Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Non trascurate l'occasione presente di fare il bene. Talora, lasciando un ben per cercarne uno migliore, si lascia uno e non si trova altro. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 29° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 21

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.3Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
4Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.5Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No".6Allora disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.10Disse loro Gesù: "Portate un po' del pesce che avete preso or ora".11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò.12Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore.
13Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.14Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
15Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli".16Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci le mie pecorelle".17Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle.18In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi".19Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: "Seguimi".
20Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: "Signore, chi è che ti tradisce?".21Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: "Signore, e lui?".22Gesù gli rispose: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi".23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: "Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?".

24Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.25Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.


Levitico 20

1Il Signore disse ancora a Mosè:2"Dirai agli Israeliti: Chiunque tra gli Israeliti o tra i forestieri che soggiornano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Moloch, dovrà essere messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà.3Anch'io volgerò la faccia contro quell'uomo e lo eliminerò dal suo popolo, perché ha dato qualcuno dei suoi figli a Moloch con l'intenzione di contaminare il mio santuario e profanare il mio santo nome.4Se il popolo del paese chiude gli occhi quando quell'uomo dà qualcuno dei suoi figli a Moloch e non lo mette a morte,5io volgerò la faccia contro quell'uomo e contro la sua famiglia ed eliminerò dal suo popolo lui con quanti si danno all'idolatria come lui, abbassandosi a venerare Moloch.
6Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indovini per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò la faccia contro quella persona e la eliminerò dal suo popolo.7Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono il Signore, vostro Dio.
8Osservate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi vuole fare santi.
9Chiunque maltratta suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maltrattato suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui.
10Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l'adùltero e l'adùltera dovranno esser messi a morte.
11Se uno ha rapporti con la matrigna, egli scopre la nudità del padre; tutti e due dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di essi.
12Se uno ha rapporti con la nuora, tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno commesso un abominio; il loro sangue ricadrà su di essi.
13Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.
14Se uno prende in moglie la figlia e la madre, è un delitto; si bruceranno con il fuoco lui ed esse, perché non ci sia fra di voi tale delitto.
15L'uomo che si abbrutisce con una bestia dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia.16Se una donna si accosta a una bestia per lordarsi con essa, ucciderai la donna e la bestia; tutte e due dovranno essere messe a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.
17Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia; tutti e due saranno eliminati alla presenza dei figli del loro popolo; quel tale ha scoperto la nudità della propria sorella; dovrà portare la pena della sua iniquità.
18Se uno ha un rapporto con una donna durante le sue regole e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto la sorgente di lei ed essa ha scoperto la sorgente del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo.
19Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stessa carne; tutti e due porteranno la pena della loro iniquità.
20Se uno ha rapporti con la moglie di suo zio, scopre la nudità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato; dovranno morire senza figli.
21Se uno prende la moglie del fratello, è una impurità, egli ha scoperto la nudità del fratello; non avranno figli.
22Osserverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica, perché il paese dove io vi conduco ad abitare non vi rigetti.23Non seguirete le usanze delle nazioni che io sto per scacciare dinanzi a voi; esse hanno fatto tutte quelle cose, perciò le ho in abominio24e vi ho detto: Voi possiederete il loro paese; ve lo darò in proprietà; è un paese dove scorre il latte e il miele. Io il Signore vostro Dio vi ho separati dagli altri popoli.
25Farete dunque distinzione tra animali mondi e immondi, fra uccelli immondi e mondi e non vi renderete abominevoli, mangiando animali, uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto distinguere come immondi.26Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli, perché siate miei.
27Se uomo o donna, in mezzo a voi, eserciteranno la negromanzia o la divinazione, dovranno essere messi a morte; saranno lapidati e il loro sangue ricadrà su di essi".


Sapienza 15

1Ma tu, nostro Dio, sei buono e fedele,
sei paziente e tutto governi secondo misericordia.
2Anche se pecchiamo, siamo tuoi,
conoscendo la tua potenza;
ma non peccheremo più, sapendo che ti apparteniamo.
3Conoscerti, infatti, è giustizia perfetta,
conoscere la tua potenza è radice di immortalità.
4Non ci indusse in errore
né l'invenzione umana di un'arte perversa,
né la sterile fatica dei pittori,
immagini deturpate di vari colori,
5la cui vista provoca negli stolti il desiderio,
l'anelito per una forma inanimata di un'immagine morta.
6Amanti del male e degni di simili speranze
sono coloro che fanno, desiderano e venerano gli idoli.

7Un vasaio, impastando con fatica la terra molle,
plasma per il nostro uso ogni sorta di vasi.
Ma con il medesimo fango modella
e i vasi che servono per usi decenti
e quelli per usi contrari, tutti allo stesso modo;
quale debba essere l'uso di ognuno di essi
lo stabilisce il vasaio.
8Quindi con odiosa fatica plasma
con il medesimo fango un dio vano,
egli che, nato da poco dalla terra,
tra poco ritornerà là da dove fu tratto,
quando gli sarà richiesto l'uso fatto dell'anima sua.
9Ma egli non si preoccupa di morire
né di avere una vita breve;
anzi gareggia con gli orafi e con gli argentieri,
imita i lavoratori del bronzo
e ritiene un vanto plasmare cose false.
10Cenere è il suo cuore,
la sua speranza più vile della terra,
la sua vita più spregevole del fango,
11perché disconosce il suo creatore,
colui che gli inspirò un'anima attiva
e gli infuse uno spirito vitale.
12Ma egli considera un trastullo la nostra vita,
l'esistenza un mercato lucroso.
Egli dice: "Da tutto, anche dal male,
si deve trarre profitto".
13Costui infatti più di tutti sa di peccare,
fabbricando di materia terrestre
fragili vasi e statue.

14Ma sono tutti stoltissimi
e più miserabili di un'anima infantile
i nemici del tuo popolo, che lo hanno oppresso.
15Essi considerarono dèi anche tutti gli idoli dei pagani,
i quali non hanno né l'uso degli occhi per vedere,
né narici per aspirare aria,
né orecchie per sentire,
né dita delle mani per palpare;
e i loro piedi sono incapaci di camminare.
16Un uomo li ha fatti,
li ha plasmati uno che ha avuto il respiro in prestito.
Ora nessun uomo può plasmare un dio a lui simile;
17essendo mortale, una cosa morta produce con empie mani.
Egli è sempre migliore degli oggetti che adora,
rispetto a essi possiede la vita, ma quelli giammai
18Venerano gli animali più ripugnanti,
che per stupidità
al paragone risultan peggiori degli altri;
19non sono tanto belli da invogliarsene,
come capita per l'aspetto di altri animali,
e non hanno avuto la lode e la benedizione di Dio.


Salmi 28

1'Di Davide.'

A te grido, Signore;
non restare in silenzio, mio Dio,
perché, se tu non mi parli,
io sono come chi scende nella fossa.

2Ascolta la voce della mia supplica,
quando ti grido aiuto,
quando alzo le mie mani
verso il tuo santo tempio.
3Non travolgermi con gli empi,
con quelli che operano il male.
Parlano di pace al loro prossimo,
ma hanno la malizia nel cuore.

4Ripagali secondo la loro opera
e la malvagità delle loro azioni.
Secondo le opere delle loro mani,
rendi loro quanto meritano.
5Poiché non hanno compreso l'agire del Signore
e le opere delle sue mani,
egli li abbatta e non li rialzi.
6Sia benedetto il Signore,
che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera;
7il Signore è la mia forza e il mio scudo,
ho posto in lui la mia fiducia;
mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore,
con il mio canto gli rendo grazie.

8Il Signore è la forza del suo popolo,
rifugio di salvezza del suo consacrato.
9Salva il tuo popolo e la tua eredità benedici,
guidali e sostienili per sempre.


Baruc 6

1Per i peccati da voi commessi di fronte a Dio sarete condotti prigionieri in Babilonia da Nabucodònosor re dei Babilonesi.2Giunti dunque in Babilonia, vi resterete molti anni e per lungo tempo fino a sette generazioni; dopo vi ricondurrò di là in pace.3Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondono timore ai pagani.4State attenti dunque a non imitare gli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi.5Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate: "Te dobbiamo adorare, Signore".6Poiché il mio angelo è con voi, egli si prenderà cura di voi.
7Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e inargentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare.8Come si fa con una ragazza vanitosa, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi.9Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, dandone anche alle prostitute nei postriboli.
10Adornano poi con vesti, come si fa con gli uomini, questi idoli d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli.11Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi.12Come un governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende.13Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libera dalla guerra e dai ladri.14Per questo è evidente che non sono dèi; non temeteli, dunque!
15Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi.16I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano.17Come ad uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con portoni, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri.18Accendono loro lumi, persino più numerosi che per se stessi, ma gli dèi non ne vedono alcuno.19Sono come una delle travi del tempio; il loro interno, come si dice, viene divorato e anch'essi senza accorgersene sono divorati dagli insetti che strisciano dalla terra, insieme con le loro vesti.20Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio.21Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini e altri uccelli e anche i gatti.22Di qui potete conoscere che non sono dèi; non temeteli, dunque!
23L'oro di cui sono adorni per bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano.24Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale.25Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrossiscono anche i loro fedeli perché, se cadono a terra, non si rialzano più.26Neanche se uno li colloca diritti si muoveranno da sé, né se si sono inclinati si raddrizzeranno; si pongono offerte innanzi a loro come ai morti.27I loro sacerdoti vendono le loro vittime e ne traggono profitto; anche le mogli di costoro ne pongono sotto sale una parte e non ne danno né ai poveri né ai bisognosi; anche una donna in stato di impurità e la puerpera toccano le loro vittime.28Conoscendo dunque da questo che non sono dèi, non temeteli!
29Come infatti si potrebbero chiamare dèi? Perfino le donne presentano offerte a questi idoli d'argento, d'oro e di legno.30Nei templi i sacerdoti siedono con le vesti stracciate, la testa e le guance rasate, a capo scoperto.31Urlano alzando grida davanti ai loro dèi, come fanno alcuni durante un banchetto funebre.32I sacerdoti si portan via le vesti degli dèi e ne rivestono le loro mogli e i loro bambini.33Gli idoli non possono contraccambiare né il male né il bene ricevuto da qualcuno; non possono né costituire né spodestare un re;34nemmeno possono dare ricchezze né soldi. Se qualcuno, fatto un voto, non lo mantiene, non se ne curano.35Non liberano un uomo dalla morte né sottraggono il debole da un forte.36Non rendono la vista a un cieco né liberano un uomo dalle angosce.37Non hanno pietà della vedova né beneficano l'orfano.38Sono simili alle pietre estratte dalla montagna quegli idoli di legno, indorati e argentati. I loro fedeli saranno confusi.39Come dunque si può ritenere e dichiarare che costoro sono dèi?
40Inoltre, perfino gli stessi Caldei li disonorano; questi infatti quando trovano un muto incapace di parlare lo presentano a Bel pregandolo di farlo parlare, quasi che costui potesse sentire.41Costoro, pur rendendosene conto, non sono capaci di abbandonare gli idoli, perché non hanno senno.42Le donne siedono per la strada cinte di cordicelle e bruciano della crusca.43Quando qualcuna di esse, tratta in disparte da qualche passante, si è data a costui, schernisce la sua vicina perché non fu stimata come lei e perché la sua cordicella non fu spezzata.44Quanto avviene attorno agli idoli è menzogna; dunque, come si può credere e dichiarare che costoro sono dèi?
45Gli idoli sono lavoro di artigiani e di orefici; essi non diventano niente altro che ciò che gli artigiani vogliono che siano.46Coloro che li fabbricano non hanno vita lunga; come potrebbero le cose da essi fabbricate essere dèi?47Essi lasciano ai loro posteri menzogna e ignominia.48Difatti, quando sopraggiungono la guerra e le calamità, i sacerdoti si consigliano fra di loro sul come potranno nascondersi insieme con i loro dèi.49Come dunque è possibile non comprendere che non sono dèi coloro che non possono salvare se stessi né dalla guerra né dai mali?50Dopo tali fatti si riconoscerà che gli idoli di legno, indorati e argentati, sono una menzogna; a tutte le genti e ai re sarà evidente che essi non sono dèi, ma lavoro delle mani d'uomo e che sono privi di ogni qualità divina.51A chi dunque non sarà evidente che non sono dèi?
52Essi infatti non possono costituire un re sul paese né concedere la pioggia agli uomini;53non risolvono le contese, né liberano l'oppresso, poiché non hanno alcun potere; sono come cornacchie fra il cielo e la terra.54Infatti, se il fuoco si attacca al tempio di questi dèi di legno o indorati o argentati, mentre i loro sacerdoti fuggiranno e si metteranno in salvo, essi invece come travi bruceranno là in mezzo.55A un re e ai nemici non possono resistere.56Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dèi?
57Né dai ladri né dai briganti si salveranno questi idoli di legno, argentati e indorati, ai quali i ladri con la violenza tolgono l'oro, l'argento e la veste che li avvolge e poi fuggono tenendo la roba; essi non sono in grado di aiutare neppure se stessi.58Per questo vale meglio di questi dèi bugiardi un re che mostri coraggio oppure un arnese utile in casa, di cui si serve chi l'ha acquistato; anche meglio di questi dèi bugiardi è una porta, che tenga al sicuro quanto è dentro la casa o perfino una colonna di legno in un palazzo.59Il sole, la luna, le stelle, essendo lucenti e destinati a servire a uno scopo obbediscono volentieri.60Così anche il lampo, quando appare, è ben visibile; anche il vento spira su tutta la regione.61Quando alle nubi è ordinato da Dio di percorrere tutta la terra, eseguiscono l'ordine; il fuoco, inviato dall'alto per consumare monti e boschi, eseguisce il comando.62Gli idoli invece non assomigliano né per l'aspetto né per la potenza a queste cose.63Perciò non si deve ritenere né dichiarare che siano dèi, poiché non possono né rendere giustizia né beneficare gli uomini.64Conoscendo dunque che non sono dèi, non temeteli!
65Essi non maledicono né benedicono i re;66non mostrano alle genti segni nel cielo, né risplendono come il sole, né illuminano come la luna.67Le belve sono migliori di loro, perché possono fuggire in un riparo e provvedere a se stesse.68Dunque, in nessuna maniera è chiaro per noi che essi sono dèi; per questo non temeteli!
69Come infatti uno spauracchio che in un cocomeraio nulla protegge, tali sono i loro idoli di legno indorati e argentati;70ancora, i loro idoli di legno indorati e argentati si possono paragonare a un ramo nell'orto, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre.71Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro saprete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna.72È migliore un uomo giusto che non abbia idoli, poiché sarà lontano dal disonore.


