Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 31° settimana del tempo ordinario (Tutti i defunti)
Vangelo secondo Matteo 9
1Salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella sua città.2Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati".3Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: "Costui bestemmia".4Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: "Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore?5Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?6Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e va' a casa tua".7Ed egli si alzò e andò a casa sua.8A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
9Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì.
10Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".12Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.13Andate dunque e imparate che cosa significhi: 'Misericordia io voglio e non sacrificio'. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
14Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: "Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?".15E Gesù disse loro: "Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.
16Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore.17né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano".
18Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà".19Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
20Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello.21Pensava infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".22Gesù, voltatosi, la vide e disse: "Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita". E in quell'istante la donna guarì.
23Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse:24"Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme". Quelli si misero a deriderlo.25Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò.26E se ne sparse la fama in tutta quella regione.
27Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi".28Entrato in casa, i ciechi gli si accostarono, e Gesù disse loro: "Credete voi che io possa fare questo?". Gli risposero: "Sì, o Signore!".29Allora toccò loro gli occhi e disse: "Sia fatto a voi secondo la vostra fede".30E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: "Badate che nessuno lo sappia!".31Ma essi, appena usciti, ne sparsero la fama in tutta quella regione.
32Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato.33Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: "Non si è mai vista una cosa simile in Israele!".34Ma i farisei dicevano: "Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni".
35Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.36Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi!38Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!".
Genesi 29
1Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli orientali.2Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame, accovacciati vicino, perché a quel pozzo si abbeveravano i greggi, ma la pietra sulla bocca del pozzo era grande.3Quando tutti i greggi si erano radunati là, i pastori rotolavano la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al posto sulla bocca del pozzo.4Giacobbe disse loro: "Fratelli miei, di dove siete?". Risposero: "Siamo di Carran".5Disse loro: "Conoscete Làbano, figlio di Nacor?". Risposero: "Lo conosciamo".6Disse loro: "Sta bene?". Risposero: "Sì; ecco la figlia Rachele che viene con il gregge".7Riprese: "Eccoci ancora in pieno giorno: non è tempo di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!".8Risposero: "Non possiamo, finché non siano radunati tutti i greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del pozzo; allora faremo bere il gregge".
9Egli stava ancora parlando con loro, quando arrivò Rachele con il bestiame del padre, perché era una pastorella.10Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di sua madre.11Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce.12Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di Rebecca. Allora essa corse a riferirlo al padre.13Quando Làbano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte le sue vicende.14Allora Làbano gli disse: "Davvero tu sei mio osso e mia carne!". Così dimorò presso di lui per un mese.
15Poi Làbano disse a Giacobbe: "Poiché sei mio parente, mi dovrai forse servire gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario".16Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele.17Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto,18perciò Giacobbe amava Rachele. Disse dunque: "Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore".19Rispose Làbano: "Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me".20Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei.21Poi Giacobbe disse a Làbano: "Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei".22Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto.23Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei.24Làbano diede la propria schiava Zilpa alla figlia Lia, come schiava.25Quando fu mattina... ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: "Che mi hai fatto? Non è forse per Rachele che sono stato al tuo servizio? Perché mi hai ingannato?".26Rispose Làbano: "Non si usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore.27Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest'altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni".28Giacobbe fece così: terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele.29Làbano diede alla figlia Rachele la propria schiava Bila, come schiava.30Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni.
31Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile.32Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: "Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà".33Poi concepì ancora un figlio e disse: "Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo". E lo chiamò Simeone.34Poi concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli". Per questo lo chiamò Levi.35Concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta loderò il Signore". Per questo lo chiamò Giuda. Poi cessò di avere figli.
Salmi 72
1'Di Salomone.'
Dio, da'al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
2regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
3Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
4Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l'oppressore.
5Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
6Scenderà come pioggia sull'erba,
come acqua che irrora la terra.
7Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
8E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
9A lui si piegheranno gli abitanti del deserto,
lambiranno la polvere i suoi nemici.
10Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,
i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.
11A lui tutti i re si prostreranno,
lo serviranno tutte le nazioni.
12Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
13avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
14Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso,
sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
15Vivrà e gli sarà dato oro di Arabia;
si pregherà per lui ogni giorno,
sarà benedetto per sempre.
16Abbonderà il frumento nel paese,
ondeggerà sulle cime dei monti;
il suo frutto fiorirà come il Libano,
la sua messe come l'erba della terra.
17Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui saranno benedette
tutte le stirpi della terra
e tutti i popoli lo diranno beato.
18Benedetto il Signore, Dio di Israele,
egli solo compie prodigi.
19E benedetto il suo nome glorioso per sempre,
della sua gloria sia piena tutta la terra.
Amen, amen.
Salmi 69
1'Al maestro del coro. Su "I gigli". Di Davide.'
2Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
3Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
4Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
5Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?
6Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.
8Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
9sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.
10Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
11Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.
12Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
13Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.
14Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
15Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
16Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.
17Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
18Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.
19Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
20Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
21L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.
23La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
24Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.
25Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
26La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
27perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
28Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
29Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.
30Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
31Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
32che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.
33Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
34poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
35A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.
36Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
37La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.
Isaia 40
1"Consolate, consolate il mio popolo,
dice il vostro Dio.
2Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele
che è finita la sua schiavitù,
è stata scontata la sua iniquità,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
doppio castigo per tutti i suoi peccati".
3Una voce grida:
"Nel deserto preparate
la via al Signore,
appianate nella steppa
la strada per il nostro Dio.
4Ogni valle sia colmata,
ogni monte e colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in pianura.
5Allora si rivelerà la gloria del Signore
e ogni uomo la vedrà,
poiché la bocca del Signore ha parlato".
6Una voce dice: "Grida"
e io rispondo: "Che dovrò gridare?".
Ogni uomo è come l'erba
e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.
7Secca l'erba, il fiore appassisce
quando il soffio del Signore spira su di essi.
8Secca l'erba, appassisce il fiore,
ma la parola del nostro Dio dura sempre.
Veramente il popolo è come l'erba.
9Sali su un alto monte,
tu che rechi liete notizie in Sion;
alza la voce con forza,
tu che rechi liete notizie in Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annunzia alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio!
10Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
con il braccio egli detiene il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e i suoi trofei lo precedono.
11Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul seno
e conduce pian piano le pecore madri".
12Chi ha misurato con il cavo della mano le acque del mare
e ha calcolato l'estensione dei cieli con il palmo?
Chi ha misurato con il moggio la polvere della terra,
ha pesato con la stadera le montagne
e i colli con la bilancia?
13Chi ha diretto lo spirito del Signore
e come suo consigliere gli ha dato suggerimenti?
14A chi ha chiesto consiglio, perché lo istruisse
e gli insegnasse il sentiero della giustizia
e lo ammaestrasse nella scienza
e gli rivelasse la via della prudenza?
15Ecco, le nazioni son come una goccia da un secchio,
contano come il pulviscolo sulla bilancia;
ecco, le isole pesano quanto un granello di polvere.
16Il Libano non basterebbe per accendere il rogo,
né le sue bestie per l'olocausto.
17Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui,
come niente e vanità sono da lui ritenute.
18A chi potreste paragonare Dio
e quale immagine mettergli a confronto?
19Il fabbro fonde l'idolo,
l'orafo lo riveste di oro
e fonde catenelle d'argento.
(41,6)Si aiutano l'un l'altro;
uno dice al compagno: "Coraggio!".
Il fabbro incoraggia l'orafo;
(41,7)chi leviga con il martello incoraggia chi batte l'incudine,
dicendo della saldatura: "Va bene"
e fissa l'idolo con chiodi perché non si muova.
20Chi ha poco da offrire
sceglie un legno che non marcisce;
si cerca un artista abile,
perché gli faccia una statua che non si muova.
21Non lo sapete forse? Non lo avete udito?
Non vi fu forse annunziato dal principio?
Non avete capito
le fondamenta della terra?
22Egli siede sopra la volta del mondo,
da dove gli abitanti sembrano cavallette.
Egli stende il cielo come un velo,
lo spiega come una tenda dove abitare;
23egli riduce a nulla i potenti
e annienta i signori della terra.
24Sono appena piantati, appena seminati,
appena i loro steli hanno messo radici nella terra,
egli soffia su di loro ed essi seccano
e l'uragano li strappa via come paglia.
25"A chi potreste paragonarmi
quasi che io gli sia pari?" dice il Santo.
26Levate in alto i vostri occhi
e guardate: chi ha creato quegli astri?
Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito
e li chiama tutti per nome;per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza
non ne manca alcuno.
