Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 30° settimana del tempo ordinario (Santi Simone e Giuda)
Vangelo secondo Luca 12
1Nel frattempo, radunatesi migliaia di persone che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: "Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia.2Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.3Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti.
4A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla.5Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui.6Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio.7Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri.
8Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio;9ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
10Chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato.
11Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire;12perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire".
13Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".15E disse loro: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni".16Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.17Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?18E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.20Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?21Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".
22Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete.23La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.24Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete!25Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?26Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?27Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.28Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede?29Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia:30di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.31Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
33Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma.34Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;36siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!39Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate".
41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?".42Il Signore rispose: "Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi,46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse;48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
49Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!50C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
51Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.52D'ora innanzi in una casa di cinque persone53si divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e 'figlio contro padre',
madre contro figlia e 'figlia contro madre',
suocera contro nuora e 'nuora contro suocera'".
54Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade.55E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.56Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?57E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?58Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione.59Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo".
Primo libro dei Maccabei 12
1Giònata, vedendo che le circostanze gli erano propizie, scelse uomini adatti e li inviò a Roma per ristabilire e rinnovare l'amicizia con quel popolo.2Anche presso gli Spartani e in altre località inviò lettere sullo stesso argomento.3Partirono dunque per Roma e là entrarono nel consiglio e dissero: "Giònata sommo sacerdote e il popolo dei Giudei ci hanno inviati a rinnovare la comune amicizia e l'alleanza come la prima volta".4E i Romani diedero loro lettere di raccomandazione per le autorità dei vari luoghi, perché favorissero il loro ritorno pacifico in Giudea.
5Questa è invece la copia della lettera che Giònata scrisse agli Spartani:
6"Giònata sommo sacerdote e il consiglio degli anziani del popolo e i sacerdoti e tutto il resto del popolo giudaico, agli Spartani loro fratelli salute.7Già in passato era stata spedita una lettera ad Onia sommo sacerdote da parte di Areo, che regnava fra di voi, con l'attestazione che siete nostri fratelli, come risulta dalla copia annessa.8Onia aveva accolto con onore l'inviato e aveva accettato la lettera nella quale vi erano le dichiarazioni di alleanza e di amicizia.9Noi dunque, pur non avendone bisogno, avendo a conforto le scritture sacre che sono nelle nostre mani,10ci siamo indotti a questa missione per rinnovare la fraternità e l'amicizia con voi in modo da non diventare per voi degli estranei; molti anni infatti sono passati da quando mandaste messaggeri a noi.11Noi dunque fedelmente in tutte le feste e negli altri giorni prescritti ci ricordiamo di voi nei sacrifici che offriamo e nelle nostre invocazioni, com'è doveroso e conveniente ricordarsi dei fratelli.12Ci rallegriamo della vostra gloria.13Noi invece siamo stati circondati da tante oppressioni e molte guerre: ci hanno combattuti i re dei paesi vicini,14ma non abbiamo voluto disturbare né voi né gli altri nostri alleati e amici in queste lotte:15abbiamo infatti dal cielo un valido aiuto per il quale noi siamo stati liberati dai nostri nemici ed essi sono stati umiliati.16Ora abbiamo designato Numenio figlio di Antioco e Antìpatro figlio di Giàsone e li abbiamo inviati presso i Romani a rinnovare la precedente amicizia e alleanza con loro.17Abbiamo quindi dato loro disposizioni di passare anche da voi, per salutarvi e consegnarvi la nostra lettera, riguardante la ripresa dei nostri rapporti e la nostra fraternità.18Voi dunque farete cosa ottima comunicandoci una risposta su queste cose".
19Segue ora copia della lettera che essi avevano inviato ad Onia:
20"Areo, re degli Spartani, a Onia sommo sacerdote salute.21Si è trovato in una scrittura, riguardante gli Spartani e i Giudei, che essi sono fratelli e che discendono dalla stirpe di Abramo.22Ora, dal momento che siamo venuti a conoscenza di questa cosa, ci farete cosa gradita scrivendoci sui vostri sentimenti di amicizia.23Noi intanto vi rispondiamo: I vostri armenti e i vostri averi ci appartengono e i nostri appartengono a voi. Abbiamo quindi disposto perché vi sia riferito in questo senso".
24Giònata ebbe notizia che i generali di Demetrio erano ritornati con forze più numerose di prima per ritentare la guerra contro di lui.25Egli si mosse da Gerusalemme e andò loro incontro nella regione di Amat, perché non volle dar loro il tempo di entrare nel suo paese.26Mandò nel loro campo delle spie, le quali tornarono annunciando che essi stavano disponendosi per dar loro l'assalto di notte.27Quando fu il tramonto, Giònata comandò ai suoi di vegliare tutta la notte e di stare con le armi pronte per la battaglia e dispose sentinelle intorno al campo.28Ma anche gli avversari seppero che Giònata e i suoi uomini stavano pronti per la battaglia e furon presi da timore ed esitazione d'animo e allora accesero fuochi nel loro campo.29Giònata e i suoi uomini non si accorsero di nulla fino al mattino, perché continuavano a vedere il bagliore dei fuochi.30Allora si diede a inseguire le loro tracce, ma non poté raggiungerli, perché avevano passato il fiume Elèutero.31Giònata piegò sugli Arabi chiamati Zabadei, li assalì e si impadronì delle loro spoglie.32Poi ripartì e andò a Damasco e si diede a percorrere tutto il paese.33Anche Simone fece una spedizione, marciando fino ad Ascalòna e ai vicini posti di guarnigione, poi piegò su Giaffa e se ne impadronì;34aveva sentito infatti che avevano intenzione di consegnare la fortezza ai partigiani di Demetrio; perciò vi pose una guarnigione per presidiarla.
35Quando Giònata fu di ritorno, radunò in assemblea gli anziani del popolo e deliberò con loro di costruire fortezze in Giudea,36di sopraelevare le mura di Gerusalemme e di alzare una grande barriera tra la città e l'Acra per separare questa dalla città affinché fosse isolata, così che non potessero più né comperare né vendere.37Si organizzarono dunque per ricostruire la città e poiché era rovinato parte del muro sul torrente dal lato orientale, Giònata allestì il cosiddetto Kafenata.38Simone a sua volta ricostruì Adida nella Sefela fortificandola e applicandovi porte e sbarre.
39Intanto Trifone cercava di diventare re dell'Asia, cingere la corona e stendere la mano contro il re Antioco,40ma sospettava che Giònata glielo impedisse e, nel caso, gli muovesse guerra. Perciò cercava di averlo nelle mani e di eliminarlo; si mosse dunque e venne a Beisan.41Giònata gli uscì incontro con quarantamila uomini scelti e inquadrati e venne a Beisan.42Trifone, vedendo che era venuto con numeroso esercito, si guardò bene dal mettergli le mani addosso.43Anzi lo ricevette con molti onori, lo presentò a tutti i suoi amici, gli offrì doni e ordinò ai suoi amici e alle sue truppe di obbedirgli come a lui stesso.44Disse a Giònata: "Perché mai hai disturbato tutta questa gente, non essendoci guerra tra di noi?45Su, dovresti rimandarli alle loro case; tu scegli per te pochi uomini che ti accompagnino e vieni con me a Tolemàide e io la consegnerò a te insieme con le altre fortezze e il resto dell'esercito e tutti i funzionari, poi tornerò indietro e partirò: sono venuto appunto per questo".46Giònata, fidatosi di lui, fece quanto aveva detto e rimandò le truppe che tornarono nella Giudea.47Fece rimanere tremila uomini, di cui duemila lasciò in Galilea e gli altri mille andarono con lui.48Ma quando Giònata fu entrato in Tolemàide, i cittadini chiusero le porte e si impadronirono di lui e passarono a fil di spada quanti erano entrati con lui.49Trifone mandò poi fanti e cavalli in Galilea e nella grande pianura per liquidare tutti gli uomini di Giònata.50Ma essi avevano sentito dire che Giònata era stato catturato e che era finita per lui e per quelli che erano con lui e, incoraggiatisi l'un l'altro, si presentarono inquadrati, pronti alla battaglia.51Gli inseguitori li videro decisi a difendere la loro vita e se ne tornarono.52Così tutti giunsero senza molestie in Giudea; fecero lutto per Giònata e per quelli della sua scorta e furono presi da grande timore. Tutto Israele si immerse in un lutto profondo.53Tutti i popoli intorno a loro cercarono subito di sterminarli, dicendo appunto: "Non hanno più né capo né sostegno: scendiamo ora in guerra contro di loro e cancelleremo anche il loro ricordo dagli uomini".
Salmi 58
1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere".'
'Di Davide. Miktam.'
2Rendete veramente giustizia o potenti,
giudicate con rettitudine gli uomini?
3Voi tramate iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani preparano violenze.
4Sono traviati gli empi fin dal seno materno,
si pervertono fin dal grembo gli operatori di menzogna.
5Sono velenosi come il serpente,
come vipera sorda che si tura le orecchie
6per non udire la voce dell'incantatore,
del mago che incanta abilmente.
7Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca,
rompi, o Signore, le mascelle dei leoni.
8Si dissolvano come acqua che si disperde,
come erba calpestata inaridiscano.
9Passino come lumaca che si discioglie,
come aborto di donna che non vede il sole.
