie e da altri impulsi deliziosi e pieni di sapienza.
668. Per accoglierli, venuto il momento, sua Maestà scendeva dall'empireo con una moltitudine di angeli e di santi, ed ella, esortata l'intera corte ad assisterla, glieli porgeva con mirabile devozione e affetto elevando un'intensa orazione per tutti. Era allora innalzata al seggio di lui, dove partecipava in modo inesprimibile della gloria della sua umanità, divinamente unita ad essa e come trasfigurata dalla sua chiarezza e dal suo fulgore, e talora, affinché prendesse riposo nei suoi ferventissimi sentimenti, Cristo stesso la reclinava tra le sue braccia. I benefici erano tali che non vi sono vocaboli appropriati per spiegarli, poiché egli ne estraeva quotidianamente dai suoi scrigni di antichi e di nuovi.
669. Ricevutili, la Vergine lasciava il trono, implorava pietà per noi tutti, finiva con un inno di lode e si raccomandava ai beati perché l'accompagnassero in questo. Succedeva una cosa straordinaria: per concludere la celebrazione, domandava ad uno ad uno ai patriarchi e agli altri di pregare l'Onnipotente di starle accanto e di dirigerla in ogni azione, inchinandosi davanti a loro come chi si accostasse per baciare la mano. Il Salvatore permetteva con enorme compiacimento che praticasse l'umiltà verso persone della sua natura, ma ella non lo faceva con gli esseri spirituali, che erano alle sue dipendenze e non avevano con lei quel legame. Essi le mostravano differentemente il proprio ossequio.
670. In seguito Maria ricordava il battesimo di Gesù al Giordano esternandogli magnificamente gratitudine per questo sacramento e perché aveva voluto che gli fosse amministrato per dargli principio. Dopo aver interceduto per i credenti, si ritirava per quaranta giorni ininterrotti in memoria del suo digiuno, ripetendolo nella maniera in cui era stato vissuto da lui e da ella medesima sul suo modello: non dormiva, non mangiava, non usciva tranne che per gravi necessità che esigessero il suo intervento, conversava solo con Giovanni per la comunione e per il disbrigo delle questioni delle quali era conveniente che fosse informata per il governo della comunità ecclesiale. In quel periodo il prediletto era più assiduo nella casa del cenacolo e se ne allontanava di rado. Venivano molti bisognosi e infermi, ed egli li curava e risanava applicando loro qualcosa della grande Signora. Venivano parecchi indemoniati ed alcuni erano liberati prima di arrivare, poiché quelli che li possedevano non avevano l'ardire di appressarsi oltre alla dimora di costei, mentre agli altri accadeva che, appena erano toccati con il suo manto, con il suo velo o con un suo oggetto qualunque, i nemici si precipitavano negli abissi. Quando certi diavoli erano ribelli, l'Evangelista la avvertiva e, nell'attimo in cui giungeva dai pazienti, essi li abbandonavano senza altro comando.
671. Quanto agli eventi prodigiosi che le avvenivano, occorrerebbero molti libri per riferirli, giacché, se non si coricava né si nutriva, chi potrà raccontare ciò che la sua diligentissima sollecitudine e solerzia realizzavano in tanto tempo? Basti sapere che offriva tutto per la crescita della Chiesa, per la giustificazione delle anime, per la conversione del mondo, nonché per soccorrere gli apostoli e i discepoli che lo percorrevano per predicare. Al termine della quaresima il Redentore le preparava un convito somigliante a quello che gli era stato imbandito nel deserto e che aveva come dolcezza particolare la vicinanza di lui stesso, splendente e circondato da migliaia di creature celesti impegnate in parte nel provvedere alla mensa e in parte nel cantare con sublime armonia, e il fatto che era egli stesso che le passava il cibo. Questa giornata era piacevolissima più per la prossimità dell'Unigenito e per le sue carezze che per il gusto di quegli ottimi alimenti, e per ringraziarlo ella si stendeva a terra e gli chiedeva la benedizione adorandolo; il nostro Maestro gliela concedeva e risaliva nelle altezze. In tutte le sue apparizioni la nostra sovrana compiva eroici atti di abbassamento, sottomissione e venerazione, baciandogli i piedi, confessandosi immeritevole di simili privilegi e supplicando aiuti per meglio servirlo in futuro con la sua protezione.
672. Forse qualcuno con prudenza umana riterrà eccessivo il numero delle manifestazioni del Signore, che io qui narro in frequenti occasioni. Chi pensa così è obbligato a valutare l'eccellenza della Regina delle virtù e l'amore reciproco di tale Madre e di tale Figlio e poi a dirci quanto quelle elargizioni superino la misura trovata, che la fede e la ragione stimano incalcolabile con il nostro giudizio. A me, per non avere dubbi sulle mie affermazioni, sono sufficienti la luce con cui le apprendo e la consapevolezza che in ogni ora e in ogni istante sua Maestà discende nelle mani del sacerdote che legittimamente pronuncia le parole di consacrazione in qualsiasi zona del pianeta, e non con un movimento fisico, ma perché il pane e il vino divengono il suo corpo e il suo sangue. Sebbene ciò si verifichi in un modo che non illustro e sul quale non intendo disputare, la dottrina cattolica mi insegna che Cristo medesimo si fa presente nell'ostia. Egli opera spesso questa meraviglia per gli uomini e per la loro salvezza, benché siano tanti gli indegni, persino tra i ministri dell'altare; se potesse essere vincolato a continuarla, lo farebbe soltanto per la Vergi ne, e lo fece in effetti principalmente per lei. Non sembri dunque troppo che visitasse lei sola, se ella sola lo guadagnò per sé e per noi.
