Sotto il Tuo Manto

Sabato, 21 giugno 2025 - San Luigi Gonzaga (Letture di oggi)

Con la preghiera si può affrontare qualsiasi genere di lotta. L'anima dovrà  pregare in qualunque stato essa si trovi. Deve pregare l'anima pura e bella perché, in caso contrario, perderà  la sua bellezza. Deve pregare l'anima che aspira alla santità , perché altrimenti non le sarà  data. Deve pregare l'anima appena convertita, se non vuole fatalmente ricadere. Deve pregare l'anima immersa nei peccati per ottenere di venirne fuori. Non c'è anima esonerata dal pregare, perché è attraverso la preghiera che discendono le grazie. Quando preghiamo, dobbiamo adoperare l'intelligenza, la volontà  e il sentimento. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 29° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 8

1Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva.2Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: "Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi".3E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii sanato". E subito la sua lebbra scomparve.4Poi Gesù gli disse: "Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va' a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro".

5Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava:6"Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente".7Gesù gli rispose: "Io verrò e lo curerò".8Ma il centurione riprese: "Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito.9Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va', ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".
10All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: "In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande.11Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,12mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti".13E Gesù disse al centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede". In quell'istante il servo guarì.

14Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre.15Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo.

16Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati,17perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

'Egli ha preso le nostre infermità
e si è addossato le nostre malattie.'

18Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all'altra riva.19Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: "Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai".20Gli rispose Gesù: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".
21E un altro dei discepoli gli disse: "Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre".22Ma Gesù gli rispose: "Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti".

23Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono.24Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.25Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: "Salvaci, Signore, siamo perduti!".26Ed egli disse loro: "Perché avete paura, uomini di poca fede?" Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.27I presenti furono presi da stupore e dicevano: "Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?".

28Giunto all'altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada.29Cominciarono a gridare: "Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?".
30A qualche distanza da loro c'era una numerosa mandria di porci a pascolare;31e i demòni presero a scongiurarlo dicendo: "Se ci scacci, mandaci in quella mandria".32Egli disse loro: "Andate!". Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti.33I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati.34Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio.


Deuteronomio 1

1Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Giordano, nel deserto, nella valle dell'Araba, di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Cazerot e Di-Zaab.2Vi sono undici giornate dall'Oreb, per la via del monte Seir, fino a Kades-Barnea.3Nel quarantesimo anno, l'undicesimo mese, il primo giorno del mese, Mosè parlò agli Israeliti, secondo quanto il Signore gli aveva ordinato di dir loro.4Dopo aver sconfitto Sicon, re degli Amorrei, che abitava in Chesbon, e Og, re di Basan, che abitava in Astarot e in Edrei,5oltre il Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare questa legge:
6"Il Signore nostro Dio ci ha parlato sull'Oreb e ci ha detto: Avete dimorato abbastanza su questa montagna;7voltatevi, levate l'accampamento e andate verso le montagne degli Amorrei e in tutte le regioni vicine: la valle dell'Araba, le montagne, la Sefela, il Negheb, la costa del mare, nel paese dei Cananei e nel Libano, fino al grande fiume, il fiume Eufrate.8Ecco, io vi ho posto il paese dinanzi; entrate, prendete in possesso il paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri, Abramo, Isacco e Giacobbe, e alla loro stirpe dopo di essi.
9In quel tempo io vi ho parlato e vi ho detto: Io non posso da solo sostenere il carico del popolo.10Il Signore vostro Dio vi ha moltiplicati ed ecco oggi siete numerosi come le stelle del cielo.11Il Signore, Dio dei vostri padri, vi aumenti anche mille volte di più e vi benedica come vi ha promesso di fare.12Ma come posso io da solo portare il vostro peso, il vostro carico e le vostre liti?13Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati, e io li costituirò vostri capi.

14Voi mi rispondeste: Va bene ciò che proponi di fare.15Allora presi i capi delle vostre tribù, uomini saggi e stimati, e li stabilii sopra di voi come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine, e come scribi nelle vostre tribù.16In quel tempo diedi quest'ordine ai vostri giudici: Ascoltate le cause dei vostri fratelli e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere con il fratello o con lo straniero che sta presso di lui.17Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò.18In quel tempo io vi ordinai tutte le cose che dovevate fare.
19Poi partimmo dall'Oreb e attraversammo tutto quel deserto grande e spaventoso che avete visto, dirigendoci verso le montagne degli Amorrei, come il Signore nostro Dio ci aveva ordinato di fare, e giungemmo a Kades-Barnea.20Allora vi dissi: Siete arrivati presso la montagna degli Amorrei, che il Signore nostro Dio sta per darci.21Ecco il Signore tuo Dio ti ha posto il paese dinanzi; entra, prendine possesso, come il Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto; non temere e non ti scoraggiare!22Voi vi accostaste a me tutti e diceste: Mandiamo uomini innanzi a noi, che esplorino il paese e ci riferiscano sul cammino per il quale noi dovremo salire e sulle città nelle quali dovremo entrare.23La proposta mi piacque e scelsi dodici uomini tra di voi, uno per tribù.24Quelli si incamminarono, salirono verso i monti, giunsero alla valle di Escol ed esplorarono il paese.25Presero con le mani i frutti del paese, ce li portarono e ci fecero questa relazione: È buono il paese che il Signore nostro Dio sta per darci.26Ma voi non voleste entrarvi e vi ribellaste all'ordine del Signore vostro Dio;27mormoraste nelle vostre tende e diceste: Il Signore ci odia, per questo ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto per darci in mano agli Amorrei e per distruggerci.28Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli ci hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi; le città sono grandi e fortificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti.
29Allora dissi a voi: Non spaventatevi e non abbiate paura di loro.30Il Signore stesso vostro Dio, che vi precede, combatterà per voi, come ha fatto tante volte sotto gli occhi vostri in Egitto31e come ha fatto nel deserto, dove hai visto come il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete fatto, finché siete arrivati qui.32Nonostante questo, non aveste fiducia nel Signore vostro Dio33che andava innanzi a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove porre l'accampamento: di notte nel fuoco, per mostrarvi la via dove andare, e di giorno nella nube.
34Il Signore udì le vostre parole, si adirò e giurò:35Nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri,36se non Caleb, figlio di Iefunne. Egli lo vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra che ha calcato, perché ha pienamente seguito il Signore.37Anche contro di me si adirò il Signore, per causa vostra, e disse: Neanche tu vi entrerai,38ma vi entrerà Giosuè, figlio di Nun, che sta al tuo servizio; incoraggialo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese.39E i vostri bambini, dei quali avete detto: Diventeranno oggetto di preda! e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno; a loro lo darò ed essi lo possiederanno.40Ma voi volgetevi indietro e incamminatevi verso il deserto, in direzione del Mare Rosso.
41Allora voi mi rispondeste: Abbiamo peccato contro il Signore! Entreremo e combatteremo in tutto come il Signore nostro Dio ci ha ordinato. Ognuno di voi cinse le armi e presumeste di salire verso la montagna.42Il Signore mi disse: Ordina loro: Non salite e non combattete, perché io non sono in mezzo a voi; voi sarete sconfitti davanti ai vostri nemici.43Io ve lo dissi, ma voi non mi ascoltaste; anzi vi ribellaste all'ordine del Signore, foste presuntuosi e osaste salire verso i monti.44Allora gli Amorrei, che abitano quella montagna, uscirono contro di voi, vi inseguirono come fanno le api e vi batterono in Seir fino a Corma.45Voi tornaste e piangeste davanti al Signore; ma il Signore non diede ascolto alla vostra voce e non vi porse l'orecchio.46Così rimaneste in Kades molti giorni, per tutto il tempo in cui vi siete rimasti.


Salmi 135

1Alleluia.

Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
2voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
3Lodate il Signore: il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
4Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come suo possesso.

5Io so che grande è il Signore,
il nostro Dio sopra tutti gli dèi.
6Tutto ciò che vuole il Signore,
egli lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
7Fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce le folgori per la pioggia,
dalle sue riserve libera i venti.

8Egli percosse i primogeniti d'Egitto,
dagli uomini fino al bestiame.
9Mandò segni e prodigi
in mezzo a te, Egitto,
contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10Colpì numerose nazioni
e uccise re potenti:
11Seon, re degli Amorrèi,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Cànaan.
12Diede la loro terra in eredità a Israele,
in eredità a Israele suo popolo.

13Signore, il tuo nome è per sempre;
Signore, il tuo ricordo per ogni generazione.
14Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.

15Gli idoli dei popoli sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
16Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
17hanno orecchi e non odono;
non c'è respiro nella loro bocca.
18Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.
19Benedici il Signore, casa d'Israele;
benedici il Signore, casa di Aronne;
20Benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.

