Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 30° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 11
1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.
55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.
Numeri 1
1Il Signore parlò a Mosè, nel deserto del Sinai, nella tenda del convegno, il primo giorno del secondo mese, il secondo anno dell'uscita dal paese d'Egitto, e disse:2"Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa,3dall'età di venti anni in su, quanti in Israele possono andare in guerra; tu e Aronne ne farete il censimento, schiera per schiera.4A voi si associerà un uomo per ciascuna tribù, un uomo che sia capo del casato dei suoi padri.
5Questi sono i nomi degli uomini che vi assisteranno. Di Ruben: Elisur, figlio di Sedeur;6di Simeone: Selumiel, figlio di Surisaddai;7di Giuda: Nacason, figlio di Amminadab;8di Issacar: Netanaeel, figlio di Suar;9di Zàbulon: Eliab, figlio di Chelon;10dei figli di Giuseppe, per Efraim: Elisama, figlio di Ammiud; per Manasse: Gamliel, figlio di Pedasur;11di Beniamino: Abidan, figlio di Ghideoni;12di Dan: Achiezer, figlio di Ammisaddai;13di Aser: Paghiel, figlio di Ocran;14di Gad: Eliasaf, figlio di Deuel;15di Nèftali: Achira, figlio di Enan".16Questi furono i prescelti della comunità, erano i capi delle loro tribù paterne, i capi delle migliaia d'Israele.17Mosè e Aronne presero questi uomini che erano stati designati per nome18e convocarono tutta la comunità, il primo giorno del secondo mese; furono registrati secondo le famiglie, secondo i loro casati paterni, contando il numero delle persone dai venti anni in su, uno per uno.19Come il Signore gli aveva ordinato, Mosè ne fece il censimento nel deserto del Sinai.
20Figli di Ruben, primogenito d'Israele, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di tutti i maschi, uno per uno, dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:21i registrati della tribù di Ruben risultarono quarantaseimilacinquecento.
22Figli di Simeone, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di tutti i maschi, uno per uno, dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:23i registrati della tribù di Simeone risultarono cinquantanovemilatrecento.
24Figli di Gad, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:25i registrati della tribù di Gad risultarono quarantacinquemilaseicentocinquanta.
26Figli di Giuda, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:27i registrati della tribù di Giuda risultarono settantaquattromilaseicento.
28Figli di Issacar, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:29i registrati della tribù di Issacar risultarono cinquantaquattromilaquattrocento.
30Figli di Zàbulon, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:31i registrati della tribù di Zàbulon risultarono cinquantasettemilaquattrocento.
32Figli di Giuseppe: figli di Efraim, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:33i registrati della tribù di Efraim risultarono quarantamilacinquecento.
34Figli di Manasse, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:35della tribù di Manasse i registrati risultarono trentaduemiladuecento.
36Figli di Beniamino, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:37i registrati della tribù di Beniamino risultarono trentacinquemilaquattrocento.
38Figli di Dan, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:39i registrati della tribù di Dan risultarono sessantaduemilasettecento.
40Figli di Aser, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:41i registrati della tribù di Aser risultarono quarantunmilacinquecento.
42Figli di Nèftali, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:43i registrati della tribù di Nèftali risultarono cinquantatremilaquattrocento.
44Di quelli Mosè e Aronne fecero il censimento, con i dodici uomini capi d'Israele: ce n'era uno per ciascuno dei loro casati paterni.45Tutti gli Israeliti dei quali fu fatto il censimento secondo i loro casati paterni, dall'età di vent'anni in su, cioè tutti gli uomini che in Israele potevano andare in guerra,46quanti furono registrati risultarono seicentotremilacinquecentocinquanta.47Ma quanti erano leviti, secondo la loro tribù paterna, non furono registrati insieme con gli altri.
48Il Signore disse a Mosè:49"Della tribù di Levi non farai il censimento e non unirai la somma a quella degli Israeliti;50ma incarica tu stesso i leviti del servizio della Dimora della testimonianza, di tutti i suoi accessori e di quanto le appartiene. Essi porteranno la Dimora e tutti i suoi accessori, vi presteranno servizio e staranno accampati attorno alla Dimora.51Quando la Dimora dovrà partire, i leviti la smonteranno; quando la Dimora dovrà accamparsi in qualche luogo, i leviti la erigeranno; ogni estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte.52Gli Israeliti pianteranno le tende ognuno nel suo campo, ognuno vicino alla sua insegna, secondo le loro schiere.53Ma i leviti pianteranno le tende attorno alla Dimora della testimonianza; così la mia ira non si accenderà contro la comunità degli Israeliti. I leviti avranno la cura della Dimora".54Gli Israeliti si conformarono in tutto agli ordini che il Signore aveva dato a Mosè e così fecero.
Siracide 11
1La sapienza dell'umile gli farà tenere alta la testa,
gli permetterà di sedere tra i grandi.
2Non lodare un uomo per la sua bellezza
e non detestare un uomo per il suo aspetto.
3L'ape è piccola tra gli esseri alati,
ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori.
4Non ti vantare per le vesti che indossi
e non insuperbirti nel giorno della gloria,
poiché stupende sono le opere del Signore,
eppure sono nascoste agli uomini le opere sue.
5Molti sovrani sedettero sulla polvere
e uno sconosciuto cinse il loro diadema.
6Molti potenti furono umiliati profondamente;
uomini illustri furono consegnati in potere altrui.
7Non biasimare prima di avere indagato,
prima rifletti e quindi condanna.
8Non rispondere prima di avere ascoltato,
in mezzo ai discorsi non intrometterti.
9Per una cosa di cui non hai bisogno non litigare,
non immischiarti nelle liti dei peccatori.
10Figlio, la tua attività non abbracci troppe cose;
se esageri, non sarai esente da colpa;
anche se corri, non arriverai
e non riuscirai a scampare con la fuga.
11C'è chi lavora, fatica e si affanna:
eppure resta tanto più indietro.
12C'è chi è debole e ha bisogno di soccorso,
chi è privo di beni e ricco di miseria:
eppure il Signore lo guarda con benevolenza,
lo solleva dalla sua bassezza
13e lo fa stare a testa alta, sì che molti ne sono
stupiti.
14Bene e male, vita e morte,
povertà e ricchezza, tutto proviene dal Signore.
15Sapienza, senno e conoscenza della legge vengono dal
Signore;
carità e rettitudine sono dono del Signore.
16Errore e tenebre sono per gli empi
e il male resta per i malvagi.
17Il dono del Signore è assicurato ai pii
e il suo favore li rende felici per sempre.
18C'è chi è ricco a forza di attenzione e di risparmio;
ed ecco la parte della sua ricompensa:
19mentre dice: "Ho trovato riposo;
ora mi godrò i miei beni",
non sa quanto tempo ancora trascorrerà;
lascerà tutto ad altri e morirà.
20Sta' fermo al tuo impegno e fanne la tua vita,
invecchia compiendo il tuo lavoro.
21Non ammirare le opere del peccatore,
confida nel Signore e persevera nella fatica,
perché è facile per il Signore
arricchire un povero all'improvviso.
22La benedizione del Signore è la ricompensa del pio;
in un istante Dio farà sbocciare la sua benedizione.
23Non dire: "Di che cosa ho bisogno
e di quali beni disporrò d'ora innanzi?".
24Non dire: "Ho quanto mi occorre;
che cosa potrà ormai capitarmi di male?".
25Nel tempo della prosperità si dimentica la sventura;
nel tempo della sventura non si ricorda la prosperità.
26È facile per il Signore nel giorno della morte
rendere all'uomo secondo la sua condotta.
27L'infelicità di un'ora fa dimenticare il benessere;
alla morte di un uomo si rivelano le sue opere.
28Prima della fine non chiamare nessuno beato;
un uomo si conosce veramente alla fine.
29Non portare in casa qualsiasi persona,
perché sono molte le insidie del fraudolento.
30Una pernice da richiamo in gabbia, tale il cuore del
superbo;
come una spia egli attende la tua caduta.
31Cambiando il bene in male tende insidie,
troverà difetti anche nelle cose migliori.
32Con una scintilla di fuoco si riempie il braciere,
il peccatore sta in agguato per spargere sangue.
33Guàrdati dal malvagio, poiché egli il male prepara,
che non contamini per sempre anche te.
