Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Camminate con semplicità  nella via del Signore e non tormentate il vostro spirito. Bisogna che odiate i vostri difetti, ma con odio tranquillo e non già  fastidioso ed inquieto. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 31° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 14

1"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.2Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;3quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.4E del luogo dove io vado, voi conoscete la via".
5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?".6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.7Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta".9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.11Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.13Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.16Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,17lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.18Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?".23Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.24Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.26Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.28Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.29Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.30Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,31ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui".


Giudici 11

1Ora Iefte, il Galaadita, era uomo forte e valoroso, figlio di una prostituta; lo aveva generato Gàlaad.2Poi la moglie di Gàlaad gli partorì figli e, quando i figli della moglie furono adulti, cacciarono Iefte e gli dissero: "Tu non avrai eredità nella casa di nostro padre, perché sei figlio di un'altra donna".3Iefte fuggì lontano dai suoi fratelli e si stabilì nel paese di Tob. Attorno a Iefte si raccolsero alcuni sfaccendati e facevano scorrerie con lui.4Qualche tempo dopo gli Ammoniti mossero guerra a Israele.5Quando gli Ammoniti iniziarono la guerra contro Israele, gli anziani di Gàlaad andarono a prendere Iefte nel paese di Tob.6Dissero a Iefte: "Vieni, sii nostro condottiero e combatteremo contro gli Ammoniti".7Ma Iefte rispose agli anziani di Gàlaad: "Non siete forse voi quelli che mi avete odiato e scacciato dalla casa di mio padre? Perché venite da me ora che siete in difficoltà?".8Gli anziani di Gàlaad dissero a Iefte: "Proprio per questo ora ci rivolgiamo a te: verrai con noi, combatterai contro gli Ammoniti e sarai il capo di noi tutti abitanti di Gàlaad".9Iefte rispose agli anziani di Gàlaad: "Se mi riconducete per combattere contro gli Ammoniti e il Signore li mette in mio potere, io sarò vostro capo".10Gli anziani di Gàlaad dissero a Iefte: "Il Signore sia testimone tra di noi, se non faremo come hai detto".11Iefte dunque andò con gli anziani di Gàlaad; il popolo lo costituì suo capo e condottiero e Iefte ripeté le sue parole davanti al Signore in Mizpa.
12Poi Iefte inviò messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli: "Che c'è tra me e te, perché tu venga contro di me a muover guerra al mio paese?".13Il re degli Ammoniti rispose ai messaggeri di Iefte: "Perché, quando Israele uscì dall'Egitto, si impadronì del mio territorio, dall'Arnon fino allo Iabbok e al Giordano; restituiscilo spontaneamente".14Iefte inviò di nuovo messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli:15"Dice Iefte: Israele non si impadronì del paese di Moab, né del paese degli Ammoniti;16ma, quando Israele uscì dall'Egitto e attraversò il deserto fino al Mare Rosso e giunse a Kades,17mandò messaggeri al re di Edom per dirgli: Lasciami passare per il tuo paese, ma il re di Edom non acconsentì. Mandò anche al re di Moab, nemmeno lui volle e Israele rimase a Kades.18Poi camminò per il deserto, fece il giro del paese di Edom e del paese di Moab, giunse a oriente del paese di Moab e si accampò oltre l'Arnon senza entrare nei territori di Moab; perché l'Arnon segna il confine di Moab.19Allora Israele mandò messaggeri a Sicon, re degli Amorrei, re di Chesbon, e gli disse: Lasciaci passare dal tuo paese, per arrivare al nostro.20Ma Sicon non si fidò che Israele passasse per i suoi confini; anzi radunò tutta la sua gente, si accampò a Iaaz e combatté contro Israele.21Il Signore, Dio d'Israele, mise Sicon e tutta la sua gente nelle mani d'Israele, che li sconfisse; così Israele conquistò tutto il paese degli Amorrei che abitavano quel territorio;22conquistò tutti i territori degli Amorrei, dall'Arnon allo Iabbok e dal deserto al Giordano.23Ora il Signore, Dio d'Israele, ha scacciato gli Amorrei davanti a Israele suo popolo e tu vorresti possedere il loro paese?24Non possiedi tu quello che Camos tuo dio ti ha fatto possedere? Così anche noi possiederemo il paese di quelli che il Signore ha scacciati davanti a noi.25Sei tu forse più di Balak, figlio di Zippor, re di Moab? Mosse forse querela ad Israele o gli fece guerra?26Da trecento anni Israele abita a Chesbon e nelle sue dipendenze, ad Aroer e nelle sue dipendenze e in tutte le città lungo l'Arnon; perché non gliele avete tolte durante questo tempo?27Io non ti ho fatto torto e tu agisci male verso di me, muovendomi guerra; il Signore giudice giudichi oggi tra gli Israeliti e gli Ammoniti!".28Ma il re degli Ammoniti non ascoltò le parole che Iefte gli aveva mandato a dire.
29Allora lo spirito del Signore venne su Iefte ed egli attraversò Gàlaad e Manàsse, passò a Mizpa di Gàlaad e da Mizpa di Gàlaad raggiunse gli Ammoniti.30Iefte fece voto al Signore e disse: "Se tu mi metti nelle mani gli Ammoniti,31la persona che uscirà per prima dalle porte di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti, sarà per il Signore e io l'offrirò in olocausto".32Quindi Iefte raggiunse gli Ammoniti per combatterli e il Signore glieli mise nelle mani.33Egli li sconfisse da Aroer fin verso Minnit, prendendo loro venti città, e fino ad Abel-Cheramin. Così gli Ammoniti furono umiliati davanti agli Israeliti.34Poi Iefte tornò a Mizpa, verso casa sua; ed ecco uscirgli incontro la figlia, con timpani e danze. Era l'unica figlia: non aveva altri figli, né altre figlie.35Appena la vide, si stracciò le vesti e disse: "Figlia mia, tu mi hai rovinato! Anche tu sei con quelli che mi hanno reso infelice! Io ho dato la mia parola al Signore e non posso ritirarmi".36Essa gli disse: "Padre mio, se hai dato parola al Signore, fa' di me secondo quanto è uscito dalla tua bocca, perché il Signore ti ha concesso vendetta sugli Ammoniti, tuoi nemici".37Poi disse al padre: "Mi sia concesso questo: lasciami libera per due mesi, perché io vada errando per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne".38Egli le rispose: "Va'!", e la lasciò andare per due mesi. Essa se ne andò con le compagne e pianse sui monti la sua verginità.39Alla fine dei due mesi tornò dal padre ed egli fece di lei quello che aveva promesso con voto. Essa non aveva conosciuto uomo; di qui venne in Israele questa usanza:40ogni anno le fanciulle d'Israele vanno a piangere la figlia di Iefte il Galaadita, per quattro giorni.


