Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Gesù vuole che la salvezza delle anime dipenda dai nostri sacrifici, dal nostro amore. Egli viene da noi a mendicare delle anime. Sappiamo capire il suo sguardo! Tanto pochi lo capiscono. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 29° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 4

1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.

46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.


Primo libro delle Cronache 8

1Beniamino generò Bela suo primogenito, Asbel secondo, Achiràm terzo,2Noca quarto e Rafa quinto.3Bela ebbe i figli Addar, Ghera padre di Ecud,4Abisua, Naaman, Acoach,5Ghera, Sepufàn e Curam.
6Questi furono i figli di Ecud, che erano capi di casati fra gli abitanti di Gheba e che furono deportati in Manàcat.7Naaman, Achia e Ghera, che li deportò e generò Uzza e Achiud.
8Sacaràim ebbe figli nei campi di Moab, dopo aver ripudiato le mogli Cusim e Baara.9Da Codes, sua moglie, generò Iobab, Zibia, Mesa, Melcam,10Jeus, Sachia e Mirma. Questi furono i suoi figli, capi di casati.
11Da Cusim generò Abitùb ed Elpaal.12Figli di Elpaal: Eber, Miseam e Semed, che costruì Ono e Lidda con le dipendenze.
13Beria e Sema, che furono capi di casati fra gli abitanti di Aialon, misero in fuga gli abitanti di Gat.14Loro fratelli: Sasak e Ieremòt.
15Zebadia, Arad, Ader,16Michele, Ispa e Ioca erano figli di Beria.17Zebadia, Mesullàm, Chizki, Cheber,18Ismerai, Izlia e Iobab erano figli di Elpaal.19Iakim, Zikri, Zabdi,20Elienài, Silletài, Elièl,21Adaià, Beraià e Simrat erano figli di Simei.22Ispan, Eber, Eliel,23Abdon, Zikri, Canàn,24Anania, Elam, Antotia,25Ifdia e Penuèl erano figli di Sasak.26Samserài, Secaria, Atalia,27Iaaresia, Elia e Zikri erano figli di Ierocàm.28Questi erano capi di casati, secondo le loro genealogie; essi abitavano in Gerusalemme.
29In Gàbaon abitava il padre di Gàbaon; sua moglie si chiamava Maaca;30il primogenito era Abdon, poi Zur, Kis, Baal, Ner, Nadàb,31Ghedor, Achio, Zeker e Miklòt.32Miklòt generò Simeà. Anche costoro abitavano in Gerusalemme accanto ai fratelli.
33Ner generò Kis; Kis generò Saul; Saul generò Giònata, Malkisùa, Abinadàb e Is-Bàal.34Figlio di Giònata fu Merib-Bàal; Merib-Bàal generò Mica.35Figli di Mica: Piton, Melech, Tarea e Acaz.36Acaz generò Ioadda; Ioadda generò Alèmet, Azmàvet e Zimrì; Zimrì generò Moza.37Moza generò Binea, di cui fu figlio Refaia, di cui fu figlio Eleasà, di cui fu figlio Azel.38Azel ebbe sei figli, che si chiamavano Azrikàm, Bocru, Ismaele, Searia, Abdia e Canan; tutti questi erano figli di Azel.39Figli di Esek suo fratello: Ulam suo primogenito, Ieus secondo, Elifèlet terzo.40I figli di Ulam erano uomini valorosi e tiratori di arco. Ebbero numerosi figli e nipoti: centocinquanta. Tutti questi erano discendenti di Beniamino.


Salmi 136

1Alleluia.

Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.

4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.

10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.

13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.

16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.

20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.

23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.

26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.


Salmi 78

1'Maskil. Di Asaf.'

Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
2Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.

3Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato,
4non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura
le lodi del Signore, la sua potenza
e le meraviglie che egli ha compiuto.

5Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele:
ha comandato ai nostri padri
di farle conoscere ai loro figli,
6perché le sappia la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli
7perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma osservino i suoi comandi.
8Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
9I figli di Èfraim, valenti tiratori d'arco,
voltarono le spalle nel giorno della lotta.

10Non osservarono l'alleanza di Dio,
rifiutando di seguire la sua legge.
11Dimenticarono le sue opere,
le meraviglie che aveva loro mostrato.
12Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri,
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis.
13Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
14Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
15Spaccò le rocce nel deserto
e diede loro da bere come dal grande abisso.
16Fece sgorgare ruscelli dalla rupe
e scorrere l'acqua a torrenti.

17Eppure continuarono a peccare contro di lui,
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto.
18Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per le loro brame;
19mormorarono contro Dio
dicendo: "Potrà forse Dio
preparare una mensa nel deserto?".
20Ecco, egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e strariparono torrenti.
"Potrà forse dare anche pane
o preparare carne al suo popolo?".
21All'udirli il Signore ne fu adirato;
un fuoco divampò contro Giacobbe
e l'ira esplose contro Israele,
22perché non ebbero fede in Dio
né speranza nella sua salvezza.

23Comandò alle nubi dall'alto
e aprì le porte del cielo;
24fece piovere su di essi la manna per cibo
e diede loro pane del cielo:
25l'uomo mangiò il pane degli angeli,
diede loro cibo in abbondanza.
26Scatenò nel cielo il vento d'oriente,
fece spirare l'australe con potenza;
27su di essi fece piovere la carne come polvere
e gli uccelli come sabbia del mare;
28caddero in mezzo ai loro accampamenti,
tutto intorno alle loro tende.
29Mangiarono e furono ben sazi,
li soddisfece nel loro desiderio.
30La loro avidità non era ancora saziata,
avevano ancora il cibo in bocca,
31quando l'ira di Dio si alzò contro di essi,
facendo strage dei più vigorosi
e abbattendo i migliori d'Israele.

