Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 27° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 8
1In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.2C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,3Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.
4Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola:5"Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono.6Un'altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità.7Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono.8Un'altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto". Detto questo, esclamò: "Chi ha orecchi per intendere, intenda!".
9I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola.10Ed egli disse: "A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché
'vedendo non vedano
e udendo non intendano'.
11Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio.12I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati.13Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno.14Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione.15Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.
16Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.17Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.18Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere".
19Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.20Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti".21Ma egli rispose: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica".
22Un giorno salì su una barca con i suoi discepoli e disse: "Passiamo all'altra riva del lago". Presero il largo.23Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Un turbine di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo.24Accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: "Maestro, maestro, siamo perduti!". E lui, destatosi, sgridò il vento e i flutti minacciosi; essi cessarono e si fece bonaccia.25Allora disse loro: "Dov'è la vostra fede?". Essi intimoriti e meravigliati si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui che da' ordini ai venti e all'acqua e gli obbediscono?".
26Approdarono nella regione dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea.27Era appena sceso a terra, quando gli venne incontro un uomo della città posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma nei sepolcri.28Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: "Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!".29Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell'uomo. Molte volte infatti s'era impossessato di lui; allora lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti.30Gesù gli domandò: "Qual è il tuo nome?". Rispose: "Legione", perché molti demòni erano entrati in lui.31E lo supplicavano che non ordinasse loro di andarsene nell'abisso.
32Vi era là un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte. Lo pregarono che concedesse loro di entrare nei porci; ed egli lo permise.33I demòni uscirono dall'uomo ed entrarono nei porci e quel branco corse a gettarsi a precipizio dalla rupe nel lago e annegò.34Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nei villaggi.35La gente uscì per vedere l'accaduto, arrivarono da Gesù e trovarono l'uomo dal quale erano usciti i demòni vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù; e furono presi da spavento.36Quelli che erano stati spettatori riferirono come l'indemoniato era stato guarito.37Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Gesù, salito su una barca, tornò indietro.38L'uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo:39"Torna a casa tua e racconta quello che Dio ti ha fatto". L'uomo se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù gli aveva fatto.
40Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui.41Ed ecco venne un uomo di nome Giàiro, che era capo della sinagoga: gettatosi ai piedi di Gesù, lo pregava di recarsi a casa sua,42perché aveva un'unica figlia, di circa dodici anni, che stava per morire. Durante il cammino, le folle gli si accalcavano attorno.43Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era riuscito a guarire,44gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso di sangue si arrestò.45Gesù disse: "Chi mi ha toccato?". Mentre tutti negavano, Pietro disse: "Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia".46Ma Gesù disse: "Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me".47Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l'aveva toccato, e come era stata subito guarita.48Egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata, va' in pace!".
49Stava ancora parlando quando venne uno della casa del capo della sinagoga a dirgli: "Tua figlia è morta, non disturbare più il maestro".50Ma Gesù che aveva udito rispose: "Non temere, soltanto abbi fede e sarà salvata".51Giunto alla casa, non lasciò entrare nessuno con sé, all'infuori di Pietro, Giovanni e Giacomo e il padre e la madre della fanciulla.52Tutti piangevano e facevano il lamento su di lei. Gesù disse: "Non piangete, perché non è morta, ma dorme".53Essi lo deridevano, sapendo che era morta,54ma egli, prendendole la mano, disse ad alta voce: "Fanciulla, alzati!".55Il suo spirito ritornò in lei ed ella si alzò all'istante. Egli ordinò di darle da mangiare.56I genitori ne furono sbalorditi, ma egli raccomandò loro di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto.
Esodo 4
1Mosè rispose: "Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore!".2Il Signore gli disse: "Che hai in mano?". Rispose: "Un bastone".3Riprese: "Gettalo a terra!". Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire.4Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano e prendilo per la coda!". Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano.5"Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe".6Il Signore gli disse ancora: "Introduci la mano nel seno!". Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve.7Egli disse: "Rimetti la mano nel seno!". Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne.8"Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo!9Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta".
10Mosè disse al Signore: "Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua".11Il Signore gli disse: "Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore?12Ora va'! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire".13Mosè disse: "Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!".14Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: "Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo.15Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare.16Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio.17Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi".
18Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: "Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!". Ietro disse a Mosè: "Va' pure in pace!".19Il Signore disse a Mosè in Madian: "Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!".20Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.
21Il Signore disse a Mosè: "Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo.22Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito.23Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!".
24Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire.25Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue".26Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.
27Il Signore disse ad Aronne: "Va' incontro a Mosè nel deserto!". Andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò.28Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l'aveva accreditato.
29Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti.30Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo.31Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.
Salmi 132
1'Canto delle ascensioni.'
Ricordati, Signore, di Davide,
di tutte le sue prove,
2quando giurò al Signore,
al Potente di Giacobbe fece voto:
3"Non entrerò sotto il tetto della mia casa,
non mi stenderò sul mio giaciglio,
4non concederò sonno ai miei occhi
né riposo alle mie palpebre,
5finché non trovi una sede per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe".
6Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata,
l'abbiamo trovata nei campi di Iàar.
7Entriamo nella sua dimora,
prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.
8Alzati, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l'arca della tua potenza.
9I tuoi sacerdoti si vestano di giustizia,
i tuoi fedeli cantino di gioia.
10Per amore di Davide tuo servo
non respingere il volto del tuo consacrato.
11Il Signore ha giurato a Davide
e non ritratterà la sua parola:
"Il frutto delle tue viscere
io metterò sul tuo trono!
12Se i tuoi figli custodiranno la mia alleanza
e i precetti che insegnerò ad essi,
anche i loro figli per sempre
sederanno sul tuo trono".
13Il Signore ha scelto Sion,
l'ha voluta per sua dimora:
14"Questo è il mio riposo per sempre;
qui abiterò, perché l'ho desiderato.
15Benedirò tutti i suoi raccolti,
sazierò di pane i suoi poveri.
16Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti,
esulteranno di gioia i suoi fedeli.
17Là farò germogliare la potenza di Davide,
preparerò una lampada al mio consacrato.
18Coprirò di vergogna i suoi nemici,
ma su di lui splenderà la corona".
Salmi 37
1'Di Davide.'
Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.
3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.
5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.
7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.
12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.
16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.
18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.
20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.
27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.
30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.
34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.
37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.
Amos 5
1Ascoltate queste parole,
questo lamento che io pronunzio su di voi,
o casa di Israele!
2È caduta, non si alzerà più,
la vergine d'Israele;
è stesa al suolo,
nessuno la fa rialzare.