Proverbi 15

1Una risposta gentile calma la collera,
una parola pungente eccita l'ira.
2La lingua dei saggi fa gustare la scienza,
la bocca degli stolti esprime sciocchezze.
3In ogni luogo sono gli occhi del Signore,
scrutano i malvagi e i buoni.
4Una lingua dolce è un albero di vita,
quella malevola è una ferita al cuore.
5Lo stolto disprezza la correzione paterna;
chi tiene conto dell'ammonizione diventa prudente.
6Nella casa del giusto c'è abbondanza di beni,
sulla rendita dell'empio incombe il dissesto.
7Le labbra dei saggi diffondono la scienza,
non così il cuore degli stolti.
8Il sacrificio degli empi è in abominio al Signore,
la supplica degli uomini retti gli è gradita.
9La condotta perversa è in abominio al Signore;
egli ama chi pratica la giustizia.
10Punizione severa per chi abbandona il retto sentiero,
chi odia la correzione morirà.
11Gl'inferi e l'abisso sono davanti al Signore,
tanto più i cuori dei figli dell'uomo.
12Lo spavaldo non vuol essere corretto,
egli non si accompagna con i saggi.
13Un cuore lieto rende ilare il volto,
ma, quando il cuore è triste, lo spirito è depresso.
14Una mente retta ricerca il sapere,
la bocca degli stolti si pasce di stoltezza.
15Tutti i giorni son brutti per l'afflitto,
per un cuore felice è sempre festa.
16Poco con il timore di Dio
è meglio di un gran tesoro con l'inquietudine.
17Un piatto di verdura con l'amore
è meglio di un bue grasso con l'odio.
18L'uomo collerico suscita litigi,
il lento all'ira seda le contese.
19La via del pigro è come una siepe di spine,
la strada degli uomini retti è una strada appianata.
20Il figlio saggio allieta il padre,
l'uomo stolto disprezza la madre.
21La stoltezza è una gioia per chi è privo di senno;
l'uomo prudente cammina diritto.
22Falliscono le decisioni prese senza consultazione,
riescono quelle prese da molti consiglieri.
23È una gioia per l'uomo saper dare una risposta;
quanto è gradita una parola detta a suo tempo!
24Per l'uomo assennato la strada della vita è verso l'alto,
per salvarlo dagli inferni che sono in basso.
25Il Signore abbatte la casa dei superbi
e rende saldi i confini della vedova.
26Sono in abominio al Signore i pensieri malvagi,
ma gli sono gradite le parole benevole.
27Sconvolge la sua casa chi è avido di guadagni disonesti;
ma chi detesta i regali vivrà.
28La mente del giusto medita prima di rispondere,
la bocca degli empi esprime malvagità.
29Il Signore è lontano dagli empi,
ma egli ascolta la preghiera dei giusti.
30Uno sguardo luminoso allieta il cuore;
una notizia lieta rianima le ossa.
31L'orecchio che ascolta un rimprovero salutare
avrà la dimora in mezzo ai saggi.
32Chi rifiuta la correzione disprezza se stesso,
chi ascolta il rimprovero acquista senno.
33Il timore di Dio è una scuola di sapienza,
prima della gloria c'è l'umiltà.


Salmi 41

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'

2Beato l'uomo che ha cura del debole,
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
3Veglierà su di lui il Signore,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
4Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
gli darai sollievo nella sua malattia.

5Io ho detto: "Pietà di me, Signore;
risanami, contro di te ho peccato".
6I nemici mi augurano il male:
"Quando morirà e perirà il suo nome?".
7Chi viene a visitarmi dice il falso,
il suo cuore accumula malizia
e uscito fuori sparla.

8Contro di me sussurrano insieme i miei nemici,
contro di me pensano il male:
9"Un morbo maligno su di lui si è abbattuto,
da dove si è steso non potrà rialzarsi".
10Anche l'amico in cui confidavo,
anche lui, che mangiava il mio pane,
alza contro di me il suo calcagno.

11Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami,
che io li possa ripagare.
12Da questo saprò che tu mi ami
se non trionfa su di me il mio nemico;
13per la mia integrità tu mi sostieni,
mi fai stare alla tua presenza per sempre.
14Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.


Ezechiele 40

1Al principio dell'anno venticinquesimo della nostra deportazione, il dieci del mese, quattordici anni da quando era stata presa la città, in quel medesimo giorno, la mano del Signore fu sopra di me ed egli mi condusse là.2In visione divina mi condusse nella terra d'Israele e mi pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una città, dal lato di mezzogiorno.3Egli mi condusse là: ed ecco un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, in piedi sulla porta, con una cordicella di lino in mano e una canna per misurare.4Quell'uomo mi disse: "Figlio dell'uomo: osserva e ascolta attentamente e fa' attenzione a quanto io sto per mostrarti, perché tu sei stato condotto qui perché io te lo mostri e tu manifesti alla casa d'Israele quello che avrai visto".

5Ed ecco il tempio era tutto recinto da un muro. La canna per misurare che l'uomo teneva in mano era di sei cubiti, d'un cubito e un palmo ciascuno. Egli misurò lo spessore del muro: era una canna, e l'altezza una canna.

6Poi andò alla porta che guarda a oriente, salì i gradini e misurò la soglia della porta; era una canna di larghezza.7Ogni stanza misurava una canna di lunghezza e una di larghezza, da una stanza all'altra vi erano cinque cubiti: anche la soglia del portico dal lato dell'atrio della porta stessa, verso l'interno, era di una canna.8Misurò l'atrio della porta: era di otto cubiti;9i pilastri di due cubiti. L'atrio della porta era verso l'interno.
10Le stanze della porta a oriente erano tre da una parte e tre dall'altra, tutt'e tre della stessa grandezza, come di una stessa misura erano i pilastri da una parte e dall'altra.11Misurò la larghezza dell'apertura del portico: era di dieci cubiti; l'ampiezza della porta era di tredici cubiti.12Davanti alle stanze vi era un parapetto di un cubito, da un lato e dall'altro; ogni stanza misurava sei cubiti per lato.13Misurò poi il portico dal tetto di una stanza al suo opposto; la larghezza era di venticinque cubiti; da un'apertura all'altra;14i pilastri li calcolò alti sessanta cubiti, dai pilastri cominciava il cortile che circondava la porta.15Dalla facciata della porta d'ingresso alla facciata dell'atrio della porta interna vi era uno spazio di cinquanta cubiti.16Le stanze e i pilastri avevano finestre con grate verso l'interno, intorno alla porta, come anche vi erano finestre intorno che davano sull'interno dell'atrio. Sui pilastri erano disegnate palme.

