Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Sottomessi non significa essere schiavi, ma solo liberi per un santo consiglio. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 28° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 26

1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".

6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".

14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.

17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".

26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".

30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:

'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'

32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.

36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".

47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.

57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:

d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".

65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".

69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.


Secondo libro dei Re 15

1Nell'anno ventisette di Geroboamo re di Israele, divenne re Azaria figlio di Amazia, re di Giuda.2Quando divenne re aveva sedici anni; regnò in Gerusalemme cinquantadue anni. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Iecolia.3Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, secondo quanto fece Amazia sua padre.4Ma non scomparvero le alture. Il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture.5Il Signore colpì con la lebbra il re, che rimase lebbroso fino al giorno della sua morte in una casa appartata. Iotam figlio del re dirigeva la reggia e governava il popolo del paese.
6Le altre gesta di Azaria, tutte le sue azioni, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.7Azaria si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto divenne re suo figlio Iotam.
8Nell'anno trentotto di Azaria re di Giuda, in Samaria divenne re d'Israele per sei mesi Zaccaria, figlio di Geroboamo.9Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come l'avevano fatto i suoi padri; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebàt aveva fatto commettere a Israele.10Ma Sallùm figlio di Iabes congiurò contro di lui, lo assalì in Ibleam, lo uccise e regnò al suo posto.
11Le altre gesta di Zaccaria, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.12Così si avverò la parola che il Signore aveva predetta a Ieu quando disse: "I tuoi figli siederanno sul trono di Israele fino alla quarta generazione". E avvenne proprio così.
13Sallùm figlio di Iabes divenne re nell'anno trentanove di Ozia re di Giuda; regnò un mese in Samaria.14Da Tirza avanzò Menachem figlio di Gadi, entrò in Samaria e sconfisse Sallùm, figlio di Iabes, l'uccise e divenne re al suo posto.
15Le altre gesta di Sallùm e la congiura da lui organizzata, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.16In quel tempo Menachem, venendo da Tirza, espugnò Tifsach, uccise tutti i suoi abitanti e devastò tutto il suo territorio, perché non gli avevano aperto le porte e fece sventrare tutte le donne incinte.
17Nell'anno trentanove di Azaria re di Giuda, Menachem figlio di Gadi divenne re d'Israele e regnò dieci anni in Samaria.18Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebàt aveva fatto commettere a Israele. Durante il suo regno19Pul re d'Assiria invase il paese. Menachem diede a Pul mille talenti d'argento perché l'aiutasse a consolidare la regalità.20Menachem impose una tassa, per quel denaro, su Israele, sulle persone facoltose, sì da poterlo dare al re d'Assiria; da ognuno richiese cinquanta sicli. Così il re d'Assiria se ne andò e non rimase là nel paese.
21Le altre gesta di Menachem e tutte le sue azioni, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.22Menachem si addormentò con i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Pekachia.
23Nell'anno cinquanta di Azaria re di Giuda, divenne re Pekachia figlio di Menachem su Israele in Samaria; regnò due anni.24Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo, figlio di Nebàt, aveva fatto commettere a Israele.25Contro di lui congiurò Pekach figlio di Romelia, suo scudiero. L'uccise in Samaria nella torre della reggia insieme ad Argob e ad Arie e aveva con sé cinquanta uomini di Gàlaad; l'uccise e si proclamò re al suo posto.
26Le altre gesta di Pekachia e tutte le sue azioni, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.
27Nell'anno cinquanta di Azaria re di Giuda, divenne re Pekach figlio di Romelia su Israele in Samaria; regnò vent'anni.28Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebàt aveva fatto commettere a Israele.
29Al tempo di Pekach re di Israele, venne Tiglat-Pilèzer re di Assiria, che occupò Ijjon, Abel-Bet-Maaca, Ianoach, Kedes, Cazor, Gàlaad e la Galilea e tutto il territorio di néftali, deportandone la popolazione in Assiria.30Contro Pekach figlio di Romelia ordì una congiura Osea figlio di Ela, che lo assalì e lo uccise, divenendo re al suo posto, nell'anno venti di Iotam figlio di Ozia.
31Le altre gesta di Pekach e tutte le sue azioni, ecco sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.
32Nell'anno secondo di Pekach figlio di Romelia, re di Israele, divenne re Iotam figlio di Ozia, re di Giuda.33Quando divenne re, aveva venticinque anni; regnò sedici anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Ierusa figlia di Zadòk.34Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, imitando in tutto la condotta di Ozia suo padre.35Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture. Egli costruì la porta superiore del tempio.
36Le altre gesta di Iotam, le sue azioni, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.
37In quel tempo il Signore cominciò a mandare contro Giuda Rezin re di Aram e Pekach figlio di Romelia.38Iotam si addormentò con i suoi padri, fu sepolto con essi nella città di Davide suo antenato e al suo posto divenne re suo figlio Acaz.


Proverbi 13

1Il figlio saggio ama la disciplina,
lo spavaldo non ascolta il rimprovero.
2Del frutto della sua bocca l'uomo mangia ciò che è buono;
l'appetito dei perfidi si soddisfa con i soprusi.
3Chi sorveglia la sua bocca conserva la vita,
chi apre troppo le labbra incontra la rovina.
4Il pigro brama, ma non c'è nulla per il suo appetito;
l'appetito dei diligenti sarà soddisfatto.
5Il giusto odia la parola falsa,
l'empio calunnia e disonora.
6La giustizia custodisce chi ha una condotta integra,
il peccato manda in rovina l'empio.
7C'è chi fa il ricco e non ha nulla;
c'è chi fa il povero e ha molti beni.
8Riscatto della vita d'un uomo è la sua ricchezza,
ma il povero non si accorge della minaccia.
9La luce dei giusti allieta,
la lucerna degli empi si spegne.
10L'insolenza provoca soltanto contese,
la sapienza si trova presso coloro che prendono consiglio.
11Le ricchezze accumulate in fretta diminuiscono,
chi le raduna a poco a poco le accresce.
12Un'attesa troppo prolungata fa male al cuore,
un desiderio soddisfatto è albero di vita.
13Chi disprezza la parola si rovinerà,
chi rispetta un comando ne avrà premio.
14L'insegnamento del saggio è fonte di vita
per evitare i lacci della morte.
15Un aspetto buono procura favore,
ma il contegno dei perfidi è rude.
16L'accorto agisce sempre con riflessione,
lo stolto mette in mostra la stoltezza.
17Un cattivo messaggero causa sciagure,
un inviato fedele apporta salute.
18Povertà e ignominia a chi rifiuta l'istruzione,
chi tien conto del rimprovero sarà onorato.
19Desiderio soddisfatto è una dolcezza al cuore,
ma è abominio per gli stolti staccarsi dal male.
20Va' con i saggi e saggio diventerai,
chi pratica gli stolti ne subirà danno.
21La sventura perseguita i peccatori,
il benessere ripagherà i giusti.
22L'uomo dabbene lascia eredi i nipoti,
la proprietà del peccatore è riservata al giusto.
23Il potente distrugge il podere dei poveri
e c'è chi è eliminato senza processo.
24Chi risparmia il bastone odia suo figlio,
chi lo ama è pronto a correggerlo.
25Il giusto mangia a sazietà,
ma il ventre degli empi soffre la fame.


Salmi 89

1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".

6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.

9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.

16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.

20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.

27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.

31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.

34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".

39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.

47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?

50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.


Ezechiele 11

1Uno spirito mi sollevò e mi trasportò alla porta orientale del tempio che guarda a oriente; ed ecco davanti alla porta vi erano venticinque uomini e in mezzo a loro vidi Iazanià figlio d'Azzùr, e Pelatìa figlio di Benaià, capi del popolo.2Il Signore mi disse: "Figlio dell'uomo, questi sono gli uomini che tramano il male e danno consigli cattivi in questa città;3sono coloro che dicono: Non in breve tempo si costruiscon le case: questa città è la pentola e noi siamo la carne.4Per questo profetizza contro di loro, profetizza, figlio dell'uomo".
5Lo spirito del Signore venne su di me e mi disse: "Parla, dice il Signore: Così avete detto, o Israeliti, e io conosco ciò che vi passa per la mente.6Voi avete moltiplicato i morti in questa città, avete riempito di cadaveri le sue strade.7Per questo così dice il Signore Dio: I cadaveri che avete gettati in mezzo a essa sono la carne, e la città è la pentola. Ma io vi scaccerò.8Avete paura della spada e io manderò la spada contro di voi, dice il Signore Dio!9Vi scaccerò dalla città e vi metterò in mano agli stranieri e farò giustizia su di voi.10Cadrete di spada: sulla frontiera d'Israele io vi giudicherò e saprete che io sono il Signore.11La città non sarà per voi la pentola e voi non ne sarete la carne! Sulla frontiera di Israele vi giudicherò:12allora saprete che io sono il Signore, di cui non avete eseguito i comandi né osservate le leggi, mentre avete agito secondo i costumi delle genti vicine".
13Non avevo finito di profetizzare quando Pelatìa figlio di Benaià cadde morto. Io mi gettai con la faccia a terra e gridai con tutta la voce: "Ah! Signore Dio, vuoi proprio distruggere quanto resta d'Israele?".

14Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:15"Figlio dell'uomo, ai tuoi fratelli, ai deportati con te, a tutta la casa d'Israele gli abitanti di Gerusalemme vanno dicendo: Voi andate pure lontano dal Signore: a noi è stata data in possesso questa terra.16Di' loro dunque: Dice il Signore Dio: Se li ho mandati lontano fra le genti, se li ho dispersi in terre straniere, sarò per loro un santuario per poco tempo nelle terre dove hanno emigrato.17Riferisci: Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d'Israele.18Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini.19Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne,20perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.21Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e le loro nefandezze farò ricadere le loro opere, dice il Signore Dio".

