Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Quando vedo una pianta in fiore, penso e spero nel frutto; così quando vedo un vero umile, spero e penso che egli sarà  beato nei cieli. Nel vero umile c'è la speranza di raccogliere il frutto dall'abbondanza della casa del Signore. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 30° settimana del tempo ordinario (Santi Simone e Giuda)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 12

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.2E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:5"Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?".6Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.7Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
9Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.10I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

12Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:

'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,'
il re d'Israele!

14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:

15'Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.'

16Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto.17Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza.18Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno.19I farisei allora dissero tra di loro: "Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!".

20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci.21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.23Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.24In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.25Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.26Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.27Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!28Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!".
29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato".30Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi.31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.32Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".33Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.34Allora la folla gli rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?".35Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va.36Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.

37Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui;38perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia:

'Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?'

39E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora:

40'Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore, e si convertano
e io li guarisca!'

41Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui.42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga;43amavano infatti la gloria degli uomini più della gloria di Dio.
44Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.46Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.48Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.49Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".


Genesi 30

1Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!".2Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?".3Allora essa rispose: "Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei".4Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei.5Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio.6Rachele disse: "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Per questo essa lo chiamò Dan.7Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio.8Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!". Perciò lo chiamò Nèftali.
9Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe.10Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio.11Lia disse: "Per fortuna!" e lo chiamò Gad.12Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe.13Lia disse: "Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice". Perciò lo chiamò Aser.
14Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: "Dammi un po' delle mandragore di tuo figlio".15Ma Lia rispose: "È forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?". Riprese Rachele: "Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio".16Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: "Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio". Così egli si coricò con lei quella notte.17Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio.18Lia disse: "Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito". Perciò lo chiamò Ìssacar.19Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe.20Lia disse: "Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli". Perciò lo chiamò Zàbulon.21In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.
22Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda.23Essa concepì e partorì un figlio e disse: "Dio ha tolto il mio disonore".24E lo chiamò Giuseppe dicendo: "Il Signore mi aggiunga un altro figlio!".
25Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: "Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese.26Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato".27Gli disse Làbano: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua".28E aggiunse: "Fissami il tuo salario e te lo darò".29Gli rispose: "Tu stesso sai come ti ho servito e quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia.30Perché il poco che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?".31Riprese Làbano: "Che ti devo dare?". Giacobbe rispose: "Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo.32Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario.33In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato".34Làbano disse: "Bene, sia come tu hai detto!".35In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli36e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di Làbano.
37Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami.38Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere.39Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati.40Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano.
41Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami.42Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe.43Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.


Siracide 19

1Un operaio ubriacone non arricchirà;
chi disprezza il poco cadrà presto.
2Vino e donne traviano anche i saggi,
ancor più temerario è chi frequenta prostitute.
3Tarli e vermi lo erediteranno,
il temerario sarà eliminato.

4Chi si fida con troppa facilità è di animo leggero,
chi pecca danneggia se stesso.
5Chi si compiace del male sarà condannato;
6chi odia la loquacità sfugge al male.
7Non riferire mai una diceria
e non ne avrai alcun danno;
8non parlarne né all'amico né al nemico,
e se puoi farlo senza colpa, non svelar nulla.
9Altrimenti chi ti ascolta diffiderà di te
e all'occasione ti avrà in odio.
10Hai udito una parola? Muoia con te!
Sta' sicuro, non ti farà scoppiare.
11Per una parola lo stolto ha i dolori,
come la partoriente per un bambino.
12Una freccia confitta nella carne della coscia:
tale una parola in seno allo stolto.

13Interroga l'amico: forse non ha fatto nulla,
e se qualcosa ha fatto, perché non continui più.
14Interroga il prossimo: forse non ha detto nulla,
e se qualcosa ha detto, perché non lo ripeta.
15Interroga l'amico, perché spesso si tratta di
calunnia;
non credere a ogni parola.
16C'è chi sdrucciola, ma non di proposito;
e chi non ha peccato con la sua lingua?
17Interroga il tuo prossimo, prima di minacciarlo;
fa' intervenire la legge dell'Altissimo.

18Tutta la sapienza è timore di Dio
e in ogni sapienza è la pratica della legge.
19Non c'è sapienza nella conoscenza del male;
non è mai prudenza il consiglio dei peccatori.
20V'è un'abilità che è abominevole,
c'è uno stolto cui manca solo la saggezza.
21Meglio uno di scarsa intelligenza ma timorato,
che uno molto intelligente ma trasgressore della legge.
22Esiste un'abilità scaltra, ma ingiusta;
c'è chi intriga per prevalere in giudizio.
23C'è il malvagio curvo nella sua tristezza,
ma il suo intimo è pieno di inganno;
24abbassa il volto e finge di essere sordo,
ma, quando non è osservato, avrà il sopravvento.
25E se per mancanza di forza gli è impedito di peccare,
all'occasione propizia farà del male.
26Dall'aspetto si conosce l'uomo;
dal volto si conosce l'uomo di senno.
27Il vestito di un uomo, la bocca sorridente
e la sua andatura rivelano quello che è.


Salmi 7

1'Lamento che Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.'

2Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
3perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.

4Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
5se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
6il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.

7Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
8L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
9Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
10Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.

11La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
12Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
13Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
14Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.

15Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
16Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
17la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
18Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.


Geremia 10

1Ascoltate la parola che il Signore vi rivolge,
casa di Israele.
2Così dice il Signore:
"Non imitate la condotta delle genti
e non abbiate paura dei segni del cielo,
perché le genti hanno paura di essi.
3Poiché ciò che è il terrore dei popoli è un nulla,
non è che un legno tagliato nel bosco,
opera delle mani di chi lavora con l'ascia.
4È ornato di argento e di oro,
è fissato con chiodi e con martelli,
perché non si muova.
5Gli idoli sono come uno spauracchio
in un campo di cocòmeri,
non sanno parlare,
bisogna portarli, perché non camminano.
Non temeteli, perché non fanno alcun male,
come non è loro potere fare il bene".
6Non sono come te, Signore;
tu sei grande
e grande la potenza del tuo nome.
7Chi non ti temerà, re delle nazioni?
Questo ti conviene,
poiché fra tutti i saggi delle nazioni
e in tutti i loro regni
nessuno è simile a te.
8Sono allo stesso tempo stolti e testardi;
vana la loro dottrina, come un legno.
9Argento battuto e laminato portato da Tarsìs
e oro di Ofir,
lavoro di artista e di mano di orafo,
di porpora e di scarlatto è la loro veste:
tutti lavori di abili artisti.
10Il Signore, invece, è il vero Dio,
egli è Dio vivente e re eterno;
al suo sdegno trema la terra,
i popoli non resistono al suo furore.

11Direte loro:
"Gli dèi che non hanno fatto il cielo e la terra scompariranno dalla terra e sotto il cielo".

12Egli ha formato la terra con potenza,
ha fissato il mondo con sapienza,
con intelligenza ha disteso i cieli.
13Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo.
Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e manda fuori il vento dalle sue riserve.
14Rimane inebetito ogni uomo, senza comprendere;
resta confuso ogni orafo per i suoi idoli,
poiché è menzogna ciò che ha fuso
e non ha soffio vitale.
15Essi sono vanità, opere ridicole;
al tempo del loro castigo periranno.
16Non è tale l'eredità di Giacobbe,
perché egli ha formato ogni cosa.
Israele è la tribù della sua eredità,
Signore degli eserciti è il suo nome.

17Raccogli il tuo fardello fuori dal paese,
tu che sei cinta d'assedio,
18poiché dice il Signore:
"Ecco, questa volta, caccerò lontano
gli abitanti del paese;
li ridurrò alle strette, perché mi ritrovino".
19Guai a me a causa della mia ferita;
la mia piaga è incurabile.
Eppure io avevo pensato:
"È solo un dolore che io posso sopportare".
20La mia tenda è sfasciata
tutte le mie corde sono rotte.
I miei figli si sono allontanati da me e più non sono.
Nessuno pianta ancora la mia tenda
e stende i miei teli.
21I pastori sono diventati insensati,
non hanno ricercato più il Signore;
per questo non hanno avuto successo,
anzi è disperso tutto il loro gregge.
22Si ode un rumore che avanza
e un grande frastuono giunge da settentrione,
per ridurre le città di Giuda un deserto,
un rifugio di sciacalli.
23"Lo so, Signore, che l'uomo non è padrone della sua via,
non è in potere di chi cammina il dirigere i suoi passi.
24Correggimi, Signore, ma con giusta misura,
non secondo la tua ira, per non farmi vacillare".
25Riversa la tua collera sui popoli
che non ti conoscono
e sulle stirpi
che non invocano il tuo nome,
poiché hanno divorato Giacobbe
l'hanno divorato e consumato,
e hanno distrutto la sua dimora.


Prima lettera ai Corinzi 3

1Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo.2Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete;3perché siete ancora carnali: dal momento che c'è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?
4Quando uno dice: "Io sono di Paolo", e un altro: "Io sono di Apollo", non vi dimostrate semplicemente uomini?

5Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso.6Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.7Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere.8Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro.9Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio.
10Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce.11Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.12E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia,13l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.14Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa;15ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.16Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?17Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
18Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente;19perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti:

'Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia'.

20E ancora:

'Il Signore sa che i disegni dei sapienti sono vani'.

21Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro:22Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro!23Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.


Capitolo XVIII: L’uomo non si ponga ad indagare, con animo curioso, intorno al Sacramento, ma si faccia umile imitatore di Cristo e sottometta i suoi sensi alla santa fede

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Parola del Diletto

1. Se non vuoi essere sommerso nell'abisso del dubbio, devi guardarti dall'indagare, con inutile curiosità intorno a questo altissimo Sacramento. "Colui che pretende di conoscere la maestà di Dio, sarà schiacciato dalla grandezza di lui" (Pro 25,27). Dio può fare cose più grandi di quanto l'uomo possa capire All'uomo è consentita soltanto una pia ed umile ricerca della verità, sempre pronta ad essere illuminata, e desiderosa di muoversi entro i salutari insegnamenti dei Padri. Beata la semplicità, che tralascia le ardue strade delle disquisizioni e prosegue nel sentiero piano e sicuro dei comandamenti di Dio. Sono molti quelli che, volendo indagare cose troppo sublimi, perdettero la fede. Da te si esigono fede e schiettezza di vita, non altezza d'intelletto e capacità di penetrare nei misteri di Dio. Tu, che non riesci a conoscere e a comprendere ciò che sta più in basso di te, come potresti capire ciò che sta sopra di te? Sottomettiti a Dio, sottometti i tuoi sensi alla fede, e ti sarà dato lume di conoscenza, quale e quanto potrà esserti utile e necessario. Taluni subiscono forti tentazioni circa la fede e il Sacramento; sennonché, non a loro se ne deve fare carico, bensì al nemico. Non soffermarti su queste cose; non voler discutere con i tuoi stessi pensieri, né rispondere ai dubbi insinuati dal diavolo. Credi, invece alle parole di Dio; affidati ai santi e ai profeti (2Cor 20,20), e fuggirà da te l'infame nemico. Che il servo di Dio sopporti tali cose, talora è utile assai. Il diavolo non sottopone alle tentazioni quelli che non hanno fede, né i peccatori, che ha già sicuramente in sua mano; egli tenta, invece, tormenta, in vario modo, le persone credenti e devote.

2.  Procedi, dunque, con schietta e ferma fede; accostati al Sacramento con umile venerazione. Rimetti tranquillamente a Dio, che tutto può, quanto non riesci a comprendere: Iddio non ti inganna; mentre si inganna colui che confida troppo in se stesso. Dio cammina accanto ai semplici, si rivela agli umili, "dà lume d'intelletto ai piccoli" (Sal 118,130), apre la mente ai puri di cuore; e ritira la grazia ai curiosi e ai superbi. La ragione umana è debole e può sbagliare, mentre la fede vera non può ingannarsi. Ogni ragionamento, ogni nostra ricerca deve andare dietro alla fede; non precederla, né indebolirla. Ecco, predominano allora la fede e l'amore, misteriosamente operanti in questo santissimo ed eccellentissimo Sacramento. Il Dio eterno, immenso ed onnipotente, fa cose grandi e imperscrutabili, in cielo e in terra; e a noi non è dato investigare le meravigliose sue opere. Ché, se le opere di Dio fossero tali da poter essere facilmente comprese dalla ragione umana, non si potrebbero dire meravigliose e ineffabili.


DISCORSO 51 CONCORDANZA DEGLI EVANGELISTI MATTEO E LUCA RIGUARDO ALLA GENEALOGIA DEL SIGNORE

Discorsi - Sant'Agostino

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Si deve trattare la questione proposta il giorno di Natale.

1. 1. L'aspettativa della vostra Carità possa essere appagata da Colui che ve l'ha suscitata. Siamo convinti che ciò che dobbiamo dirvi non è cosa nostra, ma di Dio; tuttavia affermiamo con maggiore umiltà ciò che umilmente afferma l'Apostolo: Questo tesoro lo abbiamo in vasi di creta, affinché appaia che questa sublime potenza viene da Dio e non da noi 1. Non dubitiamo pertanto che vi ricordiate della nostra promessa fatta grazie a Colui, in virtù del quale adesso l'adempiamo. Poiché non solo quando facevamo quella promessa gli chiedevamo questa grazia, ma anche adesso che la soddisfaciamo la riceviamo da lui. La Carità vostra ricorda che la mattina del Natale del Signore ci eravamo proposti di risolvere una questione ma la rimandammo ad un altro giorno, poiché molti, anche quelli ai quali suole riuscire gravosa la parola di Dio, celebravano con noi la doverosa solennità di quel giorno. Adesso, al contrario, credo che non vi sia nella nostra adunanza se non chi desidera ascoltarci. Per questo motivo noi non parliamo a cuori insensibili, ad animi che si annoiano. Questa vostra aspettativa poi è una preghiera per me. Si è aggiunto il fatto che molti non sono venuti in chiesa perché è giorno dello spettacolo di gladiatori. Vi esortiamo, fratelli, ad adoperarvi per la loro salvezza nella stessa misura in cui mi preoccupo io; per quanti ancora non rivolgono la loro attenzione agli spettacoli della verità, ma si abbandonano solo agli spettacoli carnali, rivolgete ardenti preghiere a Dio. Credo infatti, anzi sono sicuro, che alcuni di quelli che ora sono nel numero dei fedeli come voi, oggi non si sono curati di venire; ma essi strappano in tal modo l'abito che hanno cucito. Poiché gli uomini cambiano, diventano migliori o peggiori. Noi proviamo ogni giorno alternamente gioia e tristezza per questi cambiamenti: gioia quando si correggono, tristezza quando si pervertono. Ecco perché il Signore non dice: "Si salverà chi comincerà", ma: Si salverà chi avrà perseverato sino alla fine 2.

Frivoli gli spettacoli carnali dei pagani; edificanti ed elevati quelli spirituali dei cristiani.