34Ospita un estraneo, ti metterà sottosopra ogni cosa
e ti renderà estraneo ai tuoi.
Salmi 37
1'Di Davide.'
Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.
3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.
5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.
7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.
12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.
16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.
18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.
20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.
27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.
30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.
34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.
37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.
Geremia 8
1"In quel tempo - oracolo del Signore - si estrarranno dai loro sepolcri le ossa dei re di Giuda, le ossa dei suoi capi, dei sacerdoti, dei profeti e degli abitanti di Gerusalemme.2Esse saranno sparse in onore del sole, della luna e di tutta la milizia del cielo che essi amarono, servirono, seguirono, consultarono e adorarono. Non saranno più raccolte né sepolte, ma rimarranno come letame sulla terra.3Allora la morte sarà preferibile alla vita per tutti quelli che resteranno di questa razza malvagia in ogni luogo, dove li avrò dispersi". Oracolo del Signore degli eserciti.
4Tu dirai loro: "Così dice il Signore:
Forse chi cade non si rialza
e chi perde la strada non torna indietro?
5Perché allora questo popolo
si ribella con continua ribellione?
Persistono nella malafede,
rifiutano di convertirsi.
6Ho fatto attenzione e ho ascoltato;
essi non parlano come dovrebbero.
Nessuno si pente della sua malizia,
dicendo: Che ho fatto?
Ognuno segue senza voltarsi la sua corsa
come un cavallo che si lanci nella battaglia.
7Anche la cicogna nel cielo
conosce i suoi tempi;
la tortora, la rondinella e la gru
osservano la data del loro ritorno;
il mio popolo, invece, non conosce
il comando del Signore.
8Come potete dire: Noi siamo saggi,
la legge del Signore è con noi?
A menzogna l'ha ridotta
la penna menzognera degli scribi!
9I saggi saranno confusi,
sconcertati e presi come in un laccio.
Essi hanno rigettato la parola del Signore,
quale sapienza possono avere?
10Per questo darò le loro donne ad altri,
i loro campi ai conquistatori,
perché, dal piccolo al grande,
tutti commettono frode;
dal profeta al sacerdote,
tutti praticano la menzogna.
11Essi curano la ferita del mio popolo
ma solo alla leggera, dicendo: Bene, bene!
ma bene non va.
12Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli,
ma non si vergognano affatto,
non sanno neppure arrossire.
Per questo cadranno con le altre vittime,
nell'ora del castigo saranno prostrati" dice il Signore.
13"Li mieto e li anniento,
dice il Signore,
non c'è più uva nella vigna
né frutti sui fichi;
anche le foglie son avvizzite.
Ho procurato per loro degli invasori".
14"Perché ce ne stiamo seduti?
Riunitevi, entriamo nelle fortezze
e moriamo in esse,
poiché il Signore nostro Dio ci fa perire.
Egli ci fa bere acque avvelenate,
perché abbiamo peccato contro di lui.
15Aspettavamo la pace, ma non c'è alcun bene;
l'ora della salvezza, ed ecco il terrore".
16Da Dan si sente
lo sbuffare dei suoi cavalli;
al rumore dei nitriti dei suoi destrieri
trema tutta la terra.
Vengono e divorano il paese e quanto in esso si trova,
la città e i suoi abitanti.
17"Ecco, io sto per mandarvi
serpenti velenosi
contro i quali non esiste incantesimo,
ed essi vi morderanno"
dice il Signore.
18Cercai di rasserenarmi, superando il mio dolore,
ma il mio cuore vien meno.
19Ecco odo le grida della figlia del mio popolo
da una terra lunga e larga:
"Forse il Signore non si trova in Sion,
il suo re non vi abita più?".
Perché mi hanno provocato all'ira con i loro idoli
e con queste nullità straniere?
20È passata la stagione della messe, è finita l'estate
e noi non siamo stati soccorsi.
21Per la ferita della figlia del mio popolo sono affranto,
sono costernato, l'orrore mi ha preso.
22Non v'è forse balsamo in Gàlaad?
Non c'è più nessun medico?
Perché non si cicatrizza
la ferita della figlia del mio popolo?
23Chi farà del mio capo una fonte di acqua,
dei miei occhi una sorgente di lacrime,
perché pianga giorno e notte
gli uccisi della figlia del mio popolo?
Atti degli Apostoli 17
1Seguendo la via di Anfìpoli e Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c'era una sinagoga dei Giudei.2Come era sua consuetudine Paolo vi andò e per tre sabati discusse con loro sulla base delle Scritture,3spiegandole e dimostrando che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti; il Cristo, diceva, è quel Gesù che io vi annunzio.4Alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila, come anche un buon numero di Greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà.5Ma i Giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e, radunata gente, mettevano in subbuglio la città. Presentatisi alla casa di Giàsone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo.6Ma non avendoli trovati, trascinarono Giàsone e alcuni fratelli dai capi della città gridando: "Quei tali che mettono il mondo in agitazione sono anche qui e Giàsone li ha ospitati.7Tutti costoro vanno contro i decreti dell'imperatore, affermando che c'è un altro re, Gesù".8Così misero in agitazione la popolazione e i capi della città che udivano queste cose;9tuttavia, dopo avere ottenuto una cauzione da Giàsone e dagli altri, li rilasciarono.
10Ma i fratelli subito, durante la notte, fecero partire Paolo e Sila verso Berèa. Giunti colà entrarono nella sinagoga dei Giudei.11Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica ed accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così.12Molti di loro credettero e anche alcune donne greche della nobiltà e non pochi uomini.13Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che anche a Berèa era stata annunziata da Paolo la parola di Dio, andarono anche colà ad agitare e sobillare il popolo.14Allora i fratelli fecero partire subito Paolo per la strada verso il mare, mentre Sila e Timòteo rimasero in città.15Quelli che scortavano Paolo lo accompagnarono fino ad Atene e se ne ripartirono con l'ordine per Sila e Timòteo di raggiungerlo al più presto.
16Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli.17Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava.18Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: "Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?". E altri: "Sembra essere un annnunziatore di divinità straniere"; poiché annunziava Gesù e la risurrezione.19Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: "Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te?20Cose strane per vero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta".21Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare.
22Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse:
"Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi.23Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.24'Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene', che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo25né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.26Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio,27perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo.
29Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana.30Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi,31poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti".
32Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: "Ti sentiremo su questo un'altra volta".33Così Paolo uscì da quella riunione.34Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionìgi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Capitolo VII: guardarsi dalle vane speranze e fuggire la superbia
Leggilo nella BibliotecaChi mette la sua fiducia negli uomini e nelle altre creature è un insensato. Non ti rincresca di star sottoposto ad altri, per amore di Gesù Cristo, e di sembrare un poveretto, in questo mondo. Non appoggiarti alle tue forze, ma salda la tua speranza in Dio: se farai tutto quanto sta in te, Iddio aderirà al tuo buon volere. Non confidare nel sapere tuo o nella capacità di un uomo purchessia, ma piuttosto nella grazia di Dio, che sostiene gli umili e atterra i presuntuosi. Non vantarti delle ricchezze, se ne hai, e neppure delle potenti amicizie; il tuo vanto sia in Dio, che concede ogni cosa, ed ama dare se stesso, sopra ogni cosa. Non gonfiarti per la prestanza e la bellezza del tuo corpo; alla minima malattia esse si guastano e si deturpano. Non compiacerti di te stesso, a causa della tua abilità e della tua intelligenza, affinché tu non spiaccia a Dio, a cui appartiene tutto ciò che di buono hai sortito dalla natura. Non crederti migliore di altri, affinché, per avventura, tu non sia ritenuto peggiore dinanzi a Dio, che ben conosce quello che c'è in ogni uomo (cfr. Gv 2,25). Non insuperbire per le tue opere buone, perché il giudizio degli uomini è diverso da quello di Dio, cui spesso non piace ciò che piace agli uomini. Anche se hai qualcosa di buono, pensa che altri abbia di meglio, cosicché tu mantenga l'umiltà. Nulla di male se ti metti al di sotto di tutti gli altri; molto male è invece se tu ti metti al di sopra di una sola persona. Nell'umile è pace indefettibile; nel cuore del superbo sono, invece, continua smania e inquietudine.