3Poiché così dice il Signore Dio:
La città che usciva con mille uomini
resterà con cento
e la città di cento
resterà con dieci, nella casa d'Israele.
4Poiché così dice il Signore alla casa d'Israele:
Cercate me e vivrete!
5Non rivolgetevi a Betel,
non andate a Gàlgala,
non passate a Bersabea,
perché Gàlgala andrà tutta in esilio
e Betel sarà ridotta al nulla.
6Cercate il Signore e vivrete,
perché egli non irrompa come fuoco
sulla casa di Giuseppe e la consumi
e nessuno spenga Betel!
7Essi trasformano il diritto in veleno
e gettano a terra la giustizia.
8Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione,
cambia il buio in chiarore del mattino
e stende sul giorno l'oscurità della notte;
colui che comanda alle acque del mare
e le spande sulla terra,
Signore è il suo nome.
9Egli fa cadere la rovina sulle fortezze
e fa giungere la devastazione sulle cittadelle.
10Essi odiano chi ammonisce alla porta
e hanno in abominio chi parla secondo verità.
11Poiché voi schiacciate l'indigente
e gli estorcete una parte del grano,
voi che avete costruito case in pietra squadrata,
non le abiterete;
vigne deliziose avete piantato,
ma non ne berrete il vino,
12perché so che numerosi sono i vostri misfatti,
enormi i vostri peccati.
Essi sono oppressori del giusto, incettatori di ricompense
e respingono i poveri nel tribunale.
13Perciò il prudente in questo tempo tacerà,
perché sarà un tempo di sventura.
14Cercate il bene e non il male,
se volete vivere,
e così il Signore, Dio degli eserciti,
sia con voi, come voi dite.
15Odiate il male e amate il bene
e ristabilite nei tribunali il diritto;
forse il Signore, Dio degli eserciti,
avrà pietà del resto di Giuseppe.
16Perciò così dice il Signore,
Dio degli eserciti, il Signore:
In tutte le piazze vi sarà lamento,
in tutte le strade si dirà: Ah! ah!
Si chiamerà l'agricoltore a fare il lutto
e a fare il lamento quelli che conoscono la nenia.
17In tutte le vigne vi sarà lamento,
perché io passerò in mezzo a te,
dice il Signore.
18Guai a coloro che attendono il giorno del Signore!
Che sarà per voi il giorno del Signore?
Sarà tenebre e non luce.
19Come quando uno fugge davanti al leone
e s'imbatte in un orso;
entra in casa, appoggia la mano sul muro
e un serpente lo morde.
20Non sarà forse tenebra e non luce
il giorno del Signore,
e oscurità senza splendore alcuno?
21Io detesto, respingo le vostre feste
e non gradisco le vostre riunioni;
22anche se voi mi offrite olocausti,
io non gradisco i vostri doni
e le vittime grasse come pacificazione
io non le guardo.
23Lontano da me il frastuono dei tuoi canti:
il suono delle tue arpe non posso sentirlo!
24Piuttosto scorra come acqua il diritto
e la giustizia come un torrente perenne.
25Mi avete forse offerto vittime
e oblazioni nel deserto
per quarant'anni, o Israeliti?
26Voi avete innalzato Siccùt vostro re
e Chiiòn vostro idolo,
la stella dei vostri dèi che vi siete fatti.
27Ora, io vi manderò in esilio
al di là di Damasco, dice il Signore,
il cui nome è Dio degli eserciti.
Atti degli Apostoli 4
1Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei,2irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti.3Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera.4Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila.
5Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi,6il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti.7Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: "Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?".8Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: "Capi del popolo e anziani,9visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute,10la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo.11Questo Gesù è
'la pietra che, scartata' da voi, 'costruttori,
è diventata testata d'angolo.'
12In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati".
13Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù;14quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere.15Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo:16"Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo.17Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui".18E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù.19Ma Pietro e Giovanni replicarono: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi;20noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato".21Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando motivi per punirli, li rilasciarono a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto.22L'uomo infatti sul quale era avvenuto il miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni.
23Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.24All'udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: "Signore, tu che 'hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi',25tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide:
'Perché si agitarono le genti
e i popoli tramarono cose vane?'
26'Si sollevarono i re della terra
e i principi si radunarono insieme,
contro il Signore e contro il suo Cristo;'
27davvero in questa città 'si radunarono' insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele,28per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse.29Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola.30Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù".
31Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.
32La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.33Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia.34Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto35e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.
36Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa "figlio dell'esortazione", un levita originario di Cipro,37che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.
Capitolo XLVI: Affidarsi a Dio quando spuntano parole che feriscono
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, sta saldo e fermo, e spera in me. Che altro sono, le parole, se non parole?: volano al vento, ma non intaccano la pietra. Se sei in colpa, pensa ad emendarti di buona voglia; se ti senti innocente, considera di doverle sopportare lietamente per amor di Dio. Non è gran cosa che tu sopporti talvolta almeno delle parole, tu che non sei capace ancora di sopportare forti staffilate. E perché mai cose tanto da nulla ti feriscono nell'animo, se non perché tu ragioni ancora secondo la carne e dai agli uomini più importanza di quanto sia giusto? Solo per questo, perché hai paura che ti disprezzino, non vuoi che ti rimproverino dei tuoi falli e cerchi di nasconderti dietro qualche scusa. Se guardi più a fondo in te stesso, riconoscerai che il mondo e il vano desiderio di piacere agli uomini sono ancora vivi dentro in te. Se rifuggi dall'esser poco considerato e dall'esser rimproverato per i tuoi difetti, segno è che non sei sinceramente umile né veramente morto al mondo, e che il mondo è per te crocefisso. Ascolta, invece la mia parola e non farai conto neppure di diecimila parole umane. Ecco, anche se molte cose si potessero inventare e dire, con malizia grande, contro di te, che male ti potrebbero fare esse, se tu le lasciassi del tutto passare, non considerandole più che una pagliuzza? Ti potrebbero forse strappare anche un solo capello? Chi non ha spirito di interiorità e non tiene Iddio dinanzi ai suoi occhi, questi si lascia scuotere facilmente da una parola offensiva. Chi invece, senza ricercare il proprio giudizio, si affida a me, questi sarà libero dal timore degli uomini. Sono io, infatti, il giudice, cui sono palesi tutti i segreti; io so come è andata la cosa; io conosco, sia colui che offende sia colui che patisce l'offesa. Quella parola è uscita da me; quel che è avvenuto, è avvenuto perché io l'ho permesso, "affinché fossero rivelati gli intimi pensieri di tutti" (Lc 2,35). Sono io che giudicherò il colpevole e l'innocente; ma voglio che prima siano saggiati, e l'uno e l'altro, al mio arcano giudizio.
