Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Quando la malattia bussa alla tua porta potresti approfittarne per aumentare i tuoi meriti davanti a Dio. Offri al Signore le tue sofferenze, unisci il tuo dolore alla Sua Passione per la propria purificazione e per la Sua gloria. Non si può pretendere che durante la malattia tu dica lunghe preghiere. Prega con brevi invocazioni: "Gesù, aiutami... Padre, sia fatta la Tua volontà ... Gesù, abbi pietà  di me" Sopporta con pazienza la dolorosa situazione e pensa alla Passione del Signore sofferta per te. Nelle notti insonni volgi il tuo pensiero a Gesù Sacramentato, il Prigioniero d'amore, che veglia con te nel tabernacolo. E ti aspetta. Se la malattia si prolunga, può subentrare apatia, potresti perdere la pazienza anche con chi ti assiste, potresti diventare nervoso, troppo esigente. Sii riconoscente per le cure ricevute. Sii grato alle persone che si prendono cura di te, per i sacrifici dei familiari ed amici. E ringrazia Dio per tutto. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 28° settimana del tempo ordinario (Santa Teresa d'Avila)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 27

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Giosuè 13

1Quando Giosuè fu vecchio e avanti negli anni, il Signore gli disse: "Tu sei diventato vecchio, avanti negli anni e rimane molto territorio da occupare.2Questo è il paese rimasto: tutti i distretti dei Filistei e tutto il territorio dei Ghesuriti,3dal Sicor, che è sulla frontiera dell'Egitto, fino al territorio di Ekron, al nord, che è ritenuto cananeo, i cinque principati dei Filistei: quello di Gaza, di Asdod, di Ascalon, di Gat e di Ekron; gli Avviti4al mezzogiorno; tutto il paese dei Cananei, da Ara che è di quelli di Sidòne, fino ad Afek, sino al confine degli Amorrei;5il paese di quelli di Biblos e tutto il Libano ad oriente, da Baal-Gad sotto il monte Ermon fino all'ingresso di Amat.6Tutti gli abitanti delle montagne dal Libano a Misrefot-Maim, tutti quelli di Sidòne, io li scaccerò davanti agli Israeliti. Però tu assegna questo paese in possesso agli Israeliti, come ti ho comandato.7Ora dividi questo paese a sorte alle nove tribù e a metà della tribù di Manàsse".
8Insieme con l'altra metà di Manàsse, i Rubeniti e i Gaditi avevano ricevuto la loro parte di eredità, che Mosè aveva data loro oltre il Giordano, ad oriente, come aveva concesso loro Mosè, servo del Signore.9Da Aroer, che è sulla riva del fiume Arnon, e dalla città, che è in mezzo alla valle, tutta la pianura di Madaba fino a Dibon;10tutte le città di Sicon, re degli Amorrei, che regnava in Chesbon, sino al confine degli Ammoniti.11Inoltre Gàlaad, il territorio dei Ghesuriti e dei Maacatiti, tutte le montagne dell'Ermon e tutto Basan fino a Salca;12tutto il regno di Og, in Basan, il quale aveva regnato in Astarot e in Edrei ed era l'ultimo superstite dei Refaim, Mosè li aveva debellati e spodestati.13Però gli Israeliti non avevano scacciato i Ghesuriti e i Maacatiti; così Ghesur e Maaca abitano in mezzo ad Israele fino ad oggi.14Soltanto alla tribù di Levi non aveva assegnato eredità: i sacrifici consumati dal fuoco per il Signore, Dio di Israele, sono la sua eredità, secondo quanto gli aveva detto il Signore.
15Mosè aveva dato alla tribù dei figli di Ruben una parte secondo le loro famiglie16ed essi ebbero il territorio da Aroer, che è sulla riva del fiume Arnon, e la città che è a metà della valle e tutta la pianura presso Madaba;17Chesbon e tutte le sue città che sono nella pianura, Dibon, Bamot-Baal, Bet-Baal-Meon,18Iaaz, Kedemot, Mefaat,19Kiriataim, Sibma e Zeret-Sacar sulle montagne che dominano la valle;20Bet-Peor, i declivi del Pisga, Bet-Iesimot,21tutte le città della pianura, tutto il regno di Sicon, re degli Amorrei, che aveva regnato in Chesbon e che Mosè aveva sconfitto insieme con i capi dei Madianiti, Evi, Rekem, Zur, Cur e Reba, vassalli di Sicon, che abitavano nella regione.22Quanto a Balaam, figlio di Beor, l'indovino, gli Israeliti lo uccisero di spada insieme a quelli che avevano trafitto.23Il confine per i figli di Ruben fu dunque il Giordano e il territorio limitrofo. Questa fu l'eredità dei figli di Ruben secondo le loro famiglie: le città con i loro villaggi.
24Mosè poi aveva dato una parte alla tribù di Gad, ai figli di Gad secondo le loro famiglie25ed essi ebbero il territorio di Iazer e tutte le città di Gàlaad e metà del paese degli Ammoniti fino ad Aroer, che è di fronte a Rabba,26e da Chesbon fino a Ramat-Mizpe e Betonim e da Macanaim fino al territorio di Lodebar;27nella valle: Bet-Aram e Bet-Nimra, Succot e Zafon, il resto del regno di Sicon, re di Chesbon. Il Giordano era il confine sino all'estremità del mare di Genèsaret oltre il Giordano, ad oriente.28Questa è l'eredità dei figli di Gad secondo le loro famiglie: le città con i loro villaggi.
29Mosè aveva dato una parte a metà della tribù dei figli di Manàsse, secondo le loro famiglie30ed essi ebbero il territorio da Macanaim, tutto il Basan, tutto il regno di Og, re di Basan, e tutti gli attendamenti di Iair, che sono in Basan: sessanta città.31La metà di Gàlaad, Astarot e Edrei, città del regno di Og in Basan furono dati ai figli di Machir, figlio di Manàsse, anzi alla metà dei figli di Machir, secondo le loro famiglie.
32Questo distribuì Mosè nelle steppe di Moab, oltre il Giordano di Gèrico, ad oriente.33Alla tribù di Levi però Mosè non aveva assegnato alcuna eredità: il Signore, Dio di Israele, è la loro eredità, come aveva loro detto.


Giobbe 34

1Eliu continuò a dire:

2Ascoltate, saggi, le mie parole
e voi, sapienti, porgetemi l'orecchio,
3Perché l'orecchio distingue le parole,
come il palato assapora i cibi.
4Esploriamo noi ciò che è giusto,
indaghiamo fra di noi quale sia il bene:
5poiché Giobbe ha detto: "Io son giusto,
ma Dio mi ha tolto il mio diritto;
6contro il mio diritto passo per menzognero,
inguaribile è la mia piaga benché senza colpa".
7Chi è come Giobbe
che beve, come l'acqua, l'insulto,
8che fa la strada in compagnia dei malfattori,
andando con uomini iniqui?
9Poiché egli ha detto: "Non giova all'uomo
essere in buona grazia con Dio".
10Perciò ascoltatemi, uomini di senno:
lungi da Dio l'iniquità
e dall'Onnipotente l'ingiustizia!
11Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato
e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta.
12In verità, Dio non agisce da ingiusto
e l'Onnipotente non sovverte il diritto!
13Chi mai gli ha affidato la terra
e chi ha disposto il mondo intero?
14Se egli richiamasse il suo spirito a sé
e a sé ritraesse il suo soffio,
15ogni carne morirebbe all'istante
e l'uomo ritornerebbe in polvere.
16Se hai intelletto, ascolta bene questo,
porgi l'orecchio al suono delle mie parole.
17Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
18lui che dice ad un re: "Iniquo!"
e ai principi: "Malvagi!",
19lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
20In un istante muoiono e nel cuore della notte
sono colpiti i potenti e periscono;
e senza sforzo rimuove i tiranni,
21poiché egli tiene gli occhi sulla condotta
dell'uomo
e vede tutti i suoi passi.
22Non vi è tenebra, non densa oscurità,
dove possano nascondersi i malfattori.
23Poiché non si pone all'uomo un termine
per comparire davanti a Dio in giudizio:
24egli fiacca i potenti, senza fare inchieste,
e colloca altri al loro posto.
25Poiché conosce le loro opere,
li travolge nella notte e sono schiacciati;
26come malvagi li percuote,
li colpisce alla vista di tutti;
27perché si sono allontanati da lui
e di tutte le sue vie non si sono curati,
28sì da far giungere fino a lui il grido
dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri.
29Se egli tace, chi lo può condannare?
Se vela la faccia, chi lo può vedere?
Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia,
30perché non regni un uomo perverso,
perché il popolo non abbia inciampi.
31Si può dunque dire a Dio:
"Porto la pena, senza aver fatto il male;
32se ho peccato, mostramelo;
se ho commesso l'iniquità, non lo farò più"?
33Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare,
perché tu rifiuti il suo giudizio?
Poiché tu devi scegliere, non io,
di', dunque, quello che sai.
34Gli uomini di senno mi diranno
con l'uomo saggio che mi ascolta:
35"Giobbe non parla con sapienza
e le sue parole sono prive di senno".
36Bene, Giobbe sia esaminato fino in fondo,
per le sue risposte da uomo empio,
37perché aggiunge al suo peccato la rivolta,
in mezzo a noi batte le mani
e moltiplica le parole contro Dio.