Atti degli Apostoli 12

1In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa2e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni.3Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi.4Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.5Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui.6E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere.7Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: "Alzati, in fretta!". E le catene gli caddero dalle mani.8E l'angelo a lui: "Mettiti la cintura e legati i sandali". E così fece. L'angelo disse: "Avvolgiti il mantello, e seguimi!".9Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione.
10Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui.11Pietro allora, rientrato in sé, disse: "Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei".12Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera.13Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla di nome Rode si avvicinò per sentire chi era.14Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori c'era Pietro.15"Tu vaneggi!" le dissero. Ma essa insisteva che la cosa stava così. E quelli dicevano: "È l'angelo di Pietro".16Questi intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro, rimasero stupefatti.17Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: "Riferite questo a Giacomo e ai fratelli". Poi uscì e s'incamminò verso un altro luogo.
18Fattosi giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro?19Erode lo fece cercare accuratamente, ma non essendo riuscito a trovarlo, fece processare i soldati e ordinò che fossero messi a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa.

20Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re.21Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso.22Il popolo acclamava: "Parola di un dio e non di un uomo!".23Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò.

24Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva.25Bàrnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco.


Capitolo LI: Dedicarsi a cose più umili quando si viene meno nelle più alte

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Tu non riesci, o figlio, a persistere in un fervoroso desiderio di virtù e restare in un alto grado di contemplazione. Talora, a causa della colpa che è all'origine dell'umanità, devi scendere più in basso e portare il peso di questa vita corruttibile, pur contro voglia e con disgusto; disgusto e pesantezza di spirito, che sentirai fino a che vestirai questo corpo mortale. Nella carne, dunque, e sotto il peso della carne devi spesso patire, poiché non sei capace di stare interamente e continuamente in occupazioni spirituali e nella contemplazione di Dio. Allora devi rifugiarti in occupazioni umili e materiali e fortificarti con azioni degne; devi attendere, con ferma fiducia, che io venga dall'alto e mi manifesti a te; devi sopportare con pazienza il tuo esilio e la tua aridità di spirito, fino a che io non venga di nuovo a te, liberandoti da tutte le angosce. Invero ti farò dimenticare le tue fatiche, nel godimento della pace interiore; ti aprirò dinanzi il campo delle Scritture, nel quale potrai cominciare a correre con animo sollevato "la via dei mie comandamenti" (Sal 118,32). Allora dirai: "i patimenti di questo mondo non sono nulla in confronto alla futura gloria, che si rivelerà in noi" (Rm 8,18).


DISCORSO 351 VALORE DELLA PENITENZA.

Discorsi - Sant'Agostino

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L'umiltà riduce la distanza tra noi e Dio.

1. 1. Gli uomini che tengono ben presente di non essere altro che uomini capiscono assai facilmente quanto sia utile e necessaria, a modo di cura, la penitenza. E` stato scritto infatti: Dio resiste ai superbi, agli umili invece dà la sua grazia 1. E nel Vangelo il Signore dice: Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato 2. Il pubblicano attento a confessare le sue colpe se ne esce dal tempio più giustificato del fariseo che per la enumerazione dei suoi meriti si sentiva tranquillo. Egli ringraziava Dio dicendo: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini: ladri, ingiusti, adulteri; non sono neppure come cotesto pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Ebbene a lui fu preferito quello che si era fermato a distanza e non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore 3. Il fariseo non tanto godeva della sua pretesa integrità, quanto del confronto coi difetti altrui. Di certo gli sarebbe stato più utile mostrare apertamente al medico, dal quale era venuto, i mali di cui soffriva, anziché nascondere le sue piaghe e prendere vanto dal confronto con quelle altrui. Non ci stupisce perciò se quel pubblicano, che non ebbe vergogna a mostrare la sua parte malata, se ne tornò più guarito dell'altro. Nel mondo del visibile, per raggiungere zone elevate, bisogna senza dubbio portarsi in alto; Dio invece, che è la somma altezza, si raggiunge abbassandosi per mezzo dell'umiltà, non innalzandosi. Per tale motivo dice il profeta: Il Signore è vicino a quelli che hanno il cuore contrito 4. E ancora: Eccelso è il Signore. Egli volge lo sguardo verso le umili cose e guarda da lontano le cose eccelse 5. Le cose eccelse sta qui ad indicare " i superbi "; le une quindi le guarda per accoglierle, le altre per respingerle. Dicendo che alle cose eccelse volge lo sguardo da lontano mostra a sufficienza che a quelle umili fa attenzione da vicino. E tuttavia aveva definito poco prima " eccelso " il Signore stesso. Ma Dio, lui solo, non è superbo per quanto grande sia la lode con la quale viene esaltato. Non ritenga dunque la superbia di potersi celare agli occhi di Dio perché Dio, conosce le cose eccelse, e non creda che la sua sia un'altezza congiunta a Dio, perché le cose eccelse Dio le guarda da lontano. Chi pertanto rifiuta l'umiltà della penitenza costui non ha in mente di avvicinarsi a Dio: altro è infatti innalzarsi a Dio, e altro è sollevarsi contro di lui. Chi si china davanti a Dio, da lui viene sollevato; chi si erge contro di lui, da lui viene respinto lontano. Una cosa è la solidità della vera grandezza, altra cosa la vanità di un vuoto orgoglio. Chi si gonfia all'esterno si guasta al suo interno. Chi invece sceglie di restare umile alla soglia della casa di Dio piuttosto che abitare nella casa dei peccatori 6, costui Dio lo sceglie perché abiti nei suoi atri e, mentre egli per sé non pretendeva nulla, lo fa entrare nella sede beata. Per questo con tanta dolcezza e somma verità si canta nel Salmo: Beato l'uomo accolto da te, Signore 7. Non credere poi che chi si umilia stia sempre in basso, dal momento che è stato detto sarà esaltato. Ma non credere che questo tipo di esaltazione si verifichi davanti agli occhi degli uomini, per qualche superiorità connessa col mondo terreno. Nelle parole: Beato l'uomo accolto da te, Signore è incluso e svelato il livello di altezza spirituale di questa accoglienza. Ha messo gradini di ascensione - prosegue il Salmo - nell'intimo del suo cuore, nella valle del pianto, nel luogo stabilito da lui 8. Dove dunque ha collocato l'inizio dell'ascesa? Nel cuore, cioè nella valle del pianto. Questo è il significato di: Chi si umilia sarà esaltato. Come infatti l' " ascesa " è l'esaltazione dell'uomo, così la valle ne indica l'umiltà, i suoi gemiti nel profondo delle convalli. Come infatti il dolore è compagno del pentimento, così il pianto lo è del dolore. Si attaglia benissimo al tema il seguito del Salmo: Chi ha dato la legge darà la benedizione 9. La legge è stata data per mettere in luce le ferite provocate dal peccato, ferite che la benedizione della grazia può risanare. La legge è stata data per manifestare al superbo la sua debolezza e per indurre il debole a penitenza. La legge è stata data perché nella valle del pianto dicessimo [con l'Apostolo]: Vedo nelle mie membra una legge che muove guerra alla legge che è nella mia mente, e che mi rende schiavo della legge del peccato, che si trova nelle mie membra; e gridassimo piangendo con lui: Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Ci venga in soccorso, esaudendoci, colui che rialza chi è caduto, libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi 10, la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo il Signore nostro 11!

Tre specie di penitenza. La penitenza prebattesimale.

2. 2. Tre sono le opere della penitenza e di esse voi siete come me informati. Esse sono infatti in uso nella Chiesa di Dio e ben note a chi diligentemente vi presta attenzione. La prima è in relazione alla generazione dell'uomo nuovo finché col Battesimo, apportatore di salvezza, non avvenga il lavacro di tutte le colpe passate. Tale generazione somiglia a quella del parto: alla nascita del bambino il dolore che, per la pressione sulle viscere tormenta la partoriente, passa, e alla tristezza segue la letizia. Chi infatti è ormai arbitro della sua volontà e intende accostarsi ai sacramenti dei fedeli, non può incominciare una vita nuova se prima non si pente di quella passata. Da tale penitenza sono esonerati solo i bambini, non potendo essi ancora avvalersi del libero arbitrio. A loro tuttavia, per la loro consacrazione e remissione del peccato originale, è di aiuto la fede di coloro che li presentano, di modo che, come nascendo contrassero da altri macchie di peccato, così anche ne vengano purificati per mezzo delle domande e delle risposte di altri. E` proprio vero il lamento del salmista: Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre 12, analogamente a ciò che è scritto [in un altro passo] che al cospetto di Dio, non è puro neppure un bambino di un solo giorno di età 13. Prescindiamo dai bambini sul cui grado e sorte, relativamente alla vita futura promessa ai santi, non è opportuno indagare oltre, perché ciò supera la misura dell'umano. Si crede tuttavia piamente che ad essi giovi per la salvezza spirituale quanto a tale riguardo custodisce, con salda fermezza, l'autorità ecclesiastica, in tutto l'orbe terrestre. Per gli altri uomini nessuno passa a Cristo, in modo da cominciare ad essere ciò che non era, se prima non si pente del suo passato non cristiano. Fu questa la prima forma di penitenza comandata ai Giudei per bocca dell'apostolo Pietro. Fate penitenza e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del Signore nostro Gesù Cristo 14: Veniva ingiunta dal Signore la medesima penitenza quando diceva: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino 15. Di essa anche Giovanni Battista, il precursore che preparò la via del Signore, dice pieno di Spirito Santo: Razza di vipere, chi vi ha fatto credere che potrete sfuggire a quel castigo di Dio che sta per giungere? Fate dunque frutti degni di penitenza 16.