27Perché dici, Giacobbe,
e tu, Israele, ripeti:
"La mia sorte è nascosta al Signore
e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?".
28Non lo sai forse?
Non lo hai udito?
Dio eterno è il Signore,
creatore di tutta la terra.
Egli non si affatica né si stanca,
la sua intelligenza è inscrutabile.
29Egli da' forza allo stanco
e moltiplica il vigore allo spossato.
30Anche i giovani faticano e si stancano,
gli adulti inciampano e cadono;
31ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza,
mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi,
camminano senza stancarsi.
Atti degli Apostoli 19
1Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli2e disse loro: "Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?". Gli risposero: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo".3Ed egli disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero.4Disse allora Paolo: "Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù".5Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù6e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano.7Erano in tutto circa dodici uomini.
8Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio.9Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno.10Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.
11Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo,12al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.
13Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica".14Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo.15Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?".16E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite.17Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù.18Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche19e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.20Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.
21Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: "Dopo essere stato là devo vedere anche Roma".22Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.
23Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina.24Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artémide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani,25li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: "Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere;26ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d'uomo.27Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artémide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano".
28All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".29Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo.30Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero.31Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro.32Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.
33Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo.34Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".35Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: "Cittadini di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artémide e della sua statua caduta dal cielo?36Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti.37Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea.38Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro.39Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria.40C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento".41E con queste parole sciolse l'assemblea.
Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.
Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.
C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.
E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.
2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.
"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.
Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).
3. Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.
Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.
"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.
Ricordati, figlio mio, di queste parole.
DISCORSO 140 DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (12, 44-50): " CHI CREDE IN ME, NON CREDE IN ME, MA IN COLUI CHE MI HA MANDATO " CONTRO QUALCHE ASSERZIONE DI MASSIMINO, VESCOVO DEGLI ARIANI, CHE CON IL COMPAGNO SEGISVULTO, DIVULGAVA ERESIE IN AFRICA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa fede in Cristo.
1. Che significa, fratelli, ciò che abbiamo ascoltato come detto dal Signore: Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato 1? E' un bene per noi credere in Cristo; soprattutto perché egli parlò di ciò che avete udito anche chiaramente, cioè che egli era venuto nel mondo quale luce, e chi crede in lui non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita 2. Quindi è un bene credere in Cristo. E' un grande bene credere in Cristo; è un grande danno non credere in Cristo. Ma perché il Cristo, il Figlio, è dal Padre tutto ciò che è - invece il Padre non è dal Figlio, ma è il Padre del Figlio -, certamente raccomanda di aver fede in sé, ma rimanda la gloria a colui dal quale egli è generato.
Le nascite di Cristo sono due.
2. Se volete perseverare quali cattolici, questo infatti conservate ben fermo e immutabile: Dio Padre ha generato Dio Figlio al di fuori del tempo e lo ha formato dalla Vergine nel tempo. Quella nascita supera i tempi, questa nascita illumina i tempi. Mirabili, tuttavia, entrambe le nascite; quella senza madre, questa senza padre. Poiché Dio generò il Figlio, lo generò da sé, non da madre. Quando la madre generò il figlio, generò vergine, non da uomo. Nacque dal Padre senza principio, nacque dalla madre un oggi di non dubbio inizio. Quale nato dal Padre ci ha creati, quale nato dalla madre, ci ha ricreati. Nacque dal Padre perché avessimo l'essere; nacque dalla madre perché non ci perdessimo. Ma il Padre lo ha generato uguale a sé, e il Figlio ha dal Padre tutto ciò che è. D'altra parte, ciò per cui il Padre è, Dio non lo ha dal Figlio. Affermiamo pertanto che il Padre è Dio ingenerato, il Figlio Dio da Dio. Per questa ragione tutto ciò che di meraviglioso compie, tutto ciò che afferma in verità, il Figlio lo attribuisce al Padre dal quale è; né può essere diverso da colui dal quale è. Adamo fu creato uomo: poté esser altro da quale fu creato. Fu creato giusto, infatti, ma poté essere ingiusto. Ma l'Unigenito Figlio di Dio è ciò che è, non può subire mutazione, non può cambiarsi in altro, non è suscettibile di limitazione, non può non essere ciò che era, non può non essere uguale al Padre. Ma veramente egli che dette tutto al Figlio che riceveva origine non lo dette ad un'insufficiente; senza dubbio il Padre dette al Figlio l'uguaglianza con il Padre. Come la dette il Padre? Forse che lo generò inferiore, quindi gli aggiunse tanto quanto mancava all'uguaglianza, per renderlo uguale? Se lo avesse fatto, lo avrebbe dato a chi era insufficiente in sé. In realtà ve l'ho già detto - ed è cosa che dovete tenere saldissima -, cioè: il Padre ha dato tutto ciò che è il Figlio, ma a colui cui dava origine, non a chi era insufficiente in sé e ha dato senza dubbio l'uguaglianza e, dando l'uguaglianza, ha dato origine all'uguale. E quantunque l'uno sia distinto dall'altro, tuttavia l'uno non è qualcosa di diverso dall'altro; ma ciò che è l'uno, questo anche l'altro. Non chi è l'uno è chi l'altro; ma quel che è l'uno, questo anche l'altro.
