Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Fratelli, annunciare la Parola di Dio, essere la Parola di Dio per la vostra gente, deve essere lo scopo della vostra esistenza. Ma non potete dare, non potete proferire la Parola a meno che viviate quella Parola, a meno che preghiate quella Parola. Per essere capa­ci di dare, dovete possedere. A questo scopo dovete mantenervi santi, per poter comprendere quel che vuole Gesù... egli vuole abitare in voi e agire attraver­so voi. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 30° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 10

1Partito di là, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l'ammaestrava, come era solito fare.2E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: "È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?".3Ma egli rispose loro: "Che cosa vi ha ordinato Mosè?".4Dissero: "Mosè ha permesso di 'scrivere un atto di ripudio e di rimandarla'".5Gesù disse loro: "Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.6Ma all'inizio della creazione 'Dio li creò maschio e femmina';7'per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola'.8Sicché non sono più due, ma una sola carne.9L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto".10Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse:11"Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei;12se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio".

13Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.14Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.15In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".16E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.

17Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?".18Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.19Tu conosci i comandamenti: 'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza', non frodare, 'onora il padre e la madre'".
20Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza".21Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi".22Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.

23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!".24I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio!25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".26Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?".27Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio".

28Pietro allora gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito".29Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo,30che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.31E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".

32Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto:33"Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani,34lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà".

35E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo".36Egli disse loro: "Cosa volete che io faccia per voi?". Gli risposero:37"Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra".38Gesù disse loro: "Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?". Gli risposero: "Lo possiamo".39E Gesù disse: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete.40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato".

41All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni.42Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere.43Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore,44e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti.45Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti".

46E giunsero a Gèrico. E mentre partiva da Gèrico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.47Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!".48Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!".
49Allora Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". E chiamarono il cieco dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!".50Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.51Allora Gesù gli disse: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco a lui: "Rabbunì, che io riabbia la vista!".52E Gesù gli disse: "Va', la tua fede ti ha salvato". E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.


Levitico 13

1Il Signore aggiunse a Mosè e ad Aronne:2"Quando uno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.3Il sacerdote esaminerà la piaga sulla pelle del corpo; se il pelo della piaga è diventato bianco e la piaga appare depressa rispetto alla pelle del corpo, è piaga di lebbra; il sacerdote, dopo averlo esaminato, dichiarerà quell'uomo immondo.4Ma se la macchia sulla pelle del corpo è bianca e non appare depressa rispetto alla pelle e il suo pelo non è diventato bianco, il sacerdote isolerà per sette giorni colui che ha la piaga.5Al settimo giorno il sacerdote l'esaminerà ancora; se gli parrà che la piaga si sia fermata senza allargarsi sulla pelle, il sacerdote lo isolerà per altri sette giorni.6Il sacerdote, il settimo giorno, lo esaminerà di nuovo; se vedrà che la piaga non è più bianca e non si è allargata sulla pelle, dichiarerà quell'uomo mondo: è una pustola. Quegli si laverà le vesti e sarà mondo.7Ma se la pustola si è allargata sulla pelle, dopo che egli si è mostrato al sacerdote per essere dichiarato mondo, si farà esaminare di nuovo dal sacerdote;8il sacerdote l'esaminerà e se vedrà che la pustola si è allargata sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è lebbra.
9Quando uno avrà addosso una piaga di lebbra, sarà condotto al sacerdote,10ed egli lo esaminerà; se vedrà che sulla pelle c'è un tumore bianco, che questo tumore ha fatto imbiancare il pelo e che nel tumore si trova carne viva,11è lebbra inveterata nella pelle del corpo e il sacerdote lo dichiarerà immondo; non lo terrà isolato, perché certo è immondo.
12Se la lebbra si propaga sulla pelle in modo da coprire tutta la pelle di colui che ha la piaga, dal capo ai piedi, dovunque il sacerdote guardi,13questi lo esaminerà; se vedrà che la lebbra copre tutto il corpo, dichiarerà mondo colui che ha la piaga: essendo tutto bianco, è mondo.14Ma quando apparirà in lui carne viva, sarà chiamato immondo.15Il sacerdote, vista la carne viva, lo dichiarerà immondo; la carne viva è immonda: è lebbra.16Ma se la carne viva ridiventa bianca, egli vada dal sacerdote e il sacerdote lo esaminerà;17se vedrà che la piaga è ridiventata bianca, il sacerdote dichiarerà mondo colui che ha la piaga: è mondo.
18Quando uno ha avuto sulla pelle della carne un'ulcera che sia guarita19e poi, sul luogo dell'ulcera, appaia un tumore bianco o una macchia bianca, rosseggiante, quel tale si mostrerà al sacerdote,20il quale l'esaminerà e se vedrà che la macchia è depressa rispetto alla pelle e che il pelo è diventato bianco, il sacerdote lo dichiarerà immondo; è una piaga di lebbra che è scoppiata nell'ulcera.21Ma se il sacerdote, esaminandola, vede che nella macchia non ci sono peli bianchi, che non è depressa rispetto alla pelle e che si è attenuata, il sacerdote lo isolerà per sette giorni.22Se la macchia si allarga sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è una piaga di lebbra.23Ma se la macchia è rimasta allo stesso punto, senza allargarsi, è una cicatrice di ulcera e il sacerdote lo dichiarerà mondo.
24Quando uno ha sulla pelle del corpo una scottatura prodotta da fuoco e su questa appaia una macchia lucida, bianca, rossastra o soltanto bianca,25il sacerdote l'esaminerà; se vedrà che il pelo della macchia è diventato bianco e la macchia appare depressa rispetto alla pelle, è lebbra scoppiata nella scottatura. Il sacerdote lo dichiarerà immondo: è una piaga di lebbra.26Ma se il sacerdote, esaminandola, vede che non c'è pelo bianco nella macchia e che essa non è depressa rispetto alla pelle e si è attenuata, il sacerdote lo isolerà per sette giorni.27Al settimo giorno il sacerdote lo esaminerà e se la macchia si è diffusa sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è una piaga di lebbra.28Ma se la macchia è rimasta ferma nella stessa zona e non si è diffusa sulla pelle, ma si è attenuata, è un tumore di bruciatura; il sacerdote dichiarerà quel tale mondo, perché si tratta di una cicatrice della bruciatura.
29Quando un uomo o una donna ha una piaga sul capo o nella barba,30il sacerdote esaminerà la piaga; se riscontra che essa è depressa rispetto alla pelle e che v'è del pelo gialliccio e sottile, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è tigna, lebbra del capo o della barba.31Ma se il sacerdote, esaminando la piaga della tigna, riscontra che non è depressa rispetto alla pelle e che non vi è pelo scuro, il sacerdote isolerà per sette giorni colui che ha la piaga della tigna.32Se il sacerdote, esaminando al settimo giorno la piaga, vedrà che la tigna non si è allargata e che non v'è pelo gialliccio e che la tigna non appare depressa rispetto alla pelle,33quel tale si raderà, ma non raderà il luogo dove è la tigna; il sacerdote lo terrà isolato per altri sette giorni.34Al settimo giorno, il sacerdote esaminerà la tigna; se riscontra che la tigna non si è allargata sulla pelle e non appare depressa rispetto alla pelle, il sacerdote lo dichiarerà mondo; egli si laverà le vesti e sarà mondo.35Ma se, dichiarato mondo, la tigna si è allargata sulla pelle,36il sacerdote l'esaminerà; se nota che la tigna si è allargata sulla pelle, non cercherà se vi è il pelo giallo; quel tale è immondo.37Ma se vedrà che la tigna si è fermata e vi è cresciuto il pelo scuro, la tigna è guarita; quel tale è mondo e il sacerdote lo dichiarerà tale.
38Quando un uomo o una donna ha sulla pelle del corpo macchie lucide, bianche,39il sacerdote le esaminerà; se vedrà che le macchie sulla pelle del loro corpo sono di un bianco pallido, è un'eruzione cutanea; quel tale è mondo.
40Chi perde i capelli del capo è calvo, ma è mondo.41Se i capelli gli sono caduti dal lato della fronte, è calvo davanti, ma è mondo.42Ma se sulla calvizie del cranio o della fronte appare una piaga bianca tendente al rosso, è lebbra scoppiata sulla calvizie del cranio o della fronte;43il sacerdote lo esaminerà: se riscontra che il tumore della piaga nella parte calva del cranio o della fronte è bianco tendente al rosso, simile alla lebbra della pelle del corpo,44quel tale è un lebbroso; è immondo e lo dovrà dichiarare immondo; la piaga è sul suo capo.
45Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo!46Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento.
47Quando apparirà una macchia di lebbra su una veste, di lana o di lino,48nel tessuto o nel manufatto di lino o di lana, su una pelliccia o qualunque altra cosa di cuoio,49se la macchia sarà verdastra o rossastra, sulla veste o sulla pelliccia, sul tessuto o sul manufatto o su qualunque cosa di cuoio, è macchia di lebbra e sarà mostrata al sacerdote.50Il sacerdote esaminerà la macchia e rinchiuderà per sette giorni l'oggetto che ha la macchia.51Al settimo giorno esaminerà la macchia; se la macchia si sarà allargata sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sulla pelliccia o sull'oggetto di cuoio per qualunque uso, è una macchia di lebbra maligna, è cosa immonda.52Egli brucerà quella veste o il tessuto o il manufatto di lana o di lino o qualunque oggetto fatto di pelle, sul quale è la macchia; perché è lebbra maligna, saranno bruciati nel fuoco.53Ma se il sacerdote, esaminandola, vedrà che la macchia non si è allargata sulle vesti o sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di cuoio,54il sacerdote ordinerà che si lavi l'oggetto su cui è la macchia e lo rinchiuderà per altri sette giorni.55Il sacerdote esaminerà la macchia, dopo che sarà stata lavata; se vedrà che la macchia non ha mutato colore, benché non si sia allargata, è un oggetto immondo; lo brucerai nel fuoco; vi è corrosione, sia che la parte corrosa si trovi sul diritto o sul rovescio dell'oggetto.56Se il sacerdote, esaminandola, vede che la macchia, dopo essere stata lavata, è diventata pallida, la strapperà dalla veste o dalla pelle o dal tessuto o dal manufatto.57Se appare ancora sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sull'oggetto di cuoio, è una eruzione in atto; brucerai nel fuoco l'oggetto su cui è la macchia.58La veste o il tessuto o il manufatto o qualunque oggetto di cuoio che avrai lavato e dal quale la macchia sarà scomparsa, si laverà una seconda volta e sarà mondo.59Questa è la legge relativa alla macchia di lebbra sopra una veste di lana o di lino, sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di pelle, per dichiararli mondi o immondi".