2. La testimonianza degli uomini sbaglia frequentemente. Il mio giudizio, invece, è veritiero; resterà e non muterà. Nascosto, per lo più, o aperto via via a pochi, esso non sbaglia né può sbagliare, anche se può sembrare ingiusto agli occhi di chi non ha la sapienza. A me dunque si ricorra per ogni giudizio e non ci si fidi del proprio criterio. Il giusto, infatti non resterà turbato, "qualunque cosa gli venga" da Dio (Pro 12,21). Qualunque cosa sia stata ingiustamente portata contro di lui, non se ne darà molto pensiero; così come non si esalterà vanamente, se, a buon diritto, sarà scagionato da altri. Il giusto considera, infatti, che "sono io colui che scruta i cuori e le reni" (Ap 2,23); io, che non giudico secondo superficiale apparenza umana. Invero, sovente ai miei occhi apparirà condannabile ciò che, secondo il giudizio umano, passa degno di lode. O Signore Dio, "giudice giusto, forte e misericordioso" (Sal 7,12), tu che conosci la fragilità e la cattiveria degli uomini, sii la mia forza e tutta la mia fiducia, ché non mi basta la mia buona coscienza. Tu sai quello che io non so; per questo avrei dovuto umiliarmi dinanzi ad ogni rimprovero e sopportarlo con mansuetudine. Per tutte le volte che mi comportai in tal modo, perdonami, nella tua benevolenza, e dammi di nuovo la grazia di una più grande sopportazione. In verità, a conseguire il perdono, la tua grande misericordia mi giova di più che non mi giovi una mia supposta santità a difesa della mia segreta coscienza. Ché, "pur quando non sentissi di dovermi nulla rimproverare", non potrei per questo ritenermi giusto (1 Cor 4,4); perché, se non fosse per la tua misericordia, "nessun vivente sarebbe giusto, al tuo cospetto" (Sal 142,2).
LETTERA 206: Agostino raccomanda il vescovo Felice a Valerio, conte dell'Africa.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta forse nel 420.
Agostino raccomanda il vescovo Felice a Valerio, conte dell'Africa.
A VALERIO, SIGNORE MERITAMENTE ILLUSTRE ED ECCELLENTISSIMO E FIGLIO CARISSIMO IN CRISTO, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE
1. Ogni qualvolta le persone mi chiedono che le raccomandi alla tua bontà e alla tua protezione, non mi pare d'avere una giusta stima della tua clemenza verso coloro che hanno bisogno dell'aiuto o della benevolenza che nutri verso di noi, se non lo faccio. Per tal ragione lo faccio e non esito a raccomandare all'Eccellenza tua specialmente i ministri di Cristo che governano la Chiesa 1 di cui tu - e ne godiamo - sei coerede e figlio, o Signore meritamente illustre ed eccellentissimo e figlio carissimo in Cristo. Avendomi quindi chiesto questo favore Felice, nostro santo fratello e collega di episcopato, ho creduto mio dovere non rifiutarglielo. Ti raccomando dunque un vescovo di Cristo che ha bisogno dell'appoggio dell'Eccellenza tua. Fa' dunque tutto quel che puoi, dal momento che il Signore ti ha concesso una grandissima influenza e ben sappiamo che brami assai di farti dei meriti presso di Lui.
1 - Rm 8, 17.
13 - La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1223. Mentre il nostro salvatore Gesù si trovava presso l'orto degli
Ulivi, pregando il suo eterno Padre e sollecitando la salvezza di tutto
il genere umano, Giuda si affrettava a farlo catturare e a consegnarlo
ai sommi sacerdoti ed ai farisei. E poiché Lucifero con i suoi demoni
non poté dissuadere la perversa volontà del malvagio discepolo e degli
altri dall'intento di togliere la vita al loro Creatore e maestro, la
sua antica superbia mutò disegno, ed agendo con nuova malizia infuse
empie suggestioni nei giudei, affinché con maggior crudeltà e con
atrocissime ingiurie tormentassero Cristo. Il dragone - come si è detto
finora - già nutriva il pieno sospetto che quell'uomo così eccezionale
fosse il Messia e vero Dio. Per non rimanere in questo dubbio, cercava
allora nuove prove contro il Signore per mezzo di violenti insulti, che
riversò nell'immaginazione dei giudei e dei loro ministri, comunicando
ad essi la sua indicibile invidia. In quest'occasione tutto si adempì
conformemente a quanto lasciò scritto Salomone nel libro della Sapienza.
Il demonio, infatti, pensò che se Cristo non era Dio, ma semplice uomo,
avrebbe ceduto alla persecuzione ed ai tormenti, ed egli così lo
avrebbe vinto; se invece lo era, avrebbe manifestato la sua identità
liberandosi e operando nuovi prodigi.
1224. L'empia temerarietà di Lucifero accese ardentemente
l'invidia dei sommi sacerdoti e degli scribi. Essi adunarono rapidamente
una turba di gente e designando Giuda come capo condottiero lo
fornirono di un distaccamento di soldati gentili, di un tribuno e di
molti altri giudei, affinché tutti quanti andassero a prendere
l'innocentissimo Agnello. Sua Maestà stava proprio attendendo
quell'evento, leggendo i pensieri ed osservando i disegni dei sacrileghi
sommi sacerdoti, come aveva espressamente profetizzato Geremia. Quegli
esemplari di malvagità uscirono allora dalla città e si avviarono verso
il monte degli Ulivi con fiaccole accese e lanterne, armati e muniti di
funi e catene, come l'ideatore del tradimento aveva consigliato loro,
temendo nella perfidia e nella slealtà di cui era intriso che il suo
mansuetissimo Maestro, da lui reputato stregone e mago, operasse qualche
miracolo per sfuggirgli dalle mani. Di certo, contro la divina potenza
non sarebbero stati efficaci le armi e i preparativi degli uomini,
qualora il Signore avesse voluto far uso di essa, come avrebbe potuto e
come aveva fatto in altre occasioni prima di giungere a quell'ora
stabilita per consegnarsi di propria volontà alla passione, alle
ignominie ed alla morte di croce.