10Prima che le vostre caldaie sentano i pruni,
vivi li travolga il turbine.
11Il giusto godrà nel vedere la vendetta,
laverà i piedi nel sangue degli empi.
12Gli uomini diranno: "C'è un premio per il giusto,
c'è Dio che fa giustizia sulla terra!".
Salmi 29
1'Salmo. Di Davide.'
Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
2Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore in santi ornamenti.
3Il Signore tuona sulle acque,
il Dio della gloria scatena il tuono,
il Signore, sull'immensità delle acque.
4Il Signore tuona con forza,
tuona il Signore con potenza.
5Il tuono del Signore schianta i cedri,
il Signore schianta i cedri del Libano.
6Fa balzare come un vitello il Libano
e il Sirion come un giovane bufalo.
7Il tuono saetta fiamme di fuoco,
8il tuono scuote la steppa,
il Signore scuote il deserto di Kades.
9Il tuono fa partorire le cerve
e spoglia le foreste.
Nel suo tempio tutti dicono: "Gloria!".
10Il Signore è assiso sulla tempesta,
il Signore siede re per sempre.
11Il Signore darà forza al suo popolo
benedirà il suo popolo con la pace.
Geremia 27
1Al principio del regno di Sedecìa figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta questa parola a Geremia da parte del Signore.
2Mi dice il Signore: "Procùrati capestri e un giogo e mettili sul tuo collo.3Quindi manda un messaggio al re di Edom, al re di Moab, al re degli Ammoniti, al re di Tiro e al re di Sidòne per mezzo dei loro messaggeri venuti a Gerusalemme da Sedecìa, re di Giuda,4e affida loro questo mandato per i loro signori: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, così parlerete ai vostri signori:5Io ho fatto la terra, l'uomo e gli animali che sono sulla terra, con grande potenza e con braccio potente e li do a chi mi piace.6Ora ho consegnato tutte quelle regioni in potere di Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo; a lui ho consegnato perfino le bestie selvatiche perché lo servano.7Tutte le nazioni saranno soggette a lui, a suo figlio e al nipote, finché anche per il suo paese non verrà il momento. Allora molte nazioni e re potenti lo assoggetteranno.8La nazione o il regno che non si assoggetterà a lui, Nabucodònosor, re di Babilonia, e che non sottoporrà il collo al giogo del re di Babilonia, io li punirò con la spada, la fame e la peste - dice il Signore - finché non li avrò consegnati in suo potere.9Voi non date retta ai vostri profeti né ai vostri indovini né ai vostri sognatori né ai vostri maghi né ai vostri stregoni, che vi dicono: Non sarete soggetti al re di Babilonia!10Costoro vi predicono menzogne per allontanarvi dal vostro paese e perché io vi disperda e così andiate in rovina.11Invece io lascerò stare tranquilla sul proprio suolo - dice il Signore - la nazione che sottoporrà il collo al giogo del re di Babilonia e gli sarà soggetta; essa lo coltiverà e lo abiterà".
12A Sedecìa re di Giuda, io ho parlato proprio allo stesso modo: "Piegate il collo al giogo del re di Babilonia, siate soggetti a lui e al suo popolo e conserverete la vita.13Perché tu e il tuo popolo vorreste morire di spada, di fame e di peste, come ha preannunziato il Signore per la nazione che non si assoggetterà al re di Babilonia?14Non date retta alle parole dei profeti che vi dicono: Non sarete soggetti al re di Babilonia! perché essi vi predicono menzogne.15Io infatti non li ho mandati - dice il Signore - ed essi predicono menzogne in mio nome; perciò io sarò costretto a disperdervi e così perirete voi e i profeti che vi fanno tali profezie".
16Ai sacerdoti e a tutto questo popolo ho detto: "Dice il Signore: Non ascoltate le parole dei vostri profeti che vi predicono che gli arredi del tempio del Signore saranno subito riportati da Babilonia, perché essi vi predicono menzogne.17Non ascoltateli! Siate piuttosto soggetti al re di Babilonia e conserverete la vita. Perché questa città dovrebbe esser ridotta in una desolazione?18Se quelli sono veri profeti e se la parola del Signore è con essi, intercedano dunque presso il Signore degli eserciti perché gli arredi rimasti nel tempio del Signore e nella casa del re di Giuda e a Gerusalemme non vadano a Babilonia".
19Così dice il Signore degli eserciti riguardo alle colonne, al mare di bronzo, alle basi e al resto degli arredi che sono ancora in questa città20e che Nabucodònosor, re di Babilonia, non prese quando deportò Ieconia figlio di Ioiakìm, re di Giuda, da Gerusalemme in Babilonia con tutti i notabili di Giuda e di Gerusalemme.21Dice dunque così il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo agli arredi rimasti nel tempio del Signore, nella casa del re di Giuda e a Gerusalemme:22"Saranno portati a Babilonia e là rimarranno finché non li ricercherò - parola del Signore - e li porterò indietro e li riporrò in questo luogo".
Apocalisse 17
1Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: "Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque.2Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione".3L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna.4La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione.5Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra".
6E vidi che quella donna era ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore.7Ma l'angelo mi disse: "Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, con sette teste e dieci corna.
8La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall'Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà.9Qui ci vuole una mente che abbia saggezza. Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re.10I primi cinque sono caduti, ne resta uno ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco.11Quanto alla bestia che era e non è più, è ad un tempo l'ottavo re e uno dei sette, ma va in perdizione.12Le dieci corna che hai viste sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale, per un'ora soltanto insieme con la bestia.13Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia.14Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re e quelli con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli".
15Poi l'angelo mi disse: "Le acque che hai viste, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, genti e lingue.16Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco.17Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si realizzino le parole di Dio.18La donna che hai vista simboleggia la città grande, che regna su tutti i re della terra".
Capitolo XXXIII:L’instabilità del nostro cuore e la intenzione ultima, che deve essere posta in Dio
Leggilo nella BibliotecaO figlio, non ti fidare della disposizione d'animo nella quale ora ti trovi; ben presto essa muterà in una disposizione diversa. Per tutta la vita sarai oggetto, anche se tu non lo vuoi, a tale mutevolezza. Volta a volta, sarai trovato lieto o triste, tranquillo o turbato, fervente oppure no, voglioso o pigro, pensoso o spensierato. Ma colui che è ricco di sapienza e di dottrina spirituale si pone saldamente al di sopra di tali mutevolezze, non badando a quello che senta dentro di sé, o da che parte spiri il vento della instabilità; badando, invece, che tutto il proposito dell'animo suo giovi al fine dovuto e desiderato. Così infatti egli potrà restare sempre se stesso in modo irremovibile, tenendo costantemente fisso a me, pur attraverso così vari eventi, l'occhio puro della sua intenzione.
E quanto più puro sarà l'occhio dell'intenzione, tanto più sicuro sarà il cammino in mezzo alle varie tempeste. Ma quest'occhio puro dell'intenzione, in molta gente, è offuscato, perché lo sguardo si volge presto a qualcosa di piacevole che balzi dinanzi. E poi raramente si trova uno che sia esente del tutto da questo neo, di cercare la propria soddisfazione: Come gli Ebrei, che erano venuti, quella volta, a Betania, da Marta e Maria, "non già per vedere Gesù, ma per vedere Lazzaro" (Gv 12,9).
Occorre, dunque, che l'occhio dell'intenzione sia purificato, reso semplice e retto; occorre che esso, al di là di tutte le varie cose che si frappongono, sia indirizzato a me.
DISCORSO 352 VALORE DELLA PENITENZA.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaOccasione del discorso.
1. 1. Nelle parole del Salmo con le quali rispondiamo al salmista: Distogli il tuo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe 1, si riconosce la voce del penitente. Non avendo preparato prima un discorso da rivolgere alla vostra Carità, abbiamo conosciuto da Dio stesso che questo è l'argomento da trattare. A dirvi il vero oggi volevamo lasciarvi meditare, ben sapendo quanto abbondante alimento spirituale avevate già ricevuto. Voi però assimilate bene il cibo che ricevete, e perciò ogni giorno avete sempre tanto appetito. Che oggi il Signore, Dio nostro, conceda a noi forze sufficienti e a voi un utile ascolto. So bene infatti che io devo essere al servizio della vostra volontà buona e feconda. Ma voi aiutatemi con la vostra preghiera e la vostra attenzione: la preghiera a Dio, l'attenzione a me che parlo, perché io dica ciò che giudica lui esservi utile, lui che vi dà alimento per mezzo mio. La voce che risuona in queste parole del penitente: Distogli il tuo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe indica chiaramente che, per volontà divina, vi debba parlare della penitenza. Non avevo infatti io ordinato al lettore di cantare questo Salmo; Dio stesso ispirò al cuore di questo fanciullo ciò che ritenne utile per il vostro ascolto. Diciamo dunque qualcosa sulla utilità della penitenza, tanto più che è vicino quel santo giorno anniversario [della Pasqua], al quale conviene prepararsi più accuratamente, umiliandosi nell'animo e mortificandosi nel corpo.
La penitenza prebattesimale.