Sapienza 13

1Davvero stolti per natura tutti gli uomini
che vivevano nell'ignoranza di Dio.
e dai beni visibili non riconobbero colui che è,
non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere.
2Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile
o la volta stellata o l'acqua impetuosa
o i luminari del cielo
considerarono come dèi, reggitori del mondo.
3Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro Signore,
perché li ha creati lo stesso autore della bellezza.
4Se sono colpiti dalla loro potenza e attività,
pensino da ciò
quanto è più potente colui che li ha formati.
5Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia si conosce l'autore.
6Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero,
perché essi forse s'ingannano
nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo.
7Occupandosi delle sue opere, compiono indagini,
ma si lasciano sedurre dall'apparenza,
perché le cosa vedute sono tanto belle.
8Neppure costoro però sono scusabili,
9perché se tanto poterono sapere da scrutare l'universo,
come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?

10Infelici sono coloro le cui speranze sono in cose morte
e che chiamarono dèi i lavori di mani d'uomo,
oro e argento lavorati con arte,
e immagini di animali,
oppure una pietra inutile, opera di mano antica.
11Se insomma un abile legnaiuolo,
segato un albero maneggevole,
ne raschia con diligenza tutta la scorza
e, lavorando con abilità conveniente,
ne forma un utensile per gli usi della vita;
12raccolti poi gli avanzi del suo lavoro,
li consuma per prepararsi il cibo e si sazia.
13Quanto avanza ancora, buono proprio a nulla,
legno distorto e pieno di nodi,
lo prende e lo scolpisce per occupare il tempo libero;
senza impegno, per diletto, gli dà una forma,
lo fa simile a un'immagine umana
14oppure a quella di un vile animale.
Lo vernicia con minio, ne colora di rosso la superficie
e ricopre con la vernice ogni sua macchia;
15quindi, preparatagli una degna dimora,
lo pone sul muro, fissandolo con un chiodo.
16Provvede perché non cada,
ben sapendo che non è in grado di aiutarsi da sé;
esso infatti è solo un'immagine e ha bisogno di aiuto.
17Eppure quando prega per i suoi beni,
per le sue nozze e per i figli,
non si vergogna di parlare a quell'oggetto inanimato;
per la sua salute invoca un essere debole,
18per la sua vita prega un morto:
per un aiuto supplica un essere inetto,
per il suo viaggio chi non può neppure camminare;
19per acquisti, lavoro e successo negli affari,
chiede abilità ad uno che è il più inabile di mani.


Salmi 73

1'Salmo. Di Asaf.'

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.

4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.

9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.

19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.

25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.


Lamentazioni 4

1Ah! come si è annerito l'oro,
si è alterato l'oro migliore.
Sono disperse le pietre sante all'angolo di ogni strada.
2I preziosi figli di Sion, valutati come oro fino,
ah! come sono stimati quali vasi di creta,
lavoro delle mani di vasaio!
3Perfino gli sciacalli porgono le mammelle
e allattano i loro cuccioli,
ma la figlia del mio popolo è divenuta crudele
come gli struzzi nel deserto.
4La lingua del lattante si è attaccata
al palato per la sete;
i bambini chiedevano il pane
e non c'era chi lo spezzasse loro.
5Coloro che si cibavano di leccornìe
languono lungo le strade;coloro che erano allevati sulla porpora
abbracciano letame.
6Grande è stata l'iniquità della figlia del mio popolo,
maggiore del peccato di Sòdoma,
la quale fu distrutta in un attimo, senza fatica di mani.
7I suoi giovani erano più splendenti della neve,
più candidi del latte;
avevano il corpo più roseo dei coralli,
era zaffìro la loro figura.
8Ora il loro aspetto s'è fatto più scuro della fuliggine,
non si riconoscono più per le strade;
si è raggrinzita la loro pelle sulle ossa,
è divenuta secca come legno.
9Sono più fortunati gli uccisi di spada
che i morti per fame, che son caduti estenuati
per mancanza dei prodotti del campo.
10Mani di donne, già inclini a pietà,
hanno cotto i loro bambini,
che sono serviti loro di cibo
nel disastro della figlia del mio popolo.
11Il Signore ha esaurito la sua collera,
ha rovesciato l'ira ardente;
ha acceso in Sion un fuoco,
che ha divorato le sue fondamenta.
12Non credevano i re della terra
e tutti gli abitanti del mondo
che l'avversario e il nemico sarebbero penetrati
entro le porte di Gerusalemme.
13Fu per i peccati dei suoi profeti,
per le iniquità dei suoi sacerdoti,
che versarono in mezzo ad essa il sangue dei giusti.
14Costoro vagavano come ciechi per le strade,
insozzati di sangue,
così che non si potevan toccare le loro vesti.
15"Scostatevi! Un impuro!", si gridava per loro,
"Scostatevi! Non toccate!".
Fuggivano e andavano randagi tra le genti,
non potevano trovare dimora.
16La faccia del Signore li ha dispersi,
egli non gli volgerà più lo sguardo;
non si è avuto riguardo dei sacerdoti,
non si è usata pietà agli anziani.
17Ancora si consumavano i nostri occhi,
in cerca di un vano soccorso.
Dal nostro osservatorio scrutavamo
verso una nazione che non poteva salvarci.
18Han dato la caccia ai nostri passi,
impedendoci di andare per le nostre piazze.
"Prossima è la nostra fine; son compiuti i nostri giorni!
Certo, è arrivata la nostra fine".
19I nostri inseguitori erano più veloci
delle aquile del cielo; sui monti ci hanno inseguiti,
nel deserto ci hanno teso agguati.
20Il nostro respiro, l'unto del Signore,
è stato preso nei loro trabocchetti,
lui, di cui dicevamo: "Alla sua ombra
vivremo fra le nazioni".
21Esulta pure, gioisci, figlia di Edom,
che abiti nella terra di Uz;
anche a te arriverà il calice,
ti inebrierai ed esporrai la tua nudità.
22È completa la tua punizione, figlia di Sion,
egli non ti manderà più in esilio;
ma punirà la tua iniquità, figlia di Edom,
scoprirà i tuoi peccati.