1225. Mentre quelli si avvicinavano, sua Maestà ritornò per
la terza volta dai suoi discepoli e, trovandoli di nuovo addormentati,
disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il
Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi,
andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». Il Maestro della santità
disse queste parole ai tre apostoli prediletti, con somma pazienza,
mansuetudine e dolcezza. E quelli, trovandosi confusi, come dice il
sacro testo, non sapevano che cosa rispondergli. Subito si alzarono ed
il Salvatore con loro tre tornò ad unirsi agli altri otto, nel luogo
dove li aveva lasciati; ma trovò pure loro addormentati, vinti ed
oppressi dal sonno per la grande tristezza che soffrivano. Comandò
allora che tutti uniti sotto il loro Capo, in forma di congregazione e
di corpo mistico, andassero incontro ai nemici. In questo modo insegnava
loro la virtù che deve esercitare una comunità perfetta per vincere il
demonio e i suoi seguaci e non essere sopraffatta; difatti, una
cordicella a tre capi, come dice il libro del Qoèlet, non si rompe tanto
presto ed a colui che contro di uno è potente due potranno resistere:
questo è il vantaggio del vivere in compagnia di altri. Il Signore
ammonì di nuovo tutti gli apostoli e li avvertì su quanto stava per
accadere. E subito si sentì lo strepito dei soldati e degli anziani che
venivano a prenderlo. Sua Maestà avanzò di alcuni passi per andare loro
incontro, ed iniziando un intimo monologo con ammirevole affetto,
maestoso valore e suprema pietà disse: «Passione desiderata dall'anima
mia, dolori, piaghe, obbrobri, pene, afflizioni ed ignominiosa morte
venite ormai! Venite, venite presto, perché l'ardente amore che porto
agli uomini, per la loro salvezza, vi attende. Avvicinatevi
all'innocente fra tutte le creature, a chi conosce il vostro valore e vi
ha tanto cercato, desiderato e sollecitato, e vi riceve con gaudio e di
propria volontà: vi ho comprato con le mie brame di possedervi e vi
apprezzo per quanto meritate. Voglio riparare al disprezzo che di voi si
ha e nobilitarvi, elevandovi a dignità molto eminente. Venga la morte,
affinché io, accettandola senza meritarla, riporti il trionfo su di essa
e meriti la vita a coloro ai quali fu data per castigo del peccato.
Permetto che mi abbandonino i miei amici, perché io solo voglio e posso
entrare in battaglia, per guadagnare a tutti il trionfo e la vittoria».
1226. Mentre Gesù diceva queste ed altre parole, gli si
accostò per primo Giuda, dando a tutti quelli che lo avevano seguito il
segnale prestabilito: il Maestro era colui al quale si sarebbe
avvicinato per salutarlo, dandogli il finto bacio di pace, come era
solito fare. Quindi avrebbero potuto catturarlo subito, senza scambiarlo
per un altro. L'infelice discepolo prese tutte queste precauzioni non
solo per l'avidità del denaro e per l'odio che nutriva verso sua Maestà,
ma anche per il timore che aveva. Lo sciagurato reputò, infatti, che,
se Cristo non fosse morto, per lui sarebbe stato impossibile ritornare
alla sua presenza e stargli dinanzi. Temendo allora questa confusione
più della morte della sua anima e del suo divin Maestro, per non vedersi
in quello stato vergognoso, bramava di portare subito a compimento il
suo tradimento e far morire l'Autore della vita per mano dei suoi
nemici. Si avvicinò, dunque, il traditore al mansuetissimo Signore e,
come insigne artefice d'ipocrisia, dissimulando l'inimicizia, gli diede
un bacio sul viso e gli disse: «Dio ti salvi, Maestro». E con questo
perfido atto terminò l'istruzione del processo della perdizione di Giuda
che si giustificò senza più l'intervento di Dio, perché d'allora in poi
gli venissero sempre meno la grazia e gli aiuti divini. La sfrontatezza
e la temerarietà del malvagio discepolo giunsero fino al sommo grado
della malizia, perché egli negando interiormente, anzi misconoscendo, la
sapienza increata di Cristo nostro Signore riguardo alla conoscenza del
suo tradimento, e il potere che aveva di annichilirlo, pretese di
nascondere la sua malvagità con la finta amicizia di vero discepolo: e
ciò al fine di consegnare ad una morte tanto vergognosa e crudele il suo
Creatore e maestro, da cui aveva ricevuto grandi benefici e verso il
quale si trovava tanto obbligato. Questo tradimento fu il compendio di
tanti gravi peccati scaturiti da una malizia di calibro ineguagliabile:
egli fu infedele, omicida, sacrilego, ingrato, disumano, disubbidiente,
falso, mendace, avido, empio, antesignano di tutti gli ipocriti, e come
tale si comportò verso la persona del Dio incarnato.
1227. Da parte del Signore restarono sempre giustificate la
sua ineffabile misericordia e l'equità della sua giustizia, con cui
adempì eminentemente le parole di Davide: Troppo io ho dimorato con chi
detesta la pace. Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono
la guerra. Sua Maestà espletò ciò in modo così eccelso che
all'avvicinarsi di Giuda, con la dolcissima risposta che gli diede -
«Amico, per questo sei qui!» - e per intercessione della sua santissima
Madre, inviò al suo cuore una nuova illuminazione. Egli ebbe modo così
di conoscere l'atrocissima perversità del suo tradimento e le pene che
per essa lo aspettavano, se non si fosse ravveduto con una vera
penitenza che - se avesse voluto farla - gli avrebbe fatto ritrovare
misericordia e perdono nella divina clemenza. Queste parole di Cristo,
nostro bene, risuonarono nel cuore di Giuda come un'ammonizione che
possiamo formulare con l'espressione: «Amico, riconosci che ti perdi e
ti rendi inutile, con questo tradimento, la mia liberale mansuetudine.
Se vuoi la mia amicizia non te la negherò, appena sentirai il dolore del
tuo peccato. Considera la tua temerarietà nel tradirmi con un finto
gesto di pace, e con un bacio di falsa amicizia. Ricordati dei benefici
ricevuti dal mio amore; ricordati che sono figlio della Vergine, dalla
quale sei stato tanto vezzeggiato ed aiutato, durante il mio apostolato,
con gli avvertimenti e i consigli di madre amorosa. Per lei sola non
avresti dovuto commettere un tradimento tale qual è quello di vendere e
consegnare il Figlio suo: ella non ti offese mai, e la sua dolcissima
carità e la sua mansuetudine non meritano che tu commetta un oltraggio
così enorme. E sebbene tu lo abbia fatto, non disprezzare la sua
intercessione, poiché questa sola sarà potente presso di me, e per lei
io ti offro il perdono e la vita che per te molte volte ella mi ha
chiesto. Persuaditi che ti amiamo, e sappi che ti trovi ancora in un
luogo di speranza e che non ti negheremo la nostra amicizia, se tu lo
vorrai. Altrimenti meriterai il nostro disprezzo, il tuo castigo e la
tua eterna pena». Queste parole così sublimi non fecero presa sullo
sciagurato cuore dell'infelice discepolo, più duro di un diamante e più
disumano di una belva; egli opponendo resistenza alla divina clemenza
giunse a quella disperazione di cui parlerò nel capitolo seguente.