673. Successivamente, la Principessa celebrava la propria purificazione e la presentazione al tempio del bambino; per questo dono e per la sua accettazione, compariva nella sua stanza la Trinità con la sua corte. Gli angeli la vestivano e ornavano con lo sfarzo e con i ricchi gioielli da me descritti nella festa dell'incarnazione, ed ella pregava a lungo per tutti e specialmente per i devoti. In premio della sua implorazione, dell'umiltà con la quale si era assoggettata alla legge comune alle donne e dei suoi esercizi, riceveva per sé un aumento di grazia e per gli altri notevoli benefici.
674. Ricordava la passione, l'istituzione dell'eucaristia e la risurrezione non solo tutte le settimane, ma anche annualmente nei giorni corrispondenti, come si fa adesso nella settimana santa, e in essi alle solite pratiche ne accompagnava varie: all'ora della crocifissione si metteva a forma di croce e vi restava per tre ore, ripetendo le domande di Gesù e rammentando i suoi dolori; in quella domenica, però, era innalzata all'empireo, dove la visione di cui godeva era beatifica e non astrattiva come nelle altre.
Insegnamento della Regina del cielo
675. Carissima, lo Spirito, la cui sapienza governa la Chiesa , ha disposto per mia intercessione che ci siano solennità differenti per due serie di motivazioni: affinché si rinnovi la memoria dei misteri divini, della redenzione, del mio esempio e di quello degli altri santi, e i mortali siano grati al loro Creatore e liberatore e non dimentichino favori che non riconosceranno mai adeguatamente; inoltre, affinché in tale periodo attendano unicamente alle cose di Dio, si raccolgano allontandosi dalle cure che abitualmente impiegano per gli affari temporali, bilancino con azioni lodevoli e con il buon uso dei sacramenti ciò che distratti hanno perso, prendano a modello il comportamento dei beati, cerchino con insistenza il mio soccorso ed ottengano la remissione dei peccati e quanto la misericordia celeste tiene pronto per loro.
676. Così la Chiesa desidera guidare e nutrire i suoi piccoli come madre pietosa, e io, che lo sono di tutti, mi sono prefissa di condurli per questa via alla sicurezza della vita; ma il serpente infernale ha costantemente procurato, e soprattutto nella tua infelice epoca, di impedire i fini dell'Onnipotente e miei. Quando non riesce a pervertire l'ordine della comunità ecclesiale, tenta almeno di far sì che non fruttifichi nella maggioranza dei suoi membri e che per molti una simile concessione si converta in un più pesante carico per la dannazione. Il demonio stesso l'addurrà contro di essi nel tribunale della giustizia superna e li accuserà di non aver trascorso i momenti più sacri in atti virtuosi e nell'esaltazione dell'Eterno, e di avere allora commesso colpe peggiori, come normalmente accade alla gente mondana. Certamente è grande ed assai riprensibile la trascuratezza e il disprezzo che in genere i credenti hanno di questa verità, profanando le festività con giochi, piaceri, eccessi, e nel mangiare e bere con meno moderazione. Mentre dovrebbero placare l'Altissimo lo irritano ancor più e, piuttosto che abbattere i nemici invisibili, sono sconfitti e permettono alla loro superbia e malizia di trionfare.
677. Piangi questa rovina, giacché a me non è possibile come nell'esistenza terrena, sforzati di compensarla per quanto ti sarà consentito e affaticati nell'aiutare i tuoi fratelli nella loro spensieratezza. Sebbene ai religiosi competa una condotta diversa da quella dei secolari nel non fare distinzione di giorni per dedicarsi incessantemente al culto, e così voglio che istruisca le tue suddite, bramo pure che nell'orazione e nello zelo tu e loro vi segnaliate nel celebrare le feste, in primo luogo quelle del Signore e le mie, con singolare preparazione e purezza di coscienza. Riempi sempre notte e dì di gesti ammirevoli e graditi a sua Maestà, ma in esse aggiungi nuovi esercizi interiori ed esteriori. Infervora il tuo cuore, concentrati tutta in te stessa e, se ti parrà tanto, accresci l'impegno per rendere ferma la tua vocazione ed elezione, guardandoti dal tralasciare mai qualcosa per negligenza. Considera che i giorni sono cattivi e somiglianti ad ombra che passa. Sii estremamente diligente per non trovarti vuota di meriti e dai ad ogni ora la sua legittima occupazione, come era mia consuetudine e come sovente ti ho insegnato.