Salmi 119

1Alleluia.

Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.

5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.

9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.

17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.

25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.

33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.

41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.

49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.

57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.

65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.

73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.

81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.

89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.

97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.

105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.

113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.

121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.

125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.

129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.

137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.

145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.

153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.

161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.

169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.


Ezechiele 38

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, volgiti verso Gog nel paese di Magòg, principe capo di Mesech e Tubal, e profetizza contro di lui.
Annunzierai:3Dice il Signore Dio: Eccomi contro di te Gog, principe capo di Mesech e Tubal,4io ti aggirerò, ti metterò ganci alle mascelle e ti farò uscire con tutto il tuo esercito, cavalli e cavalieri tutti ben equipaggiati, truppa immensa con scudi grandi e piccoli, e tutti muniti di spada.5La Persia, l'Etiopia e Put sono con loro, tutti con scudi ed elmi.6Gomer e tutte le sue schiere, la gente di Togarmà, le estreme regioni del settentrione e tutte le loro forze, popoli numerosi sono con te.
7Sta' pronto, fa' i preparativi insieme con tutta la moltitudine che si è radunata intorno a te: sii a mia disposizione.8Dopo molto tempo ti sarà dato l'ordine: sul finire degli anni tu andrai contro una nazione che è sfuggita alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele, rimasti lungamente deserti. Essa rimpatriò dalle genti e tutti abitano tranquilli.9Tu vi salirai, vi giungerai come un uragano: sarai come un nembo che avvolge la terra, tu con tutte le tue schiere e con i popoli numerosi che sono con te.10Dice il Signore Dio: In quel giorno ti verranno in mente dei pensieri e concepirai progetti malvagi.11Tu dirai: Andrò contro una terra indifesa, assalirò genti tranquille che si tengono sicure, che abitano tutte in luoghi senza mura, che non hanno né sbarre né porte,12per depredare, saccheggiare, metter la mano su rovine ora ripopolate e sopra un popolo che si è riunito dalle nazioni, dedito agli armenti e ai propri affari, che abita al centro della terra.
13Saba, Dedan, i commercianti di Tarsis e tutti i suoi leoncelli ti domanderanno: Vieni per saccheggiare? Hai radunato la tua gente per venir a depredare e portar via argento e oro, per rapire armenti e averi e per fare grosso bottino?14Perciò predici, figlio dell'uomo, e annunzia a Gog: Così dice il Signore Dio: In quel giorno, quando il mio popolo Israele dimorerà del tutto sicuro, tu ti leverai,15verrai dalla tua dimora, dagli estremi confini del settentrione, tu e i popoli numerosi che sono con te, tutti su cavalli, una turba grande, un esercito potente.16Verrai contro il mio popolo Israele, come un nembo per coprire la terra. Sul finire dei giorni io ti manderò sulla mia terra perché le genti mi conoscano quando per mezzo tuo, o Gog, manifesterò la mia santità davanti ai loro occhi.17Così dice il Signore Dio: Non sei tu quegli di cui parlai nei tempi antichi per mezzo dei miei servi, i profeti d'Israele, i quali, in quei tempi e per molti anni, profetizzarono che io ti avrei mandato contro di loro?18Ma, quando Gog giungerà nel paese d'Israele - parola del Signore Dio - divamperà la mia collera.19Nella mia gelosia e nel mio furore ardente io vi dichiaro: In quel giorno ci sarà un gran terremoto nel paese di Israele:20davanti a me tremeranno i pesci del mare, gli uccelli del cielo, gli animali selvatici, tutti i rettili che strisciano sul terreno e ogni uomo che è sulla terra: i monti franeranno, le rocce cadranno e ogni muro rovinerà al suolo.
21Contro di lui, per tutti i monti d'Israele, chiamerò la spada. Parola del Signore Dio. La spada di ognuno di essi sarà contro il proprio fratello.22Farò giustizia di lui con la peste e con il sangue: farò piovere su di lui e le sue schiere, sopra i popoli numerosi che sono con lui, torrenti di pioggia e grandine, fuoco e zolfo.23Io mostrerò la mia potenza e la mia santità e mi rivelerò davanti a genti numerose e sapranno che io sono il Signore".


Lettera agli Efesini 2

1Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati,2nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli.3Nel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri.4Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati,5da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.6Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù,7per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
8Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio;9né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.10Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo.

11Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi perché tali sono nella carne per mano di uomo,12ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo.13Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.

14Egli infatti è la nostra pace,
colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo,
cioè l'inimicizia,
15annullando, per mezzo della sua carne,
la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
16e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l'inimicizia.
17Egli è venuto perciò ad 'annunziare pace'
a voi 'che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini'.
18Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.

19Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio,20edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù.21In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore;22in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.


Capitolo XXXIX:Nessun affanno nel nostro agire

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1. O figlio, ogni tua faccenda affidala a me; al tempo giusto disporrò sempre io per il meglio. Attieniti al mio comando e ne sentirai vantaggio. O Signore, di gran cuore affido a te ogni cosa; poco infatti potranno giovare i miei piani. Volesse il cielo che io non fossi tanto preso da ciò che potrà accadere in futuro, e mi offrissi, invece, senza esitare alla tua volontà.

2. O figlio, capita spesso che l'uomo persegua con ardore alcunché di cui sente la mancanza; e poi, quando l'ha raggiunto, cominci a giudicare diversamente, perché i nostri amori non restano fermi intorno a uno stesso punto, e ci spingono invece da una cosa all'altra. Non è una questione da nulla rinunciare a se stessi, anche in cose di poco conto. Il vero progresso dell'uomo consiste nell'abnegazione di sé. Pienamente libero e sereno è appunto soltanto chi rinnega se stesso. Ecco, però, che l'antico avversario, il quale si pone contro tutti coloro che amano il bene, non tralascia la sua opera di tentazione; anzi, giorno e notte, prepara gravi insidie, se mai gli riesca di far cadere nel laccio dell'inganno qualcuno che sia poco guardingo. "Vegliate e pregate, dice i Signore, per non entrare in tentazione" (Mt 26,41).


DISCORSO 389 TRATTATO SULLA DOMANDA DEL PANE CELESTE, SUL DOVERE DELL'ELEMOSINA E LA MISERICORDIA.

Discorsi - Sant'Agostino

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Anche l'anima ha bisogno del suo pane: come cercarlo.

1. Il Signore mi sollecita attraverso il passo del Vangelo [che è stato letto], a parlarvi del pane celeste che dobbiamo chiedere. E` vero che abbiamo necessità del nostro pane terreno perché apparteniamo alla terra con il nostro corpo, ma se il corpo deve ricevere il suo pane, anche l'anima non deve restare priva del pane suo proprio. Anche la nostra anima in questa vita si trova in stato di bisogno: ha necessità del pane che è suo alimento. Tutti hanno bisogno di pane. Dio solo, perché è lui il Pane, non ha bisogno di pane: è lui il Pane della nostra anima. Lui che non ha bisogno del pane altrui, ma basta a se stesso, nutre anche noi. E` dunque manifesto qual è il Pane celeste, nutrimento della nostra anima.

Seguiamo il consiglio sull'elemosina e ci sarà aperto il cielo.

2. Noi abbiamo bisogno di consiglio sul modo come giungere a pascerci di quel pane di cui ora raccogliamo poche briciole soltanto, per non perire di fame in questo deserto. Il Signore dice: Chi mangerà di questo pane non avrà più fame, e chi berrà la bevanda che io darò, non avrà sete in eterno 1. Ci promette nutrimento abbondante e una sazietà che non dà nausea, ma sul modo come giungere a quella pienezza dalla condizione di fame in cui ci troviamo, abbiamo bisogno del consiglio. Vano sarebbe il nostro bussare per avere quel pane se non accogliessimo il consiglio. Esporrò dunque questo consiglio, o meglio lo farò presente alla memoria mia e vostra, poiché l'abbiamo appreso insieme; ma se uno non lo segue dico che non solo bussa invano, ma addirittura non bussa, perché il bussare consiste proprio nel seguire questo consiglio applicandolo in pratica. Non vi dovete immaginare, o miei fratelli, che Dio abbia una vera e propria porta da chiudere duramente in faccia agli uomini, e che ci abbia detto di bussare perché dobbiamo battere alla porta finché a furia di battere ci facciamo udire dal padre di famiglia il quale dal fondo della sua dimora chieda chi mai bussi, chi rechi disturbo, e faccia aprire perché ci venga dato quello che chiediamo, e ce ne andiamo via. Non è così ma è qualcosa di simile. Come bussando presso qualcuno usiamo le mani, così anche per bussare presso il Signore. Si devono usare le mani per bussare, altrimenti non solo si bussa invano, ma neppure si bussa; e non bussando, non si potrà neppure ottenere, non si potrà ricevere. Voi volete sapere come bussare. Voi chiedete ogni giorno, e fate bene a farlo perché è stato detto: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto 2. E` stato precisato che cosa dobbiamo fare: Chiedi, cerca, bussa. Tu chiedi pregando, cerchi bussando, bussi dando l'elemosina. Non smettere di usare le mani.

Diamo un pane che sfama per breve tempo; riceviamo un pane che elimina la fame.