La penitenza quotidiana, comune a tutti.

3. 3. Il secondo tipo di penitenza, cui dobbiamo sottoporci tutta la vita mentre viviamo in una carne mortale, è la continua umiltà della preghiera. Ciò anzitutto perché, nessuno, se non si pente di questa vita temporale, corruttibile, mortale, può desiderare una vita eterna non soggetta a corruzione e a mortalità. Chi infatti nasce a vita nuova per la consacrazione battesimale, pur deponendo ogni peccato della vita passata, non depone anche, in quell'istante, la mortalità e la corruzione della carne. E se anche la cosa non stesse così, resta fermo quello che è stato scritto, e che ognuno del resto prova in se stesso durante la vita, e cioè che il corpo corruttibile appesantisce l'anima e la dimora terrena opprime una mente presa da molti pensieri 17. Il che non avverrà in quella beatitudine in cui la morte sarà assorbita dalla vittoria 18. Ma intanto non vi è dubbio che, in qualunque condizione di benessere ci troviamo, bisogna avere spirito di penitenza in questa vita per poter correre con trasporto verso l'incorruttibile meta della vita eterna. Per questo l'Apostolo dice: Fino a quando abitiamo nel corpo siamo in esilio, lontani dal Signore; camminiamo infatti al lume della fede, non nella visione 19. Chi dunque si affretta e desidera ritornare in patria per contemplare faccia a faccia quella visione se non chi è capace di pentirsi della sua vita di esilio? Da questo dolore del penitente erompe la desolata voce del salmista che così risuona: Ohimè, come è lungo il mio esilio! E perché tu non pensi che si tratti di uno non ancora battezzato che parla così, fa' attenzione a quel che segue: Ho dimorato tra le tende di Cedar; io che sono per la pace ho dimorato con chi detesta la pace; quando parlavo con loro mi contestavano oltre ogni misura 20. Questo parlare non è solo dell'uomo battezzato, ma anche di un evangelizzatore fermissimo e di un martire molto forte. Dice infatti l'Apostolo: Sappiamo che se andrà in disfacimento questa nostra abitazione sulla terra, riceveremo tuttavia nei cieli da Dio un'abitazione non costruita da mani di uomo, che sarà eterna. Perciò noi sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci della nostra abitazione celeste: a condizione però di essere trovati già vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo nella condizione terrestre sospiriamo come sotto un peso, ma non vorremmo essere spogliati bensì sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita 21. Desideriamo in sostanza non essere nella condizione in cui siamo. Che cosa è infatti il nostro lamento se non il rammarico di sentirci in questa condizione? E quando cesserà una tale situazione di vivere se non quando, disfatta questa casa terrena, ci toccherà in sorte una dimora celeste che nell'animo e nel corpo comporterà una nuova dimensione per tutto l'uomo? Questa necessità di mutamento fa dire anche al santo Giobbe che non tanto ci sono tentazioni nella vita quanto che la stessa vita è una tentazione. Egli si esprime così: Non è forse una tentazione la vita dell'uomo sulla terra? Nello stesso brano egli tocca in modo mirabile anche il mistero dell'uomo caduto, dicendo: Come lo schiavo che fugge dal suo padrone e si rifugia nell'ombra 22. La vita presente infatti più che vita è da chiamarsi ombra di vita. Non senza motivo Adamo, fuggitivo dopo l'offesa fatta a Dio col peccato, si nascose dal suo cospetto riparandosi tra le foglie degli alberi, che danno recessi ombrosi: Come uno che fugge dal suo Signore - è stato scritto - si rifugia nell'ombra.

La necessità della penitenza per i ministri della Parola e dei Sacramenti.

3. 4. Chi, dopo il Battesimo che lo ha purificato dai peccati del passato, non ha commesso colpe tali da venire separato dalla comunione dell'altare, non ardisca insuperbire, quasi vantandosi di una piena sicurezza raggiunta. Proprio per questo motivo abbiamo fatto il precedente discorso. Mantenga piuttosto l'umiltà, che è quasi l'unica disciplina cristiana: Non insuperbiamoci quindi, noi che siamo terra e cenere 23, finché non sia trascorsa per intero questa notte in cui vagano tutte le bestie della foresta, ruggiscono i leoncelli in cerca di preda, e chiedono a Dio il loro cibo 24. Chiese questo cibo lo stesso Giobbe, quando disse: La vita umana sulla terra è una prova, e il Signore aggiunse in proposito: Satana ha ottenuto di vagliarvi come il grano 25. Quale uomo sano di mente non si affliggerebbe? Chi non vorrebbe sottrarvisi con la penitenza? Chi non cercherebbe, chiedendo con tutta umiltà l'aiuto divino, di poter essere esaudito, finché non cessino tutti questi motivi di tentazione e l'ombra del terrestre? E quella luce che non viene mai meno, il giorno sempiterno, illumini anche noi. Metterà in luce i segreti delle tenebre e renderà manifeste le intenzioni dei cuori. Allora ciascuno avrà da Dio la dovuta lode 26. Se qualcuno poi si gloria di aver signoreggiato il suo corpo così da renderlo crocifisso al mondo per ogni malvagio agire, e di castigarlo riducendo a servitù le sue membra perché il peccato, non obbedendo ai suoi desideri, non regni più nel suo corpo mortale; se venera l'unico vero Dio, senza lasciarsi andare ad alcun rito idolatrico né irretire da culti demoniaci e non accoglie invano il nome del Signore suo Dio; se aspetta con sicura fede la pace eterna e corrisponde ai genitori il dovuto onore; se non si è macchiato di sangue omicida, né imbrattato nella fornicazione, nella frode del furto, nella doppiezza dell'ipocrisia, nella bramosia dei beni o della moglie altrui; se anche nei suoi beni non eccede con il lusso, né inaridisce per l'avarizia, se non è litigioso, né offensivo o maldicente, e vende infine tutti i suoi averi dandone ai poveri il ricavato, se è uno che segue Cristo piantando la radice del suo cuore nel tesoro del cielo, che cosa è possibile aggiungere ad una giustizia così perfetta? Diciamo tuttavia a costui che non se ne vanti. Capisca che tutte queste cose gli sono state date, che non esistono per merito suo. Di quel che ha, che cosa infatti non ha ricevuto? E se l'ha ricevuto, perché se ne mostra orgoglioso come se non l'avesse ricevuto 27? Costui elargisca con giudizio il denaro del Signore: provveda al prossimo come lui stesso sa di essere stato beneficato. Né creda che basti conservare intero quanto ha ricevuto, perché rischia di sentirsi dire: Servo cattivo e infingardo.. . avresti dovuto dare in prestito il mio denaro così io, ritornando, l'avrei ritirato con gli interessi 28, e rischia quindi di vedersi privato anche di quello che aveva ricevuto e di venir gettato fuori, nelle tenebre. Se quelli che riescono a conservare integro quello che hanno ricevuto devono temere una tale gravissima pena, quale mai speranza possono avere quelli che lo disperdono in modo empio e scellerato? Se sei occupato nelle cose umane, sii fedele alle tue incombenze, ma per un acquisto spirituale, non materiale; non restare legato agli affari mondani e tuttavia, in quanto devi militare per Dio, non essere pigro e abominevole in un ozio inoperoso. Diano dunque, se possono, tutte le loro elemosine con letizia; sia quando elargiscono qualcosa per il sostentamento materiale dei poveri sia quando, dispensando il pane celeste, costruiscono nel cuore dei credenti fortezze inespugnabili contro l'assalto del demonio. Dio ama chi dona con gioia 29. Nelle difficoltà non ci si lasci infiacchire dal fastidio di doverle sopportare: è necessario che esse ci siano perché l'uomo sappia di essere solo uomo. Non ci si lasci prendere dalla collera con chi ci affronta con odiosità; con chi, spinto dal bisogno, ci chiede con insistenza fastidiosa; con chi ci chiede aiuto nel suo lavoro, indifferente al fatto che noi si è molto più occupati di lui; con chi infine, reso cieco dall'interesse o dalla sua miserevole ottusità mentale, oppone resistenza ad un discorso di evidente giustizia. Anche nel dare non bisogna oltrepassare la misura del giusto, e nel parlare neppure si parli più di quanto sia necessario soprattutto quando ciò non è necessario. E` vero che sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di pace, che annunziano cose buone 30, tuttavia anch'essi, a contatto con la terra asciutta prendono quella polvere che poi, giustamente, viene scossa a condanna di coloro che con volontà cattiva disprezzano questa offerta. Il fatto è che ogni giorno bisogna fare penitenza a causa della mutabilità e dell'ignoranza insita nella vita stessa; ed ancora per quella malizia quotidiana che magari fosse contenuta nella misura della quale è stato detto: A ciascun giorno basta la sua malizia 31. Ci viene peraltro comandato di sopportarla e di portarla sino alla fine e di mantenerci fedeli a Dio agendo con fermezza per dare nella sopportazione molto frutto. Ma dobbiamo infine fare penitenza quotidiana anche per la polvere stessa insita nel mondo presente e che aderisce ai piedi dei missionari nei viaggi del loro ministero. I danni possono verificarsi perfino nell'attività così assorbente del ministero. Conceda il Signore che siano ricompensati da maggiori vantaggi.

Peccati quotidiani dei laici e necessità della penitenza.

3. 5. Se [questo spirito di penitenza quotidiana] è necessario anche ai dispensatori della parola di Dio e ai ministri dei suoi Sacramenti, cioè ai soldati di Cristo, quanto più esso è necessario a tutti gli altri " stipendiari " che, in un certo senso, sono come dei " provinciali " di fronte al grande Re!. Quel fedelissimo e fortissimo soldato che fu l'apostolo Paolo, per non essere neanche sfiorato da un falso o supposto sospetto di brama di denaro, " militò " a sue spese e quando per caso gli venne a mancare il necessario, si espresse nel modo seguente: Ho spogliato le altre chiese accettando da esse una paga per essere al vostro servizio 32. Quanto più dunque i " provinciali " della Chiesa, costretti a occuparsi di affari mondani, devono ogni giorno fare penitenza! Essi anche se immuni da furti, da rapine, da frodi, da adultèri, da fornicazioni e da ogni lussuria, dalla crudeltà degli odi e da ostinate inimicizie, da ogni inquinamento idolatrico, dalla frivolezza degli spettacoli, dall'empia iattanza delle eresie e degli scismi, immuni quindi da ogni cattiveria e misfatti del genere, devono essere puri e integri. Tuttavia sia nell'amministrare i beni familiari, sia negli strettissimi vincoli che legano i coniugi, peccano ancora molto e, a tal punto, da non apparire solo coperti della polvere del mondo, ma addirittura imbrattati di fango. Ecco perché l'Apostolo dice loro: E` già per voi delittuoso avere liti vicendevoli. Perché piuttosto non subite l'ingiustizia e la frode? Ma ancor più esecrabile è il fatto per cui, a causa di alcuni, era costretto ad aggiungere: Siete voi che operate iniquamente e rubate; e questo ai fratelli 33. Ma, a parte iniquità e frodi, egli dice che è delittuoso anche il solo aver contese e fare cause per beni temporali. E ammonisce di lasciare almeno che tali contese siano composte in tribunali ecclesiastici. Per la stessa ragione è stato detto: Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie 34. E riguardo alla donna dice le stesse cose. Dice anche: Ritornate a stare insieme perché Satana non vi tenti facendo leva sui vostri istinti. Per far capire che ciò era colpa, ma veniva permesso come una concessione alla debolezza umana, fa seguire subito: Questo però vi dico per concessione, non per comando 35. L'unione dei sessi in realtà è incolpevole solo se ordinata alla procreazione. Ci sono poi altri peccati: il parlare delle cose e degli affari altrui, che non ti riguardano; gli stolti schiamazzi dei quali è stato scritto: Lo stolto alza la voce mentre ride; l'uomo saggio invece sorride appena sommessamente 36. Anche col cibo che viene apprestato per sostentare questa nostra vita fisica, quando lo si prende con avidità od immoderatamente, l'eccesso stesso è attestato il giorno dopo dal peso dello stomaco. Anche nel commercio: nel vendere e comprare possono essere peccaminosi i desideri dell'alto o del basso prezzo dato alla merce. Non sto qui ad elencare tutte le mancanze che ciascuno, con maggiore precisione, può riscontrare in sé e rimproverarsene, se si guarda con attenzione nello specchio delle divine Scritture. Anche se si avverte che tutte queste mancanze, prese singolarmente, non costituiscono una ferita mortale, come l'omicidio, l'adulterio e altre simili, esse tuttavia, prese insieme, quanto più sono numerose possono uccidere o, comunque, come la scabbia, rovinano talmente il decoro del nostro aspetto da tenerci separati dai castissimi abbracci di quello sposo la cui bellezza supera quella dei figli degli uomini 37. Ma per guarire si può ricorrere alla medicina della penitenza quotidiana.