Perché il Cristo è detto vero Figlio di Dio.
3. Chi mi ha mandato - dice, lo avete udito, -, chi mi ha mandato egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e che cosa annunziare; e io so che il suo mandato è vita eterna 3. E' il Vangelo di Giovanni, tenetelo a mente. Chi mi ha mandato egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e che cosa annunziare; e io so che il suo mandato è vita eterna. Se mi concedesse di dire ciò che voglio! Di fronte all'ampiezza del valore di quello, la mia indigenza mi procura serie difficoltà. Egli stesso - dice - mi ha ordinato che cosa devo dire e che cosa annunziare; e io so che il suo mandato è vita eterna. Ricerca nella Lettera di questo Evangelista, di Giovanni, che cosa ha detto di Cristo. Crediamo - dice - nel vero Figlio di lui Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna 4. Che significa: vero Dio e vita eterna? Il vero Figlio di Dio è vero Dio e vita eterna. Per quale ragione ha detto: nel vero Figlio di lui? Perché Dio ha molti figli, per questo si doveva distinguere, aggiungendo ciò che dovesse essere il vero Figlio. Non soltanto dicendo ciò che è il Figlio, ma aggiungendo, come ho detto, ciò che è il vero Figlio; per questo si doveva distinguere, a motivo dei molti figli che ha Dio. Infatti noi siamo figli per grazia, quello per natura. Noi siamo stati creati dal Padre per mezzo di lui; ciò che è il Padre, lo è anch'egli: siamo forse anche noi ciò che è Dio?
Nessuno, all'infuori di Cristo, ha osato dire di essere una cosa sola con il Padre.
4. C'è uno che, di traverso, non sapendo che si dica, afferma: E' stato detto: Io e il Padre siamo una cosa sola 5, per il fatto che hanno tra loro una volontà concorde, non perché la natura del Figlio sia la medesima natura del Padre. Giacché anche gli Apostoli (sono parole sue, non l'ho detto io), anche gli Apostoli sono una cosa sola con il Padre e il Figlio. Orribile bestemmia! Anche gli Apostoli, dice, sono una cosa sola con il Padre e il Figlio, in quanto obbediscono alla volontà del Padre e del Figlio. Ha osato dire proprio questo qui? Dica allora Paolo: Io e Dio siamo una cosa sola. Non lo dice. Lungi dal dirlo! Sa di essere una natura diversa, una natura da redimere; sa di essere un'altra natura, una natura da illuminare. Nessuno dice: Io e Dio siamo una cosa sola. Per quanti progressi faccia, per quanto emerga la santità, per quanto alto vertice di virtù si distingua, nessuno dice mai: Io e Dio siamo una cosa sola; perché, se ha virtù, e per questo lo dice, dicendolo, ha perduto ciò che aveva.
Uguaglianza del Figlio con il Padre.