1. 2. Nella sacra Scrittura si trova un triplice modo di far penitenza. Anzitutto non ci si può accostare correttamente al Battesimo di Cristo, nel quale vengono annullati tutti i peccati precedenti, se non facendo prima penitenza della vita passata. Nessuno infatti sceglie un nuovo modo di vivere senza rifiutare quello vecchio. Vediamo ora, sull'autorevole scorta dei Libri santi, se sia richiesta o no la penitenza prima del Battesimo. Quando lo Spirito Santo promesso fu mandato e il Signore compì fedelmente la sua promessa, i discepoli, ricevuto lo Spirito Santo, incominciarono, come sapete, a parlare in tutte le lingue, tanto che fra i presenti ognuno riconosceva la propria lingua. Sgomenti per tale miracolo chiesero agli Apostoli come dovessero comportarsi. Allora Pietro li informò che dovevano venerare colui che avevano crocifisso, perché bevessero da credenti quel sangue che avevano crudelmente versato. Dopo che fu data loro la buona notizia del Signore nostro Gesù Cristo ed essi ebbero riconosciuto il loro delitto, furono punti dal rimorso. Si compì così per loro ciò che il Profeta aveva annunciato: Mi volgo alla mia tristezza mentre una spina mi trafigge. Essi si volsero a tristezza e dolore quando la spina del ricordo di quel peccato li trafisse. Prima pensavano di non aver fatto nulla di male; quella spina non si era ancora ficcata dentro. Ma perché tu sappia che la spina si fissò in loro nelle parole di Pietro, la Scrittura disse: Mentre Pietro parlava si sentirono trafiggere il cuore. Per tale motivo nello stesso Salmo in cui è detto: Mi sono volto alla mia tristezza mentre una spina mi trafigge, segue: Ho conosciuto il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio delitto. Ho detto: Confesserò contro di me al Signore il mio delitto. Tu, allora, hai rimesso l'empietà dal mio cuore 2. Quando, dunque, trafitti dalla spina di quel ricordo domandavano agli Apostoli che cosa dovessero fare, Pietro disse loro: Fate penitenza; e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, e vi saranno rimessi i peccati 3. Se, intanto, c'è qui tra i presenti qualcuno del numero di coloro che si preparano ad essere battezzati (e penso che essi siano tanto più assidui all'ascolto della parola quanto più si avvicina il giorno del perdono) a loro anzitutto ci rivolgiamo anche se brevemente, perché sollevino le loro menti alla speranza. Vogliano essi diventare ciò che non sono e abbiano in odio ciò che erano. Concepiscano già col desiderio il nuovo uomo che nascerà in loro e non resti alcun dubbio di non poter essere perdonati, di qualunque cosa li rimorda la vita passata o li tormenti la coscienza, piccola o grande cosa, detta o non detta. Non succeda che il dubbio umano trattenga a proprio danno quello che invece la misericordia di Dio vuole perdonare.
Prefigurazione di Cristo nei fatti dell'Antico Testamento.
1. 3. Ognuno poi si ricordi fedelmente anche dei segni dati da Dio come esempio in mezzo al suo primo popolo. Dice infatti l'Apostolo, parlando di tali eventi: Essi sono tutti prefigurazioni per noi, e precisò: Non voglio, fratelli, che voi ignoriate quel che accadde ai nostri antenati: tutti ebbero la nube sopra di loro e tutti furono battezzati in Mosè nella nube e nel mare, come tutti mangiarono un medesimo cibo spirituale e bevvero la stessa bevanda spirituale. Essi infatti bevevano dalla roccia spirituale che li accompagnava. E quella roccia era Cristo 4. L'Apostolo disse che si trattava di prefigurazioni per noi e nessun fedele lo ha mai contraddetto. Egli, pur enumerandone molte, ne spiega chiaramente una sola quando dice: La roccia era Cristo. Spiegandone una egli invitò poi ad indagare sulle altre. E precisa che la roccia era Cristo perché il ricercatore non si allontani da Cristo e, fondato sulla roccia, possa indagare con sicurezza senza il pericolo di cadere in errore. Egli disse che si trattava di prefigurazioni per noi, ma tutte ci risultavano oscure. Chi poteva togliere il velo a tali figure? Chi poteva interpretarle? Chi avrebbe osato esaminarle? Lui, dicendo: La roccia era Cristo, ha acceso un lume come in un paesaggio di densa macchia e di fitta ombra. Portata dunque questa luce, cerchiamo che cosa significhino le altre immagini: il mare, le nubi, la manna. Queste non le ha spiegate; indicò solo cosa era la roccia. Il transito del mare è il Battesimo. Ma in quanto Battesimo, cioè acqua di salvezza, non sarebbe acqua di salvezza se non fosse consacrata dal nome di Cristo che ha versato il sangue per noi, cioè se l'acqua non fosse segno della sua croce. Affinché quel battesimo significasse proprio questo, ci fu il passaggio del Mar Rosso. Quanto alla manna caduta dal cielo, il Signore stesso spiegò il fatto apertamente quando disse: I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono 5. Non potevano non morire dal momento che la manna era figura sì della vita, ma non era essa stessa la vita. Mangiarono - disse - la manna e morirono, vale a dire la manna di cui essi si alimentarono, anche se chiaramente non era essa che dava la morte, tuttavia non poteva liberarli dalla morte. Chi infatti li avrebbe liberati dalla morte era Colui che veniva prefigurato dalla manna. La manna veniva indubbiamente dal cielo, ma fate attenzione a chi si riferiva: Io - dice - sono il pane vivo disceso dal cielo 6. Voi che siete persone ben attente e vi date cura delle parole del Signore, fate ad esse attenzione per imparare a progredire sia nel leggerle che nell'ascoltarle. Egli disse: Mangiarono del medesimo cibo spirituale. Che cosa esprime quel medesimo se non lo stesso cibo che prendiamo anche noi? Vedo che è abbastanza difficile estrarre questi significati e spiegare ciò che mi dispongo a dire, ma sarò aiutato dalla vostra benevolenza che mi impetrerà dal Signore la capacità di farlo. Dunque è scritto: Mangiarono il medesimo cibo spirituale. Bastava dire: " Mangiarono un cibo spirituale ". E invece è detto: il medesimo. Non vedo altro modo di spiegare quel medesimo se non riferendolo al cibo di cui ci alimentiamo anche noi. Allora potrebbe obiettare qualcuno: " Quello che io prendo oggi coincide con ciò che era a quel tempo la manna? E così non si ha nulla di nuovo se ciò che abbiamo al presente lo si era già avuto; e lo stesso scandalo della croce è da ritenersi eliminato ". Ma il termine medesimo non avrebbe senso senza l'aggiunta di spirituale. Coloro infatti che intesero la manna solo come una soddisfazione a un loro bisogno corporeo per saziare il proprio stomaco e non anche la mente, provvedendo solo a una loro necessità fisica, non mangiarono nulla di grande. Agli uni Dio diede puro alimento fisico, agli altri anche un annunzio. Quei tali mangiarono solo un cibo materiale, non uno spirituale. Quando l'Apostolo dice che i nostri padri mangiarono un medesimo cibo spirituale, qualcuno si domanda a quali padri alluda. Noi crediamo, fratelli, che essi sono stati i nostri veri padri, anzi dobbiamo dire che nostri padri non sono stati, ma lo sono. Essi infatti vivono tutti. Ad alcuni non fedeli il Signore diceva: I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Egli, con i vostri padri alludeva a quella parte dei padri che voi imitate nella infedeltà e dei quali seguite le orme, sia non avendo fede sia resistendo a Dio. In questo stesso senso dice ad alcuni: Voi che avete per padre il diavolo 7. Il diavolo di certo, di sua potenza, non ha creato né generato alcun uomo. E tuttavia è detto padre degli empi, naturalmente non per generazione ma per imitazione. Allo stesso modo, quando si parla dei gentili, i quali non provengono per generazione carnale dal ceppo di Abramo, ma sono buoni, si dice: Dunque voi siete della discendenza di Abramo 8. Anch'essi infatti erano figli ma non per nascita, bensì per imitazione. Quando il Signore dice: Se foste figli di Abramo fareste le opere di Abramo 9, egli si rivolgeva a della gente perfida di cui il padre Abramo non è più padre, anzi è ad essa estraneo. E perché fossero sradicati i " cattivi alberi " che si gloriavano di essere della stirpe di Abramo, si promettono dei figli di Abramo dalle pietre 10. Analogamente nel passo in cui si dice: I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti si allude a coloro che non capivano quello che mangiavano e così, non comprendendo, non mangiarono che un cibo materiale. L'Apostolo afferma che i nostri padri non sono questi, cioè padri d'infedeli, padri di empi, di quelli che mangiano ma muoiono. I nostri veri padri, i padri dei fedeli, sono quelli che hanno mangiato un cibo spirituale e per di più il medesimo cibo nostro. I nostri padri - dice - hanno mangiato il medesimo cibo spirituale e hanno bevuto la medesima bevanda spirituale. Si tratta qui di coloro che capivano quello che mangiavano; per i quali aveva più sapore Cristo nel cuore che la manna in bocca. A che scopo parlare degli altri? C'era in quel gruppo, sin dall'inizio, Mosè, il servo di Dio, il fedele con tutta la sua casa 11. Egli sapeva che cosa far conoscere e perché in quel tempo le manifestazioni divine dovessero essere velate ai presenti e svelate poi nei tempi futuri. Lo dirò in breve. Tutti coloro che nella manna intuirono il Cristo mangiarono il nostro medesimo cibo spirituale; coloro invece che alla manna chiesero la sola sazietà fisica, furono essi i padri di infedeli che mangiarono ma morirono. La stessa cosa vale pure per la bevanda: la roccia era Cristo. La bevanda era la medesima che la nostra, quella spirituale s'intende. Una bevanda cioè che si prendeva con la fede, che non si attingeva con mezzi fisici. Avete sentito: " la stessa bevanda ". Anche riguardo ad essa la roccia era Cristo. Non vi è infatti un Cristo diverso: uno allora ed un altro ora. Era certamente diversa quella roccia 12 dalla pietra su cui appoggiò il capo Giacobbe 13; come era diverso l'agnello, ucciso per la Pasqua 14 dal montone impigliato nei cespugli, quello che era da immolare quando Abramo, per ordine divino, risparmiò il figlio così come per lo stesso ordine glielo stava immolando 15. Tuttavia, benché gli agnelli fossero diversi e così anche le pietre, Cristo era il medesimo. Ecco perché si parla di un medesimo cibo e di una medesima bevanda. Infine la roccia fu colpita da una verga di legno perché ne scaturisse l'acqua: Fu colpita da una verga 16. Fu colpita da un legno e non da un ferro per indicare la croce che doveva aderire a Cristo per riversare su di noi la bevanda della grazia. Per chi comprende e chi crede è un medesimo cibo, una medesima bevanda. Per chi non comprende, quel cibo è solo manna, e quella bevanda è solo acqua, cibo per chi ha fame, bevanda per chi ha sete. Per il credente invece quello antico non è diverso da quello che prende ora: è il medesimo. Allora infatti era Cristo che doveva venire, ora è Cristo che è venuto. I termini " a venire " e " che è venuto " sono diversi ma indicano lo stesso Cristo.