Atti degli Apostoli 7

1Gli disse allora il sommo sacerdote: "Queste cose stanno proprio così?".2Ed egli rispose: "Fratelli e padri, ascoltate: il 'Dio della gloria' apparve al nostro padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in Carran,3'e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va' nella terra che io ti indicherò'.4Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte del padre, Dio lo fece emigrare in questo paese dove voi ora abitate,5ma non gli diede alcuna proprietà in esso, 'neppure quanto l'orma di un piede', ma gli promise 'di darlo in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui', sebbene non avesse ancora figli.6Poi Dio parlò così: 'La discendenza di Abramo sarà pellegrina in terra straniera, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni'.7'Ma del popolo di cui saranno schiavi io farò giustizia', disse Dio: 'dopo potranno uscire e mi adoreranno' in questo luogo.8E gli diede l'alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e 'lo circoncise l'ottavo giorno' e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi.9Ma i patriarchi, 'gelosi di Giuseppe, lo vendettero' schiavo 'in Egitto. Dio però era con lui'10e lo liberò da tutte le sue afflizioni e 'gli diede grazia' e saggezza 'davanti al faraone re d'Egitto, il quale lo nominò amministratore dell'Egitto e di tutta la sua casa'.11'Venne una carestia su tutto l'Egitto' e 'in Canaan' e una grande miseria, e i nostri padri non trovavano da mangiare.12'Avendo udito Giacobbe che in Egitto c'era del grano', vi inviò i nostri padri una prima volta;13la seconda volta Giuseppe 'si fece riconoscere dai suoi fratelli' e fu nota al faraone la sua origine.14Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, 'settantacinque persone in tutto'.15E Giacobbe 'si recò in Egitto, e qui egli morì' come anche i nostri padri;16'essi furono poi trasportati in Sichem' e posti 'nel sepolcro che Abramo aveva acquistato' e pagato in denaro 'dai figli di Emor, a Sichem'.
17Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo 'crebbe e si moltiplicò' in Egitto,18finché 'salì al trono d'Egitto un altro re, che non conosceva Giuseppe'.19Questi, 'adoperando l'astuzia contro la nostra gente, perseguitò' i nostri padri fino a costringerli a esporre i loro figli, perché non 'sopravvivessero'.20In quel tempo nacque Mosè e piacque a Dio; 'egli fu allevato per tre mesi' nella casa paterna, poi,21essendo stato esposto, 'lo raccolse la figlia del faraone' e lo allevò 'come figlio'.22Così Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere.23Quando stava per compiere i quarant'anni, gli venne l'idea di far visita ai 'suoi fratelli, i figli di Israele',24e vedendone uno trattato ingiustamente, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, 'uccidendo l'Egiziano'.25Egli pensava che i suoi connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero.26Il giorno dopo si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e si adoperò per metterli d'accordo, dicendo: Siete fratelli; perché vi insultate l'un l'altro?27Ma 'quello che maltrattava il vicino' lo respinse, dicendo: 'Chi ti ha nominato capo e giudice sopra di noi'?28'Vuoi forse uccidermi, come hai ucciso ieri l'Egiziano'?29'Fuggì via Mosè a queste parole, e andò ad abitare nella terra di Madian', dove ebbe due figli.
30Passati quarant'anni, 'gli apparve nel deserto del monte' Sinai 'un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente'.31Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per veder meglio, si udì la voce del Signore:32'Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe'. Esterrefatto, Mosè non osava guardare.33'Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa'.34'Ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto'.35Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: 'Chi ti ha nominato capo e giudice'?, proprio lui Dio aveva mandato per esser capo e liberatore, parlando per mezzo dell'angelo che gli era apparso nel roveto.36Egli li fece uscire, compiendo 'miracoli e prodigi nella terra d'Egitto', nel Mare Rosso, e 'nel deserto per quarant'anni'.37Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: 'Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me'.38Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi.39Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero e 'si volsero' in cuor loro 'verso l'Egitto',40dicendo ad Aronne: 'Fa' per noi una divinità che ci vada innanzi, perché a questo Mosè che ci condusse fuori dall'Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto'.41E in quei giorni 'fabbricarono un vitello e offrirono sacrifici' all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani.42Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell''esercito del cielo', come è scritto nel libro dei Profeti:

43'Mi avete forse offerto vittime e sacrifici
per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele?
Avete preso con voi la tenda di Mòloch,
e la stella del dio Refàn,
simulacri che vi siete fabbricati' per adorarli!
'Perciò vi deporterò al di là' di Babilonia.

44I nostri padri avevano nel deserto 'la tenda della testimonianza', come aveva ordinato colui che 'disse a Mosè di costruirla secondo il modello che aveva visto'.45E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè se la portarono con sé nella 'conquista dei popoli' che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide.46Questi trovò grazia innanzi a Dio e domandò 'di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe';47'Salomone' poi 'gli edificò una casa'.48Ma l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il Profeta:

49'Il cielo è il mio trono
e la terra sgabello per i miei piedi.
Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore,
o quale sarà il luogo del mio riposo?'
50'Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?'

51'O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie', voi sempre 'opponete resistenza allo Spirito Santo'; come i vostri padri, così anche voi.52Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori;53voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l'avete osservata".
54All'udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui.

55Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra56e disse: "Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio".57Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui,58lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo.59E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito".60Poi piegò le ginocchia e gridò forte: "Signore, non imputar loro questo peccato". Detto questo, morì.


Capitolo XXXV: In questa vita, nessuna certezza di andar esenti da tentazioni

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1. O figlio, giammai, in questa vita, sarai libero dall'inquietudine: finché avrai vita, avrai bisogno d'essere spiritualmente armato. Ti trovi tra nemici e vieni assalito da destra e da sinistra. Perciò, se non farai uso, da una parte e dall'altra, dello scudo della fermezza, non tarderai ad essere ferito. Di più, se non terrai il tuo animo fisso in me, con l'unico proposito di tutto soffrire per amor mio, non potrai reggere l'ardore della lotta e arrivare al premio dei beati. Tu devi virilmente passare oltre ogni cosa, e avere braccio valido contro ogni ostacolo: "la manna viene concessa al vittorioso" (Ap 2,17), mentre una miseria grande è lasciata a chi manca di ardore.  

2. Se vai cercando la tua pace in questa vita, come potrai giungere alla pace eterna? Non a una piena di tranquillità, ma a una grande sofferenza ti devi preparare. Giacché la pace vera non la devi cercare in terra, ma nei cieli; non negli uomini, o nelle altre creature, ma soltanto in Dio. Tutto devi lietamente sopportare, per amore di Dio: fatiche e dolori; tentazioni e tormenti; angustie, miserie e malanni; ingiurie, biasimi e rimproveri; umiliazioni e sbigottimenti; ammonizioni e critiche sprezzanti. Cose, queste, che aiutano nella via della virtù e costituiscono una prova per chi si è posto al servizio di Cristo; cose, infine, che preparano la corona del cielo. Ché una eterna ricompensa io darò un travaglio di breve durata; e una gloria senza fine, per una umiliazione destinata a passare.  

3. Forse tu credi di poter sempre avere le consolazioni spirituali a tuo piacimento? Non ne ebbero sempre neppure i miei santi; i quali soffrirono, invece, tante difficoltà e tentazioni di ogni genere e grandi desolazioni. Sennonché, con la virtù della sopportazione, essi si tennero sempre ritti, confidando più in Dio che in se stessi; consci che "le sofferenze del momento presente non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18). O vuoi tu avere subito quello che molti ottennero a stento, dopo tante lacrime e tante fatiche? "Aspetta il Signore, comportati da uomo" (Sal 26,14), e fatti forza; non disperare, non disertare. Disponiti, invece, fermamente, anima e corpo, per la gloria di Dio. Strabocchevole sarà la mia ricompensa. Io sarò con te in ogni tribolazione.


LETTERA 7: Agostino risponde alla lettera precedente dicendo che la memoria può esistere anche senza l'immaginazione

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta nello stesso tempo (388-91).

Agostino risponde alla lettera precedente dicendo che la memoria può esistere anche senza l'immaginazione (n. 1); i fantasmi sono generati nell'anima attraverso i sensi (n. 2-3); essi sono di tre generi (n. 4); e possono influire nefastamente sull'anima (n. 5): risolve un'obiezione ed esorta Nebridio a resistere ai fantasmi prodotti dai sensi (n. 6-7).

AGOSTINO A NEBRIDIO

Può darsi memoria senza immaginazione.

1. 1. Lascerò da parte i preamboli e comincerò prontamente a trattare quello che impazientemente desideri che io ti dica, tanto più che non arriverò presto alla fine. Tu credi che non possa esservi affatto memoria senza quelle immagini o rappresentazioni, che sono frutto di immaginazione, che hai voluto chiamare fantasie; io la penso diversamente. Bisogna dunque, innanzitutto, osservare che noi non ci ricordiamo sempre di cose che passano, ma per lo più di cose che durano. Perciò, sebbene la memoria rivendichi a sé il compito di ricordare fedelmente il passato, tuttavia è certo che essa in parte è memoria di cose che ci lasciano, in parte di cose che sono lasciate da noi. Infatti, quando mi ricordo di mio padre, evidentemente ricordo una cosa che mi ha lasciato ed ora non è più; quando invece mi ricordo di Cartagine, ricordo una cosa che esiste e che io ho lasciato. Tuttavia in entrambi questi casi la memoria conserva il ricordo del passato. Giacché tanto quell'uomo quanto questa città io li ricordo per quello che ho visto, non per quello che vedo.

La memoria e l'atto di ricordare.

1. 2. A questo punto tu forse domandi: a che mirano codeste tue considerazioni? Tanto più che osservi come entrambe queste cose non possano giungere alla memoria se non attraverso la visione fantastica. Ma a me basta avere intanto dimostrato che si può parlare di memoria anche a proposito di cose che non sono ancora passate. Procura comunque di ascoltare attentamente che vantaggio io ne tragga. Alcuni criticano, senza fondamento, quella celeberrima scoperta di Socrate per cui si sostiene che ciò che apprendiamo non s'imprime in noi come cosa nuova, ma è richiamato alla memoria per reminiscenza, e sostengono che la memoria riguarda le cose passate e che invece quello che noi apprendiamo per mezzo dell'intelligenza, per asserzione dello stesso Platone, dura sempre e non può perire e perciò non è passato. Costoro però non badano al fatto che è passata la visione durante la quale abbiamo un tempo contemplato con la mente queste cose; e poiché ci siamo allontanati da esse ed abbiamo cominciato a vedere altri oggetti in modo diverso, le rivediamo per reminiscenza, cioè per mezzo della memoria. Perciò se, per omettere altri esempi, l'eternità in sé dura sempre e non ha bisogno di alcuna immagine fantastica per servirsene quasi come veicolo per giungere alla nostra mente (e tuttavia non potrebbe giungervi se non la ricordassimo), si può avere memoria di certe cose senza alcuna immaginazione.

