Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

€” Quanta malizia c'è in me!... €” Resta pure in questa convinzione, umiliati ma non ti agitare. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 27° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 16

1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù.2Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole.3Esse dicevano tra loro: "Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?".4Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande.5Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura.6Ma egli disse loro: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto.7Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto".8Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

9Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni.10Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto.11Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.
12Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna.13Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere.
14Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.
15Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.17E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,18prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.


Secondo libro dei Re 4

1Una donna, moglie di uno dei profeti, gridò a Eliseo: "Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il suo creditore per prendersi come schiavi i due miei figli".2Eliseo le disse: "Che posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa". Quella rispose: "In casa la tua serva non ha altro che un orcio di olio".3Le disse: "Su, chiedi in prestito vasi da tutti i tuoi vicini, vasi vuoti, nel numero maggiore possibile.4Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli; versa olio in tutti quei vasi; i pieni mettili da parte".5Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi porgevano ed essa versava.6Quando i vasi furono pieni, disse a un figlio: "Porgimi ancora un vaso". Le rispose: "Non ce ne sono più". L'olio cessò.7Essa andò a riferire la cosa all'uomo di Dio, che le disse: "Va', vendi l'olio e accontenta i tuoi creditori; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà".
8Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era una donna facoltosa, che l'invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei.9Essa disse al marito: "Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi.10Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare".11Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò.12Egli disse a Ghecazi suo servo: "Chiama questa Sunammita". La chiamò ed essa si presentò a lui.13Eliseo disse al suo servo: "Dille tu: Ecco hai avuto per noi tutta questa premura; che cosa possiamo fare per te? C'è forse bisogno di intervenire in tuo favore presso il re oppure presso il capo dell'esercito?". Essa rispose: "Io sto in mezzo al mio popolo".14Eliseo replicò: "Che cosa si può fare per lei?". Ghecazi disse: "Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio".15Eliseo disse: "Chiamala!". La chiamò; essa si fermò sulla porta.16Allora disse: "L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio". Essa rispose: "No, mio signore, uomo di Dio, non mentire con la tua serva".17Ora la donna rimase incinta e partorì un figlio, proprio alla data indicata da Eliseo.
18Il bambino crebbe e un giorno uscì per andare dal padre fra i mietitori.19Egli disse al padre: "La mia testa, la mia testa!". Il padre ordinò a un servo: "Portalo dalla mamma".20Questi lo prese e lo portò da sua madre. Il bambino stette sulle ginocchia di costei fino a mezzogiorno, poi morì.21Essa salì a stenderlo sul letto dell'uomo di Dio; chiuse la porta e uscì.22Chiamò il marito e gli disse: "Su, mandami uno dei servi e un'asina; voglio correre dall'uomo di Dio; tornerò subito".23Quegli domandò: "Perché vuoi andare oggi? Non è il novilunio né sabato". Ma essa rispose: "Addio".24Fece sellare l'asina e disse al proprio servo: "Conducimi, cammina, non fermarmi durante il tragitto, a meno che non te l'ordini io".25Si incamminò; giunse dall'uomo di Dio sul monte Carmelo. Quando l'uomo di Dio la vide da lontano, disse a Ghecazi suo servo: "Ecco la Sunammita!26Su, corrile incontro e domandale: Stai bene? Tuo marito sta bene? E tuo figlio sta bene?". Quella rispose: "Bene!".27Giunta presso l'uomo di Dio sul monte, gli afferrò le ginocchia. Ghecazi si avvicinò per tirarla indietro, ma l'uomo di Dio disse: "Lasciala stare, perché la sua anima è amareggiata e il Signore me ne ha nascosto il motivo; non me l'ha rivelato".28Essa disse: "Avevo forse domandato io un figlio al mio signore? Non ti dissi forse: Non mi ingannare?".
29Eliseo disse a Ghecazi: "Cingi i tuoi fianchi, prendi il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno, non salutarlo; se qualcuno ti saluta, non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo".30La madre del ragazzo disse: "Per la vita del Signore e per la tua vita, non ti lascerò". Allora quegli si alzò e la seguì.31Ghecazi li aveva preceduti; aveva posto il bastone sulla faccia del ragazzo, ma non c'era stato un gemito né altro segno di vita. Egli tornò verso Eliseo e gli riferì: "Il ragazzo non si è svegliato".32Eliseo entrò in casa. Il ragazzo era morto, steso sul letto.33Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore.34Quindi salì, si distese sul ragazzo; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani nelle mani di lui e si curvò su di lui. Il corpo del bambino riprese calore.35Quindi si alzò e girò qua e là per la casa; tornò a curvarsi su di lui; il ragazzo starnutì sette volte, poi aprì gli occhi.36Eliseo chiamò Ghecazi e gli disse: "Chiama questa Sunammita!". La chiamò e, quando essa gli giunse vicino, le disse: "Prendi tuo figlio!".37Quella entrò, cadde ai piedi di lui, gli si prostrò davanti, prese il figlio e uscì.
38Eliseo tornò in Gàlgala. Nella regione imperversava la carestia. Mentre i figli dei profeti stavano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: "Metti la pentola grande e cuoci una minestra per i figli dei profeti".39Uno di essi andò in campagna per cogliere erbe selvatiche e trovò una specie di vite selvatica: da essa colse zucche agresti e se ne riempì il mantello. Ritornò e gettò i frutti a pezzi nella pentola della minestra, non sapendo cosa fossero.40Si versò da mangiare agli uomini, che appena assaggiata la minestra gridarono: "Nella pentola c'è la morte, uomo di Dio!". Non ne potevano mangiare.41Allora Eliseo ordinò: "Portatemi della farina". Versatala nella pentola, disse: "Danne da mangiare alla gente". Non c'era più nulla di cattivo nella pentola.
42Da Baal-Salisa venne un individuo, che offrì primizie all'uomo di Dio, venti pani d'orzo e farro che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: "Dallo da mangiare alla gente".43Ma colui che serviva disse: "Come posso mettere questo davanti a cento persone?". Quegli replicò: "Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche".44Lo pose davanti a quelli, che mangiarono, e ne avanzò, secondo la parola del Signore.