22I cherubini allora alzarono le ali e le ruote si mossero insieme con loro mentre la gloria del Dio d'Israele era in alto su di loro.23Quindi dal centro della città la gloria del Signore si alzò e andò a fermarsi sul monte che è ad oriente della città.24E uno spirito mi sollevò e mi portò in Caldea fra i deportati, in visione, in spirito di Dio, e la visione che avevo visto disparve davanti a me.25E io raccontai ai deportati quanto il Signore mi aveva mostrato.


Atti degli Apostoli 22

1"Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi".2Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più.3Ed egli continuò: "Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.4Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne,5come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti.
6Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me;7caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?8Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti.9Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava.10Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia.11E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.
12Un certo Ananìa, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti,13venne da me, mi si accostò e disse: Saulo, fratello, torna a vedere! E in quell'istante io guardai verso di lui e riebbi la vista.14Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,15perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.16E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.
17Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi18e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me.19E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te;20quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano.21Allora mi disse: Va', perché io ti manderò lontano, tra i pagani".

22Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma allora alzarono la voce gridando: "Toglilo di mezzo; non deve più vivere!".23E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria,24il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza, prescrivendo di interrogarlo a colpi di flagello al fine di sapere per quale motivo gli gridavano contro in tal modo.
25Ma quando l'ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: "Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?".26Udito ciò, il centurione corse a riferire al tribuno: "Che cosa stai per fare? Quell'uomo è un romano!".27Allora il tribuno si recò da Paolo e gli domandò: "Dimmi, tu sei cittadino romano?". Rispose: "Sì".28Replicò il tribuno: "Io questa cittadinanza l'ho acquistata a caro prezzo". Paolo disse: "Io, invece, lo sono di nascita!".29E subito si allontanarono da lui quelli che dovevano interrogarlo. Anche il tribuno ebbe paura, rendendosi conto che Paolo era cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene.

30Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro.


Capitolo III: Utilità della Comunione frequente

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Parola del discepolo

1. Ecco, io vengo a te, o Signore, per trarre beneficio dal tuo dono e ricevere allegrezza al banchetto santo, "che, nella tua bontà, o Dio, hai preparato al misero" (Sal 67,11). Ecco, quanto io posso e debbo desiderare sta tutto in te; tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la fortezza, la maestà e la gloria. "Ricolma dunque oggi di letizia l'anima del tuo servo, perché, o Signore Gesù, a te ho innalzato l'anima mia" (Sal 85,4). Ardentemente desidero ora riceverti, con devozione e venerazione; desidero introdurti nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, di essere da te benedetto e di essere annoverato tra i figli d'Abramo. L'anima mia ha fame del tuo corpo; il mio cuore arde di farsi una cosa sola con te. Dammi in dono te stesso, e mi basta; poiché non c'è consolazione che abbia valore, fuori di te. Non posso stare senza di te; non riesco a vivere senza la tua presenza. E così occorre che io mi accosti frequentemente a te, ricevendoti come mezzo della mia salvezza. Che non mi accada di venir meno per strada, se fossi privato di questo cibo celeste. Tu stesso, o Gesù tanto misericordioso, predicando alle folle e guarendo varie malattie, dicesti una volta: "non li voglio mandare alle loro case digiuni, perché non vengano meno per strada" (Mt 15,32). Fa', dunque, la stessa cosa ora con me; tu, che, per dare conforto ai fedeli, hai lasciato te stesso in sacramento. Sei tu, infatti, il soave ristoro dell'anima; e chi ti mangia degnamente sarà partecipe ed erede della gloria eterna. Poiché, dunque, io cado tanto spesso in peccato, e intorpidisco e vengo meno tanto facilmente, è veramente necessario che, pregando, confessandomi frequentemente e prendendo il santo cibo del tuo corpo, io mi rinnovi, mi purifichi e mi infiammi; cosicché non avvenga che, per una prolungata astinenza, io mi allontani dal mio santo proposito. In verità, "i sensi dell'uomo, fin dall'adolescenza, sono proclivi al male" (Gn 8,21); tosto egli cade in mali peggiori, se non lo soccorre la medicina celeste. Ed è appunto la santa Comunione che distoglie l'uomo dal male e lo rafforza nel bene. Che se ora sono così spesso svogliato e tiepido nella Comunione o nella celebrazione della Messa, che cosa sarebbe di me, se non prendessi questo rimedio e non cercassi un così grande aiuto? Anche se non mi sento sempre degno e pienamente disposto a celebrare, farò in modo di ricevere, in tempi opportuni, questi divini misteri e di rendermi partecipe di una grazia così grande. Giacché la principale, anzi l'unica, consolazione dell'anima fedele - finché va peregrinando, lontana da te, entro il corpo mortale - consiste proprio in questo, nel ricordarsi frequentemente del suo Dio e nel ricevere, in spirito di devozione, il suo diletto.

2. Oh!, meravigliosa degnazione della tua misericordia verso di noi, che tu, Signore Dio, creatore e vivificatore di tutti gli spiriti celesti, ti abbassi a venire in questa anima poveretta, saziando la sua fame con la tua divinità e insieme con la tua umanità. Felice quello spirito, beata quell'anima che merita di ricevere devotamente te, Signore e Dio, colmandosi in tal modo di gioia interiore. Quale grande signore essa accoglie; quale amato ospite, qual piacevole compagno riceve; quale fedele amico accetta; quale nobile e bello sposo essa abbraccia, degno di amore più di ogni persona cara e di ogni cosa che si possa desiderare. Tacciano dinanzi a te, o dolcissimo mio diletto, il cielo e la terra, con tutte le loro bellezze; giacché dalla degnazione della tua munificenza cielo e terra ricevono quanto hanno di grande e di nobile, pur non arrivando essi alla grandezza del tuo nome, "immenso nella sua sapienza" (Sal 146,5).


DISCORSO 177 SULLE PAROLE DELL'APOSTOLO (1 TIM 6, 7-19): " NON ABBIAMO PORTATO NULLA IN QUESTO MONDO E NULLA POSSIAMO PORTARNE VIA ". TRATTATO SULL'AVARIZIA

Discorsi - Sant'Agostino

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L'avarizia si pone davanti ai nostri occhi.

1. La lettura dell'Apostolo è il tema del nostro discorso. Egli dice: Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via; avendo il nutrimento e di che coprirci, siamo contenti di questo. Giacché coloro che vogliono diventare ricchi cadono nella tentazione, nei lacci e in molti desideri insensati e funesti, che affogano gli uomini nella rovina e nella perdizione. Radice di tutti i mali è l'avarizia e, per l'avidità di possedere, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono cacciati in molti mali 1. Un tema che merita da voi attenzione all'ascolto e, da parte nostra, che siamo disposti a parlarne. Con tali parole si pone davanti ai nostri occhi l'avarizia; si accusi, non si difenda; una volta accusata si condanni piuttosto, così che il difensore non sia coinvolto nella condanna. Ma ignoro in che modo nei cuori degli uomini l'avarizia procuri che tutti, o per dire con più verità e prudenza, quasi tutti, a parole l'accusino e in pratica vogliano attirarsela. In tanti hanno detto contro di essa e molte e pesanti e gravi e vere condanne; e i poeti e gli storici e gli oratori e i filosofi, e da parte di ogni classe di persone di attività letteraria e professionale si è parlato assai contro l'avarizia. E' un gran bene però non averla ed è molto di più non averla che non tacere dei suoi mali.

Non divenga schiavo dell'avarizia colui del quale si fa prezzo il sangue di Cristo.

2. Ma che differenza passa tra i filosofi, ad esempio, che condannano l'avarizia e gli Apostoli che ugualmente l'incolpano? Quale la differenza? Se facciamo attenzione, apprendiamo qualcosa che è proprio solo della scuola di Cristo. Ecco quello che ho appena ricordato: Non abbiamo portato nulla in questo mondo, e nulla possiamo portarne via; avendo il nutrimento e di che coprirci, siamo contenti di questo, molti lo hanno detto. Anche questo: L'avarizia è la radice di tutti i mali 2, ci sono stati di quelli che lo dicevano. Nessuno di loro ha detto ciò che segue: Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose 3; tendi alla giustizia, alla fede, alla carità, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro 4. Nessuno di loro ha detto tali cose. Di gran lunga la consistenza della pietà differisce da bocche che fanno strepito. Pertanto, carissimi, poiché sono al di fuori della nostra società quelli che hanno condannato l'avarizia e l'hanno disprezzata, perché non sembrino dei grandi a noi o agli uomini di Dio, perciò: Ma tu, uomo di Dio. Ad evitare che in alcun modo siano considerate alla pari, primamente dobbiamo distinguere e tenere per fermo questo: è per Dio che noi facciamo ciò che facciamo. Infatti, indipendentemente dal culto del vero Dio, è riprovato chiunque ha un particolare attaccamento all'avarizia. Nondimeno ci deve incutere maggiore preoccupazione la regola più vera, quella della pietà. E' cosa vergognosa, e da averne gran rossore e dolore, se gli adoratori degli idoli sono capaci di domare l'avarizia che si fa invadente, mentre chi adora l'unico Dio, è dominato dall'avarizia e ne diventa lo schiavo del quale si fa prezzo il sangue di Cristo. Aggiunse l'Apostolo e ne parlò a Timoteo: Alla presenza di Dio che dà vita a tutte le cose e di Cristo Gesù che ha reso la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato - e già vedete quanto essa è lontana dal sentire di quelli - ti scongiuro di conservare irreprensibile il comandamento fino alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo, che nel tempo dovuto rivelerà il felice ed unico sovrano, il Re dei re e il Signore dei signori, l'unico immortale, che abita una luce inaccessibile, colui che nessun uomo ha veduto né può vedere, del quale è l'onore e la gloria nei secoli dei secoli 5. Siamo stati resi familiari di lui, siamo stati adottati nella famiglia di lui; siamo figli di lui non per i nostri meriti, ma lo siamo per la grazia di lui. E' troppo grave, desta troppo orrore il fatto che l'avarizia ci trattenga sulla terra dal momento che gli diciamo: Padre nostro che sei nei cieli 6. Per il desiderio di lui tutte le cose perdano ogni valore e non esistano per noi le cose tra le quali siamo nati, perché è per lui che siamo rinati. Queste cose valgano come uso della necessità, non quale vincolo di amore; siano come la locanda per chi è in viaggio, non come proprietà di chi l'ha in possesso. Ristòrati e passa oltre. Sei in viaggio, tieni presente da chi vai, perché è grande colui che viene a te. Allontanandoti da questa via tu fai posto a chi arriva; tale è la funzione della locanda: lasci il posto perché vi subentri un altro. Ma se vuoi raggiungere un luogo di assoluta sicurezza, non si allontani da te Dio, al quale diciamo: Mi hai guidato per le vie della tua giustizia, per amore del tuo nome 7, non per merito mio.