L'anima senza l'uso dei sensi non può avere immagini.

2. 3. Quanto poi alla tua opinione che l'anima possa immaginare oggetti corporei anche senza servirsi dei sensi, si dimostra falsa in questo modo: se l'anima, prima di far uso dei sensi per la percezione dei corpi, può con la fantasia rappresentarsi questi stessi corpi, e (cosa che nessuna persona sana di mente mette in dubbio) si trovava in uno stato migliore prima di essere impigliata in questi sensi ingannatori, si trovano in uno stato migliore le anime delle persone che dormono che le anime di quelle che sono deste, quelle dei frenetici che quelle di coloro i quali non sono affetti da una tale calamità: infatti sono colpite dalle stesse immagini da cui erano colpite prima di avere i sensi, questi messaggeri quanto mai fallaci; e allora o sarà più vero il sole che essi vedono di quello che vedono le persone sane e deste o le cose false saranno superiori a quelle vere. Se queste conclusioni sono assurde, come effettivamente lo sono, l'immaginazione, o mio Nebridio, non è altro che una ferita che giunge [all'anima] attraverso i sensi; per opera dei quali avviene non un'evocazione, come tu scrivi, in modo che si formino nell'anima siffatte visioni, ma l'azione stessa di introdurre o, per dirlo più precisamente, di imprimere [in essa] queste false immagini. Quanto poi alla tua osservazione, come sia possibile che immaginiamo dei volti e delle figure che non abbiamo mai viste, essa è acuta. Perciò farò una esposizione che renderà questa lettera più lunga del normale: non però ai tuoi occhi, cui nessuno scritto è più gradito di quello che mi reca a te più loquace del solito.

Le varie specie d'immaginazioni.

2. 4. Io vedo che tutte queste immagini che tu, con molti, chiami fantasie si dividono molto opportunamente e veracemente in tre categorie, la prima delle quali è stata impressa [in noi] dalle cose percepite attraverso i sensi, la seconda da quelle opinate e la terza da quelle trovate razionalmente. Esempi del primo tipo si hanno quando la mia mente si raffigura il tuo volto o Cartagine o il nostro defunto amico Verecondo e qualsiasi altra delle cose che esistono ancora o sono scomparse, che però io ho visto e sentito. Nella seconda categoria si devono mettere le cose che noi pensiamo siano state o siano in un determinato modo, ad esempio quando per esporre la nostra opinione su qualcosa facciamo volutamente delle supposizioni che non sono affatto di ostacolo per giungere alla verità, oppure quello che immaginiamo quando leggiamo la storia e quando ascoltiamo delle favole o le componiamo o le inventiamo. Io infatti mi immagino come mi piace e come mi viene in mente il volto di Enea, quello di Medea coi suoi serpenti alati legati al giogo, quello di un Cremete e di un Parmenone. A questa categoria appartengono anche quelle cose che hanno raccontato sia i saggi, adombrando qualche verità sotto tali figurazioni, sia, come verità, gli stolti fondatori delle svariate e false religioni: ad esempio il tartareo Flegetonte, le cinque grotte degli abitanti delle tenebre infernali, l'asse settentrionale che tiene insieme il cielo, e mille altre invenzioni fantastiche dei poeti e dei seguaci di false dottrine. Però diciamo anche nel corso di un ragionamento: supponi che vi siano uno sull'altro tre mondi fatti come lo è questo; e: supponi che la terra abbia forma quadrata, e cose di questo genere. Tutto ciò infatti noi immaginiamo e ipotizziamo a seconda delle circostanze in cui si svolge il nostro ragionamento. Quanto poi alle cose riguardanti la terza specie di immagini, si tratta soprattutto di numeri e di dimensioni. Ciò in parte trova riscontro in natura, ad esempio quando per via di ragionamento si trova la forma del mondo, e a questa scoperta segue, nella mente di colui che pensa, l'immagine; in parte nelle scienze che formano oggetto di insegnamento, come le figure geometriche, i ritmi della musica e l'infinita varietà dei numeri. Queste cose, per quanto vengano colte, come io penso, nella loro verità, tuttavia producono delle false immaginazioni cui l'intelletto stesso a stento riesce a sottrarsi; sebbene neppure in un ragionamento condotto con metodo rigoroso sia facile sottrarsi a questo inconveniente, quando nelle distinzioni e nelle conclusioni facciamo conto quasi di usare dei sassolini fatti per il calcolo (4 bis).

L'anima è soggetta alle falsità delle immagini.

2. 5. In tutta questa selva d'immagini, io sono convinto che tu non credi che la prima specie riguardi l'anima prima che sia connessa coi sensi, e su questo punto non c'è bisogno di indugiare a discutere. Sulle altre due si potrebbe ancora a buon diritto porre il quesito se non fosse palese che l'anima, quando ancora non è stata colpita da ciò che vi è di vano nelle cose sensibili e nei sensi, è meno soggetta ad ingannarsi: ma chi potrebbe mettere in dubbio che codeste immagini siano molto meno vere delle cose sensibili? Infatti ciò che pensiamo e crediamo oppure inventiamo è in ogni parte assolutamente falso, e certamente, come tu capisci, è molto più vero quello che vediamo e sentiamo. Infine, per la terza specie, qualsiasi spazio corporeo io mi rappresenti con la mente, sebbene il pensiero sembri averlo creato in base a rigorosi principi scientifici che non permettono il minimo errore, io dimostro irrefutabilmente che è falso poiché sono di nuovo questi stessi principi a provarlo. Perciò io non posso credere in nessun modo che l'anima quando ancora non percepiva attraverso il corpo, quando ancora non era stata colpita, tramite i sensi sommamente fallaci, da sostanza mortale e passeggera, giacesse in tanta e così vergognosa falsità.

Si risolve una obiezione.

3. 6. Donde ha dunque origine il fatto che noi ci rappresentiamo le cose che non abbiamo mai viste? Che cosa puoi pensare se non che vi è una facoltà di diminuire e di aumentare, insita nell'anima, che essa porta necessariamente con sé dovunque vada? Questa facoltà si può avvertire specialmente nel campo dei numeri. Per essa accade che, se ci si pone per dir così dinanzi agli occhi la figura di un corvo, per esempio, che cioè ci sia nota per averla già osservata, col togliere e con l'aggiungere ad essa qualcosa, si trasforma in una figura qualsivoglia assolutamente mai vista. Per essa accade che, indugiando abitualmente il nostro spirito in siffatte cose, figure di questo genere invadono quasi spontaneamente i nostri pensieri. È dunque possibile all'anima, servendosi dell'immaginazione, formare da quello che il senso ha introdotto in essa (togliendo, come si è detto, e aggiungendo qualche cosa) delle immagini che nessun senso riesce a cogliere nella loro totalità, ma che sono parti di ciò che aveva colto in questo o quell'oggetto. Così noi da fanciulli, pur nati ed allevati nell'entroterra, vedendo l'acqua anche solo in un piccolo bicchiere, potevamo già immaginarci il mare; mentre il sapore delle fragole e delle corniole in nessun modo ci sarebbe venuto in mente prima che le gustassimo in Italia. Da questo dipende il fatto che coloro che sono ciechi fin dalla tenera infanzia, quando vengono interrogati sulla luce e sui colori non sanno che cosa rispondere. Giacché nessuna immagine del colore possono avere quelli che non hanno mai percepito alcuna immagine.

Si deve resistere alle immaginazioni sensibili.

3. 7. Né devi stupirti come mai gli oggetti, che in natura hanno una forma e possono immaginarsi, non si trovino fin da principio insiti nell'anima che è in ciascuno, non avendoli essa mai percepiti dall'esterno attraverso i sensi. Infatti anche noi quando, per lo sdegno o la gioia e per gli altri sentimenti dell'animo di tal fatta, produciamo nel nostro corpo vari atteggiamenti e colori, il nostro pensiero non può concepire tali immagini prima che noi possiamo provocarle. Queste cose avvengono secondo quei mirabili procedimenti (che lascio alla tua meditazione), che si verificano quando nell'anima si agitano i numeri in essa nascosti senza alcuna falsa rappresentazione corporea. Di conseguenza io vorrei che tu, poiché avverti che vi sono tanti moti dell'anima privi di tutte le immagini su cui ora vai investigando, capissi che l'anima ha in sorte il corpo per qualsivoglia altro impulso piuttosto che per aver pensato a forme sensibili, che io ritengo non possa in alcun modo percepire prima di far uso del corpo e dei sensi. Pertanto per la nostra amicizia e per la fedeltà alla stessa legge divina, amico carissimo e amabilissimo, io vorrei caldamente raccomandarti di non stringere alcuna amicizia con codeste ombre infernali e di non indugiare a rompere quella che da te è stata stretta con esse. Giacché in nessun modo si resiste ai sensi, e questo è per noi il dovere più sacro, se accarezziamo le piaghe e le ferite da essi inferteci.