3. Quanto all'elemosina, l'Apostolo ha dato questi insegnamenti ai fedeli: A questo riguardo vi do un consiglio. E` una cosa vantaggiosa per voi, che già dall'anno scorso siete stati i primi a intraprenderla e anche a desiderarla 3. E Daniele così disse al re Nabucodonosor: Accogli, o re, il mio consiglio e riscatta i tuoi peccati con l'elemosina 4. Se accogliamo il consiglio da cui ci viene il comando, o l'ammonimento, di dare parte di quello che possediamo a chi ha bisogno, non andiamo superbi del nostro atto. Se è un consiglio quello che accogliamo, esso giova a noi più che ai poveri che aiutiamo. Chi è disposto ad accogliere il consiglio, intende trarne giovamento, e chi dà il consiglio intende essere di aiuto, e mentre viene in aiuto, giova a colui che riceve il consiglio. Ogni povero riceve l'elemosina in atteggiamento supplice e umile, e ringrazia - la superbia, se non si addice a chi dona, tanto meno si addice a chi riceve -; ma chi dona deve saper bene e ricordare non solo che cosa dà, ma anche che cosa a sua volta riceve. Nel caso che il povero avvertisse della superbia in chi l'aiuta, se potesse prendersi la libertà di parlargli, gli domanderebbe per quali motivi si vanti superbamente: non può vantarsi di quello che gli ha dato perché è solo pane, pane che egli avrebbe riposto in casa senza curarsene, lasciandolo ammuffire e poi imputridire, buttato nella terra: fatto di terra, esso torna alla terra. Quanto alle loro mani - quella del povero stesa a ricevere, l'altra protesa a dare -, il povero gli potrebbe far osservare che sono state fatte tutte e due allo stesso modo: terra la mano che dà, terra quella che riceve, così come è terra quello che viene donato. Il pane che riceve, egli lo mangia per calmare il tormento della fame, e si dice grato del beneficio ricevuto. Ma vuole invitare il ricco superbo a considerare l'insegnamento dato dallo stesso Signore Salvatore nostro: Quello che entra in bocca va a finire allo stomaco e quindi va a finire in una fogna 5. E anche l'apostolo Paolo dice: Il cibo è fatto per lo stomaco e lo stomaco per il cibo, ma Dio distruggerà l'uno e l'altro 6. Il pane dunque, come ho detto, è terra che dalla terra va alla terra per sostenere e man mano ricostruire quella terra che è il nostro corpo. Chi dà considera quello che dà, non quello che a sua volta riceverà, ma il povero dovrebbe richiamarlo a considerare che proprio ricevendo il suo aiuto, egli fa a lui un dono più grande della sua elemosina. Se infatti non ci fosse uno che riceve, egli non potrebbe, con un po' di terra data in elemosina, acquistarsi il cielo. E` quindi bene per noi aprire al povero che bussa e fargli dare il pane per placare la sua fame, lenirgliene il tormento. Come oseremmo non prestare ascolto a chi chiede? Potremmo farlo se a nostra volta non dovessimo chiedere rivolgendoci a Colui che ha creato sia noi che il povero. Ora diamo quello che poi chiederemo; esaudendo ora la richiesta del povero, ci prepariamo a essere esauditi a nostra volta. Dobbiamo quindi ringraziare il Signore che ci permette di acquistare una cosa tanto preziosa a così basso prezzo: diamo il pane che si consuma nel tempo e riceviamo quello che dura in eterno, diamo quello che altrimenti dovremmo presto buttar via e riceviamo quello che godremo eternamente, diamo quello che sfama gli uomini e otteniamo di diventare compagni degli angeli; diamo quello che permette all'uomo di non patire per un po' la fame che riprenderà a tormentarlo, e riceviamo quello che ci permette di non patire più fame o sete. Chi si rende conto di quello che riceve in confronto di quello che dà, non esiterà a dare. Il povero, che ci ha condotto a fare tutta questa riflessione, potrebbe infine chiederci se crediamo subisca maggiore danno colui a cui venga rifiutato il pane terreno o colui che, rifiutando, si troverà impedito a giungere a Colui che ha fatto il cielo e la terra. La conclusione è che, accogliendo il consiglio che ci viene dato, noi agiamo nel nostro interesse; propriamente non possiamo neppure dire di dare aiuto al povero perché l'aiuto lo diamo a noi stessi piuttosto che all'altro.

I beni dati ai poveri sono trasferiti in cielo, dove si deve collocare anche il nostro cuore.

4. Dunque, fratelli miei, pensiamo secondo la verità e attingiamo la sapienza di vita dalla parola del Signore - se ci scostiamo da essa, noi periamo -; noi dobbiamo vivere non a modo nostro, ma seguendo il suo consiglio. Solo così viviamo veramente. Se possediamo dei beni da poter dare ai poveri e non li diamo, li abbandoneremo qui morendo o li perderemo già durante la vita. Quanti perdettero all'improvviso i beni che tenevano nascosti con ogni cura! Basta un assalto di nemici per far perdere ai ricchi i loro tesori; non possono chiedere agli invasori di rispettarli perché li hanno messi da parte per i loro figli. Consideriamo questi casi. Non vogliamo soffermarci sulle persone che ignorano Dio, le quali, perdendo in questa vita i beni cui davano tanta importanza, e non avendo alcuna speranza in un'altra vita, sono tenebre fuori e dentro, essendo spoglia dei loro tesori l'arca e ancor più spogli loro nell'animo. Soffermiamoci invece sulle persone che hanno un po' di fede cristiana: dico un po' di fede perché se avessero una fede robusta e piena non avrebbero trascurato di seguire il consiglio del Signore. Quando costoro dovessero assistere al saccheggio delle loro case o, senza potervi assistere, ne fossero condotti via prigionieri e vedessero al loro allontanarsi appiccato a esse il fuoco, trovandosi così spogli di tutto, si pentirebbero di non aver seguito il consiglio del Signore. Ascoltiamo quale consiglio diede il nostro Signore Gesù Cristo al giovane ricco che gli chiedeva come potesse conseguire la vita eterna. Non gli disse di buttar via quello che possedeva nel senso di buttar via i beni temporali per conseguire quelli eterni. Non glielo disse perché vedeva che amava i suoi beni; gli disse invece di trasferirli dove non avrebbe dovuto perderli. Egli amava i suoi tesori, le sue ricchezze, i suoi possedimenti, tutti i beni che possedeva sulla terra. Li possedeva e li amava sulla terra, e qui anche li avrebbe perduti, perdendo insieme se stesso. Per questo Gesù gli dà il consiglio di trasferirli nel cielo. Possedendo i beni quaggiù li avrebbe perduti, aggiungendo anche alla perdita dei beni la propria perdizione; possedendo invece beni nel cielo, non li avrebbe perduti e lui stesso avrebbe potuto seguirli lassù. Ecco dunque il consiglio di Gesù: Da' ai poveri e avrai un tesoro nel cielo. Non vuole che quel giovane resti privo di beni: in cielo avrebbe goduto con tranquillità dei suoi beni, mentre il possederli sulla terra gli dava angustia. Quindi l'esortazione a fare tale trasferimento non implica la perdita, ma la conservazione dei beni, dei veri beni. Avrai un tesoro in cielo, dice, e aggiunge: Vieni e seguimi 7. Egli stesso lo condurrà dove è il suo tesoro. Non è dunque una perdita, ma un guadagno il seguire il consiglio. Siano vigilanti gli uomini, sapendo già per esperienza che cosa debbano temere, e facciano in modo di non avere più a temere, trasferendo i loro tesori in cielo. In modo analogo, a proposito del frumento, potrebbe sembrare assurdo seppellire i grani di frumento in terra, dove c'è umidità e il seme imputridisce sì che sembra vada perduto il frutto della fatica. Ma chi è inesperto, opera seguendo il consiglio dell'amico il quale sa che cosa avviene del frumento nella terra. Voi ascoltate il consiglio dell'amico circa il frumento, non quello del Signore circa il vostro cuore; rifiutando di trasferire il vostro cuore su dalla terra, lo fate perdere sepolto nella terra, dove abbiamo invece paura di seppellire i grani di frumento. Il consiglio che il Signore ci dà circa il nostro tesoro riguarda anche il nostro cuore, perché dice: Dov'è il tuo tesoro, là c'è anche il tuo cuore 8. E` un invito a sollevare al cielo il nostro cuore perché non imputridisca nella terra; è un consiglio di chi ci vuole salvi, non dannati. Se stanno così le cose, hanno ben da pentirsi coloro che non lo seguirono e ora considerano che avrebbero potuto possedere in cielo i beni che hanno perduto sulla terra. Non potrebbero invadere il cielo i nemici che hanno invaso le loro case; è stato ucciso il servo che ne aveva la custodia, ma non potrebbe essere ucciso il Signore nostro Salvatore là dove non può arrivare alcun rapinatore, dove non rode la tignola. Molti arrivano in tal modo a riconoscere che avrebbero dovuto riporre i loro tesori là dove dopo non molto avrebbero potuto raggiungerli loro stessi. Si rammaricano di non aver ascoltato il Signore, di aver disprezzato l'ammonimento del Padre, di aver dovuto subire l'assalto dei nemici. Questa l'esperienza che ha condotto molti a pentirsi. Può essere di ammonimento un fatto che si dice realmente avvenuto. Un tale, non ricco ma largo dei suoi modesti averi per abbondanza di carità, vendette a cento denari un suo possedimento e fece erogare parte della somma ai poveri. Così fu fatto, ma intervenne a quel punto l'antico nemico, il diavolo, con l'intento di farlo pentire della sua buona opera e fargli rovinare con la mormorazione quello che aveva fatto in obbedienza al consiglio: il diavolo mandò un ladro a rubare tutto quello che era rimasto dopo la sottrazione della parte data ai poveri. Si aspettava che uscisse da lui una bestemmia e invece uscì una esclamazione di lode; si aspettava che egli vacillasse nel bene e invece vi si rafforzò. Il nemico voleva che si pentisse, di fatto si pentì, ma si pentì di non aver donato tutto. Aveva infatti perduto - così diceva - quello che non aveva dato ai poveri, perché non lo aveva collocato là dove nessun rapitore ha accesso. Non dobbiamo dunque esitare a seguire un consiglio così buono, se il consiglio è quello che si è detto, di trasferire i nostri beni là dove non li perderemo più. I poveri ai quali diamo aiuto diventano i nostri corrieri che compiono per noi questo trasferimento dalla terra al cielo. Noi diamo al corriere, ed egli trasporta in cielo quello che gli viene dato. Forse qualcuno vorrebbe far osservare che il povero consuma mangiandolo quello che ha ricevuto. Ma rispondiamo che proprio perché non lo tiene per sé, ma lo consuma nutrendosene, egli compie il trasporto di cui parliamo. Non si dimentichi quello che è scritto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno. Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. E poi: Ogni volta che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me 9. Se non hai rifiutato di dare al mendicante che ti stava davanti, fa' attenzione a chi è pervenuto quello che hai dato: Ogni volta che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Cristo riceve l'aiuto che avete dato, lo riceve lui che ci ha fatto dono di fare dono a lui, lo riceve lui che nella nostra fine ci farà dono di se stesso.