678. Ti esorto ad essere attentissima alle ispirazioni del tuo sovrano, e fra gli altri benefici stima quello che ricevi con i suoi avvertimenti, con sollecitudine tale che tu non ometta di eseguire come puoi alcuna delle opere di maggior perfezione che ti verranno in mente. Ti garantisco che gli uomini per la loro noncuranza e indifferenza si privano di immensi tesori di grazia e di gloria. lo imitavo scrupolosamente ciò che avevo visto compiere a mio Figlio stando con lui e ascoltavo tutti i suggerimenti dello Spirito; questa avida premura era per me come l'ossigeno e muoveva il mio Unigenito ai suoi doni e alle sue numerose apparizioni.
679. Perché tu e le tue sorelle ricalchiate le mie orme nel ritiro che osservavo, stabilisci nel tuo convento in che maniera dobbiate gestire gli esercizi che è vostro costume fare, stando appartate per quanto sarà accordato dall'obbedienza. Hai già esperienza del profitto che deriva dalla solitudine, avendo scritto in essa quasi per intero la mia storia ed essendo stata visitata in essa da Gesù con più larghe elargizioni per il tuo miglioramento e per la tua vittoria sugli avversari; dunque, affinché le tue monache sappiano come regolarsi per uscirne con vantaggio e giovamento, ti chiedo di redigere un trattato e di assegnare loro tutte le attività e i tempi in cui ripartirle, disposte in modo che chi fa gli esercizi non manchi alla liturgia comune, poiché questo obbligo è da preferirsi a quelli particolari. Per il resto rispettino inviolabilmente il silenzio e vadano coperte con un velo, perché siano riconosciute e nessuna rivolga loro la parola. Anche chi ha degli uffici ha diritto a un simile bene, e quindi li affiderai provvisoriamente ad altre. Domanda luce a Dio e io ti assisterò così che tu intenda più in dettaglio come mi comportavo in tali occasioni e lo fissi come dottrina.
11-115 Gennaio 28, 1916 L’amore contenuto è la più grande amarezza. Sospensione del stato di vittima.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sentivo oppressa e pensavo tra me: “Come tutto è finito, stato di vittima, patire, Gesù, tutto! ” Aggiunto che il confessore non stava bene, e quindi forse mi toccherebbe di stare senza comunione. Sentivo tutto il peso della sospensione di vittima da parte di Gesù, da parte della guida non avevo nessun ordine, né pro né contro; aggiungevo pure la mia afflizione ricordandomi che nel Marzo dell’anno scorso, non stando bene il confessore e trovandomi nelle stesse condizioni, Gesù mi aveva detto che se io, o chi mi guida, mi avesse tenuta nello stato di vittima, avrebbe risparmiato Corato. Quindi, nuovi timori, ancora fossi io causa di qualche grave male, anche a Corato. Ma chi può dire tutte le mie apprensioni ed amarezze? Erano tante, che mi sentivo impietrire. Ora, il benedetto Gesù avendo compassione, si è fatto vedere nel mio interno, e pareva che teneva la mano appoggiata alla fronte, tutto afflitto, tanto che non mi sentivo il coraggio di chiamarlo, e quasi sotto voce ho detto solo: “Gesù, Gesù”, e Lui mi ha guardato, ma, oh! come era mesto il suo sguardo, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quanto soffro! Se tu sapessi le pene di chi ti ama, non faresti altro che piangere. Soffro anche per te, perché non venendo spesso spesso, il mio Amore è contenuto e non mi sfogo, e nel vedere te che neppure ti sfoghi perché non mi vedi, e vedendoti soffrire Io soffro di più. Ah! figlia, l’amore contenuto è la più grande amarezza e che più tortura un povero cuore. Se tu soffrendo stai quieta, non soffro Io tanto, ma se ti affliggi e ti affanni nel tuo patire, Io smanio e vo’ in delirio, e sono costretto a venire per sfogarmi e farti sfogare, perché le mie e le tue pene sono sorelle. E poi non è finito il tuo stato di vittima, le mie opere sono eterne, e non senza giusta causa Io sospendo, ma non che faccia finire, e poi Io guardo le cose nella Volontà, sicché tu sei qual’eri, perché la tua volontà non è cambiata, e mancandoti le pene, non sei tu che ricevi danno, ma piuttosto le creature ché non ricevono gli effetti delle tue pene, cioè il risparmio dei flagelli. Avviene come alle creature quando occupano uffici pubblici, posti governativi per un dato tempo, hanno la paga a vita ad onta che si ritirano di quei posti; ed Io dovrei essere meno delle creature? Ah! no, se a quelli li danno pensioni a vita, Io la do in eterno; quindi non devi impensierirti delle soste che faccio. E poi, perché temi? Hai dimenticato quanto ti ho amato? Chi ti guida sarà previdente conoscendo tutte le cose come stanno e come sono andate, ed Io avrò riguardo di Corato. Per te, poi, qualunque cosa potrà succedere, ti terrò stretta nelle mie braccia”.