1. 2. Ma che cosa di più meraviglioso poteva concederci nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ch'è anche figlio dell'uomo - poiché s'è degnato d'essere anche uomo - che cosa di più magnifico poteva concederci, che riunire nell'ovile del suo gregge non solo gli spettatori di tali spettacoli, ma anche alcuni che nel circo sogliono essere guardati con ammirazione? Egli infatti, per condurli a salvezza, ha dato la caccia non solo ai tifosi dei cacciatori, ma anche agli stessi cacciatori; poiché anch'egli si espose allo sguardo della gente. Ascolta in che modo. Lo aveva detto lui stesso, l'aveva predetto lui stesso prima di esporsi allo sguardo della gente; il fatto che si sarebbe avverato lo preannunciò come se fosse già avvenuto, dicendo nel salmo con linguaggio profetico: Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa 3. Ecco in qual modo si offrì allo sguardo in modo che furono contate le sue ossa. Egli inoltre esprime più chiaramente il fatto stesso d'essere esposto alla vista di tutti. Essi invero mi hanno guardato ed osservato 4. Veniva guardato per essere deriso; veniva guardato da coloro che non solo non avrebbero avuto per lui alcuna simpatia in quello spettacolo, ma si sarebbero anche mostrati suoi nemici feroci; allo stesso modo fece sì che da principio fossero guardati i suoi martiri, secondo quanto afferma l'Apostolo: Siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini 5. Ma due sono le specie degli uomini che guardano siffatti spettacoli: l'una dei carnali, l'altra degli spirituali. I carnali li guardano stimando infelici i martiri che furono esposti alle belve, furono decapitati, arsi dalle fiamme, detestandoli e provandone orrore. Gli spirituali al contrario li guardano come fanno anche gli angeli santi, non badando allo strazio fatto ai corpi, ma guardando meravigliati l'integrità della fede. Un grande spettacolo offre agli occhi del cuore un'anima rimasta integra, anche se il corpo va in rovina. Sono gli spettacoli che voi contemplate volentieri con gli occhi del cuore quando vengono letti in Chiesa gli Atti dei martiri. Se infatti questi Atti non avessero per voi nessuna attrattiva, non li ascoltereste per nulla. Vedete dunque che oggi non avete trascurato i nostri spettacoli, ma li avete preferiti. Vi assista perciò Dio e vi conceda di riferire in modo piacevole i vostri spettacoli ai vostri amici, per i quali provate dispiacere, perché oggi sono accorsi nell'anfiteatro e non sono voluti venire in chiesa; fatelo affinché comincino anch'essi a considerare prive di valore le cose per il cui amore si sono degradati essi stessi, e amino con voi Dio, del quale nessuno che lo ami può arrossire, poiché si ama Colui che non può essere vinto. Possano amare insieme con voi il Cristo, il quale ha vinto tutto il mondo proprio col supplizio con cui sembrava essere stato vinto. Come voi vedete, fratelli, egli ha vinto tutto il mondo; ha sottomesso tutte le potenze, ha soggiogato i re non con soldati tracotanti ma con la croce fatta oggetto di scherno; ha vinto non con la violenza della spada ma rimanendo appeso sull'albero della croce, soffrendo nel corpo ma vincendo nello spirito. Il suo corpo era innalzato sulla croce, ma sottometteva le anime alla croce. Infine, quale gemma su di un diadema è più preziosa della croce di Cristo sulla fronte dei regnanti? Amando il Cristo non arrossirete mai. Quanti invece tornano vinti dall'anfiteatro quando sono vinti coloro per i quali impazziscono! Ma costoro sarebbero vinti ancor più se i loro campioni vincessero. Perché allora si abbandonerebbero a una vana gioia, s'immergerebbero nell'esultanza d'una perversa passione; essi sono vinti per il fatto stesso che accorrono nell'anfiteatro. Quanti infatti, o fratelli, sono stati oggi forse indecisi se venire in chiesa o andare al teatro? Ma coloro i quali proprio mentre erano indecisi considerando Cristo sono accorsi in chiesa, hanno vinto non un uomo qualunque ma lo stesso diavolo, il più malvagio cacciatore di tutto il mondo. Coloro invece che nella loro esaltazione hanno preferito accorrere all'anfiteatro, sono stati vinti proprio da colui che questi altri hanno vinto. Lo hanno vinto però in virtù di Colui che dice: Godete, poiché ho vinto il mondo 6. Il nostro supremo generale ha voluto infatti esser messo alla prova con le sofferenze per insegnare ai suoi soldati come combattere.

Perché Cristo volle nascere dalla Vergine. A causa della donna la rovina, tramite la donna, la salvezza.

2. 3. Orbene, per compiere questo suo disegno nostro Signore Gesù Cristo divenne figlio dell'uomo nascendo appunto da una donna. Se però non fosse nato dalla vergine Maria, che cosa gli sarebbe mancato? "Volle essere uomo - dirà qualcuno - d'accordo, ma avrebbe potuto esserlo senza dover nascere da una donna, poiché neppure per creare il primo uomo ebbe bisogno d'una donna". Guarda come si risponde a questa obiezione. Tu dici: "Perché scelse una donna per nascere?". Ti si risponde: "Al contrario, perché avrebbe dovuto evitare una donna? Supposto ch'io non possa dimostrarti perché decise di nascere da una donna, tu dimostrami che cosa avrebbe dovuto evitare in una donna". Ma è stato già affermato che, se fosse rifuggito dal seno d'una donna, avrebbe mostrato che c'era stata la possibilità di essere in un certo senso contaminato da lei. D'altronde quanto più era per sua natura inattaccabile da qualsiasi macchia, tanto meno avrebbe dovuto aver paura di un seno materno di carne, come se potesse esserne macchiato. Nascendo invece da una donna doveva mostrarci qualche grande mistero. In realtà, fratelli, anche noi ammettiamo che, se il Signore avesse voluto diventare uomo senza nascere da una donna, ciò era certamente facile alla sua sovrana maestà. Ma allo stesso modo che poteva nascere da una donna senza il concorso di un uomo, così sarebbe potuto nascere anche senza il concorso d'una donna. Ma egli volle mostrarci questo; che cioè la creatura umana non avrebbe dovuto perdere la speranza di salvarsi riguardo a nessuno dei due sessi. Il sesso umano infatti risulta di maschi e di femmine. Se dunque diventando uomo - come per l'appunto sarebbe dovuto essere - non fosse nato da una donna, avrebbero perduto la speranza di salvarsi le donne, ricordandosi del loro primo peccato, poiché il primo uomo fu ingannato dalla donna, e avrebbero creduto di non poter avere assolutamente alcuna speranza nel Cristo. Venne dunque il Cristo nel mondo come uomo per scegliere di preferenza il sesso maschile e, nascendo da una donna, venne a consolare il sesso femminile, come se, rivolgendo loro la sua parola, avesse detto: "Perché sappiate che nessuna creatura di Dio è cattiva, ma è stata pervertita da un piacere colpevole, quando nel principio feci l'uomo, io lo feci maschio e femmina. Non condanno la creatura che io ho creato. Ecco, sono nato uomo, sono nato da una donna. Non condanno dunque la creatura che io ho fatto, ma i peccati che io non ho fatto". Ambedue i sessi vedano la propria dignità ma confessino il proprio peccato, e ambedue sperino di salvarsi. Per ingannarlo fu propinato all'uomo il veleno dalla donna; da una donna venga propinata all'uomo la salvezza per rigenerarlo con la grazia. La donna, diventando madre di Cristo, riparerà il peccato da lei commesso ingannando l'uomo. Così furono delle donne ad annunciare per prime agli Apostoli la risurrezione di Dio. Fu una donna ad annunciare al proprio marito la morte nel paradiso; furono anche delle donne ad annunciare la salvezza agli uomini nella Chiesa. Sarebbero stati gli Apostoli ad annunciare la risurrezione del Cristo ai pagani, ma furono le donne ad annunciarla agli Apostoli. Nessuno deve dunque incolpare Cristo d'essere nato da una donna; sesso dal quale il Liberatore non poteva esser macchiato, sesso che il Creatore avrebbe esaltato.

La fede del Vangelo accolta in tutto il mondo.

3. 4. "Ma - si obietta - come potremo credere che il Cristo è nato da una donna?". Potrei rispondere: "Sull'autorità del Vangelo, ch'è stato ed è predicato in tutto il mondo". Ma individui accecati nello spirito si sforzano di rimettere in questione un avvenimento già oggetto di fede in tutto il mondo cercando di accecare altri individui e non vedendo quel che si dovrebbe vedere, mentre si sforzano d'estirpare la verità che si deve credere. Ecco infatti che cosa ci rispondono e dicono: "Non opprimerci con l'argomento basato sull'autorità di tutto il mondo; ma esaminiamo la Scrittura in se stessa. Non appellarti al popolo. La folla ti è favorevole perché è stata sedotta". Rispondiamo anzitutto: "Mi è favorevole la folla perché è stata sedotta da me? Questa folla era un piccolo numero di persone. In qual modo s'è formata questa moltitudine, la cui continua crescita era stata predetta tanto prima? Non ha potuto essere vista crescere senza essere stata prevista". Non dico: "Era un piccolo numero". Abramo era una sola persona. Riflettete, fratelli; al suo tempo in tutto il mondo Abramo era il solo, l'unico fra tutti gli uomini in tutto il mondo. A lui fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni 7. Orbene, ciò che credette egli solo riguardo al suo unico discendente, si è realizzato agli occhi di un gran numero di persone nella moltitudine dei suoi discendenti. Allora non si vedeva, eppure lo si credeva; ora invece lo si ha sotto gli occhi, eppure viene contestato. La predizione, ch'era stata fatta allora ad una sola persona ed era creduta da un solo individuo, viene ora impugnata da pochi, benché sia palese in una gran moltitudine. Colui che volle fare pescatori di uomini i propri discepoli, ha raccolto nelle sue reti persone autorevoli d'ogni specie. Se si deve prestar fede al gran numero di persone, che cosa c'è che abbia un più gran numero di persone della Chiesa diffusa in tutto il mondo? Se deve prestarsi fede ai ricchi, si consideri quanti ricchi sono stati presi in quelle reti; se invece si deve prestar fede ai poveri, si osservino le migliaia di poveri; se si deve prestar fede ai nobili, vi sono dentro quasi tutti i nobili; se si deve prestar fede ai re, si veda che sono tutti sudditi di Cristo; se deve credersi a persone segnalate per l'eloquenza, per la dottrina, per la sapienza, si osservi quanti oratori, quanti scienziati, quanti filosofi di questo mondo sono stati presi in quelle reti da quei pescatori perché fossero tirati su dal fondo del mare verso la salvezza. Essi consideravano Colui, il quale per guarire con l'esempio della sua umiltà la grande malattia dell'anima umana, cioè la superbia, si abbassò e scelse ciò ch'è la debolezza di questo mondo per confondere i forti, e ciò ch'è stoltezza di questo mondo per confondere i sapienti - non quelli ch'erano tali davvero, ma quelli che sembrava solo che lo fossero - e scelse ciò ch'è ignobile di questo mondo e ciò ch'è un nulla per annientare le cose che sono 8.

Si può credere con sicurezza che non v'è discordanza tra i Vangeli finché non la si comprende.

4. 5. "Di' pure quello che vuoi - ribattono essi -, nel passo dove voi leggete la nascita del Cristo, noi troviamo che i Vangeli sono in contrasto tra loro; ora due asserzioni in contrasto tra loro non possono essere vere ambedue. Quando infatti - si dice - dimostrerò la discordanza, avrò il diritto di rifiutare di credere, oppure tocca a te che accetti questa fede di dimostrarmi la loro concordanza". Ma quale discordanza - ti domando - potrai dimostrare? "Una discordanza palese - si risponde - che nessuno potrà negare". Voi potete ascoltarlo tranquillamente, poiché avete fede. Fate attenzione, carissimi, e vedete quanto salutarmente l'Apostolo ci ammonisca dicendo: Come dunque avete ricevuto Gesù Cristo nostro Signore, camminate uniti a lui, radicati e sopraelevati su di lui e confermati nella fede 9. Proprio mediante la fede semplice e sicura dobbiamo rimanere saldi in lui, affinché sveli egli stesso ai suoi fedeli le verità che sono nascoste in lui, poiché, come afferma il medesimo Apostolo: In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza 10. Li tiene nascosti non per negarceli, ma per eccitarcene il desiderio tenendoceli nascosti. Ecco l'utilità del segreto. Onora in lui ciò che non comprendi ancora, e tanto più devi stimarlo quanti più sono i veli che tu vedi. Infatti quanto più uno è onorato, tanto più numerosi sono i veli appesi nella sua casa. Le tende servono ad ispirare rispetto per ciò ch'è nascosto; ma per coloro che ne hanno stima i veli vengono sollevati. Coloro invece che disprezzano questi veli vengono allontanati anche dalla loro vicinanza. Poiché dunque ci siamo convertiti al Signore, ci viene tolto il velo 11.

Alla S. Scrittura ci si deve accostare con spirito di fede: esperienza personale del giovane Ag. a tale riguardo.

5. 6. Certi individui vanno spargendo le loro calunnie col dire: "È forse Matteo un evangelista?". "Sicuro", rispondiamo noi con la voce della fede, con sentimenti religiosi, senza il minimo dubbio; rispondiamo chiaramente: "Matteo è un evangelista". "Gli credi?", domandano. Chi non risponderebbe; "Gli credo", come si è sentito risuonare nelle vostre acclamazioni dettate dalla fede? Così è, o fratelli; se crederete fermamente non avrete alcun motivo di vergognarvi. Vi parlo io che un tempo m'ingannai, quando la prima volta da giovane volli applicare alle Sacre Scritture l'acume della discussione prima della ricerca in spirito di fede; fui proprio io che, per la mia cattiva condotta, mi chiusi in faccia la porta del mio Signore; mentre avrei dovuto bussare perché mi fosse aperta, aggiungevo un motivo maggiore perché mi fosse chiusa. Osavo infatti cercare da superbo ciò che può trovare solo chi è umile. Quanto più felici siete voi adesso, con quanta serenità, con quanta sicurezza imparate, voi tutti che siete ancora piccoli nel nido della fede e ricevete il cibo spirituale! Io invece, infelice, credendomi capace di volare, lasciai il nido e caddi prima che potessi volare. Il Signore però, nella sua misericordia, perché non fossi calpestato dai passanti e morissi, mi raccolse e mi ripose nel nido. Mi avevano turbato infatti le obiezioni che adesso propongo ed espongo con sicurezza nel nome del Signore.

In qual senso Cristo è figlio di Abramo e di Davide.

5. 7. Come dunque avevo cominciato a dire, ecco le calunnie che In qual senso quegl'individui diffondono. "Matteo - dicono - è un evangelista e voi gli credete?". Noi ammettiamo senz'altro che è evangelista e per conseguenza logica necessariamente gli crediamo. Fate attenzione alla genealogia del Cristo esposta da Matteo: Libro della genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo 12. Come mai è figlio di Davide, e come mai è figlio di Abramo? Ciò si può dimostrare solo tracciando la successione genealogica. È certo infatti che quando il Signore nacque dalla vergine Maria né Abramo né Davide erano più in questo mondo. E tuttavia tu affermi ch'egli è figlio di Davide e insieme figlio di Abramo? È come se dicessimo a Matteo: "Prova dunque ciò che affermi, io aspetto la successione genealogica del Cristo". Abramo - dice - generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar. Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Raab. Booz generò Obed da Rut. Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide 13. A partire da questo punto fate attenzione come da Davide si arrivi al Cristo, chiamato figlio di Abramo e di Davide. Davide poi - dice - generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria. Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asa, Asa generò Iosafat, Iosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Achaz, Achaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amon, Amon generò Iosia, Iosia generò Ieconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabel, Zorobabel generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazaro, Eleazaro generò Matan, Matan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù, detto il Cristo 14. In tal modo, dunque, attraverso l'ordinata successione dei genitori e dei loro discendenti, Cristo risulta figlio di Davide e figlio di Abramo.

Le generazioni da Abramo fino a Cristo.