32Con tutto questo continuarono a peccare
e non credettero ai suoi prodigi.
33Allora dissipò come un soffio i loro giorni
e i loro anni con strage repentina.
34Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
35ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
36lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
37il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
38Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore,
39ricordando che essi sono carne,
un soffio che va e non ritorna.
40Quante volte si ribellarono a lui nel deserto,
lo contristarono in quelle solitudini!
41Sempre di nuovo tentavano Dio,
esasperavano il Santo di Israele.
42Non si ricordavano più della sua mano,
del giorno che li aveva liberati dall'oppressore,

43quando operò in Egitto i suoi prodigi,
i suoi portenti nei campi di Tanis.
44Egli mutò in sangue i loro fiumi
e i loro ruscelli, perché non bevessero.
45Mandò tafàni a divorarli
e rane a molestarli.
46Diede ai bruchi il loro raccolto,
alle locuste la loro fatica.
47Distrusse con la grandine le loro vigne,
i loro sicomori con la brina.
48Consegnò alla grandine il loro bestiame,
ai fulmini i loro greggi.

49Scatenò contro di essi la sua ira ardente,
la collera, lo sdegno, la tribolazione,
e inviò messaggeri di sventure.
50Diede sfogo alla sua ira:
non li risparmiò dalla morte
e diede in preda alla peste la loro vita.
51Colpì ogni primogenito in Egitto,
nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.

52Fece partire come gregge il suo popolo
e li guidò come branchi nel deserto.
53Li condusse sicuri e senza paura
e i loro nemici li sommerse il mare.
54Li fece salire al suo luogo santo,
al monte conquistato dalla sua destra.
55Scacciò davanti a loro i popoli
e sulla loro eredità gettò la sorte,
facendo dimorare nelle loro tende le tribù di Israele.

56Ma ancora lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l'Altissimo,
non obbedirono ai suoi comandi.
57Sviati, lo tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58Lo provocarono con le loro alture
e con i loro idoli lo resero geloso.

59Dio, all'udire, ne fu irritato
e respinse duramente Israele.
60Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini.
61Consegnò in schiavitù la sua forza,
la sua gloria in potere del nemico.
62Diede il suo popolo in preda alla spada
e contro la sua eredità si accese d'ira.
63Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani,
le sue vergini non ebbero canti nuziali.
64I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero lamento.

65Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un prode assopito dal vino.
66Colpì alle spalle i suoi nemici,
inflisse loro una vergogna eterna.
67Ripudiò le tende di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim;
68ma elesse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69Costruì il suo tempio alto come il cielo
e come la terra stabile per sempre.
70Egli scelse Davide suo servo
e lo trasse dagli ovili delle pecore.
71Lo chiamò dal seguito delle pecore madri
per pascere Giacobbe suo popolo,
la sua eredità Israele.
72Fu per loro pastore dal cuore integro
e li guidò con mano sapiente.


Ezechiele 33

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, parla ai figli del tuo popolo e di' loro: Se mando la spada contro un paese e il popolo di quella terra prende un uomo del suo territorio e lo pone quale sentinella,3e questa, vedendo sopraggiungere la spada sul paese, suona la tromba e da' l'allarme al popolo:4se colui che ben sente il suono della tromba non ci bada e la spada giunge e lo sorprende, egli dovrà a se stesso la propria rovina.5Aveva udito il suono della tromba, ma non ci ha badato: sarà responsabile della sua rovina; se ci avesse badato, si sarebbe salvato.6Se invece la sentinella vede giunger la spada e non suona la tromba e il popolo non è avvertito e la spada giunge e sorprende qualcuno, questi sarà sorpreso per la sua iniquità: ma della sua morte domanderò conto alla sentinella.7O figlio dell'uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia.8Se io dico all'empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te.
9Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità. Tu invece sarai salvo.

10Tu, figlio dell'uomo, annunzia agli Israeliti: Voi dite: I nostri delitti e i nostri peccati sono sopra di noi e in essi noi ci consumiamo! In che modo potremo vivere?11Di' loro: Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti?
12Figlio dell'uomo, di' ancora ai figli del tuo popolo: La giustizia del giusto non lo salva se pecca, e l'empio non cade per la sua iniquità se desiste dall'iniquità, come il giusto non potrà vivere per la sua giustizia se pecca.13Se io dico al giusto: Vivrai, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette l'iniquità, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nella malvagità che egli ha commesso.14Se dico all'empio: Morirai, ed egli desiste dalla sua iniquità e compie ciò che è retto e giusto,15rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà;16nessuno dei peccati che ha commessi sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà.
17Eppure, i figli del tuo popolo vanno dicendo: Il modo di agire del Signore non è retto. È invece il loro modo di agire che non è retto!18Se il giusto desiste dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà.19Se l'empio desiste dall'empietà e compie ciò che è retto e giusto, per questo vivrà.20Voi andate dicendo: Non è retto il modo di agire del Signore. Giudicherò ciascuno di voi secondo il suo modo di agire, Israeliti".

21Il cinque del decimo mese dell'anno decimosecondo della nostra deportazione arrivò da me un fuggiasco da Gerusalemme per dirmi: La città è presa.22La sera prima dell'arrivo del fuggiasco, la mano del Signore fu su di me e al mattino, quando il fuggiasco giunse, il Signore mi aprì la bocca. La mia bocca dunque si aprì e io non fui più muto.
23Mi fu rivolta questa parola del Signore:24"Figlio dell'uomo, gli abitanti di quelle rovine, nel paese d'Israele, vanno dicendo: Abramo era uno solo ed ebbe in possesso il paese e noi siamo molti: a noi dunque è stato dato in possesso il paese!
25Perciò dirai loro: Così dice il Signore Dio: Voi mangiate la carne con il sangue, sollevate gli occhi ai vostri idoli, versate il sangue, e vorreste avere in possesso il paese?26Voi vi appoggiate sulle vostre spade, compite cose nefande, ognuno di voi disonora la donna del suo prossimo e vorreste avere in possesso il paese?27Annunzierai loro: Dice il Signore Dio: Com'è vero ch'io vivo, quelli che stanno fra le rovine periranno di spada; darò in pasto alle belve quelli che sono per la campagna e quelli che sono nelle fortezze e dentro le caverne moriranno di peste.28Ridurrò il paese ad una solitudine e a un deserto e l'orgoglio della sua forza cesserà. I monti d'Israele saranno devastati, non ci passerà più nessuno.29Sapranno che io sono il Signore quando farò del loro paese una solitudine e un deserto, a causa di tutti gli abomini che hanno commessi.