21Da Sion sia benedetto il Signore.
che abita a Gerusalemme. Alleluia.


Salmi 66

1'Al maestro del coro. Canto. Salmo.'

Acclamate a Dio da tutta la terra,
2cantate alla gloria del suo nome,
date a lui splendida lode.
3Dite a Dio: "Stupende sono le tue opere!
Per la grandezza della tua potenza
a te si piegano i tuoi nemici.
4A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome".

5Venite e vedete le opere di Dio,
mirabile nel suo agire sugli uomini.
6Egli cambiò il mare in terra ferma,
passarono a piedi il fiume;
per questo in lui esultiamo di gioia.
7Con la sua forza domina in eterno,
il suo occhio scruta le nazioni;
i ribelli non rialzino la fronte.

8Benedite, popoli, il nostro Dio,
fate risuonare la sua lode;
9è lui che salvò la nostra vita
e non lasciò vacillare i nostri passi.

10Dio, tu ci hai messi alla prova;
ci hai passati al crogiuolo, come l'argento.
11Ci hai fatti cadere in un agguato,
hai messo un peso ai nostri fianchi.
12Hai fatto cavalcare uomini sulle nostre teste;
ci hai fatto passare per il fuoco e l'acqua,
ma poi ci hai dato sollievo.

13Entrerò nella tua casa con olocausti,
a te scioglierò i miei voti,
14i voti pronunziati dalle mie labbra,
promessi nel momento dell'angoscia.
15Ti offrirò pingui olocausti
con fragranza di montoni,
immolerò a te buoi e capri.

16Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
17A lui ho rivolto il mio grido,
la mia lingua cantò la sua lode.
18Se nel mio cuore avessi cercato il male,
il Signore non mi avrebbe ascoltato.
19Ma Dio ha ascoltato,
si è fatto attento alla voce della mia preghiera.

20Sia benedetto Dio che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.


Michea 1

1Parola del Signore, rivolta a Michea di Morèset, al tempo di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda. Visione che egli ebbe riguardo a Samaria e a Gerusalemme.

2Udite, popoli tutti!
Fa' attenzione, o terra,
con quanto contieni!
Il Signore Dio sia testimone contro di voi,
il Signore dal suo santo tempio.
3Poiché ecco, il Signore esce dalla sua dimora
e scende e cammina
sulle alture del paese;
4si sciolgono i monti sotto di lui
e le valli si squarciano
come cera davanti al fuoco,
come acque versate su un pendio.
5Tutto ciò per l'infedeltà di Giacobbe
e per i peccati della casa di Israele.
Qual è l'infedeltà di Giacobbe?
Non è forse Samaria?
Qual è il peccato di Giuda?
Non è forse Gerusalemme?
6Ridurrò Samaria a un mucchio di rovine in un campo,
a un luogo per piantarvi la vigna.
Rotolerò le sue pietre nella valle,
scoprirò le sue fondamenta.
7Tutte le sue statue saranno frantumate,
tutti i suoi doni andranno bruciati,
di tutti i suoi idoli farò scempio
perché messi insieme a prezzo di prostituzione
e in prezzo di prostituzione torneranno.

8Perciò farò lamenti e griderò,
me ne andrò scalzo e nudo,
manderò ululati come gli sciacalli,
urli lamentosi come gli struzzi,
9perché la sua piaga è incurabile
ed è giunta fino a Giuda,
si estende fino alle soglie del mio popolo,
fino a Gerusalemme.
10Non l'annunziate in Gat,
non piangete in Acri,
a Bet-le-Afrà avvoltolatevi nella polvere.
11Emigra, popolazione di Safìr,
nuda, nella vergogna;
non è uscita la popolazione di Zaanàn.
In lutto è Bet-Èsel;
egli vi ha tolto la sua difesa.
12Si attendeva il benessere
la popolazione di Maròt,
invece è scesa la sciagura
da parte del Signore
fino alle porte di Gerusalemme.
13Attacca i destrieri al carro,
o abitante di Lachis!
Essa fu l'inizio del peccato
per la figlia di Sion,
poiché in te sono state trovate
le infedeltà d'Israele.
14Perciò sarai data in dote a Morèset-Gat,
le case di Aczìb saranno una delusione
per i re d'Israele.
15Ti farò ancora giungere un conquistatore,
o abitante di Maresà,
egli giungerà fino a Adullàm,
gloria d'Israele.
16Tagliati i capelli, rasati la testa
per via dei tuoi figli, tue delizie;
renditi calva come un avvoltoio,
perché vanno in esilio
lontano da te.


Atti degli Apostoli 20

1Appena cessato il tumulto, Paolo mandò a chiamare i discepoli e, dopo averli incoraggiati, li salutò e si mise in viaggio per la Macedonia.2Dopo aver attraversato quelle regioni, esortando con molti discorsi i fedeli, arrivò in Grecia.
3Trascorsi tre mesi, poiché ci fu un complotto dei Giudei contro di lui, mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di far ritorno attraverso la Macedonia.4Lo accompagnarono Sòpatro di Berèa, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timòteo, e gli asiatici Tìchico e Tròfimo.5Questi però, partiti prima di noi ci attendevano a Tròade;6noi invece salpammo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e li raggiungemmo in capo a cinque giorni a Tròade dove ci trattenemmo una settimana.

7Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro; e poiché doveva partire il giorno dopo, prolungò la conversazione fino a mezzanotte.8C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti;9un ragazzo chiamato Èutico, che stava seduto sulla finestra, fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare e, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto.10Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è ancora in vita!".11Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì.12Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati.

13Noi poi, che eravamo partiti per nave, facemmo vela per Asso, dove dovevamo prendere a bordo Paolo; così infatti egli aveva deciso, intendendo di fare il viaggio a piedi.14Quando ci ebbe raggiunti ad Asso, lo prendemmo con noi e arrivammo a Mitilène.15Salpati da qui il giorno dopo, ci trovammo di fronte a Chio; l'indomani toccammo Samo e il giorno dopo giungemmo a Milèto.16Paolo aveva deciso di passare al largo di Èfeso per evitare di subire ritardi nella provincia d'Asia: gli premeva di essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste.

17Da Milèto mandò a chiamare subito ad Èfeso gli anziani della Chiesa.18Quando essi giunsero disse loro: "Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo:19ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei.20Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case,21scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù.22Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà.23So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.24Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.
25Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio.26Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero,27perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.28Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue.29Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge;30perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé.31Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.
32Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati.33Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno.34Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani.35In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!".
36Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò.37Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano,38addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.


Capitolo LVIII: Non dobbiamo cercar di conoscere le superiori cose del cielo e gli occulti giudizi di Dio

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1. O figlio, guardati dal voler disputare delle cose del cielo e degli occulti giudizi di Dio: perché quello è così derelitto e quell'altro è portato a un così grande stato di grazia; ancora, perché quello viene tanto colpito e quell'altro viene tanto innalzato. Tutto ciò va al di là di ogni umana capacità; non v'è alcun ragionamento, non v'è alcuna disquisizione che valga a comprendere il giudizio di Dio. Quando, dunque, una spiegazione ti viene suggerita dal nemico, oppure certuni indiscreti la vanno cercando, rispondi con quel detto del profeta: "tu sei giusto, o Signore, e retto è il tuo giudizio" (Sal 118,137); o con quest'altro: "veri sono i giudizi di Dio, santi in se stessi" (Sal 18,10). Tu devi venerare i miei giudizi, non discuterli, perché essi sono incomprensibili per l'intelletto umano. Neppure devi indagare e discutere dei meriti dei beati: chi sia più santo o chi sia più grande nel regno dei cieli. Sono cose che danno luogo spesso a dispute e a contese inutili e fomentano la superbia e la vanagloria; onde nascono invidie e divisioni, giacché uno si sforza, presuntuosamente, di portare innanzi un santo, un altro, un altro santo. Ma sono cose che, a volerle conoscere ed indagare, non portano alcun frutto; cose che, invece sono sgradite ai beati, poiché "io non sono un Dio di discordia ma di pace" (1Cor 14,33). Una pace che consiste nella vera umiltà, più che nella esaltazione di sé.  