Sapienza 13

1Davvero stolti per natura tutti gli uomini
che vivevano nell'ignoranza di Dio.
e dai beni visibili non riconobbero colui che è,
non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere.
2Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile
o la volta stellata o l'acqua impetuosa
o i luminari del cielo
considerarono come dèi, reggitori del mondo.
3Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro Signore,
perché li ha creati lo stesso autore della bellezza.
4Se sono colpiti dalla loro potenza e attività,
pensino da ciò
quanto è più potente colui che li ha formati.
5Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia si conosce l'autore.
6Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero,
perché essi forse s'ingannano
nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo.
7Occupandosi delle sue opere, compiono indagini,
ma si lasciano sedurre dall'apparenza,
perché le cosa vedute sono tanto belle.
8Neppure costoro però sono scusabili,
9perché se tanto poterono sapere da scrutare l'universo,
come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?

10Infelici sono coloro le cui speranze sono in cose morte
e che chiamarono dèi i lavori di mani d'uomo,
oro e argento lavorati con arte,
e immagini di animali,
oppure una pietra inutile, opera di mano antica.
11Se insomma un abile legnaiuolo,
segato un albero maneggevole,
ne raschia con diligenza tutta la scorza
e, lavorando con abilità conveniente,
ne forma un utensile per gli usi della vita;
12raccolti poi gli avanzi del suo lavoro,
li consuma per prepararsi il cibo e si sazia.
13Quanto avanza ancora, buono proprio a nulla,
legno distorto e pieno di nodi,
lo prende e lo scolpisce per occupare il tempo libero;
senza impegno, per diletto, gli dà una forma,
lo fa simile a un'immagine umana
14oppure a quella di un vile animale.
Lo vernicia con minio, ne colora di rosso la superficie
e ricopre con la vernice ogni sua macchia;
15quindi, preparatagli una degna dimora,
lo pone sul muro, fissandolo con un chiodo.
16Provvede perché non cada,
ben sapendo che non è in grado di aiutarsi da sé;
esso infatti è solo un'immagine e ha bisogno di aiuto.
17Eppure quando prega per i suoi beni,
per le sue nozze e per i figli,
non si vergogna di parlare a quell'oggetto inanimato;
per la sua salute invoca un essere debole,
18per la sua vita prega un morto:
per un aiuto supplica un essere inetto,
per il suo viaggio chi non può neppure camminare;
19per acquisti, lavoro e successo negli affari,
chiede abilità ad uno che è il più inabile di mani.


Salmi 104

1Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
2avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
3costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
4fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.

5Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
6L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
7Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
8Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
9Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.

10Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
11ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
12Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.

13Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
14Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
15il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.

16Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
17Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
18Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.

19Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
20Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
21ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
22Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
23Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.

24Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
25Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
26Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.

27Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
28Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
29Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
30Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

31La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
32Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
33Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
34A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.

35Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.


Isaia 34

1Avvicinatevi, popoli, per udire,
e voi, nazioni, prestate ascolto;
ascolti la terra e quanti vi abitano,
il mondo e quanto produce!
2Poiché il Signore è adirato contro tutti i popoli
ed è sdegnato contro tutti i loro eserciti;
li ha votati allo sterminio, li ha destinati al massacro.
3I loro uccisi sono gettati via,
si diffonde il fetore dei loro cadaveri;
grondano i monti del loro sangue.
4Tutta la milizia celeste si dissolve,
i cieli si arrotolano come un libro,
tutti i loro astri cadono
come cade il pampino della vite,
come le foglie avvizzite del fico.
5Poiché nel cielo si è inebriata la spada del Signore,
ecco essa si abbatte su Edom,
su un popolo che egli ha votato allo sterminio per fare giustizia.
6La spada del Signore è piena di sangue,
è imbrattata di grasso,
del sangue di agnelli e di capri,
delle viscere grasse dei montoni,
perché si compie un sacrificio al Signore in Bozra,
una grande ecatombe nel paese di Edom.
7Cadono bisonti insieme con essi,
giovenchi insieme con tori.
La loro terra si imbeve di sangue,
la polvere si impingua di grasso.
8Poiché è il giorno della vendetta del Signore,
l'anno della retribuzione per l'avversario di Sion.
9I torrenti di quel paese si cambieranno in pece,
la sua polvere in zolfo,
la sua terra diventerà pece ardente.
10Non si spegnerà né di giorno né di notte,
sempre salirà il suo fumo;
per tutte le generazioni resterà deserta,
mai più alcuno vi passerà.
11Ne prenderanno possesso il pellicano e il riccio,
il gufo e il corvo vi faranno dimora.
Il Signore stenderà su di essa la corda della solitudine
e la livella del vuoto.
12Non ci saranno più i suoi nobili,
non si proclameranno più re,
tutti i suoi capi saranno ridotti a nulla.
13Nei suoi palazzi saliranno le spine,
ortiche e cardi sulle sue fortezze;
diventerà una tana di sciacalli,
un recinto per gli struzzi.
14Gatti selvatici si incontreranno con iene,
i satiri si chiameranno l'un l'altro;
vi faranno sosta anche le civette
e vi troveranno tranquilla dimora.
15Vi si anniderà il serpente saettone, vi deporrà le uova,
le farà dischiudere e raccoglierà i piccoli alla sua ombra;
vi si raduneranno anche gli sparvieri,
l'uno in cerca dell'altro;
16cnessuno si farà attendere.
16aCercate nel libro del Signore e leggete:
nessuno di essi vi manca,
poiché la bocca del Signore lo ha comandato
e il suo spirito li raduna.
17Egli ha distribuito loro la parte in sorte,
la sua mano ha diviso loro il paese con tutta esattezza,
lo possederanno per sempre,
lo abiteranno di generazione in generazione.


Atti degli Apostoli 21

1Appena ci fummo separati da loro, salpammo e per la via diretta giungemmo a Cos, il giorno seguente a Rodi e di qui a Pàtara.2Trovata qui una nave che faceva la traversata per la Fenicia, vi salimmo e prendemmo il largo.3Giunti in vista di Cipro, ce la lasciammo a sinistra e, continuando a navigare verso la Siria, giungemmo a Tiro, dove la nave doveva scaricare.4Avendo ritrovati i discepoli, rimanemmo colà una settimana, ed essi, mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non andare a Gerusalemme.5Ma quando furon passati quei giorni, uscimmo e ci mettemmo in viaggio, accompagnati da tutti loro con le mogli e i figli sin fuori della città. Inginocchiati sulla spiaggia pregammo, poi ci salutammo a vicenda;6noi salimmo sulla nave ed essi tornarono alle loro case.7Terminata la navigazione, da Tiro approdammo a Tolemàide, dove andammo a salutare i fratelli e restammo un giorno con loro.
8Ripartiti il giorno seguente, giungemmo a Cesarèa; ed entrati nella casa dell'evangelista Filippo, che era uno dei Sette, sostammo presso di lui.9Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia.10Eravamo qui da alcuni giorni, quando giunse dalla Giudea un profeta di nome Àgabo.11Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: "Questo dice lo Spirito Santo: l'uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani".12All'udir queste cose, noi e quelli del luogo pregammo Paolo di non andare più a Gerusalemme.13Ma Paolo rispose: "Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non soltanto a esser legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù".14E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: "Sia fatta la volontà del Signore!".