Come leggere la Scrittura: il caso del dubbio di Mosè.
1. 4. Poiché viene a proposito, voglio anche dire qualcosa del dubbio del servo di Dio Mosè. Quel dubbio simboleggiava infatti gli antichi santi. Mosè dubitò che dalla roccia scaturisse dell'acqua. Egli, quando con la verga colpì la roccia perché ne scaturisse acqua, in quel momento ne dubitò. Leggendo di quel dubbio si è tentati forse di passare oltre, di non soffermarvisi sopra, perché non si osa neppure di indagare. Tuttavia al Signore Dio quel dubbio dispiacque; e venne da lui sottolineato non solo con un rimprovero ma anche con una punizione. Viene infatti detto a Mosè, proprio per tale dubbio: Tu non introdurrai il popolo nella terra promessa 17. Sali sul monte e muori lì 18. Il Signore, in questa circostanza, appare indubbiamente adirato. Fratelli miei, che dire di Mosè? Per un dubbio venuto all'improvviso, sarebbe stata ripudiata tutta la sua fatica, il grande zelo avuto per la sua gente, quella carità che gli faceva dire: Se tu, Signore, perdoni il loro peccato, bene; altrimenti cancellami dal tuo libro 19? E come si concorda ciò con la conclusione dell'Apostolo che abbiamo ascoltato dal lettore: La carità non avrà mai fine 20? Volevo proporvi alcune questioni da risolvere, ma ora la vostra attenzione me ne ha suggerite altre a cui forse non pensavate. Esaminiamo dunque questo passo misterioso e cerchiamo, per quanto possibile, di penetrarlo. Dio si adira: dice a Mosè che non sarà lui ad introdurre il popolo nella terra promessa; gli comanda di salire sul monte per morirvi. Tuttavia allo stesso Mosè egli affida molti incarichi: gli comanda quel che deve fare, come organizzare la sua gente, e che nulla venga lasciato al caso o fatto con negligenza. Mai si sarebbe degnato di comunicare siffatte disposizioni a uno già condannato. Ma ascoltate una cosa ancor più singolare. Poiché fu detto a Mosè (e ciò Dio lo decise in vista della comunicazione di un determinato mistero) che non avrebbe introdotto la sua gente nella terra promessa, viene scelto un altro: Gesù Nave. Costui prima non era chiamato così, veniva chiamato " Auses " 21. Quando Mosè gli affidò il popolo perché lo conducesse nella terra promessa, lo mandò a chiamare e gli mutò nome; lo chiamò appunto " Gesù ". E ciò perché il popolo doveva entrare nella terra promessa non per mezzo di Mosè, ma per mezzo di Gesù, cioè non tramite la legge ma tramite la grazia. Come quel Gesù non era il vero Gesù, ma una sua prefigurazione, così la terra promessa non era quella vera, ma solo una prefigurazione. La terra promessa a quel primo popolo era legata al tempo, quella invece promessa a noi sarà eterna. Tuttavia attraverso prefigurazioni temporali si promettevano e si annunziavano già cose eterne. Come fu per Gesù e la terra promessa, che non erano vere, ma solo simboleggiate, così fu anche per la manna: non era quello il vero cibo venuto dal cielo, ma era solo il preannunzio; così quella roccia non era essa il Cristo ma una sua prefigurazione, e così via. Il dubbio di Mosè c'induce a fare le seguenti considerazioni. Anzitutto vediamo se, per caso, non vi sia anche qui espressa qualche prefigurazione, che viene indicata a chi cerca di capire e che provochi e stimoli l'animo alla ricerca. Noto infatti che dopo quel dubbio, dopo la collera divina, dopo le minacce di morte, dopo aver ritirato a Mosè l'incarico di condurre il popolo nella terra promessa, Dio gli parla come a un amico, di molte cose, proprio come gli parlava prima. Al punto che propone a Gesù Nave, come esempio di obbedienza, Mosè, e lo esorta a servirlo con la fedeltà con cui lo aveva servito Mosè. Gli promette infine che sarebbe stato con lui in futuro, come lo era stato con Mosè. Evidentemente, carissimi, qui è Dio stesso che ci costringe a non criticare sconsideratamente il dubbio di Mosè, ma a vederne il significato. Era tutto una prefigurazione: la roccia che stava lì, la verga che percuoteva, l'acqua che scorreva, lo stesso Mosè che dubitava. Egli dubitò proprio nel momento in cui percosse la roccia. Il dubbio nacque in lui quando il legno si accostò alla pietra. Ora i più svelti a capire vanno avanti, aspettino invece con pazienza i più lenti. Mosè dubitò quando il legno si accostò alla pietra; i discepoli dubitarono quando videro il Signore crocifisso. Mosè portava in sé l'immagine di costoro; l'immagine di quel Pietro che rinnegò per tre volte. Perché Pietro dubitò? Perché il legno [la croce] aderì alla pietra [Gesù]. Quando il Signore preannunciò il genere della sua morte, cioè la croce stessa, fu proprio Pietro a spaventarsi. Dio te ne scampi, Signore, questo non accadrà mai 22. Tu, Pietro, dubiti perché vedi la verga di legno avvicinarsi alla roccia. Per la stessa ragione i discepoli persero la speranza che un tempo avevano riposto nel Signore. In un certo qual modo la speranza venne interrotta quando lo videro crocifisso, quando lo piansero ucciso. Dopo la risurrezione Gesù ne trovò alcuni che parlavano tristemente tra di loro del fatto. Allora egli, tenendo velati i loro occhi perché non lo riconoscessero, ma non abbandonando chi credeva in lui e solo rinviando il riconoscimento per chi dubitava, si unì a loro come terzo interlocutore e domandò di che cosa parlassero. Quelli si stupirono che lui solo ignorasse quanto fosse avvenuto proprio riguardo a lui che domandava. Tu solo - gli dissero - sei forestiero in Gerusalemme? E gli raccontarono quello che era avvenuto a Gesù. E subito dopo gli manifestarono l'intimo della loro disperazione mostrando così al medico la ferita, benché non lo sapessero. Noi speravamo - soggiunsero - che sarebbe stato lui a liberare Israele 23. Il dubbio nacque perché il legno si accostò alla pietra; ecco compiersi la prefigurazione del dubbio di Mosè.
Il senso della morte di Mosè sul monte.
1. 5. Esaminiamo quest'altro passo: Salirai sul monte e morirai 24. Attraverso la morte corporale di Mosè è indicata la morte dello stesso dubbio, ma sul monte. Meravigliosi misteri! Queste cose esposte e capite quanto sono più dolci della stessa manna! Presso la roccia nasce il dubbio, sopra il monte esso si estingue. Quando Cristo fu umile durante la passione egli era quasi come una pietra ferma davanti ai nostri occhi. Veniva naturale dubitare di lui; la sua umiltà non metteva innanzi nulla di grande. Conseguentemente come per la sua umiltà egli diventò una pietra di scandalo, così glorificato nella risurrezione apparve grande: ecco, è già " monte ". Quel dubbio che era nato presso la roccia, doveva morire sul monte. Riconoscano ora i discepoli la loro salvezza, ravvivino la loro speranza. Osserva ora il parallelismo tra la morte di quel dubbio e la morte di Mosè sul monte: " non entrerà nella terra promessa ", là non vogliamo dubbi, il dubbio muoia prima. Ora Cristo ci mostri come quel dubbio si estingue. Pietro fu preso dal timore e negò per tre volte. Cristo - ricordiamo - era raffigurato nella roccia 25. Con la risurrezione, diventato monte, confermò la fede di Pietro. Ma veniamo alla morte del dubbio. In che modo esso si estingue? Ascoltiamo: Pietro, mi ami tu? Fa la domanda Colui che guarda dentro i cuori e li conosce. Vuole sentirsi dire che è amato e gli pare poco udirlo una sola volta. Insiste a chiedere e ad ascoltare, quasi con insofferenza dello stesso Pietro. Questi infatti si stupisce d'essere interrogato da chi sa già e, per di più, tante volte, quando sarebbe stato sufficiente rispondere una volta sola, anche a chi non conoscesse ancora la risposta. Ma è come se il Signore avesse detto: Aspetto che si compia il numero legale. Protesti tre volte il suo amore 26 chi per tre volte rinnegò per timore 27. Il Signore poiché interrogava un numero di volte corrispondente [al dubbio], sul monte uccideva quel dubbio.