Ogni giorno occorre pentirsi.

3. 6. Se non fosse così perché ogni giorno ci battiamo il petto? E lo facciamo anche noi vescovi stando davanti all'altare insieme con tutti i fedeli. E diciamo nella preghiera quello che bisogna dire in tutto il corso della vita: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 38. Noi, con questa preghiera non imploriamo che ci vengano rimessi quei peccati che già crediamo essere stati rimessi nel Battesimo (e se non lo credessimo dubiteremmo della nostra fede), ma chiaramente preghiamo per i peccati di ogni giorno. Per questi ciascuno non cessa mai di fare, secondo le sue forze, offerte di elemosine, di digiuni e anche di preghiere e suppliche. Ciascuno cerchi quindi di esaminarsi attentamente senza lasciarsi lusingare da qualsivoglia adulazione. Si comprende a sufficienza con quanto pericolo di morte eterna e con quanta mancanza di perfetta giustizia si vada errando lontani dal Signore. E questo anche se, già costituiti in Cristo, che è la nostra via, ci si sforzi di ritornare a lui. Se non avessimo peccati, quando battendoci il petto diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, per ciò stesso peccheremmo certamente e gravemente, perché mentiremmo nel decorso stesso delle celebrazioni sacre. Noi per un verso non siamo peccatori, anzi siamo figli di Dio in quanto, collegati al Dio nostro per la fede, la speranza e la carità, per quanto possiamo siamo suoi imitatori. Ma per un altro verso siamo peccatori. Si insinuano in noi infatti stimoli cattivi e riprovevoli, occasionati dalla debolezza della carne non ancora dissolta nella morte, non ancora trasfigurata nella risurrezione. Ci conviene senz'altro ammettere tutto ciò per non meritare, a causa del nostro orgoglio, invece del risanamento della nostra debolezza, la condanna per la nostra superbia. E` perciò ugualmente vero il detto di Giovanni: Chiunque è nato da Dio non commette peccato 39; e l'altro, della stessa lettera: Se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi 40. Il primo detto riguarda le " primizie " dell'uomo nuovo, il secondo i resti del vecchio; l'uno e l'altro ce li portiamo appresso in questa vita. Il " nuovo " a poco a poco si fa avanti e succede al " vecchio " che, gradatamente, si ritira. Quando sono in lizza tutti e due noi siamo nello stadio. E non solo diamo, noi, colpi all'avversario con le [nostre] buone opere, ma anche ne riceviamo, quando evitiamo i peccati in modo incauto. Per ora non si vede chi vince, ma solo chi ferisce di più e combatte più strenuamente. E ciò fino a quando gli uni saranno portati nella morte eterna da chi è riuscito, per invidia, a far cadere in fallo l'uomo che stava saldo; mentre gli altri potranno dire, nel trionfo finale: Dov'è, o morte, la tua forza? Dov'è la tua arma tagliente? 41 Comunque dal nemico mai saremo vinti tanto facilmente come quando competiamo con lui imitandolo nella superbia; né lo abbattiamo con maggior forza come quando lo combattiamo con l'umiltà imitando il Signore. E mai infliggiamo a lui dolori più forti se non quando risaniamo le nostre ferite con la confessione e la penitenza.

Terza penitenza: per i peccati mortali. Più severa delle altre.

4. 7. Il terzo tipo di penitenza è quella a cui ci si sottopone per quei peccati che sono indicati nel Decalogo della Legge, e dei quali dice l'Apostolo: Chi li compie non erediterà il regno di Dio 42. In questo tipo di penitenza bisogna esercitare su di sé una maggiore severità, perché, se siamo giudicati da noi stessi, si eviterà di venire giudicati dal Signore, come dice ancora l'Apostolo: Se ci giudichiamo da noi, non saremo giudicati dal Signore 43. Salga dunque l'uomo al tribunale della sua coscienza, e consideri che: Noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la sua ricompensa secondo le opere compiute in vita sia in bene che in male 44. Si ponga dunque ora a giudizio davanti a se stesso perché ciò non gli succeda dopo. Dio infatti dà al peccatore questo minaccioso annunzio, dicendo: Ti riprenderò e ti porrò davanti a te stesso 45. Fissato dunque il giudizio all'interno del proprio cuore, sia presente come accusatore la riflessione, come testimone la coscienza, come carnefice il timore. E nelle lacrime scorra il sangue dell'animo che si riconosce peccatore. Infine dalla stessa coscienza personale sia proclamata la sentenza, cioè il ritenersi indegno di partecipare al Corpo e al Sangue del Signore. Chi teme l'esclusione dal regno dei cieli nella sentenza definitiva del sommo Giudice, resti escluso nel frattempo, secondo la disciplina ecclesiastica, dal Sacramento del Pane celeste. Volga e rivolga in sé, davanti agli occhi della mente, l'immagine del giudizio futuro e rifletta, mentre gli altri si accostano all'altare di Dio al quale egli non accede, quanto sia da temere quella estrema punizione che separa coloro che raggiungono la vita eterna da coloro che vengono precipitati nella morte eterna. A questo altare per altro, che ora nella Chiesa, poggiato sulla terra, è esposto agli occhi umani per celebrare visibilmente i sacri misteri, anche molti scellerati possono avvicinarsi. E ciò perché Dio pazienta nel tempo presente, riservando al futuro la manifestazione della sua severità. Essi vi accedono infatti ignorando che la pazienza di Dio li deve indurre a penitenza. E così, per la durezza del loro cuore, per il loro cuore impenitente, accumulano collera contro se stessi per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio che renderà a ciascuno secondo il proprio operato 46. A quell'altare al quale fece ingresso per noi Gesù nostro precursore, capo della Chiesa, perché lo seguissero tutte le sue membra, non potrà accedere nessuno di coloro dei quali ha detto l'Apostolo, come ho accennato sopra: Chi compie azioni siffatte non entrerà in possesso del regno di Dio. Ci sarà solo il Sacerdote, ma nella sua completezza, cioè con tutto il corpo di cui lui è il capo, già asceso al cielo. A questo completo Sacerdote si rivolgeva Pietro dicendo: Stirpe eletta, sacerdozio regale 47. Come oserà o potrà entrare [nel tempio] al di là del Velo in quel segreto Sancta Sanctorum chi, disprezzando il rimedio di una disciplina che ci viene dal cielo, non volle per qualche tempo restare separato dai segni visibili dei misteri? Chi pertanto non ha voluto umiliarsi per poi essere esaltato, sarà fatto cadere proprio quando vorrà essere esaltato. Sarà separato per sempre dalle sante cose eterne chiunque nel corso della vita non si provvede un posto nel Corpo del [sommo] Sacerdote con i meriti dell'obbedienza e la soddisfazione della penitenza. Con quale sfrontata impudenza vorrebbe che allora lo sguardo divino si distogliesse dai suoi peccati, quando egli, durante la vita, non ha voluto dire con tutto il cuore: Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre davanti 48? Come, di grazia, Dio dovrebbe degnarsi di accordare il perdono a dei falli che l'uomo invece non si degna di riconoscere in lui stesso?

Il regno dei cieli: a chi è destinato.

4. 8. Che discorso fanno mai coloro che si lusingano, che si seducono da soli nella loro vanità? Essi perseverano nelle loro malizie, nelle loro lussurie pur sapendo che l'Apostolo dice: Chi compie azioni siffatte non entrerà in possesso del regno di Dio 49. Eppure ardiscono, al di fuori del regno di Dio, prospettarsi la salvezza che desiderano. Si rifiutano di far penitenza per i loro peccati, di ravvedersi una buona volta, cambiando in meglio i loro costumi che li portano a perdizione, e dicono fra sé: " Non ci tengo a possedere il regno. Mi basta essere salvo ". Ragionando così a loro sfugge anzitutto che non c'è nessuna salvezza per chi persevera nel male. Ha detto infatti il Signore: Per il dilagare dell'iniquità l'amore di molti si raffredderà, ma solo chi persevererà sino alla fine sarà salvato 50. Egli ha promesso certamente la salvezza, ma a chi persevera nella carità e non nell'iniquità. Dove c'è la carità non vi possono essere quelle opere cattive che separano dal regno di Dio. Tutta la legge - infatti - trova la sua pienezza in un solo precetto, nel quale è scritto: Amerai il prossimo tuo come te stesso 51. Se anche vi è, in un regno, differenza tra chi regna e chi non regna, bisogna tuttavia che siano tutti in un medesimo regno, per non essere annoverati nel numero dei nemici o degli stranieri. Tutti i cittadini romani ad esempio posseggono il regno romano benché in esso non tutti comandino, anzi alcuni obbediscono ad altri che sono i capi. L'Apostolo però non ha detto: " Chi compie azioni siffatte non regnerà con Dio ", ma [ha detto]: non possederà il regno di Dio. Anche della carne e del sangue è stata detta la stessa cosa: La carne e il sangue non possederanno il regno di Dio 52; perché questo corpo corruttibile si rivestirà d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità 53. La carne e il sangue quindi, non in quanto tali, meriteranno di rivestire il loro corpo animale dell'abito e della natura del corpo spirituale. Dovrebbe anche spaventarli la sentenza ultima del nostro giudice. Egli volle che essa ci venisse prospettata nel tempo presente perché fosse evitata dai suoi fedeli, dando egli un segnale a coloro che lo temono perché fuggano lontano dagli archi 54. Bisogna fare un'eccezione per coloro che giudicheranno con lui. Egli lo aveva promesso loro, dicendo: Sederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele 55. In questa categoria di " giudici " vanno intesi tutti coloro che hanno lasciato totalmente i loro beni e hanno seguito il Signore. Il numero dodici infatti indica una certa universalità: non si può ad esempio dire che l'apostolo Paolo non sarà in quel numero perché non era tra quei dodici. L'eccezione va estesa ancora a coloro che sono indicati come " Angeli ", nella frase: Quando il Figlio dell'uomo verrà a giudicare con i suoi angeli 56. Gli angeli sono particolarmente messaggeri di Dio. Per " messaggeri " intendiamo tutti coloro che annunziano agli uomini la salvezza celeste. Perciò anche gli evangelisti possono essere chiamati buoni messaggeri. Di Giovanni Battista ancora è stato detto: Ecco, io manderò un mio angelo davanti a te 57. Eccettuati dunque, come andavo dicendo, questi casi, il resto della moltitudine umana sarà divisa in due grandi categorie, come si rileva dalle parole del Signore stesso. Egli porrà infatti le pecore a destra, i capri a sinistra. Alle pecore, cioè ai giusti, sarà detto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Senza alcun dubbio è questo il regno di cui parlava l'Apostolo quando, facendo l'elenco delle cattive opere, diceva: Chi compie azioni siffatte non possederà il regno di Dio. Ascolta ancora che cosa si sentiranno dire coloro che si troveranno a sinistra: Via, lontani da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per Satana e per i suoi angeli 58. Perciò nessuno oserebbe presumere che gli valga come garanzia il nome cristiano se poi non ascolta con tutta obbedienza e timore le parole dell'Apostolo che ribadisce: Sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro o avaro, che è quanto a dire idolatra, avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno v'inganni con vani ragionamenti. Per queste cose infatti l'ira di Dio cade sopra i figli della diffidenza. Non abbiate dunque niente in comune con loro 59. Ai Corinzi dice ancora più ampiamente le stesse cose: Non illudetevi; né lussuriosi, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né invertiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né denigratori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. Ma notate anche in che modo egli riesce a togliere timore e disperazione a coloro che pure avevano commesse tali colpe nella vita passata. Tali eravate - egli dice - alcuni di voi, ma siete stati lavati e santificati nel nome del Signore nostro Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio 60.