15Dopo questi giorni, fatti i preparativi, salimmo verso Gerusalemme.16Vennero con noi anche alcuni discepoli da Cesarèa, i quali ci condussero da un certo Mnasóne di Cipro, discepolo della prima ora, dal quale ricevemmo ospitalità.
17Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.18L'indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c'erano anche tutti gli anziani.19Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.20Quand'ebbero ascoltato, essi davano gloria a Dio; quindi dissero a Paolo: "Tu vedi, o fratello, quante migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla legge.21Ora hanno sentito dire di te che vai insegnando a tutti i Giudei sparsi tra i pagani che abbandonino Mosè, dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non seguire più le nostre consuetudini.22Che facciamo? Senza dubbio verranno a sapere che sei arrivato.23Fa' dunque quanto ti diciamo: vi sono fra noi quattro uomini che hanno un voto da sciogliere.24Prendili con te, compi la purificazione insieme con loro e paga tu la spesa per loro perché possano radersi il capo. Così tutti verranno a sapere che non c'è nulla di vero in ciò di cui sono stati informati, ma che invece anche tu ti comporti bene osservando la legge.25Quanto ai pagani che sono venuti alla fede, noi abbiamo deciso ed abbiamo loro scritto che si astengano dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, da ogni animale soffocato e dalla impudicizia".
26Allora Paolo prese con sé quegli uomini e il giorno seguente, fatta insieme con loro la purificazione, entrò nel tempio per comunicare il compimento dei giorni della purificazione, quando sarebbe stata presentata l'offerta per ciascuno di loro.

27Stavano ormai per finire i sette giorni, quando i Giudei della provincia d'Asia, vistolo nel tempio, aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando:28"Uomini d'Israele, aiuto! Questo è l'uomo che va insegnando a tutti e dovunque contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo; ora ha introdotto perfino dei Greci nel tempio e ha profanato il luogo santo!".29Avevano infatti veduto poco prima Tròfimo di Èfeso in sua compagnia per la città, e pensavano che Paolo lo avesse fatto entrare nel tempio.30Allora tutta la città fu in subbuglio e il popolo accorse da ogni parte. Impadronitisi di Paolo, lo trascinarono fuori del tempio e subito furono chiuse le porte.31Stavano già cercando di ucciderlo, quando fu riferito al tribuno della coorte che tutta Gerusalemme era in rivolta.32Immediatamente egli prese con sé dei soldati e dei centurioni e si precipitò verso i rivoltosi. Alla vista del tribuno e dei soldati, cessarono di percuotere Paolo.33Allora il tribuno si avvicinò, lo arrestò e ordinò che fosse legato con due catene; intanto s'informava chi fosse e che cosa avesse fatto.34Tra la folla però chi diceva una cosa, chi un'altra. Nell'impossibilità di accertare la realtà dei fatti a causa della confusione, ordinò di condurlo nella fortezza.35Quando fu alla gradinata, dovette essere portato a spalla dai soldati a causa della violenza della folla.36La massa della gente infatti veniva dietro, urlando: "A morte!".
37Sul punto di esser condotto nella fortezza, Paolo disse al tribuno: "Posso dirti una parola?". "Conosci il greco?, disse quello,38Allora non sei quell'Egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli?".39Rispose Paolo: "Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza. Ma ti prego, lascia che rivolga la parola a questa gente".40Avendo egli acconsentito, Paolo, stando in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un grande silenzio, rivolse loro la parola in ebraico dicendo:


Capitolo XIV: Evitare i giudizi temerari

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1. Rivolgi gli occhi a te stesso e stai attento a non giudicare quel che fanno gli altri. In tale giudizio si lavora senza frutto; frequentemente ci si sbaglia e facilmente si cade in peccato. Invece, nel giudizio e nel vaglio di se stessi, si opera sempre fruttuosamente. Spesso giudichiamo secondo un nostro preconcetto; e così, per un nostro atteggiamento personale, perdiamo il criterio della verità. Se il nostro desiderio fosse diretto soltanto a Dio, non ci lasceremmo turbare così facilmente dalla resistenza opposta dal nostro senso umano. Di più, spesso, c'è qualcosa, già nascosto, latente in noi, o sopravveniente dall'esterno, che ci tira di qua o di là. Molti, in tutto ciò che fanno, cercano se stessi, senza neppure accorgersene. Sembrano essere in perfetta pace quando le cose vanno secondo i loro desideri e i loro gusti; se, invece, vanno diversamente, subito si agitano e si rattristano.