17Poi mi condusse nel cortile esterno e vidi delle stanze e un lastricato costruito intorno al cortile; trenta erano le stanze lungo il lastricato.18Il lastricato si estendeva ai lati delle porte per una estensione uguale alla larghezza delle porte stesse: era il lastricato inferiore.19Misurò lo spazio dalla facciata della porta inferiore da oriente a settentrione alla facciata della porta interna, erano cento cubiti.

20Poi misurò la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a settentrione e conduce al cortile esterno.21Le sue stanze, tre da una parte e tre dall'altra, i pilastri, l'atrio avevano le stesse dimensioni della prima porta: cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.22Le finestre, l'atrio e le palme avevano le stesse dimensioni di quelle della porta che guarda a oriente. Vi si accedeva per sette scalini: l'atrio era davanti.23Di fronte al portico di settentrione vi era la porta, come di fronte a quello di oriente; misurò la distanza fra portico e portico: vi erano cento cubiti.

24Mi condusse poi verso mezzogiorno: ecco un portico rivolto a mezzogiorno. Ne misurò i pilastri e l'atrio; avevano le stesse dimensioni.25Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre uguali alle altre finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.26Vi si accedeva per sette gradini: il vestibolo stava verso l'interno. Sui pilastri, da una parte e dall'altra, vi erano ornamenti di palme.27Il cortile interno aveva un portico verso mezzogiorno; egli misurò la distanza fra porta e porta in direzione del mezzogiorno; erano cento cubiti.

28Allora mi introdusse nell'atrio interno, per il portico meridionale, e misurò questo portico; aveva le stesse dimensioni.29Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le medesime misure. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.
30Intorno vi erano vestiboli di venticinque cubiti di lunghezza per cinque di larghezza.
31Il suo vestibolo era rivolto verso l'atrio esterno; sui pilastri c'erano ornamenti di palme; i gradini per i quali si accedeva erano otto.

32Poi mi condusse al portico dell'atrio interno che guarda a oriente e lo misurò: aveva le solite dimensioni.33Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le stesse dimensioni. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.34Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno: sui pilastri, da una parte e dall'altra vi erano ornamenti di palme: i gradini per i quali si accedeva erano otto.

35Poi mi condusse al portico settentrionale e lo misurò: aveva le solite dimensioni,36come le stanze, i pilastri e l'atrio. Intorno vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.37Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno; sui pilastri, da una parte e dall'altra, c'erano ornamenti di palme: i gradini per cui vi si accedeva erano otto.

38C'era anche una stanza con la porta vicino ai pilastri dei portici; là venivano lavati gli olocausti.39Nell'atrio del portico vi erano due tavole da una parte e due dall'altra, sulle quali venivano sgozzati gli olocausti e i sacrifici espiatori e di riparazione.40Altre due tavole erano sul lato esterno, a settentrione di chi entra nel portico, e due tavole all'altro lato presso l'atrio del portico.41Così a ciascun lato del portico c'erano quattro tavole da una parte e quattro tavole dall'altra: otto tavole in tutto. Su di esse si sgozzavano le vittime.42C'erano poi altre quattro tavole di pietre squadrate, per gli olocausti, lunghe un cubito e mezzo, larghe un cubito e mezzo e alte un cubito: su di esse venivano deposti gli strumenti con i quali si immolavano gli olocausti e gli altri sacrifici.43Uncini d'un palmo erano attaccati all'interno tutt'intorno; sulle tavole si mettevano le carni delle offerte.
44Fuori del portico interno, nell'atrio interno, vi erano due stanze: quella accanto al portico settentrionale guardava a mezzogiorno, l'altra accanto al portico meridionale guardava a settentrione.45Egli mi disse: "La stanza che guarda a mezzogiorno è per i sacerdoti che hanno cura del tempio,46mentre la stanza che guarda a settentrione è per i sacerdoti che hanno cura dell'altare: sono essi i figli di Zadòk che, tra i figli di Levi, si avvicinano al Signore per il suo servizio".

47Misurò quindi l'atrio: era un quadrato di cento cubiti di larghezza per cento di lunghezza. L'altare era di fronte al tempio.

48Mi condusse poi nell'atrio del tempio e ne misurò i pilastri: erano ognuno cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra; la larghezza del portico: tre cubiti da una parte e tre cubiti dall'altra.49La lunghezza del vestibolo era di venti cubiti e la larghezza di dodici cubiti. Vi si accedeva per mezzo di dieci gradini; accanto ai pilastri c'erano due colonne, una da una parte e una dall'altra.


Atti degli Apostoli 20

1Appena cessato il tumulto, Paolo mandò a chiamare i discepoli e, dopo averli incoraggiati, li salutò e si mise in viaggio per la Macedonia.2Dopo aver attraversato quelle regioni, esortando con molti discorsi i fedeli, arrivò in Grecia.
3Trascorsi tre mesi, poiché ci fu un complotto dei Giudei contro di lui, mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di far ritorno attraverso la Macedonia.4Lo accompagnarono Sòpatro di Berèa, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timòteo, e gli asiatici Tìchico e Tròfimo.5Questi però, partiti prima di noi ci attendevano a Tròade;6noi invece salpammo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e li raggiungemmo in capo a cinque giorni a Tròade dove ci trattenemmo una settimana.

7Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro; e poiché doveva partire il giorno dopo, prolungò la conversazione fino a mezzanotte.8C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti;9un ragazzo chiamato Èutico, che stava seduto sulla finestra, fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare e, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto.10Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è ancora in vita!".11Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì.12Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati.

13Noi poi, che eravamo partiti per nave, facemmo vela per Asso, dove dovevamo prendere a bordo Paolo; così infatti egli aveva deciso, intendendo di fare il viaggio a piedi.14Quando ci ebbe raggiunti ad Asso, lo prendemmo con noi e arrivammo a Mitilène.15Salpati da qui il giorno dopo, ci trovammo di fronte a Chio; l'indomani toccammo Samo e il giorno dopo giungemmo a Milèto.16Paolo aveva deciso di passare al largo di Èfeso per evitare di subire ritardi nella provincia d'Asia: gli premeva di essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste.

17Da Milèto mandò a chiamare subito ad Èfeso gli anziani della Chiesa.18Quando essi giunsero disse loro: "Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo:19ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei.20Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case,21scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù.22Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà.23So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.24Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.
25Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio.26Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero,27perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.28Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue.29Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge;30perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé.31Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.
32Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati.33Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno.34Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani.35In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!".
36Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò.37Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano,38addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.