Le "chiavi" della Chiesa.

4. 9. Chiunque, dopo il battesimo, incappa nei legami di qualcuno degli antichi peccati, vorrà essere così nemico di se stesso da indugiare a mutar vita finché è in tempo, finché appunto pecca e vive? Comunque, se persevera a peccare, egli accumula ira su di sé per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio divino. Ma tuttavia, finché egli è in questa vita, la pazienza di Dio lo chiama a penitenza. Avvolto dunque in trame di peccati tali che danno la morte, egli rifiuta, differisce, esita a ricorrere alle stesse chiavi della Chiesa, con le quali il suo peccato sarebbe sciolto sulla terra per essere sciolto lassù, in cielo. E oserebbe ripromettersi una qualche salvezza dopo questa vita nella quale solo a parole egli è stato cristiano? Non trema di fronte a quella voce del Signore che è un vero tuono: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli. Ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, costui entrerà nel regno dei cieli 61? Anche l'Apostolo, enumerando ai Galati tali peccati, conclude alla stessa maniera: Le opere della carne - dice - sono ben conosciute: lussuria, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizia, discordie, gelosie, ire, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo ad azioni siffatte vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie, non possederà il regno di Dio 62. Su tali cose dunque ognuno giudichi se stesso con la sua volontà e, finché può, cambi in meglio i suoi costumi, affinché non accada che quando ormai non lo potrà più fare, venga giudicato dal Signore anche se non lo vuole. E dopoché lui stesso avrà pronunciato contro di sé la sentenza di un rimedio severissimo, ma pur sempre rimedio, vada dai vescovi per i quali nella Chiesa si compie il ministero delle " chiavi " anche per lui. Cominciando allora finalmente a essere un buon figlio, in quanto accetta di rispettare l'ordine in vigore nelle materne membra della Chiesa, accolga, da chi è preposto ai Sacramenti, la misura della soddisfazione a lui richiesta. Facendo così, devoto e supplice, l'offerta del suo cuore contrito, il suo comportamento gioverà a lui per riceverne la salvezza, e agli altri perché ne prendano esempio. Se poi il suo peccato, oltre ad essere stato un grave danno per lui, abbia apportato grande scandalo anche agli altri, costui non si opponga, non ricusi di fare una penitenza che molti verranno a conoscere, forse anche tutto il popolo di Dio, per non aggiungere a una piaga mortale il peggioramento di un tumore, se si vergogna di espiare. Se tuttavia sia conveniente fare ciò lo giudicherà il vescovo sulla base di una utilità per la Chiesa. Si ricordi sempre che Dio resiste ai superbi ma dà la sua grazia agli umili 63. Che cosa c'è di più sterile, di più distorto che non arrossire di una ferita che non si può nascondere e invece arrossire della fasciatura?

Modalità per giungere all'accusa di colpevolezza.

4. 10. Nessuno creda, fratelli, di dover sottovalutare il consiglio di tale salutare penitenza per il fatto che egli vede e sa, per caso, che si accostano ai Sacramenti dell'altare molte persone di cui non ignora che sono colpevoli di tale genere di crimini. Ebbene, molti peccatori vengono corretti, come Pietro; molti tollerati, come Giuda; molti rimarranno sconosciuti fino alla venuta del Signore, quando egli illuminerà gli oscuri nascondigli delle tenebre e svelerà le intenzioni dei cuori 64. Molti infatti rimangono nascosti perché i più non vogliono accusare gli altri, anzi scusandoli li strumentalizzano per il desiderio di scusare se stessi. Altri poi, buoni cristiani, invece tacciono e sopportano le colpe altrui anche se le conoscono, perché spesso sono privi di documentazione e ai giudici ecclesiastici non possono dare le prove di ciò che sanno. E benché talvolta si tratti di fatti veri, questi però non possono essere facilmente creduti dal giudice per mancanza d'indizi certi che li provino. Per quel che ci compete, noi vescovi non possiamo escludere nessuno dalla comunione e comunque tale proibizione sarebbe solo per cura preventiva e non per esclusione definitiva, eccetto il caso di chi abbia spontaneamente confessato o di uno che, regolarmente citato in un tribunale civile o ecclesiastico, sia risultato colpevole. Chi oserebbe assumersi la duplice funzione di accusatore e di giudice nei riguardi di una stessa persona? Una tale regola risulta essere stata sommariamente suggerita dall'apostolo Paolo nella citata lettera ai Corinzi quando, dopo aver ricordato alcuni di siffatti crimini, dava forma ad un tribunale ecclesiastico per casi analoghi. Scrive infatti: Vi scrissi in una lettera di non mescolarvi con persone lussuriose. Ma con ciò non dicevo di evitare le persone in quanto tali, si tratti pure di lussuriosi, avari, ladri, idolatri, altrimenti dovreste uscire dal mondo 65. Non si può infatti vivere nel mondo senza essere a contatto con siffatta gente. Inoltre non si può mai guadagnarli a Cristo se si evitano colloqui e convivenza con loro. Per tale motivo il Signore, mettendosi a tavola con pubblicani e peccatori, diceva: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.. . Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori 66. Proseguendo la sua lettera l'Apostolo aggiunge: Vi ho scritto di non aver rapporti con loro. Chi si dice fratello ed è lussurioso o idolatra o avaro o maldicente o ubriacone o ladro, con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Riguardo a quelli che stanno al di fuori della comunità spetta forse a me giudicarli? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Voi badate a togliere il malvagio di mezzo a voi 67. Con queste parole l'Apostolo mostra a sufficienza che i malvagi non vanno esclusi alla cieca dalla comunione ecclesiale, in qualunque modo, bensì solo in seguito a regolare giudizio. Se non possono essere allontanati attraverso un giudizio, piuttosto si tollerino, perché non succeda che qualcuno, rifiutandoli con cattivo risentimento, non finisca per allontanarsi lui dalla Chiesa, superando nella corsa alla Geenna proprio coloro che voleva sfuggire. Ci sono offerti esempi nelle Sacre Scritture a questo proposito, come quello della messe quando si è invitati a sopportare la pula fino all'ultimo vaglio 68, o delle reti dentro le quali vengono tollerati i pesci cattivi insieme ai buoni, fino alla loro selezione che avviene sulla spiaggia, vale a dire alla fine dei secoli 69. Non è contrario a questo passo ciò che l'Apostolo dice altrove, e cioè: Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia egli in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone 70. Paolo non voleva che un uomo fosse giudicato da un altro uomo sull'arbitrarietà di un sospetto, oppure arrogandosi la facoltà di un giudizio straordinario. Egli voleva una procedura regolare in base alla legge di Dio secondo le norme della Chiesa: cioè che uno fosse ritenuto colpevole solo se reo confesso o se, dopo essere stato accusato, fosse risultato colpevole. Altrimenti perché avrebbe detto: Se qualche fratello è ritenuto lussurioso o idolatra, ecc. se non perché si riferiva a quella accusa contro qualcuno che è fatta conoscere da una sentenza in seguito a regolare giudizio e nella sua completezza? Se fosse sufficiente la sola accusa finirebbero per essere condannati molti innocenti, dato che spesso si viene falsamente accusati di qualche delitto.

L'esempio di Cristo.

4. 11. Quelli che esortiamo alla penitenza non cerchino chi è loro compagno nella punizione e non godano per il fatto che ne trovano parecchi. Infatti non si brucerà di meno [nel fuoco eterno] perché si sarà più numerosi a bruciare. E poi non è certo questo un pensiero di salvezza, ma solo vana soddisfazione di malevolenza. Forse alcuni osservano che molti pastori e ministri sacri nelle stesse cariche ecclesiastiche non vivono coerentemente ai discorsi che fanno alla gente e ai sacramenti che amministrano. Miseri uomini che fissandosi su costoro, dimenticano Cristo! Egli già tanto tempo prima aveva avvisato che bisogna obbedire alla legge di Dio piuttosto che imitare coloro che non fanno quello che dicono 71; egli che, sopportando il suo traditore sino alla fine, lo inviò anche a evangelizzare insieme con gli altri. E vi sono persone così assurde, così ottuse, così miserabili che scelgono di imitare i cattivi comportamenti dei loro pastori anziché osservare i precetti del Signore da loro predicati. E` come se un viandante decidesse di fermarsi nel suo cammino, di non andare più avanti pur vedendo le pietre miliari con le scritte a tutti caratteri che indicano la strada. Chi desidera giungere alla meta perché non cerca piuttosto di trovare e poi di affiancarsi a compagni che indicano chiaramente la strada e che in essa camminano alacremente e con perseveranza? Può sembrare che questi manchino. Il fatto è che non ci si accorge di loro. Essi infatti non possono non esserci. Ma gli uomini non cercano, con attenta carità, quello che essi predicano per realizzarlo, così come invece individuano, con sospettosa malizia, quello che moromorano per ingannare e questo sia perché effettivamente non trovano i buoni essendo essi stessi cattivi, sia perché temono di trovarli volendo essi rimanere cattivi come sono. Ebbene, concedendo pure che non vi siano in vista persone degne d'imitazione, tu, chiunque sia, che la pensi così, fissa la tua mente sul Signore, fatto uomo per insegnare all'uomo come si deve vivere. Se Cristo abita nell'uomo interiore e, per la fede, nel tuo cuore, ti ricorderai ciò che disse Giovanni: Chi dice di dimorare in Cristo deve comportarsi come Egli si comportò 72. Facendo così, a te non mancherà una guida da seguire, e quando ti osserveranno, non si lamenteranno più della mancanza dei buoni. Se poi non ti è chiaro in che cosa consista il vivere rettamente, cerca di conoscere i precetti divini. Molti forse vivono rettamente ma, dato che tu ignori in che cosa consista il vivere rettamente, ti sembra che nessuno viva bene; se invece lo sai realizza ciò che sai, affinché abbia tu ciò che vai cercando, e indichi agli altri cosa debbano imitare. Rivolgi la tua attenzione a Cristo, agli Apostoli, l'ultimo dei quali ha detto: Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo 73. Osserva con attenzione quante migliaia di martiri ci sono. Perché ti piace celebrare le loro feste anniversarie con smodati banchetti, e non ti piace seguire l'esempio della loro vita con onesti costumi? Hai davanti agli occhi non solo uomini, ma anche donne ed ancora bambini e bambine, che non si sono lasciati ingannare dalla loro inesperienza, né pervertire dall'iniquità, né abbattere dal timore del pericolo, né corrompere dall'amore dei beni del mondo. Tu non puoi cercare scuse, tu hai davanti a te non solo la bontà inequivocabile dei precetti ma anche una schiera immensa di coloro che li hanno seguiti.

Il ritorno a Dio.