5. Credete dunque che il Figlio è uguale al Padre, ma tuttavia il Figlio procede dal Padre, il Padre non procede certo dal Figlio. Il principio sta in uno, l'uguaglianza nell'altro, giacché se non è uguale non è vero Figlio. Che diciamo allora, fratelli? Se non è uguale, è inferiore; se è inferiore, io domando come è nato inferiore a chi si chiude nelle sue difficoltà a credere che la natura va salvata. Risponde: L'inferiore cresce o no? Se cresce, quindi anche il Padre cresce negli anni. Se invece resterà quello che è nato, se è nato inferiore, persisterà inferiore; sarà perfetto con l'inferiorità sua, nato perfetto con inferiorità relativamente alla natura del Padre, non giungerà mai all'uguaglianza di natura con il Padre. In tal modo, empi, condannate il Figlio; in tal modo, eretici, bestemmiate il Figlio. Che dice dunque la fede cattolica? Il Figlio di Dio è Dio da Dio Padre. Dio Padre non è Dio dal Figlio. Ma Dio Figlio è uguale al Padre, nato uguale, nato non inferiore; non fatto uguale, ma per origine uguale. Ciò che è l'uno, questo è l'altro che è nato. Il Padre fu una volta senza il Figlio? Sia lungi! Elimina " una volta " là dove non esiste tempo. Sempre il Padre, sempre il Figlio. Senza principio il Padre, senza principio il Figlio; il Padre prima del Figlio, mai il Padre senza il Figlio. Ma tuttavia, in quanto Figlio, Dio da Dio Padre, invece, Dio il Padre, ma non per origine da Dio Figlio; non proviamo contrarietà se il Figlio è onorato nel Padre. Infatti l'onore del Figlio ridonda a onore del Padre, non sminuisce la sua divinità.
Il Verbo di Dio è il mandato del Padre.
6. Stavo appunto parlando di ciò che avevo proposto: Io so - afferma - che il suo mandato è vita eterna 6. Fratelli, vedete di comprendere quanto dico: Io so che il suo mandato è la vita eterna. E proprio nel Vangelo di Giovanni abbiamo letto di Cristo: Egli è il vero Dio e la vita eterna 7. Se il mandato del Padre è vita eterna, e Cristo, il Figlio stesso, è vita eterna, il mandato del Padre è proprio il Figlio. Infatti come può non essere il mandato del Padre quello che è la Parola del Padre? O se prendete in senso carnale il mandato dato al Figlio dal Padre, come se il Padre abbia detto al Figlio: Questo ti comando, voglio appunto che tu faccia questo, con quali parole si è rivolto all'unica Parola? Forse che cercava la parola nel dare il mandato alla Parola? Proprio perché il mandato del Padre è vita eterna, ed il Figlio stesso è vita eterna, credete e riceverete, credete e intendete, perché il Profeta dice: Se non avrete creduto, non intenderete 8. Non capite? Apritevi. Ascoltate l'Apostolo: Apritevi, non lasciatevi legare al giogo insieme agli infedeli 9. Quanti non vogliono credere questo prima di capirlo, sono infedeli. Restano ignoranti perché deliberatamente hanno voluto essere infedeli. Dunque credano per intendere. In senso assoluto il mandato del Padre è vita eterna. Quindi, il mandato del Padre è il Figlio stesso, generato l'oggi, non il mandato da un determinato tempo, ma è il nato-mandato. Il Vangelo di Giovanni tiene sveglie le menti, le affina e scarnifica in modo che riusciamo ad avere di Dio un sentire spirituale, non carnale. Vi bastino, quindi, fratelli, queste delucidazioni ad evitare che il sonno della dimenticanza si insinui nella durata della dissertazione.
1 - Gv 22, 44.
2 - Cf. Gv 8, 12.
3 - Gv 12, 49.
4 - 1 Gv 5, 20.
5 - Gv 10, 30.
6 - Gv 12, 50.
7 - 1 Gv 5, 20.
8 - Is 7, 9 (sec. LXX).
9 - 2 Cor 6, 13-14.
Capitolo I: Con quanta venerazione si debba accogliere Cristo
Libro IV: Libro del sacramento del corpo di Cristo - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca
Parola del discepolo
1. O Cristo, verità eterna. Sono queste, parole tue, anche se non pronunciate in un solo momento, né scritte in un sol punto. E poiché sono parole tue, e veritiere, esse devono essere accolte tutte da me con gratitudine e con fede. Sono parole tue, pronunciate da te; ma sono anche mie, giacché le hai proferite per la mia salvezza. E dalla tua bocca le prendo con gioia, per farle penetrare più profondamente nel mio cuore. Parole di così grande misericordia, piene di dolcezza e di amore, mi sollevano; ma mi atterriscono i miei peccati, e la mia coscienza non pura mi impedisce di ricevere sì grandi misteri. La dolcezza delle tue parole mi spinge, ma poi mi attarda il cumulo dei miei difetti. Tu mi comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare intimamente in te; tu mi comandi di ricevere il cibo dell'immortalità, se voglio conquistare la vita eterna e la gloria. "Venite tutti a me - dici - voi che siete faticati e oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28). Dolce all'orecchio del peccatore, e piena d'intimità, questa parola; una parola con la quale tu, o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero, alla comunione del tuo corpo santissimo.
2. Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli immensi cieli non ti contengono, e tu dici: "Venite a me tutti". Che cosa vuol dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di amicizia? Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per cui possa credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che molte volte ho offeso il tuo volto tanto benigno? Gli angeli e gli arcangeli ti venerano; ti temono i santi e i beati; e tu dici: "Venite tutti a me". Se non fossi tu a dirlo, o Signore, chi lo crederebbe; e se non fossi tu a comandarlo, chi avrebbe il coraggio di avvicinarsi? Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per trovare salvezza con pochi suoi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a ricevere con religioso timore il costruttore del mondo? Mosè, il servo tuo grande, a te particolarmente caro, fece un'arca con legni non soggetti a marcire e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore della vita? Salomone, il sapientissimo re d'Israele, costruì, con un lavoro di sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche; e collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice, il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare devotamente una mezz'ora? E fosse almeno, una volta, una mezz'oretta passata come si deve!
3. O mio Dio, quanto si sforzarono di fare costoro per piacerti! Ahimé! Come è poco quello che faccio io. Come è breve il tempo che impiego quando mi preparo a comunicarmi: raramente tutto raccolto; ancor più raramente libero da ogni distrazione. Mentre, alla presenza salvatrice della tua essenza divina, non dovrebbe, di certo, affacciarsi alcun pensiero non degno di te; ed io non dovrei lasciarmi prendere da alcuna creatura, giacché sto per ricevere nella mia casa, non un angelo, ma il Signore degli angeli. Eppure c'è un abisso tra l'arca dell'alleanza, con le cose sante che custodisce, e il corpo tuo purissimo, con la sua forza indicibile; tra i sacrifici legali di allora, immagine dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici. Perché dunque non mi infiammo di più alla tua adorabile presenza; perché non mi preparo con cura più grande a nutrirmi della tua santità, quando quei santi dell'Antico Testamento - patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione con tutto il popolo - dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto divino? Danzò il piissimo re Davide, con tutte le sue forze, la danza sacra dinanzi all'arca di Dio, riandando col pensiero alle prove d'amore date, in passato, da Dio ai patriarchi; apprestò strumenti vari, compose salmi e li fece cantare in letizia, e più volte cantò lui stesso sulla cetra, mosso dalla grazia dello Spirito Santo; istruì il popolo d'Israele a lodare Iddio con tutto il cuore, a benedire ed esaltare ogni giorno il nome di Dio, d'una sola voce. Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di fronte al sacramento e nell'atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di ogni altra sublime?
4. Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi stessi; ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte in sete intessute d'oro. Mentre qui, accanto a me, sull'altare, ci sei tu, mio Dio, santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli. Spesso è la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose nuove, non mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento interiore, specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una vera contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell'altare, sei interamente presente tu, mio Dio, "uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5); qui si riceve frutto abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti accoglie degnamente e con devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa di vedere con i propri occhi, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia speranza, un sincero amore. O Dio, invisibile creatore del mondo, come è mirabile quello che tu fai con noi; come è soave e misericordioso quello che concedi ai tuoi eletti, ai quali offri te stesso, come cibo nel sacramento. Sacramento che oltrepassa ogni nostra comprensione, trascina in modo del tutto particolare il cuore delle persone devote e infiamma il loro amore. Anche coloro che ti seguono con pia fedeltà, coloro che regolano tutta la loro vita al fine del perfezionamento spirituale, ricevono spesso da questo eccelso sacramento aumento di grazia nella devozione e nell'amore della virtù. Mirabile e nascosta, questa grazia del sacramento, che soltanto i seguaci di Cristo conoscono, mentre non la sentono coloro che non hanno la fede e sono asserviti al peccato. In questo sacramento è data la grazia spirituale, è restaurata nell'anima la virtù perduta e torna l'innocenza, che era stata deturpata dal peccato. Tanto grande è talora questa grazia che, per la pienezza della devozione conferita, non soltanto lo spirito, ma anche il fragile corpo sente che gli sono state date forze maggiori.