2. Avviene di frequente che nascono divergenze tra amici e concittadini, persino tra persone pie e devote, per diversità nel modo di sentire e di pensare. Giacché è difficile liberarsi da vecchi posizioni abituali, e nessuno si lascia tirare facilmente fuori dal proprio modo di vedere. Così, se ti baserai sui tuoi ragionamenti e sulla tua esperienza, più che sulla forza propria di Gesù Cristo, raramente e stentatamente riuscirai ad essere un uomo illuminato; Dio vuole, infatti, che noi ci sottomettiamo perfettamente a lui, e che trascendiamo ogni nostro ragionamento grazie ad un fiammeggiante amore.


LETTERA 209: Agostino al papa Celestino congratulandosi per la sua elezione pacifica e unanime

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta forse all'inizio del 423.

Agostino al papa Celestino congratulandosi per la sua elezione pacifica e unanime (n. 1) ed esponendogli il caso di Antonio, giovane vescovo dei Fussalesi, convertiti dal Donatismo: colui, privato dell'amministrazione della propria diocesi a causa di gravi colpe, s'era appellato alla Sede Apostolica (nn. 2-8). Agostino scongiura perciò il papa di mantenere in vigore la sentenza pronunciata contro di quello (nn. 9-10).

AL SANTO PADRE CELESTINO, SIGNORE BEATISSIMO, DEGNO DI VENERAZIONE E DI AMORE, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE

Si congratula con Celestino.

1. Anzitutto mi congratulo con i tuoi meriti, per il fatto che il Signore ti ha collocato su codesta Sede, senza alcuna scissione tra i suoi fedeli. In secondo luogo ragguaglio la Santità tua sui fatti che ci riguardano, affinché tu ci venga in aiuto, non solo con la preghiera, ma altresì col consiglio e con la tua autorità. Invio la presente alla Beatitudine tua trovandomi in una gran tribolazione poiché, volendo giovare ad alcuni membri di Cristo d'una località vicina a noi, agendo da incauto e da imprudente, ho provocato loro un grave danno.

Perché Agostino fece ordinare vescovo il giovane Antonio.

2. Confinante col territorio d'Ippona v'è una borgata detta Fussala. Finora non c'era mai stato alcun vescovo, ma apparteneva alla diocesi d'Ippona, con tutto il territorio contiguo. La regione aveva pochi cattolici, mentre tutte le altre comunità, che lì erano molto numerose, appartenevano disgraziatamente all'eresia donatista, sicché nella medesima borgata non c'era affatto nessun cattolico. È avvenuto che tutti quei luoghi tornassero, per misericordia di Dio, all'unità della Chiesa; attraverso quante nostre fatiche e pericoli sarebbe troppo lungo spiegarlo; basti dire che i sacerdoti, stabilitivi da noi in principio per ricondurre gli abitanti all'unità, sono stati depredati, bastonati, storpiati, accecati, uccisi. Le loro sofferenze però non sono state né inutili né sterili, essendo stata raggiunta l'unità. Ma detta borgata dista quaranta miglia da Ippona e io, per governare i suoi fedeli e per ricondurre quei pochi rimanenti scismatici, dell'uno e dell'altro sesso, che si sbandavano non più minacciosi ma solo ritrosi, vedevo che esplicavo la mia attività in un campo più vasto di quanto avrei dovuto, e non ero in grado d'usare quella debita diligenza che capivo si dovesse usare con criteri molto ben determinati; per questi motivi mi preoccupai che fosse ordinato un vescovo che si stabilisse in quel luogo.

Giovane lettore ordinato invece del designato.

3. Per questo scopo cercavo una persona adatta e confacente per quella località, che sapesse bene la lingua punica; avevo anche un prete, proclive allo scopo che avevo in mente. Scrissi allora al santo vegliardo, che in quel tempo era primate della Numidia, pregandolo - come ottenni - che venisse da lontano per ordinarlo. Quando il primate si trovò lì presente tra noi, e tutti gli animi erano in trepidante attesa d'un avvenimento sì importante, il prete, che mi pareva disposto, all'ora fissata non volle più saperne e ci piantò in asso opponendo un netto rifiuto. Io avrei dovuto certamente rimandare la cosa, come poi dimostrarono i fatti, anziché precipitare una faccenda sì rischiosa, ma siccome non volevo che il reverendissimo e venerando vegliardo, giunto a noi con tanta fatica, se ne tornasse a casa senza compiere la funzione per la quale era venuto da tanto lontano, presentai ai fedeli, senza che me lo avessero chiesto, un giovane chiamato Antonio che, allora, si trovava con me, educato bensì da noi nel nostro monastero fin dall'infanzia, ma ch'era ancora soltanto lettore, e non era conosciuto per nessun altro grado e per nessun'altra attività nel clericato. Quei poveri fedeli che non sospettavano quanto sarebbe accaduto, si affidarono con la massima arrendevolezza a me che loro lo presentavo. Basta: fu ordinato e cominciò ad essere il loro vescovo.