Nel giudizio finale valgono le opere buone, fatte o rifiutate a Cristo nel povero.

5. Confesso che il passo della Scrittura di Dio che ho citato mi ha sempre fortemente colpito. Altre volte ve l'ho richiamato alla memoria per sollecitare la vostra Carità, ed è mio dovere sollecitarla spesso. Vi prego di riflettere a quello che il nostro Signore Gesù Cristo dirà alla fine dei tempi, quando verrà per riunire alla sua presenza tutti i popoli e riunirà gli uomini in due gruppi, ponendo gli uni alla sua destra, gli altri alla sua sinistra. A quelli alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. A quelli alla sua sinistra invece: Andate nel fuoco eterno che è preparato al diavolo e ai suoi angeli 10. Ci si chiede perché un premio così grande, perché un castigo così tremendo: Ricevete il regno e Andate nel fuoco eterno. I primi ricevono il regno perché: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Gli altri andranno nel fuoco eterno perché: Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. Cerchiamo di capire. Coloro che riceveranno il regno hanno dato aiuto al povero come buoni fedeli cristiani, seguendo le parole del Signore, e sperando con fiducia nelle sue promesse; essi si comportarono così non ritenendo si addicesse alla loro vita santa restare nella sterilità, limitandosi solo ad astenersi dai vizi, non violando la castità, non abbandonandosi a ubriachezza, non commettendo frode, non facendo cattive azioni. Se non avessero aggiunto gli atti di carità, sarebbero rimasti sterili, osservando soltanto la prima parte del precetto: Sta lontano dal male, e non l'altra parte: e fa' il bene 11. Anche a quelli a cui dice: Venite, ricevete il regno, non dà come motivazione il fatto che siano vissuti nella castità, lontani da frodi, che non abbiano oppresso il povero né rapinato i beni altrui, non abbiano fatto falso giuramento, bensì dice: perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Questo fatto è dunque riconosciuto molto più importante, se il Signore tace il resto e indica solo questo merito. In modo analogo quando agli altri dice: Andate nel fuoco eterno preparato al diavolo e ai suoi angeli, non presenta tante altre cause della loro condanna che avrebbe potuto addurre perché erano adùlteri, omicidi, ingannatori, sacrileghi, bestemmiatori, infedeli; invece dice solo: Ebbi fame e non mi avete dato da mangiare. Vedo che questo colpisce anche voi e vi fa stupire; è in realtà cosa sorprendente. Cercherò di coglierne per quanto posso il significato e ve lo comunicherò. Sta scritto: Come l'acqua spegne il fuoco che divampa, così l'aiuto dato ai poveri cancella i peccati 12. E ancora: Riponi l'elemosina nel cuore del povero ed essa stessa pregherà per te il Signore 13. Abbiamo già citato sopra quest'altro passo: Ascolta, o re, il mio consiglio e riscatta i tuoi peccati con le elemosine 14. Questi sono alcuni dei molti passi della parola di Dio che dimostrano l'importanza dell'elemosina per estinguere e cancellare i peccati. Sia di quelli che intende condannare sia di quelli che glorificherà, il Signore, come abbiamo udito, valuterà solo le opere buone, perché sarebbe difficile che, pesandoli ed esaminando attentamente le loro azioni, non trovi motivo per condannarli; invece dice: Entrate nel regno poiché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Quindi saranno salvati non perché non abbiano peccato, ma perché hanno riscattato i loro peccati con le opere buone. Gli altri invece che si sentiranno dire: Andate nel fuoco eterno che è preparato al diavolo e ai suoi angeli, posti sotto accusa come colpevoli, saranno pieni di tremore, seppure troppo tardi e, davanti ai propri peccati, non oserebbero dire ingiusta la propria condanna, ingiusta la sentenza pronunciata dal giudice sommamente giusto. La riconoscerebbero senz'altro giusta perché riflettendo avrebbero consapevolezza delle proprie colpe e delle ferite da queste inferte alla loro coscienza. Ad essi si riferisce quello che è scritto nella Sapienza: Le loro iniquità, drizzandosi davanti ad essi li accuseranno 15. Ma per far loro capire che il motivo della loro condanna non sta nelle altre colpe, come essi pensano, precisa: Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. Se infatti, allontanandosi da tutte le loro colpe e convertendosi a lui, avessero riscattato con le elemosine i loro peccati, le elemosine stesse ora li renderebbero liberi assolvendoli dall'accusa di pur gravi delitti. E` scritto infatti: Beati quelli che hanno compassione degli altri, perché Dio avrà compassione di loro 16. Invece risuona per loro la condanna: Andate nel fuoco eterno, perché: Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia 17.

Si devono riscattare i peccati con l'elemosina.

6. Desidero raccomandarvi, fratelli cari, di dare ai poveri il pane terreno e di bussare alla porta di quello celeste. Il Signore è il nostro pane: Io sono il pane della vita 18. Egli non potrà darvi il suo pane se voi non date aiuto a chi è nel bisogno. Avete davanti qualcuno che è nel bisogno, mentre a vostra volta siete nel bisogno davanti a un altro; sono diversi questi due rapporti di bisogno, il primo verso di voi, è bisogno nei confronti di uno che a sua volta è nel bisogno nei confronti di un altro che non ha bisogno di nulla. Fa' da parte tua quello che vorresti sia fatto nei tuoi confronti. Non deve capitare come tra gli amici che sogliono rinfacciarsi reciprocamente i favori fatti - a botta e risposta: Ti ho dato questo. E io quest'altro -. Dio non vuole che noi ricambiamo i suoi doni. Egli non ha bisogno di nessuno; per questo è il vero Signore: Ho detto al Signore: sei tu il mio Dio e non hai bisogno dei miei beni 19. E appunto perché, essendo il vero Signore, non ha bisogno dei nostri beni, ma vuole che noi facciamo qualcosa verso di lui, si è degnato di aver fame nei suoi poveri: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Signore, quando ti abbiamo visto affamato? Quando avete fatto ciò a uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me 20. E parimenti agli altri: Quello che non avete fatto a uno di questi piccoli, non l'avete fatto a me. Per concludere, ascoltino bene gli uomini e valutino nel modo dovuto quale merito sia dar da mangiare a Cristo, quale colpa trascurare Cristo affamato. Anche la penitenza dei peccati che sappiamo rinnova l'uomo facendolo migliore, non giova a nulla se non sarà resa feconda dalle opere di misericordia. La Verità stessa lo testimonia per bocca di Giovanni, che a coloro che gli si avvicinavano diceva: Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere che potete sfuggire il castigo ormai vicino? Fate dunque i frutti che provino la vostra conversione e non mettetevi a dire: Noi siamo discendenti di Abramo. Perché vi assicuro che Dio è capace di far sorgere veri figli di Abramo da queste pietre. La scure è già alla radice degli alberi, pronta a tagliare; ogni albero che non fa frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco. A fare questi frutti richiama la frase precedente: Fate frutti che provino la vostra conversione. Se mancano questi frutti, la penitenza infruttuosa non serve a fare ottenere il perdono dei peccati. E quali frutti si debbano dare lo stesso Giovanni indica nel seguito rispondendo alle interrogazioni: Lo interrogavano le folle chiedendogli che cosa mai dovessero fare, cioè quali frutti egli, con le sue minacce, volesse spingerli a produrre. Ed egli rispondeva: Chi possiede due abiti ne dia uno a chi non ne ha, e lo stesso faccia chi ha dei viveri 21. E` una risposta chiara, sicura, esplicita. L'altra frase citata: Ogni albero che non fa frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco, ha lo stesso significato delle parole che si sentiranno rivolgere quelli collocati alla sinistra: Andate nel fuoco eterno, poiché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare 22. Non basta dunque smettere di peccare se si trascura di riparare le colpe del passato. Dice infatti la Scrittura: Figlio, hai peccato? Non farlo più. Ma perché non crediate che questo basti, aggiunge subito: e prega perché le colpe passate ti siano perdonate 23. Ma anche pregare non gioverà se non vi rendete degni di essere esauditi dando i debiti frutti del pentimento, in modo da non essere tagliati come albero sterile e gettati nel fuoco. Se volete essere esauditi quando pregate per i vostri peccati: Perdonate e sarete perdonati, date e vi sarà dato 24.