Il cammino secondo la natura mortale.

3. C'è quindi un cammino secondo la natura mortale e un cammino secondo la pietà. Il cammino nella condizione di mortali è comune alla totalità di quanti nascono, il cammino nella condizione di credenti non è comune a tutti; quel primo lo percorrono tutti i nati, questo non altro che i rinati. Il primo riguarda il nascere, il crescere, l'invecchiare, il morire. Per questo è necessario il nutrimento e di che coprirci. I denari siano quelli sufficienti a questo viaggio. Perché ti appesantisci? Perché porti tanto peso su una via breve, non te ne avvantaggerai per giungere al termine di questa via, ma ne porterai piuttosto un peso più gravoso una volta giunto al termine di essa. E' certo estremamente deplorevole ciò che vuoi ti capiti; ti sovraccarichi, porti molto peso, durante il percorso il denaro ti opprime, e al termine di questa via ti schiaccia l'avarizia. L'avarizia è infatti l'impurità del cuore. Di quanto hai amato nulla porti da questo mondo: porti però il peccato che hai avuto caro. Se persisti nell'amore del mondo, colui che ha creato il mondo non ti trova mondo. Sia in uso nel tempo una modesta quantità di denaro, sia viatico a quella mèta stabilita, secondo cui è scritto: Senza attaccamento, la quantità di denaro sia sufficiente alle necessità presenti 8. Fa' anzitutto attenzione a che cosa è stato premesso. Senza attaccamento, si dice; prendi l'iniziativa in modo da liberarne il cuore. Giacché, se vorrai vincolare il cuore all'amore del denaro, ti cacci in molti guai; e dove sarà: Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose 9? Non ha detto infatti: Lascia, abbandona, ma: Fuggi, quasi un nemico. Volevi fuggire con l'oro, fuggi l'oro. Sia il tuo cuore a fuggirlo e non c'è da temerne l'uso. Non ci sia avidità e non venga meno la pietà. Hai modo d'impiegare l'oro, se sarai padrone, non servo dell'oro. Da padrone dell'oro, te ne servi per ciò che è buono; se poi sei servo, esso fa di te ciò che è male. Sei padrone dell'oro? Chi si è vestito del tuo, loda il Signore. Sei servo dell'oro? Chi non è vestito del tuo, bestemmia Dio. D'altra parte, l'avidità ti fa servo, la carità ti fa libero. Dal fatto che non fuggirai, sei servo. Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose. In questo caso, se non vuoi essere un servo, sii uno schiavo fuggitivo.

Quali le ricchezze interiori.

4. Hai appreso che cosa devi fuggire, sai anche che cosa devi seguire. Non è infatti che fuggi alla leggera, o lasci così da non conseguire un vantaggio. Perciò: Tendi alla giustizia, alla fede, alla pietà, alla carità 10. Queste ti facciano ricco. Tali ricchezze sono interiori; non sono alla portata del ladro, a meno che la cattiva volontà non gli dia luogo. Usa precauzioni a difesa del tuo scrigno interiore, che è la coscienza. Non un ladro, un qualsiasi potentissimo avversario, il nemico che irrompe, il barbaro, infine neppure un naufragio riuscirà a portarti via queste ricchezze, per cui ti allontani ricco se parti di qui privo di tutto. Ed effettivamente non era spogliato, sebbene all'esterno sembrasse non aver nulla, colui che diceva: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore, così è avvenuto; sia benedetto il nome del Signore 11. Da stimarsi assai una tale pienezza, smisurate le ricchezze; spoglio dell'oro, colmo di Dio; privo di ogni potere temporale, colmo della volontà del suo Signore. Perché cercate di avere oro con tante fatiche e vagando in altri luoghi? Amate queste ricchezze e attingetene subito colmandovene; la sorgente non è nascosta, se il cuore è aperto; la chiave della fede apre il cuore; apre e monda il luogo dove tu debba porle. Non ti sembri angusto: le tue ricchezze, il tuo Dio, quando entrerà, egli sarà a dilatarlo.

Da chi è già ricco distingui chi vuole diventare ricco.

5. Dunque: Senza attaccamento, la quantità di denaro sia sufficiente alle necessità presenti. Perché alle presenti? Perché Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via 12; perciò alle presenti, non alle future. Ma quale interesse inganna l'uomo e lo induce al calcolo che è proprio dell'avarizia? E se vivo a lungo? Chi dona la vita non può dare di che portarla al suo fine? Da ultimo, ci sono i redditi; per quale motivo si desidera avere un tesoro? Qualcosa rende il lavoro, qualcosa rende il saper fare, qualcosa rende il denaro; basti questo, non si accumuli un tesoro, ad evitare che dove tieni il tuo tesoro rimanga il tuo cuore; e inutilmente ascolti e rispondi con la menzogna all'intimazione di tenerlo in alto 13. Quando infatti rispondi a quella tanto sacra parola e vi aderisci a voce, non ti senti accusare interiormente dal tuo stesso cuore? Sebbene prostrato ed oppresso, il tuo cuore non ti dice nell'intimo: Mi tieni sotterra, perché menti? Non è forse vero che ti dice: O che non mi trovo là dov'è il tuo tesoro? Tu menti pertanto. O mente addirittura colui, il quale ha detto: Perché dove si troverà il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore 14. Tu dici: non sarà là. La Verità afferma: Sarà là. Ma non sarà là perché non vi sarà il mio amore. Dammi la prova con i fatti. Tu non ami, sei però ricco. Fa' bene attenzione ed esaminati: chi vuole essere ricco distinguilo da uno che è ricco. Ci passa molto infatti tra chi è ricco e chi vuol essere ricco. La distinzione è netta, non si può negare. Là si trova la ricchezza, qua l'ingordigia.

L'avarizia è veramente insaziabile.

6. Giacché anche lo stesso Apostolo non dice: Coloro che sono ricchi, ma: Coloro che vogliono diventare ricchi, cadono nella tentazione, nel laccio e in molti desideri - che vogliono diventare -, funesti 15; volendo diventare tali, non per essere tali. Perciò parla di desideri. Il desiderio infatti è presente nell'uomo che vuole giungere a possedere ciò che non ha. Giacché nessuno desidera ciò che è già suo. L'avarizia è veramente insaziabile; ebbene, persino in quegli stessi che posseggono molto si deve dire che c'è il desiderio di quel bene che non hanno, ma che vogliono avere. Possiede questo podere, desidera avere l'altro che non ha, ma quand'anche l'avrà ne desidererà un altro; tuttavia non è che desidererà ciò che ha avuto, ma ciò che non ha avuto. Insistendo a voler essere ricco, desidera, arde, è assetato e, come se afflitto da idropisia, cresce la sete nella continuità del bere. Sorprendente questa somiglianza con l'infermità fisica; senza alcun dubbio l'avaro è idropico nel cuore. Giacché chi è fisicamente idropico, è pieno di liquido, è in pericolo a causa dell'umore e, per esso, non si appaga; così è dell'idropico nel cuore, quando più ha, tanto più è indigente. Quando possedeva meno, voleva beni di minor conto, godeva di averi più scarsi e si rallegrava di scrignetti dalle dimensioni assai ridotte. Perché poi si riempì di beni, si gonfiò, divenne enorme - ogni giorno nuove eredità - beve ed ha sete. Avendo questo, riuscirò ad avere quello; ho possibilità ridotte, perché possiedo poco. Quando avrai anche questo, hai da volere di più; è cresciuta l'indigenza, non il potere.

Se non ami le ricchezze, il tuo cuore può trovarsi in alto.