30Figlio dell'uomo, i figli del tuo popolo parlano di te lungo le mura e sulle porte delle case e si dicono l'un l'altro: Andiamo a sentire qual è la parola che viene dal Signore.31In folla vengono da te, si mettono a sedere davanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi non le mettono in pratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va dietro al guadagno.32Ecco, tu sei per loro come una canzone d'amore: bella è la voce e piacevole l'accompagnamento musicale. Essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica.33Ma quando ciò avverrà ed ecco avviene, sapranno che c'è un profeta in mezzo a loro".


Lettera ai Galati 6

1Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione.2Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo.3Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso.4Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto:5ciascuno infatti porterà il proprio fardello.
6Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possiede a chi lo istruisce.7Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato.8Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna.9E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo.10Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

11Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano.12Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo.13Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne.14Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.15Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura.16E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio.17D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo.
18La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.


Capitolo XXII: La meditazione della miseria umana

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1. Dovunque tu sia e dovunque ti volga, sei sempre misera cosa; a meno che tu non ti volga tutto a Dio. Perché resti turbato quando le cose non vanno secondo la tua volontà e il tuo desiderio? Chi è colui che tutto ha secondo il suo beneplacito? Non io, non tu, né alcun altro su questa terra. Non c'è persona al mondo, anche se è un re o un papa, che non abbia qualche tribolazione o afflizione. E chi è dunque che ha la parte migliore? Senza dubbio colui che è capace di sopportare qualche male per amore di Dio. Dice molta gente, debole e malata nello spirito: guarda che vita beata conduce quel tale; come è ricco e grande, come è potente e come è salito in alto! Ma, se poni mente ai beni eterni, vedrai che tutte queste cose passeggere sono un nulla, anzi qualcosa di molto insicuro e particolarmente gravoso, giacché le cose temporali non si possono avere senza preoccupazioni e paure. Per la felicità non occorre che l'uomo possieda beni terreni in sovrabbondanza; basta averne una modesta quantità, giacché la vita di quaggiù è veramente una misera cosa. Quanto più uno desidera elevarsi spiritualmente, tanto più la vita presente gli appare amara, perché constata pienamente le deficienze dovute alla corrotta natura umana. Invero mangiare, bere, star sveglio, dormire, riposare, lavorare, e dover soggiacere alle altre necessità che ci impone la nostra natura, tutto ciò, in realtà, è una miseria grande e un dolore per l'uomo religioso; il quale amerebbe essere sciolto e libero da ogni peccato. In effetti l'uomo che vive interiormente si sente schiacciato, come sotto un peso, dalle esigenze materiali di questo mondo; ed è perciò che il profeta prega fervorosamente di essere liberato, dicendo: "Signore, toglimi da queste necessità" (Sal 24,17).  

2. Guai a quelli che non riconoscono la loro miseria. Guai, ancor più, a quelli che amano questa vita miserabile e destinata a finire; una vita alla quale tuttavia certa gente - anche se, lavorando o elemosinando, mette insieme appena appena il necessario - si abbarbica, come se potesse restare quaggiù in eterno, senza darsi pensiero del regno di Dio. Gente pazza, interiormente priva di fede; gente sommersa dalle cose terrene, tanto da gustare solo ciò che è materiale. Alla fine, però, constateranno, con pena, quanto poco valessero - anzi come fossero un nulla - le cose che avevano amato. Ben diversamente, i santi di Dio, e tutti i devoti amici di Cristo; essi non andavano dietro ai piaceri del corpo o a ciò che rende fiorente questa vita mortale. La loro anelante tensione e tutta la loro speranza erano per i beni eterni; il loro desiderio - per non essere tratti al basso dall'attaccamento alle cose di quaggiù - si elevava interamente alle cose invisibili, che non vengono meno. O fratello, non perdere la speranza di progredire spiritualmente; ecco, ne hai il tempo e l'ora. Perché, dunque, vuoi rimandare a domani il tuo proposito? Alzati, e comincia all'istante, dicendo: è questo il momento di agire; è questo il momento di combattere; è questo il momento giusto per correggersi. Quando hai dolori e tribolazioni, allora è il momento per farti dei meriti. Giacché occorre che tu passi attraverso il "fuoco e l'acqua" prima di giungere nel refrigerio (Sal 65,12). E se non farai violenza a te stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né vivere senza molestie e dolori. Ben vorremmo aver tregua da ogni miseria; ma avendo perduto, a causa del peccato, la nostra innocenza, abbiamo perduto quaggiù anche la vera felicità. Perciò occorre che manteniamo in noi una ferma pazienza, nell'attesa della misericordia divina, "fino a che sia scomparsa l'iniquità di questo mondo" (Sal 56,2) e le cose mortali "siano assunte dalla vita eterna" (2Cor 5,4).  