5. 8. A questa genealogia esposta fedelmente viene mossa questa prima critica, che cioè il medesimo Matteo prosegue dicendo: Da Abramo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; da Davide fino alla deportazione in Babilonia sono altre quattordici; dalla deportazione in Babilonia fino al Cristo altre quattordici 15. Seguita poi narrando in qual modo il Cristo nacque dalla vergine Maria e soggiunge: La nascita del Cristo avvenne in questo modo 16. Enumerando ordinatamente gli ascendenti del Cristo ci ha mostrato perché egli è chiamato figlio di Davide, figlio di Abramo.

Cristo concepito per opera dello Spirito Santo.

6. 8. Ora ci deve narrare come nacque e apparve tra gli uomini, ed è logica la stessa narrazione per cui crediamo che nostro Signore Gesù Cristo non è solo nato da Dio eterno, coeterno a Colui che lo generò prima di tutti i tempi, prima d'ogni creatura, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma crediamo anche infine ch'è nato per opera dello Spirito Santo dalla vergine Maria 17, cosa che ugualmente confessiamo. Voi infatti ricordate e sapete (sto infatti parlando ai miei fratelli cattolici) che questa è la nostra fede che noi professiamo e confessiamo. Per questa fede si fecero uccidere migliaia di martiri in tutto il mondo.

Sincera, non finta, la " giustizia " di Giuseppe.

6. 9. Ora per togliere ogni credibilità ai Libri evangelici essi cercano di volgere al ridicolo ciò che segue, al fine di mostrare che noi crediamo avventatamente ciò che è detto, e cioè: Essendo Maria, sua madre, fidanzata a Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo sposo, poiché era giusto e non voleva esporla al disprezzo, decise di ripudiarla in segreto 18. Poiché egli sapeva d'essere estraneo a quella gravidanza, per conseguenza la riteneva adultera. Poiché era giusto - come dice la Scrittura - e non voleva esporla al disprezzo, cioè diffamarla - infatti così portano anche molti codici - decise di ripudiarla in segreto. Come marito egli, è vero, si turba, ma come giusto non incrudelisce. Tanto grande è la giustizia di quest'uomo che non volle tenersi un'adultera né osò punirla esponendola al pubblico discredito. Decise di ripudiarla in segreto - dice la Scrittura - poiché non solo non volle punirla, ma nemmeno denunciarla. Considerate com'era autentica la sua giustizia! Non voleva infatti risparmiarla perché desiderava tenerla con sé. Molti perdonano le mogli adultere spinti dall'amore carnale, volendo tenerle, benché adultere, allo scopo di goderle per soddisfare la propria passione carnale. Questo marito giusto invece non vuole tenerla; il suo affetto dunque non ha nulla di carnale; eppure non la vuole nemmeno punire; il suo perdono, dunque, è solo ispirato dalla misericordia. Quanto è ammirevole questo giusto! Non la tiene come adultera per non dare a vedere di perdonarla perché l'avrebbe amata sensualmente, eppure non la punisce, né la denuncia. Ben a ragione fu scelto come testimone della verginità della sposa. Egli dunque si turba a causa della debolezza umana, ma è rassicurato dall'autorità divina.

Che cosa vuol dire Gesù.

7. 10. L'Evangelista infatti prosegue dicendo: Mentre egli pensava a queste cose, ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: Giuseppe, non temere di prendere con te la tua sposa Maria, poiché quel che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù 19. Perché Gesù? Perché - dice la Scrittura - egli salverà il suo popolo dai suoi peccati 20. Si deve dunque intendere che il nome ebraico di Gesù, tradotto in latino, significa "Salvatore", come ci dice la stessa spiegazione del nome che ci dà l'Evangelista. Poiché, come se gli fosse stato chiesto: "Perché Gesù?" l'Evangelista, spiegando il motivo del nome, subito aggiunse: Poiché egli - dice - salverà il suo popolo dai suoi peccati. Ecco la verità che crediamo con rispetto religioso e riteniamo con assoluta fermezza, che cioè il Cristo nacque per opera dello Spirito Santo dalla Vergine Maria 21.

L'utilità del tradimento di Giuda e quella degli eretici.

7. 11. Che cosa obiettano dunque i nostri avversari? "Se troverò una menzogna nel racconto, non potrai certo ammetterlo nella sua interezza. E l'ho trovata". Vediamo. "Io conto le generazioni". A questo calcolo infatti essi c'invitano e ci trascinano con le loro false accuse. Ma se noi vivremo piamente, se crederemo nel Cristo, se non desidereremo volar via dal nido prima del tempo, i loro sforzi ci condurranno a conoscere meglio i misteri. Consideri pertanto la Santità vostra l'utilità degli eretici, ma quella conforme ai disegni di Dio, che si serve per il bene anche dei cattivi. Quanto invece a loro, essi riceveranno ciò che merita la loro volontà e non il bene che Dio sa trarre da loro. Allo stesso modo, quanto bene fece scaturire da Giuda! Grazie alla passione del Signore sono stati salvati i popoli, ma fu Giuda a consegnare il Signore perché patisse. Dio dunque redime i popoli mediante la passione del proprio Figlio, ma punisce Giuda per il suo peccato. Nessuno di coloro che si accontentano semplicemente di credere, esaminerebbe accuratamente i misteri che si nascondono nella Scrittura e perciò nessuno li scoprirebbe, perché nessuno li esaminerebbe accuratamente, se non fosse turbato dai denigratori. Poiché quando gli eretici lanciano calunnie, i semplici sono turbati e quando sono turbati indagano; e cercando rassomigliano ai bambini che battono la testa contro le mammelle della madre perché facciano sgorgare tanto latte quanto loro basta. Quelli ricercano perché turbati; coloro invece che sanno e hanno appreso perché hanno scrutato e perché Dio ha loro aperto la porta quando bussavano, aprono la porta a quanti sono turbati. Così avviene che gli eretici, i quali con false accuse cercano di condurre nell'errore, servono per far trovare la verità. La verità sarebbe ricercata con troppa negligenza se non avesse avversari mendaci. Poiché è necessario - dice la Scrittura - che ci siano anche le eresie. E come se gli avessimo chiesto il motivo aggiunge subito: perché appaiano chiaramente quelli che tra voi sono di fede comprovata 22.

Matteo enumera quarantadue generazioni contando due volte Ieconia.

8. 12. Che cosa dicono essi? "Ecco, Matteo conta le generazioni e afferma che sono quattordici da Abramo fino a Davide, e da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, e quattordici dalla deportazione in Babilonia fino al Cristo. Moltiplicando quattordici per tre si ottiene quarantadue". Invece costoro contano e trovano quarantuno generazioni e muovono una critica e insultano con i loro scherni: "Che cosa vuol dire se nel Vangelo si afferma che le generazioni sono quattordici per tre, eppure si trova che in totale sono quarantuno e non quarantadue?". Senza dubbio è un gran mistero! Ma noi ci rallegriamo e ringraziamo Dio che anche coloro che ci lanciano false accuse ci danno l'occasione di scoprire qualche verità, la cui scoperta è tanto più gradita quanto più densa era l'oscurità da cui era coperta. Come infatti dicevamo all'inizio, noi diamo con ciò uno spettacolo tutto spirituale. Da Abramo fino a Davide ci sono dunque quattordici generazioni. L'altra serie comincia da Salomone, poiché fu Davide a generare Salomone. Ora, questa seconda serie comincia da Salomone e giunge fino a Ieconia, durante la cui vita avvenne la deportazione a Babilonia; vi sono inoltre quattordici altre generazioni calcolando Salomone che inizia la seconda serie e calcolando anche Ieconia che la termina, in modo che si hanno in tutto quattordici generazioni. La terza serie invece comincia dallo stesso Ieconia.

Perché Ieconia è contato due volte.

8. 13. La Santità vostra cerchi di comprendere una realtà simbolica e dolce; vi confesso che il mio cuore vi trova una grande gioia. Credo che quando ve l'avrò fatta capire e l'avrete provata voi stessi, direte lo stesso anche voi. Fate dunque attenzione. A cominciare da Ieconia, il primo della terza serie, fino al Signore Gesù Cristo, ci sono quattordici generazioni, poiché questo Ieconia, l'ultimo della serie precedente e il primo della seguente, viene contato due volte. Qualcuno però potrebbe dire: "Ma perché Ieconia è contato due volte?". Tutto ciò che in precedenza s'era compiuto nel popolo d'Israele non era altro che un simbolo delle realtà future. Ora Ieconia non senza ragione viene contato due volte. Se, per esempio, si traccia il confine tra due campi con pietre oppure si mette a divisione un muro a secco, non solo il campo che si trova da una parte si misura fino allo stesso muro, ma anche quello che si trova dall'altra parte comincia a misurarsi ugualmente a partire dallo stesso muretto. Ma perché questo sistema non è stato osservato nel primo collegamento della serie, quando da Abramo contiamo quattordici generazioni fino a Davide ma ne contiamo altre quattordici a cominciare da Salomone senza ripetere Davide? Di ciò si deve indicare il motivo che ha in sé un grande mistero. La Santità vostra faccia attenzione. La deportazione a Babilonia avvenne quando fu elevato al trono Ieconia al posto del defunto suo padre. A lui fu tolto il regno e al suo posto fu stabilito un altro re. Tuttavia la deportazione tra i pagani avvenne durante la vita di Ieconia. Non è riferita alcuna colpa di Ieconia, per causa della quale fu privato del regno, ma sono piuttosto denunciati i peccati dei suoi successori. Segue dunque la cattività e c'è la deportazione a Babilonia. Non ci sono condotti solo i cattivi ma con essi ci vanno anche i servi fedeli di Dio. Di questi deportati faceva parte il profeta Ezechiele, ne facevano parte anche Daniele e i tre giovani resi famosi dalle fiamme. Vi andarono conforme alla predizione del profeta Geremia.

La trasmigrazione a Babilonia figura del passaggio del Vangelo ai pagani.

9. 14. Ricordatevi che Ieconia fu riprovato senza alcuna colpa e quindi cessò di regnare e passò tra i pagani, quando avvenne la deportazione a Babilonia; e osservate bene in ciò la prefigurazione profetica degli eventi che si sarebbero avverati riguardo a nostro Signore Gesù Cristo. I giudei infatti non vollero che regnasse su di loro nostro Signore Gesù Cristo, nel quale non trovarono alcuna colpa. Fu riprovato non solo nella sua persona ma anche nei suoi servi e questi si recarono tra i pagani come a Babilonia. Ciò aveva predetto anche Geremia, che cioè il Signore aveva stabilito che andassero a Babilonia. Geremia inoltre accusava come falsi profeti tutti gli altri profeti i quali dicevano al popolo che non sarebbero andati a Babilonia. Coloro che leggono le Scritture rammentino ciò insieme con noi; quelli che non le leggono prestino fede a noi. Geremia dunque, sostenendo la parte del Signore, minacciava coloro che non volevano andare a Babilonia; a coloro invece, che vi sarebbero andati, prometteva in quel luogo riposo e una certa felicità nel piantare vigne nuove, nel coltivare orti e nell'abbondanza dei frutti 23. In qual modo dunque ormai non simbolicamente ma realmente il popolo d'Israele passa a Babilonia? Di dove erano gli Apostoli? Non provenivano forse dal popolo d'Israele? D'onde proveniva lo stesso Paolo? Anch'io infatti - dice - sono israelita della stirpe di Abramo, della tribù di Beniamino 24. Credettero dunque nel Signore molti dei giudei, tra essi furono scelti gli Apostoli; di loro erano più di cinquecento fratelli che dopo la risurrezione meritarono di vedere il Signore 25; di essi erano centoventi persone adunate nel cenacolo quando arrivò lo Spirito Santo 26. Che cosa dice inoltre l'Apostolo negli Atti degli Apostoli quando i giudei rifiutarono la parola della verità? A voi - dice - eravamo stati inviati ma poiché voi avete respinto la parola di Dio, ecco che noi ci rivolgiamo ai pagani 27. La deportazione a Babilonia avvenne dunque conforme al piano della salvezza dell'anima relativo al tempo dell'Incarnazione del Signore, che fu prefigurata allora, al tempo di Geremia. Ebbene, che cosa dice Geremia agli esuli tra quei babilonesi? Dalla loro pace - dice dipenderà la pace vostra 28. Quando dunque Israele fu deportato a Babilonia anche nella persona del Cristo e degli Apostoli, cioè quando il Vangelo fu annunciato ai pagani, che cosa dice l'Apostolo come se parlasse per bocca dello stesso Geremia? Vi scongiuro anzitutto che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, affinché possiamo trascorrere una vita serena e tranquilla in pieno spirito di fede e integrità di vita 29. I re non erano ancora cristiani, eppure pregava per essi. Le preghiere d'Israele a Babilonia furono dunque esaudite. Furono esaudite le preghiere della Chiesa e i re sono diventati cristiani. Voi quindi vedete l'adempimento di ciò che fu detto dalla Scrittura come una prefigurazione: Dalla loro pace dipenderà la vostra pace 30. Hanno ricevuto in realtà la pace di Cristo e hanno smesso di perseguitare i cristiani; in tal modo, grazie alla tranquillità della pace, si sono potute edificare le chiese, si sono potuti piantare altri popoli nel campo di Dio e tutte le nazioni hanno prodotto frutti mediante la fede, la speranza e la carità ch'è in Cristo.

Ieconia era figura di Cristo, pietra angolare tra i giudei e i pagani.

9. 15. La deportazione a Babilonia ebbe dunque luogo allora sotto Ieconia, al quale non fu permesso di regnare sul popolo dei giudei; era una prefigurazione del Cristo che i giudei non vollero regnasse su di loro 31. Israele trasmigrò tra i pagani; ciò vuol dire che i predicatori del Vangelo penetrarono tra i popoli pagani. Perché dunque meravigliarsi che Ieconia è contato due volte? Se infatti era figura del Cristo che passava dai giudei ai pagani, rifletti che cos'è il Cristo tra i giudei e i pagani. Non è forse lui la pietra angolare? Osserva nella pietra angolare il termine d'una parete e l'inizio di un'altra. Fino alla stessa pietra si misura una parete, e a partire da essa un'altra parete. Due volte dunque viene contata la pietra angolare che congiunge l'una e l'altra parete. Poiché dunque Ieconia era figura del Signore, lo rappresentava in certo modo simbolicamente come pietra angolare. Inoltre allo stesso modo che a Ieconia non fu permesso di regnare sui giudei ma fu trasferito a Babilonia, così Cristo, la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo 32, affinché il Vangelo giungesse fino ai pagani. Non esitare dunque a contare due volte la pietra angolare e troverai il numero ch'è nella Scrittura! In tal modo le generazioni sono quattordici, più quattordici, più altre quattordici, eppure non fanno quarantadue ma quarantuna. Facciamo un esempio: se una fila di pietre si allinea su una linea retta, vengono contate una per una; se invece la fila si piega in modo da formare un angolo, bisogna contare due volte la pietra dove la fila si piega, poiché appartiene non solo alla serie che fa capo alla stessa pietra, ma anche alla serie che comincia da essa; allo stesso modo fintantoché la serie delle generazioni rimase in quel popolo, si contano in linea retta quattordici generazioni; ma quando la serie fu piegata all'epoca della trasmigrazione a Babilonia, a partire da Ieconia si formò una specie d'angolo, sicché è necessario contarlo due volte come prefigurazione della sacra pietra angolare.

Perché la genealogia di Cristo è tracciata per il tramite di Giuseppe.