Il giovane vescovo accusato di gravi colpe.

4. Che dovrei ora fare? Da un lato non voglio aggravare, presso la Santità tua, la condizione d'una persona da me stesso allevata; dall'altra non voglio abbandonare a se stessi i fedeli che ho aiutati a ritornare all'unità a prezzo di tante ansie e di tanti dolori; ma non mi è possibile trovare in qual modo fare l'una e l'altra cosa. Ed ecco perché: la faccenda giunse a uno scandalo così grave, che vennero qui da noi a presentare delle accuse contro di lui quegli stessi che, nell'accettarlo come vescovo, avevano ottemperato al nostro consiglio, pensando di procurare il proprio bene. Poiché però, in quei processi, non poterono provarsi affatto certe accuse capitali rinfacciategli non dai fedeli di chi è vescovo, ma da certi altri individui, e sembrava che si fosse discolpato anche degli altri capi di accusa, che gli venivano addebitati con acceso malanimo, fece tanta compassione non solo a noi, ma anche agli altri, che non credemmo a nessuna delle accuse mossegli dagli abitanti della borgata e della contrada, circa l'intollerabile prepotenza esercitata su di loro, le rapine e le altre oppressioni e vessazioni di cui lo accusavano; per tutte queste accuse, e per tutte le altre accumulate insieme, non ci parve giusto di deporlo dall'episcopato, ma ci limitammo a ordinargli di restituire le cose che si fosse provato essere state rubate.

Antonio esonerato dalla carica.

5. Alla fine abbiamo mitigato i nostri verdetti in modo che, lasciandogli la piena dignità episcopale, non rimanessero del tutto impunite certe azioni che non si sarebbero dovute compiere in seguito di nuovo da lui medesimo né essere proposte all'imitazione degli altri. Gli abbiamo pertanto lasciata intatta la dignità episcopale dato che è giovane e può emendarsi ma, poiché dev'essere castigato, gli abbiamo diminuito la potestà, in modo che non fosse più a capo di coloro coi quali s'era comportato in maniera tale ch'erano tanto esacerbati da non poter sopportare in alcun modo che fosse il loro capo e mostravano che l'incapacità di sopportare il dolore sarebbe forse potuta sboccare in qualche delitto con pericolo di loro e di lui. Siffatto loro stato d'animo si è manifestato con molta evidenza anche allorché i vescovi hanno discusso il suo caso con quelli, dato che l'illustrissimo Celere, del cui prepotente modo d'agire contro di lui s'era lamentato Antonio, non esercita più alcuna carica né in Africa né in alcun altro luogo.

Il papa usi clemenza verso Antonio.

6. Ma perché dilungarmi? Aiutaci, ti scongiuro, a risolvere questo caso con l'augusta tua pietà, Padre santo, degno d'essere venerato con la dovuta carità, e dà ordine che ti vengano lette tutte le relazioni che ti sono state inviate. Considera come ha adempiuto l'ufficio di vescovo, come si è sottomesso alla nostra sentenza in forza della quale è stato scomunicato, fino a quando non fosse restituita ogni cosa agli abitanti di Fussala, e come subito dopo ha messo da parte una somma di monete d'oro superiore a quella stabilita dai verbali perché gli fosse resa la comunione ecclesiale; considera con quanta accortezza ha saputo convincere quel santo vegliardo del nostro primate, persona di grande prudenza, sì da indurlo a prestargli fede in tutto fino al punto di raccomandarlo, come se fosse del tutto innocente, al venerabile papa Bonifacio. Considera inoltre tutte le altre circostanze che non occorre siano ricordate da me, avendole già riferite alla Santità tua il suddetto venerabile primate.

Calunnie di Antonio verso Agostino.