1228. Quando l'Autore della vita, che si trovava con i suoi
discepoli, fu baciato da Giuda, la truppa dei soldati, avuto il segno di
riconoscimento, si mosse per arrestarlo. Vennero a trovarsi faccia a
faccia, gli uni dirimpetto agli altri, come i due squadroni più opposti e
contrari che mai vi siano stati al mondo. Da una parte vi era Cristo,
nostro Signore, vero Dio e vero uomo, come capo di tutti i giusti,
accompagnato dagli undici apostoli, che erano e dovevano essere gli
uomini migliori e più valorosi della sua Chiesa; era assistito anche da
una innumerevole schiera di spiriti angelici che, meravigliati dello
spettacolo, lo benedivano ed adoravano. Dall'altra parte si faceva
avanti, seguito da molti gentili e dagli anziani giudei, Giuda, autore
del tradimento, armato d'ipocrisia e di ogni malvagità, pronto a
metterle in atto con ferocia. In questo squadrone avanzava anche, con un
gran numero di demoni, Lucifero, incitando ed addestrando Giuda e i
suoi alleati, perché intrepidi mettessero le sacrileghe mani addosso al
loro Creatore. Sua Maestà parlò ai soldati con grande coraggio ed
autorità e con una incredibile propensione al patire dicendo: «Chi
cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono
io!». In questa risposta d'incomparabile valore e felicità per il genere
umano, Cristo si dichiarò nostro salvatore, dandoci il pegno sicuro
della nostra redenzione e la ferma speranza dell'eterna salvezza, la
quale dipendeva solamente dall'offrirsi di propria volontà alla passione
e alla morte di croce.
1229. I nemici non poterono intendere tale mistero, né
capire il legittimo senso delle sue parole, ma lo compresero la sua
beatissima Madre, gli angeli e in gran parte anche gli apostoli. E fu
come quando l'Onnipotente disse al profeta Mosè: «Io sono colui che
sono!, perché sono da me stesso, e tutte le creature ricevono da me il
loro essere e la loro esistenza. Sono eterno, immenso, infinito, uno
nella sostanza e negli attributi, e mi sono fatto uomo nascondendo la
mia gloria per operare, per mezzo della passione e morte che mi volete
dare, la redenzione del mondo». Quando il Signore pronunziò quella
parola in virtù della sua divinità, i nemici non gli poterono resistere.
Entrata nelle loro orecchie, caddero tutti con la testa e col dorso a
terra; e non solo furono scaraventati i soldati, ma anche i cani che
conducevano ed alcuni cavalli che montavano: tutti caddero a terra,
restando immobili come pietre. Lucifero e i suoi demoni furono anch'essi
atterrati e rovesciati, patendo nuovamente confusione e tormento. In
questo stato rimasero quasi mezzo quarto d'ora, senza segno di vita,
come se fossero stati morti. Oh, misteriosa parola della sapienza
divina, più che invincibile nella potenza! Non si vanti alla tua
presenza il saggio della sua saggezza e della sua astuzia, e non si
vanti il forte della sua forza; si umilii la vanità e l'arroganza dei
figli di Babilonia, poiché una sola parola della bocca del Signore,
proferita con tanta mansuetudine ed umiltà, confonde, annienta e
distrugge tutto il potere degli uomini e dell'inferno. Comprendiamo,
figli della Chiesa, che le vittorie di Cristo si ottengono confessando
la verità, bandendo l'ira, praticando la sua mitezza e la sua umiltà di
cuore e vincendo con l'essere vinti, con semplicità di colombe, con la
quiete e la sottomissione delle pecorelle, senza la resistenza dei lupi
rabbiosi e sanguinari.
1230. Il nostro Salvatore, con gli undici apostoli, rimase
ad osservare l'effetto della sua divina parola nella rovina di quegli
uomini, esemplari di malvagità. Sua Maestà con viso addolorato vide
riflesso in essi il castigo dei reprobi, ed ascoltando l'intercessione
della sua dolcissima Madre li lasciò rialzare, poiché tutto questo aveva
disposto l'eterna volontà. E quando quelli ritornarono in sé, egli
pregò l'onnipotente Dio e disse: «Padre mio, nelle mie mani avete posto
tutte le cose, e nella mia volontà la redenzione umana che la vostra
giustizia vuole. Io intendo soddisfarla pienamente con tutto me stesso, e
consegnarmi alla morte per guadagnare ai miei fratelli la
partecipazione dei vostri tesori e l'eterna felicità che avete preparato
per loro». Con la forza di questa volontà l'Altissimo lasciò che tutta
quella canaglia di uomini, demoni ed altri animali si alzasse per
ritornare nello stato in cui si trovava prima di cascare a terra. E il
nostro Salvatore domandò loro per la seconda volta: «Chi cercate?».
Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io.
Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Con queste
parole permise ai soldati che lo prendessero, ed eseguissero il suo
volere, incomprensibile ad essi: caricare sulla sua divina persona tutti
i nostri dolori e tutte le nostre sofferenze.
1231. Il primo uomo che villanamente avanzò per mettere le
mani addosso all'Autore della vita e catturarlo fu un servo dei sommi
sacerdoti, chiamato Malco. E benché tutti gli altri apostoli fossero
turbati ed afflitti dal timore, ciò non impedì a san Pietro di
accendersi tutto di zelo per onorare e difendere il suo divin Maestro.
Sfoderando una spada, tirò un colpo a Malco e gli recise un orecchio
troncandoglielo del tutto. La sferzata avrebbe causato una maggior
ferita se la provvidenza divina - del Maestro della pazienza e della
mansuetudine non l'avesse deviata. Sua Maestà non permise però che in
quell'occasione subentrassero la sofferenza o la morte di qualcun'altro
all'infuori delle sue, delle sue piaghe e del suo sangue, poiché egli
veniva a redimere tutto il genere umano, dando a tutti la vita eterna se
avessero voluto accettarla. Non rientrava, infatti, nella sua volontà e
nella sua dottrina che la sua persona fosse difesa con armi offensive, e
che restasse questo esempio nella sua Chiesa come modo primario per
difenderla. A conferma di tutto ciò e di quanto aveva insegnato, prese
l'orecchio reciso e lo restituì al servo Malco, rimettendoglielo al suo
posto perfettamente sano, anzi ancor meglio di prima. Gesù allora si
volse a riprendere san Pietro dicendogli: «Rimetti la tua spada nel
fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada per ferire
periranno di spada. Non vuoi che io beva il calice che mi ha dato mio
Padre? Pensi forse che io non gli possa domandare molte legioni di
angeli in mia difesa, e che egli non me le invierebbe subito? Ma come si
adempirebbero allora le Scritture e le profezie?».