10. 16. Ecco un'altra calunnia di quegl'individui. "Le generazioni di Cristo - essi obiettano - vengono contate per il tramite di Giuseppe e non di Maria". La Santità vostra presti attenzione. "Non doveva farsi il computo per la linea di Giuseppe", essi dicono. Ma perché mai non doveva farsi seguendo la linea genealogica di Giuseppe? Giuseppe non era forse lo sposo di Maria? "No", rispondono. Chi lo dice? Lo dice senza dubbio la Scrittura; questa con l'autorità dell'angelo afferma che Giuseppe era lo sposo di Maria. Non temere - disse - di prendere con te Maria, tua sposa, poiché quel ch'è nato da lei è opera dello Spirito Santo 33. L'angelo gli dà anche l'ordine d'imporre il nome al bambino benché non fosse nato da lui per discendenza carnale. Partorirà un figlio - disse - e tu gli porrai nome Gesù 34. La Scrittura dunque vuol dimostrare che Gesù non nacque per discendenza carnale da Giuseppe; siccome era angustiato perché non sapeva come mai la sposa fosse gravida, gli vien detto: È opera dello Spirito Santo; con tutto ciò non gli vien tolta l'autorità di padre, dal momento che gli viene comandato d'imporre il nome al bambino. Infine la stessa vergine Maria, sebbene fosse perfettamente consapevole d'aver concepito il Cristo senza aver avuto alcun rapporto o amplesso coniugale con lo sposo, lo chiama tuttavia padre di Cristo.

In che senso Maria chiama Giuseppe padre del Cristo.

10. 17. State attenti a come ciò avvenne. Il Signore Gesù Cristo essendo, in quanto uomo, nell'età di dodici anni, egli che, in quanto Dio, esiste prima del tempo ed è fuori del tempo, rimase separato dai genitori nel tempio a disputare con gli anziani, che rimanevano stupiti della sua scienza. I genitori, invece, ripartiti da Gerusalemme, si misero a cercarlo nella loro comitiva, cioè tra coloro che facevano il viaggio con loro ma, non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme angosciati e lo trovarono che disputava con gli anziani, avendo egli - come ho detto - solo dodici anni 35. Ma che c'è da stupirsi? Il Verbo di Dio non tace mai, sebbene la sua voce non sempre si senta. Viene dunque trovato nel tempio, e sua madre gli dice: Perché ci hai fatto una simile cosa? Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo. Ed egli: Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio? 36. Egli rispose così, poiché il Figlio di Dio era nel tempio di Dio. Quel tempio infatti non era di Giuseppe, ma di Dio. "Ecco - dice qualcuno - non ammise d'essere figlio di Giuseppe ". Fate un po' d'attenzione, fratelli, affinché la strettezza del tempo ci basti per il discorso. Poiché Maria aveva detto: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo, egli rispose: Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio? In realtà egli non voleva far credere d'essere loro figlio senza essere nello stesso tempo Figlio di Dio. Difatti, in quanto Figlio di Dio, egli è sempre tale ed è creatore dei suoi stessi genitori; in quanto invece figlio dell'uomo a partire da un dato tempo, nato dalla Vergine senza il concorso d'uomo, aveva un padre e una madre. In qual modo proviamo quest'asserzione? L'ha già detto Maria: Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo.

Le donne devono imitare la modestia e l'umiltà di Maria.

11. 18. In primo luogo, fratelli, non è da passar sotto silenzio la modestia tanto santa della Vergine Maria, perché sia norma di vita per le donne, nostre sorelle. Aveva partorito il Cristo, era andato da lei l'angelo e le aveva detto: Ecco, concepirai nel seno e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo 37. Aveva meritato di dare alla luce il Figlio dell'Altissimo, eppure era umilissima; nemmeno parlando di se stessa prende il primo posto anteponendosi al marito, col dire: "Io e tuo padre", ma: Tuo padre - dice - e io. Non tiene conto della propria dignità di madre, ma bada a rispettare il diverso grado proprio dei coniugi. Il Cristo umile non avrebbe certo insegnato alla propria madre a insuperbirsi. Tuo padre e io, addolorati, andavamo in cerca di te 38. Essa dice: Tuo padre e io, poiché capo della donna è il marito 39. Quanto meno devono insuperbire tutte le altre donne! Poiché, se alla stessa Maria è stato dato il nome di "donna", ciò non è perché avesse perduto la verginità, ma perché quello era un appellativo proprio usato dal suo popolo. Anche l'Apostolo infatti, parlando del Signore Gesù Cristo, dice: nato da una donna 40, ma senza con ciò pregiudicare la regola e il tenore della nostra fede con cui professiamo ch'egli è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria 41. Questa infatti lo concepì essendo vergine, lo partorì continuando ad esser vergine e rimase sempre vergine. Gli ebrei però chiamavano "donne", secondo l'uso proprio della lingua ebraica, tutte le persone di sesso femminile. Ascolta un esempio quanto mai evidente. La prima donna che Dio creò prendendola dal fianco dell'uomo, prima ancora che s'unisse al marito - cosa che la Scrittura dice avvenuta dopo la loro espulsione dal paradiso - era tuttavia già chiamata "donna", poiché la Scrittura dice: Dio ne formò la donna 42.

Cristo non disconosce Giuseppe come suo padre.

11. 19. Quanto dunque alla risposta data dal Signore Gesù Cristo: Occorreva che mi occupassi delle cose del Padre mio 43, essa sta ad indicare che Dio è suo Padre in modo da non riconoscere come padre Giuseppe. In qual modo lo dimostriamo? Attenendoci alla Scrittura, che dice così: E rispose loro: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ma essi non compresero che cosa aveva detto loro. Essendo poi sceso con loro, si recò a Nazaret ed era loro sottomesso 44. La Scrittura non dice: "Era sottomesso alla madre", oppure: "Era sottomesso a lei", ma: Era sottomesso loro. Chi sono questi, ai quali era sottomesso? Non erano forse i suoi genitori? Erano entrambi i suoi genitori coloro ai quali Cristo era sottomesso per la degnazione per cui era figlio dell'uomo.

I ragazzi devono imitare l'ubbidienza di Gesù fanciullo.

12. 19. Finora hanno sentito le norme loro proprie le donne; sentano adesso le loro i ragazzi, perché ubbidiscano ai genitori e siano loro sottomessi. Il mondo è sottomesso a Cristo, Cristo è sottomesso ai genitori.

Cristo è figlio ma anche Signore di Davide.

12. 20. Vedete dunque, fratelli, che Cristo, dicendo: "Occorre che mi occupi delle cose del Padre mio", non voleva che noi intendessimo le sue parole presso a poco in questo senso: "Voi non siete miei genitori", ma nel senso ch'essi erano genitori nel tempo, il Padre invece da tutta l'eternità. Quelli erano genitori del Figlio dell'uomo, il Padre invece lo era del proprio Verbo e Sapienza, era Padre della sua Potenza, grazie alla quale ha creato tutte le cose. Se tutte le cose sono create dalla Potenza che si estende da un'estremità all'altra del mondo con forza e regge l'universo con bontà 45, per mezzo del Figlio di Dio furono creati anche coloro, ai quali egli medesimo si sarebbe sottomesso come figlio dell'uomo. L'Apostolo inoltre lo chiama figlio di Davide: Il quale - dice - gli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne 46. Tuttavia lo stesso Signore propone ai giudei la questione che l'Apostolo risolve con queste stesse parole. Infatti, avendo detto: Nato dalla stirpe di Davide, aggiunge: secondo la carne, appunto per far intendere che, per quanto riguarda la divinità, non è figlio di Davide ma Figlio di Dio e Signore di Davide. Difatti, in un altro passo l'Apostolo, mettendo in risalto la stirpe dei giudei, dice: Ad essi appartengono i patriarchi, dai quali discende il Cristo secondo la carne, egli ch'è al di sopra d'ogni cosa, Dio benedetto per i secoli 47. In quanto nato secondo la carne, era "figlio di Davide"; in quanto esistente al di sopra d'ogni cosa, Dio benedetto per i secoli, era il "Signore di Davide". Il Signore dunque chiese ai giudei: Di chi voi dite sia figlio il Cristo? Gli risposero: Di Davide 48. Questo in realtà essi lo sapevano, perché facilmente lo capivano da quanto avevano preannunciato i Profeti. Effettivamente egli era figlio di Davide, ma solo secondo la carne 49, tramite la Vergine Maria, promessa sposa di Giuseppe. Poiché dunque i giudei avevano risposto che il Cristo era discendente di Davide, Gesù chiese loro: Come mai allora Davide, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, lo chiama Signore, dicendo: "Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io non porrò i tuoi nemici sotto i tuoi piedi"? Se dunque Davide per ispirazione divina lo chiama Signore, come mai può essere suo figlio? 50. Ma i giudei non furono in grado di rispondergli. Così troviamo nel Vangelo. Egli non negò d'essere figlio di Davide, ma non volle che ignorassero ch'era il Signore di Davide. I giudei infatti riguardo al Cristo pensavano ch'era un uomo nato in un dato tempo, ma non capivano ch'egli esiste dall'eternità. Ecco perché, volendoli istruire sulla propria natura divina, pose loro il quesito sulla propria natura umana, come se dicesse loro: "Voi sapete che il Cristo è discendente di Davide; rispondetemi come mai è anche il Signore di Davide". Ma perché non rispondessero: "Non è il Signore di Davide", addusse come testimone lo stesso Davide. E che cosa dice Davide? Dice appunto la verità. Nei salmi infatti si trova che Dio fa a Davide anche la promessa: Porrò sul tuo trono uno dei tuoi figli 51. Ecco il figlio di Davide. In qual modo è anche "Signore di Davide" colui ch'è figlio di Davide? Il Signore - è detto - dice al mio Signore: "Siedi alla mia destra" 52. Vi stupite che Davide abbia come proprio discendente il Signore, quando vedete che Maria diede alla luce il proprio Signore? È Signore di Davide perché Dio, lo è perché è il Signore di tutti; è invece figlio di Davide, perché figlio dell'uomo. Egli è allo stesso tempo Signore e figlio: è Signore di Davide egli che, pur essendo Dio per natura, non reputò un tesoro geloso essere uguale a Dio 53; è invece figlio di Davide, perché spogliò se stesso prendendo la natura di servo 54.

Il matrimonio è costituito dalla carità coniugale, non dell'unione carnale.

13. 21. Non è quindi vero che Giuseppe non fosse padre per il fatto che non si unì nell'amplesso carnale con la Madre del Signore, come se a costituire moglie una donna fosse la passione carnale e non la carità coniugale. La Santità vostra ascolti attentamente. Di lì a pochi anni l'Apostolo di Cristo nella Chiesa avrebbe detto: Bisogna ormai che perfino coloro che hanno moglie vivano come se non l'avessero 55. Sappiamo inoltre che molti nostri fratelli, i quali producono frutti in virtù della grazia, per seguire Cristo si astengono di mutuo consenso dai rapporti carnali senza venir meno alla vicendevole carità coniugale. Quanto più vien repressa la concupiscenza, tanto più si rafforza la carità. I coniugi che vivono in questo modo, non cercando a vicenda il frutto della carne, non esigendo l'uno dall'altro il debito della concupiscenza corporale, cessano forse d'essere coniugi? Purtuttavia la moglie è sottomessa al marito, poiché così è giusto, ed è tanto più sottomessa quanto più è casta; il marito a sua volta ama veramente la moglie con onore e santità 56, come sta scritto, considerandola coerede della grazia, come il Cristo - è detto ha amato la Chiesa 57. Se dunque v'è l'unione matrimoniale, se c'è il matrimonio, se non è vero che non c'è il matrimonio per il fatto che non si compie ciò che si può fare, sebbene in modo illecito, con una persona che non è il proprio coniuge, volesse il cielo che tutti fossero in grado di vivere così; molti non ci riescono. Non separino quindi coloro che ci riescono, così da negare che o l'uno sia marito o l'altra sia moglie perché non si uniscono nella carne, mentre invece sono congiunti nel cuore.

Il limite dell'unione carnale è " il fine della procreazione " stabilito dalle tavole matrimoniali; quando è veniale la sua trasgressione.

13. 22. Dovete dunque, fratelli miei, comprendere da quanto detto quale giudizio la Scrittura formuli di quei nostri padri, i quali erano uniti in matrimonio solo allo scopo d'aver prole dalle loro mogli. Difatti essi che, in ragione dei tempi e dell'usanza del loro popolo, avevano anche più mogli, le tenevano in modo talmente casto, che non consentivano alla concupiscenza carnale se non per procreare, tenendole davvero in onore. Chi d'altronde brama la carne della propria moglie più di quanto prescriva il limite (ossia il fine di mettere al mondo dei figli), agisce in contrasto con le tavole in base alle quali ha preso in moglie la donna. Le tavole vengono lette, e lette al cospetto di tutti quelli presenti al rito; iniziano: Allo scopo di procreare figli e si chiamano Tavole matrimoniali. Supponiamo che le donne fossero date e ricevute in mogli per uno scopo diverso; chi darebbe, senza vergogna, la propria figlia in preda alla sensualità d'un individuo? Vengono dunque lette le tavole matrimoniali perché i genitori non debbano arrossire quando danno una figlia in matrimonio, perché siano suoceri e non mezzani. Che si legge dunque nelle tavole? Allo scopo di procreare figli. A sentire le parole delle tavole la faccia del padre si rischiara e si rasserena. Osserviamo la faccia del marito che prende la donna in moglie. Anche il marito dovrebbe arrossire di prenderla con altro scopo, se arrossisce il padre di darla per uno scopo diverso. Se però non riescono a contenersi, esigano il debito (l'abbiamo già detto una volta); ma non si spingano più in là del proprio debitore. Sia la moglie che il marito aiutino a vicenda la propria debolezza. Egli non vada con un'altra né lei con un altro (cosa questa da cui deriva il termine "adulterio", come per dire: "con un altro"). Anche se si oltrepassano i limiti del contratto matrimoniale, non si oltrepassino i limiti del letto coniugale. Non è forse peccato esigere dal coniuge il debito in misura superiore all'esigenza di procreare figli? È certo un peccato, ma un peccato veniale. L'Apostolo afferma: Questo però ve lo dico per condiscendenza 58. Parlando poi di questo problema, dice: Non rifiutatevi l'un l'altro se non di mutuo accordo e per un certo tempo al fine di dedicarvi alla preghiera, e poi tornate a stare insieme, affinché Satana non vi tenti a causa della vostra incontinenza 59. Che vuol dire ciò? "Non imponetevi nessun vincolo che superi le vostre forze, per evitare che, astenendovi tra voi, precipitiate nei lacci dell'adulterio. Perché Satana non vi tenti a causa della vostra incontinenza". Paolo inoltre, perché non avesse l'aria di comandare ciò che diceva solo per condiscendenza (una cosa è infatti comandare alla virtù e un'altra condiscendere alla debolezza), soggiunge subito: Questo però lo dico per condiscendenza, non per comando. Poiché vorrei che tutti fossero come sono io 60. Come se dicesse: "Non vi comando di farlo, ma sarò indulgente verso di voi se lo farete".

I due sostegni con cui si mantiene il genere umano.