 

1 - Gv 6, 52.

2 - Mt 7, 7.

3 - 2 Cor 8, 10.

4 - Dn 4, 24.

5 - Mt 15, 17.

6 - 1 Cor 6, 13.

7 - Cf. Mt 19, 16-21.

8 - Mt 6, 21.

9 - Mt 25, 34. 35. 40.

10 - Mt 25, 35. 41. 42.

11 - Sal 36, 27.

12 - Sir 3, 33.

13 - Sir 29, 15.

14 - Dn 4, 24.

15 - Sap 4, 20.

16 - Mt 5, 7.

17 - Gc 2, 13.

18 - Gv 5, 35.

19 - Sal 15, 2.

20 - Mt 25, 37.

21 - Lc 3, 7-10.

22 - Mt 25, 42.

23 - Sir 21, 1.

24 - Lc 10, 37-38.


7 - Si racconta come gli apostoli e i discepoli si riunirono per risolvere alcuni dubbi

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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96. Non appartiene all'intento di questa Storia seguire l'ordine degli Atti né riferire tutto quello che gli apostoli compirono dopo la venuta dello Spirito Santo poiché, seb­bene sia certo che la grande Maestra della Chiesa ebbe no­tizia e conoscenza di ogni cosa, essi operarono sovente in sua assenza, e non è nemmeno possibile illustrare il suo concorso in ogni loro azione, dal momento che sarebbe in­dispensabile comporre parecchi volumi di considerevole mole. Per tessere il mio discorso, basta prendere quanto è necessario dal testo di Luca, e così si capirà molto di ciò che egli omise perché non era utile al suo scopo o non era opportuno che fosse scritto allora.

97. Dunque, mentre continuava la predicazione e la rea­lizzazione di prodigi in Gerusalemme, aumentava il nume­ro dei credenti, i quali presto arrivarono ad essere cinque­mila. Tutti venivano via via catechizzati e in questo erano impegnati specialmente i discepoli, giacché i Dodici an­nunciavano il Vangelo ed avevano alcune controversie con i farisei e con i sadducei. Nel settimo giorno dopo la Pen ­tecoste la Regina degli angeli, trovandosi ritirata nel suo oratorio e considerando come andasse crescendo il piccolo gregge, intensificò le preghiere e supplicò sua Maestà di da­re luce ai suoi ministri affinché disponessero il governo oc­corrente per la sua più sicura direzione. Prostrata a terra lo adorò e gli disse: «Altissimo, io, vile verme, vi lodo e vi esalto per il vostro immenso amore verso il genere umano e per la larghezza della misericordia di Padre che dimo­strate con il chiamare tanti uomini, dilatando l'onore del vostro nome nel mondo. Vi imploro di illuminare i vostri servi, perché siano capaci di fare le scelte adeguate».

98. Subito, egli le rispose apparendole in visione assai propizio: «Maria, sposa mia, che cosa mi domandate? La vostra voce e le vostre ansietà, infatti, sono risuonate dol­ci ai miei orecchi. Esponetemi le vostre richieste, poiché vi esaudirò». Ella proclamò: «Dio mio, padrone di tutto il mio essere, i miei desideri e i miei gemiti non sono na­scosti alla vostra infinita sapienza. Cerco e sollecito il vo­stro maggior compiacimento e la vostra maggior gloria ed esaltazione. Vi presento i figli con i quali così rapidamen­te avete moltiplicato la comunità ecclesiale e la mia brama che ricevano il battesimo, essendo già pronti. Se è vostro beneplacito, inoltre, i sacerdoti comincino a consacrare il corpo e il sangue del vostro e mio Unigenito, affinché con questo mirabile sacrificio vi rendiamo grazie per il benefi­cio della redenzione e per tutti gli altri che ci avete elargi­to per mezzo di essa, come anche affinché questo alimen­to di salvezza eterna nutra quelli tra noi che ne riterrete degni. Io sono polvere e cenere, misera ancella e per di più donna, e conseguentemente non oso proporlo; ispirate voi al vostro vicario di determinare quanto volete».

99. Per la sua prudentissima attenzione e per la sua in­tercessione si celebrò la prima Messa dopo l'ascensione e la discesa del Paràclito, ed era conveniente che il pane del­la vita iniziasse ad essere distribuito per la sua diligenza, poiché ella era la nave ricca e prospera che lo aveva trat­to dal cielo. Pertanto, il supremo sovrano dichiarò: «Co­lomba mia, si adempiano i vostri aneliti: gli apostoli vi par­leranno e tramite loro ordinerete tutto». Immediatamente essi entrarono al cospetto della Vergine, che li accolse in ginocchio con la consueta riverenza e li supplicò di darle la benedizione. Il capo del sacro collegio gliela impartì e quindi le sottopose la proposta di battezzare i catecume­ni, ormai ben istruiti nei misteri del Signore, contrasse­gnandoli come cristiani ed aggregandoli al grembo della Chiesa, e la esortò a stabilire ciò che fosse più saggio e gradito al Creatore. La Madre replicò: «Voi state al posto del Maestro: la sua volontà approverà ogni vostro coman­do e la mia è la sua insieme alla vostra».

100. Allora, egli fissò che l'indomani, domenica della Santissima Trinità, si amministrasse tale sacramento a co­loro che si erano convertiti nella settimana, e tutti furono d'accordo. Sorse poi un ulteriore dubbio sul battesimo, se cioè bisognasse conferire quello di Giovanni o quello di Gesù: alcuni erano orientati verso il primo, che era di pe­nitenza, ritenendo che fosse necessario accedere per que­sta porta alla fede e alla giustificazione delle anime; altri, invece, sostenevano che esso, servito a preparare i cuori per l'avvento di sua Maestà, era venuto meno con la pas­sione e con il nuovo, che lavava i peccati a chi era ben di­sposto e andava dunque subito introdotto.

101. Pietro e Giovanni giudicarono buono quest'ultimo parere e la Regina lo confermò. Riguardo alla materia e alla formula del battesimo, non vi furono divergenze, per­ché tutti convennero che, tenendo conto di quello che ave­va fatto e insegnato il Salvatore, la materia dovesse esse­re semplice acqua pura e la formula la seguente: «Io ti bat­tezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito San­to». Così è sempre stato sino ad oggi e, quando negli Atti si invita ad un battesimo nel nome di Gesù Cristo, si in­tende esclusivamente indicarne l'autore, poiché erano espressamente menzionate le tre Persone divine come fon­damento e principio delle verità cattoliche. Deciso questo, fu decretato che i settantadue discepoli si incaricassero dei catecumeni e il giorno successivo li riunissero tutti nella casa del cenacolo.

102. Maria beatissima, avendone ottenuta licenza, dis­se: «Miei signori, a motivo del suo amore per gli uomini il mio diletto donò il suo sacratissimo corpo e sangue con­segnando se stesso sotto le specie eucaristiche, nelle quali scelse di rimanere tra i suoi perché avessero il nutrimen­to di vita eterna e un pegno sicurissimo di quella che spe­rano in paradiso. L'Altissimo va placato per mezzo di que­sto sacrificio incruento, che contiene i misteri del mio Uni­genito, ed in esso e per esso sarà ringraziato e lodato co­me gli spetta. Voi siete i sacerdoti, i soli che possono of­frirlo: è mio desiderio, con il vostro consenso, che comin­ciate a consacrare il pane e il vino, affinché ci mostriamo riconoscenti del nostro riscatto e dell'invio dello Spirito, come pure affinché i devoti godano di un simile cibo e dei suoi effetti. Di coloro che saranno battezzati, è opportuno che siano ammessi alla comunione quanti sembreranno più capaci e pronti».

103. Tutti si conformarono al suo volere, manifestan­dole gratitudine per il beneficio dei suoi consigli, e deli­berarono che dopo i battesimi Pietro, come sommo pon­tefice, celebrasse la Messa. Egli acconsentì e quindi sollevò un'altra questione, sollecitando una risoluzione circa le mo­dalità di distribuzione delle elemosine e delle ricchezze che erano portate da chi aderiva al Vangelo.