2. Ci sono alcuni che, quasi per un geloso affetto, sono tratti verso questi o questi altri santi, con maggior sentimento: sentimento umano, però, piuttosto che divino. Sono io che ho fatto i santi tutti; sono io che ho elargito la grazia; sono io che ho accordato la gloria; sono io che, conoscendo i meriti di ciascuno, sono andato loro incontro benedicendoli nella mia bontà (Sal 20,4): io che li sapevo eletti, prima di tutti i secoli. "Sono stato io a sceglierli dal mondo, non loro a scegliere me" (Gv 15,16.19); sono stato io a chiamarli con la mia grazia, ad attirarli con la mia misericordia; sono stato io a condurli attraverso varie tentazioni, e ad infondere loro stupende consolazioni; sono stato io a dar loro la perseveranza e a premiare le loro sofferenze. Io conosco chi è primo tra di essi, e chi è ultimo; ma tutti li abbraccio in un amore che non ha misura. In tutti i miei santi, a me va data la lode; sopra ogni cosa, a me va data la benedizione; a me va dato l'onore per ciascuno di quelli che io ho fatto grandi, con tanta gloria, ed ho predestinati, senza che ne avessero dapprima alcun merito. Per questo chi disprezza il più piccolo dei miei santi, non onora neppure quello che sia grande, perché "fui io a fare e il piccolo e il grande" (Sap 6,8). E chi diminuisce uno qualunque dei santi, diminuisce anche me e tutti gli altri che sono nel regno dei cieli. Una cosa sola costituiscono tutti i beati, a causa del vincolo dell'amore; uno è il loro sentimento, uno il loro volere, e tutti unitamente si amano. Di più - cosa molto più eccelsa - amano me più che se stessi e più che i propri meriti. Giacché, innalzati sopra di sé e strappati dall'amore di sé, essi, nell'amore, si volgono totalmente verso di me; di me godono, in me trovano pace. Non c'è nulla che li possa distogliere o tirare al basso: colmi dell'eterna verità, ardono del fuoco di un inestinguibile amore. Smettano, dunque, gli uomini carnali e materiali, essi che sanno apprezzare soltanto il proprio personale piacere, di disquisire della condizione dei santi. Essi tolgono e accrescono secondo il loro capriccio, non secondo quanto è disposto dall'eterna verità. Molti non capiscono; soprattutto quelli che, per scarso lume interiore, a stento sanno amare qualcuno di perfetto amore spirituale. Molti, per naturale affetto e per umano sentimento , sono attratti verso questi o quei santi, e concepiscono il loro atteggiamento verso i santi del cielo come quello verso gli uomini di quaggiù; mentre c'è un divario incolmabile tra il modo di pensare della gente lontana dalla perfezione e le intuizioni raggiunte, per superiore rivelazione, da coloro che sono particolarmente illuminati.

3. Guardati dunque, o figlio, dall'occuparti avidamente di queste cose, che vanno al di là della possibile tua conoscenza; preoccupati e sforzati piuttosto di poterti trovare tu nel regno dei cieli, magari anche ultimo. Ché, pure se uno sapesse chi sia più santo di un altro o sia considerato più grande nel regno dei cieli, a che cosa ciò gli gioverebbe, se non ne traesse motivo di abbassarsi dinanzi a me, levandosi poi a lodare ancor più il mio nome? Compie cosa molto più gradita a Dio colui che pensa alla enormità dei suoi peccati, alla pochezza delle sue virtù e a quanto egli sia lontano dalla perfezione dei santi; molto più gradita di quella che fa colui che disputa intorno alla maggiore o minore grandezza dei santi. E' cosa migliore implorare i santi, con devote preghiere e supplicarli umilmente affinché, dalla loro gloria, ci diano aiuto; migliore che andare indagando, con inutile ricerca, il segreto della loro condizione. Essi sono paghi, e pienamente. Magari gli uomini riuscissero a limitarsi, frenando i loro vaniloqui. I santi non si vantano dei loro meriti; non ascrivono a sé nulla di ciò che è buono, tutto attribuendo a me; poiché sono stato io, nel mio amore infinito a donare ad essi ogni cosa. Di un così grande amore di Dio e di una gioia così strabocchevole i santi sono ricolmi; ché ad essi nulla manca di gloria, nulla può mancare di felicità. I santi, quanto più sono posti in alto nella gloria, tanto più sono umili in se stessi, e a me più cari. Per questo trovi scritto che "deponevano le loro corone dinanzi a Dio, cadendo faccia a terra dinanzi all'Agnello e adorando il Vivente nei secoli dei secoli" (Ap 4,10; 5,14).

4. Molti cercano di sapere chi sia il maggiore nel regno di Dio, e non sanno neppure se saranno degni di essere colà annoverati tra i più piccoli. Ed è gran cosa essere pure il più piccolo, in cielo, dove tutti sono grandi, perché "saranno detti - e lo saranno - figli di Dio" (Mt 5,9); "il più piccolo diventerà come mille" (Is 60,22); "il più misero morirà di cento anni" (Is 65,20). Quando infatti i discepoli andavano chiedendo chi sarebbe stato il maggiore nel regno dei cieli, si sentirono rispondere così: "se non vi sarete convertiti e non vi sarete fatti come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli; chi dunque si sarà fatto piccolo come questo fanciullo, questi è il più grande nel regno dei cieli" (Mt 18,3s). Guai a coloro che non vogliono accettare di buon grado di farsi piccoli come fanciulli: la piccola porta del regno dei cieli non permetterà loro di entrare. Guai anche ai ricchi, che hanno quaggiù le loro consolazioni; mentre i poveri entreranno nel regno di Dio, essi resteranno fuori, in lamenti. Godete, voi piccoli; esultate, voi "poveri, perché il regno di Dio è vostro" (Lc 6,20); a condizione però che voi camminiate nella verità.


DISCORSO 375/B DISCORSO DI AURELIO AGOSTINO TENUTO NEL GIORNO DELLA SANTA PASQUA.

Discorsi - Sant'Agostino

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Il morire comune. Il morire dei martiri per Cristo.

1. Abbiamo ascoltato il Vangelo. La lettura fatta trattava della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. La risurrezione è prova della morte e la morte di Cristo è l'estinzione del timore. Noi non dobbiamo più aver paura di morire: è morto Cristo per noi. Noi ora possiamo morire con la speranza della vita eterna: Cristo è risorto perché anche noi risorgessimo. Nella sua morte e nella sua risurrezione ci è indicato un fatto e promesso un premio; il fatto indicato è la passione, il premio promesso è la risurrezione. Questo fatti i martiri lo hanno realizzato; realizziamolo anche noi con la pietà, se non ci è possibile con la passione. Non a tutti è concesso di patire per Cristo, di morire per Cristo. Il semplice morire invece tocca a tutti. Felici coloro a cui è concesso che quello che comunque deve avvenire, avvenga per Cristo; vi era infatti la necessità di morire, ma non era inevitabile morire per Cristo. Per tutti del resto verrà la morte, ma non per tutti la morte per Cristo. Quelli a cui avvenne di morire per Cristo hanno restituito in un certo qual modo ciò che era stato dato loro. Il Signore aveva dato la sua morte per loro. Ed essi gli restituirono di morire per lui. Ma come potrebbe un uomo misero e povero ricambiare, se non fosse ancora il Signore che dà della sua ricchezza? Cristo aveva fatto un dono ai martiri: un altro ne fa perché glielo possano ricambiare. La voce dei martiri è questa: Se il Signore non fosse stato in noi forse i nemici ci avrebbero inghiottiti vivi 1. Forse - dice - i persecutori ci avrebbero inghiottiti vivi. Che significato ha: vivi? Significa che, pur sapendo di fare male se si rinnegasse Cristo, tuttavia un così gran male lo si farebbe vivi, cioè in piena consapevolezza. E così ci avrebbero inghiottiti vivi, non morti. Dunque vivi significa consapevoli, non ignari. E in virtù di quale forza riuscirono a non fare quello che i persecutori volevano costringerli a fare? Lo si chieda loro, lo dicano loro. Ecco, rispondono: " Non sarebbe stato possibile se il Signore non fosse stato con noi ". Dunque lui ha dato con l'intenzione che gli fosse restituito. Grazie a lui! Egli è ricco e, come è stato scritto: Si fece povero per fare ricchi noi 2; ricchi della sua povertà, risanati dalle sue ferite, esaltati per la sua umiltà, vivificati dalla sua morte.

Il falso potere dei Giudei su Cristo.

2. Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? 3 diceva il martire. Ascoltate quello che segue. Ha riflettuto infatti e si è chiesto che cosa poteva ricambiare al Signore. E che cosa disse? Alzerò il calice della salvezza 4. Questo io darò al Signore: il calice della salvezza, del martirio, della passione, il calice di Cristo. Questo è il calice della salvezza, perché la salvezza nostra è Cristo. Dunque " io prenderò il suo calice e glielo restituirò ". A proposito di questo calice disse lui stesso al Padre prima della passione: Padre mio, se è possibile passi da me questo calice 5. Era venuto a patire, era a venuto a morire, anche se aveva in suo potere la morte. Ascoltate lui se non dico la verità: Ho il potere - disse - di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie ma la offro da me stesso per poi riprenderla di nuovo 6. Avete sentito dov'è il potere. Nessuno glielo toglie. I Giudei si gloriano senza ragione. In quella circostanza si realizza il loro peccato, non il loro potere. Cristo è morto perché lo ha voluto. Lo dice lui stesso nel Salmo: Io ho dormito, mi sono addormentato 7. Hanno gridato: Crocifiggilo, crocifiggilo! 8 L'hanno preso, l'hanno sospeso alla croce. E si compiacciano, hanno avuto del potere. Ma io invece dormivo. E poi, che cosa segue? Mi sono addormentato. Fu veramente un sonno di tre giorni. E poi? Poi mi svegliai perché il Signore mi ha sostenuto 9. Parla secondo la condizione di servo quando dice: Il Signore mi ha sostenuto, come in un altro passo quando dice: Chi dorme, da dove si è steso non potrà rialzarsi 10. " I Giudei si gloriano quasi che mi avessero vinto. Ma forse chi dorme, da dove si è steso non potrà rialzarsi? Essi, per uccidere, sospesero alla croce, ma io dormivo in modo tale che quando volli deposi la vita e quando volli potei risorgere ".

Umanità di Cristo.

3. Dunque lui è lo stesso calice che voleva fosse allontanato, e che tuttavia era venuto a bere. Come si spiega allora, Signore, quello che hai detto: Padre, se è possibile, passi da me questo calice 11? E che sul punto di patire e di morire ha anche detto ai discepoli: L'anima mia è triste fino alla morte 12? Cerco dunque in queste parole traccia di quelle altre: Ho il potere di dare e di riprendere di nuovo la vita 13. Donde viene l'espressione: L'anima mia è triste fino alla morte? Nessuno ti può togliere la vita. Perché sei triste? Sei tu che hai il potere di dare la tua vita; perché dici: Padre, se è possibile, passi da me questo calice? A questi problemi risponde così: " Come uomo io ti ho assunto nella mia carne. Dunque se ti ho assunto nella carne ti ho assunto anche nelle parole. Quando dico: Ho il potere di lasciare la vita e ho il potere di riprenderla esprimo me come creatore; quando dico: La mia anima è triste fino alla morte, esprimo te come creatura. Godi di me in te; riconosci te in me. Quando dico: Ho il potere di dare la vita, sono il tuo aiuto. Quando dico: L'anima mia è triste fino alla morte, sono il tuo specchio ".

Cristo Verbo.

4. Avete letto che il Signore è morto. Non possiamo certo negarlo. Se neghiamo la sua morte neghiamo anche la sua risurrezione. E` morto per il fatto che si è degnato di farsi uomo ed è risorto perché si è degnato di essere uomo, perché anche noi uomini moriremo e risorgeremo. Ma in lui è forse morto il Verbo? Poteva patire qualcosa colui che in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo 14? Che cosa mai può patire un tale Verbo? E tuttavia conveniva che morisse per noi il Verbo. Non poteva morire e conveniva che morisse. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo. Dove è qui il sangue? Dove la morte? Forse la morte nel Verbo? Il sangue nel Verbo? Ma allora se nel Verbo non c'è né sangue né morte, dov'è il nostro riscatto? Il nostro riscatto non è forse il suo sangue? Come dunque potrebbe essere offerto questo riscatto se il Verbo rimanesse puro Verbo, se non assumesse la carne? Una carne per di più che prenda vita da anima umana; affinché non potendo essere ucciso il Verbo fosse uccisa la sola carne che prendeva vita dalla sua anima. E l'anima d'altronde non poteva perire, perché l'anima, aderendo alla divinità, forma con essa un solo spirito, in quanto lo stesso Signore la assume in sé, e non per il solo fatto che essa crede in lui, come è stato scritto di noi: Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito 15. Noi infatti, quando eravamo senza fede, ci trovavamo in situazioni di indegnità, lontani da Dio. Solo con la fede abbiamo potuto aderire a Dio. L'anima di Cristo invece è già stata creata da Dio degna di questa adesione: nel momento in cui è stata assunta nuova e semplice nell'unità della persona divina. Scioltasi questa singolare unità di due spiriti disuguali, la carne morì. Quella carne che prendeva la vita in un modo e in un genere nuovo, in virtù della stessa unione dei due spiriti, cioè avendo una mirabile doppia vita, solo per poco tempo rimase abbandonata. Dio infatti, che è lo Spirito, e la sua immagine, lo spirito umano, sono immortali.

Cristo accettando da noi la morte ha ridato all'uomo la vita.

5. Così dunque ci parla in un certo qual modo il Signore Dio nostro, il nostro Salvatore: " O uomini, io ho creato l'uomo retto, ed egli si rese perverso. Vi siete allontanati da me e da soli siete periti. Ma io sono venuto a cercare ciò che era perito. Vi siete allontanati da me - dice - e avete perso la vita. E la vita era la luce degli uomini 16. Ecco che cosa avete perso quando in Adamo siete tutti periti: la vita che era la luce degli uomini. Quale vita? In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 17. Questa era la Vita: voi giacevate nella vostra morte. Io, Verbo, non avevo di che morire. Tu, uomo, non avevi dove attingere la vita ". Ebbene, poiché il Signore Cristo si è abbassato fino a noi, io assumo le sue parole. Se egli infatti assunse le mie, io avrò il coraggio di assumere le sue. Così, nel silenzio, parlando il linguaggio dei fatti, il Signore nostro Gesù Cristo in un certo qual modo dice: " Io non avevo di che morire. Tu, uomo, non avevi onde attingere la vita. Io ho preso qualcosa da te per poter morire per te. Tu prendi da me onde poter vivere insieme con me. Facciamo uno scambio: io dò a te, tu dài a me. Io prendo da te la morte, tu prendi da me la vita. Svégliati: osserva che cosa io ti dò, che cosa prendo. Io, supremamente alto in cielo, ho preso da te sulla terra la bassezza terrestre. Io, tuo Signore, ho preso da te la forma di servo. Io, tua salute, ho preso da te le ferite. Io, tua vita, ho preso da te la morte. Verbo, mi feci carne, per poter morire. Non avevo carne presso il Padre. Dalla tua discendenza l'ho presa, per fartene dono. (La Vergine Maria era della nostra discendenza; Cristo assunse la carne da noi, cioè dal genere umano attraverso lei). Ho preso da te la carne onde morire per te. Tu prendi da me lo Spirito vivificante, onde tu possa vivere con me. Infine io sono morto in quella parte che avevo preso da te. E tu vivi di ciò che hai preso da me ".

Il Simbolo ipponese.

6. Dunque, fratelli, quando sentite: " E` nato per opera dello Spirito dalla Vergine Maria, patì, fu bastonato, fu schiaffeggiato "; quando sentite: " Cristo ha sofferto queste cose ", non crediate che il Verbo abbia potuto soffrire qualcosa di simile nella sua natura e nella sua sostanza; quel Verbo che era in principio presso Dio. E allora, possiamo dire che il Verbo di Dio, il Dio Unigenito non patì per noi? Patì, ma secondo la carne e l'anima che poteva patire. Prese la forma di servo per poter patire come uomo. Aveva infatti e anima e carne, perché era venuto a liberare tutto l'uomo, e non perdendo ma donando la vita. Farò un paragone onde percepiate più in fretta quello che andiamo dicendo: quando ad esempio Stefano il martire, o Foca o qualche altro patì, fu ucciso e sepolto, soltanto la loro carne fu uccisa e sepolta: la loro anima non poteva essere né uccisa né sepolta, e tuttavia diciamo assai giustamente: E` morto Stefano, o Foca, o chiunque altro, per il nome di Cristo. Ma, quando patì, fu ucciso e sepolto il Figlio di Dio Unigenito, senz'altro solo la sua carne fu uccisa e sepolta. La sua anima e, molto più la sua divinità, non poté essere uccisa. E tuttavia diciamo tranquillamente che l'Unico Figlio di Dio, cioè Dio unigenito da Dio, è morto per noi ed è stato sepolto. Sicché indubbiamente non con menzogna, ma in modo corrispondente a verità lo stesso Cristo Signore, che è Verità senza inganno, disse: Dio ha tanto amato il mondo che ha sacrificato il suo Figlio Unigenito affinché ognuno che crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna 18. E l'Apostolo dice similmente del Padre: Non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma l'ha sacrificato per tutti noi 19. Volete [in conclusione] sapere chi è Cristo? Non dovete considerare la sola carne, che giacque nel sepolcro; non dovete considerare la sola anima, riguardo alla quale è detto: La mia anima è triste fino alla morte 20. E neppure dovete considerare il solo Verbo, perché il Verbo era Dio. Ma dovete tener presente che il Cristo completo era Verbo e anima e carne.