3. Tanto è fragile la natura umana che essa pende sempre verso il vizio. Ti accusi oggi dei tuoi peccati e domani commetti di nuovo proprio ciò di cui ti sei accusato. Ti proponi oggi di guardarti dal male, e dopo un'ora agisci come se tu non ti fossi proposto nulla. Ben a ragione, dunque, possiamo umiliarci; né mai possiamo avere alcuna buona opinione di noi stessi, perché siamo tanto deboli e instabili. Inoltre, può andare rapidamente perduto per negligenza ciò che a stento, con molta fatica, avevamo alla fine raggiunto, per grazia di Dio. E che cosa sarà di noi alla fine, se così presto ci prende la tiepidezza? Guai a noi, se pretendessimo di riposare tranquillamente, come se già avessimo raggiunto pace e sicurezza, mentre, nella nostra vita, non si vede neppure un indizio di vera santità. Occorrerebbe che noi fossimo di nuovo plasmati, quasi in un buon noviziato, a una vita irreprensibile; in tal modo potremo sperare di raggiungere un certo miglioramento e di conseguire un maggior profitto spirituale.


Omelia 65: Il comandamento nuovo.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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[Uomini nuovi in virtù del comandamento nuovo.]

1. Il Signore Gesù afferma di voler dare ai suoi discepoli un comandamento nuovo, quello di amarsi a vicenda: Vi do un comandamento nuovo: Che vi amiate a vicenda (Gv 13, 34). Ma questo comandamento non era già contenuto nell'antica legge di Dio, che dice: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Lv 19, 18)? Perché allora il Signore chiama nuovo un comandamento che risulta così antico? O lo chiama nuovo perché, spogliandoci dell'uomo vecchio, esso ci riveste del nuovo? Non un amore qualsiasi, infatti, rinnova l'uomo, ma l'amore che il Signore distingue da quello puramente umano aggiungendo: come io ho amato voi (Gv 13, 34); e questo comandamento nuovo rinnova solo chi lo accoglie e ad esso obbedisce. Si amano vicendevolmente il marito e la moglie, i genitori e i figli, e quanti sono uniti tra loro da vincoli umani. E non parlo qui dell'amore colpevole e riprovevole che hanno, l'un per l'altro, gli adulteri e le adultere, gli amanti e le prostitute, e tutti quelli che, non le istituzioni umane, ma le nefaste deviazioni della vita congiungono. Cristo dunque ci ha dato un comandamento nuovo: di amarci gli uni gli altri, come egli ci ha amati. E' questo amore che ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento Nuovo, cantori del cantico nuovo. Questo amore, fratelli carissimi, ha rinnovato anche i giusti dei tempi antichi, i patriarchi e i profeti, come poi i beati Apostoli. E' questo amore che anche adesso rinnova le genti e raccoglie tutto il genere umano, sparso ovunque sulla terra, per farne un sol popolo nuovo, il corpo della novella sposa dell'unigenito Figlio di Dio, della quale il Cantico dei Cantici dice: Chi è costei che avanza tutta bianca? (Ct 8, 5 sec. LXX). Sì, bianca perché rinnovata; e rinnovata da che cosa, se non dal comandamento nuovo? Ecco perché le sue membra sono sollecite l'uno dell'altro; e se soffre un membro, soffrono insieme le altre membra, se è onorato un membro, si rallegrano le altre membra (cf. 1 Cor 12, 25-26). Esse infatti ascoltano e mettono in pratica l'insegnamento del Signore: Vi do un comandamento nuovo: Che vi amiate a vicenda; e non come si amano i corruttori, né come si amano gli uomini in quanto uomini, ma in quanto dèi e figli tutti dell'Altissimo per essere fratelli dell'unico Figlio suo, amandosi a vicenda di quell'amore con cui li ha amati egli stesso, che li vuol condurre a quel fine che li appagherà e dove ci sono i beni che potranno saziare tutti i loro desideri (cf. Sal 102, 5). Allora, ogni desiderio sarà soddisfatto, quando Dio sarà tutto in tutti (cf. 1 Cor 15, 28). Un tal fine non avrà fine. Nessuno muore là dove nessuno può giungere se non è morto a questo mondo, e non della morte comune a tutti, per cui il corpo è abbandonato dall'anima, ma della morte degli eletti, per cui, mentre ancora siamo nella carne mortale, il cuore viene elevato su in alto. A proposito di questa morte l'Apostolo disse: Voi siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3). Forse in questo senso è stato detto: L'amore è potente come la morte (Ct 8, 6). E' in forza di questo amore, infatti, che, ancora vivendo insieme col corpo corruttibile noi moriamo a questo mondo, e la nostra vita si nasconde con Cristo in Dio; anzi l'amore stesso è per noi morte al mondo e vita con Dio. Se infatti parliamo di morte quando l'anima esce dal corpo, perché non si potrebbe parlare di morte quando il nostro amore esce dal mondo? L'amore è dunque potente come la morte. Che cosa è più potente di questo amore che vince il mondo?

[Amare Dio nel prossimo.]

2. Non crediate, fratelli, che il Signore dicendo: Vi do un comandamento nuovo: Che vi amiate a vicenda, abbia dimenticato quel comandamento più grande, che è amare il Signore Dio nostro con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente. Potrebbe infatti sembrare che abbia detto di amarsi a vicenda quasi non calcolando quel comandamento: come se, invece, l'ordine che dava non rientrasse nella seconda parte di questo precetto dove è detto: Amerai il prossimo tuo come te stesso. E' infatti su questi due comandamenti che poggiano la legge e i profeti (Mt 22, 37 40). Ma per chi li intende bene, ciascuno dei due comandamenti si ritrova nell'altro; perché chi ama Dio, non può non tener conto del suo precetto di amare il prossimo; e chi ama il prossimo di un amore sincero e santo, chi ama in lui se non Dio? Questo amore, che si distingue da ogni espressione di amore mondano, il Signore lo caratterizza aggiungendo: come io ho amato voi. Che cosa, infatti, se non Dio, egli ha amato in noi? Non perché già lo possedessimo, ma perché lo potessimo possedere; per condurci, come dicevo prima, là dove Dio sarà tutto in tutti. E' in questo senso che giustamente si dice che il medico ama gli ammalati: cosa ama in essi, se non la salute che vuol ridonare, e non la malattia che vuole scacciare? Amiamoci dunque gli uni gli altri in maniera tale da stimolarci a vicenda, mediante le attuazioni dell'amore, a possedere Dio in noi per quanto ci è possibile. Questo amore ce lo dà colui stesso che ha detto: Come io ho amato voi, così voi amatevi a vicenda (Gv 13, 34). Per questo dunque ci ha amati, perché anche noi ci amiamo a vicenda. Con l'amarci egli ci ha dato l'aiuto affinché col mutuo amore ci stringiamo fra noi e, legate le membra da un vincolo così soave, siamo corpo di tanto Capo.

3. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35). Come a dire: Gli altri miei doni li hanno in comune con voi anche coloro che non sono miei: non soltanto la natura, la vita, i sensi, la ragione, e quella salute che è comune agli uomini e agli animali; essi hanno anche il dono delle lingue, i sacramenti, il dono della profezia, il dono della scienza e quello della fede, quello di distribuire i loro averi ai poveri, di dare il loro corpo alle fiamme. Ma essi non hanno la carità, per cui, a modo di cembali, fanno del chiasso, ma in realtà non sono niente e questi doni non giovano loro a niente (cf. 1 Cor 13, 1-3). Non è da questi miei doni, quantunque eccellenti, e che possono avere anche quelli che non sono miei discepoli, ma è da questo che conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. O sposa di Cristo, bella tra tutte le donne! O splendida creatura, che vieni avanti appoggiata al tuo diletto! Inondata della sua luce, appari fulgente; sostenuta da lui, non puoi cadere! Come vieni degnamente celebrata in quel Cantico dei Cantici, che è il tuo epitalamio: L'amore fa le tue delizie! (Ct 7, 6 sec. LXX). Questo amore impedisce che la tua anima si perda insieme con quella degli empi; esso pone su un alto livello la tua causa, esso è tenace come la morte e forma la tua felicità. Quale meraviglioso genere di morte, che avrebbe stimato poca cosa l'assenza di tormenti, se non ci fosse stata anche la pienezza della gioia! Ma è tempo ormai di porre fine a questo discorso, rimandando ad un altro quel che segue.


17 - Si narra come l'arcangelo Gabriele rivelò a Maria che le ri­manevano tre anni di vita.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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696. Per riferire ciò che manca circa gli ultimi tempi della nostra fenice, Maria purissima, è giusto che il cuore e gli occhi somministrino il liquido con il quale desidero scrivere così dolci, così tenere, così commoventi meravi­glie. Vorrei avvertire i devoti di non leggerle e considerar­le come passate e lontane, giacché la virtù della fede ren­de presenti le verità e, se le osserveremo da vicino con pietà cristiana, ne sperimenteremo gli effetti e il nostro in­timo godrà del bene che i nostri occhi non giunsero a con­templare.

697. La Vergine pervenne all'età di sessantasette anni sen­za avere mai interrotto il corso dei suoi meriti né tratte­nuto il volo né mitigato l'incendio del suo ardore, dalla sua immacolata concezione, ed anzi avendo accresciuto tutto questo in ogni istante. Gli ineffabili favori che riceveva la mantenevano divinizzata e sublimata; i sentimenti, gli slan­ci e gli aneliti del suo castissimo cuore non le permetteva­no di riposare fuori dal centro del suo amore; i legami del­la carne erano divenuti violenti; l'inclinazione e la tenden­za dello stesso Eterno a unirla a sé con un laccio perenne e stretto era - a nostro modo di intendere - al culmine del­la forza; la terra, indegna per le colpe degli uomini del te­soro delle altezze, non poteva custodirlo ulteriormente sen­za restituirlo al suo padrone. Il Padre desiderava la sua uni­ca e autentica figlia, il Figlio la sua cara madre e lo Spiri­to gli abbracci della sua incantevole sposa. Gli angeli bra­mavano la vista della loro Regina, i beati quella della loro Signora e tutti i cieli con mute voci chiedevano la loro abi­tatrice e imperatrice, che li riempisse di splendore, di gioia e della sua bellezza e leggiadria. A vantaggio del mondo e della Chiesa peroravano esclusivamente la necessità che questa aveva di un simile modello e la carità del medesi­mo Dio verso i miseri discendenti di Adamo.

698. Essendo, però, inevitabile che ella arrivasse alla mè­ta del suo pellegrinaggio, nel concistoro della Trinità si di­scusse con quale ordine si dovesse glorificare, e si pesò l'affetto che a lei soltanto spettava per aver soddisfatto lar­gamente e tanto a lungo alla misericordia, rimanendo a fondare e istruire la comunità ecclesiale. L'Onnipotente de­terminò di consolarla e confortarla avvisandola con preci­sione di quanto le restava, affinché, assicurata del giorno e dell'ora del sospirato evento, lo attendesse nella letizia. A tale scopo, Gabriele fu mandato con molti altri ministri superni a notificarle quando e come si sarebbe compiuta la sua esistenza peritura ed ella sarebbe salita a quella in­tramontabile.

699. Si introdussero nell'oratorio presso la casa del ce­nacolo e la Principessa , che era stesa a forma di croce a invocare clemenza per i peccatori, all'udire le loro armo­nie si pose in ginocchio per ascoltare e guardare il mes­saggero e i suoi compagni, i quali, tutti con vesti bianche e fulgide, la circondarono con mirabile decoro e riveren­za. Avevano in mano palme e corone, ciascuna differente ma ugualmente rappresentante con inestimabile pregio una sua prerogativa. L'arcangelo la salutò con l'Ave Maria» e proseguì: «Nostra sovrana, il Santo dei santi ci invia dalla sua corte perché vi annunciamo da parte sua la felicissi­ma conclusione del vostro esilio. Verrà presto il momento da voi ambito in cui, per mezzo della morte, otterrete il possesso indefettibile della vita senza termine alla destra del vostro Unigenito. Fra tre anni esatti sarete accolta nel gaudio perpetuo dell'empireo, dove tutti già vi aspettano».