14. 23. Riflettete, dunque, fratelli miei. Alcuni grandi personaggi hanno la moglie all'unico scopo di procreare figli, quali si legge fossero i Patriarchi e come troviamo in molte testimonianze, e proclamano espressamente e con assoluta certezza i libri della Sacra Scrittura; se dunque ci sono tali personaggi, che hanno moglie al solo scopo di procreare figli, se si potesse offrire loro il mezzo d'aver figli senza l'amplesso coniugale, non accoglierebbero forse un sì gran beneficio con ineffabile gioia? Non lo adotterebbero con immensa allegrezza? Due infatti sono le azioni fisiche, in virtù delle quali sussiste il genere umano; azioni alle quali le persone sagge e sante si abbassano spinte dal dovere, mentre gli stolti vi si gettano spinti dalla concupiscenza. Una cosa è infatti abbassarsi a un'azione per dovere, un'altra cosa è cadervi per passione. Quali sono queste due azioni, grazie alle quali sussiste il genere umano? Riguardo a noi stessi la prima azione è quella relativa al prendere il cibo (che non può prendersi senza un certo piacere carnale), cioè il mangiare e il bere; se quest'azione non la si facesse si morirebbe. Con questo solo sostegno del mangiare e del bere si conserva il genere umano secondo le leggi della propria natura; ma con esso gli uomini si sostentano solo per quanto riguarda la loro persona; alla loro discendenza invece non provvedono col mangiare e col bere, ma col prendere moglie. Perché infatti sussista il genere umano è necessario anzitutto che gli uomini vivano, ma poiché non possono certamente vivere sempre nonostante tutte le cure che si vogliano avere per il corpo, è logico avere la precauzione che, a coloro che muoiono, succedano altri che nascono. Di fatto, al dire della Scrittura, il genere umano è simile alle foglie che rivestono un albero, ma un albero sempreverde come l'ulivo o l'alloro o un altro di tal genere; siffatti alberi non sono mai privi della loro chioma, eppure non hanno sempre le medesime foglie. In effetti, come dice ancora la Scrittura, il sempreverde ne fa spuntare alcune ma ne fa cadere altre 61, poiché quelle che nascono man mano succedono a quelle che cadono; l'albero infatti fa sempre cadere le foglie, ma ne rimane tuttavia sempre rivestito. Allo stesso modo anche il genere umano ogni giorno, per il sopraggiungere di coloro che nascono, non avverte la diminuzione derivante da coloro che muoiono e in tal modo, nella misura che gli è consentita, il genere umano sussiste in tutte le sue specie; e come sugli alberi si vedono sempre le foglie, così la terra si vede sempre piena d'uomini. Se invece gli uomini morissero soltanto, e non ne succedessero altri, come alcuni alberi perdono tutte le loro foglie, così la terra rimarrebbe spopolata del tutto.

Alle azioni necessarie per la vita alcuni sono condotti dalla passione, altri dalla ragione.

14. 24. Poiché dunque questi due sostegni, di cui abbiamo parlato a sufficienza, son necessari alla conservazione del genere umano, l'uomo sapiente, prudente e fedele si abbassa ad entrambi spinto dal dovere, non vi cade spinto dalla sensualità. Quanti si precipitano con voracità a mangiare e a bere, riponendo in ciò tutta la loro vita, come fosse la ragione stessa per cui si vive! Essi infatti, pur mangiando per vivere, credono di vivere per mangiare. Costoro sono biasimati da ogni persona sapiente e soprattutto dalla divina Scrittura come mangioni, ubriaconi, ghiottoni, poiché il loro Dio è il ventre 62. Ciò che li spinge a mettersi a tavola è solo l'appetito carnale e non il bisogno di rifocillarsi. Costoro perciò si precipitano sui cibi e sulle bevande. Coloro invece che vi si abbassano solo per il dovere di vivere, non vivono per mangiare ma mangiano per vivere. Se pertanto a tali persone prudenti e temperanti fosse data la possibilità di vivere senza mangiare e bere, con quanta gioia accoglierebbero questo beneficio, per non essere costretti neppure ad abbassarsi a cose a cui non hanno mai avuto l'abitudine di precipitarsi! In tal modo sarebbero sempre elevati verso il Signore e le loro elevazioni non sarebbero abbassate dalla necessità di ristorare il deperimento del corpo. In qual modo pensate che il santo Elia ricevesse un piccolo orcio d'acqua e una focaccia di pane, che doveva bastargli come alimento per quaranta giorni 63? Lo prese certo con gran gioia, perché mangiava e beveva solo per il dovere di conservarsi in vita e non perché schiavo dell'ingordigia. Prova, se ti è possibile, a offrire un tal beneficio a un individuo che, simile ad un animale nella stalla, pone tutta la sua delizia e la sua felicità nella buona tavola! Egli avrà in orrore il tuo beneficio, lo respingerà lontano da sé, lo reputerà un castigo. Così pure avverrà per quanto riguarda l'amplesso coniugale; i sensuali cercano le proprie mogli solo per questo e perciò a mala pena si accontentano delle proprie. Volesse poi il cielo che, se non son capaci o non vogliono sopprimere la sensualità, non la lasciassero progredire oltre i limiti prescritti dal debito coniugale e oltre i limiti concessi alla debolezza umana! Se a un tale individuo tu chiedessi davvero: "Perché prendi moglie?", forse, spinto dalla vergogna, ti risponderebbe: "Per aver figli". Se però uno, al quale egli fosse disposto a prestar fede senza alcuna esitazione, gli dicesse: "Dio è in grado di darti dei figli e te li darà anche se non ti unirai nella carne a tua moglie", allora verrebbe messo per davvero alle strette e ammetterebbe che non è per aver figli che cerca la moglie. Confessi dunque la propria debolezza; prenda pure ciò che, come pretesto, diceva di prendere per dovere.

Ai padri dell'A.T. fu concesso di avere più mogli solo al fine di procreare figli.

15. 25. Così i santi Patriarchi, uomini di Dio, cercavano d'aver figli e desideravano di ottenerli. A quest'unico scopo si univano in matrimonio con le donne e si accoppiavano con esse, per l'unico fine di procreare figli. Fu questo il motivo per cui fu permesso loro d'aver più mogli. Se a Dio piacesse una libidine senza freni, a quel tempo avrebbe anche permesso che una sola donna avesse più mariti, come a un sol uomo era permesso d'aver più mogli. Perché dunque tutte le donne caste non avevano più di un marito, mentre un sol uomo poteva avere più mogli? Solo perché un solo uomo abbia più mogli per avere un gran numero di figli, mentre una sola donna non potrà dare alla luce un numero tanto maggiore di figli quanto maggiore sarà il numero dei suoi mariti. Ecco perché, fratelli, se i nostri Patriarchi si univano in matrimonio e si accoppiavano con le donne al solo scopo di procreare dei figli, avrebbero provato una gran gioia se avessero potuto averli senza l'atto carnale poiché per averli non vi si gettavano spinti dalla sensualità, ma vi si abbassavano spinti dal dovere. Giuseppe dunque non era forse padre perché aveva avuto il figlio senza la concupiscenza carnale? Tutt'altro! La castità cristiana non pensi affatto ciò che non pensava neppure quella giudaica! Amate le vostre mogli, ma amatele castamente. Desiderate l'atto carnale solo nei limiti necessari per procreare figli. E poiché non potete averne in altra maniera, abbassatevi a quell'atto con dolore. La concupiscenza è un castigo meritato da Adamo, dal quale noi abbiamo origine. Non dobbiamo vantarci d'un nostro castigo. È un castigo inflitto a colui che meritò di generare per la morte, poiché a causa del peccato divenne mortale. Dio non eliminò tale castigo perché l'uomo si ricordasse da dove è richiamato e dove è chiamato e cercasse l'amplesso ove non è alcuna corruzione.

15. 26. Quella nazione doveva dunque moltiplicarsi in modo straordinario fino alla venuta del Cristo, affinché, mediante il gran numero di persone, fossero prefigurati tutti i modelli della Chiesa che si dovevano prefigurare; ecco il motivo per cui i Patriarchi avevano il dovere di prendere mogli, mediante le quali aumentasse il popolo, in cui fosse prefigurata la Chiesa.

La dignità verginale cominciò dalla Madre del Signore. In qual senso Giuseppe fu padre di Cristo.

16. 26. Ma la dignità verginale ebbe origine dalla Madre del Signore, quando cioè nacque il re di tutti i popoli; fu lei a meritare non solo d'avere il figlio ma anche di non soggiacere alla corruzione. Come dunque quello era vero matrimonio e matrimonio senza corruzione, così quel che la moglie partorì castamente, perché il marito non avrebbe dovuto accoglierlo castamente? Come infatti era casta la moglie, così era casto il marito; e come era casta la madre, così era casto il padre. Colui dunque che dice: "Giuseppe non doveva essere chiamato padre, perché non aveva generato il figlio", nel procreare i figli cerca la libidine, non l'affetto ispirato dalla carità. Giuseppe con l'animo compiva meglio ciò che altri desidera compiere con la carne. Così, per esempio, anche coloro che adottano dei figli, non li generano forse col cuore più castamente, non potendoli generare carnalmente? Vedete, fratelli, i diritti dell'adozione, per cui un uomo diventa figlio di uno dal quale non è nato, in modo che ha maggior diritto nei suoi riguardi la volontà dell'adottante che non la natura del generante. In tal modo dunque Giuseppe non solo doveva essere padre, ma doveva esserlo in sommo grado. D'altronde gli uomini generano figli anche da donne che non sono le loro mogli, e questi son chiamati "figli naturali", ma a questi son preferiti i figli legittimi. Per quanto riguarda l'atto della carne sono nati allo stesso modo; perché allora sono preferiti questi ultimi, se non perché più casta è la carità della moglie, dalla quale i figli sono procreati? In tal caso non si considera l'unione carnale, ch'è uguale nell'una e nell'altra donna. Per qual ragione la moglie è superiore, se non per l'affetto della fedeltà, per l'affetto verso il marito, per l'affetto d'una carità più sincera e più casta? Se dunque uno potesse aver figli dalla moglie senza l'amplesso coniugale non dovrebbe essere tanto più contento, quanto più è casta colei che egli ama più ardentemente?.

Per accordare Matteo e Luca si ammette giustamente che Giuseppe avesse un padre naturale e uno legale.

17. 27. A questo proposito considerate anche quest'altra eventualità: può cioè accadere che un solo uomo non soltanto abbia due figli, ma anche due padri. Se ci riflettete, ciò potrebbe accadere nel caso della summenzionata adozione. Poiché si dice: "Uno può avere due figli, ma non due padri". Non è vero; si trova anzi che uno può avere anche due padri, se uno lo ha generato con il suo seme, l'altro l'ha adottato per amore. Se dunque un uomo può aver due padri, poté averne due anche Giuseppe: da uno poté essere generato, dall'altro essere adottato. Se ciò fu possibile, che cosa hanno da criticare coloro i quali dicono che Matteo ha seguito generazioni diverse da quelle seguite da Luca? In realtà troviamo che il primo ha seguito generazioni diverse da quelle del secondo. Matteo infatti chiama Giacobbe il padre di Giuseppe, Luca invece lo chiama Eli. Potrebbe in verità sembrare che un unico uomo, del quale era figlio Giuseppe, avesse due nomi. Ma per il fatto che i due enumerano differenti avoli e bisavoli e altri progenitori antecedenti e nello stesso numero l'uno ne conta di più, l'altro di meno si dimostra chiaramente che Giuseppe ebbe due padri. Messo dunque da parte il sofisma della questione, poiché una ragione evidente ha dimostrato ch'è possibile che uno sia il padre che lo generò, un altro quello che lo adottò; stabilita l'esistenza di due padri, non è da meravigliarsi se gli avi e i bisavoli e tutti gli altri progenitori vengano enumerati a partire da antenati diversi in linea ascendente.

L'adozione nella S. Scrittura. L'unione dei Patriarchi con le serve in qual modo non era adulterio.

18. 28. Non dovete pensare che il diritto dell'adozione sia ignoto alle nostre Scritture e che, osservato, per così dire, solo nella consuetudine delle leggi umane, non possa conciliarsi con l'autorità della Sacra Scrittura. In realtà è un fatto antico e ricordato spesso nelle medesime Scritture della Chiesa che un figlio è generato non solo dal seme umano ma anche dalla volontà del bene. Infatti anche le donne, se non avevano avuto la capacità di generare, adottavano figli nati dall'unione dei loro mariti con le schiave e ordinavano perfino ai mariti di generargliene, come Sara 64 come Rachele 65 e Lia 66. Nell'adempiere questo doveroso servizio i mariti non commettevano adulterio, poiché ubbidivano alle mogli rispetto a un'azione concernente il debito coniugale, conforme a quanto dice l'Apostolo: La moglie non è padrona del proprio corpo, ma lo è il marito. E così neppure il marito è padrone del proprio corpo, ma lo è la moglie 67. Anche Mosè, nato da madre ebrea ed esposto, fu adottato dalla figlia del faraone 68. Veramente non esistevano le stesse formule di legge che esistono ora, ma la libera decisione della volontà era reputata come norma di legge; come in un altro passo dice l'Apostolo: I pagani non hanno la legge, ma per natura agiscono secondo la legge 69. Se poi alle donne era lecito considerare come figli quelli ch'esse non avevano partorito, perché non sarebbe stato lecito anche ai loro mariti d'avere per figli quelli generati da essi non in virtù dell'atto coniugale, ma dell'amore di adottarli? Leggiamo infatti che il patriarca Giacobbe, pur essendo padre di tanti figli, tuttavia adottò come figli i propri nipoti, i figli di Giuseppe, dicendo così: Questi due saranno miei figli e riceveranno in eredità la terra con i loro fratelli; gli altri figli, che tu genererai, saranno figli tuoi 70. Uno potrebbe obiettare che nelle sante Scritture non si trova la parola "adozione". Ma non ha alcuna importanza il termine col quale si deve chiamare il fatto - essendo esso un fatto reale - che una donna abbia un figlio non generato dal suo sangue. (Questo tale si rifiuti pure - né io mi oppongo - di chiamare "adottato" Giuseppe, purché ammetta ch'egli poté esser figlio anche di uno, di cui non era figlio per generazione carnale. D'altra parte l'apostolo Paolo ricorda continuamente anche il nome di "adozione", perfino a proposito del gran sacramento. Egli infatti, poiché la Scrittura attesta che nostro Signore Gesù Cristo è l'unico figlio di Dio, afferma che coloro, ch'egli si è degnato d'avere come fratelli e coeredi, lo diventano in virtù d'una certa adozione della grazia di Dio. Quando venne - dice - la pienezza del tempo, Dio inviò il proprio Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli 71. Ancora in un altro passo dice: Gemiamo in noi stessi in attesa dell'adozione, della redenzione del nostro corpo 72. Un'altra volta, parlando dei giudei, dice: Vorrei essere maledetto io stesso da Dio, separato da Cristo, se ciò potesse giovare ai miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono israeliti e posseggono - dice - l'adozione a figli la gloria, l'alleanza, la legislazione; sono discendenti dei Patriarchi, da essi proviene Cristo secondo la carne, egli ch'è sopra tutte le cose, Dio benedetto nei secoli 73. In questo passo dimostra che presso i giudei era antico non solo il nome di"adozione ", ma anche la stessa realtà, come l'alleanza e la legislazione, ricordate insieme.

Le generazioni del Signore sono contate dagli Evangelisti senza menzogna, tenuto conto dell'adozione o della filiazione naturale.