27 - Il Signore prepara Maria santissima ad entrare in battaglia con Lucifero ed il drago comincia a perseguitarla.

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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335. Il Verbo eterno, che, incarnato nel grembo di Maria vergine, l'aveva già come madre e conosceva le decisioni di Lucifero non solamente con la sapienza increata in quanto Dio ma anche con la conoscenza creata in quanto uomo, stava attento alla difesa del suo tabernacolo, più stimabile di tutto il resto delle creature. Per rivestire di nuova forza l'invincibile Signora contro il pazzo ardire di quel perfido drago e dei suoi squadroni, l'Umanità santissima si mosse e si pose come in piedi nel tabernacolo verginale, quasi al modo di chi si oppone e va incontro alla battaglia, sdegnato con i principi delle tenebre. In questa posizione pregò l'eterno Padre, chiedendo che rinnovasse i suoi favori e le sue grazie verso sua Madre perché, fortificata, di nuovo schiacciasse la testa de] serpente antico e questo, umiliato ed oppresso da una donna, restasse deluso nei suoi intenti e debilitato nelle sue forze, e la regina delle altezze uscisse dalla battaglia vittoriosa, trionfando sull'inferno a gloria e lode di Dio e di lei, Madre vergine.

336. Come Cristo Signore nostro desiderò, così concesse e decretò la beatissima Trinità. E subito in modo ineffabile si manifestò alla vergine Madre il suo Figlio santissimo, che ella portava nel proprio grembo; in questa visione le fu comunicata un'abbondantissima pienezza di doni indicibili e con nuova sapienza conobbe misteri altissimi ed arcani, che io non posso spiegare. Specialmente conobbe che Lucifero aveva escogitato grandi macchinazioni e superbi pensieri contro la gloria del Signore e che l'arroganza di questo nemico giungeva a voler bere le acque pure del Giordano. L'Altissimo, dandole queste notizie, le disse: «Sposa e colomba mia, il sitibondo furore del drago infernale è tanto insaziabile contro il mio santo nome e contro quelli che lo adorano che pretende di rovinarli tutti senza eccezione e di cancellare il mio nome dalla terra dei viventi con orrenda insolenza e presunzione. Voglio, diletta mia, che tu ti prenda a cuore la mia causa e difenda il mio santo onore combattendo in mio nome con questo crudele nemico, perché io sarò con te nella battaglia, dato che sto nel tuo grembo verginale. Prima di uscire al mondo voglio che con la mia virtù divina tu lo abbatta e confonda, perché egli è persuaso che si avvicina la redenzione degli uomini e prima che giunga desidera distruggere tutti e guadagnare le anime senza eccettuarne alcuna. Alla tua fedeltà ed al tuo amore affido questa vittoria. Tu combatterai in nome mio, ed io in te, con questo drago e serpente antico».

337. Questo avvertimento del Signore e la conoscenza di così arcani misteri produssero nel cuore della beatissima Madre effetti tali che non trovo parole per manifestare ciò che conosco. La zelantissima Regina, sapendo che era volontà del suo santissimo Figlio che ella difendesse l'onore dell'Altissimo, s'infiammò talmente nel suo divino amore e si vestì di fortezza tanto invincibile che, se ciascun demonio fosse stato un inferno intero con in sé il furore e la malizia di tutti insieme, sarebbero stati come fiacche formiche e molto deboli per opporsi alla virtù incomparabile della nostra capitana, ed ella li avrebbe annientati e vinti tutti con la minore delle sue virtù e con lo zelo della gloria e dell'onore del Signore. Il divino protettore e difensore nostro dispose di dare alla sua Madre santissima questo glorioso trionfo sopra l'inferno, affinché non si sollevasse maggiormente la superbia arrogante dei suoi nemici, mentre questi si affannavano tanto per rovinare il mondo prima che giungesse il suo rimedio, ed affinché noi mortali ci trovassimo vincolati non solo a così inestimabile amore del suo Figlio santissimo, ma anche alla nostra celeste riparatrice e protettrice, la quale, venendo a battaglia con Lucifero, lo trattenne, vinse ed oppresse, perché il genere umano non si trovasse maggiormente incapace e come impossibilitato a ricevere il suo Redentore.

338. O figli degli uomini, tardi e duri di cuore, come non consideriamo così ammirabili benefici? Chi mai è l'uomo, perché tu lo stimi e favorisca tanto, o Re altissimo? Esponi la tua stessa Madre e signora nostra alla battaglia ed alla tribolazione per difenderci? Chi udì mai una cosa simile? Chi poté trovare un amore tanto forte ed ingegnoso? Dove abbiamo il giudizio? Chi ci ha privato del buon uso della ragione? Che durezza è la nostra? Chi ha introdotto in noi un'ingratitudine tanto brutta? Come non si confondono gli uomini, che tanto amano l'onore e si affaticano per conservarlo, dimostrandosi così vili e ingrati da dimenticarsi di questo debito, mentre corrispondere ad esso e soddisfarlo con la medesima vita sarebbe la vera nobiltà ed il vero onore dei mortali figli di Adamo?

339. L'ubbidiente Madre si offri per questo conflitto contro Lucifero per l'onore del suo Figlio santissimo, suo e nostro Dio. Rispose a ciò che l'Onnipotente le comandava e gli disse: «Signore e bene altissimo, dalla cui bontà infinita ho ricevuto l'esistenza, la grazia e la luce che riconosco, sono tutta vostra e voi, Signore, siete per vostra benignità figlio mio: fate di questa serva ciò che sarà di vostro maggiore compiacimento. Se voi, Signore, siete in me ed io in voi, chi sarà potente contro la forza della vostra volontà? Io sarò lo strumento del vostro braccio invincibile; datemi la vostra fortezza e venite con me, andiamo pure contro l'inferno ed in battaglia con il drago e con tutti i suoi alleati». Mentre la serenissima Regina faceva quella preghiera, Lucifero uscì dal suo conciliabolo così arrogante e baldanzoso contro di lei che reputava di ben poco valore tutte le altre anime, della rovina delle quali è assetato. Se questo furore infernale potesse essere conosciuto come era in sé, intenderemmo bene ciò che Dio ne disse al santo Giobbe, cioè che stima e reputa il ferro come paglia ed il bronzo come legno tarlato. Tale era appunto l'ira di questo drago contro Maria santissima. E non è minore adesso contro le anime, poiché la sua arroganza disprezza la più santa, invitta e forte di esse come stoppia. Che farà dunque dei peccatori, i quali come canne fragili e putride non gli resistono? Solamente la fede viva e l'umiltà del cuore sono la doppia arma che gloriosamente lo vince e lo prostra.

340. Lucifero per dare inizio alla battaglia portava con sé le sette legioni con i loro principali capi, che aveva assegnato ad esse nella sua caduta dal cielo, affinché tentassero gli uomini nei sette peccati capitali. Incaricò ciascuno di questi sette squadroni dell'impresa contro la Principessa senza colpa, affinché in lei e contro di lei impiegassero tutte le loro forze. L'invincibile Signora se ne stava in preghiera e, permettendolo allora il Signore, entrò la prima legione per tentarla di superbia. Poiché le passioni o inclinazioni naturali risentono delle condizioni fisiche e comunemente la tentazione passa per la carne, cercarono di avvicinarsi alla serenissima Signora, giudicando che fosse come le altre creature, le quali hanno le passioni sregolate per la colpa; ma non poterono avvicinarsi a lei tanto quanto desideravano, perché sentivano un'invincibile virtù e fragranza della sua santità, che li tormentava più dello stesso fuoco che pativano. Malgrado quanto sperimentavano e sebbene la sola vista di Maria santissima li trafiggesse con sommo dolore, era tanto furiosa ed eccessiva la rabbia che si accendeva in loro che, senza curare il tormento, si sforzavano a gara di avvicinarsi maggiormente a lei, desiderando offenderla e turbarla.