Il Battesimo. Le braccia di Mosè.
1. 6. Che dire, carissimi, ora che queste corrispondenze sono diventate chiare? Esse erano rimaste oscure non per ingannare ma per la nostra gioia. Non si godrebbero infatti tanto se fossero state già del tutto chiare. Sarebbero venute a noia. Colui che chiede il battesimo, colui al quale avevo incominciato a rivolgermi, veda ora il suo da fare. Il Mar Rosso prefigurava il Battesimo e la gente che lo attraversava erano i battezzati; il suo attraversamento era il Battesimo, ma sotto la nube. Veniva infatti ancora velato quello che si preannunziava, veniva ancora nascosto quello che era promesso. Ora è scomparsa la nube, è venuto il sereno della verità manifesta: è scomparso infatti il velo dietro al quale parlava Mosè. Quel velo era sospeso nel tempio perché non si vedessero i segreti del tempio, ma con la morte in croce del Signore si squarciò il velo, perché essi apparissero. Tu dunque accostati al Battesimo, imbocca intrepidamente la via del Mar Rosso senza preoccuparti, come fossi inseguito dall'Egiziano, dai peccati passati. Ti opprimevano i peccati con il loro duro peso di schiavitù, ma quando eri in Egitto, cioè quando amavi il mondo presente, quando eri come un pellegrino lontano in terra di esilio. Allora eri indotto a perseguire opere terrene, come costruire laterizi e mettevi su delle costruzioni di fango. Ti pesano i peccati? Vieni al Battesimo fiduciosamente. Il nemico ti può inseguire solo fino al confine dell'acqua; in essa egli morirà. Potresti ancora temere qualcosa della tua vita passata, o credere che possa ancora rimanere qualcosa dei tuoi peccati, solo se fosse sopravvissuto qualcuno degli egiziani. La voce dei pigri mi giunge all'orecchio, essa suona così: " Io non temo i peccati passati. Non dubito che nell'acqua santa, anche per la carità della Chiesa mi vengano rimessi tutti, ma temo per quelli che farò in futuro ". " Vuoi dunque rimanere in Egitto? Intanto sàlvati dal nemico presente, quello che già ti calpestò e ti rese schiavo. Perché vai pensando ai nemici per il futuro? Quel male che ormai hai compiuto, anche se non lo volessi, c' è; quello che pensi di fare in avvenire, basta che tu non lo voglia, non ci sarà ". " Ma la via è pericolosa - dici - e, appena traversato il Mar Rosso, non sarò istantaneamente nella terra promessa; quel popolo fu condotto, e per parecchio tempo, attraverso il deserto ". Tu intanto liberati dall'Egitto. Pensi forse che, lungo il cammino, venga a mancarti l'aiuto di Colui che ti ha liberato dalla schiavitù antica? Non dominerebbe i tuoi nuovi nemici chi ti ha liberato dagli antichi? Basta che tu intrepidamente faccia il passaggio, intrepido prosegua il cammino, e che sia obbediente. Non provocare a sdegno quel divino Mosè di cui il primo Mosè in questa obbedienza era prefiguratore. Lo ammetto: non mancheranno i nemici. Non mancarono allora né per inseguire i fuggitivi né per ostacolarli nel loro cammino. In una parola, miei carissimi, tutti quegli eventi furono prefigurazioni per noi. Ma nel frattempo non ci sia nulla in te che contristi Mosè; non voler essere quell'acqua amara che, dopo aver attraversato il Mar Rosso, la gente non poté bere. Quel fatto costituì un'altra tentazione. Ma anche ora quando avvengono tali cose, quando il popolo si inasprisce, noi mostriamo il Cristo; quali cose per loro è arrivato a sopportare, come per loro abbia versato il suo sangue e allora la gente si placa, come se avessimo messo un legno nell'acqua. Anche tu incontrerai, nel tuo viaggio, un nemico ad ostacolarti: avrai il tuo Amalech. Allora Mosè pregava stendendo le mani. Ma quando le abbassava, Amalech vinceva; quando le rialzava Amalech perdeva. Anche le tue mani siano protese perché sia sconfitto il tuo tentatore Amalech, colui che ti ostacola nel cammino. Sii vigilante e sobrio nel dedicarti alla preghiera e alle opere buone, ma non prescindendo mai da Cristo perché le mani tese di Mosè prefiguravano la croce di Cristo. Su quella croce era l'Apostolo quando diceva: Il mondo è stato crocifisso per me e io per il mondo 28. Perda dunque Amalech, sia sconfitto, e non impedisca il passaggio del popolo di Dio. Se distogli la mano dall'opera buona, cioè dalla croce di Cristo, Amalech prevarrà. Comunque tu, riguardo al futuro, guàrdati dal ritenerti sempre e subito invincibile o, al contrario, di venir meno per una totale sfiducia. Quell'alternarsi di stanchezza e di vigore nelle braccia del servo di Dio Mosè, alludono forse agli alti e bassi tuoi. Talvolta infatti ti senti spossato nelle tentazioni, ma non soccombi: Mosè abbassava per un poco le mani, ma non crollava. Se io dicevo: Il mio piede vacilla - [canta il Salmo] - ecco che la tua misericordia, Signore, mi veniva in soccorso 29. Dunque non temere, lo stesso Dio che non venne meno nella liberazione dell'Egitto, ti è presente durante il suo viaggio per aiutarti. Non temere, affronta il cammino e abbi fiducia. Mosè talvolta abbassava le braccia e talvolta le risollevava e infine tuttavia Amelech fu vinto 30. Amelech poté resistere a Mosè ma non poté vincerlo.
La penitenza quotidiana.