Errore di ariani e apollinaristi sull'anima di Cristo.

7. Badate di non sottrarre nulla all'anima di Cristo. Gli eretici apollinaristi hanno detto che quell'anima non aveva mente, cioè intelligenza, ma che il Verbo gli stava in luogo di mente e di intelligenza. Questo disse Apollinare. Gli ariani poi dicono: " Non aveva nessun tipo di anima ". Voi invece ritenete per certo, fedelmente, che il Cristo completo è proprio anima e carne e Verbo. E quando sentite che ha detto: L'anima mia è triste, intendete un'anima umana, non di bestia; l'anima dell'animale è un'anima senza intelletto, non un'anima umana. Se non fosse venuto a liberare le anime, se ne dedurrebbe che non aveva anima. Dunque, un solo Cristo: Verbo e anima e carne. Che cosa è l'uomo? L'uomo è anima e carne. Che cos'è il Cristo? E` Verbo e uomo, e perciò Verbo e anima e carne: il Cristo unico. Quando colpisci a pugni un uomo, di lui che cosa colpisci? L'anima o la carne? Devi ammettere che colpisci la carne. E tuttavia è la sua anima che protesta e grida: " Perché mi percuoti? Perché mi colpisci? ". E se tu dicessi all'anima: " Chi ti tocca? Io ferisco la carne, non te ", chiunque ti udisse dire così non si metterebbe forse a ridere, non ti giudicherebbe o stolto o matto? Così dunque anche quelli che hanno flagellato la carne o colpito con gli schiaffi la carne del Figlio di Dio, non possono dire: " Noi abbiamo flagellato o schiaffeggiato la carne di Cristo non la sua anima o il Verbo ". Essi in realtà hanno flagellato, colpito con schiaffi il Cristo completo: Verbo e anima e carne. Non bastonarono o schiaffeggiarono un corpo morto. E per quanto indubbiamente non abbiano potuto uccidere sulla croce né la sua anima né la sua stessa divinità, che è la sua vera vita, tuttavia si compiacevano nel loro cuore e nella loro trista volontà, di uccidere il Cristo completo. Chiunque si propone di uccidere qualcuno, vuole totalmente estinguerlo, così come si spegne totalmente il lume di una lucerna caduta per terra, in modo che non fa più luce del tutto quando un malfattore la spegne perché vede che ostacola la sua impresa. Ciò non può avvenire in nessun modo nell'uomo, cioè che tutto intero si spenga, perché egli ha una sostanza mortale e una immortale; ma null'altro in lui è mortale se non la carne. Tanto più non poteva essere estinto totalmente Cristo, l'Unigenito Figlio di Dio, quando i Giudei credettero di averlo ucciso. Egli delle sue tre sostanze, cioè una eterna e divina e due temporali, cioè umane, una sola ebbe mortale, cioè la carne. L'anima e in primo luogo la divinità le ebbe ovviamente immortali. E così egli poté da solo, con la sua morte durata poco tempo, salvare noi dalla morte eterna, perché egli non era solo carne e anima umana, ma era l'unico Figlio Unigenito di Dio, Dio e anima e carne. Colui che è disceso nelle regioni inferiori della terra è quel medesimo che è pure asceso al di sopra di tutti i cieli 21; cosa che l'uomo solo mai avrebbe potuto fare.

Il trionfo della vita sulla morte.

8. Stiamo senza ansietà, rallegriamoci ed esultiamo dunque, carissimi fratelli, perché ci ha redento con la sua morte Colui che, anche ucciso, trionfò sui nemici. Ucciso, uccise la morte e ci sottrasse per sempre al suo potere, e ascendendo in alto liberò una folla di prigionieri, e diede i suoi doni agli uomini 22, mandando lo Spirito Santo, egli che poté introdurre nel paradiso il ladrone credente, pur giacendo ancora nel sepolcro.

 

1 - Sal 123, 1. 2. 3.

2 - 2 Cor 8, 9.

3 - Sal 115, 12.

4 - Sal 115, 13.

5 - Mt 26, 39.

6 - Gv 10, 18. 17.

7 - Sal 3, 6.

8 - Lc 23, 21.

9 - Sal 3, 6.

10 - Sal 40, 9.

11 - Mt 26, 39.

12 - Mt 26, 38.

13 - Gv 10, 18.

14 - Gv 1, 1.

15 - 1 Cor 6, 17.

16 - Gv 1, 4.

17 - Gv 1, 1.

18 - Gv 3, 16.

19 - Rm 8, 32.

20 - Mt 26, 38.

21 - Ef 4, 9. 10.

22 - Ef 4, 8; Sal 67, 19.


Capitolo 3 - Gesù condotto da Pilato

La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick

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«Condussero allora Gesù dalla casa di Caifa al pretorio» (Giovanni 18,28).

Vidi Gesù trascinato con le funi: il suo viso era gonfio e contuso. Egli appariva sfigurato dalle percosse e dagli oltraggi della notte, indossava soltanto la tunica inconsutile, insudiciata di sputi e macchiata di sangue. La plebaglia affluiva da ogni parte e seguiva il corteo lanciando grida e invettive contro il Galileo. Nel vederlo in quelle condizioni, sanguinante e pieno di lividi, molti amici esclusero Gesù dal loro cuore, la loro fede si affievolì e si ritirarono scoraggiati, mentre i più superficiali si unirono alla marmaglia. Essi non riuscivano a persuadersi che il Signore, così barcollante e malandato, potesse essere il Re, il Profeta, il promesso Messia e il Figlio di Dio.

I farisei dicevano a quelli che osservavano dubbiosi:

«Vedete il vostro re? Riveritelo!».

Dopo una breve visita notturna al tribunale di Caifa, la Madonna era rimasta nel cenacolo immersa nel suo muto dolore, in costante unione spirituale con Gesù. Quando il Signore fu fatto uscire dalla prigione per essere condotto nuovamente davanti ai giudici, ella si alzò per andare a vedere personalmente il suo Figlio diletto. La Vergine mise il velo e il manto, mentre diceva a Maria Maddalena e a Giovanni:

«Seguiamo mio Figlio fino al palazzo di Pilato, lo voglio rivedere!».

I tre uscirono e percorsero un sentiero obliquo, quindi aspettarono il corteo in un luogo dove sapevano che sarebbe passato.

Vidi la santa Madre nascosta dietro l'angolo di un edificio, e con lei c'erano Giovanni e Maria Maddalena. Essi attendevano il passaggio dell'infame corteo. Maria santissima aveva impresse nel cuore le sofferenze del Figlio divino, tuttavia anche i suoi occhi interiori non potevano immaginare come la cattiveria degli uomini lo avesse sfigurato.

Vidi la miserabile processione sfiorare la Madre: prima i diabolici principi dei sacerdoti, poi gli accusatori, gli scribi e i farisei, infine Gesù, seguito dalla plebaglia agitata che gli urlava contro ingiurie e maledizioni.

Alla vista del suo diletto Figlio, così orribilmente sfigurato, ella esclamò tra le lacrime:

«Questo è mio Figlio! Come hanno ridotto il mio Gesù!».

Il Signore la guardò commosso e la Vergine santa si sentì mancare; Giovanni e Maria Maddalena la condussero subito via.


Davanti a Pilato


Ma egli non rispose neppure una parola, sicché il procuratore se ne meravigliò assai» (Matteo 27,14).

Riavutasi da quell'orrendo spettacolo, la Vergine si fece condurre da Giovanni e da Maria Maddalena al palazzo di Pilato.

Questo edificio è situato in una posizione sopraelevata e vi si accede salendo per una gradinata di marmo. Esso domina un ampio piazzale circondato da portici, sotto i quali ci sono i mercati. Il palazzo è circondato da un grande muro di cinta interrotto dal “foro”, ossia quattro ingressi disposti secondo i punti cardinali, presidiati da un consistente corpo di guardia. Il palazzo di Pilato è congiunto dal lato nord con il foro e dal lato sud con il pretorio, dove Pilato pronunciava i suoi giudizi.

Di fronte alla colonna della flagellazione, presso il corpo di guardia, si eleva una loggia chiamata “Gabbata” una sorta di tribunale all'aperto, elevato e cilindrico, con i sedili di pietra, dove Pilato emanava i giudizi più solenni; vi si accede per mezzo di alcuni scalini.

Invece la scalinata di marmo, che sale al palazzo del pro curatore, conduce a una terrazza scoperta dalla quale Pilato parlava con gli accusatori, i quali sedevano su alcune panche di pietra all'entrata del foro.