700. Ella provò immenso giubilo nel suo animo candi­do e acceso e, abbassandosi di nuovo al suolo, rispose come all'incarnazione del Verbo: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». Invitò, poi, i serafini e gli altri a darle appoggio nel magnificare l'Altis­simo per un beneficio così grande, e intonò un cantico del quale alternò i versetti con loro per due ore continue. Ben­ché essi siano estremamente solleciti, saggi ed eleganti per natura e per le doti soprannaturali che hanno, superava i suoi vassalli in ogni cosa, poiché in lei la sapienza e la gra­zia abbondavano come maestra e in loro come discepoli. Quindi, umiliandosi ancora, li incaricò di intercedere af­finché fosse preparata al passaggio e tutti, prima di an­darsene, le promisero di obbedirle.

701. Ormai sola, si prostrò tra lacrime di umiltà e di contentezza e, stringendo la polvere, pronunciò queste pa­role: «Terra, ti ringrazio di avermi sostenuto senza mio me­rito per sessantasette anni, per volontà di colui che ti ha creato. Aiutami per tutto il periodo in cui starò quaggiù, perché, come da te e in te sono stata plasmata, da te e per te io giunga all'agognato fine della contemplazione del mio Autore. E voi, cieli, pianeti, astri ed elementi, formati dal braccio vigoroso del mio diletto, testimoni fedeli e predi­catori della sua maestà, vi ringrazio di quanto avete fatto con i vostri influssi e le vostre virtù per conservarmi. Aiu­tatemi perché, con il favore divino, io migliori e sia più gradita al mio e vostro Artefice».

702. È da ritenersi che ciò sia accaduto nel giorno di agosto coincidente con quello del suo insigne transito. Da allora ella si infiammò e moltiplicò i suoi esercizi in ma­niera tale che pareva che avesse bisogno di riparare a ne­gligenze o mancanze imputabili a scarso fervore. Il vian­dante affretta il passo quando imbrunisce e ha davanti una buona porzione di cammino. Il bracciante e il salariato aumentano gli sforzi quando sovrasta la sera e il lavoro as­segnato non è ultimato. La Vergine , invece, affrettava il passo delle sue opere eroiche non per timore della notte né per i rischi del viaggio, ma per amore e per l'ardente anelito all'eterna luce; non per arrivare più celermente, ma per entrare più ricca e prospera a godere del sommo Be­ne. Scrisse subito a quanti erano dispersi per la missione per incoraggiarli nella conversione del mondo e successi­vamente ripeté varie volte questa premura. Esortò e con­fermò maggiormente i credenti della zona e, quantunque celasse il suo segreto, si comportava come chi inizia a con­gedarsi e desidera lasciare tutti traboccanti di sublimi elar­gizioni.

703. A vantaggio di Giovanni militavano ragioni speciali che lo distinguevano dagli altri, poiché era per lei un fi­glio e la curava prodigandosi eccezionalmente. Alla Regi­na, dunque, sembrò conveniente informarlo dell'avviso ri­cevuto, per cui dopo poco tempo, domandatagli la bene­dizione e la licenza di parlare, affermò: «Già vi è noto, mio signore, che io sono la più debitrice e la più vincolata a rimettermi al volere superno e che, se tutto dipende da es­so, in me si deve adempiere pienamente sempre e per sem­pre; e voi siete tenuto ad assistermi in questo, conoscen­do i titoli per i quali io sono interamente del mio Dio. La sua benignità e misericordia mi hanno rivelato che non tarderà la mia dipartita, che sarà fra tre anni. Vi imploro di soccorrermi affinché mi affatichi nel mostrare gratitu­dine all'Onnipotente e nel contraccambiare in qualche mo­do gli straordinari doni della sua generosità e benevolen­za, e vi supplico dall'intimo di pregare per me».

704. Il cuore appassionato dell'Evangelista si spezzò ed egli, senza essere capace di trattenere l'affanno e il pian­to, disse: «Mia Signora, sono abbandonato al beneplacito del supremo sovrano e al vostro, per acconsentire a quan­to mi comandate, sebbene non riesca a corrispondere ai miei obblighi e alle mie aspirazioni; ma voi proteggetemi con pietà, adesso che rimango povero e orfano della vo­stra deliziosa vicinanza». Oppresso dai singhiozzi, non fu in grado di proferire altro e, benché la dolcissima Princi­pessa lo consolasse e gli facesse animo con tenere ed effi­caci espressioni, da quell'istante restò trafitto da un dardo di dolore e di mestizia tale che lo debilitava: divenne ma­cilento e gli succedeva come ai fiori che, dopo aver segui­to il corso del sole ed esserne stati vivificati, cadono in lan­guore e appassiscono allorché esso si allontana e si na­sconde. Ella lo sostenne nella sua desolazione con molte compassionevoli promesse, assicurandolo che sarebbe sta­ta sua avvocata presso l'Unigenito. L:Apostolo avvertì Gia­como il Minore, il quale da vescovo di Gerusalemme ser­viva con lui l'Imperatrice come Pietro aveva stabilito, e i due presero a starle accanto con più frequenza, in parti­colare il prediletto, che non se ne poteva staccare.