LETTERA 171/A: Agostino in questo frammento d'una lettera a Massimo parla delle disposizioni morali come di altrettanti gradini che deve ascendere chi vuole arrivare alla purezza di cuore
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta dopo la precedente?
Agostino in questo frammento d'una lettera a Massimo parla delle disposizioni morali come di altrettanti gradini che deve ascendere chi vuole arrivare alla purezza di cuore (n. 1), per avere una cognizione, sia pure imperfetta, della Trinità, gradini consistenti nelle virtù e nella pratica delle Beatitudini (n. 2).
AGOSTINO A MASSIMO
Gradini verso la purificazione del cuore.
1. Cerca di conformare la tua vita e la tua condotta ai comandamenti di Dio, che noi abbiamo ricevuti per vivere bene, incominciando dal santo timor di Dio, essendo questo l'inizio della sapienza 1, con cui s'abbatte e si spossa l'umana superbia. Divenuto poi mite e paziente in grazia della pietà, non incaponirti a opporti per astioso puntiglio di contraddizione a ciò che ancor non comprendi e a ciò che agl'ignoranti pare strano e contraddittorio nelle sacre Scritture; non devi inoltre sovrapporre le tue idee al senso genuino dei Libri santi, ma sottoponiti alla loro autorità, aspettando con mitezza d'arrivare a comprenderli, anziché incriminare con asprezza i loro significati misteriosi. In terzo luogo, quando comincerà a rivelarsi alla tua coscienza l'umana debolezza e capirai in quale stato di miseria ti trovi e quali catene ti trascini appresso a causa della condizione umana, per il fatto d'essere discendente di Adamo, e quanto siamo esuli lontano dal Signore 2; quando inoltre avrai veduto chiaramente nelle tue membra un'altra legge, che si oppone alla legge della tua ragione e ti tien prigioniero del peccato esistente nelle tue membra, esclama: Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 3 In tal modo consolerà il tuo spirito afflitto, promettendoti la liberazione implorata, la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore 4. In quarto luogo desidera ormai di perfezionare la tua giustizia con brama più forte e ardente di quanto gl'individui più scellerati sogliono agognare i piaceri carnali, ma con questa differenza, che una tal brama ha in sé un ardore tranquillo e una fiamma più calma, se riposa nella speranza dell'aiuto divino. In questo quarto gradino della vita spirituale si insiste assiduamente nella preghiera, perché le anime affamate e assetate della giustizia possano ottenere d'esserne sazie 5, in modo che non solo non sia una pena, ma sia perfino una gioia astenersi da ogni piacere, che porta alla corruzione di noi stessi o di altri, anche se occorre lottare e resistere alle passioni. Perché questa grazia ci sia facilmente concessa da Dio, si aggiunge il quinto gradino consistente nel consiglio d'essere misericordiosi, d'aiutare cioè i poveri nella misura che puoi, dal momento che desideri essere aiutato dall'Onnipotente in ciò che ancora non puoi. Orbene, il dovere della misericordia è duplice: consiste cioè nel risparmiare il castigo e nell'usar umanità, due cose che il Signore ha compendiato in questa breve massima: Perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato 6. Quest'opera buona ha inoltre anche il potere di purificare il cuore, affinché - per quanto è consentito in questa vita - siamo capaci di scorgere, con l'intelligenza sgombra da impurità, l'immutabile sostanza di Dio. Siamo, in realtà davanti a qualche ostacolo che dev'essere eliminato, affinché il nostro sguardo si sgombri e possa penetrare la luce. Ecco perché il Signore dice: Preferite dare l'elemosina e tutto sarà puro per voi 7. In tal modo viene di conseguenza come sesta proprio la purificazione del cuore.
Beatitudini e virtù, gradini alla felicità.
2. Ma affinché lo sguardo si diriga dritto e puro, non solo le nostre opere buone compiute lodevolmente ma nemmeno le nostre acute e ingegnose riflessioni devono aver di mira di piacere alla gente o di soddisfare solo alle necessità corporali. Dio infatti vuol essere adorato in maniera disinteressata, poiché al di fuori di lui non c'è nulla per cui egli debba essere desiderato. Quando, con maggior prontezza o lentezza, arriveremo a questa purità d'intelligenza attraverso i gradini d'una vita virtuosa, allora oseremo dire d'esser capaci d'afferrare un tantino con la mente l'unità della eccelsa e ineffabile Trinità; in essa ci sarà anche la perfetta pace, poiché non c'è più nulla da desiderare allorché, i riformati secondo l'immagine della loro origine, divenuti, da semplici uomini, figli di Dio, godono pienamente della natura immutabile del Padre. In realtà il primo gradino della felicità è quello dove sono: Beati i poveri nello spirito 8, in cui è il timore di Dio 9; nel secondo sono: Beati i miti, in cui risiede la pietà disposta ad imparare; nel terzo sono: Beati gli afflitti, in cui si è consapevoli della propria debolezza; nel quarto sono: Beati gli affamati e gli assetati della giustizia, in cui è la fortezza d'animo con cui si fa ogni sforzo per riuscire a tenere le passioni sotto il proprio dominio; nel quinto gradino sono: Beati i misericordiosi, perché di loro avrà misericordia Iddio, in cui è il proposito d'aiutare (il prossimo), per meritare d'essere aiutati (da Dio). A questo punto s'arriva al sesto gradino, in cui sono: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio 10; in esso l'intelligenza non può conservarsi pura e idonea a comprendere neanche in minima parte la Trinità, se non a condizione di non bramare la lode degli uomini anche se si compiono azioni lodevoli In seguito, nel settimo gradino, arriviamo alla tranquillità di quella pace che non può essere concessa dal mondo 11. Quattro son le virtù che già da tempo anche i filosofi poterono indagare con lodevole diligenza, cioè la prudenza, la fortezza, la temperanza e la giustizia. Orbene, se per ottenere un perfetto culto religioso, a quelle quattro aggiungiamo e congiungiamo quest'altre tre, cioè la fede, la speranza e la carità, troviamo senz'altro che formano il numero sette. A giusto motivo queste tre non si possono lasciar da parte, poiché sappiamo che senza di esse non si può né prestare il culto a Dio né alcuno a lui può piacere.
1 - Sal 110, 10.
2 - 2 Cor 5, 6.
3 - Rm 7, 23-24.
4 - Rm 7, 25.
5 - Mt 5, 6.
6 - Lc 6, 37-38.
7 - Lc 11, 41.
8 - Mt 5, 3-8; Lc 6, 20-21.
9 - Is 11, 2-3.
10 - Mt 5, 3-8.
11 - Mt 5, 9; Gv 14, 27.
11 - Cristo, nostro salvatore, celebra la cena sacramentale ed istituisce l'eucaristia.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1180. Con gran timore mi accingo a trattare del Sacramento dei
sacramenti, l'ineffabile eucaristia, e di ciò che fu necessario per la
sua istituzione. Difatti, sollevando gli occhi dell'anima per ricevere
la luce divina che mi guida e mi assiste in quest'Opera, la scienza che
mi viene infusa su tante meraviglie e su misteri così eccelsi è tale che
ho paura della mia piccolezza, rivelatami nello specchio della stessa
luce. Le mie facoltà sono confuse, e non trovo né posso trovare parole
congruenti per spiegare ciò che vedo e per dichiarare il mio pensiero,
benché tanto inferiore all'oggetto dell'intelletto. Tuttavia parlerò
come ignorante, lacunosa nei termini e inabile nelle capacità, per non
mancare all'obbedienza e per tessere questa Storia, continuando a
raccontare ciò che in queste meraviglie operò la gran signora del mondo,
Maria santissima. Se non mi esprimerò con la competenza che richiede la
materia, mi facciano da scusante la mia misera condizione e il mio
stupore, perché non è facile discendere alle parole appropriate, quando
la volontà desidera solo con i sentimenti supplire il limite della
capacità di intendere e brama di godere in disparte ciò che non può né
conviene manifestare.