Non lontano dal corpo di guardia e dalla colonna della flagellazione si trovano le prigioni sotterranee in cui erano stati rinchiusi due ladroni.

Dietro al palazzo del procuratore ci sono altre terrazze con chioschi e giardini che conducono alla dimora di Claudia Procla, moglie di Pilato.

Erano circa le sei del mattino, secondo il nostro modo di calcolare il tempo, quando il triste corteo raggiunse il palazzo di Pilato. Sfigurato orribilmente dai maltrattamenti, Gesù fu condotto fin sotto la scala del procuratore, mentre i sinedriti si erano disposti davanti al pretorio senza varcarne la soglia per non contaminarsi. La striscia che essi non dovevano oltrepassare era tracciata sul selciato del cortile. Pilato stava sopra la grande terrazza sporgente, disteso su una lettiga; davanti a sé aveva una piccola tavola a tre pie di sulla quale erano collocate le insegne del suo rango.

Accanto a lui c'erano ufficiali e soldati con i fregi e le insegne del potere romano.

Quando Pilato vide arrivare Gesù in mezzo a un gran de tumulto, si alzò e parlò con un'aria sprezzante:

«Perché venite così presto? Come mai avete ridotto quest'uomo in così miserabili condizioni? Cominciate di buon'ora a percuotere e scorticare le vostre vittime!», e indicò Gesù in mezzo a loro.

I Giudei, senza rispondere, urlarono agli sgherri:

«Avanti, conducetelo al tribunale!».

Poi si rivolsero a Pilato:

«Ascolta le nostre accuse contro questo malfattore. Noi non possiamo entrare nel tuo tribunale, perché secondo la nostra legge ci renderemmo impuri».

Solo gli sgherri salirono i gradini di marmo trascinando Gesù sulla grande terrazza sporgente.

Pilato aveva spesso sentito parlare di Gesù di Nazaret, “il Galileo”. Ora, nel vederlo così sfigurato e maltrattato, sentì aumentare il suo disgusto per i sacerdoti del tempio. Con tono imperioso e sprezzante il procuratore romano chiese loro:

«Di che cosa accusate quest'uomo?».

«Se non fosse un malfattore non te l'avremmo condotto»,risposero irritati.

«E meglio che lo giudichiate secondo le vostre leggi», replicò Pilato.

«Tu sai che abbiamo pesanti limitazioni riguardo alla pena capitale», risposero i sacerdoti con voce ansiosa, per ché volevano uccidere Gesù prima della festa solenne.

Pilato dimostrò di non essere disposto a condannare Gesù senza prove e intimò loro di produrre i capi d'accusa. Essi ne presentarono tre, per ognuno dei quali erano pronti a deporre dieci testimoni. I sinedriti volevano persuadere a tutti i costi Pilato che Gesù era reo innanzi tutto contro l'imperatore, in modo che fosse condannato dal procuratore romano.

Essi presentarono Gesù di Nazaret come agitatore delle masse, colpevole di avere turbato l'ordine pubblico; aggiunsero che egli violava il sabato perché operava guarigioni in quel giorno sacro. A questo punto furono interrotti da Pilato:

«A quanto sembra, voi non siete malati, diversamente le sue guarigioni non vi avrebbero scandalizzati».

Senza badare all'ironia del procuratore romano i sinedriti continuarono:

«Attira il popolo con insegnamenti orrendi, dice che per ottenere la vita eterna bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue».

Rendendosi conto dell'accanimento col quale essi presentavano le accuse, Pilato, sorridendo ai suoi ufficiali, disse ai Giudei:

«Sembra che anche voi seguiate la sua dottrina, perché avete fretta di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue!».

Imperturbati, essi passarono al secondo capo d'accusa. Dissero che il Nazareno sobillava il popolo a non pagare il tributo all'imperatore. Nell'udire queste parole Pilato ebbe un moto di collera e li interruppe con tono tagliente:

«Questa è una grande menzogna perché io l'avrei saputo prima di voi!».

E, senza reagire, i Giudei mossero contro Gesù la terza accusa:

«Comunque sia, quest'uomo di bassa origine ha formato un grande partito e ha profetato la caduta di Gerusalemme. Inoltre diffonde tra il popolo parabole a doppio senso circa un re che prepara le nozze di suo figlio. Costui ha radunato sopra una montagna una moltitudine di gente che lo ha proclamato re.

Ma il Galileo ha trovato che il tempo non era ancora maturo per quest'evento e si è tenuto nascosto, uscendo fuori solo recentemente per assumere la dignità regale. Infatti è stato accolto trionfalmente dalla folla osannante di Gerusalemme che lo acclamava: “Figlio di Davide! Bene detto sia il regno del nostro padre Davide!”. Si è fatto chiamare Cristo, re dei Giudei, l'unto del Signore, il re promesso agli Ebrei!».

Su queste ultime parole, confermate da dieci testimoni, Pilato apparve molto pensoso; passò nell'ultima sala del tribunale e ordinò alle guardie di portargli Gesù per interrogarlo.

Pilato era un pagano superstizioso e alquanto superficiale, facile a turbarsi. Aveva sentito parlare vagamente dei «figli degli dèi romani»; non ignorava neppure che i profeti dell'antichità giudaica avevano preannunciato «l'Unto del Signore», il Messia promesso ai Giudei.

Sapeva inoltre che dall'Oriente erano venuti alcuni re a visitare il vecchio Erode, il quale aveva fatto massacrare molti lattanti. Pilato non credeva che Gesù, caduto in tali compassionevoli condizioni, potesse essere il re della promessa, ma lo volle interrogare ugualmente perché era accusato di voler usurpare i diritti dell'imperatore.

Quando Gesù gli fu dinanzi, Pilato, dopo averlo scrutato con stupore, gli chiese:

«Sei dunque il re dei Giudei? ».

Gesù gli disse:

«Mi chiedi questo spontaneamente o altri ti hanno parlato di me?».

«Sono io forse un ebreo per interessarmi di simili miserie? Il tuo popolo ti ha consegnato a me perché io ti con danni a morte. Dimmi: che cosa hai fatto?», gli chiese Pilato in tono sprezzante.

L'interrogato rispose:

«Sì, sono re, come tu dici. Sono nato e venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità ascolta la mia voce».

Pilato, alzandosi, lo guardò e disse:

«Cos'è mai la verità?».

Egli aveva ormai compreso che Gesù non poteva danneggiare l'imperatore romano. Fece ritorno sulla terrazza e sentenziò, rivolto ai sinedriti:

«Non trovo alcuna colpa in quest'uomo!».

I nemici di Gesù reagirono scagliando contro di lui un mare di accuse e d'improperi. Siccome il Salvatore restava silenzioso e orante, Pilato gli disse:

«Non hai nulla da obiettare a queste accuse?».

Gesù non proferì parola.

Il procuratore romano aggiunse:

«Costoro inventano menzogne contro di te!».

Intanto gli accusatori gli continuavano a gridare furiosi:

«Non trovi colpa in un miserabile che ha sollevato la popolazione dalla Galilea fino qui?».

Udendo nominare la Galilea, Pilato domandò:

«Ma quest'uomo è Galileo, quindi suddito di Erode?».

«Sì!», risposero i sinedriti. «La sua residenza attuale è a Cafarnao e i suoi genitori hanno avuto dimora a Nazaret».

«Se è suddito di Erode, conducetelo dinanzi a lui. Egli è qui per la festa e potrà giudicarlo».

Detto questo, Pilato inviò un messo a Erode e fece condurre Gesù fuori del tribunale. Così fu felice d'aver evitato il giudizio su Gesù, perché questo compito gli era assai increscioso.

Inoltre Pilato desiderava mostrarsi gentile con Erode, con il quale era in urto per motivi politici. Il procuratore romano sapeva che il tetrarca era molto curioso di vedere Gesù.

Furiosi per l'affronto subito di fronte al popolo, i sinedriti fecero ricadere tutta la loro collera sul Redento re. Lo fecero frustare selvaggiamente e, coprendolo di insulti, lo trascinarono da Erode. Attraversando la folla che gremiva le vie di Gerusalemme giunsero alla reggia del tetrarca.


Origine della Via Crucis


La santa Vergine, Giovanni e Maria Maddalena avevano assistito con angoscia a quanto si era svolto nel pretorio. Essi erano rimasti nascosti e avevano udito le ingiurie pronunciate dai sinedriti.

Mentre Gesù veniva condotto da Erode, Giovanni fece percorrere alla Vergine e a Maria Maddalena la Via Crucis. Dal palazzo di Caifa a quello di Anna, fino al monte degli Ulivi e al Getsemani, essi unirono le loro sofferenze a quelle del Signore, venerando i luoghi dove egli era caduto e aveva sofferto in modo atroce. Maria santissima si prostrava spesso al suolo baciando la terra santificata dalle cadute e dal sangue del Figlio.