341. Il numero dei demoni era grande e Maria santissima una sola e semplice donna, ma non per questo meno temibile e terribile di molti eserciti ben ordinati. Questi nemici le si avvicinavano quanto potevano con inique suggestioni. La sovrana Principessa, però, insegnandoci a vincere, non si turbò né si agitò, né mutò l'espressione o il colore del volto. Non fece caso a loro e non se ne prese pensiero più che se fossero state debolissime formiche. Li disprezzò con invitto e magnanimo cuore, perché questa guerra, siccome si fa con le virtù, non deve essere combattuta con strepito e rumore, ma con serenità, calma, pace interiore e modestia esteriore. Essi non poterono neppure muoverle le passioni o gli appetiti, perché questi non cadevano sotto la giurisdizione del demonio nella nostra Regina; ella, infatti, stava tutta sottomessa alla ragione, e questa a Dio, né l'armonia delle sue facoltà era stata toccata e sconvolta dal primo peccato, come negli altri figli di Adamo. Perciò, i dardi di questi nemici erano come frecce di bambini e le loro macchine come artiglierie senza munizione; solo contro se stessi erano forti, perché la loro debolezza risultava per essi vivo tormento. Sebbene ignorassero l'innocenza e la giustizia originale di Maria santissima, e perciò non conoscessero affatto che le comuni tentazioni non potevano offenderla, dalla maestà del suo aspetto e dalla sua costanza congetturavano il proprio disprezzo e che la molestavano assai poco. E non solo era poco, ma nulla, perché secondo quanto afferma l'Evangelista nell'Apocalisse - come ho detto nella prima parte - la terra aiutò la donna vestita di sole, quando il drago lanciò contro di lei le impetuose acque delle tentazioni, perché il corpo terreno di questa Signora non era viziato nelle sue facoltà e nelle sue passioni come gli altri toccati dalla colpa.

342. Questi demoni presero forme corporee terribili e minacciose e, aggiungendo crudeli strida, tremende voci e ruggiti, fingevano grandi tumulti, pericoli, sussulti della terra e della casa come se minacciasse rovina ed altri spaventi simili, per turbare, impaurire o inquietare la Principessa del mondo, perché solo con questo o con il farla ritirare dalla preghiera si sarebbero ritenuti vittoriosi. L'invincibile e generoso cuore di Maria santissima, però, rimase imperturbabile. Si deve notare qui che il Signore lasciò la sua Madre santissima, per entrare in questa battaglia, nello stato comune della fede e delle virtù che aveva, sospendendo l'influsso di altri favori e regali che continuamente ella soleva ricevere fuori da queste occasioni. L'Altissimo dispose così affinché il trionfo di sua Madre fosse più glorioso ed eccellente, e per altre ragioni che egli ha per procedere in questo modo con le anime, poiché i suoi giudizi su come regolarsi con loro sono imperscrutabili ed inaccessibili. Alcune volte la grande Signora diceva: «Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra?». Con queste sole parole atterriva quei mostri che le si presentavano innanzi.

343. Questi lupi famelici mutarono la loro pelle e presero quella di agnello, lasciando le forme spaventose e trasformandosi in angeli di luce molto risplendenti e belli. Avvicinatisi alla beatissima Signora, le dissero: «Hai vinto, hai vinto, si vede che sei forte; noi siamo venuti ad assisterti e a premiare il tuo valore invincibile». E con bugiarde lusinghe le si posero intorno, offrendole il loro favore. La prudentissima Signora, però, si concentrò intensamente e, sollevandosi sopra di sé per mezzo delle virtù infuse, adorò il Signore in spirito e verità. Disprezzando i lacci di quelle lingue inique e di quelle enormi menzogne, parlò al suo Figlio santissimo e gli disse: «Signore e padrone mio, fortezza mia, vera luce da luce, solo nel vostro aiuto stanno riposte tutta la mia fiducia e l'esaltazione del vostro santo nome. Anatematizzo, aborrisco e detesto tutti quelli che lo contraddicono». Gli artefici della malvagità perseveravano nel proporre insane falsità alla maestra della scienza e nell'offrirle finte lodi, esaltando sopra le stelle colei che si umiliava più delle infime creature. Le dissero che volevano distinguerla fra le donne e farle uno squisito favore, cioè eleggerla a nome del Signore come Madre del Messia, in modo che la sua santità fosse più grande di quella dei Patriarchi e dei Profeti.

344. L'autore di questo inganno fu lo stesso Lucifero, la cui malizia vi si rivela, affinché le altre anime la conoscano. Per la Regina del cielo, però, era ridicolo che le fosse offerto di divenire chi ella effettivamente era; erano loro gli ingannati e gli accecati, non solo nel promettere quello che non sapevano né potevano dare, ma anche nell'ignorare i misteri del Re del cielo, che erano racchiusi nella fortunatissima donna da loro perseguitata. Fu grande l'iniquità del drago, perché sapeva di non potere adempiere ciò che prometteva, ma voleva così investigare se per caso la nostra umilissima Signora era tale o se dava qualche indizio di saperlo. La prudenza di Maria santissima conobbe bene questa doppiezza di Lucifero e, disprezzandola, si contenne con ammirabile serenità e bellezza. Ciò che fece tra le false adulazioni fu continuare la preghiera ed adorare il Signore prostrandosi a terra. Confessandolo, umiliava se stessa e si reputava la più spregevole tra le creature, più della stessa polvere che calpestava. Con questa preghiera ed umiltà abbatté la presuntuosa superbia di Lucifero per tutto il tempo in cui durò questa tentazione. Quanto agli altri avvenimenti che in essa si verificarono, alla sagacità dei demoni, alla loro crudeltà ed alle bugiarde favole che ordirono, non mi è sembrato bene riferire ogni cosa né dilungarmi in tutto quello che mi è stato manifestato; quanto ho detto è sufficiente per la nostra istruzione e non si può affidare tutto all'ignoranza delle creature fragili e terrene.

345. Avviliti e superati questi nemici della prima legione, quelli della seconda si avvicinarono alla più povera del mondo con la tentazione dell'avarizia. Questi le offrirono ricchezze grandi, argento, oro e gioielli molto preziosi. Ed affinché non sembrassero promesse infondate, le posero innanzi molte di queste cose, benché apparenti, essendo loro ben noto che il senso ha grande forza per incitare la volontà a un piacere presente. A questo inganno aggiunsero molte fallaci ragioni, dicendo che Dio le inviava tutte quelle cose affinché le ripartisse tra i poveri. Quando videro che non ammetteva niente di questo, mutarono espediente e le dissero che era ingiusto che stesse tanto povera, mentre era così santa, e che vi erano maggiori ragioni perché fosse lei signora di quelle ricchezze, piuttosto che gli altri malvagi e peccatori; altrimenti, la provvidenza del Signore sarebbe stata ingiusta, mantenendo poveri i giusti e ricchi e prosperi i cattivi ed i suoi nemici.

346. Invano si tende la rete sotto gli occhi degli agili uccelli. Ciò si avverava in tutte le tentazioni contro la nostra sovrana Principessa; ma in questa dell'avarizia era più stravagante la malizia del serpente, poiché tendeva la rete in cose tanto terrene e vili contro la fenice della povertà, la quale così lontano dalla terra aveva alzato il suo volo sopra i medesimi serafini. Mai la prudentissima Signora, benché fosse piena di sapienza divina, si pose a ragionare con questi nemici; così devono fare tutti, perché essi combattono contro la verità manifesta e non si daranno per vinti da essa sebbene la conoscano. Perciò Maria santissima si valse di alcune parole della Scrittura, pronunciando con severa umiltà quelle del salmo 118: Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore. E ne aggiunse altre, lodando e benedicendo l'Altissimo con rendimento di grazie, perché egli l'aveva creata e sostentata senza suo merito. In questo modo, così pieno di sapienza, vinse la seconda tentazione, lasciando tormentati e confusi gli artefici dell'iniquità.

347. Sopraggiunse la terza legione con il principe immondo, che tenta nella fragilità della carne. In questa tentazione fecero più grandi sforzi, perché sperimentarono maggiore difficoltà in tutto ciò che provarono a mettere in atto; così, se possibile, conseguirono meno degli altri. Procurarono di introdurre in lei alcune suggestioni e brutte immagini e di fabbricare altre mostruosità da non dirsi. Tutto, però, fu inutile, perché la purissima Vergine, quando riconobbe la qualità di questo vizio, si concentrò tutta nel suo intimo e lasciò completamente sospeso l'uso dei suoi sensi; così, non poté arrivare a lei suggestione alcuna nè poterono entrare immagini nel suo pensiero, perché niente giunse alle sue facoltà. Con volontà fervorosa rinnovò molte volte il voto di castità alla presenza interiore del Signore e meritò più in questa occasione ella sola di tutte le vergini che sono state e saranno nel mondo. L'Onnipotente le diede in questa materia virtù tale che il fuoco rinchiuso nel bronzo non lancia la munizione postagli innanzi con la forza e velocità con cui venivano precipitati i nemici, quando cercavano di toccare la purezza di Maria santissima con qualche tentazione.

348. La quarta legione la tentò contro la mitezza e la pazienza, cercando di muovere all'ira la mansueta colomba. Questa tentazione fu più molesta, perché i nemici posero sottosopra l'intera casa. Ruppero e fecero in pezzi tutto quanto vi era, in modo da irritare la pazientissima Signora; ma i suoi santi angeli posero immediatamente riparo a tutto questo danno. Superati in ciò, i demoni presero la forma di alcune sue conoscenti e andarono da lei con grande sdegno e furore. Le dissero esorbitanti ingiurie, spingendosi fino a minacciarla e a toglierle dalla casa alcuni oggetti tra i più necessari. Tutte queste macchinazioni, però, erano inconsistenti per chi le conosceva, come Maria santissima, poiché essi non fecero gesti o azioni che ella non penetrasse, anche se si astraeva totalmente da loro senza turbarsi né alterarsi, anzi con maestà di regina si mostrava superiore a tutto. Gli spiriti maligni temettero di essere già stati riconosciuti e per questo disprezzati e presero un altro strumento, cioè una donna vera, di natura adatta al loro intento. La incitarono contro la Principessa del cielo con un'arte diabolica, perché un demonio prese la forma di una sua amica e le disse che Maria, la sposa di Giuseppe, l'aveva diffamata in sua assenza, dicendo di lei molte falsità, che il demonio nostro nemico inventò.