1232. Da questa dolce correzione san Pietro fu illuminato
ed istruito per fondare e difendere la Chiesa, di cui era capo, con le
armi spirituali, poiché la legge del Vangelo non insegnava a combattere
né a vincere con armi materiali, ma con l'umiltà, la pazienza, la
mansuetudine e la perfetta carità, superando il demonio, il mondo e la
carne. Mediante queste vittorie la forza divina trionfa sui suoi nemici,
sulla potenza e sull'astuzia di questo mondo, dal momento che
difendersi e offendere con le armi non è dei seguaci di Cristo nostro
Signore, ma dei principi della terra bramosi di nuove conquiste: il
coltello della Chiesa deve essere quello spirituale, che tocchi le anime
anziché i corpi. Quindi Cristo nostro Signore si volse verso i suoi
nemici e i capi dei giudei e, parlando loro con grande autorevolezza,
disse: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per
catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare e
predicare, e non mi avete arrestato. Ma questa è la vostra ora, è
l'impero delle tenebre». Tutte le parole del nostro Salvatore,
specialmente quelle che proferì in occasione della sua passione e morte,
erano di notevole spessore per gli arcani misteri che racchiudevano, e
non è possibile comprenderle tutte né dichiararle.
1233. Questi uomini avvezzi al peccato con il rimprovero
del divin Maestro avrebbero ben potuto addolcirsi e confondersi, ma non
lo fecero, perché erano terra maledetta e sterile, priva della rugiada
delle virtù e della vera pietà. Tuttavia l'Autore della vita volle
riprenderli ed insegnar ad essi la verità, perché la loro perfidia fosse
meno scusabile, e alla presenza della somma santità e giustizia quel
peccato ed altri commessi non restassero senza ammonimento ed essi non
andassero via senza quella benefica medicina, se fossero stati disposti
ad accettarla. Inoltre questa riprensione sarebbe servita a far
conoscere che egli sapeva tutto quanto doveva succedere e che di sua
spontanea volontà si abbandonava alla morte, consegnandosi liberamente
nelle mani di coloro che gliela procuravano. Per tutto questo e per
altri altissimi fini, sua Maestà pronunciò quelle parole, parlando al
cuore di quegli uomini malvagi come colui che aveva la capacità di
penetrarlo e di scovare la loro malizia, l'odio che contro di lui
avevano concepito e la causa della loro invidia. Questa era stata
particolarmente scatenata dall'aver ripreso i vizi dei sacerdoti e dei
farisei, dall'aver insegnato al popolo la verità e il cammino della vita
eterna, dall'aver attirato con la sua dottrina, con il suo esempio e
con i suoi miracoli la volontà di tutti gli uomini umili e pii, e
dall'aver ricondotto molti peccatori alla sua amicizia e alla sua
grazia. Quindi era chiaro che colui che aveva il potere di operare
queste cose in pubblico l'avrebbe avuto anche per far sì che senza la
sua volontà non lo potessero prendere nel Getsèmani. Egli, infatti, non
aveva lasciato che lo prendessero nel tempio e nella città dove
predicava, non essendo arrivata l'ora stabilita dalla sua volontà per
dare il permesso agli uomini ed ai demoni. E proprio perché aveva loro
concesso in quel preciso momento di essere catturato, disprezzato,
afflitto e maltrattato disse: «Questa è la vostra ora, è l'impero delle
tenebre». E fu come se avesse detto loro: «Sinora è stato necessario che
io dimorassi con voi come maestro per vostro insegnamento, e perciò non
ho consentito che mi toglieste la vita. Ma ora voglio compiere con la
mia morte l'opera della redenzione umana, che il mio eterno Padre mi ha
commissionato; e perciò vi permetto di catturarmi e di eseguire su di me
la vostra volontà». Così presero il mansuetissimo agnello e,
assalendolo come tigri feroci, lo legarono, lo strinsero con funi e
catene e lo condussero alla casa del sommo sacerdote, come dirò in
seguito.
1234. La purissima Madre era attentissima a quello che
succedeva nella cattura di Cristo nostro bene, mediante la chiara
visione che le rendeva tutto manifesto come se fosse stata presente con
il corpo. Ella per la sapienza infusa penetrava tutti i misteri
racchiusi nelle parole del suo santissimo Figlio e le opere che egli
eseguiva. Quando vide che quello squadrone di soldati, seguito dalla
folla, si era diretto verso la casa del sommo sacerdote, la
prudentissima Signora, prevedendo le irriverenze e gli oltraggi che
tutti costoro avrebbero compiuto verso il Creatore e redentore, invitò i
suoi e molti altri angeli affinché assieme a lei rendessero culto di
adorazione e di lode al Signore delle creature, per riparare le ingiurie
e le offese con cui avrebbe dovuto essere trattato da quegli uomini
malvagi, principi delle tenebre. Diede lo stesso avviso alle donne che
con lei stavano pregando, e manifestò loro come appunto in quell'ora il
suo santissimo Figlio consentisse ai suoi nemici che lo prendessero e lo
maltrattassero, eseguendo tutto ciò con deplorevole empietà e crudeltà
di peccatori. Con l'assistenza dei santi angeli e delle pie donne, la
religiosa Regina fece mirabili atti di fede, di amore e di devozione
internamente ed esternamente, confessando, lodando, adorando e
magnificando la divinità infinita e l'umanità santissima di Gesù. E così
le sante donne la imitavano nelle genuflessioni e prostrazioni che
faceva, e gli spiriti celesti rispondevano ai cantici con i quali ella
onorava il suo amantissimo Figlio. E mentre da un lato i figli della
malvagità offendevano sua Maestà con ingiurie ed irriverenze, dall'altro
la pietosa Madre lo ripagava con lodi e venerazione. Nello stesso tempo
ella placava anche la divina giustizia, affinché non si accendesse di
sdegno e d'ira contro i persecutori di Cristo, e non li distruggesse;
difatti, solamente Maria santissima poté trattenere il castigo di quelle
offese.