2. 7. Viene ormai opportuno parlare dell'altro tipo di penitenza. Vi avevo infatti prospettato tre tipi di penitenza perché tre ne considera la sacra Scrittura. La prima è per coloro che desiderano accedere al Battesimo, cioè per i " competenti " e questa già ve l'ho esposta secondo le Sacre Scritture. Ce n'è poi un'altra, quella quotidiana. E dove potrò indicarvela? Non mi sembra di aver di meglio da mostrarvi se non quel passo dell'orazione quotidiana, in cui il Signore, insegnandoci cosa dobbiamo chiedere al Padre, racchiude il suo insegnamento nelle seguenti parole: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 31. Quali debiti, fratelli? Giacchè per " debiti " qui non possono intendersi che i " peccati ". Noi dovremmo dunque pregare perché ci vengano di nuovo rimessi i debiti già condonati col Battesimo? Ogni Egiziano inseguitore morì. Se non rimase alcuno degli inseguitori non c'è ragione di pregare perché ci vengano rimessi i peccati se non per via delle braccia [di Mosè] che alzate contro Amalech perdevano di vigore. Nella preghiera: Perdona a noi come noi perdoniamo, il Signore ci ha dato una medicina e insieme ha firmato un patto; nella prima parte c'insegna a pregare, nella seconda egli risponde a chi prega dandogli la conoscenza del funzionamento delle leggi del cielo, sul come cioè si possono ottenere le cose che si desiderano. A chi vuole essere perdonato egli dice: Perdona! Tu, d'altra parte, che cosa hai da offrire a Dio, dal quale pretendi che ti venga dato [il perdono]? Cristo salvatore non cammina più sulle strade della terra, Zaccheo non può più accoglierlo felice in casa sua 32, Marta non può più ospitarlo e preparargli il pranzo 33. Egli non ha più bisogno di queste cose, siede ormai alla destra del Padre. Però egli disse: Ciò che avete fatto a uno solo dei più piccoli che appartengono a me, lo avete fatto a me 34. Questo è il senso delle mani distese di Mosè, sotto le quali Amalech venne meno. Quando tu dài qualcosa a chi ha fame, certamente dài qualcosa di tuo a favore di un povero: forse te ne mancherà, ma nella tua casa, non in cielo. Del resto anche qui in terra, Colui al cui comando tu hai donato, ti darà il contraccambio di ciò che hai dato. A ciò alludeva l'Apostolo, dicendo: Colui che fornisce il seme al seminatore, darà anche il pane in nutrimento 35. Infatti quando tu dài al povero, sei un operaio di Dio: semini d'inverno per raccogliere in estate. Che cosa temi, o uomo senza fede, che in una così grande casa un tale padre di famiglia non dia il mantenimento al suo operaio? Ci sarà, ma tanto quanto basti ai tuoi bisogni. Quello che risponde a necessità, e non a cupidigia, Dio te lo darà tutto. Lavora dunque intrepidamente, stendi le tue braccia, sia sconfitto Amalech. Dopo aver dato qualcosa, tu nella tua casa terrena, come dicevo, vedi che c'è qualcosa in meno di quanto vedevi prima, o almeno non vedi quello che hai dato fino a quando Dio non te lo restituisca. Ma dimmi: quando tu perdoni dall'intimo del cuore, che cosa perdi? Quando perdoni chi ti ha offeso, che cosa ritrovi in meno nel tuo cuore? Da lì fai uscire il perdono, ma non perdi nulla. Anzi, nel tuo cuore scorre un'onda di carità, essa scaturisce come da una vena interiore: ma quando tu conservi rancore al fratello, ecco, ne otturi la sorgente. Se invece perdoni, tu non solo non perdi nulla ma sarai irrigato più abbondantemente. La carità non patisce angustie; se tu vi metti una pietra d'inciampo, sei tu che ne limiti lo scorrere. " Ma - dici - io mi devo vendicare, mi vendicherò, gli farò vedere, agirò ". Quante agitazioni e fatiche quando, col solo perdonare, potresti vivere senza preoccupazioni, tranquillo e pregare in pace! Ecco quel che devi fare: pregare. E quando? Oggi, subito! O vorresti non pregare? Ti senti pieno d'ira e di odio, minacci vendetta, non perdoni di cuore. Prega: è venuta l'ora di pregare; incomincia ad ascoltare o a pronunciare le parole dell'orazione domenicale. Dopo aver pronunciato o ascoltato i precedenti versetti sei arrivato a quello del perdono. E dove vorresti andare per non arrivarci? Per non perdonare al nemico devieresti da Cristo? Certamente tu devieresti il corso della preghiera perché non vuoi dire: Rimetti a noi i nostri debiti. E ciò perché non puoi dire: come noi li rimettiamo ai nostri debitori, per non sentirti subito rispondere: " Appunto li rimetto come li rimetti tu ". Tu non vuoi perdonare perciò non puoi dire tali parole, che aggiri, tralasci e passi a quelle che seguono: Non permettere che siamo indotti in tentazione 36. Ma qui ti prenderà il tuo creditore, di cui tu quasi evitavi di vedere la faccia. Come uno che, lungo la strada, vedendo avvicinarsi un tale cui deve qualcosa, se ha a portata di mano un'altra strada, abbandonando l'itinerario precedente, prende un'altra direzione per non imbattersi nel suo creditore, così tu hai pensato di fare riguardo a questo versetto. Hai evitato di dire: " Perdonami come io perdono ", affinché Dio non usasse il tuo stesso metro di perdono, cioè per il fatto che tu non perdoni, neanche lui ti perdonasse. Non l'hai voluto dire evitando di incontrarti faccia a faccia col tuo creditore. Ma chi vuoi evitare? E chi sei tu che vuoi fare questo sotterfugio? In quale luogo potresti andare dove possa essere solo tu e non lui? Finirai col dire: Dove andrò, lontano dal tuo Spirito? E dove fuggirò, lontano dalla tua presenza? Se salgo in cielo là tu sei; se scendo negli inferi, tu sei lì presente. Un indebitato quale posto più lontano da Cristo può trovare oltre l'inferno? Ebbene, tale creditore è anche lì. Che cosa ti resta da fare se non quello che è detto subito dopo nel Salmo: [Se] spiegherò le mie ali e me ne andrò all'estremità del mare 37 ? Cioè con la mia speranza mediterò la fine del mondo presente, vivrò fedele ai precetti divini, mi solleverò con le due ali della carità. Ama il tuo prossimo come te stesso 38 e non serbare odio, per non trovarti nella condizione di chi è indotto a sfuggire al creditore.
La penitenza straordinaria per i peccati mortali. Possibilità del perdono.
3. 8. Resta da parlare brevemente del terzo tipo di penitenza affinché con l'aiuto dei Signore io adempia ciò che mi sono proposto e che vi ho promesso. C'è un tipo di penitenza più severo e più doloroso. Quelli che la praticano nella Chiesa sono propriamente chiamati " i penitenti " e sono esclusi dalla partecipazione al sacramento dell'altare per timore che, ricevendolo indegnamente, essi non mangino e bevano la loro condanna. E` dunque una penitenza dolorosa. Si tratta di una ferita grave: forse è stato commesso un adulterio o un omicidio o qualche sacrilegio. Cose gravi, ferite profonde, letali, mortifere, ma il medico è onnipotente. Per tali azioni, dopo averne accettata la provocazione, il piacere, il consenso e la realizzazione, si è quasi nella condizione di un morto da quattro giorni, che emana fetore. Il Signore tuttavia non abbandonò neanche lui e gli gridò: Lazzaro, vieni fuori! La mole del sepolcro cedette alla voce della misericordia: la morte cedette alla vita, l'inferno al cielo; Lazzaro si alzò, venne fuori dal sepolcro, ma era legato [dalle bende] come lo sono coloro che, accusato il loro peccato, fanno penitenza. Essi sono già sfuggiti alla morte, non potrebbero infatti confessare il peccato se non ne fossero sfuggiti. Lo stesso confessare è un venir fuori dalle ombre e dalle tenebre. Ma che cosa ha detto il Signore alla sua Chiesa? Le ha detto: Ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo 39. Questo è il motivo per cui, mentre Lazzaro usciva fuori dalla tomba, il Signore - dopo aver compiuto un beneficio della sua misericordia conducendo [come] alla confessione uno che era già morto, sepolto, putrido - per indicare che lasciava al ministero della Chiesa di compiere le altre cose, disse: Scioglietelo e lasciatelo andare 40. Ma, carissimi, sia bene inteso che nessuno si deve prospettare un tal genere di penitenza, nessuno vi si prepari. Tuttavia, venendosi a trovare in una tale congiuntura nessuno perda ogni speranza. Ciò che infatti portò Giuda, il traditore, a totale perdizione non fu tanto il delitto commesso, quanto la disperazione di poter trovare ancora perdono. Egli non era degno di misericordia, perciò non gli rifulse nel cuore quella luce che lo avrebbe fatto rivolgere al perdono di Colui che egli aveva tradito, così come vi ricorsero coloro che lo avevano crocifisso. Ma egli, disperandosi, si uccise. Sospendendosi a un laccio morì soffocato: ciò che fece sul suo corpo era avvenuto prima nella sua anima. Si dà infatti il nome di " spirito " anche all'aria che si muove in questo nostro mondo. Allo stesso modo di coloro che, impiccandosi, muoiono perché in loro non entra più l'aria di questo mondo, così quanti perdono la speranza del perdono divino restano soffocati dentro per la disperazione stessa, e lo Spirito Santo non può più visitarli.
Accuse dei pagani: la penitenza facilita il peccare.