349. Questa donna ingannata, che peraltro aveva un temperamento assai incline all'ira, tutta infuriata si recò dalla nostra mansueta agnella Maria santissima e le disse in faccia esecrabili ingiurie e vituperi. Sua Altezza, però, lasciandola versare a poco a poco lo sdegno concepito, le parlò con parole tanto umili e dolci che la cambiò tutta e le addolcì il cuore. Quando la vide ritornata interamente in sé la rasserenò e consolò, ammonendola di guardarsi dal demonio, e dopo averle dato qualche elemosina, perché era povera, la congedò in pace. Così fallì questo stratagemma, come molti altri che il padre della menzogna Lucifero ordì, non solo per irritare la mite colomba, ma anche per screditarla. L'Altissimo, però, preparò la difesa dell'onore della sua Madre santissima per mezzo della sua perfezione, umiltà e prudenza, cosicché mai il demonio poté diminuire in qualcosa il suo credito, perché ella operava e procedeva con tutti in modo tanto mansueto e saggio che le molte e diverse macchinazioni non ottenevano alcun effetto. La pazienza e la mansuetudine che la sovrana Signora ebbe in questo genere di tentazioni furono motivo di ammirazione per gli angeli; anche i demoni si meravigliavano, benché differentemente, al vedere tale modo di operare in una creatura umana, e donna, perché mai ne avevano conosciuta una simile.

350. Entrò la quinta legione con la tentazione della gola. Anche se l'antico serpente non propose alla nostra Regina di convertire le pietre in pane, come disse poi al suo Figlio santissimo, perché non l'aveva vista fare miracoli così grandi, dato che questi gli erano stati nascosti, pure la tentò di golosità, come aveva fatto con la prima donna. Le posero innanzi cibi deliziosi che con la loro vista invitassero ed eccitassero l'appetito, cercarono di stimolarla al punto di farle sentire fame in modo innaturale e con altre suggestioni si affaticarono nell'incitarla a volgere l'attenzione a ciò che le offrivano. Tutto questo zelo, però, riuscì vano, perché il sublime cuore della nostra Principessa e signora si trovava tanto distante da tutti questi oggetti così materiali e terreni quanto il cielo dalla terra. Non impiegò i suoi sensi neppure per guardare quelle golose vivande, né quasi le percepì, perché in tutto andava disfacendo ciò che aveva fatto la nostra madre Eva, la quale, incauta e senza fare attenzione al pericolo, aveva guardato alla bellezza dell'albero della conoscenza ed al suo dolce frutto, per cui subito aveva steso la mano e ne aveva mangiato, dando principio al nostro danno. Non fece così Maria santissima, la quale chiuse ed astrasse i suoi sensi, sebbene non fosse nel pericolo in cui si trovava Eva. Questa fu vinta per nostra rovina e la grande Regina risultò vittoriosa per nostro riscatto e rimedio.

351. La sesta legione giunse con la tentazione dell'invidia già molto scoraggiata, vedendo l'infelice riuscita delle altre, perché, sebbene non conoscessero tutta la perfezione con cui operava la Madre della santità, questi demoni sperimentavano la sua invincibile fortezza e la riconoscevano così ferma che disperavano di poterla indurre ad alcuno dei loro depravati intenti. Nonostante ciò, l'implacabile odio del drago e la sua mai debellata superbia non si arrendevano; anzi, aggiunsero nuovi stratagemmi per provocare colei che amava moltissimo il Signore e il prossimo ad invidiare negli altri ciò che ella medesima possedeva e ciò che aborriva come inutile e pericoloso. Le fecero un elenco molto lungo di diversi beni e doni naturali che altre persone avevano, dicendole che a lei Dio non li aveva dati. Poiché, poi, le grazie soprannaturali sogliono essere più efficace motivo d'invidia, le parlavano di grandi favori e benefici che la destra dell'Onnipotente aveva comunicato ad altri ed a lei no. Ma queste favole menzognere come potevano disturbare colei che di tutte le grazie ed elargizioni del cielo era madre? Tutti i favori che le creature potevano mostrarle di avere ricevuto dal Signore, infatti, erano minori del beneficio di essere Madre dell'autore della grazia. Anzi, sia per quella grazia che sua divina Maestà le aveva comunicato sia per il fuoco di carità che ardeva nel suo petto, ella desiderava vivamente che la destra dell'Altissimo le arricchisse e favorisse liberalmente. Dunque, come poteva trovare posto l'invidia dove abbondava la carità? Non desistevano, però, i crudeli nemici. Mostrarono ben presto alla celeste Regina la felicità apparente di altri che per le loro ricchezze e i loro beni si giudicavano fortunati in questa vita e trionfavano nel mondo. Mossero anche diverse persone ad andare da Maria santissima e narrarle la grande consolazione che provavano nel vedersi ricche e prospere, come se quest'ingannevole felicità dei mortali non fosse stata tante volte condannata nelle divine Scritture. E appunto il riprovaila era l'insegnamento che la Regina del cielo ed il suo santissimo Figlio venivano con l'esempio a portare nel mondo.

352. La nostra umilissima Maestra invitava tali persone, quando le incontrava, ad usare bene dei doni e delle ricchezze temporali e a ringraziare il loro Creatore; ella stessa, poi, faceva questo per supplire all'ordinaria ingratitudine degli uomini. E benché l'umilissima Signora si giudicasse indegna del minore dei benefici dell'Altissimo, effettivamente la sua dignità e santità eminentissima attestavano in lei ciò che in suo nome dissero le sacre Scritture: Presso di me c'è ricchezza e onore, sicuro benessere ed equità. il mio frutto val più dell'oro, dell'oro fino, il mio provento più dell'argento scelto. Io cammino sulla via della giustizia e per i sentieri dell'equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro forzieri. Con questa eccellenza e superiorità vinceva i nemici, lasciandoli come attoniti e confusi al vedere che, dove impiegavano tutte le loro forze ed astuzie, ottenevano meno e rimanevano più prostrati.

353. Nonostante questo, la loro pertinacia perseverò finché arrivò la settima legione con la tentazione della pigrizia, pretendendo di introdurla in Maria santissima, svegliando in lei qualche indisposizione fisica, stanchezza, tristezza o depressione. Questa è un'arte poco conosciuta, per mezzo della quale il peccato della pigrizia fa grandi guadagni nelle anime ed impedisce loro il profitto nella virtù. Aggiunsero a ciò altre suggestioni, dicendole di rimandare alcune attività ad un momento in cui fosse meno stanca. Questa non è minore astuzia e con essa il demonio inganna tutti noi, senza che ce ne accorgiamo e conosciamo ciò che veramente è necessario. Oltre ad usare tutta questa malizia, cercarono di ostacolare la santissima Signora nei suoi impegni per mezzo di creature umane, sollecitando chi andasse a disturbarla in tempi inopportuni per ritardarla in qualcuna delle sante azioni ed occupazioni per le quali aveva stabilito orari precisi. La prudentissima e vigilantissima Principessa, però, conosceva tutte queste macchinazioni e le annientava con la sua sapienza e sollecitudine, senza che mai l'avversario riuscisse in niente ad impedirle di operare con pienezza di perfezione. Lucifero era furibondo contro se stesso e contro le sue legioni. Questi nemici erano sfiduciati ed indeboliti, ma, rinnovando la loro rabbiosa superbia, determinarono di assaltarla tutti insieme, come si dirà nel capitolo seguente.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

354. Figlia mia, benché tu abbia esposto in breve la lunga battaglia delle mie tentazioni, voglio che da quanto hai scritto e da tutto il resto che in Dio hai conosciuto tu impari a resistere agli attacchi dell'inferno. A tal fine il modo migliore di combattere è disprezzare il demonio, considerandolo nemico dell'altissimo Dio, senza timore santo e senza speranza di bene alcuno, privo di rimedio nella sua infelicità, pertinace e senza pentimento nella sua iniquità. Con questa verità infallibile ti devi mostrare contro di lui superiore, magnanima ed imperturbabile, trattandolo come disprezzatore dell'onore e del culto del suo Dio. Sapendo che difendi una così giusta causa, non ti devi perdere d'animo; anzi, con ogni sforzo e valore devi resistergli ed opporti a lui in quanto macchinerà, come se ti trovassi accanto al medesimo Signore, per il cui nome combatti, poiché non c'è dubbio che sua Maestà assiste chi lotta secondo le regole. Tu vivi in uno stato di speranza e sei destinata alla gloria eterna, se lavori con fedeltà per il tuo Dio e Signore.