104. Si rivolse così ai suoi compagni: «Carissimi, già vi è noto che il nostro Redentore con l'esempio e con i pre­cetti ci educò all'autentica povertà, nella quale ci è chie­sto di essere liberi e sciolti dalla preoccupazione dei soldi e della roba, senza averne cupidigia e senza accumulare tesori quaggiù. Oltre a questo, abbiamo ancora fresca nel­la memoria la terribile fine di Giuda, che era uno di noi e si è perso infelicemente per la sua avidità, precipitando dalla dignità che gli era stata concessa nell'abisso della mal­vagità e della dannazione. È importante che ci guardiamo da un pericolo tanto spaventoso e che nessuno tra noi pos­sieda o maneggi denaro, perché imitiamo colui che è per noi capo e guida. Tutti voi bramate lo stesso, sapendo che per allontanarci da questo contagio ci è stato posto innanzi agli occhi il rischio e il castigo. Perché dunque restiamo privi dell'impedimento di cui sono causa le elargizioni che ci sono fatte, è indispensabile stabilire per il futuro una forma di amministrazione per gestirle. Determinate ora l'ordine da osservare nel ricevere e nel dare».

105. Ci fu alquanta difficoltà nel prendere una misura adeguata e furono avanzate varie proposte. Alcuni sugge­rirono di nominare un economo, che incassasse e spen­desse rispondendo ai differenti bisogni, ma ciò fu imme­diatamente scartato per il ricordo della sorte del traditore. Ad altri parve bene che si depositasse tutto nelle mani di una persona di fiducia esterna al loro collegio, che ne fos­se assolutamente padrona e soccorresse i fedeli con i frut­ti, e anche su questo furono in dubbio, come sulle idee che seguirono. La Regina dell'umiltà ascoltò in silenzio, sia per prestare riverenza agli apostoli sia perché, qualora avesse illustrato la sua opinione, essi non avrebbero esposto le proprie, ed ella, pur essendo maestra di tutti, si compor­tava come una discepola che ode ed apprende. Pietro e Giovanni, però, scorgendo la diversità degli espedienti che erano presentati, la supplicarono di rischiararli comuni­cando loro che cosa fosse più gradito a suo Figlio.

106. Obbedì subito e proclamò: «Signori e fratelli miei, sono stata alla scuola del nostro vero Maestro dall'istan­te in cui fu generato nel mio grembo sino alla sua cro­cifissione e alla sua ascensione al cielo e, nell'intero cor­so della sua esistenza terrena, non ho visto o udito che toccasse monete o accettasse niente di prezioso. Se ap­pena nato non rifiutò i doni che i re dell'oriente gli porsero adorandolo, decise così per il mistero che signifi­cavano e per non frustrare la pia intenzione di tali pri­mizie delle genti; ma senza indugio, stando sul mio pet­to, mi comandò di ripartirli tra gli indigenti e il tempio. Sovente mi rivelò che, fra gli altri scopi della sua incar­nazione, uno era quello di innalzare la povertà e di far­la imparare ai mortali, che la aborrivano. Con il suo mo­do di agire e con le sue parole, sempre mi palesò che la perfezione che veniva a indicare andava fondata sul di­sprezzo degli averi e sull'estrema povertà volontaria, e che quanto più questa fosse stata grande nella Chiesa tanto più sarebbe stata sublime la santità che non sarebbe mai mancata».

107. «Dovendo noi ricalcare le sue orme ed edificare la comunità sulla sua dottrina e sul suo modello, occorre che tutti l'abbracciamo e la veneriamo come legittima madre delle virtù. Allora, mi sembra che sia giusto distaccare il cuore dall'amore delle ricchezze ed evitare che ci siano consegnati regali di considerevole valore. Affinché l'avari­zia non giunga a infettare alcuno si possono eleggere sei o sette uomini retti e di buona reputazione, che custodi­scano le offerte e i beni di cui i convertiti vorranno spos­sessarsi per essere più sicuri e mettersi senza nulla che li ostacoli sulla strada tracciata dal mio Unigenito. Tutto questo sia chiamato elemosina e non rendita né proven­to, e sia utilizzato per le necessità comuni e per quelle dei miseri e degli infermi; e non ci sia chi dica sua proprietà quanto gli apparteneva. Nel caso che non sia sufficiente, si recheranno a questuare in nome di Dio coloro che sa­ranno stati destinati a ciò, e persuadiamoci che dobbiamo dipendere dalla provvidenza di sua Maestà e non dall'avi­dità o dall'acquistare e dall'ammassare con il pretesto del sostentamento, che va procurato con la confidenza ed even­tualmente con il moderato mendicare».

108. Tutti accolsero senza replicare il suo consiglio, ri­conoscendo che ella era l'unica ed eccellente discepola di Gesù e la maestra dei cristiani. La prudentissima Vergine, per beneplacito superno, non affidò ai Dodici l'insegna­mento della povertà e il consolidamento di questo saldo basamento, giacché un'opera tanto ardua esigeva il mini­stero e l'esempio del Redentore e della sua stessa genitri­ce, che furono i suoi inventori e artefici, come pure i pri­mi a stimarla e professarla, e che poi furono seguiti da co­storo e dagli altri. Un simile stile perseverò per numerosi anni, ma successivamente, per la fragilità umana e per la malizia del nemico, essa non si conservò più in tutti e fi­nalmente si restrinse al solo stato ecclesiastico. Il tempo rese difficile o impossibile viverla anche all'interno di que­sto e l'Onnipotente fece sorgere vari ordini religiosi, dove, con qualche differenza tra l'uno e l'altro, risuscitò e si rin­novò in tutto o quasi. Per tale via sussisterà sino alla fine, e godrà dei suoi privilegi colui che la sceglierà e onorerà in misura maggiore o minore. Nessuna condizione di vita approvata è esclusa dalla perfezione proporzionata, per cui nessuno ha scusanti per non cercare la più alta alla quale possa arrivare; come nella casa del Padre vi sono molti po­sti` così vi sono molti gradi, affinché ciascuno abbia quel­lo che gli spetta. Convinciamoci che il primo passo nell'i­mitazione del Salvatore è la povertà volontaria, e chi sarà più libero camminerà più speditamente per avvicinarsi a lui e partecipare con abbondanza delle altre virtù.

109. La riunione terminò e furono designate sei per­sone avvedute per interessarsi delle donazioni. La nostra Regina domandò la benedizione agli apostoli, che andarono a continuare la loro missione, mentre i settantadue an­darono a dedicarsi a quanti sarebbero stati battezzati l'in­domani. Quindi, con l'aiuto dei suoi angeli e delle Marie, ordinò e adornò la sala in cui il Signore aveva celebrato le cene, spazzandola e pulendola di sua propria mano per­ché vi potesse nuovamente aver luogo la consacrazione, e ottenne dal padrone, che aveva sommo ossequio per lei, che fosse addobbata come il giovedì santo. Preparò il pa­ne azzimo e il vino, nonché il piatto e il calice che erano stati usati in tale occasione, portò acqua pura e sistemò vasche nelle quali i catecumeni avessero modo di immer­gersi con decoro e facilità. Quando tutto fu pronto, si ri­tirò e passò la notte in ardentissimi slanci, in genuflessio­ni, in ringraziamenti e in altri esercizi, stando in profon­do raccoglimento e offrendo all'Eterno tutto quello che nel­la sua sublime sapienza comprese essergli gradito, per di­sporsi convenientemente alla comunione che aspettava e perché anche gli altri lo compiacessero nel farlo.

110. Al mattino del giorno dopo, che era l'ottava della Pentecoste, si radunarono tutti presso il cenacolo e Pietro predicando spiegò ai convertiti la natura e il valore del bat­tesimo, la necessità che ne avevano e gli effetti che avreb­bero conseguito venendo contrassegnati come membra del corpo mistico della Chiesa, con il carattere di figli di Dio e di eredi della sua gloria, per mezzo della grazia giustifi­cante e della remissione dei peccati. Li esortò al rispetto della legge divina, a cui si obbligavano spontaneamente, e all'umile gratitudine per questo e per gli altri favori che erano loro elargiti. Illustrò inoltre la verità del mistero del­l'eucaristia, affinché tutti lo venerassero e quelli che erano chiamati a ciò vi si accostassero.

111. I catecumeni, che avevano ascoltato con cuore aperto e sincero e nei quali la grazia interiore era assai co­piosa, furono infervorati dalle sue parole, vive e penetran­ti. Incominciò quindi il rito battesimale, con ammirevole compostezza e devozione: entravano da una porta e usci­vano da un'altra già rigenerati in Cristo, guidati senza con­fusione dai discepoli e dagli altri fedeli. A tutto era pre­sente Maria beatissima, benché appartata in un angolo ad innalzare suppliche e cantici di lode. Ella intendeva il gra­do maggiore o minore di virtù che era infuso nelle anime e osservava che esse, rinnovate e lavate nel sangue dell'A­gnello, diventavano candide e immacolate. A testimonian­za di questo, a tutti era visibile su ciascuno una luce vivi­dissima proveniente dall'alto. Con una simile meraviglia sua Maestà volle autorizzare il principio di tale sacramen­to e consolare quei primi figli che mediante esso furono introdotti nella Chiesa, come pure noi che siamo giunti ad avere questa fortuna, che consideriamo e apprezziamo mol­to meno di quanto dovremmo.