1235. La gran Signora con la sua intercessione non solo
poté spegnere lo sdegno del giusto giudice, ma riuscì ad ottenere anche
favori e privilegi per quegli uomini che lo irritavano, e a far sì che
la divina clemenza rendesse loro bene per male, mentre essi recavano a
Cristo nostro Signore male per bene, in retribuzione della sua dottrina e
dei suoi benefici. Questa misericordia giunse al sommo grado per lo
sleale ed ostinato Giuda. Difatti, vedendo la divina Madre che egli lo
tradiva con il bacio di finta amicizia e che con la sua immondissima
bocca, dove poco prima era stato lo stesso Signore sacramentato, si
permetteva di toccare il venerabile volto di Gesù, trapassata dal dolore
e vinta dalla carità pregò il medesimo Signore di dare un nuovo aiuto a
Giuda. E così, se lo avesse accettato, non si sarebbe perduto chi era
arrivato a tale felicità, qual era quella di toccare in quel modo il
viso che desiderano guardare perfino gli angeli. Alla richiesta di Maria
santissima, suo Figlio inviò grandi benefici al discepolo traditore che
- come già si è detto - li ricevette al momento della consegna del
Maestro. E se lo sciagurato li avesse accolti ed avesse incominciato a
corrispondervi, questa Madre di misericordia gliene avrebbe ottenuti
molti di più, e infine anche il perdono della sua malvagità, come fa con
altri grandi peccatori che a lei desiderano dare questa gloria e
guadagnare per sé quella eterna. Ma Giuda non giunse a questa sapienza e
perse tutto, come dirò nel capitolo seguente.
1236. Quando la Regina dei cieli vide che in forza della
parola divina caddero a terra tutti gli anziani e i soldati, venuti a
prendere Gesù, compose con gli angeli un altro maestoso cantico, in cui
esaltava la potenza infinita e le virtù della santissima umanità di
Cristo. In questo inno elogiava la vittoria riportata dall'Altissimo
quando aveva sommerso nel Mar Rosso il faraone con tutte le sue truppe, e
lodava il proprio figlio e vero Dio, che come Signore degli eserciti e
delle vittorie voleva darsi in preda ai patimenti ed alla morte per
redimere nel più mirabile modo il genere umano dalla schiavitù di
Lucifero. Maria poi elevò una preghiera al Signore, chiedendogli di
rialzare e far ritornare in sé tutti coloro che erano stati rovesciati
ed atterrati. Ella lo fece in primo luogo perché mossa dalla sua
liberalissima pietà e dalla fervorosa compassione per quegli uomini, che
il Signore aveva creato a propria immagine e somiglianza;
secondariamente perché avrebbe adempiuto la legge della carità insegnata
e praticata dal suo Figlio e maestro: perdonare ai nemici e fare del
bene ai persecutori; infine perché si dovevano compiere le profezie e le
scritture relative al mistero della redenzione umana. E benché tutto
questo fosse infallibile, non vi è alcuna contraddizione nel fatto che
Maria santissima lo chiedesse e che per le sue preghiere l'Altissimo si
sentisse sollecitato a dispensare questi benefici: nella sapienza
infinita e nei decreti della sua eterna volontà tutto era previsto ed
ordinato per tali mezzi e suppliche. Non è necessario che io mi
trattenga ancora a dare ulteriori spiegazioni, perché certo non vi
sarebbe stato un modo più conveniente per ottenere l'intervento della
divina provvidenza. Nel momento in cui i soldati presero e legarono il
nostro Salvatore, la purissima Madre sentì nelle sue mani i dolori delle
corde e delle catene, come se fosse stata legata e stretta anch'ella; e
lo stesso accadde riguardo ai colpi ed ai tormenti che andava ricevendo
il Signore. Questa pena che avvertiva nel corpo, concessale in forma di
privilegio - come è stato detto sopra e come si vedrà nel corso della
passione -, le fu in parte di sollievo, perché l'amore gliene avrebbe
arrecato una più grande nell'anima, se ella non avesse patito assieme al
proprio Figlio in quel modo.
Insegnamento della Regina del cielo
1237. Figlia mia, con tutto quello che vai scrivendo e
comprendendo per mezzo del mio insegnamento, ti appresti ad istruire il
processo contro tutti i mortali, e contro di te se come loro non ti
spoglierai della rozzezza e della villania, e non supererai
l'ingratitudine, meditando giorno e notte la passione, i dolori e la
morte di Gesù crocifisso. Questa è la sapienza dei santi, ignorata dagli
uomini del mondo; questo è il pane della vita e dell'intelletto, che
sazia i piccoli e dà loro scienza, lasciando vuoti e famelici i superbi
amatori del secolo. In tale dottrina desidero che tu sia sollecita e
sapiente, poiché da essa ti verranno tutti i beni. Il mio figlio e
Signore insegnò l'ordine di questo arcano mistero quando disse: «lo sono
la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di
me». Dimmi ora, o carissima: se il mio divin Maestro si fece via e vita
degli uomini, per mezzo della passione e morte che patì per loro, non è
forse necessario che, per seguire il suo stesso cammino e professare la
sua verità, tutti passino per Cristo crocifisso, afflitto, flagellato e
disonorato? Considera, dunque, l'ignoranza dei mortali: vogliono
giungere al Padre senza passare per il suo Unigenito; vogliono regnare
con sua Maestà senza aver patito e aver preso parte alle sue pene, e
senza neppure ricordare la sua passione e morte, provandola in qualche
modo o mostrandone una vera gratitudine. E vorrebbero allora che essa
giovasse loro per poter godere, nella vita presente ed in quella eterna,
i piaceri e la gloria, mentre il Creatore ha patito fortissimi dolori e
atroci sofferenze per entrarvi ed ha lasciato questo esempio per aprire
ad essi la strada della luce.
1238. Il riposo non è compatibile con la vergogna di non
aver lavorato, per chi avrebbe dovuto acquistarlo solo con questo mezzo.