Capitolo II: Nel Sacramento si manifestano all’uomo la grande bontà e l’amore di Dio

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Parola del discepolo

1.     O Signore, confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, mi appresso infermo al Salvatore, affamato e assetato alla fonte della vita, povero al re del cielo, servo al Signore, creatura al Creatore, desolato al pietoso mio consolatore. Ma "per qual ragione mi è dato questo, che tu venga a me?" (Lc 1,43). Chi sono io, perché tu ti doni a me; come potrà osare un peccatore di apparirti dinanzi; come ti degnerai di venire ad un peccatore? Ché tu lo conosci, il tuo servo; e sai bene che in lui non c'è alcunché di buono, per cui tu gli dia tutto ciò. Confesso, dunque, la mia pochezza, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e ti ringrazio per il tuo immenso amore. Infatti non è per i miei meriti che fai questo, ma per il tuo amore: perché mi si riveli maggiormente la tua bontà, più grande mi si offra il tuo amore e l'umiltà ne risulti più perfettamente esaltata. Poiché, dunque, questo ti è caro, e così tu comandasti che si facesse, anche a me è cara questa tua degnazione. E voglia il Cielo che a questo non sia di ostacolo la mia iniquità.

2. Gesù, pieno di dolcezza e di benignità, quanta venerazione ti dobbiamo, e gratitudine e lode incessante, per il fatto che riceviamo il tuo santo corpo, la cui grandezza nessuno può comprendere pienamente. Ma quali saranno i miei pensieri in questa comunione con te, in questo avvicinarmi al mio Signore; al mio Signore che non riesco a venerare nella misura dovuta e che tuttavia desidero accogliere devotamente? Quale pensiero più opportuno e più salutare di quello di abbassarmi totalmente di fronte a te, esaltando, su di me la tua bontà infinita? Ti glorifico, o mio Dio, e ti esalto in eterno; disprezzo me stesso, sottoponendomi a te, dal profondo della mia pochezza. Ecco, tu sei il santo dei santi, ed io una sozzura di peccati. Ecco, tu ti abbassi verso di me, che non sono degno neppure di rivolgerti lo sguardo. Ecco, tu vieni a me, vuoi stare con me, mi inviti al tuo banchetto; tu mi vuoi dare il cibo celeste, mi vuoi dare da mangiare il pane degli angeli: nient'altro, veramente, che te stesso, "pane vivo, che sei disceso dal cielo e dai la vita al mondo (Gv 6,33.51). Se consideriamo da dove parte questo amore, quale degnazione ci appare; quanto profondi ringraziamenti e quante lodi ti si debbono!

3. Quanto fu utile per la nostra salvezza il tuo disegno, quando hai istituito questo sacramento; come è soave e lieto questo banchetto, nel quale hai dato in cibo te stesso! Come è ammirabile questo che tu fai; come è efficace la tua potenza e infallibile la tua verità. Infatti, hai parlato "e le cose furono" (Sal 148, 5); e fu anche questo sacramento, che tu hai comandato. Mirabile cosa, degna della nostra fede; cosa che oltrepassa la umana comprensione che tu, o Signore Dio mio, vero Dio e uomo, sia tutto sotto quella piccola apparenza del pane e del vino; e che tu sia mangiato senza essere consumato. "Tu, o Signore di tutti", che, di nessuno avendo bisogno, hai voluto, per mezzo del Sacramento, abitare fra noi (2 Mac 14,35), conserva immacolato il mio cuore e il mio corpo, affinché io possa celebrare sovente i tuoi misteri, con lieta e pura coscienza; e possa ricevere, a mia salvezza eterna, ciò che tu hai stabilito e istituito massimamente a tua glorificazione e perenne memoria di te.

4. Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono così sublime, per un conforto così straordinario, lasciato a te in questa valle di lacrime. In verità, ogni qualvolta medito questo mistero e ricevi il corpo di Cristo, lavori alla tua redenzione e ti rendi partecipe di tutti i meriti di Cristo. Mai non viene meno, infatti, l'amore di Cristo; né si esaurisce la grandezza della sua intercessione. E' dunque con animo sempre rinnovato che ti devi disporre a questo Sacramento; è con attenta riflessione che devi meditare il mistero della salvezza. E quando celebri la Messa, o l'ascolti, ciò deve apparirti un fatto così grande, così straordinario e così pieno di gioia, come se, in quello stesso giorno, scendendo nel seno della Vergine, Cristo si facesse uomo, patisse e morisse pendendo dalla croce.


DISCORSO 288 NEL NATALE DI GIOVANNI BATTISTA

Discorsi - Sant'Agostino

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(La voce e la Parola)

La celebrazione della nascita di S. Giovanni.

1. La festività odierna nella ricorrenza annuale richiama alla memoria che il precursore del Signore nacque in circostanze di eccezionale singolarità; soprattutto oggi conviene che la sua nascita sia oggetto della nostra riflessione e della nostra lode. A questo infatti e a tale prodigioso evento è dedicato il giorno anniversario, ad evitare che la dimenticanza cancelli dai nostri cuori i benefici di Dio e le meraviglie dell'eccelso. Giovanni, dunque, quale araldo del Signore, fu inviato davanti a lui, ma creato per mezzo di lui. Infatti: Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e nulla senza di lui è stato fatto 1. Davanti all'uomo-Dio fu inviato l'uomo che riconosceva il suo Signore, annunziava il suo Creatore; individuandolo interiormente già presente sulla terra, mostrandolo a dito. Le parole di lui infatti sono proprie di chi sta a indicare il Signore e gli rende testimonianza: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo 2. A ragione, dunque, la sterile generò l'araldo, la vergine il giudice. Nella madre di Giovanni la sterilità ricevette la fecondità; nella madre di Cristo, la fecondità non intaccò la verginità. Se la vostra pazienza e un interesse tranquillo e un attento silenzio mi vorrà rendere possibile, con l'aiuto di Dio, che io dica quanto egli mi concede di esporre, ciò sarà, senza dubbio, frutto della vostra attenzione e prezzo dell'opera del nostro impegno, così che io possa far penetrare nelle vostre orecchie e nei vostri cuori qualcosa che attinge un grande mistero.

Giovanni è più che un profeta; nel disprezzo di sé esalta Cristo.