7. D'altra parte, in relazione ai numerosi verbali in cui è registrato il processo da noi svolto nei suoi confronti, avrei maggior motivo di temere che tu possa avere l'impressione che noi abbiamo preso provvedimenti meno severi di quanto sarebbe stato necessario, se non ti conoscessi tanto incline all'indulgenza, che crederai opportuno perdonare non solo a noi, che siamo stati indulgenti con lui, ma anche a lui stesso. Egli però tenta di valersi del trattamento benevolo, o addirittura troppo debole, usato nei suoi riguardi come d'un precedente da cui possa derivare un suo diritto. " O mi si doveva lasciare nella mia cattedra - va egli protestando a gran voce - o non dovevo essere vescovo! " come se ora occupasse una cattedra diversa dalla propria. In effetti gli sono state lasciate e affidate le località ov'era già vescovo, proprio per non dare l'impressione che fosse stato trasferito, illecitamente, ad altra sede, contro le leggi stabilite dai Padri della Chiesa. Dunque un giudice dev'essere tanto severo oppure tanto indulgente che, se un vescovo non è stato reputato meritevole d'essere privato della carica episcopale, non si dovrebbe prendere alcun provvedimento nei suoi riguardi, o se c'è un vescovo nei confronti del quale si crederà opportuno prendere qualche provvedimento, lo si dovrebbe forse privare della carica episcopale?

Triplice specie di pene inflitte a vescovi.

8. Come risulta chiaro da sentenze perfino del tribunale della Sede Apostolica o da quelle di altri tribunali, confermate da essa, alcuni vescovi non sono stati privati della carica episcopale, ma neppure lasciati del tutto impuniti. Per non rifarmi ad esempi troppo lontani dai nostri tempi, ricorderò solo quelli recenti. Anche Prisco, vescovo della provincia Cesariense, potrebbe protestare ad alta voce: "O doveva essere lasciata anche a me, come a tutti gli altri, la possibilità d'arrivare alla dignità di primate o non doveva essermi lasciato l'episcopato". Allo stesso modo anche Vittore, vescovo della medesima provincia, lasciato nella medesima pena che ha dovuto subire Prisco, e col quale non è in comunione alcun altro vescovo, tranne che nella propria diocesi, potrebbe protestare a gran voce e a buon diritto: " O avrei dovuto poter comunicare coi miei colleghi in ogni luogo, oppure non avrei dovuto essere in comunione neppure nei luoghi della mia diocesi". Infine un terzo vescovo della medesima provincia, Lorenzo, potrebbe ripetere le identiche, precise parole di costui e protestare a gran voce: " O dovevo restare vescovo nella cattedra per la quale sono stato ordinato, oppure non dovevo essere vescovo ". Ma chi potrebbe biasimare i provvedimenti presi nei confronti di siffatti vescovi, tranne chi non considera abbastanza che non tutte le colpe dei vescovi devono essere lasciate impunite né tutte devono essere punite alla stessa ed unica maniera?

Impedire che Antonio si vendichi dei fedeli.

9. Poiché dunque il beatissimo papa Bonifacio, nella lettera a noi inviata, parla di Antonio con pastorale e vigile prudenza, dicendo: " Purché egli ci abbia esposto fedelmente i fatti come si sono svolti davvero ", apprendi adesso come veramente si sono svolti i fatti ch'egli ha taciuti nel suo memoriale; eccoti inoltre i fatti avvenuti in Africa dopo che si è conosciuto il contenuto della lettera scritta da quel Papa di santa memoria. Ma porgi anche aiuto alle persone che te lo chiedono per la misericordia di Gesù Cristo con molto maggiore premura di lui, dalla turbolenza del quale desiderano essere liberati. Sia lui stesso, sia voci maligne assai frequenti, fanno a quella gente minacce di procedimenti legali e di ricorsi a pubblici funzionari, nonché di attacchi da parte dei militari, come se avessero il compito di eseguire la sentenza della Sede Apostolica. Per conseguenza questi sventurati, sebbene Cristiani cattolici, temono punizioni più rigorose da parte d'un vescovo cattolico che non ne temessero, mentre erano eretici, da parte delle leggi degli Imperatori cattolici. Non permettere che si portino ad effetto tali minacce, te ne scongiuro per il sangue di Cristo, per la memoria dell'apostolo Pietro, il quale esortò i capi della Chiesa a non dominare da tiranni sui loro fratelli 1. Da parte mia raccomando alla bontà e alla carità della Santità tua gli abitanti di Fussala, miei figli in Cristo, e il vescovo Antonio, anch'egli mio figlio in Cristo, poiché voglio bene agli uni e all'altro. Non mi sdegno contro gli abitanti di Fussala per le giuste lagnanze fatte giungere alle tue orecchie per avere io imposto loro come vescovo, perché fossero così duramente trattati da lui, una persona non ancora da me sperimentata, non ancora rafforzata almeno dall'età. Non voglio però che si faccia del male nemmeno a costui, alla perversa cupidigia del quale mi oppongo, tanto più fortemente quanto più sincero è l'affetto che nutro per lui. Meritino l'uno e l'altro la tua misericordia: quelli, perché non abbiano più a soffrire altri mali; questo, perché mai più ne commetta; quelli, perché non abbiano in odio la Chiesa cattolica se essa non corre in loro aiuto da parte dei vescovi cattolici e soprattutto da parte di codesta Sede Apostolica contro un vescovo cattolico; questo, per impedire che si macchi d'una colpa sì grave, allontanando da Cristo coloro che vuol tenere soggetti contro la loro volontà.