3. 9. Tra i pagani c'è l'abitudine di far critiche ai cristiani riguardo all'istituto della Penitenza in uso nella Chiesa. Su questa verità, il poter fare penitenza, la Chiesa cattolica ha tenuto duro anche contro talune eresie. Vi furono alcuni infatti i quali vollero sostenere che per determinati peccati non si doveva dare la possibilità di fare penitenza, ma costoro vennero dichiarati estranei alla Chiesa e considerati eretici. Il fatto è che di fronte a qualsiasi tipo di peccato la Chiesa non perde le sue viscere di madre pietosa. Perciò male i pagani ci attaccano, quasi facendosi beffe di noi (non sapendo quello che dicono, perché ancora non sono giunti alla parola di Dio, che fa eloquente il parlare dei bambini). " Voi - essi dicono - promettendo il perdono una volta che sia stata fatta penitenza, favorite il peccato degli uomini. Una tale promessa non è un ammonimento, è un lasciarsi andare ". E accumulano parole su parole per sostenere questa idea; ora a voce alta, ora sommessamente, ma non tacciono. Quando poi se ne discute con loro, anche se essi risultano vinti dal nostro argomentare, non lo ammettono. Tuttavia state a sentire brevemente in che modo costoro vadano confutati, perché la misericordia divina ha stabilito tutto per il meglio nella sua Chiesa. Essi dicono che noi, prospettando la visione del porto della penitenza, diamo briglia sciolta ai peccati. Tuttavia, se si escludesse la possibilità della penitenza, forse che un peccatore non aggiungerebbe peccati a peccati quanto più si convincerebbe di non poter essere più perdonato? Direbbe fra sé: " Ecco, ho peccato, ho commesso un delitto, per me non c'è più un luogo di perdono. Ogni penitenza ormai è inutile, posso essere solo condannato. A questo punto perché non dovrei vivere come mi piace? Dal momento che nell'altra vita non troverò carità, voglio almeno di qua appagare i miei piaceri. Perché infatti me ne dovrei astenere? Se per la vita futura mi viene chiuso ogni accesso, tutto quello che di qua non mi godo lo perdo per il fatto appunto che non mi sarà data la vita futura. Perché dunque non darmi alle mie passioni? Per appagarle, saziarle, agendo non secondo la norma del lecito ma secondo quella del piacere? " Forse gli si potrebbe obiettare: " Ma miserabile che sei, tu potresti essere preso, accusato, torturato, punito dalle leggi del mondo ". I malvagi ben sanno che sul piano umano così si parla e si agisce, ed anche osservano che molti colpevoli e scellerati riescono a mantenere impuniti i loro peccati. Infatti li possono tenere nascosti, anche possono riscattarne la penalità se proprio non riescono a tenerli nascosti, garantendosi così, fino alla vecchiaia, una vita lasciva, blasfema, sacrilega, perduta. Ed enumerano gli esempi a vantaggio della loro tesi: quel tale, che ne ha fatto di ogni colore, non è forse arrivato a vecchiaia? Di fronte a tal modo di ragionare tu dovresti riflettere invece che quell'uomo peccatore e scellerato è morto vecchio perché Dio ha avuto pazienza verso di lui: gli ha voluto accordare tempo in attesa di penitenza. Dice infatti l'Apostolo: Non sai che la pazienza di Dio ti deve spingere a cambiare vita? Il peccatore invece secondo l'ostinazione del cuore impenitente ha accumulato ira su di sé per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, quando egli renderà a ciascuno secondo le sue opere 41. E` necessario dunque che il timore di Dio sia nell'animo, e chi non vuole peccare pensi che Dio è sempre presente e non soltanto in pubblico ma anche in casa propria, e non solo in casa, ma nella propria camera, o di notte nel suo stesso letto, nel suo cuore. Se dunque abolirai il porto della penitenza, per disperazione aumenteranno i peccati. Come vedi non hanno più nulla da ribattere coloro che ritengono un'occasione di peccato il porto della penitenza prospettato dalla fede cristiana. E poi? Se per una eccessiva speranza di perdono venisse ad essere incoraggiato il peccato, Dio non avrebbe provveduto al riguardo? Come infatti egli ha provveduto che il peccato non fosse favorito dalla disperazione, così avrebbe provveduto che non fosse favorito dall'eccesso di speranza. In realtà, allo stesso modo può accrescere i suoi peccati sia chi è nella disperazione, sia chi conta sul perdono, come se dicesse: " Io intanto faccio quello che voglio, poi, quando mi convertirò, Dio è buono e mi perdonerà ". In verità tu puoi dire con sicurezza: " Quando mi convertirò, mi perdonerà " a condizione che sia sicuro di vivere domani. Al riguardo ti ammonisce la Scrittura, dicendo: Non aspettare a convertirti al Signore, non rimandare di giorno in giorno; poiché improvvisa scoppierà la sua ira e al tempo del castigo ti annienterà 42. La provvidenza divina ha vigilato per noi per farci evitare l'uno e l'altro pericolo: perché non aumentiamo i peccati a causa della disperazione c'è il porto della penitenza; perché poi non li aumentiamo a motivo di eccesso di speranza ci è stato dato incerto il giorno della morte.
1 - Sal 50, 11.
2 - Sal 31, 4-5.
3 - At 2, 37-38.
4 - 1 Cor 10, 1-4.
5 - Gv 6, 49.
6 - Gv 6, 51.
7 - Gv 8, 44.
8 - Gal 3, 29.
9 - Gv 8, 39.
10 - Cf. Mt 3, 9.
11 - Cf. Eb 3, 2.
12 - Cf. Es 17, 6.
13 - Cf. Gn 28, 11.
14 - Cf. Es 12.
15 - Cf. Gn 22, 13.
16 - Cf. Es 17, 5-6.
17 - Nm 20, 12.
18 - Dt 32, 49.
19 - Es 32, 31-32.
20 - 1 Cor 13, 8.
21 - Cf. Nm 13, 17.
22 - Mt 16, 22.
23 - Lc 24, 13-21.
24 - Dt 32, 49.
25 - 1 Cor 10, 4.
26 - Cf. Gv 21, 15-17.
27 - Cf. Mt 26, 69-74.
28 - Gal 6, 14.
29 - Sal 93, 18.
30 - Cf. Es 17, 11-13.
31 - Mt 6, 12.
32 - Cf. Lc 19, 6.
33 - Cf. Lc 10, 40.
34 - Mt 25, 40.
35 - 2 Cor 9, 10.
36 - Mt 6, 13.
37 - Sal 138, 7-9.
38 - Lv 19, 18; Mt 22, 39; Mc 12, 31.
39 - Mt 18, 18.
40 - Gv 11, 39-44.
41 - Rm 2, 4-6.
42 - Sir 5, 8-9.
15 - Maria santissima conosce che è volontà del Signore che vada a visitare santa Elisabetta
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca190. Dalle parole del messaggero celeste san Gabriele, Maria santissima conobbe come la sua parente Elisabetta, che era ritenuta sterile, aveva concepito un figlio e già si trovava al sesto mese della sua gravidanza. In seguito l'Altissimo, in una delle visioni intellettuali che ella ebbe, le rivelò che il figlio che santa Elisabetta doveva partorire sarebbe stato grande davanti al Signore e sarebbe stato profeta e precursore del Verbo incarnato che ella portava nel suo grembo verginale. Le rivelò pure altri grandi segreti circa la santità ed i misteri di san Giovanni. In questa visione ed in altre, la purissima Regina comprese che era gradito al Signore che ella andasse a visitare la sua parente Elisabetta, affinché tanto lei quanto il figlio che portava in grembo fossero santificati dalla presenza del loro Redentore; sua divina Maestà, infatti, voleva applicare gli effetti della propria venuta nel mondo ed i propri meriti al suo stesso precursore, comunicandogli la sua divina grazia, cosicché egli fosse una primizia della redenzione.
191. Conoscendo questo nuovo mistero, la prudentissima Vergine ne rese grazie al Signore con ammirabile giubilo, poiché egli si degnava di fare quel favore all'anima di colui che doveva essere suo profeta e precursore, nonché a sua madre Elisabetta. Offrendosi prontamente a compiere la volontà divina, parlò con sua Maestà e gli disse: «Altissimo Signore, principio e causa di ogni bene, il vostro nome sia eternamente glorificato e sia conosciuto e lodato da tutte le nazioni. Io, la più piccola delle creature, con umiltà vi ringrazio per la misericordia che tanto generosamente volete mostrare con la vostra serva Elisabetta e con suo figlio. Se vorrete degnarvi di indicarmi in che cosa io debba servirvi in quest'opera, sono pronta, Signore mio, ad ubbidire sollecitamente ai vostri divini comandi». L'Altissimo le rispose: «Colomba ed amica mia, eletta fra le creature, in verità ti dico che per la tua intercessione e per amore tuo avrò cura, come Padre e Dio liberalissimo, di tua cugina Elisabetta e del figlio che deve nascere da lei, scegliendolo come mio profeta e precursore del Verbo in te fatto uomo. Io li guardo entrambi come cose tue proprie e congiunte a te. Così, voglio che il mio e tuo Unigenito vada a visitare la madre ed a riscattare il figlio dalla schiavitù della prima colpa, affinché, prima degli altri uomini, risuoni al mio orecchio la voce delle sue parole e delle sue lodi e alla sua anima santificata siano rivelati i misteri dell'incarnazione e redenzione. Per questo, sposa mia, voglio che tu vada a visitare Elisabetta, perché noi, Persone divine, abbiamo eletto suo figlio per opere grandi di nostro beneplacito».
192. A questo comando del Signore l'ubbidientissima Madre rispose: «Sapete bene, padrone e Signore mio, che tutto il mio cuore ed i miei desideri sono rivolti al vostro divino beneplacito e voglio con diligenza adempiere ciò che ordinate alla vostra umile serva. Consentitemi, mio Bene, di domandare anche l'assenso del mio sposo Giuseppe e di fare questo viaggio con la sua approvazione. Frattanto, affinché io non mi allontani dalla vostra volontà, guidate durante questo viaggio tutte le mie azioni e dirigete i miei passi alla maggiore gloria del vostro santo nome. Ricevete a tal fine il mio sacrificio di uscire in pubblico, lasciando la solitudine del mio ritiro. Anzi, re e Dio della mia anima, vorrei in questo offrirvi ben più che i soli miei desideri, trovando da patire per amore vostro tutto ciò in cui possa servirvi e compiacervi, affinché l'anelito dell'anima mia non rimanga inoperoso».
193. Quando la nostra grande Regina uscì da questa visione, chiamò i mille angeli della sua custodia, i quali subito le si manifestarono sotto forma corporea; dichiarò loro l'ordine dell'Altissimo, pregandoli di assisterla in quel viaggio con molta diligenza e sollecitudine, insegnandole ad obbedirgli nel modo a lui più gradito, e di difenderla e preservarla dai pericoli, affinché ella operasse perfettamente in tutto quanto le sarebbe accaduto in quel cammino. I santi principi si offrirono con ammirabile sottomissione per ubbidirle e servifla. La Maestra di ogni prudenza ed umiltà soleva fare la stessa cosa in altre occasioni; infatti, anche se nell'operare ella era più saggia e più perfetta che gli stessi angeli, considerato lo stato di viatrice e la condizione della sua natura inferiore, per dare alle sue opere tutta la pienezza della perfezione, consultava e chiamava in aiuto i suoi santi angeli, i quali, benché a lei inferiori in santità, la custodivano ed assistevano. Così, con la loro direzione disponeva le sue azioni, le quali peraltro erano già tutte guidate dall'ispirazione dello Spirito Santo. Gli spiriti divini le ubbidivano con la prontezza e la puntualità proprie della loro natura e dovute alla loro Regina e signora. Parlavano con lei, tenendo colloqui dolcissimi, che alternavano con cantici a lode dell'Altissimo. Altre volte parlava dei misteri del Verbo incarnato, dell'unione ipostatica, della redenzione, dei trionfi che egli avrebbe conseguito ed anche dei frutti e benefici che gli uomini avrebbero ricevuto dalle sue opere. Mi dilungherei, però, troppo se dovessi scrivere tutto ciò che in questa parte mi è stato manifestato.