705. L 'Altissimo dispose con un'occulta e soave forza che il creato cominciasse a provare la sofferenza e ad antici­pare il cordoglio per colei che conferiva bellezza e perfe­zione all'universo. I Dodici, anche se erano disseminati in ogni regione, percepivano una nuova preoccupazione che catturava l'attenzione, e questa era il tormentoso pensiero del momento in cui sarebbe venuta meno la loro Maestra e difesa, perché l'illuminazione divina suggeriva a tutti che quel termine inevitabile non era distante. I cristiani che abi­tavano nella città santa o in Palestina coglievano in sé, co­me un misterioso annuncio del fatto, che il loro tesoro e il loro gaudio non sarebbe durato a lungo. I cieli, gli astri e i pianeti persero parecchio del proprio splendore, al pari del giorno all'approssimarsi della notte. Gli uccelli per due anni palesarono in maniera singolare la loro tristezza, poi­ché erano soliti accorrere in gran numero circondando il suo oratorio con mirabili voli e movimenti, ed elevavano delle cantilene con voci melanconiche, finché ella non ordinava che lodassero sua Maestà con i normali cinguettii; di ciò fu spesso testimone Giovanni, che si univa a loro nei gemiti. Poco prima del transito, diversi di essi si presenta­rono a lei e abbassarono al suolo le teste e i becchi, lan­ciando lugubri suoni come chi con pena si congeda defini­tivamente e come chiedendole l'ultima benedizione.

706. Le fiere tennero loro compagnia, perché la Vergi ­ne, in occasione di una delle sue consuete visite ai sacri luoghi della redenzione, appena arrivata al Calvario fu at­torniata da tante bestie selvagge che erano scese da varie montagne per aspettarla. Alcune prostrandosi, altre chi­nandosi e tutte guaendo angosciosamente si fermarono per qualche ora a manifestarle l'angustia che dava loro la par­tenza della donna che confessavano regina e onore del mon­do intero. La maggiore meraviglia di questo mutamento ge­nerale fu che nei sei mesi che precedettero l'evento il sole, la luna e le stelle emisero una luce più tenue, e quando so­praggiunse si eclissarono come era accaduto allo spirare di Gesù'. Delle persone sagge e accorte notarono tali varia­zioni e alterazioni, ma, ignorandone la causa, poterono so­lamente stupirsene. 1 discepoli, invece, assistettero al tra­passo e intesero il sentimento della natura insensibile, che degnamente iniziò presto il suo pianto, mentre quella uma­na, dotata di ragione, non seppe piangere la scomparsa del­la sua legittima Signora e della sua vera gloria. Negli altri esseri pare che si adempisse la profezia di Zaccaria, il qua­le proclamò che in quel giorno sarebbero state in lutto co­me per il primogenito tutte le famiglie della casa di Dio, ognuna separatamente, ognuna a parte. Questo, che fu af­fermato del Figlio dell'eterno Padre e suo, doveva verificarsi anche per lei, primogenita e madre della vita. Come i vassalli leali e grati non si vestono a lutto soltanto alla morte dei sovrani, bensì pure se sono in pericolo, così essi si af­frettarono a mostrare afflizione.

707. Solo l'Evangelista era con loro, patendo più di tut­ti, senza riuscire a dissimulare con chi gli era più vicino nella dimora in cui era il cenacolo. Specialmente due fan­ciulle che attendevano alla Principessa e altri devoti riflet­terono sullo stato dell'Apostolo, che sovente scorsero in la­crime. Conoscendo la sua serenità, pace e affabilità, capi­rono che quella novità indicava un avvenimento assai du­ro e sconvolgente e con pio desiderio gli domandarono ri­petutamente il motivo del suo dolore. Egli non risponde­va, ma infine, non senza una disposizione superiore, im­portunato da costoro svelò che non era lontana per Maria la conclusione del suo esilio. Dunque, la tribolazione che sovrastava la Chiesa si divulgò e fu lamentata fra alcuni dei più intimi, perché nessuno di coloro che ne ebbero no­tizia fu in grado di contenere i singhiozzi. Da allora in poi furono più assidui nel recarsi da lei e, gettandosi ai suoi piedi e baciando la terra che calpestava, la pregavano di benedirli e trarli dietro a sé e di non dimenticarli nel re­gno dell'Altissimo, dove si portava tutti i loro cuori.

708. Fu un dono della misericordia e della provvidenza divine che tanti membri della comunità primitiva avesse­ro un simile avviso con rilevante anticipo, poiché l'Onni­potente non invia travagli o mali al suo popolo senza aver­li dichiarati ai suoi servi, come ci garantì per bocca di Amos. Benché questa sofferenza fosse per loro inevitabi­le, la benignità celeste determinò che, per quanto fosse sta­to possibile, guadagnassero con essa il compenso della per­dita di tale guida, vincolandola a sé affinché nel tempo che le restava li arricchisse con l'abbondanza della grazia, che aveva l'autorità di distribuire per consolarli. Fu effettiva­mente così, giacché le sue viscere materne si commossero ed ella, con insigne pietà, al termine della sua esistenza peritura ottenne ad essi e agli altri cristiani nuovi benefi­ci. Il suo Unigenito, appunto per non privarli di questi, non volle togliere loro all'improvviso colei nella quale trovava­no difesa, conforto, gioia, rimedio nelle necessità, sollievo negli affanni, consiglio nei dubbi, salute nelle malattie, soc­corso nelle pene e tutti i beni insieme.

709. Mai fu delusa la speranza di quelli che la ripose­ro in lei, che sempre salvò chi non oppose resistenza alla sua benevola clemenza; ma non c'è modo di raccontare i prodigi che compì a vantaggio degli uomini nei suoi ulti­mi due anni, per l'enorme afflusso di gente di ogni sorta che la cercava: guarì nel corpo e nello spirito gli infermi che si misero in sua presenza; convertì molti e condusse innumerevoli anime sul retto cammino, distaccandole dal­l'errore; si preoccupò di gravi indigenze dei poveri, elar­gendo agli uni ciò che aveva e ciò che le era stato offerto e aiutando gli altri miracolosamente; confermò tutti nel ti­more del Signore, nella fede e nell'obbedienza; come uni­ca dispensatrice dei tesori superni e dei meriti del Reden­tore, ne spalancò le porte con generosità, per lasciare i suoi figli nella prosperità. Inoltre, li rinfrancò e incoraggiò con la promessa di favorirli tanto, quanto al presente fa dalla destra di sua Maestà.