7. Ma non debbo amare - dice - ciò che possiedo, per avere il cuore in alto 16. Sono d'accordo: se non ami, il tuo cuore può essere in alto. Perché non dovrebbe trovarsi in alto un cuore libero? Ma fa' attenzione se non ami, datti con sicurezza una risposta, non come in seguito ad una mia accusa, ma domàndatelo tu stesso. E' certo - dice - non amo; in realtà sono ricco, ma per il fatto che già lo sono, invece non voglio esserlo, per non incorrere nella tentazione, nel laccio e in molti desideri insensati e funesti, che affogano gli uomini nella rovina e nella perdizione 17; male grave, spaventoso, fatale; ricco già lo sono, non voglio esserlo. Sei già ricco? Sì, risponde. Non vuoi esserlo? No, ripete. Se tu non lo fossi, vorresti non esserlo? Non vorrei, dice. Poiché dunque già lo sei e la parola di Dio, che ti ha trovato ricco al di fuori di te, ti ha arricchito nell'intimo, accogli quanto fu detto ai ricchi. E' infatti ciò che si diceva con queste parole: Non abbiamo portato nulla in questo mondo, e nulla possiamo portarne via; avendo il nutrimento e di che coprirci, siamo contenti di questo. Giacché coloro che vogliono diventare ricchi, cadono nella tentazione. Quelli che vogliono diventare ricchi, dice, come si diceva a dei poveri. Queste parole dell'Apostolo ti hanno trovato ricco? Dille pure e sarai ricco; dille nel cuore e dal cuore: Niente ho portato in questo mondo, ma neppure posso portare via qualcosa; avendo il nutrimento e di che coprirmi, sono contento di queste cose. Giacché, se avrò il desiderio di diventare ricco, mi capiterà d'incorrere nella tentazione e nel laccio. Dillo e fèrmati là dove sei stato trovato. Non ti cacciare in molti guai, per non restare lacerato se vorrai uscirne. Sei stato invece trovato ricco? Vi sono altre parole, che diciamo ad alta voce; chi è stato trovato ricco non pensi che nulla sia stato detto per lui. E' sempre a Timoteo che si rivolge l'Apostolo, ma lo dice al povero. Era povero infatti Timoteo, come Paolo. Perché allora parlerà di questo a Timoteo, dirà ad un uomo povero ciò che spetta a coloro che sono stati trovati ricchi? Ascolta che cosa dice: Raccomanda ai ricchi di questo mondo 18, perché esistono anche i ricchi di Dio; e i veri ricchi sono esclusivamente i ricchi di Dio, quale era lo stesso Paolo che afferma: Poiché ho imparato a bastare a me stesso in queste cose 19. Dammi uno ricco del mondo che dica questo: Ho imparato a bastare a me stesso in queste cose, ma ad un avaro non basta. Perciò dice: Raccomanda ai ricchi di questo mondo. Che dirò loro? Non desiderate di essere ricchi? Già sono stati trovati ricchi. Ascoltino ciò che è stato detto loro ed inizia così: Non essere orgoglioso 20. A questo scopo si possiedono ricchezze e si amano molto. Se ne intesse un nido alla superbia, dove possa nutrirsi e crescere; e, ciò che è peggio, non perché prenda il volo, ma in vista di uno stabile accomodamento. Quindi, prima di ogni altra cosa, non essere orgoglioso. Al fine di comprendere, sia avveduto, pensi che deve morire e che il mortale povero è un suo pari. La terra ha appunto raccolto nudi entrambi, la morte attende entrambi, la febbre non ha ritegno verso entrambi. Ha febbre il povero sul suo letto che è il nudo terreno, ma neppure il ricco con il suo letto d'argento intimorisce quella che avanza. Pertanto: Raccomanda ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi. Riconoscano loro pari i poveri: gli uomini poveri sono anche uomini; diversa la veste, ma simile la cute; e se il ricco, defunto, è sepolto con aromi, non si eviterà la corruzione, ma sarà tardiva; forse che non va in putrefazione perché essa si verifica più tardi? Ammettiamo pure che entrambi non subiscano la corruzione, tuttavia mancano entrambi della sensibilità. Raccomanda ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi. Non siano superbi e saranno veramente quali vogliono essere considerati; possederanno senza attaccamento, non saranno posseduti.

Una cosa è l'usare dei beni, altra il goderne.

8. Ma sii attento alle parole che seguono: Di non essere orgogliosi e a non riporre la speranza nell'incertezza delle ricchezze. Tu ami l'oro; fa' sapere, se puoi, che non temi di perderlo. Hai messo insieme delle sostanze; renditi sicuro di esse, se ti è possibile. E a non riporre le speranze nell'incertezza delle ricchezze. I beni sopravvengono, spariscono; ora ci sono, ora non ci sono più; intanto si è nel timore di perderli. Non ripongano dunque la speranza nell'incertezza delle ricchezze. Portò via da essi la speranza. Dove la fissò? Ma nel Dio vivente. In lui fissa la speranza, in lui ferma l'àncora del tuo cuore affinché la tempesta del mondo non ti strappi via da lui e ti mandi in perdizione; nel Dio vivente, che tutto ci dà in abbondanza perché ne godiamo 21. Se dà il tutto, quanto più non dà se stesso? E in verità, quanto al godimento egli sarà appunto il tutto per noi. Poiché a me sembra riferita unicamente a se stesso l'espressione: Tutto ci dà in abbondanza perché ne godiamo. Si vede infatti che una cosa è l'" usare ", un'altra il " godere ". Usiamo in ragione della necessità, godiamo in riferimento alla felicità. Ha dato quindi tali beni temporali come mezzi da usare e se stesso come il bene da godere. Allora, se ha dato se stesso, non è stato detto il tutto soltanto perché è stato scritto: Perché Dio sia tutto in tutte le cose 22? Pertanto il cuore sia in lui per essere felice, perché si trovi in alto 23. Stràppati di qui, ma avvinciti là; è pericoloso per te, in queste tempeste, non essere ancorato.

In alto il cuore, non nella terra.

9. Non riporre la speranza nell'incertezza delle ricchezze; non è detto però in nessun luogo, ma nel Dio vivente che tutto ci dà in abbondanza perché ne godessimo 24. Che cosa è tanto il tutto quanto colui che ha creato tutte le cose? Non sarebbero state formate da lui tutte queste cose se non le avesse conosciute. Chi può avere l'ardire di affermare: Dio ha creato ciò che non conosceva? Egli sapeva quel che faceva. Era in suo possesso prima ancora di farlo: ma il suo era un modo mirabile di possedere, non come fece le cose, temporali e passeggere, ma come è solito fare l'artefice. Ha nell'intimo ciò che realizza all'esterno. Sono là, quindi, tutte le cose principali, le immortali, le durature, le permanenti, ed egli, Dio stesso tutto in tutte le cose 25; ma quanto ai suoi santi, ai suoi giusti, egli sarà tutto in tutti. Pertanto egli basta, basta egli solo del quale si è detto: Mostraci il Padre e ci basta 26, ma egli replicava: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Chi vede me, vede anche il Padre 27. Tutto: Dio Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. A ragione egli solo basta. Se siamo avari, amiamo proprio lui. Se desideriamo essere facoltosi, desideriamo proprio lui. Ci potrà saziare egli solo, del quale è stato detto: Egli che sazia di beni il tuo desiderio 28. Al peccatore questo non basta? Soltanto questo, un bene così grande non basta al peccatore? Volendo avere di più, ha perduto tutto: perché l'avarizia è la radice di tutti i mali 29. Giustamente, per mezzo del Profeta, apostrofa così l'anima che pecca e gli è infedele: Hai creduto, allontanandoti da me, che avresti avuto qualcosa di più 30. Ma, come quel figlio minore, hai pascolato i porci; ecco hai perduto tutto, sei rimasto indigente e sei tornato tardi e sfinito 31. Comprendi ora come quel che il Padre ti dava, lo custodiva egli stesso con più sicurezza, hai creduto, allontanandoti da me, che avresti avuto qualcosa di più. O anima peccatrice e piena d'infedeltà, diventata turpe, diventata corrotta, diventata immonda, e così amata! Ritorna, dunque, a lui che è bello, per recuperare la bellezza; ritorna e dì a colui che egli solo ti basta: Hai perduto chiunque si allontani da te 32. Che cosa basta allora se non ciò che segue? Il mio bene invece è stare vicino a Dio 33. In alto il cuore 34, dunque, non nella terra, non nel meschinissimo tesoro, non nel luogo della corruzione. Radice di tutti i mali è infatti l'avarizia. E nello stesso Adamo l'avarizia fu la radice di tutti i mali. Perché Dio non gli bastò, volle infatti più di quanto aveva ricevuto.

Il Signore nostro Dio ci vuole commercianti.

10. Perciò fa' attenzione, uomo ricco, all'uso che farai di questi beni che possiedi. Già non sei superbo: bene! Non riponi la speranza nell'incertezza delle ricchezze: benissimo! Ma tu speri nel Dio vivente, che tutto ci dà in abbondanza perché ne godiamo 35: è lodevole. Non essere quindi tardo nel compimento di ciò che segue: Siano ricchi di opere buone 36. Esaminiamo questo e crediamo ciò che sfugge alla nostra considerazione. Tu dicevi: Possiedo dell'oro, ma non lo amo; non amare è proprio della tua coscienza; se ho qualche merito dinanzi a te, danne anche a me la prova. Ciò che non nascondi al tuo Dio attestalo anche ad un tuo fratello. Come lo proverò? Dice. In forza di ciò che segue: Siano ricchi di opere buone, pronti a dare. Sarai ricco per questo, perché tu sia pronto a dare. In realtà il povero vuol dare e non può: per lui è difficile, per te agevole. Ti può essere utile il fatto di essere ricco, perché, se vuoi farlo, lo fai subito. Siano pronti a dare, condividano 37. Che subiscono forse una perdita? Mettano da parte per sé un buon capitale per il futuro 38. E perché anche nell'altra vita non amassimo quell'oro, quell'argento, quei poderi e quei beni che esercitano attrattiva alle facoltà degli uomini ed ivi non desiderassimo di tali beni, in quanto ci si dice: Trasferite di là il vostro tesoro, deponetelo là, ci fa avvertiti contro i pensieri carnali. Egli afferma: Perché acquistino la vita vera 39; non l'oro che resta nella terra, non le sostanze che sono corruttibili, non i beni passeggeri, ma la vita vera. Come allora trasferire se questo non passa nell'aldilà, né avremo là ciò che trasferiamo di qui? In certo modo il Signore nostro Dio vuole che noi siamo dei commercianti, egli ha con noi degli scambi; noi diamo ciò che qui è in abbondanza e riceviamo ciò che abbonda di là, come tanti che fanno interscambi di merci: in un luogo dànno una cosa e una cosa di altra natura ricevono nel luogo ove giungono. Ad esempio, uno dice ad un suo amico: Qui ricevi dell'oro da me e in Africa dammi dell'olio, e trasferisce e non trasferisce; ciò che ha dato è già trasferito, ma non ha ricevuto merce in cambio. Ha ricevuto ciò che desidera. Questo scambio è tale qual è, fratelli miei, la nostra merce. Che cosa diamo e che cosa riceviamo? Noi diamo ciò che non possiamo portare con noi, pur volendo, perché, di conseguenza, va perduto. Si dia quaggiù ciò che vale di meno, per trovare lassù ciò che è assai grande. Diamo la terra e riceviamo il cielo; diamo cose temporali, riceviamo quelle eterne; diamo cose in corruzione, riceviamo quelle immortali; infine diamo ciò che Dio ha dato, e riceviamo Dio stesso. Non siamo quindi indolenti in questo scambio di merci, in questo florido ed ineffabile commercio. Avvantaggiamoci del trovarci qui, ci giovi di essere nati, approfittiamo del fatto che siamo di passaggio. Non facciamo ritorno nell'indigenza.