Con gli occhi pieni di lacrime, Giovanni cercava di con solare Maria Maddalena e l'addolorata Vergine.

Questa fu l'origine della Via Crucis, la dolorosa con templazione della passione di Gesù.


Pilato e il sogno della moglie Claudia Procla

«Ora, mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: “Non t'impicciare nelle cose di quel giusto, perché oggi ho molto sofferto in sogno a motivo di lui”» (Matteo 27,19).


Claudia Procla, la moglie del procuratore romano, osservava da una galleria segreta il corteo che conduceva Gesù da Erode. Profondamente turbata, inviò un domestico da Pilato perché desiderava parlargli.

Claudia era una donna di bell'aspetto, portava sul capo un velo che le scendeva sul dorso e un diadema fermava la sua folta capigliatura. Sul petto aveva un fermaglio prezioso che manteneva la lunga veste ad ampie pieghe.

La vidi parlare a lungo col suo sposo. Gli raccontò le meravigliose visioni che aveva avuto in sogno riguardo al Figlio di Dio. Era pallida in volto e scongiurò Pilato di non fare del male a Gesù.

Mentre Claudia raccontava a Pilato i sogni avuti quella notte, la maggior parte di essi passò davanti alla mia vista interiore.

La consorte di Pilato aveva visto i principali episodi della vita del Signore e aveva sofferto tutta la notte. Aveva appreso molte verità penose, come il massacro degli innocenti, la profezia di Simeone, la passione di nostro Signore e i dolori della sua santa Madre.

I nemici di Gesù si erano manifestati nel sogno visionario di Claudia sotto forme mostruose.

La donna stava vedendo molti miracoli e verità meravigliose, quando improvvisamente fu risvegliata dal rumore del corteo che conduceva Gesù attraverso il foro.

Nel vedere il Signore così sfigurato e maltrattato, il suo cuore ne fu assai sconvolto e mandò a chiamare Pilato.

Dopo aver ascoltato attentamente il racconto e la supplica della sua sposa, che si era espressa con tanta tenerezza, egli la rassicurò:

«Non ho trovato colpa in quest'uomo, perciò non emetterò nessuna condanna nei suoi confronti; ho riconosciuto la sua innocenza e la malizia degli Ebrei»

Come pegno della sua solenne promessa Pilato le diede un anello. Così si separarono.

Il procuratore romano era un uomo corrotto e superbo, capace di ricorrere a qualsiasi bassezza pur di ottenere i suoi vantaggi, ma allo stesso tempo era molto superstizioso.

La sua concezione religiosa era molto confusa; egli offriva segretamente l'incenso ai suoi dèi per invocarne l'aiuto. Temeva che essi si vendicassero di lui se avesse riconosciuto l'innocenza di Gesù, nella quale egli tuttavia credeva. Le meravigliose visioni narrate da sua moglie lo convinsero a liberare il Galileo. Il corpo di guardia del pretorio fu messo in allarme e tutti i luoghi importanti di Gerusalemme furono fatti presidiare dai soldati romani.


Gesù davanti a Erode Antipa

«Erode, insieme con le sue guardie, lo trattò con disprezzo e si prese gioco di lui...» (Luca 23,11).


Il palazzo di Erode Antipa si innalza nella parte nuova della città, non lontano dal pretorio. Vidi alcuni soldati romani che scortavano il corteo dei Giudei con Gesù prigioniero.

Il popolo, intanto, istigato dai farisei, affluiva nella zona del mercato, affollando i paraggi della reggia di Erode.

Il tetrarca, avvertito dal messo di Pilato, aspettava il Galileo nella sala più sontuosa; lo vidi assiso su una specie di trono fatto di cuscini, circondato dalla corte e da alcune guardie armate.

Erode si sentiva molto lusingato per il fatto che Pilato gli avesse riconosciuto il diritto di giudicare un suo suddito alla presenza dei sacerdoti del tempio.

Gesù giunse da Erode completamente sfigurato, con la faccia sanguinante e la veste macchiata di sangue. Il tetrarca, assalito da un moto di pietà mista a ribrezzo, disse ai sacerdoti:

«Come vi permettete di portarmelo in queste condizioni? Prima lavatelo e pulitelo!».

Allora gli sgherri lavarono Gesù nell'atrio senza cessare di tormentano, al punto di sfregargli un panno ruvido sul volto ferito. Erode rimproverò aspramente i sacerdoti per la loro crudeltà, ma fece questo solo perché voleva imitare Pilato.

Appena finirono di lavarlo, le guardie riportarono Gesù davanti a Erode Antipa. Il quale dimostrò molta benevolenza verso il Galileo, addirittura gli fece portare un calice di vino per farlo ristorare; ma Gesù non bevve, restò silenzioso e fermo come una statua.

Erode invece parlò molto, rivolgendo parole elevate e cortesi al Signore e facendogli una serie di domande. Gesù non pronunciò parola e tenne lo sguardo fisso a terra.

Senza lasciar trapelare la sua ira e il suo disappunto per l'atteggiamento di Gesù, l'Antipa continuò con le domande e le lusinghe, invitandolo a fare un miracolo alla sua presenza:

«E vero che sei il Figlio di Dio... o chi sei veramente? Perché taci? Mi hanno parlato molto dei tuoi discorsi, dei miracoli e delle prodigiose guarigioni che riesci a produrre. Vuoi mostrarmi qualcosa? Tu sai che io posso farti li berare»

Vedendo che Gesù restava impassibile, egli riprese le sue domande con maggior vigore:

«Ho saputo di te cose meravigliose: hai reso la vista ai ciechi nati, hai sfamato migliaia di persone con pochi pani, hai ridestato Lazzaro dalla morte. Perché adesso non possiedi più questo potere? Sei tu colui che sei sfuggito al la morte che fu data a numerosi bambini sotto il regno di mio padre? Mi rammento che alcuni re dell'Oriente erano venuti da mio padre per vedere un neonato re degli Ebrei; il neonato di cui parlo eri tu? Oppure vuoi utilizzare quest'episodio per diventare re?».

Poiché il Signore continuava a non degnare di uno sguardo quell'adultero incestuoso, assassino di Giovanni Battista, Erode sentenziò con voce grave:

«Non vedo in te niente di regale, vedo solo un pazzo!». I sinedriti, approfittando del disgusto del tetrarca provocato dal silenzio di Gesù, rinforzarono le loro accuse. Essi adoperarono gli argomenti più convincenti per fare in modo che Erode intravedesse il suo trono in pericolo se Gesù fosse stato rimesso in libertà.

Ciò nonostante, il tetrarca non era disposto a condannare il Redentore per una serie di motivi: innanzi tutto per ché davanti al Signore provava un intimo terrore e il rimorso per aver fatto uccidere Giovanni; inoltre disprezzava i capi dei sacerdoti, i quali l'avevano allontanato dai sacrifici a causa del suo adulterio; infine, non voleva fare un affronto a Pilato che aveva dichiarato Gesù innocente.

Umiliato però dal persistente silenzio di Gesù, lo consegnò ai servi e alle guardie della sua reggia, che erano più di duecento, dando loro quest'ordine:

«Rendete a questo re da strapazzo gli onori che si merita!».

Il Salvatore venne trascinato in un grande cortile e colà fu vittima di nuovi e crudelissimi oltraggi, mentre Erode si godeva il supplizio da una terrazza di marmo.

Intanto Anna e Caifa tentavano con ogni mezzo di con vincere il tetrarca a condannare Gesù a morte, ma egli disse loro:

«Condannarlo sarebbe da parte mia un delitto contro il giudizio di Pilato, che ebbe la cortesia di mandarlo a me!».

Vedendo che questi era deciso a non condannare Gesù, i sacerdoti incaricarono i farisei di sollevare il popolo contro il Galileo. Alcuni dei più acerrimi nemici del Signore, temendo che Pilato lo rimettesse in libertà, distribuirono denaro ai servi di Erode affinché lo maltrattassero fino a provocargli la morte.

Vidi Gesù martoriato dai duecento servi di Erode. Gli misero un gran sacco bianco come mantello e lo percossero a più non posso, lo tiravano come per farlo ballare, poi lo gettavano a terra trascinandolo per il cortile. Il suo sacro capo sbatté più volte contro le colonne di marmo. Lo rialzavano e ricominciavano a martoriarlo, sputandogli addosso e coprendolo d'insulti.