 

Insegnamento della Regina del cielo

710. Mia diletta, per intendere il giubilo che provocò in me l'annuncio dell'approssimarsi del mio transito, occor­rerebbe ponderare la forza del mio amore e della mia bra­ma di giungere alla contemplazione e al godimento di Dio, nella gloria che egli mi teneva pronta. È un mistero che supera la capacità umana, ma i credenti non si rendono neppure degni di penetrarne la parte alla quale potrebbe­ro arrivare, perché non si applicano alla luce interiore ed a purificarsi per accoglierla. Io e Gesù siamo stati ma­gnanimi con te in questo e ti attesto che saranno estre­mamente fortunati gli occhi che vedranno quello che tu hai veduto e gli orecchi che udranno quello che tu hai udi­to. Conserva il tuo possesso e non lo smarrire, impegnan­doti con tutte le energie per conseguire il frutto del mio insegnamento. Da oggi imitami nel prepararti al trapasso, poiché, se avessi qualche informazione al riguardo, ogni scadenza ti dovrebbe sembrare assai vicina per assicurare ciò che in tale ora si deciderà: la tua beatitudine o con­danna eterna. Nessuna creatura ragionevole ebbe il premio così infallibilmente certo come lo ebbi io, e per di più fui presto avvertita della mia dipartita; tuttavia, sai che mi di­sposi con il santo timore conveniente, facendo quanto mi apparteneva come donna terrena e maestra della Chiesa e dando esempio agli altri, che ne erano maggiormente bi­sognosi per non precipitare nella dannazione.

711. Tra gli assurdi inganni che i demoni hanno intro­dotto non ce riè alcuno più grande e pericoloso della di­menticanza della conclusione della vita e del giusto giudi­zio del rigoroso giudice. Considera che il peccato è entra­to nel mondo attraverso. questa via, perché la cosa princi­pale di cui il serpente pretese di persuadere Eva fu che non sarebbe morta' e dunque non vi pensasse. Per un simile raggiro, continuato a lungo, sono infiniti gli stolti che non ne serbano il ricordo e pervengono alla fine immemori del­la sorte disgraziata che li attende. Affinché tu non inciam­pi nella suddetta perversità, ritieniti avvisata del fatto che perirai inevitabilmente, che hai avuto molto e pagato poco e che il conto sarà proporzionato alla liberalità con la qua­le sarai stata trattata nei doni e nei talenti come pure nel­le sofferenze. Non voglio da te né più né meno di quello che spetta al tuo sposo: il tuo debito è operare sempre il meglio in qualsiasi luogo, momento e frangente, non am­mettendo trascuratezza, intervallo o negligenza.

712. Qualora per debolezza tu incorra in un'omissione, non tramonti il sole né passi il giorno senza che tu te ne sia pentita e, potendolo, l'abbia confessata come se fossi al termine della tua esistenza. Proponendo la riparazione, anche per colpe leggerissime, spenditi con nuovo fervore e con nuova sollecitudine, allo stesso modo di chi constata che gli manca il tempo per un'impresa così ardua e diffi­cile come è il raggiungere la felicità perenne e non cade­re nei tormenti. Impiega incessantemente in questo le tue facoltà e i tuoi sensi, perché la tua speranza sia salda e lieta e perché non ti affatichi invano né corra senza mè­ta come chi si accontenta di qualche buona azione e ne compie tante riprensibili e biasimevoli. Costoro non pos­sono procedere sicuri e confidenti, poiché la medesima co­scienza li abbatte e rattrista, se non sono persi nei me­schini piaceri della carne. Per rendere completi i tuoi atti, persisti negli esercizi che ti ho indicato, e tra di essi in quello della morte al quale sei abituata, con le tue orazio­ni, prostrazioni e raccomandazioni dell'anima. Quindi, ri­cevi mentalmente il viatico, come gli agonizzanti, e con­gedati da tutto. Accendi il tuo cuore con il desiderio del Signore e sollevati sino al suo cospetto, dove dovrai avere la tua dimora e dove adesso devi intrattenerti.


6-25 Marzo 12, 1904 Minacce di guerre. Tutta l’Europa sta sulle spalle di Luisa.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Essendo malata Luisa, le ho imposto che ella dettasse: non potendo disubbidire ha dettato quanto segue, in grande ripugnanza.

(2) “Essendomi lamentata con nostro Signore che sentendomi sofferente, pure non mi portava in Cielo, il benedetto Gesù mi ha detto:

(3) “Figlia mia, coraggio nel soffrire, non voglio che ti avvilisca nel non vederti ancora portata in Cielo. Devi sapere che tutta l’Europa sta sulle tue spalle, e l’esito o buono o cattivo per l’Europa pende dalle tue sofferenze. Se tu sarai forte e costante nel patire, le cose succederanno più sopportabili; se tu non sarai forte e costante nel patire, oppure Io ti porto in Cielo, saranno tanto gravi che minaccerà di essere invasa ed impadronita dagli stranieri”.

(4) Anzi, aggiunse che: “Se tu rimarrai in terra e soffrirai assai con desiderio e costanza, tutto quel che succederà di castighi in Europa, servirà per far venire il trionfo della Chiesa. E se ad onta di tutto questo l’Europa non profitterò e resterà ostinata al peccato, le tue sofferenze serviranno come preparativo alla tua morte, senza che l’Europa se ne sia profittata”.


Sacte. Gennaro Di Gennari.