194. L'umile sposa determinò subito di chiedere il consenso di san Giuseppe, per mettere in opera ciò che l'Altissimo le aveva comandato. Per questo, senza palesargli l'ordine ricevuto, essendo in tutto prudentissima, un giorno gli disse queste parole: «Signore e sposo mio, per divina luce ho conosciuto come la benignità dell'Altissimo ha favorito Elisabetta mia cugina, moglie di Zaccaria, esaudendo la sua preghiera di concepire un figlio. Spero nella sua bontà infinita che, essendo mia cugina sterile ed avendole egli concesso questo singolare beneficio, tutto riuscirà di grande compiacimento e gloria del Signore. Io giudico che in una circostanza come questa ragionevolmente abbia l'obbligo di andare a visitarla ed a parlare con lei di alcune cose convenienti alla sua consolazione ed al suo bene spirituale. Se questa opera, signore, è di vostro gradimento, la farò con vostra licenza, stando però in tutto soggetta alla vostra disposizione e volontà. Considerate voi ciò che è meglio e comandatemi ciò che devo fare».
195. Al Signore furono molto graditi questa discrezione e questo silenzio di Maria santissima, tanto piena di umiltà nel sottomettersi quanto capace e degna che fossero deposti nel suo cuore i grandi segreti del re. Per questo e per la fiducia nella fedeltà con cui questa grande Signora operava, sua divina Maestà dispose il cuore purissimo del santo Giuseppe, infondendogli la sua luce divina quanto a ciò che doveva fare, conformemente alla volontà del Signore. È questo il premio dell'umile il quale domanda consiglio: trovarlo sicuro e con felice riuscita. Ed anche il darlo con prudenza quando viene richiesto è cosa voluta da uno zelo santo e giudizioso. Così illuminato e diretto, il santo sposo rispose: «Già sapete, signora e sposa mia, che tutti i miei desideri sono rivolti a servirvi con ogni mia attenzione e diligenza, perché per la vostra grande virtù ho fiducia, come devo, che la vostra rettissima volontà non si volgerà a cosa alcuna che non sia di maggiore compiacimento e gloria dell'Altissimo. Credo che questo viaggio sarà tale; ma, affinché non sembri strano che lo facciate senza il vostro sposo, io vi accompagnerò con molto piacere per servirvi durante il cammino. Stabilite dunque il giorno, affinché andiamo insieme».
196. Maria santissima gradì la premura del suo prudente sposo Giuseppe e l'attenzione con cui cooperava alla volontà di Dio, servendolo in ciò che sapeva essere a sua gloria. Così, decisero entrambi di partire immediatamente per la casa di Elisabetta, preparando senza indugio il necessario per il viaggio. Tutto si ridusse a poca frutta, a un po' di pane, ad alcuni piccoli pesci e ad un asino che san Giuseppe cercò in prestito per portare tutto il bagaglio e la sua santissima sposa, Regina dell'intero creato. Dopo aver fatto questi preparativi, partirono da Nazaret per la Giudea. Riferirò nel capitolo seguente i particolari del viaggio. Per ora, dico solo che, uscendo dalla sua povera casa, la grande Signora del mondo s'inginocchiò ai piedi del suo sposo san Giuseppe e gli domandò che la benedicesse, per iniziare il viaggio in nome del Signore. Al santo si strinse il cuore al vedere la rara umiltà della sua sposa, di cui aveva già molte volte fatto esperienza; per questo si tratteneva dal benedirla. La mansuetudine e le dolci insistenze di Maria santissima, però, lo vinsero, cosicché il santo la benedisse in nome dell'Altissimo. Ai primi passi, poi, l'umilissima Signora alzò gli occhi al cielo ed il cuore a Dio, disponendosi a compiere la volontà divina, portando in sé l'Unigenito del Padre e suo, per santificare Giovanni nel grembo di Elisabetta.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
197. Figlia mia carissima, ti confido e paleso molte volte l'amore del mio cuore, perché desidero grandemente che si accenda nel tuo e che tu approfitti dell'insegnamento che ti do. Felice è l'anima a cui l'Altissimo manifesta la sua volontà santa e perfetta; ma ben più felice e beata è quella che, conoscendola, la mette in pratica. In molti modi Dio insegna ai mortali i sentieri della vita eterna: per mezzo dei Vangeli e delle sante Scritture, per mezzo dei sacramenti e delle leggi della santa Chiesa, per mezzo di altri libri e degli esempi dei santi e specialmente per mezzo dell'ubbidienza ai suoi ministri, dei quali sua Maestà disse: Chi ascolta voi, ascolta me, cioè che ubbidire a loro è ubbidire al medesimo Signore. Quando, dunque, per qualcuna di queste strade giungerai a conoscere la volontà divina, voglio da te che con leggerissimo volo, servendoti come ali dell'umiltà e dell'ubbidienza, e come un raggio velocissimo tu sia pronta ad eseguirla, adempiendo il beneplacito divino.
198. Oltre a questi modi di insegnamento, l'Altissimo ne usa altri per orientare le anime, facendo conoscere in modo soprannaturale la sua volontà perfetta e rivelando così loro molti sacri arcani. Questa conoscenza ha i suoi gradi, e molto differenti; non tutti sono ordinari né comuni alle anime, perché l'Altissimo dispensa la sua luce con misura e peso. Alcune volte parla al cuore e alle facoltà con forza, altre corregge, ammonisce ed insegna; altre volte muove il cuore perché esso lo cerchi, altre ancora indica chiaramente ciò che desidera ed altre infine mostra come un chiaro specchio misteri grandi che l'intelletto veda e la volontà ami. Sempre, però, questo grande Dio e sommo bene è dolcissimo nel comandare, potente nel dare forza per eseguire il suo volere, giusto nei suoi ordini, sollecito nel disporre le cose per essere ubbidito ed efficace nel vincere gli impedimenti, perché si compia la sua santissima volontà.
199. Ti voglio, figlia mia, molto attenta nel ricevere questa luce divina e molto sollecita e diligente nell'attuare ciò che ti mostra. Per ascoltare il Signore e percepire questa voce tanto delicata e spirituale, è necessario che le facoltà dell'anima siano purificate dalla grossolanità terrena e che tutta la creatura viva secondo lo Spirito, perché l'uomo naturale non comprende le cose alte e divine' 0 . Attendi, dunque, al tuo intimo e dimentica tutto quello che è al di fuori; ascolta, figlia mia, porgi l'orecchio distaccata da tutto ciò che è visibile. Se vuoi essere diligente, ama, perché l'amore è fuoco e non sa differire i suoi effetti dove trova disposta la materia; voglio che il tuo cuore sia sempre pronto. Quando, poi, l'Altissimo ti ordinerà o insegnerà qualcosa a beneficio delle anime, principalmente per la loro salvezza eterna, offriti con sottomissione, perché esse sono il prezzo assai stimabile del sangue dell'Agnello e dell'amore divino. Non creare ostacoli a te stessa con la tua viltà e timidezza, ma supera il timore che ti abbatte. Se, infatti, tu vali poco e sei inutile per ogni cosa, l'Altissimo è ricco, potente, grande e da solo fece tutte le cose. La tua prontezza ed il tuo affetto non saranno privi di premio, benché io voglia che tu ti muova soltanto per compiacere il tuo Signore.
14-31 Maggio 27, 1922 L’atto preventivo e l’atto attuale.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo pensando tra me: “Se è così grande un atto fatto nel suo Volere, quanti, ahimè! non ne faccio sfuggire?” Ed il mio dolce Gesù muovendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, c’è l’atto preventivo e l’atto attuale. Il preventivo è quello quando l’anima, dal primo sorgere del giorno, fissa la sua volontà nella mia, e si decide e si conferma di voler vivere ed operare solo nel mio Volere, previene tutti i suoi atti e li fa scorrere tutti nel mio Volere. Con la volontà preventiva il mio Sole sorge, la mia Vita resta duplicata in tutti i tuoi atti come dentro d’un solo atto, e questo supplisce all’atto attuale. Ma però, l’atto preventivo può essere ombrato, oscurato dai modi umani, dalla volontà propria, dalla stima, dalla trascuratezza ed altro, che sono come nubi innanzi al sole, che rendono meno vivida la sua luce sulla faccia della terra. Invece l’atto attuale non è soggetto a nubi, ma ha virtù di diradare le nubi se ci sono, e fa sorgere tant’altri soli in cui resta duplicata la mia Vita, con tale vivezza di luce e calore, da formare altrettanti nuovi soli, l’uno più bello dell’altro. Però tutti e due sono necessari, il preventivo dà la mano, dispone e forma il piano all’attuale; l’attuale conserva ed allarga il piano del preventivo”.