5. Rammarichiamoci altamente e lamentiamo la nostra tiepidezza e negligenza, poiché non siamo tratti da un ardore più grande a ricevere Cristo, nel quale consiste tutta la speranza e il merito della salvezza. E' lui, infatti, "la nostra santificazione e la nostra redenzione" (1Cor 1,30); è lui il conforto di noi che siamo in cammino; è lui l'eterna gioia dei santi. Rammarichiamoci, dunque, altamente che tanta gente si renda così poco conto di questo mistero di salvezza, letizia del cielo e fondamento di tutto il mondo. Cecità e durezza del cuore umano, non curarsi maggiormente di un dono così grande, o, godendone tutti i giorni, finire persino col non badarvi! Se questo sacramento santissimo si celebrasse soltanto in un certo luogo, e fosse consacrato da un solo sacerdote in tutto il mondo, pensa da quale desiderio sarebbero tutti presi di andare in quel luogo, a quel sacerdote, per veder celebrare i divini misteri. Ma, ecco, i sacerdoti sono moltissimi, e Cristo viene immolato in molti luoghi; e così quanto più è diffusa nel mondo la sacra comunione, tanto più è manifesta la grazia e la carità di Dio verso l'uomo. Che tu sia ringraziato, o Gesù buono, pastore eterno, che con il tuo corpo prezioso e con il tuo sangue ti sei degnato di ristorare noi poveri ed esuli, invitandoci a ricevere questi misteri con queste parole, uscite dalla tua stessa bocca: "venite tutti a me, voi che siete faticati ed oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28).
15 agosto 1980. Festa di Maria Santissima Assunta in Cielo. Il mio corpo glorioso.
Don Stefano Gobbi
«Sono la vostra Mamma, assunta in Cielo. Oggi vi guardo tutti con questi occhi misericordiosi e vi racchiudo nel mio Cuore Immacolato, che non cessa mai di battere d'amore per voi. Sono la Donna vestita di sole. Il mio corpo glorioso è segno per voi della mia completa vittoria. Il sole eterno della grazia e dell'amore ormai illumina, penetra e circonda il mio corpo glorioso, intimamente associato nella gloria a quello di mio Figlio Gesù. Dal mio Cuore sgorga la fonte della mia luce, con cui voglio avvolgere e illuminare questo mondo pervaso dalla tenebra. Correte dietro la scia della mia luce immacolata, lasciatevi attrarre dal soavissimo profumo del mio corpo glorioso.
Figli prediletti, pur di riuscire ad allontanarvi da Me, oggi il mio Avversario si scatena contro di voi in maniera furibonda. Riesce a trascinare giù dal cielo un terzo delle stelle, e siete anche voi queste stelle nel firmamento della Chiesa. Ma quanto più grande è il numero di quelle che appanna nel loro splendore! Così vi insidia in ogni modo; vi combatte spesso nelle anime a voi più vicine e da voi più amate, per portarvi allo scoraggiamento, in modo da spegnere in voi l'ardore e il fervore della vostra azione apostolica. Camminate nella perfetta fiducia nella vostra Mamma Celeste. Cercate la risposta alla vostra sete di amore solo nel mio Cuore Immacolato. Qui non proverete alcuna delusione. Qui sarete condotti all'eroismo dell'amore. Qui ogni vostra ferita verrà fasciata e guarita e riceverete nuova forza e nuovo slancio per donarvi alle anime.
Il mio Cuore Immacolato ha su di voi un grande disegno, che si sta realizzando in questo tempo. Guardate al Paradiso in cui è stata assunta la vostra Mamma, e vivete sulla terra lasciandovi guidare e portare da Lei. Diffonderete così la mia Luce, e contribuirete sempre più al trionfo dei mio amore materno nell'anima e nella vita di tanti miei figli contagiati dal male e dall'odio. Il deserto della vostra vita fiorirà nel mio giardino e spanderete attorno a voi il profumo di tutte quelle virtù che hanno adornato quaggiù l'anima ed il corpo, ora ormai glorioso, della vostra Mamma Immacolata».