Hai la garanzia di Dio, hai avuto debitore lui stesso.

11. Non entri nello scrigno del cuore la tignola del mal pensare. Non si dica: Non darò per non esserne privo domani. Non darti molto pensiero del futuro, tutt'altro, datti assai pensiero delle realtà future, ma di un lontano futuro. Mettano da parte per sé - dice - un buon capitale per il futuro, perché acquistino la vita vera. Secondo come ha detto l'Apostolo, non in modo che per altri ci sia sollievo ed afflizione per voi, ma ciascuno per il fatto che ha di che dare 40. Soltanto non amate, non abbiate riserve, non accumulate, non appoggiatevi alle cose create; cioè non riponete le vostre speranze nelle cose incerte. Quanto numerosi quelli che si addormentarono ricchi e si levarono poveri! E' a motivo di queste riflessioni che aveva detto: Senza attaccamento, la quantità di denaro sia sufficiente alle realtà presenti 41, e a motivo di cattivi pensieri che hanno questo tenore: se non avrò un deposito, chi mi darà quando comincerò ad avere bisogno? E ancora: Ho in abbondanza di che vivere, mi è sufficiente per vivere, ma che sarebbe se mi si gettasse addosso un'accusa? Come mi libererei? Che accadrebbe se dovessi affrontare una causa [in tribunale]? Come coprirei le spese? Quanto a lungo potrai dire e calcolare tutti i mali che possono accadere al genere umano, il più delle volte una sola disgrazia sconvolge il calcolo di chi sta a citarli, e l'insieme di ciò che aveva enumerato non solo va perduto, ma neppure resterà sotto le dita. Perciò, contro questo tarlo del pensiero, contro la tignola maligna Dio appose la sua Scrittura, così come si è soliti apporre alle vesti certe sostanze odorose perché non siano guastate dalle tignole. E che? Pensavi che ti possa mancare a causa di quello e di quello, e andavi enumerando molte disgrazie. Non avevi timore di quella sola che è grande? Bada a ciò che segue: Senza attaccamento, la quantità di denaro sia sufficiente alle necessità presenti; egli ha detto infatti: Non ti abbandonerò, non ti lascerò 42; temevi non so quali mali e, per questo, mettevi da parte denaro; possiedi me come garante. Dio ti dice questo. Non un uomo, non un tuo pari, o tu stesso, ma Dio ti dice: Non ti abbandonerò, non ti lascerò. Se la promessa venisse da un uomo, crederesti; è Dio che promette e dubiti? Ha promesso, ha lasciato scritto, ne ha dato garanzia; devi essere sicuro. Leggi ciò che hai: hai la garanzia di Dio, hai avuto debitore lui stesso, al quale hai chiesto di perdonarti i debiti. Amen 

 


1 - 1 Tm 6, 7-10.

2 - Ibidem.

3 - 1 Tm 6, 11.

4 - 2 Tm 2, 22.

5 - 1 Tm 6, 13-16.

6 - Mt 6, 9.

7 - Sal 22, 3.

8 - Eb 13, 5.

9 - 1 Tm 6, 7.

10 - 2 Tm 2, 22.

11 - Gb 1, 21.

12 - 1 Tm 6, 7.

13 - Praef. Missae.

14 -  Mt 6, 21.

15 - 1 Tm 6, 9.

16 - Praef. Missae.

17 - 1 Tm 6, 9.

18 - 1 Tm 6, 17.

19 - Fil 4, 11.

20 - 1 Tm 6, 17.

21 - Ibidem.

22 - 1 Cor 15, 28.

23 - Praef. Missae.

24 - 1 Tm 6, 17.

25 - 1 Cor 15, 28.

26 - Gv 14, 8.

27 - Gv 14, 9.

28 - Sal 102, 5.

29 - 1 Tm 6, 10.

30 - Is 57, 8 (sec. LXX).

31 - Cf. Lc 15, 15.

32 - Sal 72, 27.

33 - Sal 72, 28.

34 - Praef. Missae.

35 - 1 Tm 6, 17.

36 - 1 Tm 6, 18.

37 - Ibidem.

38 - 1 Tm 6, 19.

39 - Ibidem.

40 - 2 Cor 8, 13.

41 - 1 Tm 6, 19.

42 - Eb 13, 5.


7 - Maria santissima dà compimento alle battaglie, trionfando gloriosamente sui demoni.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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505. Per intendere meglio i misteri che adesso tratterò bi­sogna conoscere quelli già esposti nella prima parte della Sto­ria, dal capitolo ottavo al decimo del primo libro, dove ho parlato del dodicesimo capitolo dell'Apocalisse, come mi fu concesso di comprenderlo. E non solo allora, ma anche nel­l'intero corso della narrazione, mi sono sempre rimessa a questa terza parte per dichiarare a suo luogo come procedette­ro le battaglie della Principessa con i demoni, le vittorie ri­portate su di loro e lo stato in cui, in seguito, ella fu lascia­ta dall'Altissimo per il tempo che ancora visse sulla terra. San Giovanni ebbe notizia di tutti questi prodigi e li riferì nel suo libro - come ho già affermato altre volte -, particolarmente nei capitoli dodicesimo e ventunesimo, il cui contenuto io ora ripeto, poiché ciò è indispensabile per due motivi.

506. Il primo è che gli arcani concernenti i sovrani del­l'universo sono tanti e così sublimi che non è mai possibi­le penetrarli e manifestarli adeguatamente, e inoltre, per or­dine di sua Altezza, furono racchiusi in metafore oscure af­finché solo il Signore li potesse rivelare al momento e nel modo stabiliti dalla sua suprema volontà. Il secondo è che l'ostinata resistenza di Lucifero, animata dalla sua superba rabbia, sebbene apparentemente fosse esternata nell'insor­gere contro i comandi dell'Onnipotente, in realtà era rivol­ta a Cristo e a Maria, alla cui dignità ed eccellenza gli spi­riti disobbedienti ed apostati non volevano assoggettarsi. A causa di questa ostilità ci fu in cielo il primo combattimento tra costoro e san Michele con le sue schiere; tuttavia, allo­ra essi non poterono affrontare il Redentore e la Vergine in persona, ma soltanto, nel segno grandioso che fu loro mo­strato, la figura di colei che nel suo seno avrebbe dato for­ma umana al Verbo eterno. E così, quando giunse l'ora in cui con l'incarnazione incominciarono a svelarsi i mirabili segreti, fu necessario che si ripetesse il duello tra gli ange­li ribelli da una parte e il Figlio e la Madre dall'altra, e che ognuno trionfasse da sé sui diavoli, conformemente all'am­monizione fatta da Dio al serpente: «lo porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiac­cerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

507. Tutto si adempì alla lettera: come dice san Paolo, il Salvatore e sommo sacerdote, a nostro esempio e a no­stra somiglianza, escluso il peccato, fu provato in ogni co­sa, e lo stesso accadde alla sua genitrice; difatti, satana ebbe il permesso di tentarli dopo la sua caduta nell'abis­so. Ma poiché questa battaglia della Regina corrispondeva alla prima avvenuta nelle altezze ed era per i principi del­le tenebre l'esecuzione della minaccia che avevano ricevu­to, espressa con l'immagine che la rappresentava, l'Evan­gelista le racchiuse insieme esponendo entrambe con le me­desime parole e gli stessi enigmi. Quindi, avendo io già il­lustrato ciò che riguarda la prima, è bene che racconti qui gli eventi della seconda. Nonostante il dragone e i suoi fos­sero stati allora puniti con la privazione della contempla­zione beatifica e sprofondati nell'inferno, in tale frangente vennero nuovamente castigati con pene accidentali, corri­spondenti agli intenti ed agli sforzi con i quali perseguita­vano la candidissima colomba. In effetti, è naturale che le creature quando ottengono quello che appetiscono provi­no piacere e soddisfazione secondo la violenza con cui lo bramano, mentre quando non lo raggiungono o succede l'opposto di quello che desiderano e si aspettano sentano dolore e afflizione. Dalla sconfitta in poi i nostri nemici nessuna cosa avevano agognato con maggior ardore quan­to di far cadere dalla grazia colei che ne era stata la me­diatrice perché i discendenti di Adamo la conseguissero. Essi dunque avvertirono un tormento indicibile, ricono­scendosi vinti e privi di ogni speranza di conquistare ciò che per tanti secoli avevano macchinato e preteso.