2. Vi furono dei profeti prima di Giovanni, e molti, e grandi, e santi, degni di Dio, pieni di Dio, che preannunziavano il Salvatore, testimoni della verità. Nondimeno, di nessuno di loro si poté dire quel che fu detto di Giovanni: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista 3. A che mira una tale grandezza inviata a precedere il Grande? Alla testimonianza di una profonda umiltà. Era tale infatti la sua potenza da poter essere ritenuto il Cristo. Giovanni avrebbe potuto sfruttare l'errore degli uomini anche senza darsi da fare a persuadere di essere il Cristo, perché, pur tacendo da parte sua, già glielo attribuivano quanti lo ascoltavano e lo vedevano. Non era suo compito seminare l'errore, ma di incoraggiare alla fedeltà. Ma, quale umile amico dello Sposo, pieno di zelo verso lo Sposo, egli non si sostituisce, da adultero, allo Sposo, rende testimonianza all'amico suo, si fa anche premura di presentare alla sposa Colui che era il vero Sposo; per essere amato in lui, ha in orrore di essere amato al suo posto. Chi possiede la sposa - dice - è lo sposo. E, come se tu chiedessi: E che dici di te? Ma l'amico dello sposo - dice - è lì in piedi e l'ascolta, ed è pieno di gioia alla voce dello sposo 4. È lì in piedi ed ascolta: il discepolo ascolta il maestro; è in piedi perché ascolta; perché, se non ascolta, cade. È un fatto che vale a garantire perfettamente la dignità di Giovanni; infatti, pur potendo farsi valere quale il Cristo, preferì rendere testimonianza a Cristo, attirare l'attenzione su di lui, abbassarsi, piuttosto che essere accolto in suo luogo e venire a mancare a se stesso. A ragione è stato riconosciuto più che un profeta. Quanto ai Profeti, infatti, che vissero prima della venuta del Signore, così dice il Signore stesso: Molti Profeti e giusti hanno desiderato vedere quel che voi vedete e non lo videro 5. In realtà, coloro che erano ripieni dello Spirito di Dio, per annunziare il Cristo venturo, bramavano vederlo presente sulla terra, se fosse stato possibile. Ecco perché quel ben noto Simeone desiderava fosse differita la sua separazione dal mondo per vedere nato Colui per il quale era stato creato il mondo 6. E proprio a lui fu concesso vedere neonato il Verbo di Dio, nella carne; ma non insegnava ancora, non era ancora pubblicamente il maestro Colui che, presso il Padre, era appunto il maestro degli angeli. Lo vide, dunque, Simeone, ma neonato; Giovanni, al contrario, quando già evangelizzava, già procedeva alla scelta dei discepoli. Dove? Presso il fiume Giordano. Di là ebbe inizio infatti il magistero di Cristo. Ivi fu raccomandato il battesimo che avrebbe impartito Cristo, in quanto si assunse il compito del battesimo che doveva precedere, di preparare la via, dicendo: Preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri 7. Volle perciò il Signore essere battezzato dal servo, perché vedessero che cosa ricevono coloro che vengono battezzati dal Signore. Di qui dunque il progredire di quanto giustamente aveva anticipato la profezia: Dominerà da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra 8. Presso quel fiume dal quale Cristo dette inizio al suo dominio, Giovanni poté vederlo, lo conobbe, gli rese testimonianza. Si abbassò davanti al potente, così che, dal potente, l'umile venisse esaltato. E si presentò quale amico dello Sposo: e in che modo amico? alla pari con lui forse? Lungi da noi: di gran lunga inferiore. Inferiore di quanto? Non sono degno - disse - di sciogliere il legaccio del suo sandalo 9. Questo Profeta, anzi, più che profeta, meritò di essere preannunziato da un Profeta. A suo riguardo, infatti, Isaia disse ciò di cui oggi ci è stata data lettura: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata e ogni monte e colle sarà abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle scoscese pianure; ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. Grida: Che cosa griderò? Ogni uomo è come l'erba, e tutta la sua gloria come un fiore del campo: secca l'erba, il fiore appassisce, ma la Parola del Signore dura sempre 10. Faccia attenzione la Carità vostra. Giovanni, richiesto se fosse il Cristo, o Elia, o uno dei Profeti, disse: Non sono il Cristo, né Elia, né un profeta 11. E quelli: Chi sei, dunque? Io sono la voce di uno che grida nel deserto 12. Disse di sé che era voce. Tu hai Giovanni quale voce. Che hai quale Cristo se non il Verbo? Si fa precedere la voce perché poi sia inteso il Verbo. E quale Verbo? Ascolta chi te lo sa rivelare chiaramente: In principio - dice - era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: Egli era in principio presso Dio. Per mezzo di lui sono state create tutte le cose e nulla è stato creato senza di lui 13. Se ha creato tutte le cose, anche Giovanni. Di che ci meravigliamo se il Verbo si creò una voce? Osserva, osserva l'uno e l'altra presso il fiume, e la voce e il Verbo. La voce: Giovanni, il Verbo: Cristo.

Quale differenza tra voce e parole.