19. 29. A ciò si aggiunge che c'era un modo proprio dei giudei, per cui un bambino diventava figlio d'un uomo, dal quale non era nato carnalmente. I parenti di coloro ch'erano morti senza figli, prendevano la moglie del defunto, per procurargli la discendenza 74. In tal modo colui che nasceva, non solo era figlio di colui dal quale nasceva, ma anche di colui del quale, nascendo, diveniva successore. Ciò è stato ricordato perché nessuno, pensando che non possa essere esatto che siano ricordati due padri d'un solo individuo, creda si possa denigrare, accusandolo sacrilegamente di menzogna, uno qualsiasi degli Evangelisti, che narrano le generazioni del Signore, soprattutto quando vediamo che siamo messi sull'avviso dalle loro stesse parole. Matteo, che chiaramente ricorda il padre da cui fu generato Giuseppe, così enumera le generazioni: "Il tale generò il tal altro", per poter arrivare a ciò che dice alla fine: Giacobbe generò Giuseppe 75. Luca al contrario, poiché non propriamente generato si chiama colui che è figlio o per adozione o per successione di morte, in quanto è nato da colei che era stata moglie del morto, non dice: "Eli generò Giuseppe", oppure: "Giuseppe generato da Eli", ma che era - dice - Figlio di Eli 76, sia perché adottato, sia perché generato da un parente per succedere nascendo al morto.

Perché le generazioni sono contate secondo la linea di Giuseppe e non di Maria.

20. 30. Abbiamo dunque esposto a sufficienza il motivo per cui non deve turbarci il fatto che le generazioni sono enumerate seguendo la linea genealogica di Giuseppe e non quella di Maria; come infatti essa è madre senza la concupiscenza carnale, così egli è padre senza l'unione carnale. Quindi le generazioni discendono e ascendono tramite lui. Non dobbiamo quindi metterlo da parte perché mancò la concupiscenza carnale. La maggiore sua purezza confermi la paternità, perché non ci rivolga un rimprovero la stessa Santa Maria. Essa infatti non volle porre il proprio nome innanzi a quello del marito, ma disse: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo 77. Non facciano dunque i maligni detrattori ciò che non fece la casta sposa. Enumeriamo perciò le generazioni lungo la linea di Giuseppe, poiché allo stesso modo che è casto marito, così è pure casto padre. Dobbiamo invece mettere l'uomo al di sopra della donna secondo l'ordine della natura e della legge di Dio. Se infatti metteremo da parte lui e al suo posto metteremo lei, egli ci dirà giustamente: "Perché mi avete messo da parte? Perché le generazioni non ascendono o discendono per la mia linea genealogica?". Gli si risponderà forse: "Perché tu non hai generato mediante la tua carne"? Ma egli ci risponderà: "Partorì forse anche Maria mediante la sua carne?". Ciò che lo Spirito Santo effettuò, lo effettuò per ambedue. È detto: Essendo un uomo giusto 78. Giusto dunque l'uomo, giusta la donna. Lo Spirito Santo, che riposava nella giustizia di ambedue, diede un figlio ad entrambi. Ma, affinché fosse figlio anche per il marito, lo fece per mezzo del sesso che doveva partorirlo. Ecco perché l'angelo dice ad ambedue di mettere il nome al bambino; cosa questa con cui viene proclamata l'autorità dei genitori. Così, per esempio, essendo Zaccaria ancora muto, la madre di Giovanni voleva mettere il nome al figlio che l'era nato. Ma i presenti fecero cenno al padre chiedendogli come voleva chiamarlo, ed egli, presa una tavoletta, vi scrisse il nome che lei aveva già detto 79. Anche a Maria è detto: Ecco, concepirai un figlio e lo chiamerai Gesù 80. Ma anche a Giuseppe è detto: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria per tua sposa; il bambino ch'è nato in lei è opera detto Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu gli metterai nome Gesù; egli salverà il suo popolo dai suoi peccati 81. L'Evangelista dice anche: E gli partorì un figlio 82, parole con cui senza dubbio si afferma che Giuseppe è padre non per virtù della carne, ma della carità. Così dunque egli è padre e lo è realmente. Con molta precauzione e con molta prudenza gli Evangelisti contano le generazioni attraverso la linea di Giuseppe; sia Matteo discendendo da Abramo fino a Cristo, sia Luca ascendendo da Cristo attraverso Abramo fino a Dio. L'uno enumera per la linea discendente, l'altro per la linea ascendente, ma entrambi attraverso Giuseppe. E perché? Perché egli è il padre. E perché è padre? Perché tanto più sicuramente padre, quanto più castamente padre. In realtà si credeva ch'egli fosse padre di nostro Signore Gesù Cristo in modo diverso; lo fosse cioè come tutti gli altri padri che generano carnalmente, non come quelli che accolgono i figli con il solo affetto spirituale. Difatti anche Luca dice: Era opinione comune che Giuseppe fosse il padre di Gesù 83. Perché era opinione comune? Perché l'opinione e il giudizio della gente era portato verso ciò che di solito fanno gli uomini. Il Signore dunque non è discendente di Giuseppe per via carnale, sebbene fosse ritenuto tale. Tuttavia alla pietà e alla carità di Giuseppe nacque dalla vergine Maria un figlio, e proprio il Figlio di Dio.

Perché Matteo conta le generazioni per linea discendente, Luca invece per linea ascendente.

21. 31. Ma perché l'uno enumera le generazioni in linea discendente, l'altro invece per linea ascendente? Cercate di ascoltarlo, vi prego, attentamente, per quanto Dio vi aiuterà, ormai con animo sgombro di dubbi e libero da ogni molestia di sofismi intricati. Matteo enumera le generazioni in linea discendente per simboleggiare la discesa di nostro Signore Gesù Cristo, venuto per addossarsi i nostri peccati, affinché nel seme di Abramo venissero benedetti tutti i popoli. Ecco perché Matteo non comincia da Adamo: poiché tutto il genere umano deriva da lui; e non comincia neppure da Noè, poiché anche dalla stessa sua famiglia ebbe origine tutto il genere umano dopo il diluvio. Per il compimento della profezia bisognava mostrare che l'uomo Gesù Cristo discendeva non da Adamo, da cui provengono tutti gli uomini, o da Noè, da cui tutti gli uomini ebbero di nuovo origine, ma da Abramo che, quando tutta la terra era popolata, fu scelto da Dio affinché tutte le nazioni fossero benedette mediante il suo Discendente 84. Luca, al contrario, enumera le generazioni nella linea ascendente, non cominciando dalla stessa nascita del Signore ma dal punto ove narra che fu battezzato da Giovanni. Ora, allo stesso modo che nell'incarnazione il Signore si addossa i peccati del genere umano, così li prende su di sé per assolverli con la consacrazione del battesimo. Il primo perciò enumera le generazioni in linea discendente, per indicare simbolicamente il Cristo che discende per addossarsi i peccati, il secondo invece enumera le generazioni nella linea ascendente per indicare simbolicamente l'espiazione dei peccati, naturalmente non suoi ma nostri. Ma il primo discende attraverso Salomone, con la madre del quale aveva peccato Davide, il secondo ascende attraverso Natan, altro figlio del medesimo Davide, dal quale gli fu assolto il peccato. Leggiamo infatti che Natan fu inviato a lui per rimproverarlo e perché grazie al pentimento fosse sanato 85. Ambedue si sono incontrati quando sono arrivati a Davide, il primo lungo la linea discendente, l'altro lungo quella ascendente, e da Davide fino ad Abramo, o da Abramo fino a Davide non differiscono riguardo a nessuna generazione. In tal modo Cristo, figlio di Davide e figlio di Abramo, arriva fino a Dio. È necessario infatti che noi, rinnovati dal battesimo, dall'abolizione dei peccati siamo ricondotti a Dio.

Il numero quaranta nelle generazioni del Signore.

22. 32. Tuttavia nelle generazioni contate da Matteo ha un particolare risalto il numero quaranta. Le divine Scritture infatti hanno l'abitudine di non computare le cifre che oltrepassano l'intero di determinati numeri. Così parlano di quattrocento anni dopo l'uscita del popolo israelitico dall'Egitto 86, pur essendo essi quattrocentotrenta. Così anche qui una sola generazione che supera il numero quaranta non toglie a questo numero il suo carattere del tutto particolare. Orbene, questo numero simboleggia la vita, durante la quale si soffre su questa terra finché siamo come pellegrini lontani dal Signore 87, e nella quale è necessario assumere l'impegno temporale di annunciare la verità. Ora il numero dieci, per cui è simboleggiata la perfezione della felicità, moltiplicato per quattro in rapporto alle quattro età del mondo e alle quattro parti del mondo, fa quaranta. Ecco perché per quaranta giorni digiunarono non solo Mosè 88, ma anche Elia 89 e lo stesso Mediatore, nostro Signore Gesù Cristo 90. Poiché nel tempo presente è necessario astenersi dalle attrattive dei sensi. Anche per quarant'anni il popolo fu pellegrino nel deserto 91, il diluvio durò quaranta giorni 92. Per quaranta giorni dopo la risurrezione il Signore si trattenne con i discepoli convincendoli della realtà del corpo risorto 93. Con ciò volle indicare che in questa vita, in cui siamo pellegrini lontani da Dio 94, il numero quaranta - com'è stato già detto - ci mostra allegoricamente che ci è necessario il memoriale del corpo del Signore, che celebriamo nella Chiesa finché egli non tornerà 95. Poiché dunque nostro Signore discese in questa vita e il Verbo si fece carne 96 per essere immolato a causa dei nostri peccati e risuscitare per la nostra giustificazione 97, Matteo si attenne al numero quaranta; in tal modo quella sola generazione che supera il numero quaranta non lo pregiudica, allo stesso modo che i trent'anni non pregiudicano la completezza dei quattrocento, oppure essa simboleggia che lo stesso Signore, con l'aggiunta del quale si hanno quarantuno generazioni, discese nella nostra vita per addossarsi i nostri peccati in modo tuttavia che risulti distinto da questa vita, grazie alla sua personale e singolare superiorità per cui è uomo ed è nello stesso tempo anche Dio. Di lui solo è detto ciò che non si è mai potuto né si potrà dire mai di alcun altro uomo santo, per quanto si voglia perfetto in sapienza e in giustizia: il Verbo si è fatto carne 98.

Perché Luca enumera settantasette generazioni.

23. 33. Luca invece, il quale ci dà l'albero genealogico per la linea ascendente a partire dal battesimo del Signore, conta in tutto settantasette generazioni cominciando dallo stesso nostro Signore Gesù Cristo per risalire attraverso Giuseppe e arrivare a Dio attraverso Adamo; vale a dire che con questo numero si vuol simboleggiare la remissione di tutti i peccati, che avviene nel battesimo, non perché il Signore stesso avesse colpe da essergli perdonate col battesimo, ma perché con la sua umiltà volle insegnarci che cos'era utile a noi. Sebbene inoltre quello fosse il battesimo di Giovanni, in esso tuttavia apparve sensibilmente la Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per virtù della quale fu consacrato il battesimo dello stesso Cristo, col quale dovevano essere battezzati i futuri cristiani; il Padre apparve nella voce venuta dal cielo, il Figlio nello stesso uomo-mediatore, lo Spirito Santo nella colomba 99.

Significato simbolico del numero settantasette.

23. 34. Ma perché il numero settantasette contiene tutti i peccati che vengono rimessi nel battesimo? Il motivo probabile sembra essere che il numero dieci contiene la perfezione della giustizia e della felicità, quando la creatura settenaria rimane unita alla Trinità del Creatore, perciò anche il Decalogo della legge fu dichiarato sacro con i dieci Comandamenti. Per questo motivo anche la trasgressione del numero dieci è simboleggiata dal numero undici; è chiaro che il peccato è una trasgressione quando l'uomo, bramando qualcosa di più, oltrepassa la norma della giustizia. Ecco perché l'Apostolo afferma che l'avarizia è la radice di tutti i mali 100. Ancora: all'anima che si allontana da Dio, in nome dello stesso Signore viene detto: "Speravi d'avere qualcosa di più, se ti fossi allontanata da me". Colui dunque che pecca riferisce a se stesso la trasgressione, cioè il peccato, poiché vuole rallegrarsi di un suo bene, per così dire, privato. Ecco perché vengono rimproverati anche coloro che cercano i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo 101, e viene lodata la carità che non cerca i propri interessi 102. Per questo fatto lo stesso numero undici, ch'è simbolo della trasgressione, non viene moltiplicato per dieci, ma per sette e fa settantasette. La trasgressione infatti non è della Trinità del Creatore, ma è propria della stessa creatura, cioè dell'uomo stesso, creatura quale è dimostrata dal numero sette; essa infatti contiene il tre a causa dell'anima, in cui è una certa immagine della Trinità del Creatore, poiché per essa l'uomo è stato fatto a immagine di Dio; contiene poi il quattro a causa del corpo. Notissimi sono infatti i quattro elementi di cui risulta il corpo. Chi però non li conosce, può facilmente considerare che lo stesso corpo del mondo, in cui si muove il nostro corpo attraverso lo spazio, ha, per così dire, quattro parti principali, ricordate continuamente anche dalla Sacra Scrittura: l'Oriente, l'Occidente, il Mezzogiorno e il Settentrione.

24. 34. E poiché i peccati si commettono o con l'anima, mediante la sola volontà, o anche con le azioni del corpo e perciò in modo visibile, il profeta Amos ripetutamente ricorda le minacce di Dio che dice: Per tre o quattro peccati non mi volgerò indietro 103, cioè: "non dissimulerò". I tre peccati sono quelli dovuti alla natura dell'anima; i quattro invece sono causati dalla natura del corpo, le due sostanze di cui risulta l'uomo.

Come si devono leggere le S. Scritture.

24. 35. Pertanto undici per sette o, come già detto, la trasgressione della giustizia riferita all'uomo peccatore, forma il numero settantasette, nel quale è simboleggiato l'insieme di tutti i peccati che vengono rimessi col battesimo. Ecco perché Luca ascende fino a Dio attraverso le settantasette generazioni per dimostrare che l'uomo si riconcilia con Dio mediante la cancellazione di tutti i peccati. Ecco perché a Pietro, che gli chiedeva quante volte doveva perdonare a un fratello, lo stesso Signore disse: Ti dico: non sette volte, ma settantasette volte 104. Se poi in questi arcani tesori dei misteri di Dio vi è qualche altra cosa, potrà essere tratta fuori da altri più diligenti e più degni. Noi tuttavia abbiamo detto ciò che siamo stati in grado di dire secondo la nostra capacità in misura dell'aiuto datoci dal Signore e tenuto conto anche dello spazio limitato del tempo. Se qualcuno di voi è in grado di capire di più, bussi alla porta di colui dal quale riceviamo anche noi quanto possiamo capire e dire. Anzitutto però dovete ritenere come norma di non lasciarvi turbare quando non comprendete ancora le Sacre Scritture e, se le comprendete, di non insuperbirvi; quello che non comprendete rimandate con rispetto ad altro tempo, e quello che comprendete ritenetelo con sentimenti di carità.

 

 

1 - 2 Cor 4, 7.

2 - Mt 10, 22.

3 - Sal 21, 17.

4 - Sal 21, 18.

5 - 1 Cor 4, 9.

6 - Gv 16, 33.

7 - Gn 22, 18.

8 - 1 Cor 1, 27-28.

9 - Col 2, 6-7.

10 - Col 2, 3.

11 - Cf. 2 Cor 3, 16.

12 - Mt 1, 1.

13 - Mt 1, 2-6.

14 - Mt 1, 6-16.

15 - Mt 1, 17.

16 - Mt 1, 18.

17 - Cf. Symb. fidei.

18 - Mt 1, 18-19.

19 - Mt 1, 20-21.

20 - Mt 1, 21.

21 - Cf. Symb. fidei.

22 - 1 Cor 11, 19.

23 - Cf. Ger 27.

24 - Rm 11, 1.

25 - Cf. 1 Cor 15, 6.