1181. Cristo, nostro bene, celebrò la cena prevista dalla
legge, come era suo solito, adagiato in terra con gli apostoli, sopra
una mensa o predella che si alzava dal suolo poco più di sei o sette
dita, conformemente all'usanza dei giudei. Terminata la lavanda dei
piedi, sua Maestà ordinò di preparare un'altra mensa più alta, simile a
quella che oggi usiamo per mangiare. Con questa cerimonia pose fine alle
cene ed alle rappresentazioni sommesse e figurative, e diede inizio al
nuovo convito in cui istituì la legge di grazia. Da qui prese avvio la
consuetudine, che permane nella Chiesa cattolica, di consacrare su una
mensa o su un altare. I santi apostoli coprirono la nuova mensa con una
tovaglia molto preziosa e sopra di essa posero un piatto o sottocoppa ed
una coppa grande a forma di calice, sufficiente a ricevere il vino
necessario, secondo il volere di Cristo nostro salvatore che con la sua
potenza e divina sapienza preveniva e disponeva tutto. Il padrone di
quella casa mosso da un grande impulso gli offrì questi vasi preziosi,
ricchi di pietra simile a smeraldo. In seguito, furono usati dai santi
discepoli per la consacrazione, quando riconobbero il tempo più
opportuno e conveniente per celebrare. Gesù si sedette a mensa con i
Dodici e con altri seguaci, e chiese che gli portassero del pane
genuino, senza lievito, che pose sul piatto, e del vino puro con il
quale riempì il calice della quantità necessaria.
1182. Il Maestro della vita fece un dolcissimo discorso
agli apostoli: le sue divine parole, che sempre penetravano sino
all'intimo del cuore, in questo sermone furono come raggi accesi dal
fuoco della carità, che scaldarono di questa dolce fiamma gli animi dei
discepoli. Egli manifestò loro nuovi ed altissimi misteri sulla sua
divinità e umanità, e sulle opere della sua redenzione; raccomandò la
pace e l'unione della scambievole carità, che lasciò vincolata a quel
sacro mistero che aveva stabilito di operare; promise ad essi che, se si
fossero amati gli uni gli altri, il suo eterno Padre li avrebbe amati
come amava lui, e infuse in loro la sapienza per comprendere questa
promessa ed avere la cognizione di essere stati eletti per istituire la
nuova Chiesa e la legge di grazia. Infine, rinnovò l'illuminazione, che
già avevano, circa la suprema dignità, l'eccellenza e i privilegi della
sua purissima Madre. Su tutti questi misteri san Giovanni ricevette una
maggiore luce a causa del ministero a cui era destinato. Dalla stanza
dove era ritirata in divina contemplazione, la celeste Signora vedeva
tutto quello che il suo santissimo Figlio operava nel cenacolo, e con
profonda intelligenza lo penetrava ed intendeva più di tutti gli
apostoli, e perfino degli stessi angeli che assistevano, come si è detto
sopra, in forma corporea, adorando il loro vero Signore, re e creatore.
Dal luogo dove stavano, Enoch ed Elia furono trasportati nel cenacolo
dagli angeli, perché il Signore aveva disposto che questi due padri, uno
della legge naturale e l'altro di quella scritta, si trovassero
presenti alla meravigliosa istituzione della nuova legge e fossero
partecipi dei suoi mirabili misteri.
1183. Mentre tutti questi personaggi che ho nominato si
trovavano assieme, aspettando con stupore ciò che stava per fare
l'Autore della vita, apparvero nel cenacolo le persone dell'eterno Padre
e dello Spirito Santo, come era accaduto al Giordano e sul Tabor.
Quantunque tutti gli apostoli e i discepoli sentissero qualche effetto
di questa visione, solo alcuni l'avvertirono, e tra questi in modo
speciale l'evangelista san Giovanni, che nei divini misteri ebbe sempre
il privilegio di un acume penetrante come la vista di un'aquila. Tutto
il cielo si trasferì nel cenacolo di Gerusalemme. Tanto doveva essere e
fu magnifica l'opera con la quale si istituì la Chiesa del Nuovo
Testamento, si stabilì la legge di grazia e si preparò la nostra eterna
salvezza! Per comprendere quanto operò il Verbo incarnato, desidero
sottolineare che avendo egli due nature, divina e umana, presenti
entrambe nella sua stessa persona, le azioni di ambedue le nature si
dichiarano e si predicano attribuendole ad un'unica persona, quella del
vero Dio e vero uomo. Conformemente a ciò, quando dico che il Verbo
incarnato parlava e pregava il suo eterno Padre, non si deve intendere
che egli parlasse e pregasse con la natura divina, nella quale era
uguale al Padre, ma con quella umana, in cui era inferiore e costituito
come noi di anima e corpo. In questa forma Cristo, nostro bene, nel
cenacolo rese onore, magnificenza e lode all'Onnipotente per la sua
divinità e per il suo essere infinito, ed intercedendo a favore del
genere umano pregò dicendo:
1184. «Padre mio e Dio eterno, io vi onoro, vi lodo e vi
magnifico nell'essere infinito della vostra divinità inaccessibile,
nella quale sono una medesima cosa con voi e con lo Spirito Santo,
perché sono stato generato "ab aeterno" dal vostro intelletto, come
impronta della vostra sostanza ed immagine della vostra stessa
indivisibile natura. Io voglio portare a termine l'opera della
redenzione umana che mi avete affidato nella natura che presi nel grembo
verginale di mia Madre; desidero espletarla nel modo più perfetto e con
la pienezza del vostro divino consenso e così passare da questo mondo
alla vostra destra portandovi tutti quelli che mi avete dato senza che
alcuno vada perduto, per quanto dipenda dalla nostra volontà e dalla
forza stessa della redenzione. Ho posto le mie delizie tra i figli degli
uomini che in mia assenza resteranno orfani e soli, se li lascio senza
assistenza. Voglio, perciò, Padre mio, lasciare loro un pegno certo e
sicuro del mio inestinguibile amore e del premio eterno che per essi ho
preparato. Voglio lasciare loro un ricordo indefettibile di ciò che ho
operato e patito per essi. Voglio che ritrovino nei miei meriti un
facile ed efficace rimedio al peccato, di cui furono partecipi per la
disobbedienza del primo uomo; e voglio restituire ad essi copiosamente
il diritto, che perdettero, di prender parte alla felicità eterna, per
la quale furono creati».
1185. «E proprio perché saranno pochi coloro che
accederanno a questo stato di perfezione, è necessario che rimangano
altri mezzi di riscatto con cui riacquistarlo, ricevendo nuovi doni e
grandissimi favori dalla vostra ineffabile clemenza, per restare
giustificati e santificati tramite diverse vie, durante il loro
pericoloso pellegrinaggio terreno. La nostra volontà eterna, con la
quale decretammo la creazione dell'uomo dal nulla, affinché egli
prendesse esistenza e la conservasse, fu al fine di donargli le
perfezioni e la beatitudine della nostra divinità; ma il vostro amore,
che mi obbligò a nascere con un corpo corruttibile e ad umiliarmi per
gli uomini fino alla morte di crocee, non resta soddisfatto se non trova
nuove maniere di comunicarsi ad essi, secondo la loro capacità e la
nostra sapienza. Ciò deve avvenire con segni visibili e sensibili,
percepibili dalla natura fisica dei mortali, ma che abbiano effetti
invisibili, di cui sia partecipe il loro spirito immortale».
1186. «Per il fine altissimo della vostra esaltazione e
della vostra gloria chiedo, Signore e Padre mio, il "fiat" della vostra
eterna volontà, nel nome mio e di tutti i figli poveri ed afflitti di
Adamo. E se le loro colpe provocano la vostra giustizia, la loro
condizione di miseria e di bisogno invoca la vostra infinita
misericordia, accanto alla quale io interpongo le opere della mia
umanità unita con vincolo indissolubile alla mia divinità: l'obbedienza
con la quale accettai di essere passibile sino alla morte; l'umiltà con
la quale mi assoggettai agli uomini ed ai loro depravati giudizi; la
povertà e le sofferenze della mia vita; le ignominie, la passione e
morte; e infine l'amore con cui accettai tutto ciò per la vostra gloria,
e perché voi siate riconosciuto ed adorato da tutte le creature capaci
di ricevere la vostra grazia e di magnificarvi. Voi, Signore e Padre
mio, mi rendeste fratello degli uomini e capo di tutti gli eletti che
devono godere con noi per sempre della nostra divinità, affinché come
figli siano eredi con me dei vostri beni eterni e come membra
partecipino dell'influsso del capo: effetto che io bramo di comunicare
loro, per l'amore che come per fratelli ho verso di essi. E per quanto
mi riguarda, voglio condurli tutti con me alla vostra amicizia e
comunione, per la quale furono formati nel loro capo naturale, il primo
uomo, da cui discendono».