3. Indaghiamo quale differenza intercorra tra voce e parola: procediamo attenti; non è cosa di poco conto e richiede uno sforzo non limitato. Il Signore a me concederà di non provare stanchezza nella spiegazione e a voi nell'ascolto. Ecco due qualcosa, la voce e la parola. Cos'è la voce? Cos'è la parola? cos'è? Mettetevi in ascolto di ciò a cui, in voi stessi, potete dare assenso; postavi la domanda proprio da parte vostra, datevi quindi la risposta. La parola, se non può avere un mezzo che la esprima, non si chiama parola. D'altra parte, la voce, sebbene non sia altro che un suono e dia luogo a clamori disordinati, - come avviene in chi grida non in chi parla -, si può chiamare voce, ma non si può chiamare parola. Non so chi si è sentito gemere, è una voce; ha urlato, è una voce. È un certo suono indefinibile che diffonde strepito e assorda le orecchie senza alcuna traccia di intelligibilità. Del resto, la parola, se non ha una qualche espressione, se non fa giungere altro alle orecchie, se non apporta altro alla mente, non si chiama parola. Perciò, come dicevo, se gridi, è voce; se dici: uomo, è parola; così pure se dici: bestiame; se: Dio; se: mondo, oppure qualcosa d'altro. Ho espresso, infatti, questi suoni tutti con un contenuto indicativo, non vuoti, non che risuonano e nulla fanno capire. Dunque, se avete ormai compreso la distinzione tra voce e parola, ascoltate ciò che vi deve stupire in questi due, Giovanni e Cristo. La parola è di grandissimo valore anche senza voce; la voce non ha senso senza la parola. Ne rendiamo ragione e, se ci è possibile, chiariremo quanto ci siamo proposti. Ecco, hai voluto dire qualcosa: quello stesso che vuoi dire è già concepito interiormente; lo ritiene la memoria, è deciso dalla volontà, ha vitalità dall'intelletto. Inoltre questo stesso che vuoi dire non è proprio di alcuna lingua. Anche il concetto che vuoi esprimere, che si è creato nell'animo, non è proprio di alcuna lingua, né greca, né latina, né cartaginese, né ebraica, né di alcun popolo. Il concetto è stato concepito solo nell'animo, è sul punto di essere espresso. Perciò, come ho detto, è una qualche concezione, una qualche opinione, un ragionamento concepito nell'intimo, pronto a venir fuori, per penetrare in chi ascolta. Di conseguenza, in quanto è conosciuta da chi la possiede interiormente, perciò è parola, già nota a chi è pronto ad esprimerla e non ancora a chi è prossimo ad ascoltarla. Dunque, ecco che attende nell'intimo la parola già prodotta, nella sua interezza: tende a venir fuori per esser pronunciata per chi ascolta. Chi ha dato origine alla parola bada a ciò che deve dire, però gli è nota la parola che ha dentro di sé, presta attenzione a colui che sarà il suo ascoltatore. Parlerò in nome di Cristo alle persone colte nella Chiesa e sono deciso a rendere accessibile a quanti non sono sprovveduti anche qualcosa che esiga appunto maggiore penetrazione. Faccia dunque attenzione la Carità vostra. Considerate la parola concepita interiormente, tende a venir fuori, vuole essere espressa: fa attenzione a chi si debba rivolgere. Nota un Greco? cerca la voce greca con la quale raggiungere il Greco. Nota un Latino? cerca la voce latina per raggiungere il latino. Nota un Cartaginese? cerca la voce punica per raggiungere il Cartaginese. Escludi la diversità degli uditori, e quella parola che è concepita nell'intimo non è greca, né latina, né punica, né di qualsiasi altra lingua. Va cercando di venir fuori in quella voce che ha riscontro nell'uditore presente. Ora, fratelli, ecco un esempio perché possiate comprendere. Ho ideato in me di dire: Dio. Questa mia concezione interiore è qualcosa di grande. Evidentemente, Dio non è le due sillabe; senza dubbio questa breve voce non è Dio. Voglio dire: Dio, faccio attenzione a chi devo parlare. È Latino? Dico Deum. È Greco? dico qeovn. Al Latino dico Deum, al Greco dico qeovn. Tra Deum e qeovn c'è differenza di suono: altre sono le lettere qui, altre sono là; al contrario, nel mio intimo, nel momento che decido di parlare, nel momento che penso, non c'è alcuna diversità di lettere, nessuna variazione di suono delle sillabe: c'è quello che è. Perché venisse pronunziata per il Latino è usata una voce, un'altra per il Greco. Se volessi rivolgermi al Cartaginese ne userei un'altra; se all'Ebreo, un'altra; se all'Egiziano, un'altra; se all'Indiano, un'altra. Con il sostituirsi delle persone quante e quante voci non assumerebbe la parola interiore senza alcun mutamento o variazione di sé? Va incontro al Latino con voce latina, al Greco con voce greca, all'Ebreo con voce ebraica. Raggiunge chi ascolta e non si allontana da chi parla. In ogni caso, forse che perdo, parlando, quanto suscito in un altro? Quel suono usato come tramite ha trasmesso in te qualcosa che non si è allontanato da me. Io adesso pensavo: Dio; tu non avevi ancora udito la mia voce; all'udirla, anche tu hai cominciato ad avere ciò che io pensavo: ma io non ho perduto ciò che avevo. Dunque, in me, quasi nel mio centro vitale, quasi nel santuario della mia anima, la parola ha preceduto la mia voce. Non è ancora risuonata la voce nella mia bocca, e già la parola è presente nel mio intimo. D'altra parte, perché venga fuori verso di te quello che ho concepito interiormente, ricerca il servizio della voce.

Il servizio della voce è necessario a che la parola penetri nella mente di chi ascolta.

4. Se, con l'aiuto della vostra attenzione e delle preghiere, riesco a dire ciò che voglio, ritengo che ne proverà gioia chi sarà in grado di capire; chi invece non comprenderà, sia indulgente verso l'uomo che si affatica e supplichi Dio misericordioso. In realtà anche questo che vado dicendo è di là che viene. Di là l'origine del mio dire, è interiormente presente quel che dirò: ma l'attività del vociferare comporta lo sforzo di raggiungere le vostre orecchie. Che dunque, fratelli, che dunque? Certamente avete inteso, certo avete già capito che la parola era in me prima che si servisse della voce che l'avrebbe indirizzata alle vostre orecchie. Mi pare che tutti gli uomini comprendano che quanto capita a me, questo stesso accade ad ogni uomo che parla. Ecco, già so quel che voglio dire, è in me, cerco il servizio della voce; prima che la voce risuoni nella mia bocca, la parola è già presente nel mio intimo. Quindi, la parola ha preceduto la mia voce ed in me è prima la parola, poi la voce; ma quanto a te, perché tu comprenda, per prima è la voce a giungere al tuo orecchio, così che la parola possa penetrare nella tua mente. Non ti è possibile infatti conoscere quel che era presente in me prima di aver avuto voce se non è stato in te dopo la voce. Perciò, se Giovanni è la voce, Cristo è la parola: Cristo prima di Giovanni, ma presso Dio; Cristo dopo di Giovanni, ma presso di noi. È un grande mistero, fratelli. Dedicatevi attenzione, insistete nell'approfondire la grande importanza di questa realtà. Mi compiaccio infatti del vostro intelletto, esso mi rende più esigente nei vostri riguardi, con l'aiuto di Colui che io, tanto limitato uomo comune, proclamo Verbo Dio. Con il suo aiuto, dunque, divento più risoluto con voi e, avendo premesso questa nozione circa la differenza tra voce e parola, vedo di introdurre quanto ne deriva di conseguenza. Giovanni impersona la voce nel mistero: non era certo l'unico ad essere voce. Ogni uomo che proclama il Verbo è, quindi, voce del Verbo. Infatti, quale che sia il suono della nostra bocca rispetto alla parola che abbiamo nell'intimo, questo è ogni anima pia messaggera di quel Verbo del quale fu detto: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; egli era in principio presso Dio 14. In quante parole, anzi, in quante voci esce la parola concepita interiormente! Quanti ne suscitò di annunciatori il Verbo che è sempre presso il Padre! Inviò i Patriarchi, inviò i Profeti, inviò tanti e tanti suoi araldi. Restando Verbo, mandò le voci e, dopo le molte voci inviate in precedenza, venne l'unica Persona del Verbo quasi sul proprio veicolo della voce sua, della carne sua. Quindi, raccogli, per così dire, in una sola tutte le voci che precedettero il Verbo e concentrale tutte nella persona di Giovanni. Di tutte queste egli rappresentava il mistero tutte queste egli da solo impersonava per elezione e in senso mistico. Pertanto, è detto voce propriamente, quasi segno distintivo e mistero di tutte le voci.