5. 12. Ma portiamo una buona volta a termine l'argomento iniziato, sull'utilità e la salute che apporta la penitenza. Se tu, peccatore, disperando ormai della salvezza, aggiungi peccato a peccato, così com'è stato scritto: Il peccatore, giunto nell'abisso del male, disprezza 74, tuttavia tu non disprezzare e non disperare; invece dal tuo profondo invoca il Signore e digli: Dal profondo ho gridato a te, Signore! Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera. Se considererai le colpe, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono 75. Da un tale profondo abisso invocarono il Signore i Niniviti, e trovarono questo perdono. Fu cosa più semplice svuotare di efficacia le minacce del profeta che vanificare le umiliazioni della penitenza 76. A questo punto potresti dire: " Ma io sono stato già battezzato in Cristo e da lui tutti i miei peccati passati mi erano stati perdonati. Ma troppo mi sono degradato ripercorrendo indietro le mie vecchie strade, come un cane, orribile agli occhi di Dio, che ritorna al suo vomito. Dove me ne posso andare lontano dallo Spirito di Dio? Dove posso ripararmi dal suo sguardo? ". Dove, fratello, se non, con la penitenza, presso la misericordia di Dio la cui potenza tu, col peccato, avevi disprezzato? Nessuna fuga da lui è infatti giusta, se non quella di ritornare a lui; dalla sua severità alla sua tenerezza. Qual luogo mai può accogliere te fuggitivo, che la sua presenza non ti scopra? Se scali il cielo, è là; se scendi all'inferno, ti è presente. Riprendi dunque il tuo cammino nella direzione giusta e rimani nella speranza anche quando tutte le cose di questo mondo vengono meno, perché anche allora ti condurrà la sua mano, ti guiderà la sua destra 77. Qualunque cosa quindi tu abbia fatto, in qualunque peccato sia incorso, sei pur sempre in questa vita, dalla quale Dio ti toglierebbe, se non volesse darti il tempo di salvarti. Perché non vuoi riconoscere che la paziente bontà di Dio ti spinge a conversione 78? Colui che, chiamandoti a tutta voce, non ti ha persuaso a recedere dal male, offrendoti il perdono ti chiama ancora perché ritorni. Guarda il re Davide: aveva ricevuto anche lui i sacramenti del suo tempo, cioè la circoncisione che, per i nostri padri, era come per noi il battesimo. Dice infatti l'Apostolo che il santo Abramo aveva ricevuto il sigillo della giustizia alla sua fede 79. Davide era anche consacrato con quella venerabile " unzione " che prefigura il regale sacerdozio della Chiesa. Ebbene, all'improvviso, si rese reo di adulterio e di omicidio ma, pentitosi, dalla profondità di un così immenso abisso di scelleratezza, non invano invocò il Signore, dicendo: Distogli lo sguardo dai miei peccati e cancella tutte le mie colpe 80. Infine, per qual merito viene perdonato se non perché dice: Riconosco la mia colpa; il mio peccato mi sta sempre dinanzi 81? E cosa offrì al Signore per propiziarselo? Egli disse: Se tu avessi voluto un sacrificio io te lo avrei offerto; ma tu non ti diletti di sacrifici. Il sacrificio gradito a Dio è lo spirito contrito; Dio infatti non disprezza un cuore affranto e umiliato 82. Davide dunque non solo fece la sua offerta con animo devoto ma, con tali parole, indicò anche che cosa bisogna offrire. Non basta infatti cambiare in meglio il comportamento e non peccare più; occorre anche, per quello che si è commesso, una riparazione a Dio; il dolore della penitenza, il gemito dell'umiltà, l'offerta del cuore contrito e delle elemosine. Sono infatti beati i misericordiosi perché di essi Dio avrà misericordia 83. Quanto alle colpe non è stato solo detto che basta astenersene, ma: Per ciò che è successo supplica il Signore perché ti sia perdonato 84. Considera anche l'apostolo Pietro. Egli era già battezzato, era, cioè, già nel Cristo, ed aveva anche battezzato altri. Ebbene, guardalo: quando presume di sé e viene redarguito, quando si lascia prendere dalla paura e resta ferito, quando piange e viene risanato. Dopo la discesa dello Spirito Santo capitò che un certo Simone volle comprare con denaro lo stesso Spirito Santo, macchinando, lui già battezzato in Cristo, un commercio empio e scellerato. Tuttavia, corretto dallo stesso Pietro, accettò il consiglio di fare penitenza 85. L'apostolo Paolo, che pure da parte sua inviava lettere ai fedeli, dice: Quando ritornerò da voi spero che Dio non mi umìli e non abbia a piangere su molti che prima peccarono, e poi non hanno fatto penitenza delle impurità, fornicazioni e dissolutezze commesse 86. Ci stanno quindi davanti sia i precetti per agire rettamente, sia gli esempi, non solo di coloro che hanno agito rettamente, ma anche di penitenti i quali hanno recuperato quella salvezza che, peccando, avevano perduto. Ma supponi pure che non sia certo il perdono di Dio. Che cosa ci si perde a supplicare Dio quando, offendendolo, non si è esitato a perdere invece la salvezza? Dall'imperatore terreno forse uno è certo di avere la grazia? Eppure si spende denaro, si attraversano mari, si affrontano i pericoli delle tempeste e si va quasi incontro alla morte, per evitare appunto la morte. Si supplica infine un uomo tramite uomini e si fanno tutte queste cose senza esitazione benché l'esito sia dubbio. Danno più garanzia dei cuori dei re le chiavi della Chiesa: per esse ci è promesso che tutto ciò che viene sciolto sulla terra resterà sciolto anche nel cielo 87. E la stessa umiltà con la quale ci si abbassa davanti alla Chiesa di Dio, è più dignitosa. Infine ci s'impone una fatica minore e si evita la morte eterna senza correre alcun pericolo di morte temporale.

 


1 - Gc 4, 6.

2 - Lc 18, 14.

3 - Lc 18, 10-14.

4 - Sal 33, 19.

5 - Sal 137, 6.

6 - Sal 83, 11.

7 - Sal 83, 6.

8 - Sal 83, 6-7.

9 - Sal 83, 8.

10 - Cf. Sal 145, 7-8.

11 - Rm 7, 23-25.

12 - Sal 50, 7.

13 - Cf. Gb 14, 4 [sec. LXX].

14 - At 2, 38.

15 - Mt 4, 17.

16 - Mt 3, 7-8.

17 - Sap 9, 15.

18 - Cf. 1 Cor 15, 54.

19 - 2 Cor 5, 6-7.

20 - Sal 119, 5-7.

21 - 2 Cor 5, 1-4.

22 - Gb 7, 1-2 [sec. LXX].

23 - Cf. Sir 10, 9.

24 - Sal 103, 21.

25 - Lc 22, 31.

26 - Cf. 1 Cor 4, 5.

27 - Cf. 1 Cor 4, 7.

28 - Cf. Mt 25, 26-30.

29 - 2 Cor 9, 7.

30 - Rm 10, 15.

31 - Mt 6, 34.

32 - 2 Cor 11, 8.

33 - 1 Cor 6, 7-8.

34 - 1 Cor 7, 32-33.

35 - 1 Cor 7, 5. 6.

36 - Sir 21, 23.

37 - Cf. Sal 44, 3.

38 - Mt 6, 12.

39 - 1 Gv 3, 9.

40 - 1 Gv 1, 8.

41 - 1 Cor 15, 55.

42 - Gal 5, 21.

43 - 1 Cor 11, 31.

44 - 2 Cor 5, 10.

45 - Sal 49, 21.

46 - Cf. Rm 2, 4-6.

47 - 1 Pt 2, 9.

48 - Sal 50, 5.

49 - Gal 5, 21.

50 - Mt 24, 12-13.

51 - Gal 5, 14.

52 - 1 Cor 15, 50.

53 - 1 Cor 15, 53.

54 - Sal 59, 6.

55 - Mt 19, 28.

56 - Mt 16, 27.

57 - Ml 3, 1.

58 - Mt 25, 31-41.

59 - Ef 5, 5-7.

60 - 1 Cor 6, 9-11.

61 - Mt 7, 21.

62 - Gal 5, 19-21.

63 - Gc 4, 6.

64 - Cf. 1 Cor 4, 5.

65 - 1 Cor 5, 9-10.

66 - Mt 9, 12-13.

67 - 1 Cor 5, 11-13.

68 - Cf. Mt 3, 12.

69 - Cf. Mt 13, 47-50.

70 - Rm 14, 4.

71 - Cf. Mt 23, 3.

72 - 1 Gv 2, 6.

73 - 1 Cor 4, 16.

74 - Prv 18, 3.

75 - Sal 129, 1-4.

76 - Cf. Ionae 3.

77 - Cf. Sal 138, 7-10.

78 - Cf. Rm 2, 4.

79 - Cf. Rm 4, 11.

80 - Sal 50, 11.

81 - Sal 50, 5.

82 - Sal 50, 18-19.

83 - Mt 5, 7.

84 - Sir 21, 1.

85 - Cf. At 8, 13-22.

86 - 2 Cor 12, 21.

87 - Cf. Mt 16, 19.


11 - Si dichiara qualcosa della prudenza con la quale Maria di­rigeva i nuovi fedeli.

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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179. Era conseguente al mandato di madre e maestra dei discepoli, affidatole dal Signore, che Maria santissima ricevesse luce proporzionata ad un compito così eccelso, perché conoscesse tutte le membra del corpo mistico, alla cui direzione spirituale era tenuta, e adattasse loro i suoi insegnamenti secondo il livello, la condizione e le neces­sità di ciascuno. Questo le fu concesso con la pienezza ed abbondanza che emerge da ciò che sto scrivendo. Pene­trava l'intimo di coloro che aderivano alla fede: le loro in­clinazioni, il grado della grazia e delle virtù che possede­vano, il valore delle azioni compiute, i loro fini e principi; non ignorava niente, se non quando l'Altissimo le celava per un po' qualche segreto, che poi le rivelava appena era

conveniente. Tale intelligenza non era sterile e nuda, ma le corrispondeva una pari partecipazione della carità del Figlio, che ella rivolgeva a tutti nella misura in cui le era­no noti. Comprendeva anche il mistero del volere superno e ripartiva con perfetta ponderazione i suoi affetti: non da­va di più a chi si era guadagnato di meno, né di meno a chi meritava di essere maggiormente diletto e stimato, er­rore nel quale incorriamo spesso noi ignoranti discenden­ti di Adamo, persino in quanto ci sembra di operare inec­cepibilmente.

180. La Regina dell'amore e della sapienza non altera­va l'ordine della giustizia distributiva scambiando i senti­menti, perché era rischiarata dalla lucerna dell'Agnello, che la illuminava e guidava affinché ognuno avesse il dovuto. Si relazionava sempre con sensibilità e tenerezza, senza freddezze, scarsezze o dimenticanze; però, negli effetti e nelle dimostrazioni visibili si governava con altre regole di somma saggezza, badando di evitare le singolarità e quei leggeri difetti che provocano invidie nelle comunità, nelle famiglie e in tutte le nazioni dove sono parecchi quelli che osservano e giudicano gli atti pubblici. È una passione na­turale e diffusa desiderare di essere apprezzati e benvolu­ti, soprattutto da chi è potente, e si potrà trovare a fatica qualcuno che non presuma di valere quanto un altro, per essere favorito in modo analogo se non superiore. Questa malattia non risparmia i più elevati per stato e anche per qualità, come risultò evidente nel collegio apostolico, nel quale, per certi segni di distinzione che risvegliarono i so­spetti, si mosse la questione sulla precedenza e sulla pre­minenza che fu proposta a sua Maestà'.