1187. «Con questo amore immenso dispongo, Signore e Padre
mio, che tutti i mortali da questo momento possano essere rigenerati
nella pienezza della vostra amicizia e della vostra grazia con il
sacramento del battesimo. Essi lo possono ricevere subito dopo essere
venuti alla luce, senza volere proprio, manifestandolo altri per loro,
affinché rinascano nella vostra accettazione. Da quel momento in poi
saranno eredi della vostra gloria; resteranno contrassegnati come figli
della Chiesa con un carattere indelebile, che non potranno mai più
perdere; rimarranno purificati dalla macchia del peccato originale; e
riceveranno i doni delle virtù teologali, fede, speranza e carità, con
le quali potranno operare come figli, riconoscendovi Signore, sperando
in voi ed amandovi per voi stesso. Gli uomini riceveranno anche le virtù
con cui frenare e governare le passioni disordinate del peccato, e
sapranno discernere senza inganno il bene ed il male. Il battesimo sia
il vestibolo d'ingresso alla mia Chiesa, e la porta che apre l'accesso
agli altri sacramenti ed ai nuovi benefici della grazia. Dispongo ancora
che dopo questo sacramento ne ricevano un altro, dal quale siano
corroborati e confermati nella santa fede che hanno professato, e che
devono professare e difendere con fortezza arrivando all'uso della
ragione. E poiché gli uomini per la loro fragilità mancheranno
facilmente nell'osservanza della mia legge, e la mia carità non sopporta
che vengano lasciati senza un rimedio facile ed opportuno, voglio che
serva a questo fine la penitenza. Per suo mezzo i figli della Chiesa,
riconoscendo le loro colpe con dolore e confessandole, potranno
ritornare nello stato di giustizia e raggiungere la gloria che ho
promesso loro. Lucifero e i suoi seguaci in tal modo non riporteranno il
trionfo di averli allontanati dallo stato di grazia e di sicurezza in
cui li aveva posti il battesimo».
1188. «1 mortali giustificati per mezzo di questi
sacramenti si ritroveranno abilitati ad amare in sommo grado e ad essere
in piena comunione con me, durante l'esilio della loro vita terrena:
unione che stabiliranno ricevendomi in un modo del tutto ineffabile
nelle specie del pane e del vino in cui lascerò il mio corpo e il mio
sangue. Ed in ciascuno sarò presente tutto, realmente e veramente,
attraverso il misterioso sacramento dell'eucaristia, perché mi dono in
forma di alimento proporzionato alla condizione umana ed allo stato dei
viatori, per i quali opero queste meraviglie e con i quali sarò presente
in questo modo tutti i giorni fino alla fine del mondo. Ed affinché gli
uomini abbiano un altro mezzo che li purifichi e li difenda, quando
giungeranno al termine della vita, istituisco per essi l'estrema
unzione, che sarà anche una specie di pegno della loro risurrezione nei
medesimi corpi segnati da questo sacro sigillo. Tutti questi sacramenti
sono indirizzati a santificare le membra del corpo mistico della mia
Chiesa, nella quale si deve osservare in modo sommo l'ordine e la
concordia, dando a ciascuno l'autorità corrispondente al proprio
ufficio. Voglio così che coloro che li conferiscono siano ordinati
mediante un altro sacramento che li collochi nel supremo grado di
sacerdoti rispetto a tutti gli altri fedeli: a tale effetto serva
l'ordine, perché li contrassegni, li distingua e li santifichi in modo
speciale ed eminente. E benché tutti ricevano da me questa eccellente
investitura, dispongo che ciò avvenga per mezzo di un capo che sia mio
vicario, rappresenti la mia persona, e sia il supremo sacerdote nella
cui volontà deposito le chiavi del cielo ed al quale tutti devono
ubbidire sulla terra. Infine, per una più alta perfezione della mia
Chiesa istituisco il matrimonio, perché santifichi il vincolo naturale
ordinato alla procreazione umana. Per effetto di questi sacramenti tutti
i gradi della Chiesa saranno così arricchiti ed ornati dei miei
infiniti meriti. Questa, eterno Padre, è la mia ultima volontà, con la
quale faccio tutti i mortali eredi dei miei tesori, che vincolo alla mia
nuova Chiesa, in cui li lascio depositati».
1189. Cristo, nostro redentore, fece questa preghiera
solamente in presenza degli apostoli. Ma la beatissima Regina, che dal
luogo dove stava ritirata l'osservava e l'accompagnava con le sue
orazioni, si prostrò a terra ed offrì, come madre, all'eterno Padre le
suppliche del Figlio. E quantunque non potesse intensificare, con tutte
le sue forze, le opere del nostro Salvatore, alla richiesta che egli
presentava all'Onnipotente concorse anch'ella, come sua coadiutrice,
similmente a quanto aveva fatto in altre occasioni, fomentando da parte
sua la divina misericordia, affinché l'eterno Padre non guardasse mai il
suo Unigenito da solo, ma sempre in compagnia di sua Madre. E così fece
l'Onnipotente, guardando entrambi con tenerezza ed attenzione, ed
accettando le preghiere e le suppliche del Figlio e della Madre per la
salvezza degli uomini. In quest'occasione la Regina operò anche un'altra
cosa, perché il suo santissimo Figlio la affidò a lei. Per intendere
questo è opportuno considerare che Lucifero si trovò presente alla
lavanda degli apostoli, come si è già detto nel precedente capitolo;
egli, pertanto, non avendo avuto il permesso di uscire dal cenacolo, da
ciò che vide fare a Cristo nostro bene, arguì con astuzia che volesse
operare qualcosa di portentoso a beneficio dei Dodici. E benché il
dragone si riconoscesse molto debilitato e senza forze per lottare
contro il Redentore, con implacabile furore e superbia volle investigare
quei misteri per escogitare qualche malvagità. La gran Signora vide
questo estremo tentativo di Lucifero e che il suo santissimo Figlio
rimetteva a lei questa causa; pertanto accesa di zelo e di amore per la
gloria dell'Altissimo, con autorevolezza di regina ordinò al dragone e a
tutte le sue schiere che proprio in quello stesso momento uscissero dal
cenacolo e sprofondassero nell'inferno.
1190. In questa impresa, per la pertinacia del principe
delle tenebre, il braccio dell'Onnipotente diede a Maria santissima una
nuova forza a cui non resistette nessuno dei demoni. Furono così
ricacciati nelle caverne infernali fino a quando ebbero il nuovo
permesso di uscire e di trovarsi presenti alla passione e morte del
nostro Redentore, con la quale dovevano rimanere del tutto vinti ed
accertati che Cristo fosse effettivamente il Messia e il salvatore del
mondo, vero Dio e vero uomo. Da ciò si può comprendere il motivo per cui
Lucifero e i suoi seguaci furono presenti alla cena prevista dalla
legge, alla lavanda degli apostoli e poi a tutta la passione, ma non si
trovarono all'istituzione della santa eucaristia né alla comunione che i
discepoli ricevettero dalle mani dello stesso Cristo, nostro Signore.
Subito dopo, la gran Regina si elevò all'adempimento di un più sublime
esercizio e alla contemplazione dei misteri che si preparavano. I santi
angeli la magnificarono come valorosa e nuova Giuditta cantandole inni
di gloria per il trionfo riportato contro il dragone infernale. Nello
stesso tempo Cristo, nostro bene, compose un altro cantico in onore
dell'eterno Padre, rendendogli grazie per i favori concessi a beneficio
degli uomini.
1191. Dopo quanto si è detto, il divin Maestro prese nelle
sue venerabili mani il pane che era sul piatto, chiedendo interiormente
al Padre quasi il permesso e il beneplacito per farsi veramente e
realmente presente nell'ostia, sia in quell'ora che anche dopo nella
santa Chiesa, in virtù delle parole che stava per pronunciare. In atto
di obbedienza, alzò allora gli occhi al cielo con tanta maestosità da
suscitare negli apostoli, negli angeli e nella stessa Vergine un nuovo
timore riverenziale. In seguito proferì le parole della consacrazione
sopra il pane, lasciandolo mutato transustanzialmente nel suo vero
corpo, e sopra il calice del vino, convertendolo nel suo vero sangue.