26 - Cf. At 1, 15; 2, 1-4.

27 - At 13, 46.

28 - Ger 29, 7.

29 - 1 Tm 2, 1-2.

30 - Ger 29, 7.

31 - Cf. Gv 19, 15.

32 - Cf. Sal 117, 22.

33 - Mt 1, 20.

34 - Mt 1, 21.

35 - Cf. Lc 2, 42-47.

36 - Lc 2, 48-49.

37 - Lc 1, 31-32.

38 - Lc 2, 48.

39 - Cf. Ef 5, 23.

40 - Gal 4, 4.

41 - Cf. Symb. fidei.

42 - Gn 2, 22.

43 - Lc 2, 49.

44 - Lc 2, 49-51.

45 - Cf. Sap 8, 1.

46 - Rm 1, 3.

47 - Rm 9, 5.

48 - Mt 22, 42.

49 - Rm 1, 3.

50 - Mt 22, 43-46; Sal 109, 1.

51 - Sal 131, 11.

52 - Sal 109, 1.

53 - Fil 2, 6.

54 - Fil 2, 7.

55 - 1 Cor 7, 29

56 - 1 Ts 4, 4.

57 - Ef 5, 25.

58 - 1 Cor 7, 6.

59 - 1 Cor 7, 5.

60 - 1 Cor 7, 6-7.

61 - Cf. Sir 14, 18.

62 - Fil 3, 19.

63 - Cf. 1 Re 19, 6-8.

64 - Cf. Gn 16, 1.

65 - Cf. Gn 30, 1.

66 - Cf. Gn 30, 9.

67 - 1 Cor 7, 4.

68 - Cf. Es 2, 1-10.

69 - Rm 2, 14.

70 - Gn 48, 5-6.

71 - Gal 4, 4-5.

72 - Rm 8, 23.

73 - Rm 9, 3-5.

74 - Cf. Dt 25, 5-6; Mt 22, 24.

75 - Mt 1, 16.

76 - Lc 3, 23.

77 - Lc 2, 48.

78 - Mt 1, 19.

79 - Cf. Lc 1, 62-63.

80 - Lc 1, 31.

81 - Mt 1, 20-21.

82 - Lc 2, 7.

83 - Lc 3, 23.

84 - Cf. Gn 22, 18.

85 - Cf. 2 Sam 12.

86 - Cf. Gn 15, 13; At 7, 6.

87 - Cf. 2 Cor 5, 6.

88 - Cf. Dt 9, 9.

89 - Cf. 1 Re 19, 8.

90 - Cf. Mt 4, 2.

91 - Cf. Nm 32, 13.

92 - Cf. Gn 7, 4.

93 - Cf. At 1, 3.

94 - Cf. 2 Cor 5, 6.

95 - Cf. 1 Cor 11, 26.

96 - Cf. Gv 1, 14.

97 - Cf. Rm 4, 25.

98 - Gv 1, 14.

99 - Cf. Mt 3, 16-17; Lc 3, 21-22.

100 - Cf. 1 Tm 6, 10.

101 - Cf. Fil 2, 21.

102 - Cf. 1 Cor 13, 5.

103 - Amos 1, 3; 6, 9.

104 - Mt 18, 22.


Capitolo 9 - Gli amici di Gesù durante il sabato santo

La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick

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Nicodemo e Giuseppe ritornarono a Gerusalemme passando per una porticina del giardino a cui avevano accesso solo gli amici di Gesù.

Anche Maria Heli con Maria di Marco e altre pie donne ritornarono a Gerusalemme, mentre la Vergine, Giovanni, Maria Maddalena e alcune discepole salirono al Calvario per pregare.

Intanto Cassio era andato da Pilato per informarlo circa gli ultimi avvenimenti; portava con sé la lancia che aveva trafitto il cuore di Cristo.

Prevedendo che gli Ebrei avrebbero chiesto la custodia del santo sepolcro, il centurione promise a Pilato un rapporto dettagliato se vi fosse stato inviato al comando del corpo di guardia.

Il procuratore romano acconsentì, pur considerando Cassio un po' fanatico. Tuttavia, assalito da un'inspiegabile superstizione, si fece lasciare la santa lancia davanti alla porta.

Vidi la Vergine e le sue compagne che facevano ritorno dal Calvario, dove avevano pianto e pregato. Esse si ritirarono dalla via per non farsi scorgere dai soldati, che, alla luce delle fiaccole, risalivano il monte per togliere le croci.

A Gerusalemme, Giuseppe e Nicodemo incontrarono Pietro, Giacomo il Maggiore e Giacomo il Minore, i qua li andavano alla ricerca dei discepoli dispersi. Pietro, in preda a una crisi di dolore, abbracciò i due sinedriti e si accusò di non essere stato presente alla crocifissione del Signore, poi li ringraziò per aver dato onorevole sepoltura a Gesù.

Essi concordarono un segnale di riconoscimento, mediante il quale sarebbe stata aperta la porta del cenacolo ai discepoli.

Vidi Abenadar e altri nuovi convertiti entrare nel cenacolo. A poco a poco la maggior parte degli amici di Gesù vi si trovò riunita quale prima comunità cristiana. I nuovi venuti mostravano un grande rispetto verso Giovanni, perché il Signore gli aveva affidato sua Madre. L'apostolo non si era inorgoglito e continuava ad essere molto semplice e buono con tutti.

Quando le pie donne fecero ritorno al cenacolo, costernate e avvilite, accesero le lanterne e si riunirono attorno alla santa Vergine.

Più tardi, nella notte, giunsero Lazzaro, Marta, la vedova Maroni di Naim, la Samaritana e Maria la Sufanita provenienti da Betania. Si parlò della crocifissione e della sepoltura di Gesù. Tutti piansero con profonda amarezza e cercarono di darsi consolazione a vicenda.

Ho visto gli amici di Gesù assorti nella lettura delle Scritture. Essi si preparavano a osservare il riposo sabatico secondo il precetto.

Nell'ala riservata alla Madre di Gesù vi erano state adattate alcune celle per permettere il riposo notturno alle pie donne. Le vidi mentre spiegavano le coperte, si levavano i sandali, le cinture e una parte degli indumenti, quindi si avvolsero in lunghi veli e si distesero sui loro giacigli. Si alzarono a mezzanotte, si vestirono e si prepararono per la preghiera notturna.

Gli Ebrei usavano recarsi al tempio all'alba del sabato, cioè il giorno successivo a quello in cui avevano consumato l'agnello pasquale.

Anche Maria santissima e le pie donne si avviarono al tempio alle tre del mattino; la Vergine voleva congedarsi dal santo luogo dove aveva adorato l'Altissimo.

Le donne erano accompagnate da Giovanni e da alcuni discepoli di Gesù. Secondo l'uso del tempio, quella mattina le porte erano spalancate, i lumi accesi e l'atrio dei sacerdoti era accessibile al popolo. Ma a causa dei nefasti avvenimenti della vigilia, la cui eco era ancora viva, il luogo di culto era quasi deserto, si vedevano solo alcune guardie e qualche inserviente.

I figli di Simeone e i nipoti di Giuseppe d'Arimatea accompagnarono gli amici attraverso il tempio. Osservarono in silenzio i segni della collera di Dio. Tra il sacrato e il “santo dei santi” i muri si erano spaccati e il tendaggio che velava quest'ultimo giaceva ancora al suolo.

Le pie donne passarono attraverso la breccia nel muro e videro l'interno del “santo dei santi”. Dappertutto erano visibili le macerie dei muri crollati, le colonne rovesciate e i pavimenti sfondati.

La Vergine contemplò i luoghi santificati dalla predicazione e dalle sofferenze del Figlio, si prostrò, li baciò e versò molte lacrime, imitata dagli amici di Gesù.

Poi mostrò a quelli che l'accompagnavano i luoghi in cui era stata allevata ed educata, si era unita in matrimonio con san Giuseppe e aveva presentato il bambino Gesù, infine indicò loro dove Anna e Simeone avevano profetizzato l'atroce morte del Signore. A quell'ultimo ricordo la Vergine non poté trattenere le lacrime. Prima di uscire, mostrò ai compagni la cattedra dove Gesù fanciullo aveva insegnato ai dottori.

Con profonda tristezza, Maria santissima abbandonò il tempio desolato mentre le risuonavano alla memoria le parole del Figlio: «Abbattete questo tempio e io lo ricostruirò in tre giorni».

Dopo, rimase in ansiosa attesa della risurrezione del Figlio al terzo giorno, quando la sua parola avrebbe trovato compimento.

Era ancora mattina quando la Madonna e gli amici di Gesù rientrarono al cenacolo.

Le pie donne si ritirarono sul lato destro dell'edificio e gli uomini si unirono ai discepoli nella sala principale. Tra scorsero l'intero sabato in preghiera.

Vidi le pie donne attorno a Maria, poi si rivolsero verso il muro e pregarono. Avevano il capo coperto con un velo nero.

Solo le più deboli mangiarono qualcosa, tutte le altre digiunarono.

Le porte e le finestre erano sbarrate e in tutta la casa regnava un silenzio straordinario.


La sera precedente la risurrezione


La sera del sabato Giovanni si recò nella sala delle pie donne, pianse con loro, le consolò e andò via; più tardi sopraggiunsero Pietro e Giacomo il Minore, che non vi rimasero a lungo. Subito dopo le discepole si separarono, si avvolsero nei mantelli e si sedettero nelle loro celle su casse cosparse di cenere.

Intanto la santa Vergine pregava con fervore, finché le comparve un angelo di Dio. La creatura celeste l'invitò a recarsi presso la porticina del giardino di Giuseppe, dove il Signore voleva incontrarla. Col cuore palpitante Maria si avvolse nel suo mantello e uscì in tutta fretta, senza dire a nessuno dove si recasse.

Erano all'incirca le nove di sera quando la Vergine raggiunse la porticina. Improvvisamente il suo sguardo fu rapito in alto, sopra le mura della città. Si fermò e vide di scendere dal cielo l'anima santa del Salvatore circonfusa di luce: non portava tracce di ferite ed era circondata dalle anime degli antichi patriarchi. Il Signore, indicando ad esse Maria, disse:

«Questa è la Madre mia! ».

Mi parve che il Salvatore l'abbracciasse e, senza pronunciare parola, scomparve con il corteo delle sante anime. Pervasa di gioia, la Vergine s'inginocchiò e baciò la terra dove il Figlio le era apparso.

Durante la sua assenza le discepole si erano recate in città a procurarsi erbe e fiori con cui intendevano ricoprire il santo corpo del Signore. Quando Maria rientrò al cenacolo le vide intente a mescolare varie specie di unguenti e di aromi. Le pie donne sembravano pervase da un'indicibile tristezza. Lei non disse quello che aveva visto, ma col rinnovato vigore ricevuto dalla visita del Figlio poté consolarle e rinforzarle nella fede.

Il lungo tavolo era coperto da un grande panno sul quale vi erano disposti diversi involti di erbe, flaconi d'unguento, acqua di nardo, fiori freschi e un giglio. Appena ebbero finito di preparare, le pie donne avvolsero le miscele in lini freschi e andarono a riposare.


La notte della risurrezione

«Non avevano ancora compreso la Scrittura, secondo la quale egli doveva risuscitare dai morti» (Giovanni 20,9).


Vidi il santo sepolcro di Cristo immerso nel più assoluto silenzio; era sorvegliato da tre guardie, altre quattro si erano recate a Gerusalemme. Le torce collocate davanti alla grotta diffondevano un vivo bagliore nello spazio circostante. Mi avvicinai al santissimo corpo di Cristo per adorarlo: era circonfuso di splendore e riposava tra due angeli in perenne adorazione. Essi sedevano ai piedi e al capo del Salvatore, indossavano vesti sacerdotali e avevano le braccia incrociate sul petto; mi ricordarono i cherubini dell'arca dell'alleanza.

Il Signore e gli angeli adoratori furono certamente visibili anche agli occhi interiori di Cassio, assorto di fronte al sepolcro.

Mentre contemplavo il sacratissimo corpo di Gesù, vidi la sua santa anima entrare nella tomba. Era seguita da una schiera di spiriti redenti. Il Signore mostrò loro il martirio del suo corpo.

Tutte le bende che lo avvolgevano caddero da parte, così che le sue piaghe, le infermità e tutti i suoi dolori furono riconosciuti anche esteriormente. A quella vista le anime dei padri furono prese da un'indicibile riverenza, sembravano tremare e piangere di compassione. In quel momento la roccia del sepolcro tremò. Le tre guardie che vegliavano caddero al suolo e persero conoscenza. Cassio percepì subito l'evento straordinario...

 Le pie donne, dopo aver preparato gli aromi, si erano ritirate nelle loro celle senza addormentarsi, perché volevano recarsi al sepolcro prima dell'alba.

Alle undici di notte la santa Vergine fu presa dall'irresistibile desiderio di ripercorrere la Via Crucis.

Si alzò dal letto, si avvolse in un mantello grigio e lasciò il cenacolo.

Attraversò gran parte della città, percorrendone le vie deserte e fermandosi nei luoghi dove il Salvatore aveva sofferto i più gravi oltraggi.

L'accompagnai in spirito nel suo triste cammino e pre gai con lei nei limiti delle mie forze. La santa Madre giunse vicino alla casa di Caifa e poi a quella di Pilato, si prosternava a terra e baciava perfino le pietre, venerando il sacro sangue di Cristo.

Tutte quelle stazioni del dolore, santificate dal sangue di Gesù, apparivano piene di luce allo sguardo della Vergine.

Continuando a elevarsi nell'adorazione del santo Figlio, ella giunse lentamente sul Calvario. Era ormai prossima al promontorio delle croci, quando all'improvviso le apparve Gesù nel suo santissimo corpo. Il Signore era preceduto da un angelo e affiancato dai due spiriti adoratori visti nel sepolcro, e lo seguivano innumerevoli anime redente.

Gesù non faceva alcun movimento, pur librandosi nel la luce.

Annunciò alla santa Madre che stava per risuscitare col corpo trasfigurato. Aggiunse che ella avrebbe dovuto attenderlo al Calvario, dove egli era caduto sotto il peso della croce.

Mancava poco alla mezzanotte quando la Vergine andò a inginocchiarsi sulla stessa pietra che aveva causato la caduta del Figlio.

Il santo corteo del Signore percorse la Via Crucis. Durante il cammino Gesù mostrò alle anime redente i martìri a cui era stato sottoposto. Gli angeli raccolsero tutti i frammenti del corpo che gli erano stati strappati durante la passione. A quelle anime fu anche mostrata la chiodatura e l'elevazione della croce, l'apertura del costato, la deposizione e la composizione della sua salma. Allo stesso tempo, tutte queste cose venivano contemplate dalla santa Vergine.

Vidi la luce delle lanterne accanto al sepolcro, ma non vidi più la santa salma del Signore.

Il primo giorno dopo il sabato, appena il cielo iniziò a schiarirsi verso oriente, Maria, Maddalena, Maria, figlia di Cleofa, Giovanna Cusa e una ricca signora lasciarono il cenacolo.

Erano avvolte nei mantelli e portavano le erbe aromatiche e i fiori in panni di lino; una di esse portava la lanterna accesa sotto il mantello. Timidamente, le discepole giunsero alla porticina del giardino di Giuseppe.


Risurrezione del Signore (particolari)

«Ed ecco che ci fu un gran terremoto, un angelo del Signore era sceso dal cielo e, avvicinatosi, ribaltò la pietra e vi si sedette sopra...» (Matteo 28,2).