181. Al fine di prevenire tali dispute, la Vergine era at­tentissima nell'essere uguale con tutti nelle elargizioni che faceva a beneficio della Chiesa. Ciò fu non solo degno di lei, ma pure assai utile, sia perché quell'atteggiamento re­stasse stabilito per i prelati che sarebbero stati rivestiti di autorità sia perché, nei felicissimi anni iniziali, tutti ri­splendevano per i miracoli e per altri doni divini, come ne­gli ultimi secoli molti spiccano nella scienza o nella cul­tura. Era opportuno far apprendere che né per quelle su­blimi prerogative né per queste minori bisogna ergersi a vana superbia, o ritenere di dover essere onorati e privile­giati da Dio e dalla beatissima Signora nelle cose esterio­ri. All'uomo retto basti essere caro a Gesù ed ammesso al­la sua amicizia, e a chi non lo è non gioverà affatto un si­mile tipo di reputazione e prestigio.

182. Ella, comunque, non mancava per questo alla ve­nerazione che spettava a ciascuno per il ministero eserci­tato: era un esempio per tutti in quanto era d'obbligo e con la circospezione di cui abbiamo parlato faceva impa­rare la moderazione in quanto era volontario. Si comportò costantemente in maniera tanto mirabile e con tanta ac­cortezza che non dette mai occasione di lamentarsi, né al­cuno ebbe una ragione, neppure apparente, per negarle ri­guardo e rispetto; anzi, tutti le volevano bene, la benedi­cevano ed erano colmi di gioia e debitori per il suo aiuto e per la sua pietà materna. Nessuno avvertì che lo tenes­se in scarsa considerazione né che gli preferisse un altro, poiché non dava motivo di fare paragoni del genere. Così grande fu la sua discrezione e assennatezza, e così corret­tamente collocava le bilance della manifestazione del suo cuore sull'asse della prudenza! Non volle neanche essere lei ad assegnare gli incarichi e le dignità, né intercedere per il loro conferimento: rimetteva tutto al parere e al vo­to dei Dodici e, intanto, otteneva loro di nascosto luce e assistenza da parte dell'Eterno perché non errassero.

183. Era spinta a quella condotta altresì dalla sua profon­da umiltà e, quindi, educava tutti ad essa, giacché erano coscienti che non era all'oscuro di nulla e non poteva sbagliare in ciò che compiva. Ella lasciò questo raro insegnamento ai cristiani affinché non ci fosse chi presumesse della propria preparazione e avvedutezza e delle proprie qualità, princi­palmente in materie gravi, ma ognuno intendesse che il col­pire nel segno e il riuscire bene è vincolato alla modestia e al consiglio, come l'orgoglio è unito al proprio giudizio, se non è necessario regolarsi solo su di esso. Le era noto che l'intervenire a vantaggio di altri in cose temporali porta con sé qualche ambizioso potere, e uno maggiore ne racchiude il ricevere con piacere i ringraziamenti. Tutto questo era estraneo alla nostra celeste Principessa, che fu un modello nell'ordinare le attività in modo tale da non defraudare il merito né impedire la massima perfezione; però non rifiu­tava la sua direzione agli apostoli, che la consultavano spes­so, e faceva lo stesso con gli altri.

184. Tra i santi che furono così fortunati da guadagnarsi il suo affetto speciale ci fu Stefano, uno dei settantadue di­scepoli, che da quando cominciò ad andare dietro al suo Unigenito fu da lei guardato con predilezione, conquistan­do uno dei primi posti nella sua stima. Le fu svelato subi­to che era stato scelto dal Salvatore per la difesa del suo nome, fino a morire per lui. Inoltre, l'invitto giovane era di indole soave, affabile e gentile, e la grazia rendeva la sua ottima natura anche più amabile e incline ad ogni virtù. Il suo temperamento era oltremodo gradito alla Madre, la qua­le, allorché trovava in qualcuno la tendenza alla benignità e alla mitezza, soleva dire che costui assomigliava più de­gli altri a suo Figlio; per queste caratteristiche, vissute in grado eroico, provava tanta tenerezza per lui. Gli imparti­va numerose benedizioni, esprimeva di frequente ricono­scenza al Padre per averlo creato, chiamato ed eletto ad es­sere primizia dei suoi martiri, e nutriva in sé singolare be­nevolenza verso di lui a motivo della testimonianza che avrebbe dato con il sangue, come le era stato palesato.

185. Egli corrispondeva con fedelissima attenzione a quanto gli era concesso da sua Maestà e da lei, perché non soltanto era pacifico, ma anche umile, e chi è realmente tale accoglie con molta gratitudine i benefici, pure se pic­coli come quelli che gli erano elargiti. Aveva un altissimo concetto della Regina della misericordia e si sforzava di assicurarsene il favore con la sua ferventissima devozione. La interrogava su parecchi misteri, poiché era assai dotto e pieno di saggezza e di Spirito Santo, come afferma Lu­ca. Ella chiariva tutte le questioni che le erano poste e lo confortava, affinché lottasse con valore per il Redentore. Per confermarlo ancor più, lo dispose ai tormenti con que­ste parole: «Stefano, voi sarete il primogenito dei martiri, che il Signore genererà con l'esempio delle proprie soffe­renze; camminerete sui suoi passi, come un seguace co­raggioso su quelli del suo maestro e un soldato audace su quelli del suo capitano, e innalzerete lo stendardo della cro­ce. Perciò, conviene che vi armiate di fermezza con lo scu­do della fede e crediate che l'Onnipotente vi soccorrerà nel­la battaglia».

186. Questo annuncio lo infiammò del desiderio del supplizio, come si desume da quanto si riferisce di lui ne­gli Atti, nei quali si legge che era pieno di grazia e di for­tezza e che faceva prodigi e miracoli in Gerusalemme. Egli è il primo dopo Pietro e Giovanni di cui si attesta che di­sputava con i giudei e li confondeva, senza che essi riu­scissero a resistere alla sua sapienza ispirata. Predicava con animo intrepido, li accusava e li riprendeva, distin­guendosi in ciò per la brama di conseguire quello che la nostra sovrana gli aveva garantito. Come se qualcuno gli avesse potuto togliere la corona, precedeva tutti nel pre­sentarsi davanti ai rabbini e ai dottori della legge di Mo-

sè, e ambiva le occasioni di battersi per la gloria di Cri­sto, per la quale aveva appreso di doversi donare. Il dra­go infernale nella sua malvagità rivolse verso di lui il pro­prio furore pretendendo di fermarlo perché non giungesse a tale dimostrazione pubblica, e a questo scopo incitò i più crudeli a farlo perire nascostamente; era oppresso dalla sua eccellenza e temeva che avrebbe compiuto opere straordi­narie, nella sua esistenza terrena e anche successivamen­te, accreditando gli insegnamenti di Gesù. Per l'ostilità che costoro già avevano contro di lui, gli fu facile persuaderli ad ammazzarlo in segreto.

187. Essi fecero vari tentativi, nel breve periodo che pas­sò tra la Pentecoste e la sua uccisione, ma Maria, che era informata delle trame di satana, lo liberò da ogni insidia fino al momento opportuno per la lapidazione. In tre cir­costanze, per farlo uscire da una casa nella quale volevano affogarlo, inviò un angelo, invisibile a tutti tranne che a lui, che lo scorgeva ed era cosciente di essere portato dalla Ver­gine. Altre volte, ella lo avvisava per mezzo di un messag­gero celeste di non recarsi in una certa strada o abitazio­ne, perché in tal luogo lo aspettavano per sopprimerlo; al­tre ancora, lo tratteneva dall'allontanarsi dal cenacolo, es­sendo consapevole che gli avevano teso un agguato. I suoi nemici alcune notti restavano lì fuori ed anche presso per­sone diverse, giacché nel suo zelo attendeva al sollievo di molti credenti bisognosi e non solo non aveva paura dei ri­schi, ma anzi ne andava in cerca. Poiché non aveva noti­zia del giorno che era stato riservato per dargli la felicità del martirio e vedeva che ella continuava a preservarlo dai pericoli, si lamentava dolcemente con lei: «Mia Signora e mio rifugio, quando verrà per me l'ora di pagare all'Eterno il debito della vita, sacrificandomi per il suo nome?».

188. Ella gioiva incomparabilmente per il rammarico, dovuto all'amore per il Salvatore, che quel suo servo le ma­nifestava, e con materno affetto rispondeva: «Figlio mio, arriverà il tempo stabilito dalla sua imperscrutabile provvi­denza e non sarà defraudata la vostra speranza. Frattanto, lavorate assiduamente per la sua Chiesa, dato che di sicu­ro conseguirete la corona, e ringraziate di continuo colui che ve la tiene preparata». La purezza del giovane era no­bilissima ed eminente, così che i demoni non potevano av­vicinarsi a lui, se non a considerevole distanza; per questo, era molto caro a sua Maestà e alla Regina. I Dodici lo or­dinarono diacono. La sua virtù era già eroica e per essa meritò di essere il primo dopo la passione del Redentore a conquistare la palma. Per evidenziare ancor più la sua san­tità, paleserò quello che ne ho compreso, conformemente a quanto è raccontato nel sesto capitolo degli Atti.

189. In città sorse un malcontento fra gli ellenisti ver­so gli ebrei, perché le loro vedove venivano escluse dalla distribuzione quotidiana; gli uni e gli altri erano giudei, benché i primi nativi della Grecia e i secondi della Pale­stina. Si trattava della ripartizione delle elemosine per il sostentamento dei cristiani. Questo incarico, su consiglio della Principessa, era stato assegnato a sei uomini di buo­na reputazione e riconosciuta onestà. Con il crescere del­la comunità, però, era stato necessario che anche alcune vedove di età matura esercitassero lo stesso ministero, as­sistendo in particolare le donne e gli infermi, ed esse im­piegavano per quello ciò che ricevevano; erano tutte ebree e questo sembrava un segno di scarsa fiducia verso le gre­che, che subivano il torto di non essere ammesse a svol­gere lo stesso compito.

190. Il collegio apostolico, per comporre tale controver­sia, convocò la moltitudine dei discepoli. Fu detto loro: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il mante­nimento di coloro che si convertono. Scegliete tra voi sette uomini pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo questa funzione, per dedicarci alla preghiera. Farete ricorso a loro per ogni dubbio e contrasto in ordine alla dispensa­zione del vitto». Furono tutti d'accordo e senza discrimina­zione di nazioni elessero quelli che Luca elenca; il primo era Stefano, la cui fede e la cui intelligenza erano note a tutti'. Essi soprintendevano agli altri sei e alle vedove, e non lasciavano da parte le greche, poiché non badavano alla pro­venienza, ma solo alle doti di ognuno. Colui che più si ado­però per la rappacificazione fu proprio il futuro martire, che estinse subito il rancore degli ellenisti e rese condiscenden­ti gli ebrei, perché tutti si riconciliassero come figli del Si­gnore e procedessero con sincerità e carità, senza parzialità e preferenze; così difatti fecero, almeno finché egli non perì.

191. Non per questo si occupò meno della predicazio­ne e delle dispute con i giudei increduli, i quali, non es­sendo capaci né di ucciderlo segretamente né di resistere pubblicamente alla sua sapienza, sopraffatti dal loro fero­ce odio trovarono falsi testimoni contro di lui. Questi lo accusarono di aver bestemmiato contro l'Altissimo e con­tro Mosè, e di non cessare di esprimersi contro il tempio e contro la legge, garantendo che il Nazareno avrebbe di­strutto l'uno e l'altra. Attestando simili menzogne, riusci­rono a sobillare il popolo; allora, gli piombarono addosso e lo trascinarono davanti al sinedrio. Il sommo sacerdote ascoltò in presenza di tutti la sua difesa, nella quale egli provò in modo sublime, appoggiandosi alla Scrittura, che il suo Maestro era il Messia promesso, e alla fine li ripre­se per la loro durezza e testardaggine con tanta efficacia che essi, non sapendo che cosa ribattere, si tappavano gli orecchi e digrignavano i denti contro di lui.