Nel momento in cui Cristo nostro Signore terminò di pronunziare la
formula, risuonò la voce dell'eterno Padre che diceva: «Questi è il mio
Figlio dilettissimo, in cui è e sarà il mio compiacimento sino alla fine
del mondo; egli starà con gli uomini per tutto il tempo che durerà il
loro esilio terreno». Questa stessa dichiarazione fu confermata anche
dallo Spirito Santo. La santissima umanità di Cristo, nella persona del
Verbo, fece un profondo inchino alla divinità presente nel suo corpo e
nel suo stesso sangue. La vergine Madre, che se ne stava ritirata e
raccolta in preghiera, in quell'istante si prostrò a terra e adorò il
suo Figlio sacramentato con incomparabile rispetto; similmente fecero
anche gli angeli assegnati alla sua custodia, tutti gli spiriti celesti,
ed infine Enoch ed Elia in nome loro e degli antichi patriarchi e
profeti delle leggi naturale e scritta.
1192. Tutti gli apostoli e i discepoli prestarono fede a
questo eccelso mistero - eccetto Giuda il traditore - e lo adorarono con
profonda umiltà e venerazione, ciascuno secondo la propria
disposizione. Quindi il nostro gran sacerdote Cristo innalzò il suo
corpo e il suo sangue, affinché lo adorassero tutti coloro che
assistevano a questa prima Messa: e così avvenne. In questa solenne
elevazione furono illuminati interiormente più degli altri la sua
purissima Madre, san Giovanni, Enoch ed Elia perché conoscessero in modo
sublime come nelle specie del pane fosse presente il sacratissimo
corpo, in quelle del vino il sangue, ed in entrambe tutto Cristo vivo e
vero, per l'unione inseparabile della sua santissima anima con il suo
corpo e il suo sangue. Essi avrebbero compreso anche come in questo
sacramento vi fosse la presenza dell'intera Divinità, come nella persona
del Verbo stessero quelle del Padre e dello Spirito Santo, e come in
modo mirabile e misterioso per mezzo di queste unioni, di queste
esistenze inseparabili e concomitanti restassero presenti
nell'eucaristia tutte e tre le Persone con la perfetta umanità di Cristo
nostro Signore. La divina Signora penetrò profondamente tutto ciò,
mentre gli altri lo capirono nella misura a ciascuno conveniente. Tutti
coloro che erano presenti a questo prodigioso evento poterono
comprendere anche l'efficacia delle parole della consacrazione, e come
queste fossero già cariche della forza divina affinché, pronunziate con
l'intenzione di Cristo da qualsiasi sacerdote presente e futuro sui
rispettivi elementi, convertissero la sostanza del pane nel suo corpo e
quella del vino nel suo sangue, lasciando gli accidenti senza soggetto e
con una nuova maniera di sussistere, senza andare perduti. Tutto ciò
riporta una certezza così assoluta ed infallibile che scompariranno il
cielo e la terra prima che manchi l'efficacia di questa formula di
consacrazione, purché venga debitamente pronunziata dal ministro e
sacerdote di Cristo.
1193. La nostra divina Regina conobbe anche, con speciale
visione, come il sacro corpo di Cristo nostro Signore stesse nascosto
sotto gli accidenti del pane e del vino senza alterarli, né essere
alterato da loro: difatti, né il corpo può essere soggetto di essi né
essi possono essere forme del corpo. Le specie stanno con la stessa
estensione e con le stesse qualità prima e dopo la consacrazione,
occupando il medesimo spazio, come si vede nell'ostia consacrata. Il
sacratissimo corpo, benché abbia tutta la sua grandezza, vi è presente
in modo indiscutibile senza che una parte si confonda con l'altra:
Cristo è tutto in tutta l'ostia, e tutto in qualunque parte di essa,
senza che l'ostia dilati o limiti il corpo né il corpo l'ostia, perché
né l'estensione propria del corpo ha relazione con quella delle specie
accidentali, né quella delle specie dipende dal santissimo corpo. E così
hanno un diverso modo di esistenza. Il corpo compenetra la quantità
degli accidenti senza che questi lo impediscano. E sebbene in natura con
la sua estensione la testa ricerchi luogo e spazio diversi dalle mani e
queste dal petto e dalle altre membra, con la potenza divina il corpo
consacrato si pone con tutta la sua grandezza in un medesimo spazio,
perché non ha alcuna relazione con l'area che naturalmente occupa,
dispensandosi da tutti questi rapporti e risultando senza di essi un
corpo quantitativo. Né si trova presente in un luogo solo, né in una
sola ostia, ma in molte nello stesso tempo, quantunque le particole
consacrate siano di numero infinito.
1194. Comprese, similmente, la nostra Signora che il corpo e
il sangue, benché non avessero dipendenza naturale dagli accidenti nel
modo sopraddetto, non si sarebbero conservati in essi sacramentati al di
là del tempo in cui le specie sarebbero durate, senza decomporsi,
disponendo così la santissima volontà di Cristo, autore di queste
meraviglie. E questo fu espressione di una dipendenza volontaria
dell'esistenza miracolosa del suo corpo e del suo sangue dall'esistenza
incorrotta del pane e del vino. E nel momento in cui questi si
corrompono e vengono distrutti o alterati dalle cause naturali - come
accade per azione del calore dello stomaco dopo aver ricevuto il
Santissimo Sacramento, oppure come succede per altre cause che possono
produrre lo stesso effetto - allora Iddio crea un'altra nuova sostanza,
nell'istante in cui le specie stanno per subire l'ultima trasformazione.
Con questa sostanza, in cui non esiste più il sacro corpo, si attua la
nutrizione del fisico, che in tal modo si alimenta lasciando subentrare
la forma umana che è l'anima. Questo evento meraviglioso della creazione
di una nuova sostanza, che riceva gli accidenti alterati e decomposti,
scaturisce da una parte dalla volontà divina, che ha stabilito che il
corpo non perduri con l'alterazione delle specie, e dall'altra
dall'ordine di natura, perché il fisico dell'uomo, incline ad
alimentarsi, non può aumentare la propria massa se non con un'altra
nuova sostanza che le si aggiunga senza che gli accidenti continuino ad
avere in essa le loro proprietà.
1195. La destra dell'Onnipotente racchiuse in questo
Santissimo Sacramento questi ed altri misteri. La Signora del cielo e
della terra li penetrò tutti profondamente, mentre san Giovanni, i due
padri dell'antica legge, che si trovavano nel cenacolo, e gli apostoli
ne capirono una buona parte nel modo a loro confacente. La purissima
Regina non solo comprese questo beneficio così comune ed altrettanto
grande, ma venne a conoscenza anche dell'ingratitudine con cui i mortali
si sarebbero comportati verso un mistero così ineffabile, istituito a
loro rimedio. Decise, allora, da quel momento in poi, di considerare suo
dovere il compito di compensare e supplire con tutte le sue forze la
nostra villania e noncuranza, rendendo grazie all'eterno Padre ed al suo
santissimo Figlio per una meraviglia così rara, creata in favore del
genere umano. E nutrì questa speciale attenzione per tutto il tempo
della vita; e molte volte eseguiva questo esercizio spargendo lacrime di
sangue dal suo ardentissimo cuore al fine di riparare la nostra
riprensibile e vergognosa dimenticanza.