Nella notte della risurrezione la santa anima di Gesù mi apparve splendente di gloria tra due angeli guerrieri; questi non erano gli angeli in abiti sacerdotali visti in adorazione del suo corpo. Circondata da numerose figure luminose, la santa anima scese nella tomba e penetrò nel suo corpo sacratissimo, le cui membra subito si mossero.

Il corpo splendente del Signore uscì fuori dal sudario da un lato rimasto socchiuso, come se uscisse fuori dalla ferita del costato. Mi ricordai di Eva, che venne fuori dal fianco di Adamo.

La grotta era inondata da una radiosa luce celeste. Nel lo stesso momento vidi uscire dalle profondità del sottosuolo, da sotto la tomba, una forma mostruosa con la coda di serpente. Il mostro furioso volgeva contro il Signore la testa di drago, oltre la quale, se mi ricordo bene, aveva anche una testa d'uomo.

Il Risorto aveva in mano un bastone bianco, alla cui estremità sventolava un piccolo stendardo.

Gesù calpestò la testa del drago e percosse col bastone tre volte la sua coda; ad ogni colpo la bestia rimpiccioliva, finché ricadde nell'abisso; solo la testa d'uomo aveva continuato a guardare in alto.

Avevo già visto un serpente simile in occasione della concezione di Gesù; mi ricordo pure del serpente del paradiso, ma questo a due teste era ancora più orribile.

Nella visione del drago con la testa schiacciata si era manifestata la vittoria di Cristo sulla morte. Infatti da quel momento non vidi più la sua salma.

Credo che questa visione si riferisca alla famosa profezia che dice: «il seme della donna schiaccerà la testa al serpente»

Dopo aver vinto il serpente, Gesù, splendente di luce, si elevò attraverso la roccia, la terra tremò, un angelo luminoso scese dal cielo come una saetta, rovesciò la pietra del sepolcro e vi si sedette sopra.

Quello fu il momento in cui le guardie ebbero un moto di paura e caddero a terra svenute.

Cassio, preso dall'emozione, cadde anche lui, ma si riebbe poco dopo. Si avvicinò prudentemente alla tomba, vide il sudario senza il santo corpo e si ritirò. Prima di da re la notizia a Pilato, attese nella speranza di comprende re meglio cosa fosse accaduto.

In quel momento il Salvatore, ammantato di gloria, apparve a sua Madre sul Calvario.

La sua veste fluttuava nel vento e risplendeva ai raggi del sole.

Egli mostrò alla Vergine le sue grandi piaghe, nelle qua li sarebbe entrato un dito. Esse splendevano di luce abbagliante, i cui raggi andavano dal centro delle mani fino alle punta delle dita. Le labbra di tali ferite serbavano le linee di tre triangoli equilateri che s'incontravano nel punto medio di un circolo.

Le anime dei patriarchi s'inchinarono dinanzi alla Madre di Dio.

E poiché ella si prostrava a terra per baciargli i piedi, il Signore la prese per mano, la rialzò e scomparve.

Vidi l'orizzonte schiarirsi sopra Gerusalemme e la fievole luce delle lanterne accanto al sepolcro.

Era l'alba della risurrezione!


Le pie donne al sepolcro. Apparizioni del Signore risorto

«Ed ecco che Gesù si fece loro incontro e disse: “Salute a voi!”» (Matteo 28,9).


Le quattro discepole entrarono nel giardino di Giuseppe, ma non sapevano ancora dei prodigi che erano avvenuti nel sepolcro. Esse non sapevano neppure che questo fosse sorvegliato dalle guardie, perché il sabato non vi si erano recate. Adesso si domandavano preoccupate:

«Chi ci aiuterà a rimuovere la pietra che chiude l'ingresso del sepolcro?».

Infatti, nel loro fervente desiderio di onorare Cristo, non avevano affatto pensato a tale difficoltà. Le pie donne desideravano ardentemente completare l'inumazione del corpo di Gesù cospargendolo di aromi e di fiori.

Salomè aveva portato la maggior quantità di oli aromatici. Questa non era la madre di Giovanni, ma una ricca signora di Gerusalemme parente di san Giuseppe.

Dopo essersi consultate fra loro, le pie donne concordarono di aspettare davanti al sepolcro qualche discepolo che venisse ad aprire.

Giunte davanti alla grotta, videro le lanterne accese e le guardie a terra, stordite dalla paura. Le due discepole meno audaci indugiarono e non andarono avanti. Invece Maria Maddalena avanzò, seguita a breve distanza da Salomè: erano le stesse che avevano preparato gli aromi con maggior fervore. Così, non senza timore, le due coraggiose entrarono nel luogo della sepoltura. La pesante pietra circo lare giaceva al suolo riversa, la porta di rame era stata socchiusa probabilmente ad opera di Cassio. Maria Maddalena aprì e fu colta da un forte sgomento: Gesù non era più nella tomba, le bende stavano ripiegate a terra e la sindone era distesa allo stesso posto in cui avevano riposto il Signore! La donna uscì rapidamente dal giardino e corse concitata verso il cenacolo.

Intanto Maria Salomè informò le altre due compagne dell'accaduto.

Esse ne furono turbate e allo stesso tempo si sentirono confortate, ma non osarono andare fino alla tomba.

S'inoltrarono nel giardino solo quando incontrarono Cassio, che le mise al corrente di quanto aveva visto. Egli era diretto in città, avendo ormai perduta la speranza di vedere Gesù.

Le due compagne, giunte alla porta del sepolcro, si videro innanzi i due angeli nella splendente veste sacerdotale. Sbigottite da quella visione esse si prostrarono col vi so a terra.

Un angelo disse:

«Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non abbiate timore! So che cercate Gesù, ma egli non è più qui, perché è risorto! Guardate il luogo dove il Signore era stato deposto».

Tremanti di gioia, le pie discepole, dopo che furono ripartite, si fermavano di tanto in tanto a guardare se avessero potuto incontrare il Signore o se Maria Maddalena stesse per tornare.

Nello stesso momento, Maria Maddalena, tutta trafelata, bussava rumorosamente alla porta del cenacolo. Le aprirono Pietro e Giovanni. Gli altri apostoli dormivano ancora. Gridò:

«Hanno portato via il corpo del Signore e non sappiamo dove sia adesso! ».

Detto questo, senza aspettare niente, la discepola fece ritorno al sepolcro seguita dai due apostoli. Giovanni correva più veloce di Pietro.

Marìa Maddalena era fuori di sé per il dolore e lo stupore, con la lunga capigliatura che sventolava nell'aria.

Essendo giunta per prima, non si arrischiò ad entrare nella grotta, ma rimase fuori.

Qui s'inchinò a guardare e, mentre respingeva indietro i capelli che le cadevano sul viso, vide i due angeli, uno a capo e l'altro ai piedi della tomba.

Uno dei due le disse:

«Oh, donna, perché piangi?».

Allora Maria Maddalena gridò il suo dolore:

«Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'abbiano messo!».

Lei aveva parlato senza che l'apparizione degli angeli l'avesse impressionata, perché non pensava ad altro che al suo Signore. Dicendo questo, e vedendo ancora una volta il sudario vuoto, Maria Maddalena lasciò il sepolcro e si mise a cercare il Signore nei dintorni, poiché ebbe il presentimento che egli fosse vicino a lei e che avrebbe finito col ritrovarlo.

Stava a circa dieci passi dal sepolcro, verso oriente, quando vide uscire dai cespugli una grande figura biancovestita, che le chiese:

«Donna, perché piangi? E chi vai cercando?». Quest'uomo aveva in mano una pala e sulla testa un cappello piatto, simile a un pezzo di corteccia. Maria Maddalena, credendo che fosse il giardiniere, gli rispose:

«Se l'hai portato via tu, dimmi dov'è e andrò a prenderlo».

Vidi quella figura senza luce alcuna, come di un uomo vestito di bianco nell'ora del crepuscolo.

Mentre lei si guardava ancora intorno, come se avesse smarrito la strada, Gesù con la sua voce consueta la chiamò:«Maria!».

Subito ella, riconoscendone la voce, lo chiamò come una volta:

«Rabbunì!» (cioè “Maestro”).

Si prostrò a terra e protese le braccia verso i piedi di lui. Gesù, sollevando la mano per allontanarla, le disse:

«Non toccarmi adesso, perché non sono ancora asceso al Padre mio; ma va' dai miei fratelli e di' loro che io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro».

Così dicendo, disparve.

Gesù aveva detto: «Non toccarmi», perché Maria Maddalena, nello stato concitato in cui si trovava, credeva che tutto fosse come prima, dimenticando la potenza miracolosa della trasfigurazione del Signore. Quanto alle sue parole: «Non sono ancora asceso al Padre mio», mi fu rivelato che egli non si era ancora presentato al Padre celeste per ringraziarlo della vittoria sulla morte.

Tornata in sé, Maria Maddalena corse di nuovo al sepolcro. Quando vide gli angeli ancora seduti sopra la tomba, si sentì finalmente sicura e uscì dal giardino in cerca delle sue compagne.

Maria Maddalena era appena uscita dal giardino, quando Giovanni vi entrò seguito da Simon Pietro.

All'ingresso del luogo della sepoltura, il primo si fermò e si chinò a guardare dentro la grotta, mentre Pietro vi entrò e vide i lini con gli aromi ripiegati da un lato, così pure il lenzuolo che aveva ricoperto il santo corpo. Il velo che aveva coperto il volto del Signore non era ripiegato con gli altri, ma giaceva a terra più vicino alla parete.

Giovanni seguì Pietro e vide anch'egli il letto tombale vuoto. I due apostoli compresero quanto egli aveva detto e credettero nella risurrezione del Signore.

Pietro mise quei panni sotto il mantello e i due apostoli tornarono in città attraverso la porticina di Giuseppe.

Vidi i due angeli seduti al capo e ai piedi della tomba, sia durante la visita di Maria Maddalena, sia durante quella dei due apostoli, come anche già prima, per tutto il tempo che il corpo di Gesù era restato nella tomba.

Non credo che Simon Pietro abbia visto gli angeli. Vidi però Giovanni assicurare i discepoli di Emmaus che aveva visto un angelo nel sepolcro del Signore. Forse egli aveva lasciato entrare Pietro per primo nella grotta perché era rimasto impressionato dalla vista di quell'angelo.

Vidi le guardie riprendere i sensi, si rialzarono in preda alla paura e rientrarono in città. Essi passarono attraverso la porta per la quale Gesù era stato condotto al Calvario.

Maria Maddalena, intanto, incontrò le due discepole e narrò loro di aver visto il Signore risorto e gli angeli. Le sue compagne risposero che anch'esse avevano visto gli angeli e ritornarono al sepolcro con la speranza d'incontrare Gesù. Maria Maddalena rientrò al cenacolo. Entrate nel giardino, esse incontrarono le guardie che uscivano e scambiarono con loro solo poche parole.

Avvicinatesi all'ingresso della grotta, videro Gesù avvolto in una veste candida e lunga che gli copriva anche le mani. Rapite dall'emozione, le due discepole si avvicinarono a lui e gli baciarono i piedi.

Il Signore disse:

«Salve!», e rivolse loro qualche parola. Poi indicò con la mano una direzione e scomparve.

Le due donne si precipitarono al cenacolo e dissero ai discepoli che avevano veduto il Signore.

Il lieto annuncio rese increduli questi ultimi, come già non avevano creduto a Maria Maddalena. Essi erano con vinti che il racconto della risurrezione di Gesù fosse partorito dalla fantasia femminile.

Anche Pietro e Giovanni, confusi e sbalorditi per quel lo che avevano visto, fecero ritorno al cenacolo per comunicare a loro volta la lieta notizia agli amici. Sulla strada, i due incontrarono Giacomo il Minore e Taddeo, profondamente emozionati perché il Signore era apparso loro davanti al sepolcro.

Nelle visioni riguardanti la risurrezione di Gesù, vidi il Signore accanto a varie persone, ma non tutte erano capaci di vederlo.

Vidi Gesù passare vicino a Simon Pietro e Giovanni, mi sembrò che Pietro lo avesse visto perché era assai commosso; ignoro però se Giovanni lo avesse veduto.

Anche per gli angeli fu la stessa cosa.

Le pie donne non sempre videro i due angeli seduti sulla tomba; qualche volta ne videro uno solo e altre volte li videro chiaramente entrambi. Uno solo, però, parlò ad esse.

L'angelo che come una folgore discese dal cielo, levò il masso dalla tomba e vi si sedette sopra, aveva la figura di un guerriero e fu visto solo da Cassio e dalle tre guardie.

Dio dispone ogni cosa nel migliore dei modi per il bene degli uomini.


Fine delle contemplazioni quaresimali


La domenica successiva alla Pasqua, i Giudei pulirono e purificarono il tempio. Sparsero dappertutto erbe aromatiche e cenere di ossa dei morti, offrirono sacrifici espiatori, rimossero le macerie e nascosero con assi e tappeti le tracce del terremoto. Infine ripresero le cerimonie interrotte.

I farisei, i sadducei e gli erodiani dichiararono che la celebrazione e i sacrifici della Pasqua erano stati interrotti a causa del terremoto e della presenza di persone impure nel luogo sacro.

Per sostenere la loro dichiarazione adattarono allo scopo una visione di Ezechiele sulla risurrezione dei morti.

Inoltre minacciarono di punire e di scomunicare chiunque avesse diffuso notizie diverse dalla versione ufficiale.

Siccome molti si sentivano colpevoli dell'iniqua condanna di Gesù e dei fatti accaduti, fu facile ottenerne il silenzio.

I migliori, però, finirono per credere agli apostoli e abbracciarono la nuova fede. A Gerusalemme, come altrove, numerose persone si convertirono segretamente, altri lo fecero pubblicamente dopo la Pentecoste.

I sommi sacerdoti assistettero impotenti al diffondersi della fede in Gesù: già al tempo del diacono Stefano tutto il quartiere di Ofel e la parte orientale di Sion erano completamente cristiani. La comunità cristiana si estese fin nella valle di Cedron.

Vidi per un'ultima volta Anna. Era furioso e agiva come se fosse posseduto dal demonio; fu rinchiuso e non vide più la luce del giorno. Caifa, da parte sua, si sentì toso dalla rabbia.

Il giovedì dopo Pasqua suor Anna Katharina Emmerick pronunziò queste parole:

Pilato fece cercare invano sua moglie, la quale si era nascosta nella dimora di Lazzaro, a Gerusalemme. La casa non era sospettabile, perché era stata preclusa alle donne. Stefano, il cugino di Paolo, che era ancora poco noto come discepolo, vi entrava e usciva, le portava il cibo e la introduceva alla conoscenza del vangelo.

Simone di Cirene fu battezzato e ammesso nella comunità cristiana.

Così si concludono le visioni della venerabile Anna Katharina Emmerick sopra la passione del Signore, durate dal 18 febbraio al 6 aprile 1823, una settimana dopo la santa Pasqua.


Visione del 31 dicembre 1990

Vergine della Rivelazione (Tre Fontane)

«Tutti parlano di guerra e di pace. La guerra, figlio mio, non è finita, perché quella locale si estenderà sulla Terra e se non vi convertirete – devo dirvi una cosa molto grave – perirete tutti. Sì, verrà l’euforia della pace, ma è una preparazione per un’altra guerra distruggitrice, affinché gli uomini aprano gli occhi dello spirito per la conversione dei cuori, conversione d’amore. È questa conversione che porta la vera e duratura pace agli uomini che amano e perdonano con amore»