Il servizio della voce si riduce con la progressiva elevazione dello spirito verso il Verbo.

5. Ora, dunque, notate bene quale profondità tocchi l'espressione: Egli deve crescere ed io invece diminuire 15. Fate attenzione, nel caso io riesca ad esprimermi; se non potrò essere esplicito, sarò in grado di aprirmi una via di comprensione, e, se non altro, di avere il pensiero volto alla ricerca del modo, della ragione, della finalità, della causa, tenendo presente la distinzione di cui ho parlato tra voce e parola, per cui proprio la voce, Giovanni in persona, avrà potuto dire: Egli deve crescere ed io invece diminuire. Grande e mirabile mistero! Considerate chi rappresenta la voce, nella cui persona erano presenti i sensi nascosti di tutte le voci e che diceva della persona del Verbo: Egli deve crescere ed io invece diminuire. Perché? Riflettete. Dice l'Apostolo: La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà 16. Qual è il perfetto? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio 17. Ecco il perfetto. Qual è il perfetto? Lo dica pure l'apostolo Paolo: Colui il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un'appropriazione indebita essere uguale a Dio 18. Lo vedremo, qual è realmente, uguale a Dio Padre, questo Verbo di Dio presso Dio per il quale sono state create tutte le cose, ma alla fine. Infatti, quanto al presente, ecco" quel che dice l'evangelista Giovanni: Carissimi, siamo figli di Dio e ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo, carissimi, che quando si sarà manifestato, saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è 19. Questa la visione che ci viene promessa, in vista di tale visione noi usciamo dall'ignoranza, per questa visione purifichiamo i nostri cuori. Infatti: Beati - dice - i puri di cuore perché vedranno Dio 20. Rese visibile la sua carne, la mostrò ai servi, ma quale forma di servo; anche questa sua stessa carne egli rivelò come sua propria voce tra le molte voci da cui si fece prevenire. Si desiderava vedere il Padre, quasi che egli già si potesse vedere qual è: Colui che è il Figlio uguale al Padre si rivolgeva ai servi nella forma di servo. Signore - gli disse Filippo - mostraci il Padre e ci basta 21. Mirava al fine di ogni suo intento, cioè al termine del suo cammino e, quando vi fosse giunto, niente di più avrebbe ricercato. Mostraci il Padre - disse - e ci basta. Bene, Filippo, bene, comprendi benissimo che il Padre ti basta. Che vuol dire "basta"? Che tu non vuoi altro: ti riempirà, ti sazierà, ti renderà perfetto. Ma bada se mai ti basti anche Colui che ascolti. Basta da solo o con il Padre? Ma come può essere da solo dal momento che non si separa mai dal Padre? Risponda dunque a Filippo che vuole vedere: Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai conosciuto? Filippo, chi vede me vede anche il Padre 22. Che altro vuol dire: Filippo, chi vede me vede anche il Padre, se non: Tu non mi hai veduto, perciò cerchi il Padre? Filippo, chi vede me vede anche il Padre. Tu, invece, mi vedi e non mi vedi. Tu non vedi in me chi ti ha creato, ma vedi che sono diventato per te. Chi mi vede - dice -vede anche il Padre. Come possibile se non per il fatto che di natura divina, non considerò un'appropriazione indebita l'essere uguale a Dio 23? Che vedeva allora Filippo? Che spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, divenuto simile agli uomini e apparso in forma umana 24. Filippo, che sarebbe stato aperto alla forma di Dio, questo vedeva, la condizione di servo. Dunque, Giovanni la persona di tutte le voci, Cristo la Persona del Verbo. È necessario che tutte le voci si affievoliscano man mano che facciamo progressi nel riconoscere Cristo. Quanto più vai avanti nella conoscenza della sapienza, tanto meno ti si rende indispensabile la voce. Voce nei Profeti, voce negli Apostoli, voce nei Salmi, voce nel Vangelo. Venga quell'In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 25. Quando lo avremo visto quale egli è, allora non sarà proclamato il Vangelo? Non ascolteremo più le profezie? Non leggeremo più le Lettere degli Apostoli? Perché? Perché le voci vengono meno con l'assurgere del Verbo: infatti Egli deve crescere ed io invece diminuire 26. E veramente il Verbo né progredisce per stesso, né va riducendosi in sé. Al contrario, si dice che fa progressi in noi quando, avanzando nella perfezione, ci eleviamo verso di lui; così come aumenta la luce degli occhi quando, migliorando l'acume della pupilla, si allarga il campo visivo, luce che senza dubbio era ridotta a causa della sua debolezza. Per gli occhi malati era ridotta, ed è maggiore per gli occhi sani: la luce, invece, per se stessa, né in un primo tempo si era affievolita, né in seguito si era fatta più viva. Perciò, il servizio della voce si riduce quando lo spirito fa progressi verso il Verbo. Pertanto, è necessario che il Verbo cresca e che invece Giovanni diminuisca. Questo è il significato delle loro passioni. Giovanni venne diminuito con la decapitazione, Cristo fu innalzato - quasi una crescita - sulla croce. Questo stanno a indicare i giorni della loro nascita. Infatti, dalla nascita di Giovanni ha inizio il decrescere dei giorni; al contrario, dalla nascita di Cristo riprende l'avanzare della luce.

 


1 - Gv 1, 3.

2 - Gv 1, 29.

3 - Mt 11, 11.

4 - Gv 3, 29.

5 - Mt 13, 17.

6 - Cf. Lc 2, 25-26.

7 - Mt 3, 3.

8 - Sal 71, 8.

9 - Mc 1, 7.

10 - Is 40, 3-8.

11 - Gv 1, 20-21.

12 - Gv 1, 22-23.

13 - Gv 1, 1-3.

14 - Gv 1, 1-2.

15 - Gv 3, 30.

16 - 1 Cor 13, 9-10.

17 - Gv 1, 1.

18 - Fil 2, 6.

19 - 1 Gv 3, 2.

20 - Mt 5, 8.

21 - Gv 14, 8.

22 - Gv 14, 9.

23 - Fil 2, 6.

24 - Fil 2, 7.

25 - Gv 1, 1.

26 - Gv 3, 30.