508. Per le stesse ragioni e per molte altre, Maria inve­ce provò un singolare giubilo vedendo l'antico serpente stri­tolato. Gesù, per il termine dello scontro e per l'inizio del

nuovo stato che ella avrebbe dovuto avere dopo la vittoria finale, le tenne preparati dei benefici così numerosi ed ec­celsi da sorpassare ogni pensiero. Per poter spiegare qual­cosa di quello che mi è stato rivelato, devo avvertire i let­tori che, a causa delle nostre limitate facoltà e capacità, le parole usate nel dichiarare gli arcani divini, sia i più ele­vati sia i più accessibili, sono sempre le stesse, anche se l'oggetto di cui parlo ha una dimensione infinita. L'onni­potenza dell'Eterno poté innalzare la Principessa da una condizione che a noi sembra altissima ad una più alta, e da questa ad un'altra ancora, diversa e migliore, confer­mandola nella pienezza di grazia e di doni: così, arrivata vicinissima all'essere di Dio, ella racchiude in sé un'im­mensa grandezza e da sola costituisce una gerarchia mag­giore di quella formata da tutto il resto degli altri esseri umani e angelici.

509. Dopo aver avvisato di questo, cercherò di riferire come meglio mi sarà possibile quello che accadde a Luci­fero sinché non fu completamente annientato da lei e dal suo Unigenito. Costui e i suoi alleati non rimasero del tut­to disingannati né dai trionfi con i quali furono scaraven­tati nell'abisso, né dai malefici intentati per mezzo di al­cune maghe di Gerusalemme, che furono tutti vani e sen­za esito. Anzi, nella loro implacabile malizia, ben presu­mendo che stesse per scadere il permesso di sedurre la Ver ­gine, tramarono di compensare la brevità del tempo in­crementando la temerità ed il furore contro di lei. A tal fi­ne andarono in cerca anzitutto di uomini più maliardi, esperti nell'arte magica, e, dando a questi altre istruzioni, li incaricarono di togliere la vita alla loro rivale. Quei ma­ligni ci provarono molte volte con diverse e crudeli fattu­re, ma con nessuna poterono scalfire, di poco o di molto, la sua salute: gli effetti della colpa non avevano alcun po­tere su colei che non ebbe mai parte in essa e che per al­tri titoli era privilegiata e superiore a tutte le cause naturali. Il diavolo, considerando perduti i suoi malvagi pro­positi, per il cui compimento si era tanto affaticato, ca­stigò con empia ferocia gli stregoni. Ciò fu autorizzato dal Signore, affinché questi, meritevoli di tale punizione, co­noscessero il padrone che servivano.

510. Egli, inasprito da un nuovo sdegno, convocò i suoi seguaci e, dopo aver esposto con veemenza i motivi che avevano, sin da quando erano stati cacciati dal cielo, di met­tere in atto tutte le energie e ogni perfidia per sgominare quell'avversaria, già identificata con la donna che era stata mostrata loro, decisero di comune accordo di andare a sor­prenderla, credendo che in qualche circostanza si sarebbe trovata meno pronta o, comunque, non in compagnia di chi la difendeva. Per realizzare tale ardua impresa appro­fittarono subito della prima occasione propizia, spopolaro­no le loro caverne e confusamente assaltarono la Madre mentre stava nel suo oratorio. Questa fu la più grande bat­taglia che contro una semplice creatura si sia mai vista o mai si vedrà, dalla prima avvenuta nell'empireo sino alla fi­ne del mondo. Per comprendere meglio l'entità della colle­ra dei demoni, bisogna ponderare il loro supplizio nell'av­vicinarsi al luogo dove si trovava la Regina e nel guardar­la, sia per la forza superna avvertita, sia per le molte volte in cui erano stati oppressi e vinti da lei. E così, per far fronte a questo dolore, la rabbia si accese in essi ancora di più, obbligandoli ad ostinarsi nel combattimento e a lan­ciarsi come tra lance o spade pur di portare a compimen­to la loro vendetta; per satana, difatti, desistere era un tor­mento più pungente di qualunque altra pena.

511. Il primo assalto, principalmente diretto contro i sensi esterni della Signora e accompagnato da urla e schia­mazzi, formava nell'aria per mezzo di varie rappresenta­zioni un fracasso e uno scuotimento spaventoso, che sem­brava mandare in rovina tutta la macchina del mondo. Per incuterle ancor più paura, assunsero diverse figure visibi-

li, gli uni brutti ed abominevoli, gli altri splendenti come angeli: così camuffati finsero fra loro una straordinaria e tenebrosa rissa, di cui non si poteva intendere la causa e non si sentiva altro che il frastuono. Tale attacco fu sfer­rato per suscitare nella candidissima colomba terrore e pa­nico, e veramente li avrebbe provocati in qualunque altro essere umano, benché santo, qualora fosse stato lasciato nello stato comune della grazia, né questi li avrebbe potu­ti tollerare senza morire, poiché l'incursione durò dodici ore consecutive.

512. Maria però rimase immobile, quieta e serena e, co­me se non avesse osservato e capito niente, non si turbò né alterò, non mutò sembianze né si intristì durante l'in­fernale sconvolgimento. Immediatamente i draghi inviaro­no altre seduzioni contro le sue facoltà, vomitando in es­se la fiumana dei loro diabolici raggiri, in modo ancor più travolgente di quanto si possa raccontare. A tal fine si ser­virono di falsi consigli, rivelazioni, suggestioni, promesse e minacce, tentando ogni virtù per via dei vizi contrari e con tutti i mezzi macchinati dalla loro astuzia. Non mi trattengo a narrare dettagliatamente queste insidiose tra­me, perché non è opportuno né conveniente, ma dico sol­tanto che ella le superò gloriosamente, rispondendo con at­ti opposti ed eroici, come si può immaginare sapendo che agiva con tutta l'efficacia della pienezza della grazia e dei doni posseduti nello stato sublime in cui si trovava.

513. Pregò per tutti coloro che erano vessati e lusingati da Lucifero, poiché ella stessa sperimentava la sua malizia e la necessità del soccorso divino per abbatterla; allora, l'On­nipotente le concesse di proteggerli per sua intercessione, qualora essi l'avessero invocata. I principi delle tenebre per­severarono in questa lotta sino a giungere a non avere nes­sun'altra malvagità da saggiare contro la purissima Vergi­ne. Allora da parte sua reclamò a gran voce la giustizia, af­finché l'Eterno si alzasse, come disse Davide, a difendere la sua causa, a disperdere i nemici e ad allontanare quelli che lo aborriscono. Per emettere tale sentenza il Redento­re, accompagnato da innumerevoli ministri celesti, dai no­stri progenitori, da molti patriarchi e profeti, e da san Gioacchino e sant'Anna, scese nel cenacolo, mostrandosi a lei come figlio dolcissimo ed amoroso, e ai suoi avversari come giudice severo assiso sul seggio della Trinità.

514. La Madre si prostrò a terra e adorò il suo diletto con la venerazione e il culto che soleva rendergli. I diavo­li invece non lo scorsero, ma conobbero per altra via la sua regale presenza e, invasi da un nuovo timore, cercarono di fuggire da quel posto per schivare il pericolo tanto paven­tato; si sentirono, però, trattenuti da forti catene, le cui estremità erano state messe nelle mani della loro rivale.

515. Proruppe, intanto, dal trono una voce: «Oggi si po­serà su di voi lo sdegno dell'Altissimo; una discendente di Adamo e di Eva vi schiaccerà la testa e si eseguirà l'antica sentenza scagliata in cielo e poi in paradiso perché, disub­bidienti e superbi, avete disprezzato l'umanità del Verbo e colei che lo rivestì della carne nel suo castissimo seno». In quel momento la Principessa fu sollevata dal suolo da sei dei supremi serafini che assistevano le tre divine Persone e, posta su una nuvola splendidissima, fu collocata a lato del suo Unigenito, dalla cui divinità si irradiò un fulgore così ineffabile da avvolgerla completamente, facendola ap­parire simile al globo del sole. Sotto i suoi piedi comparve anche la luna, a significare che ella calpestava tutte le co­se inferiori, caduche e mutabili, rappresentate dalle sue di­verse fasi. Sul suo capo fu posto un diadema di dodici stel­le, simbolo delle perfezioni superne, comunicatele nel gra­do possibile ad una semplice creatura. Portava nel suo grembo l'essere di Dio e l'amore che gli era proporzionato; gridava come per le doglie e il travaglio del parto nel dare alla luce ciò che aveva concepito, affinché coloro che ne erano capaci ne partecipassero, ma tutti opponevano resi­stenza, benché ella lo desiderasse con lacrime e sospiri.

516. Tale immagine grandiosa, ideata nella mente del sommo sovrano, fu proposta a satana, che aveva assunto l'apparenza di un enorme drago rosso con sette teste co­ronate da sette diademi e da dieci corna. Questa figura manifestava che egli era l'autore dei sette vizi capitali, che pretendeva di seminarli nel mondo con le sue eresie, sim­boleggiate dai sette diademi, e che l'acutezza e la fortezza della sua astuzia e della sua perfidia avevano distrutto nei mortali la legge divina compendiata nei dieci comanda­menti, contro i quali si era armato di dieci corna. Inoltre, trascinava giù con il cerchio della coda un terzo delle stel­le del cielo, cioè le migliaia di angeli apostati suoi segua­ci, e coloro che aveva fatto precipitare, ma che sembrava­no innalzarsi al di sopra di esse per dignità o per santità.

517. Lucifero in quella brutta e spaventosa forma e i suoi in altre assai disparate persistevano nella battaglia al­la presenza di Maria, la quale stava per generare la co­munità ecclesiale, che con tale parto si sarebbe perpetua­ta ed arricchita. Aspettavano la nascita del bambino per divorarlo e per distruggerlo, se avessero potuto, e si arro­vellavano d'invidia vedendo una donna così forte istituire la Chiesa , riempirla di tante anime e fecondarla di copio­si favori, traendo dietro di sé con le sue doti, il suo esem­pio e le sue intercessioni i predestinati alla felicità impe­ritura. Nonostante lo sdegno diabolico ella diede vita a un maschio, designato a governare tutte le genti. Questi è lo spirito equo e potente della stessa Chiesa, che con la ret­titudine e l'autorità di Gesù regge con saggezza tutti i po­poli; simboleggia, inoltre, gli uomini apostolici che insie­me a lui dovranno giudicare nell'ultimo giorno con la ver­ga di ferro della giustizia celeste. Tutto ciò fu il frutto del seno della Vergine, perché non solo ella diede alla luce il Salvatore, ma con la sollecitudine e i propri meriti anche la stessa comunità dei credenti, che alimentò per la dura­ta del suo pellegrinaggio e tuttora conserva nello spirito vi­rile delle origini, custodendola nella verità cattolica, con­tro cui non prevarranno le porte degli inferi.