1196. Un'ammirazione ancor più grande mi desta quel che
successe a Gesù; egli dopo aver innalzato il Santissimo Sacramento
affinché - come ho già detto - i discepoli lo adorassero, lo spezzò con
le sue sacre mani, comunicando innanzitutto se stesso, come primo e
sommo sacerdote. E riconoscendosi, in quanto uomo, inferiore alla
Divinità che egli riceveva nel suo stesso corpo e sangue, si umiliò, si
prostrò fino all'annientamento ed ebbe come un tremore nella parte
sensitiva, manifestando, con ciò, due cose: l'una, la riverenza con cui
si doveva ricevere il suo sacratissimo corpo; l'altra, il dolore che
sentiva per la temerità e l'audacia con cui molti uomini avrebbero
ardito accostarsi a questo altissimo ed eminente sacramento per
riceverlo o toccarlo. Gli effetti che produsse in Cristo, nostro bene,
la comunione furono mirabilmente divini, perché per un breve lasso di
tempo ridondò in tutto il suo corpo lo splendore della gloria della sua
santissima anima, come sul Tabor. Questa meraviglia fu manifestata
pienamente alla sua purissima Madre e ne compresero solo qualcosa san
Giovanni, Enoch ed Elia. Con questo privilegio la santissima umanità si
dispensò dal ricevere sollievo o dal nutrire sino alla morte qualche
desiderio. La vergine Madre vide anche con speciale visione come il suo
santissimo Figlio ricevesse se stesso sacramentato e rimanesse così nel
suo divin petto. Tutto ciò provocò magnifici effetti nella nostra
Regina.
1197. Cristo, nostro bene, nel comunicarsi elevò un canto
di lode all'eterno Padre ed offrì se stesso sacramentato per la salvezza
di tutti i mortali. Immediatamente dopo, spezzò un'altra parte del pane
consacrato e la consegnò all'arcangelo Gabriele, perché la portasse a
Maria santissima e la comunicasse. I santi angeli, per questo
privilegio, rimasero soddisfatti e ripagati dalla delusione che la
dignità sacerdotale, così eccelsa, fosse spettata agli uomini e non a
loro. Infatti, solo l'aver tenuto nelle loro mani il corpo sacramentato
del Signore e vero Dio suscitò in essi una nuova e grande letizia. La
divina Signora, versando copiose lacrime, stava già in attesa della
santa comunione, quando giunse san Gabriele con una schiera innumerevole
di angeli; ella così ricevette questo particolare beneficio dalla mano
del santo principe, e fu la prima a comunicarsi dopo il suo santissimo
Figlio, imitandolo nell'umiliazione, nella riverenza e nel santo timore.
Il Santissimo Sacramento restò depositato nel petto di Maria
santissima, dentro il suo cuore, come in un legittimo sacrario e
tabernacolo dell'Altissimo. Questa dimora dell'eucaristia durò per tutto
il tempo che intercorse tra quella notte e il momento in cui, dopo la
risurrezione, san Pietro celebrò la prima Messa, come si dirà in
seguito. L'onnipotente Signore dispose questa meraviglia per consolare
la celeste Regina, ed anche per adempiere, anticipatamente, la promessa
fatta alla sua Chiesa: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo. Difatti, dopo la sua morte la sua santissima umanità non
poteva essere presente nella Chiesa in un'altra maniera che non fosse
quella di restare depositata in Maria purissima: arca viva che conteneva
la vera manna con tutta la legge evangelica, allo stesso modo dell'arca
di Mosè che aveva anticamente custodito le figure. Nel petto della
Signora e regina del cielo fino alla nuova consacrazione le specie
sacramentali non si consumarono né si alterarono.
1198. La celeste Principessa, ricevuta la santa comunione,
rese grazie all'eterno Padre ed al suo santissimo Figlio con nuovi
cantici, ad imitazione di ciò che aveva fatto il Verbo divino incarnato.
Subito dopo il nostro Salvatore diede il pane sacramentato agli
apostoli ed ordinò che lo distribuissero fra loro e lo mangiassero. Con
questo comando conferì loro la dignità sacerdotale, che essi prontamente
cominciarono ad esercitare, comunicando ciascuno se stesso, con somma
riverenza, versando copiose lacrime e rendendo culto al corpo ed al
sangue del Redentore, che avevano ricevuto. Nel ministero del sacerdozio
ebbero così la preminenza più antica, come si addiceva a coloro che
dovevano essere fondatori della Chiesa. San Pietro, per ordine di
Cristo, prese altre particole consacrate e comunicò i due antichi padri,
Enoch ed Elia; e così con il giubilo e per gli effetti della santa
eucaristia questi rimasero nuovamente confortati ed esortati a
pazientare sino alla fine del mondo nell'attesa della visione beatifica,
che per tanti secoli viene loro rimandata dalla divina volontà. I due
patriarchi, per questo beneficio, elevarono ferventi lodi e resero umili
grazie all'Onnipotente; furono così riportati al loro luogo per
ministero dei santi angeli. Il Signore dispose questa meraviglia per
rendere partecipi della sua incarnazione, e della redenzione e
risurrezione generale, tutti coloro che erano vincolati alle due leggi,
naturale e scritta. Infatti il sacramento dell'eucaristia, che
racchiudeva in sé tutti questi misteri, venendo comunicato ai due santi
uomini Enoch ed Elia, che si ritrovavano vivi in carne mortale, si
estendeva nella comunione ai due stati della legge, naturale e scritta,
perché gli altri che lo ricevettero appartenevano alla nuova legge di
grazia, i cui padri erano gli apostoli. I santi Enoch ed Elia conobbero
tutto ciò, ed in nome degli altri santi delle loro rispettive leggi
resero lode al loro e nostro Redentore per questo arcano privilegio.
1199. Mentre gli apostoli ricevevano il Santissimo
Sacramento accadde anche un altro miracolo, rimasto nel segreto: il
perfido traditore, Giuda, vedendo che il divin Maestro ordinava loro di
comunicarsi, decise come uomo infedele di non farlo e, se avesse potuto,
di conservare il sacro corpo, per poi portarlo nascostamente ai
sacerdoti e ai farisei e farne così un capo d'accusa. Il suo proposito
era quello di riferire a questi che il divin Maestro asseriva che quel
pane era il suo stesso corpo, affinché essi gli imputassero ciò come un
grave delitto. E se per caso non avesse potuto raggiungere tale scopo,
avrebbe ordito qualche altro vituperio al divin Sacramento. La Signora e
regina del cielo, la quale per visione chiarissima stava osservando
tutto ciò che succedeva - sia la predisposizione con cui gli apostoli
internamente ed esternamente ricevevano la santa comunione, sia gli
effetti di questa e i loro sentimenti - si accorse anche degli
esecrabili intenti dell'ostinato Giuda. Come madre, sposa e figlia si
accese allora di zelo per la gloria del suo Signore e, conoscendo che
era volontà divina che usasse in quell'occasione l'autorità di regina,
ordinò ai suoi angeli che estraessero di bocca al malvagio discepolo il
pane e il vino consacrati subito dopo che li ebbe ricevuti, e li
ponessero dove stava il rimanente. In quella circostanza spettava a lei
difendere l'onore del suo santissimo Figlio, affinché Giuda non lo
ingiuriasse come sperava con quella nuova ignominia che aveva
macchinato. Gli angeli ubbidirono e, quando il peggiore dei viventi
giunse a comunicarsi, gli tolsero di bocca le specie sacramentali. Le
purificarono di ciò di cui si erano impregnate nell'immondissimo luogo
della sua bocca, le riportarono nello stato di prima e le posero
nascostamente fra le altre, mentre il Signore zelava l'onore del suo
nemico ed ostinato Apostolo. Queste specie furono poi ricevute da coloro
che si comunicarono dopo Giuda, secondo l'ordine di anzianità, poiché
egli non fu né il primo né l'ultimo a prenderle. I santi angeli
eseguirono tutto in pochissimo tempo. Il nostro Salvatore, in seguito,
rese grazie all'eterno Padre e così diede compimento ai misteri della
cena sacramentale, prevista dalla legge, e dette inizio a quelli della
sua passione, che io riferirò nei successivi capitoli. La Regina dei
cieli continuava a ponderarli e ad ammirarli tutti, e ad intonare inni
di lode e di magnificenza all'altissimo Signore.