I servi, prezzolati dai nemici di Gesù, gli assestavano colpi sul sacratissimo capo. Il Signore li guardava con compassione, mentre sospirava per i dolori atroci; i suoi gemiti strazianti suscitavano le risate deliranti dei suoi torturatori; nessuno sentiva pietà di lui.

Completamente insanguinato, Gesù cadde tre volte sotto i feroci colpi di bastone. Vidi gli angeli che gli ungevano il sacratissimo capo, piangevano ed erano molto addolorati. Mi fu rivelato che senza la loro celeste assistenza il Redentore sarebbe certamente morto.

Dopo quest'orrenda infamia, Erode Antipa rinviò Gesù da Pilato.


Gesù ricondotto da Pilato

«Barabba era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio» (Luca 23,19).


Così ridotto, ancora coperto con il sacco bianco di cotone, Gesù fu riportato a Pilato.

I sacerdoti erano furiosi perché neanche Erode aveva voluto condannarlo.

Pieni di rabbia, perché costretti a ripresentarsi davanti al procuratore romano, essi tormentarono Gesù in tutti i modi.

Per mostrano in quello stato ignominioso, gli fecero per correre un cammino due volte più lungo del normale. I sommi sacerdoti fecero questo anche per lasciar tempo ai farisei di sobillare la popolazione contro Gesù.

Per via gli aguzzini non cessarono un solo istante di torturare il Redentore. Egli cadde più volte e fu fatto rialzare a furia di pugni, calci e bastonate, mentre il popolo, facendosi sempre più numeroso al suo passaggio, l'oltraggiava senza fine.

Stremato e deriso dalla marmaglia istigata dai farisei, Gesù pregò il Padre di non farlo morire prima del tempo.

Alle otto e un quarto il corteo, attraversando il foro, giunse davanti all'ingresso orientale del palazzo di Pilato. Il procuratore romano era stato preavvertito da un messo di Erode sull'esito del giudizio. Nel suo messaggio a Pilato, l'Antipa gli esternava la sua gratitudine e lo pregava di riprendersi il Galileo, avendo visto in lui solo un pazzo muto ma nessuna colpa. Il procuratore fu molto contento di apprendere che Erode era stato del suo stesso parere e non aveva condannato Gesù; allora gli inviò i suoi complimenti e i due divennero nuovamente amici.

Vedendo il popolo in tumulto, scatenato dai farisei, Pilato aveva mobilitato circa mille soldati provenienti dalle province italiche. Essi occupavano il pretorio, il corpo di guardia, gli ingressi del foro e quelli del suo palazzo.

La santa Vergine, Maria Maddalena e circa venti discepole si erano messe in un luogo appartato da dove potevano vedere e udire ogni cosa. Giovanni era con loro.

Gli sgherri spinsero Gesù sulla gradinata che conduce alla terrazza di Pilato, il quale l'attendeva con i suoi ufficiali. A causa delle spinte grossolane dei suoi aguzzini, il Signore incespicò nella veste di cui era stato ricoperto e cadde sui gradini di marmo bianco, macchiandoli col suo sangue. La plebaglia rise della sua caduta, ridacchiarono pure i suoi aguzzini, i quali lo fecero rialzare a calci e lo costrinsero a salire fino alla sommità della gradinata.

Il procuratore romano si alzò dalla sua lettiga, avanzò sulla terrazza e disse con voce ferma:

«Mi avete presentato quest'uomo come un agitatore di popolo, ma io, dopo averlo interrogato alla vostra presenza, non ho trovato in lui nessuna colpa. Nemmeno Erode lo ha trovato colpevole, poiché non ne avete ottenuto la sentenza di morte. Lo farò flagellare e poi lo libererò».

Contro questa decisione di Pilato si levò un possente mormorio di protesta. Il procuratore accolse con grande disprezzo quelle rimostranze del popolo sobillato.

Manipolata dagli agitatori, prezzolati dai farisei, la folla chiese che fosse liberato un prigioniero in occasione del la festa solenne. Per indurre la massa a sollecitare la libe razione di Gesù, Pilato fece comparire accanto al Salvatore un bandito della peggiore specie.

«E consuetudine che io, per la Pasqua, vi liberi un prigioniero. Chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù, il re dei Giudei, colui che dice di essere l'unto del Signore?».

A questa domanda del procuratore, dopo una prima esitazione, la folla gridò in coro:

«Barabba! ».

I farisei, guidati dai sacerdoti e dai sinedriti, si agitava no tra la moltitudine distribuendo denaro e incitandola contro Gesù.

In disparte dalla folla, sotto un porticato, vidi la Vergine Maria, Maria Maddalena e le altre pie donne profondamente afflitte dal dolore. Giovanni andava in giro per il foro con la speranza di raccogliere qualche buona notizia, poiché correva voce che Pilato volesse liberare Gesù. Ben ché la Vergine santa sapesse che l'unico mezzo di salvezza per gli uomini era la morte del Figlio, il suo cuore materno anelava a strappano dal supplizio. E come Gesù, fattosi uomo, soffriva le pene di un qualsiasi innocente torturato e inviato a morte, così Maria pativa il tormento di una madre che vede il proprio figlio sfigurato dal popolo ingrato e crudele. Questa Madre soffriva in modo indicibile e supplicava Dio con le stesse parole pronunciate da Gesù nell'orto degli Ulivi: «Se è possibile, si allontani da me questo calice».

Intanto Pilato era stato chiamato da un servo di Claudia Procla, la quale gli aveva rinviato l'anello da lui donato per rammentargli la promessa.

Dopo aver restituito il pegno alla sua consorte per assicurarla che avrebbe mantenuto la promessa, il procuratore ritornò sui loggione e ripeté:

«Insomma, chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù?».

Con profondo stupore, egli udì un grido unanime:

«Noi vogliamo libero Barabba! ».

Dsse ancora:

«Cosa debbo fare di Gesù, chiamato il Cristo, il re dei Giudei?».

Un coro tumultuoso si levò in alto:

«Sia crocifisso! Sia crocifisso! ».

«Ma che cosa ha dunque fatto di male? Non vedo nulla in lui che meriti la morte; per questo lo farò flagellare e poi lo rimetterò in libertà».

A queste parole echeggiò un grido simile a un tuono:

«Crocifiggilo! Crocifiggilo! ».

Così Pilato liberò il malfattore Barabba e fece flagellare Gesù.


14 settembre 1945

Maria Valtorta

   Dopo la tremenda sofferenza che mi portò in fin di vita, dopo tre giorni di agonia, dopo la Confessione e Comunione di questa mattina, e sentendomi ancora tanto male — e la carne vorrebbe solo riposo e silenzio, mentre l'anima tende alla Parola — con un mal di testa atroce, in una pesantezza sonnolenta del corpo sfinito, guardo passare le ore di questo giorno di S. Croce.
   Penso che nel periodo tremendo di Còmpito1 io mi attaccai alla Croce proprio come all'ultimo appiglio per non essere sommersa. Penso che avrei voluto poter entrare in chiesa di S. Martino, nel viaggio di ritorno, per dire "grazie" al mio Salvatore. Penso che il 10 mattina, mentre agonizzavo, mi si è rappresentata nuovamente la cima del Calvario con le tre croci di cui una spogliata del suo martire, l'altra curvata col suo peso di martirio verso terra come per deporre il suo tormentato frutto, l'altra ancora in piedi. Così come le vidi2 quando moriva Antonietta Dal Bo. Tante cose penso. Anche che Gesù l'altra mattina mi ha aiutata facendomi da infermiere più di tutti, senza levarmi il dolore – e solo Lui sa che è tanto, inconcepibilmente tanto – ma dandomi pace. Penso che certo soffriva di farmi soffrire, ma lodoveva fare perché c'è qualche anima che ha da essere riscattata o aiutata con questo gran dolore. E intanto che Gesù mi aiutava, Satana tentava turbarmi… e tenta. Penso, penso…
   Sarei subito lasciata in pace, forse materialmente aiutata, se acconsentissi a non scrivere più ciò che Gesù vuole. Ma io non posso fare questo. Se quelli che criticano o negano, e deridono, riflettessero che io non ho né utile finanziario, né altro utile, ma solo fatica e sofferenza di ogni genere dal lavoro di "portavoce", e se soprattutto provassero tutto quello che io soffro e provo, comprenderebbero subito che devo fare ciò che faccio perché Dio lo vuole e senza nessun bene materiale o morale che me ne venga.
           


    1 Còmpito, cioè Sant'Andrea di Còmpito, la località in cui aveva trascorso gli otto mesi dello sfollamento (nota al 24 aprile 1944).
           
   2 come le vidi, il 4 gennaio 1944, quando moriva Antonietta Dal Bo, di cui si parla il 14 gennaio 1944.