Non è vero figlio colui che non imita il proprio padre, né servo fedele
chi non obbedisce al proprio padrone, né discepolo chi non segue il
proprio maestro, né io reputo come mio devoto colui che non prende parte
a quanto abbiamo sofferto mio Figlio ed io. Anzi l'amore con cui noi
procuriamo la salvezza eterna agli uomini ci obbliga, vedendoli così
dimentichi di questa verità e tanto avversi al patire, ad inviare loro
tribolazioni e pene, affinché se non le amano spontaneamente, almeno le
accettino e soffrano forzatamente: solamente per questa via entreranno
nel cammino sicuro di quel riposo eterno che tanto desiderano. Eppure
ciò non basta: l'inclinazione e l'amore cieco per le cose visibili e
terrene trattengono i mortali, li ostacolano e li rendono tardi e duri
di cuore, assopendo in essi la memoria, l'attenzione e gli affetti, e
impedendo che si innalzino al di sopra di se stessi e di tutto ciò che è
transeunte. Da qui scaturisce la motivazione per cui non trovano
serenità nelle tribolazioni, né sollievo nei travagli, né consolazione
nelle pene, né quiete nelle avversità, perché aborriscono tutto ciò e
non cercano niente che sia penoso, come invece bramavano i santi, che si
gloriavano nelle tribolazioni come chi arrivasse al coronamento dei
propri desideri. In molti fedeli questa insipienza va anche oltre,
perché alcuni chiedono di essere infiammati dell'amore di Dio, altri che
siano loro perdonate molte colpe, altri ancora che vengano loro
concessi grandi benefici: richieste che non possono essere esaudite
perché non le domandano nel nome di Cristo mio Signore, imitandolo ed
accompagnandolo nella sua passione.
1239. Abbraccia dunque, figlia mia, la croce, e senza di
essa non accettare alcuna consolazione nella tua vita mortale. Imitami,
secondo la luce che hai e l'obbligo in cui ti pongo di sentire e
meditare la passione del Signore: per tale via ascenderai alla vetta
della perfezione e guadagnerai l'amore di sposa. Benedici e magnifica il
mio santissimo Figlio per l'amore con cui si consegnò per la salvezza
dell'umanità. I mortali riflettono poco su questo mistero, ma io come
testimone ti avverto che il mio santissimo Figlio, se tralasci il suo
ardente desiderio di salire alla destra dell'eterno Padre, nessuna cosa
gradiva e bramava tanto quanto quella di offrirsi ai patimenti della
morte di croce, dandosi a tal fine in potere dei nemici. Voglio anche
che deplori, con intimo dolore, che Giuda nelle sue scelleratezze e
perfidie abbia più seguaci di Cristo. Molti sono gli infedeli, molti i
cattivi cattolici, molti gli ipocriti che con il nome di cristiani
vendono e tradiscono, e nuovamente vogliono crocifiggere il mio
santissimo Figlio. Piangi per tutti questi mali che senti e conosci,
affinché anche in ciò tu mi possa imitare e seguire.
24-47 Settembre 28, 1928 Chi vive nel Voler Divino può formare la luce. Ogni verità sopra di Esso contiene una felicità distinta l’una dall’altra.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Il mio abbandono nel Fiat Divino è continuo, mi sembra che Esso non mi lascia neppure un’istante, ed io sentendo in me e sopra di me la sua luce, la sua forza creatrice, la sua vita che mentre sta in me tiene sempre da darmi, e che cosa mi dà? Mi dà sempre nuova luce, nuova forza creatrice, nuova crescenza della sua stessa vita, in modo che mi sento come una spugna inzuppata di Volontà Divina, e ad onta che il mio dolce Gesù mi tiene quasi priva della sua adorabile presenza, o al più qualche lampo fuggitivo, la luce del suo Fiat Divino non mi lascia mai, e se il mio povero cuore si sente in atto d’affogarsi per il dolore d’essere priva di Gesù, la luce del Fiat dardeggia più forte e mi eclissa il dolore, e sentendomi inseparabile da Esso mi fa seguire i suoi atti divini. Onde, mentre seguivo gli atti del Voler Divino, il mio amato e sommo bene Gesù, uscendo da dentro la luce del suo Fiat mi ha detto:
(2) “Figlia mia, come l’anima si mette in atto di fare il suo atto nella mia Divina Volontà, si mette nella sorgente della luce di Essa e vi forma la sua luce, e se tu sapessi che significa poter formare la luce, qual gloria, qual onore, che la creatura acquisti la virtù di poter formare la luce, a nessuno è dato di poter formare la luce, solo per chi vive nel mio Voler Divino, perché Esso nutrisce l’anima di luce, e lei, nutrendosi di luce acquista il dono e la proprietà naturale di formare la luce, ed oh! com’è dilettevole per Noi vedere che la creatura, nella sorgente della nostra luce forma la sua per darcela a Noi e dirci: “Maestà Adorabile, luce eterna tu sei e luce mi dai, ed io ti porto la mia piccola luce come il più grande omaggio, l’amore più intenso, che premendo la spugna del mio piccolo essere impregnata nella tua luce, vi forma la mia per darla a Te”. Quindi tra l’anima e Dio si formano tante belle scene di luce, con l’armonia di tutti i colori che la luce possiede. Che cosa non possiede la luce? Colori, dolcezze, profumi, gusti d’ogni specie, sicché le scene si alternano, una più bella dell’altra, ecco perciò che il vivere nel mio Fiat Divino richiama in sé il principio della Creazione e ci ripete le gioie, le feste del principio di Essa, la creatura entra nell’ordine nostro, negli atti nostri e ci dà gioie e felicità, e Noi andiamo suggellando sulla sua fronte la nostra somiglianza”.
(3) Dopo di ciò seguivo i miei atti nel Divin Volere, ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, grazie grandi ho fatto a te e per mezzo tuo a tutto il mondo nel manifestarti tante verità sulla mia Divina Volontà, perché non solo le mie verità sono vite divine che la mia somma bontà mette fuori, e biloca questa sua vita per quante verità manifesta, ma dette vite contengono ciascuna di esse una felicità distinta l’una dall’altra da comunicare alle creature, ed una gloria diversa l’una dall’altra che le creature possono dare a Colui che l’ha manifestato; ma queste felicità saranno comunicate alle creature quando conosceranno queste verità. Esse stanno come tante regine, ciascuna delle quali possiede proprietà distese e distinte l’una dall’altra, e stanno aspettando che i popoli conoscano che esistono queste regine, e che contengono le loro proprietà e sospirano e vogliono di arricchire e rendere felici coloro, per cagione dei quali, sono state messe fuori dal nostro seno divino. E se tu sapessi come resta soffocato il nostro amore nell’aver sprigionato tante felicità dal nostro seno paterno, per quante verità abbiamo manifestato, e vedere che le creature non godono queste felicità, né ci danno la gloria che dovrebbero darci, perché loro ignorano un tanto bene, e solo perché non vogliono occuparsi a fare conoscere un bene e grazie sì grandi, questo è un dolore per Noi che tu non puoi comprendere, perciò prega, prega incessantemente che la mia Divina Volontà sia conosciuta e regni in mezzo alle creature, affinché come padre possa spezzare il pane della felicità ai figli miei”.