Insegnamento della Regina del cielo
1200. Oh, figlia mia, se coloro che professano la fede
cattolica aprissero i cuori induriti e ostinati alla vera conoscenza del
misterioso beneficio della santa eucaristia! Oh, se distaccandosi e
alienandosi dagli affetti terreni, e moderando le loro passioni, si
applicassero con viva fede a comprendere nella divina luce il felice
privilegio di avere sempre presente in mezzo a loro l'eterno Dio
sacramentato e di poterlo ricevere e frequentare, rendendosi partecipi
degli effetti di questa manna del cielo! Oh, se conoscessero degnamente
questo grande dono; se stimassero questo tesoro; se gustassero la sua
dolcezza; se in esso avessero parte delle virtù nascoste del loro Dio
onnipotente! Essi non avrebbero più nulla da desiderare né da temere
durante questo esilio terreno. I mortali non devono lamentarsi nel tempo
propizio della legge di grazia di essere afflitti dalle passioni e
dalla loro fragilità, perché in questo pane del cielo hanno in mano la
salvezza e la fortezza. Né devono risentirsi di essere tentati e
perseguitati dal demonio, perché lo vinceranno con il buon uso di questo
ineffabile sacramento, ed accostandovisi degnamente. I fedeli hanno la
colpa di non attendere a questo divino mistero, e di non valersi della
sua infinita potenza per tutti i loro bisogni e travagli, in risposta e a
rimedio dei quali lo istituì il mio santissimo Figlio. In verità ti
dico, o carissima, che Lucifero e i suoi demoni hanno un tale timore
alla presenza dell'eucaristia che il solo avvicinarsi ad essa provoca
loro maggiori tormenti che stare nell'inferno. E sebbene entrino nelle
chiese per tentare i credenti, in realtà violentano se stessi, perché
per precipitare un'anima, obbligandola o attirandola a commettere un
peccato principalmente nei luoghi sacri ed alla presenza
dell'eucaristia, vengono a patire crudeli pene. Ma è lo sdegno che
nutrono contro Dio e contro le anime che li spinge ad usare tutte le
loro forze, sebbene si debbano esporre al nuovo tormento di stare vicini
a Cristo sacramentato.
1201. Quando il Santissimo Sacramento viene condotto per le
strade in processione, i demoni ordinariamente fuggono e si allontanano
in tutta fretta, e non ardirebbero accostarsi a coloro che lo
accompagnano se non fosse per l'abilità e per la lunga esperienza che
hanno di vincerne alcuni, inducendoli a mancare di rispetto al Signore.
Per questo fine, essi si affaticano tanto a ordire insidie nei templi,
perché sanno quanto grave sia in questi luoghi sacri l'ingiuria al
Signore, il quale vi si trova sacramentato per amore, aspettando gli
uomini per santificarli ed attendendo che gli rendano il contraccambio
del dolcissimo amore che egli dimostra loro con tante finezze. Da quanto
ti ho detto potrai comprendere quale potere possieda chi riceve
degnamente questo sacro pane degli angeli, e come i demoni temerebbero
gli uomini, se questi lo frequentassero con devozione e purezza di
cuore, cercando di conservarsi in questo stato fino alla comunione
successiva. Ma sono molto pochi quelli che vivono con questa
sollecitudine, mentre il nemico è sempre in agguato, spiando e cercando
che subito i mortali si trascurino, si intiepidiscano e si distraggano
affinché non si valgano contro di lui di armi così poderose. Imprimi nel
tuo cuore questo insegnamento; e poiché, senza che tu lo meriti,
l'Altissimo ha disposto che tu riceva ogni giorno, per obbedienza, il
Santissimo Sacramento, cerca con tutte le forze di mantenerti nello
stato in cui ti disponi per la comunione sino a quando non farai la
successiva. La volontà del mio Signore - e anche la mia - è che con
questa spada tu combatta le guerre dell'Altissimo, in nome della santa
Chiesa, contro i nemici invisibili che oggi affliggono e contristano la
Signora delle genti, senza che vi sia chi la consoli o chi degnamente
consideri ciò. Piangi per questa causa e il tuo cuore si spezzi per il
dolore perché, nonostante l'onnipotente e giusto giudice sia sdegnato
contro i cattolici per avere essi provocato la sua giustizia con peccati
così continui e smisurati - malgrado la fede che professano -, non vi è
chi consideri, ponderi e tema un danno così grande. E non vi è neppure
chi si disponga ad un sincero pentimento: rimedio che i fedeli
potrebbero subito sollecitare con il buon uso del divino sacramento
dell'eucaristia, con l'accostarvisi e con la mia intercessione.
1202. In questa colpa, gravissima in tutti i figli della
Chiesa, sono più riprensibili i sacerdoti indegni e cattivi, perché
dall'irriverenza con cui trattano il Santissimo Sacramento dell'altare
gli altri cattolici hanno attinto l'occasione per disprezzarlo. Difatti,
se il popolo cristiano vedesse i presbiteri accostarsi ai divini
misteri con timore e tremore riverenziale, ben comprenderebbe che con lo
stesso timore e tremore tutti dovrebbero trattare e ricevere il loro
Dio sacramentato. Coloro che si comportano conformemente a quanto detto
risplendono nel cielo come il sole tra le stelle, perché dalla gloria
del mio santissimo Figlio ridonda su quelli che lo accolgono con
riverenza una luce speciale, che non possiedono quelli che non
frequentano con devozione la santa eucaristia. Inoltre i corpi gloriosi
di questi zelanti fedeli porteranno sul petto, dove lo ricevettero, un
segno o uno stemma brillantissimo e bellissimo a testimonianza del fatto
che furono degni tabernacoli del Santissimo Sacramento. Ciò sarà, a
loro insaputa, motivo di gaudio e di godimento per essi, di giubilo e
lode per gli angeli e di ammirazione per tutti. Essi riceveranno anche
un altro premio accidentale, perché conosceranno e vedranno con speciale
intelligenza il modo in cui il mio santissimo Figlio è presente
nell'eucaristia, e tutti i miracoli che si racchiudono in essa. Ciò
desterà in loro un gaudio così grande che basterebbe a ricrearli
eternamente, quando non ne avessero altro nel cielo. Anzi, la gloria di
coloro che si saranno comunicati con degna devozione e purezza di cuore
uguaglierà e addirittura supererà quella di alcuni martiri che non
ricevettero l'eucaristia.
1203. Voglio ancora, figlia mia, che proprio dalla mia
bocca tu ascolti ciò che io reputavo di me stessa, quando durante il mio
pellegrinaggio terreno dovevo ricevere il mio figlio e Signore
sacramentato. Ed affinché tu lo capisca meglio, rinnova nella tua
memoria tutto quello che hai inteso della mia vita, nella misura in cui
io te l'ho manifestato: fui preservata nella mia concezione dalla colpa
originale; superai in amore i supremi serafini; non commisi mai peccati;
esercitai sempre tutte le virtù eroicamente, avendo in ogni mia opera
un altissimo fine; imitai il mio santissimo Figlio con somma perfezione;
lavorai fedelmente; patii con coraggio e cooperai a tutte le opere del
Redentore nella misura che mi spettava; e non cessai mai di amarlo e di
conseguire la pienezza di grazia e di gloria in grado eminentissimo.
Eppure ritenni che tutti questi meriti mi fossero degnamente
ricompensati con il ricevere una sola volta il suo sacratissimo corpo
nell'eucaristia, non stimandomi all'altezza di un così grande beneficio.
Considera adesso, figlia mia, ciò che tu e gli altri figli di Adamo
dovete meditare quando vi accostate a ricevere questo mirabile
sacramento. E se per il più grande dei santi sarebbe premio
sovrabbondante una sola comunione, che cosa dovrebbero sentire e fare i
sacerdoti e i fedeli che la frequentano? Apri i tuoi occhi tra le dense
tenebre e la cecità degli uomini, e innalzati verso la divina luce per
penetrare questi misteri. Giudica le tue opere piccole e misere, i tuoi
meriti molto limitati, le tue fatiche leggerissime, e considera la tua
gratitudine molto scarsa ed esigua rispetto ad un beneficio così raro
qual è quello che la santa Chiesa abbia Cristo, il mio santissimo
figlio, sacramentato e desideroso che tutti lo ricevano per arricchirli.
E poiché per questo bene non hai da offrirgli una degna retribuzione,
almeno umiliati sino a lambire la polvere e giudicati indegna con tutta
la verità del cuore. Magnifica l'Altissimo, benedicilo e lodalo,
mantenendoti sempre pronta e disposta con fervidi affetti a riceverlo e a
patire molte sofferenze al fine di conseguire un bene così grande.
GESÙ IN PRIGIONE
Sant'Anna Schaffer
Il 25 novembre 1919 in sogno vidi Gesù in prigione legato con pesanti catene ed io rimasi a lungo in ginocchio a pregare.