355. Considera, dunque, che i demoni aborriscono con odio implacabile quello che tu ami e desideri, cioè l'onore di Dio e la tua felicità eterna, e vogliono privarti di ciò che essi non possono riacquistare. Dio, mentre riprova il demonio, offre a te la sua grazia, virtù e fortezza per vincere il suo e tuo nemico e per conseguire il fortunato fine del riposo eterno, se lavorerai fedelmente ed osserverai i comandamenti del Signore. Sebbene l'arroganza del drago sia grande, maggiore è la sua debolezza ed egli non vale più di una particella debolissima alla presenza della virtù divina. Poiché, però, la sua ingegnosa astuzia e la sua malizia sorpassano tanto i mortali, all'anima non conviene mettersi a ragionare con lui, sia visibilmente sia invisibilmente, perché dal suo intelletto tenebroso, come da un forno di fuoco, escono tenebre e confusione, che oscurano il giudizio dei mortali. Se essi gli danno ascolto, li riempie di favole e di oscurità, affinché non conoscano la verità e la bellezza della virtù né la bruttezza dei suoi inganni velenosi. In questo stato le anime non sanno distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, la vita dalla morte, la verità dalla menzogna; così, cadono nelle mani di questo empio e crudele drago.

356. Sia per te regola inviolabile che nelle tentazioni non devi badare a ciò che ti propone, né ascoltarlo, né discorrervi sopra. Se potrai scuoterti ed allontanarti in modo tale da non arrivare a percepirlo né a conoscerne la malvagità, sarai più sicura, guardando le tentazioni da lontano. Il demonio, infatti, invia sempre innanzi a sé qualche predisposizione dell'animo per introdurre il suo inganno, specialmente nelle anime che teme gli contrastino l'ingresso, se prima egli non se lo facilita. Così è solito cominciare con la tristezza, con l'abbattimento o con qualche movimento e forza che distolga e distragga l'anima dall'attenzione al Signore e dall'amore per lui. Subito dopo egli sopravviene con il veleno in un vaso d'oro, affinché non rechi tanto orrore. Appena riconoscerai in te qualcuno di questi indizi - poiché hai già esperienza, direzione e istruzione - voglio che con ali di colomba sollevi il volo e ti allontani sino ad arrivare al rifugio dell'Altissimo, chiamandolo in tuo aiuto e presentandogli i meriti del mio Figlio santissimo. Devi fare ricorso anche alla mia protezione, poiché ti sono Madre e maestra, ed a quella dei tuoi angeli custodi e di tutti gli altri del Signore. Chiudi i tuoi sensi con prontezza e giudicati morta per essi o come un'anima dell'altra vita, dove non arriva la giurisdizione del serpente. Dedicati maggiormente, allora, all'esercizio degli atti virtuosi contrari ai vizi che ti propone, specialmente a quelli di fede, speranza e amore, che allontanano la codardia ed il timore, che debilitano la determinazione a resistere.

357. Devi cercare solo in Dio le ragioni per vincere Lucifero e non devi darle a questo nemico, affinché non ti riempia d'inganni e di confusione. Giudica indegno, oltre che pericoloso, metterti a parlare con lui e dare retta al nemico tuo e di colui che ami. Mostrati contro di lui superiore e magnanima ed offriti per l'osservanza di tutte le virtù, per sempre. Contenta di questo tesoro, ritirati in esso, poiché la maggiore destrezza dei figli di Dio in questa battaglia è il fuggire molto lontano; infatti, il demonio è superbo, si risente che lo disprezzino e desidera che lo ascoltino, confidando nella sua arroganza e nelle sue frodi. Da ciò nasce quel suo insistere, affinché gli diano spazio in qualcosa, perché il bugiardo non può confidare nella forza della verità, dato che non la dice, e così pone la sua fiducia nell'essere molesto e nel vestire l'inganno con apparenza di bene e di verità. Finché questo ministro di malvagità non si vede disprezzato, non pensa che lo abbiano riconosciuto e come una mosca importuna ritorna alla parte che vede più vicina alla corruzione.

358. Non dovrai affatto essere meno vigilante quando il tuo nemico si varrà di altre creature contro di te; lo farà per una di queste due vie: muovendole ad eccessivo amore verso di te od eccitandole ad odiarti. Quando conoscerai un affetto sregolato in coloro con i quali avrai a che fare, osserva il medesimo insegnamento, come se fuggissi dal demonio, ma con la differenza che questo devi aborrirlo, mentre le altre creature devi considerarle opere del Signore senza negare ciò che in sua Maestà e per lui devi loro. Nel ritirarti, però, guarda tutti come nemici, poiché, per quello che Dio vuole da te e nello stato in cui ti trovi, sarà demonio colui che voglia indurre altre persone ad allontanarti dal Signore e da ciò che tu gli devi. Se, poi, per la via opposta ti odieranno e ti faranno del male, rispondi con amore e con mansuetudine, pregando per quelli che ti detestano e perseguitano; e questo avvenga con intimo affetto del tuo cuore. Se sarà necessario moderare l'ira di qualcuno con parole dolci o svelare qualche inganno in soddisfazione della verità, fallo pure, non per tua discolpa, ma per quietare i tuoi fratelli e per il loro bene e la loro pace interiore ed esteriore; con ciò vincerai allo stesso tempo te stessa e quelli che ti detestano. Per fondare tutto questo, è necessario svellere completamente i sette vizi capitali, con i quali il demonio tenta, ed estirparli del tutto, morendo ai moti dell'appetito, in cui essi si radicano; infatti, vengono seminati tutti nelle passioni e nei desideri sregolati e non mortificati.


12-125 Marzo 19, 1920 Il vivere nella Divina Volontà è vivere a nome di tutti.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo lamentandomi col mio sempre amabile Gesù, dicendogli: “Come ti sei cambiato! Possibile che neppure il patire ci sia più per me? Tutti soffrono, solo io non sono degna di patire, è vero che supero tutti in cattiveria, ma Tu abbi pietà di me e non mi negare almeno le briciole del tanto patire, che abbondantemente non neghi a nessuno, Amor mio, come è raccapricciante il mio stato, abbi pietà di me, abbi pietà”. Mentre ciò dicevo, il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno dicendomi:

(2) “Ah! figlia mia, quietati, altrimenti mi fai male, più squarci profondi apri nel mio cuore; mi vuoi tu forse sorpassare? Anch’Io avrei voluto racchiudere in Me tutte le pene delle creature; era tanto l’amore verso le creature, che avrei voluto che nessuna pena più le toccasse, ma ciò non potetti ottenere, dovetti sottostare alla sapienza ed alla giustizia del Padre, che mentre mi permetteva di soddisfare in gran parte alle pene delle creature, per tutte le pene non volle la mia soddisfazione, e questo per decoro e per equilibrio della sua giustizia. La mia Umanità avrebbe voluto tanto soffrire, per poter mettere termine all’inferno, al purgatorio ed a tutti i flagelli, ma la Divinità non volle e la giustizia disse al mio amore: “Tu hai voluto il diritto dell’amore, e ti è stato concesso ed io voglio i diritti della giustizia”. Io mi rassegnai alla sapienza del Padre mio, la vidi giusta, ma la mia gemente Umanità ne sentiva la pena per le pene che toccavano le creature. Nel sentire i tuoi lamenti di non patire, sento l’eco dei miei lamenti e corro a sostenere il tuo cuore per darti forza, sapendone quanto è dura tal pena, ma sappi però che questa è anche una pena del tuo Gesù”.

(3) Io mi rassegnai per amor di Gesù anche a non patire, ma lo strazio del mio cuore era acerbissimo, e nella mia mente molte cose giravano, specie su ciò che mi aveva detto sul Voler Divino, mi pareva di non vedere in me gli effetti della sua parola, e Gesù benignamente ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, quando Io ti domandai se tu consentivi di voler far vita nel mio Volere, e tu accettasti dicendo: “Dico sì, non nel mio volere, ma nel tuo, affinché il mio abbia tutto il poter ed il valore d’un sì di un Voler Divino”. Quel sì esiste ed esisterà sempre, come esisterà il mio Volere, sicché la tua vita finì, la tua volontà non più ha ragione di vivere ed ecco perciò ti dissi che stando nella mia Volontà tutte le creature, a nome di tutta l’umana famiglia vieni a deporre in modo divino, ai piedi del mio trono, nella tua mente i pensieri di tutti per darmi la gloria di ciascun pensiero, nel tuo sguardo, nella tua parola, nella tua azione, nel cibo che prendi, anche il sonno, quello di tutti, sicché la tua vita deve abbracciare tutto; e non vedi quando qualche volta, oppressa dal peso della mia privazione, qualche cosa ti sfugge di ciò che fai e non unisci tutta l’umana famiglia insieme, Io ti richiamo, e se non mi dai retta, afflitto ti dico: “Se non vuoi seguirmi, Io faccio da solo”. La vita nella mia Volontà è vivere senza vita propria, senza riflessioni personali, ma è la vita che abbraccia tutte le vite insieme. Sii attenta in questo e non temere”.