192. Maria fu informata della cattura e immediatamen­te, prima di tale discorso, gli inviò uno dei suoi custodi per confortarlo in vista del conflitto. Attraverso di lui, il giova­ne le rispose che andava con grande letizia a confessare la fede in Cristo e con cuore intrepido a offrire per essa il pro­prio sangue, cosa alla quale aveva sempre aspirato, e la im­plorò di aiutarlo in quella occasione come madre miseri­cordiosa. Aggiunse che gli recava afflizione soltanto non aver potuto avere la sua benedizione per salire all'empireo con essa e che perciò la supplicava di dargliela dal suo ritiro. Questa richiesta mosse a compassione le sue viscere mater­ne, oltre che il suo amore e la sua stima per lui, ed ella vo­leva sostenerlo personalmente. Alla prudente Vergine si pro­spettavano, però, delle difficoltà, che si opponevano alla sua uscita per le strade, in un momento in cui Gerusalemme era in sommovimento, e alla possibilità di ottenere un colloquio.

193. Si prostrò invocando il favore divino per quel suo diletto e manifestando il desiderio di essere con lui nel­l'ultima ora. La clemenza di sua Maestà, che era costan­temente attento alle domande della sua genitrice e sposa e intendeva inoltre rendere più preziosa la morte del suo fedele servo, le mandò innumerevoli ministri superni, per­ché con i suoi la portassero subito nel luogo dove stava terminando l'interrogatorio. Ella rimase nascosta a tutti tranne che al santo, il quale la scorse davanti a sé sorret­ta su una nube e circonfusa di gloria. Ciò accrebbe ulte­riormente la fiamma del suo fervore e del suo zelo dell'o­nore del Creatore, colmandolo di giubilo; intanto, gli splen­dori della Regina, che gli ferivano il viso riverberando su di esso, gli conferivano meravigliosa bellezza e luminosità.

194. Per questo negli Atti si narra che coloro che era­no in quel tribunale, guardandolo, videro il suo volto co­me quello di un angelo. L'Eterno non volle celare tale effetto della vicinanza di lei, affinché fosse maggiore la con­fusione di quei perfidi, che non si lasciavano ricondurre alla verità che era annunciata loro neppure da un mira­colo così evidente; ma essi non compresero la causa del suo mutamento, poiché non ne erano degni e non era op­portuno, e quindi neanche Luca la illustra. La Signora pro­nunciò parole di vita e di mirabile consolazione, gli dette larghe e dolci benedizioni e pregò per lui l'Onnipotente, perché lo riempisse di nuovo del suo Spirito. Tutto si adempì, come appare chiaro dall'invincibile valore e sag­gezza con cui egli si rivolse agli astanti e dimostrò la ve­nuta di Gesù come redentore, trovandone testimonianze ir­refragabili in tutti i testi sacri, cominciando dalla vocazio­ne di Abramo e giungendo ai re e ai profeti di Israele.

195. Appena ebbe finito di parlare, per le orazioni della Principessa e quale premio del suo ardore, il cielo si spa­lancò e gli apparve l'Unigenito, in piedi presso il Padre, co­me in atto di sorreggerlo nella battaglia. Alzò gli occhi e affermò: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uo­mo che sta alla destra di Dio». I giudei, nella loro ostinata malvagità, giudicarono blasfema tale frase e si turarono gli orecchi per non udire. Dato che la pena prevista per la be­stemmia era la lapidazione, comandarono che essa fosse eseguita contro di lui. Allora, tutti lo assalirono come lupi, per spingerlo all'esterno delle mura con impeto e tumulto. Quando iniziarono ad attuare ciò, Maria lo benedisse e, fa­cendogli animo, si accomiatò da lui con profonda tenerez­za; ordinò a tutti i suoi custodi di stargli accanto nel mar­tirio sino a presentarlo al cospetto di Cristo, mentre quan­ti erano discesi per trasportarla la scortarono al cenacolo con uno solo di quelli che l'assistevano.

196. Da lì, ella poté osservare tutto attraverso una vi­sione speciale. Trascinarono il giovane fuori della città con violenza e tra urla fortissime, dichiarandolo empio e meri­tevole di essere ucciso. Saulo era uno dei più coinvolti e, accanito propugnatore delle antiche tradizioni, badava alle vesti di quelli che si erano spogliati per scagliare più age­volmente pietre contro il condannato. Queste, piovendogli addosso, lo sfregiavano, e alcune restavano fisse nel suo ca­po, incastrate con lo smalto del sangue. La compassione della pietosa Madre per un supplizio tanto crudele fu enor­me, ma ancora più grande fu la sua esultanza nel consta­tare che veniva conseguito così nobilmente. Egli la suppli­cava tra le lacrime di non cessare di sostenerlo dal suo ora­torio e, allorché sentì imminente la morte, disse: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi, inginocchiatosi, aggiunse gridando: «Signore, non imputar loro questo peccato». La Vergine lo accompagnò anche in quelle invocazioni, felice nel rilevare che il discepolo imitava tanto esattamente il Maestro, intercedendo per i suoi carnefici e consegnando lo spirito nelle mani del suo Creatore e riscattatore.

197. Stefano spirò schiacciato e sfigurato dai sassi di co­storo, sempre più induriti nella loro cattiveria. Nel medesi­mo istante, gli inviati della nostra sovrana sollevarono quel­l'anima purissima fino al trono di sua Maestà, perché venis­se coronata di onore perenne. Egli la ricevette con l'espres­sione del suo Vangelo: «Amico, ascendi più su, vieni a me, servo fedele: poiché sei stato tale nel poco, ti ricompenserò con abbondanza; poiché mi hai confessato davanti agli uo­mini, ti riconoscerò davanti al Padre mio». Gli angeli, i pa­triarchi, i profeti e gli altri beati provarono una gioia straordinaria e si congratularono con lui, primizia della passione e capitano di tutti coloro che lo avrebbero seguito nel sacri­ficio di sé. Fu collocato in un posto eccelso, molto vicino al­la santissima umanità del Salvatore. La Regina partecipò di quel gaudio per mezzo della visione con la quale era infor­mata di tutto, e insieme ai ministri superni compose nume­rosi cantici e inni a lode dell'Altissimo. Quelli che tornarono dall'empireo avendovi lasciato il martire la ringraziarono a nome suo per i favori che gli erano stati concessi.

198. Fu assassinato nove mesi più tardi del Redentore, il ventisei dicembre, data in cui è celebrato; egli proprio al­lora compiva trentaquattro anni. Quello era il trentaquat­tresimo anno dal natale del Verbo incarnato, ma già con­cluso, così che si era entrati nel trentacinquesimo. Quindi, fu generato un giorno dopo l'Unigenito e visse più di lui so­lo nove mesi; la lapidazione ebbe luogo in corrispondenza con la sua nascita. Le preghiere sue e della Signora guada­gnarono la conversione di Saulo, come spiegheremo suc­cessivamente, e affinché questa fosse più ammirevole l'On­nipotente permise che da quel momento egli cominciasse ad impegnarsi nel perseguitare la Chiesa per distruggerla, ri­saltando tra tutti i giudei, sdegnati contro di essa. 1 credenti raccolsero il corpo, gli dettero sepoltura e fecero lutto, aven­do perso un fratello tanto sapiente e un tanto acerrimo di­fensore della legge di grazia. Ho parlato diffusamente di lui perché ho inteso la sua eccellenza e perché egli era as­sai devoto alla Principessa e molto beneficato da lei.

 

Insegnamento della Regina del cielo

199. Carissima, i misteri divini, presentati e proposti ai sensi, fanno in essi poca impressione, quando li trovano distratti dalle realtà visibili e abituati ad esse, e quando l'intimo non è limpido e sgombro dalle tenebre della col­pa. La capacità dei mortali, infatti, già per se stessa pe­sante e corta per innalzarsi a quanto è elevato e celeste, se incontra impedimento nell'ambire le cose apparenti si allontana maggiormente dalla verità e, assuefatta all'oscu­rità, diviene cieca dinanzi alla luce. Per questo, gli uomi­ni terreni e animali hanno un concetto tanto basso e spro­porzionato delle meraviglie dell'Eterno, e di quelle che io feci e continuo a fare quotidianamente per loro. Calpe­stano le perle e non distinguono il cibo dei figli dall'ali­mentazione grossolana delle bestie. Tutto quello che è spi­rituale sembra loro insipido, perché non è conforme al gu­sto dei piaceri sensibili. Così, non sono in grado di com­prendere ciò che è sublime e di trarre profitto dalla scien­za di vita e dal pane dell'intelletto racchiuso in esso.

200. Dio, però, ha voluto liberarti da questo pericolo e ti ha illuminato, migliorando e vivificando le tue facoltà affinché tu possa giudicare senza inganno gli arcani che ti rivelo. Sebbene io ti abbia detto molte volte che nel mon­do non riuscirai mai a penetrarli e ponderarli interamen­te, devi e puoi stimarli in maniera retta secondo le tue for­ze, per essere istruita e per imitare i miei atti. Dalla va­rietà delle pene e delle afflizioni delle quali venne intessu­ta la mia esistenza tra voi, anche dopo la discesa dalla de­stra di Gesù, capirai bene che pure per te sarà lo stesso, se brami di ricalcare le mie orme e di essere mia beata di­scepola. Nella prudente e costante modestia con cui dires­si con assoluta imparzialità gli apostoli e gli altri fedeli, ti è data una norma per discernere come procedere nel go­verno delle tue suddite: con mansuetudine, semplicità, ri­spettosa severità, e soprattutto senza preferenze verso nessuna in quello che a tutte è dovuto e può essere comune. Ciò diventa facile allorché in coloro che hanno l'autorità ci sono autentiche carità ed umiltà; infatti, se questi si la­sciassero condurre da simili virtù, non sarebbero così du­ri nel comandare e presuntuosi nella loro opinione, né si altererebbe l'ordine della giustizia con tanto grande dan­no, come avviene oggi nella cristianità. La superbia, la va­nità, l'interesse, l'amor proprio e quello della carne e del sangue si sono impadroniti di quasi tutte le azioni con­cernenti la guida degli altri, per cui si sbaglia tutto e ogni stato è colmo di iniquità e di spaventosa confusione.

201. Considera il mio acceso zelo dell'ardore verso il mio santissimo unigenito e Signore e della predicazione del suo nome, la mia letizia quando in questo si compiva la sua volontà e si conseguivano i frutti della sua passio­ne con l'estendersi della Chiesa, e i favori che concessi a Stefano poiché era il primo che sacrificava se stesso in ta­le impresa. Ne trarrai numerosi motivi per lodare l'Altissi­mo per le sue opere, davvero degne di venerazione, come anche per emulare me e benedire la sua immensa bontà per la sapienza che mi elargì perché eseguissi tutto con pienezza di perfezione in modo da compiacerlo.


4-94 Ottobre 21, 1901 La retta intenzione. Tutto ciò che non si fa per Dio, va sperduto come polvere da un vento impetuoso.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Questa mattina, il benedetto Gesù nel venire pareva che faceva cerchio delle sue braccia come per rinchiudermi dentro, e mentre mi stringeva mi ha detto:

(2) “Figlia mia, quando l’anima fa tutto per Me, tutto resta rinchiuso dentro di questo cerchio, niente esce fuori, fosse pure un sospiro, un palpito, un movimento qualunque; tutto entra in Me, ed in Me tutto resta numerato, ed Io in ricompensa li riverso nell’anima, ma tutti raddoppiati di grazia, in modo che l’anima riversandoli un’altra volta in Me ed Io in lei, viene ad acquistare un capitale sorprendente di grazia, e tutto questo è il mio dilettarmi, cioè, dare alla creatura ciò che mi ha dato come se fosse cosa sua, aggiungendo sempre del mio. E chi, con la sua ingratitudine impedisce che gli dia ciò che voglio, impedisce le mie innocenti delizie. Chi poi non opera per Me, tutto va fuori del mio cerchio, sperduto, come la polvere da un vento impetuoso”.