112. Furono infine battezzate tutte quelle cinquemila persone e, mentre erano occupate nel rendimento di gra­zie per un così mirabile beneficio, gli apostoli con gli al­tri adorarono prostrati al suolo il Signore infinito e im­mutabile e confessarono la propria indegnità di riceverlo nell'augustissimo sacramento dell'altare. Con questa pietà e umiltà fecero la preparazione prossima per la comunio­ne e ripeterono le orazioni e i salmi che il Maestro aveva recitato durante l'ultima cena, imitando in tutto ciò che gli avevano visto compiere. Pietro prese nelle sue mani il pa­ne azzimo e, alzati gli occhi al cielo, con straordinaria ri­verenza pronunciò su di esso le parole consacratorie. In quell'istante la stanza si riempì di un'innumerevole molti­tudine di angeli e di un grande splendore, che si diresse specialmente verso la Regina dell'universo. Poi egli, con­sacrato anche il vino, sollevò il sacratissimo corpo e san­gue affinché tutti lo onorassero. Comunicò dunque se stesso e subito i suoi undici compagni, precedentemente con­vinto dalla Vergine, che seguì immediatamente dopo assi­stita dai ministri superni e che avvicinandosi si abbassò per tre volte con la faccia a terra.

113. Ella tornò al suo posto e non è possibile espri­mere quello che accadde in lei: fu totalmente trasformata, elevata e rapita nell'incendio dell'amore del suo Unigenito, di cui divenne partecipe con l'assunzione del suo corpo. Rimase sublimata e assorta, ma per sua volontà i custodi la coprirono perché nessuno prestasse troppa attenzione a quanto avrebbe potuto ravvisare. Si comunicarono quindi i discepoli, coloro che per primi avevano abbracciato il Vangelo e mille dei cinquemila battezzati, non essendo tut­ti sufficientemente pronti. Agli apostoli, alla Signora e ai centoventi sui quali era disceso lo Spirito furono date en­trambe le specie, mentre gli altri ebbero soltanto il pane. Tale differenza non fu fatta perché questi fossero meno de­gni di una delle due specie che dell'altra, bensì perché, es­sendo stato ammesso che in qualsiasi specie c'era una me­desima cosa per intero, non era necessario agire diversa­mente con loro, e altrimenti nell'avvenire per la gente ci sarebbe stato pericolo di mancanza di riguardo e di ulte­riori inconvenienti gravissimi. Nella comunità primitiva c'era il costume che esclusivamente i celebranti si comu­nicassero sotto le due specie, anche se per qualche tempo ci furono delle eccezioni; però, quando la lieta novella si fu diffusa in tutto il mondo, fu opportunamente stabilito per ispirazione divina che i laici ricevessero solo il sacro corpo. Tanta è la circospezione della santa Chiesa cattoli­ca romana! .

114. Il vicario di Cristo concluse la Messa con alcune preghiere di ringraziamento e implorazione, poiché non ne era ancora stato fissato con esattezza il rito, definito suc­cessivamente in modo estremamente felice e saggio. Dopo un momento di raccoglimento, essendo ormai passato mezzogiorno, i Dodici uscirono per dedicarsi ad altro e per nu­trirsi. Maria manifestò a nome di tutti gratitudine al som­mo sovrano, che se ne compiacque ed accettò le richieste che ella gli rivolse per i devoti presenti e futuri.

 

Insegnamento della Regina del cielo

115. Carissima, sebbene finché sei viatrice tu non sia in grado di ponderare il mio enorme affetto per l'umanità, ol­tre a quanto hai appreso voglio palesarti per tua maggio­re istruzione che l'Onnipotente, allorché nell'empireo mi conferì il titolo di Madre e maestra dei credenti, mi infu­se una partecipazione ineffabile della sua infinita benignità e misericordia nei confronti dei figli di Adamo. Essendo io una semplice creatura e il beneficio immenso, per la for­za che esso esercitava in me avrei sovente perso la vita se non mi fosse stata conservata miracolosamente. Speri­mentavo frequentemente questi effetti nella riconoscenza per l'ingresso delle anime nel gregge del Redentore e poi nella gloria, perché ero l'unica a intendere pienamente una simile fortuna e ad attribuirle il giusto peso, con profon­do fervore e con umiltà. Perciò, sarei venuta meno so­prattutto quando domandavo la conversione dei peccatori e quando qualcuno dei fedeli andava verso la rovina. Fra il giubilo e la pena pativo assai più dei martiri in tutti i loro tormenti, giacché operavo per ciascuno in maniera ec­cellente e soprannaturale. Tanto mi devono gli uomini, es­sendomi spesso offerta di morire per loro! Nello stato in cui sono ora non mi è più possibile, ma la carità con la quale sollecito la loro salvezza non è minore, ed anzi è più alta e più perfetta.

116. Se provavo questo per il prossimo, ti sarà eviden­te l'intensità del mio ardore per Gesù nell'accoglierlo in me sotto forma di sacramento. Al proposito ti rivelerò un se­greto in ordine a ciò che mi successe la prima volta che mi fu donata l'eucaristia dalle mani di Pietro: in quell'oc­casione sua Maestà concesse così grande spazio alla vio­lenza dei miei sentimenti che il mio cuore realmente si aprì perché secondo il mio desiderio egli entrasse come re nel suo legittimo trono e tabernacolo. Ti sarà quindi chia­ro che, qualora nel gaudio perenne si potesse avvertire sof­ferenza, niente me ne procurerebbe di più della spavento­sa villanìa e audacia di coloro che si accostano ad essa gli uni immondi e impuri, gli altri senza riverenza e rispetto e quasi tutti senza discernere il valore di quel boccone che è lo stesso Dio, o per l'eterna vita o per l'eterna morte.

117. Guardati dunque da questa temerarietà, commise­rala in innumerevoli cristiani supplicandone il rimedio e tramite gli insegnamenti che ti sto dando renditi degna di penetrare tale mistero di amore. Per riceverlo, scaccia dal­la tua mente ogni immagine di cosa terrena e non presta­re attenzione ad altro che al medesimo Signore incom­mensurabile ed incomprensibile. Spingiti al di là delle tue capacità nella carità, nell'umiltà e nella gratitudine, poiché tutto sarà meno del dovuto. Per disporti meglio, ti serva da esempio e da specchio il mio comportamento, e parti­colarmente in questo imitami interiormente come fai este­riormente con le tre umiliazioni corporali. Mi è anche gra­dita la quarta che hai aggiunto per venerare nelle sacre specie la parte della mia sostanza che vi si trova, avendo il mio Unigenito preso carne e sangue dalle mie viscere ed essendo egli cresciuto con il mio latte. Se ti affliggeresti molto vedendo calpestare con disprezzo e per ignominia il pane e il vino consacrati, bisogna che ti rattristi e gema pure sapendo che oggi parecchi membri della Chiesa li trat­tano senza alcun timore e decoro. Piangi questa sciagura, piangi perché sono in pochi a piangerla e piangi perché restano frustrati i fini così bramati dalla sconfinata tene­rezza del tuo Maestro. E affinché tu pianga più amara­mente, ti comunico che, come nella comunità primitiva erano tanti quelli che giungevano alla beatitudine, adesso lo sono quelli che si dannano; non ti manifesto, però, quan­to accade ogni giorno, dal momento che ne moriresti di dolore. Ciò avviene poiché si seguono le tenebre, si ha ca­ra la vanità, si cercano le ricchezze e generalmente si ap­petisce il diletto sensibile e ingannevole, che acceca e oscu­ra l'intelletto in modo tale che questo poi non conosce la luce, né distingue il bene e il male, né capisce la verità e la dottrina evangelica.