518. San Giovanni asserisce che il figlio fu subito rapito verso il seggio della Trinità, mentre la madre fuggì nel de­serto, in cui le era preparato un rifugio perché vi fosse nu­trita per milleduecentosessanta giorni. Questo significa che il suo parto legittimo, sia dell'intero corpo mistico che di ogni suo membro, arriva al trono regale, dove risiede il frut­to del suo concepimento naturale, Cristo, nel quale e per il quale ella li genera e sostenta. La solitudine in cui fu tra­sportata dopo il combattimento fu una condizione altissima e piena di misteri, della quale riferirò qualcosa in seguito; difatti, ella soltanto rimase in questo stato e nessun altro ha mai potuto ottenerlo o giungervi. Qui dimorò lontana da ciascun essere e ancor di più dal demonio, che, ignorando il segreto, non riuscì più a tentarla e perseguitarla.

519. Il serpente, però, prima che scomparisse quella pro­digiosa immagine, apprese ogni cosa e a causa di ciò perse la fiducia, in cui la presunzione lo aveva mantenuto per cin­quemila anni, di sconfiggere colei che sarebbe stata la Ma ­dre del Messia. Da questo si può in parte comprendere quale dovette essere l'indignazione dei diavoli, soprattutto quan­do si videro legati ed atterrati dalla persona che con tanto ingegno e furiosa rabbia avevano cercato di far cadere dal­la grazia, impedendole di conseguirne gli effetti per i fede­li. E, nello sforzo di ritirarsi, la bestia diceva: «O donna, dammi l'autorizzazione a sprofondare nelle caverne oscure, perché non posso stare alla tua presenza né mi porrò più al tuo cospetto per tutto il tempo in cui vivrai su questa ter­ra. Hai vinto, o donna, hai vinto, ed io ti riconosco ricolma delle virtù di chi ti elesse come sua genitrice. O Dio, casti­gateci pure voi stesso, poiché a voi non possiamo resistere, ma non servitevi di una creatura così inferiore. La sua ca­rità ci consuma, la sua umiltà ci abbatte: in tutto è una di­mostrazione della vostra misericordia e questo ci tormenta più di molte pene. Su, miei ministri, aiutatemi! Ma che co­sa possiamo fare contro di lei, se le nostre energie non ci permettono nemmeno di ritirarci, finché ella non ci con­senta di scostarci dalla sua intollerabile vista? O stolti uo­mini, perché seguite me e lasciate la vita per la morte, la verità per la menzogna? Come potete procedere in modo tanto assurdo e folle - sì, lo ammetto a mio dispetto - men­tre avete dalla parte vostra e nella vostra natura il Verbo di­vino e costei che mi obbliga ad affermare una realtà da me interamente disprezzata e aborrita? Ciò mi spinge a pensa­re che la vostra ingratitudine sia più grande della mia. Ma­ledetta la decisione che presi di vessare questa discendente di Adamo che tanto mi opprime».

520. Mentre il dragone faceva, suo malgrado, tale con­fessione, san Michele per difendere la suprema causa si ma­nifestò alla guida dei celesti eserciti, che, con le armi dei lo­ro intelletti, sferrarono un'altra battaglia contro le legioni in­fernali, litigando con esse, riprendendole e provando a convincerle nuovamente della loro antica arroganza, della di­sobbedienza commessa nell'empireo e della temerità con cui avevano insidiato Gesù e Maria, sui quali non avevano alcun diritto, poiché entrambi erano scevri di ogni peccato e im­perfezione. L'arcangelo così agendo legittimò le opere della giustizia superna, dichiarandola ineccepibile e senza motivo di dolersi per aver castigato l'apostasia di Lucifero e dei suoi; inoltre maledisse i ribelli e intimò loro la sentenza di puni­zione, confessando il Signore come santo, retto ed onnipo­tente. Essi, invece, difesero la rimostranza e l'audacia della loro superbia, ma tutte le loro argomentazioni si rivelarono false, vane, piene di diabolica presunzione e di errori.

521. Durante questo alterco, all'improvviso si fece si­lenzio; il Re dei re parlò alla Vergine, dicendole: «Mia di­letta, scelta tra tutti dalla mia eterna sapienza come tem­pio santo e mia dimora, voi siete colei che mi ha rivesti­to della vostra natura, ha riparato la perdita del genere umano, ha ricalcato le mie orme e mi ha imitato, ha me­ritato più di tutti gli esseri grazia e doni, che in voi non sono mai stati oziosi o infruttuosi. Voi siete l'oggetto de­gno del mio infinito amore, la protezione della comunità ecclesiale, la sua signora e guida. Avete il mio benestare e il potere che come sovrano ho consegnato alla vostra fe­delissima volontà: comandate perciò al serpente che, men­tre siete in vita, non semini la zizzania degli errori e del­le eresie che ha preparato. Decapitate la sua dura cervice e schiacciategli il capo, perché voglio che durante il vostro pellegrinaggio i credenti godano di questo favore».

522. La prudentissima Principessa eseguì l'ordine e con autorità ingiunse agli spiriti maligni di tacere, di non im­piantare tra i fedeli false sette e di non avere l'ardire di in­gannare nessuno, finché ella fosse stata nel mondo, con le loro sacrileghe dottrine e i loro infondati dogmi. E così in­fatti avvenne, sebbene essi fumanti d'ira avessero inten­zione, per vendicarsi, di spargere proprio allora quel veleno tra i cristiani. Ma l'Altissimo, per l'affetto che portava alla Madre, lo impedì per mano di lei stessa e solo dopo il suo glorioso transito, a causa delle colpe dei mortali pe­sate sulla bilancia dell'equità divina, fu loro concesso di at­tuare il malefico piano.

523. Secondo la narrazione di san Giovanni, il dragone, che porta il nome di satana, fu subito fatto cadere; allon­tanatosi con tutti i suoi ministri dalla presenza della Re­gina giunse sulla terra, dove gli fu permesso di stare, co­me se la catena con cui era legato fosse stata alquanto al­lungata. In quello stesso istante si udì dall'alto la voce di san Michele: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il re­gno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è sta­to precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che 1i ac­cusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo han­no vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla te­stimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli, e voi che abi­tate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». Con queste parole fu proclamato che, per i trionfi di Maria uniti a quelli del suo Unigeni­to, restavano assicurati per i giusti il regno di Dio e gli ef­fetti della redenzione umana. Tale dichiarazione si ebbe quando fu terminata la battaglia e Lucifero fu vinto e sca­raventato quaggiù; difatti, se così non fosse accaduto, sen­za dubbio costui avrebbe reso vani i frutti del riscatto. L'ar­cangelo si rallegrò con i beati, perché erano ormai schiac­ciati la testa e i malvagi propositi del demonio, che ca­lunniava gli uomini, i quali egli chiamò fratelli per la parentela delle due nature, angelica ed umana, rispetto all'a­nima, alla grazia e alla gloria.

524. Il nemico, pretendendo di pervertire i principi del­ la Chiesa , enunciava al cospetto dell'Onnipotente le tra­sgressioni dei discendenti di Adamo, che, avendo ucciso il Messia, non meritavano il perdono e la salvezza, ma al con­trario il castigo dell'eterna dannazione. La dolcissima e cle­mentissima Maestra, però, si oppose a tutto questo guada­gnandoci la fede e la sua propagazione, e l'abbondanza del­la misericordia e dei benefici concessi in virtù della morte di sua Maestà: tesori demeritati dai peccati di quelli che lo crocifissero e di chi non lo accettò come redentore. Michele avvisò gli abitanti della terra con quel doloroso grido di compassione, affinché stessero pronti contro colui che era piombato su di loro con immensa rabbia. L'avversario, do­po aver conosciuto i misteri della redenzione, il potere del­ la Vergine e la pienezza di grazia, di meraviglie e di elar­gizioni con cui si fondava la comunità primitiva, capì che gli restava poco tempo per eseguire i suoi disegni; difatti, da tutti questi prodigiosi eventi scaturì in lui il sospetto che presto avrebbe avuto fine il mondo, oppure che tutti avreb­bero seguito Gesù e si sarebbero valsi dell'intercessione di sua Madre per conseguire la beatitudine senza fine. Ma, ohimé, quale dolore! I mortali sono stati più pazzi, stolti e ingrati di quello che immaginò lo stesso serpente!

525. L 'Evangelista afferma che, quando egli si vide pre­cipitato, progettò di opprimere la donna che aveva partori­to il figlio maschio, ma a lei furono date due ali di una gran­de aquila affinché volasse nella solitudine del deserto, dove sarebbe stata nutrita per un tempo, per due tempi e per la metà di un tempo distante dalla faccia del drago. Quest'ul­timo rigettò subito dalla bocca un copioso fiume d'acqua dietro di lei per travolgerla, se fosse stato possibile. In tale descrizione si palesa meglio la sua rabbia contro l'Altis­simo, la Principessa e i credenti, giacché da parte sua sem­pre arde l'invidia e si innalza la superbia. Allora gli restò ancora malizia per tentare di nuovo la nostra sovrana, se gli fosse stato consentito e se avesse avuto energie sufficienti, ma questa libertà non gli fu accordata; perciò si dice che furono date alla donna due ali d'aquila, perché si recasse nel rifugio preparato per lei. Le ali rappresentavano la for­za donata dal Signore alla Regina per salire dinanzi a lui e poi discendere per distribuire i tesori della grazia.