La decima collina

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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La sera del 22 ottobre 1864, Don Bosco narrava ai giovani del l’Oratorio questo sogno, nel quale gli era stato rivelato con quanta facilità gli innocenti superino gli ostacoli che rendono agli altri assai più ardua la via della salvezza.
Gli parve di trovarsi in una grandissima valle piena di migliaia di giovani, molti dei quali riconobbe come allievi del suo Oratorio. Una ripa altissima chiudeva da un lato quella valle.
— Vedi quella ripa? — gli disse la Guida —. Ebbene bisogna che tu e i tuoi giovani ne guadagniate la cima. A un cenno di Don Bosco, tutti quei giovani si slanciarono per arrampicarsi su per la ripa. I sacerdoti della casa li aiutavano: chi rialzava quelli che cadevano, chi portava sulle spalle gli spossati e i deboli. Don Rua (il futuro Beato) lavorava più di tutti: prende va i giovani a due a due e li lanciava addirittura per aria sulla ripa; ed essi si rialzavano prontamente e si mettevano a scorrazzare allegramente qua e là. Don Cagliero (il futuro Cardinale) e Don Fran cesia correvano su e giù per le file gridando:
— Coraggio! Avanti, avanti, coraggio!
In breve quelle schiere giovanili raggiunsero la cima della ripa e videro elevarsi davanti a sé dieci colline, una dopo l’altra.
— Tu — disse la Guida a Don Bosco —, devi valicare con i tuoi giovani queste dieci colline.
— Ma come resisteranno i più piccoli e delicati a un viaggio così lungo?

— Chi non può camminare, sarà portato — rispose la Guida. Ecco infatti comparire un magnifico carro splendente di oro e di pietre preziose. Era triangolare e aveva le ruote che si movevano per tutti i versi. Dai tre angoli partivano tre aste che si congiungevano sopra il carro, formando come un pinnacolo, sul qua le s’innalzava un meraviglioso stendardo, su cui era scritto a ca ratteri cubitali: INNOCENZA. Il carro si avanzò e venne a collocarsi in mezzo ai giovani. Dato il comando, vi salirono sopra cinquecento fanciulli. Qui Don Bosco commenta con tristezza: «Cinquecento appena, in mezzo a tante migliaia di giovani, erano ancora innocenti! ».
Collocati questi sul carro, ecco apparire sei giovani biancove stiti, già morti nell’Oratorio, i quali inalberavano un altro bellissimo stendardo con la scritta: PENITENZA. Essi si misero alla testa di tutte quelle falangi di giovani che, a un segnale, si mossero verso le dieci colline, mentre i fanciulli che erano sul carro cantavano con inesprimibile dolcezza: Laudate, pueri, Dominum (Lodate, fanciulli, il Signore).

Don Bosco continua: «Io camminavo inebriato da quella musica di paradiso, quando mi ricordai di voltarmi indietro per vedere se tutti i giovani mi avessero seguito. Oh, doloroso spettacolo! Molti erano rimasti nella valle e molti erano tornati indietro. Io, agitato da indicibile dolore, decisi di rifare il cammino già fatto per tentare di persuadere quei giovani sconsigliati a seguirmi. Ma ciò mi venne assolutamente vietato. — Peggio per loro — disse la Guida —. Essi furono chiamati come tutti gli altri. La strada l’hanno veduta e ciò basta. Pregai, scongiurai: tutto fu inutile. E dovetti proseguire il cammino. Non si era ancora lenito questo dolore, che sopravvenne un altro caso. Molti ragazzi di quelli che erano sul carro erano caduti per terra. Di cinquecento rimanevano sotto il vessillo dell’Innocenza solo 150. Il mio cuore scoppiava: gemevo e sentivo il mio gemito risonare per la stanza: volevo dissipare l’incubo di quel fantasma, ma non potevo. Intanto la musica del carro continuava così dolce che a poco a poco sopì il mio cocente dolore.

Sette colline erano già valicate e quando quelle schiere giunsero sull’ottava, entrarono in una meravigliosa regione, dove si arrestarono per prendere un po’ di riposo. C’erano abitazioni di una bellezza e ricchezza superiori ad ogni immaginazione, con piante fruttifere, sulle quali si vedevano insieme fiori e frutti, maturi e acerbi: era un incanto. I giovani godevano nell’ammirare e assaporare quelle frutta. Ma qui ebbi un’altra sorpresa. A un tratto i giovani erano diventati vecchi: senza denti, con i capelli bianchi, con il volto solcato da rughe; zoppicanti e curvi, marciavano a stento, appoggiati al bastone. Io mi meravigliavo di questa trasformazione, ma la Guida mi fece notare che le dieci colline rappresentavano anche ciascuna un decennio di vita.

— È quella musica divina — disse — che ti ha fatto parere corto il cammino e breve il tempo. Guarda la tua fisionomia e ti persuaderai che dico il vero.
E mi venne presentato uno specchio, mi specchiai e vidi che il mio aspetto era diventato quello di un uomo attempato, col volto rugoso e i denti rari e guasti.
La comitiva frattanto si rimise in cammino. Lontano, lontano, in fondo, sulla decima collina spuntava una luce che andava crescendo, come se venisse da una splendida apertura (la porta del paradiso?). Riprese allora il soavissimo canto, così attraente che soltanto in paradiso si può gustare l’uguale. Fu tale la commozione e la gioia che mi inondò l’anima nel sentirlo che mi svegliai, e mi trovai nella mia stanza». Don Bosco concluse dicendo che era pronto a dire confidenzialmente a certi giovani che cosa facevano in questo sogno: se erano tra quelli rimasti nella valle o se erano caduti dal carro.

Don Bosco stesso ha interpretato il sogno così: la valle è il mondo; la ripa gli ostacoli per staccarsi da esso; le dieci colline i dieci comandamenti di Dio; il carro la grazia di Dio; le squadre dei giovani a piedi sono quelli che hanno perduto l’innocenza, ma si sono pentiti dei loro falli.


2 dicembre 1942

Madre Pierina Micheli

La giornata di ritiro mi ha lasciata in un grande raccoglimento interno e in un vivo desiderio di onorare la mia Mamma Celeste del mio meglio. Ho detto al mio caro Padre S. Silvestro di darmi il suo cuore per amarla come l'amava Lui. Il nemico tentò alla sera di assa­lirmi, ma poi, dopo aver telefonato al Padre, mi tornò la calma. Di tanto in tanto durante il giorno mi si presenta o con minacce e imprecazioni al Padre o con burlarmi chiamandomi santa e lodando­mi. Non mi curo di ascoltarlo perché gli farei troppo onore.