21 gennaio 1946

Maria Valtorta

   Dice Gesù:
   «Trentatré giorni or sono Io ti dissi: "Non darò più nulla finché non vedrò tutto messo in ordine, come prudenza vuole". E te l'ho detto in maniera tale che tu hai preferito che non a te solo, ma con dettato chiaro lo ripetessi anche a chi ti guida. E otto giorni dopo1, avendone il modo, ti ho accontentata. Ora tutto è a posto, copiato, corretto come va fatto. Torno a ripetere che in materia così grave e con uno strumento tanto sfinito è doveroso non lasciare accumularsi il lavoro, ma va copiato man mano, e man mano corretto perché non ne restino parti incompiute in caso di morte o altro.
   Non abusate mai di una fiducia che non è più prudenza. Fate come se ogni ora fosse l'ultima e siate sempre in pari con tutto. E questo sia tenuto presente anche nel provvedere per rimanere presso lo strumento finché tutto sia compiuto. Le penose esperienze dell'autunno 1944 hanno marcato a fuoco il portavoce che dice: "Io non posso fidarmi di altri e se avessi a rimanere sola non consegnerei più una parola". Ma queste penose esperienze non sono state solamente sue! Anche tu, Romualdo, le hai avute. Anche tu hai visto come si è agito, e anche se ne hai sofferto tanto meno — perché la sofferenza di Maria è stata profondissima, tanto da inciderle un segno indelebile anche nel fisico — devi comprendere che non occorre ripetere il fatto. In questo caso Io approverò il desiderio di Maria e, non privando lei della gioia di vedere, priverò voi tutti di quella di avere perché non farò scrivere più una parola.
   Io non posso permettere che di questo lavoro se ne faccia una burla o poco meno. E neppure che resti manoscritto e non dattilografato e corretto. Abbiamo a che fare con un mondo ottuso e cattivo, anche se è mondo ecclesiastico, con un mondo che non si occupa di rivedere per approvare sentendo Me nell'opera, ma che con tutte le sue attenzioni vivisezionerebbe l'opera per trovare una parola che, o per la scrittura difficile del portavoce, o per errore di copia, possa apparire errore teologico o anche semplicemente storico. Questa è verità. Ed Io provvedo acciò il malanimo resti deluso.
   In questi trentatré giorni ho dato soltanto due visioni evangeliche. E le ho date perché ho voluto parlare, attraverso ad esse, a te, Romualdo, come tante volte faccio. Sono lezioni queste mie scene evangeliche. Lezioni anche per la vita giornaliera particolare, e in casi particolari. Se così non fossero non avrei, iniziando le visioni, dato scene saltuarie come ho dato, ma avrei iniziato dalla prima parola dei 4 Vangeli e continuato con ordine. Invece ho dato gli episodi necessari a quei dati momenti, per sorreggere il portavoce nella grande croce che doveva portare dopo poco (gennaio-marzo 1944), in quella che portava (maggio-ottobre 44) e per evangelizzare Giuseppe B., lottando con Satana, per prepararlo al dettato che lo ha separato per sempre da esso e dalle sue eresie. Dopo, finite le due necessità sopraddette, ho svolto regolarmente e ordinatamente la ricostruzione evangelica. Ma tante volte ti parlo, Romualdo, attraverso ad essa, o attraverso i dettati non evangelici che do. Sono tutti dati per esserti guida e luce. E così, per aiutarti, ti ho dato i due ultimi, straordinariamente, perché non volevo dare nulla finché tutto fosse a posto del già dato.
   Ora ricorda e rifletti che, come ho taciuto 33 giorni, potrei tacere per sempre. E lo farei se la cosa subisse inciampi che potrebbero ledere l'opera. Tu vedi che Maria, di suo, non può nulla. Non vedere, non dire. Se, per una prova, tu le dicessi: "Ripeta anche l'ultima visione", vedresti che non solo mancherebbero le parole, ma anche la descrizione del fatto sarebbe monca e povera. Levata dalla mia luce, Maria è una povera donnina qualunque. In lei non resta che il senso spirituale della lezione avuta, cosa che le aumenta volontà di agire santamente in tutte le cose secondo l'ammaestramento avuto. Ma l'intelligenza non fruisce di ciò che ha visto. Visione passata, visione non più ripetibile dalla sua mente. Se Io, per prudenza, non essendoci più modo di fissare in stampato ciò che ella scrive, ces­sassi di volere da lei le descrizioni di ciò che vede e sente, non avre­ste più una parola. La figlia sarebbe ancora e sempre fra le mie braccia. Ma tutti gli altri sarebbro senza altre lezioni. Rifletti, e fa riflettere questa cosa.
   E ora una lezione proprio tutta per te, servo a Me caro. E non è rimprovero, non lo prendere per tale. È carezza di chi ti ama e non vuole in te passi ingenuamente falsi o inutili. Non te ne avresti per male se un padre buono ti dicesse: "Dammi la mano che ti guido sul sentiero accidentato", oppure: "Vedi, figlio mio? Questo fiore, questa bacca non è buona. Pare, ma non è. Non li gustare perciò mai. Celano succhi nocivi". Ugualmente in te, fanciullo immortale, non deve essere dolore perché Io ti ammaestro in una cosa. Tu sei della mia schiera: quella dei senza malizia che sono, in fondo, degli indifesi contro il mondo astuto e Satana astutissimo nelle sue opere. È una gloria. Ma è anche un continuo pericolo. Ed Io, a questi indifesi, do particolare aiuto perché appunto sono tali, onde non siano ingannati da apparenze menzognere.
   Tu non devi misurare il soprannaturale tutto ad un modo. Il soprannaturale è tutto ciò che esula dal mondo naturale. Non è vero? Ma nel soprannaturale, nell'extranaturale sono due correnti, due fiumi: quello che viene da Dio, quello che viene dal Nemico di Dio.
   I fenomeni, presi esteriormente e superficialmente, sono quasi identici, perché Satana sa simulare, con la perfezione del male, Dio. Ma un segno dei miei è la pace profonda, l'ordine che sono nei fenomeni e che si comunica a chi è presente; altro segno è l'accrescersi delle facoltà naturali di intelligenza e di memoria, perché il soprannaturale paradisiaco è sempre Grazia, e la Grazia aumenta anche le facoltà naturali dell'uomo per essere ricordata con esattezza nelle sue manifestazioni. Nei fenomeni non miei, invece, è sempre effusione di un "che" che turba, o che sminuisce l'abituale serietà soprannaturale dando curiosità, dando quel senso di ilare e vuoto interessamento che avete quando andate ad uno spettacolo in un teatro, uno spettacolo di giocolieri e simili. Nei fenomeni non miei vi è sempre disordine, vi è, dopo lo scoppiettìo dei razzi che abbacinano, fumo e nebbia che levano la purezza alla luce preesistente, per cui avete visto e udito ma poi non ricordate niente con perfetta esattezza e cadete in contraddizioni anche senza volere. Satana, con la sua mano unghiuta, arruffa, arruffa per deridere e spossare.
   Infine, un segno esattissimo si ha nel soggetto stesso. Alla mia azione in un essere corrisponde sempre l'azione dell'essere. Mi spiego. Quando Io ammaestro, tutto si metamorfosa nell'ammaestrato. Viene in lui una volonterosa fretta di fare ciò che dico, e non con fasi lente di elevazione come si vedono nelle comuni volontà di santificarsi, ma con rapidi, e però duraturi, trapassi l'anima si eleva e si muta da ciò che era a ciò che Io voglio che sia. Sono le anime prese dalla "buona volontà". Essa ne macina e distrugge tutto ciò che era passato, tutto ciò che era l'io antecedente, e le ricompone nella nuova forma a mio modello. Sono le instancabili artefici del loro immortale se stesso. Vedono che si mutano in bene. Ma non sono mai contente del grado di bene raggiunto, e lavorano per giungere a perfezione più grande. Non per orgoglio proprio, ma per amore di Me.
  Nelle anime che, all'opposto, sono di falsi contemplativi, di falsi strumenti, questa instancabile metamorfosi manca. Essi, in tal caso allievi di Satana, si pascono e si beano di ciò che hanno. E talora, all'inizio, hanno avuto realmente dono da Me. Si fanno una cuna nell'orgoglio di essere "qualcosa". E questo "qualcosa" cresce come animale sopranutrito giorno per giorno. Infatti si supernutrisce di orgoglio che Satana rovescia silenziosamente e abbondantemente intorno a loro. Questo "qualcosa" diviene grosso, grosso, mostruoso. Sì. Mostruoso. È un mostro perché perde l'aspetto primitivo, il mio, e prende l'aspetto satanico. Si mettono un'aureola di false luci. Sfruttano la celebrità più o meno relativa per incoronarsi. E si contemplano. Dicono: "Io sono a posto. Già arrivato sono!". E si acciecano così, al punto da non saper vedere ciò che sono. E si assordiscono così, al punto da non saper sentire la differenza delle voci parlanti in loro. Così diversa la mia da quella di Satana! Ma non la sentono più. E mentre Io mi ritiro, Satana dà loro ciò che essi vogliono: delle vanità. Ed essi di esse si ornano…
   Che può fare Dio a questi volonterosi del Male che preferiscono la veste iridescente, la luminaria, i battimani, alla croce, alla nudità, alle spine, al nascondimento, all'assiduo operare in se stessi e intorno a se stessi nel Bene e per il bene di sé e degli altri? Che deve fare Dio presso questi istrioni della santità, tutti fole e menzogne? Dio si ritira. Li abbandona al padre della Menzogna e delle Tenebre. Ed essi si crogiolano nei doni che Satana dà loro in premio del loro agire. Essi si professano "santi" perché vedono che riescono a cose extranaturali. Non sanno che esse sono il parto del loro orgoglio che Satana alimenta. E non migliorano, sai? Non migliorano. Anche se, in apparenza, non regrediscono, è visibile anche ai più superficiali che non migliorano.
   Romualdo, attento allo sfaccettìo multicolore che si dissolve in nebbia! Io lascio sempre luce e cose concrete, ordinate, chiare. Attento ai falsi santi che sono più perniciosi al mio trionfo di tutti gli aperti peccatori. Il soprannaturale santo c'è. Io lo suscito. Va accettato e creduto. Ma non sia accettato a prima vista ogni vasetto su cui è scritto: "Olio di soprannaturale sapienza", oppure ogni libro chiuso su cui è scritto: "Qui è Dio". Che non escano dal primo fetori di inferno e dal secondo formule ereticali. Osservate ciò che è anche l'esterno del vaso e del libro, dove e come ama stare. Osservate, per lasciare il linguaggio figurato, se è umile all'eccesso, se è santamente operoso all'eccesso. Se vedete che la sua evoluzione al Bene è lenta o manca affatto, aprite gli occhi. Apriteli due volte se vedete in quest'anima piacere ad essere notata. Apriteli tre, dieci, settanta volte, se la trovate superba e in menzogna.
   La pace a te, Romualdo Maria. La pace a te, Maria.»
           


   1 otto giorni dopo, il 25 dicembre 1945, nell'ultimo dei "dettati" di quel giorno.