526. Poiché da quel momento in poi satana non ebbe più il permesso di lusingarla, viene narrato nell'Apocalisse che ella nel suo ritiro stava lontana da lui, e un tempo, due tempi e la metà di un tempo corrispondono a tre an­ni e mezzo, ossia i milleduecentosessanta giorni meno al­cuni. In questo stato, e in altri che riferirò, rimase la Si ­gnora per il resto della sua esistenza peritura. Siccome, però, la bestia non ebbe più speranze di insidiarla, vomitò dietro di lei la sua velenosa perfidia; difatti, dopo che fu sconfitto, si riversò astutamente sui fedeli, perseguitando­li per mezzo dei giudei e dei gentili e specialmente dopo il transito di Maria li inondò con la piena delle eresie e delle false sette che teneva represse nel petto. E così, non avendo la possibilità di sfogare la sua ira, dopo essere sta­to annientato compendiò le sue minacce nella battaglia che decise di darle, vendicandosi su coloro che da lei erano tanto amati.

527. Per questo, immediatamente dopo si dichiara che egli sdegnato andò a combattere contro tutti gli altri di­scendenti della donna, contro coloro che osservano i co­mandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. Poi si arrestò sulla spiaggia del mare, simbolo de­gli innumerevoli idolatri, giudei e pagani, per i quali fa ed ha fatto guerra alla comunità ecclesiale, oltre a quella che le muove occultamente saggiando i suoi membri. Ma la terra ferma e stabile, rappresentata dall'immutabilità della Chiesa e dalla sua incontrastabile verità cattolica, le venne in soccorso, aprendo una voragine ed inghiottendo il fiume lanciato contro di lei. E così infatti avviene, poiché la Chie ­sa, che è la bocca dello Spirito, ha condannato e confuta­to tutti gli errori, le sette e le dottrine false, con le parole e gli insegnamenti che escono da essa per mezzo delle di­vine scritture, dei concili e delle determinazioni dei dotto­ri, dei maestri e dei predicatori del Vangelo.

528. Giovanni racchiuse nel suo libro tutti questi e mol­ti altri misteri, raccontando il duello e le vittorie di sua Al­tezza. Ella, volendo porre fine agli scontri con Lucifero nel cenacolo, benché egli ne fosse stato già cacciato fuori e se ne stesse come legato con la catena da lei tenuta, com­prese che quella era l'occasione opportuna, nonché volontà del suo Unigenito, per scaraventarlo nelle caverne oscure. In forza di tale conoscenza slegò i demoni e con autorità comandò loro di piombare in un istante negli abissi; ap­pena ebbe pronunciato queste parole tutti caddero imme­diatamente negli anfratti più remoti dell'inferno, dove stet­tero per un po' lanciando urla di dispetto e di rabbia. Su­bito i ministri superni incominciarono ad elevare nuovi cantici al Verbo incarnato per i suoi trionfi e per quelli dell'invincibile Principessa; i progenitori, Adamo ed Eva, gli resero grazie per aver eletto quella loro figlia come ma­dre e come riparatrice della rovina che essi avevano cau­sato ai posteri; i patriarchi fecero lo stesso, perché vede­vano adempiuti felicemente e gloriosamente i loro antichi desideri e vaticini; san Gioacchino, sant'Anna e san Giu­seppe con maggior giubilo degli altri glorificarono l'Onni­potente per la figlia e la sposa che aveva loro dato; e tut­ti insieme gli intonarono lodi, confessandolo santo e mirabile nei suoi giudizi. La Vergine si prostrò davanti al tro­no regale e adorò Cristo, palesandogli la sua disponibilità ad adoperarsi nuovamente per il bene dei credenti. Gli chie­se, inoltre, la benedizione e, ottenutala con sublimi effet­ti, la domandò anche ai suoi genitori e al suo sposo, ai quali raccomandò di pregare per tutti i fedeli. Dopo aver accolto tale esortazione, quella celeste compagnia si con­gedò da lei e ritornò nell'empireo.

 

Insegnamento della Regina del cielo

529. Carissima, dopo la ribellione del serpente e dei suoi ebbero inizio nel cielo i conflitti, che si prolunghe­ranno sino alla fine del mondo, tra il regno della luce e quello delle tenebre, tra Gerusalemme e Babilonia. Sua Maestà si costituì capo dei figli della luce, autore della santità e della grazia, mentre satana si assurse a condot­tiero dei figli delle tenebre, autore del peccato e della per­dizione. Ciascuno difende il proprio partito e procura di far crescere i suoi seguaci: l'uno invita con la verità della fede, i favori della grazia, la virtù della santità, i sollievi recati nelle tribolazioni e la speranza certa della beatitu­dine promessa, e inoltre ordina ai suoi angeli di scortare, consolare e proteggere i suoi amici fino a quando non sa­ranno giunti nella sua gloria; l'altro, invece, attira i suoi con falsità, menzogne e tradimenti, e li confonde con tur­pi ed abominevoli vizi, comportandosi nei loro confronti come un vero tiranno, affliggendoli senza tregua ed op­primendoli senza concedere un attimo di respiro. In que­sto modo prepara con disumana crudeltà lacrimevoli tor­menti, che darà loro sia da sé sia per mezzo dei suoi al­leati, finché Dio sarà Dio.

530. Oh, quale dolore! Malgrado questa realtà sia così infallibile e nota, la ricompensa tanto diversa e il premio dell'uno infinitamente distante da quello dell'altro, pochi sono i soldati alla sequela di Gesù, loro legittimo re, capo e modello, mentre sono molti coloro che aderiscono alla fazione di Lucifero, senza che egli abbia dato loro la vita, gli alimenti o qualche rimunerazione, e senza che se lo sia meritato o li abbia obbligati, come, invece, ha fatto e fa il nostro Salvatore. Enorme è l'ingratitudine, stolta l'infedeltà ed infelice la cecità degli uomini! Pur essendo stata con­segnata ad essi la libera volontà di andar dietro al Mae­stro e di potergli essere riconoscenti, si sono associati al maligno, servendolo gratuitamente, aprendogli il cuore e spalancandogli l'ingresso nella casa del Signore, affinché la profani e la distrugga, e trascini alla dannazione gran par­te del mondo.

531. Questa contesa durerà sempre, perché il Principe del­l'eternità non cesserà mai per la sua infinita bontà di soc­correre coloro che ha creato e redento con il suo sangue. È conveniente, però, che egli non combatta da solo, né tan­tomeno per mezzo dei suoi custodi, perché risulta a maggior onore suo e ad esaltazione del suo nome schiacciare e confon­dere l'ostinata superbia del dragone per mano degli stessi mortali, su cui tale nemico pretende di vendicarsi. Io, sem­plice creatura, dopo il mio Unigenito fui guida e maestra di queste battaglie: i diavoli, pieni di orgoglio per il dominio dato loro dal genere umano fin dal peccato originale, furo­no annientati non solo da lui nella vita e nella morte, ma anche da me in nome suo. Con queste vittorie si fondò la comunità ecclesiale in uno stato di eccelsa perfezione, in cui avrebbe perseverato se la negligenza dei discendenti di Adamo non avesse somministrato al demonio, rimasto debilita­to e fragile, una nuova energia, con la quale ancora oggi sconvolge e manda in rovina l'intero universo.

532. Ciononostante il mio diletto non abbandona la co­munità ecclesiale, acquistata con il suo sacrificio, e nep­pure io, che continuamente la guardo come madre e pro­tettrice: vogliamo che fioriscano in essa altre anime pron­te a difendere la gloria del sommo sovrano e a guerreg­giare contro l'inferno per scompigliare ed abbattere i suoi abitanti. Quindi, bramo che tu ti disponga a ciò con l'aiu­to divino, che non ti meravigli della forza dell'avversario né ti avvilisca per la tua miseria e povertà. Sai già come la sua rabbia contro di me sia stata più grande di quella nutrita contro qualsiasi altra persona, o meglio contro tut­te insieme, ma ugualmente lo sgominai con la potenza su­perna; allo stesso modo, dunque, tu potrai fargli fronte. Impegnati a sconfiggerlo per quanto ti spetta, e così l'Al­tissimo ti preparerà per le lotte future. Sappi che la Chie ­sa cattolica non sarebbe arrivata alle angustie del tempo presente, se molti dei suoi figli nutriti e cresciuti nel pro­prio seno si fossero preoccupati di sostenere la causa del­l'Eterno.


10-41 Ottobre 26, 1911 Come Gesù ha bisogno di sfogo nell’amore, e gli sfoghi d’amore, le può versare solo a chi lo ama ed è tutto amore per Lui.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continua a farsi vedere, ma che vuole nascondersi in me per non vedere i mali delle creature. Pareva che mi trovassi fuori di me stessa, e vedevo uomini venerandi, tutti costernati che parlavano della guerra e temevano forte. Poi si faceva vedere la Regina Mamma, ed io: “Bella Mamma mia, che ne sarà della guerra?”

(2) E Lei: “Figlia mia, prega, oh! quanti guai! prega, prega figlia mia”.

(3) Io sono rimasta costernata e pregavo il buon Gesù, ma Gesù pare che non mi vuol dare retta, anzi pare che neppure vuole che si parli di questo, pare solo che vuole ristoro, e ristoro solo d’amore, invece di versare amarezze versa dolcezze, e se si dice: “Voi state pieno d’amarezze, ed a me versate le dolcezze?” Gesù dice:

(4) “Figlia mia, le amarezze le posso sfogare con tutti, ma gli sfoghi d’amore, le dolcezze, le posso versare solo a chi mi ama ed è tutto amore per Me. Non sai tu che anche l’amore è necessità in Me e ne fo bisogno più di tutto?”