Dolore di Agostino per il pericolo spirituale di Antonio.

10. Quanto a me, debbo confessarlo alla Beatitudine tua, sono tormentato da tanto timore e dolore per il pericolo in cui si trovano gli uni e l'altro, che penso di ritirarmi dall'ufficio d'amministrare l'episcopato per dedicarmi a piangere, come si conviene, il mio errore, qualora dovessi vedere questa Chiesa di Dio messa a soqquadro da un individuo, che per la mia imprudenza ho favorito perché diventasse vescovo, e dovessi anche (Dio non voglia) vederla andare in rovina insieme con colui che ve la sta mandando. Memore di quanto dice l'Apostolo: Se noi ci giudicassimo da noi stessi, non saremmo giudicati da lui 2, giudicherò me stesso, affinché mi perdoni Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti 3. Ma se tu solleverai da un micidiale timore e tristezza i fedeli di Cristo che abitano in quella contrada, e consolerai la mia vecchiaia con un atto di giustizia e di misericordia, te ne darà la ricompensa, ricambiandoti del bene col bene in questa vita e in quella futura, Colui che grazie al tuo intervento, ci soccorre in questa tribolazione e che ti ha posto in cotesta Sede episcopale.

 

1 - 1 Pt 5, 3.

2 - 1 Cor 11, 31.

3 - 2 Tm 4, 1.


Epilogo

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux

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Teresa di Gesù Bambino era già alla fine.

Ai primi di luglio era stata trasferita all'infermeria. Lì aveva scritto a matita le ultime righe del suo Manoscritto C. Con la febbre che la divorava, ma ancor più con un amore che la consumava tutta, aveva concluso il suo quadernetto «d'obbedienza», mormorando parole di fuoco sulla carità e sull'abbandono fiducioso nella misericordia di Dio. Era un po' il suo testamento. Il testamento che la legava alle sorelle e alla Chiesa. Ché in quei giorni i suoi panorami sembravano allargarsi incredibilmente. I Processi di beatificazione trasmettono espressioni profetiche che hanno dello strano sulla sua bocca. Si tratta di certezze che non ammettono dubbi o discussioni. Teresa parla dei suoi scritti autobiografici come di qualcosa che deve servire a fare amare Dio; accenna a difficoltà che la loro pubblicazione potrebbe incontrare; annuncia con termini chiari una sua missione.

Il sabato 17 luglio si era lasciata sfuggire: Sento che sto per entrare nel riposo... Ma sento soprattutto che sta per cominciare la mia missione, la mia missione di fare amare il buon Dio come l'amo io, di comunicare la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudirà i miei desideri, il mio cielo scorrera' sulla terra sino alla fine del mondo. Si, voglio passare il mio cielo a fare del bene sulla terra. Ciò che non è impossibile, perché gli Angeli, pur restando immersi nella visione beatifica, vegliano su di noi. Non potrò godere del riposo finché ci saranno anime da salvare. Ma quando l'Angelo avrà detto: Il tempo non è più!, allora mi riposerò, potrò gioire, perché il numero degli eletti sarà completo, e tutti saranno entrati nella gioia e nel riposo. Il mio cuore trasalisce a questo pensiero...

Erano le idee che la possedevano in pieno in quei giorni. Il 13 luglio aveva scritto al chierico M. Bellière: Oh! fratello mio, come sono felice di morire!... Sono felice di morire, perché sento che questa è la volonta del buon Dio e che, molto più d'ora, potrò essere utile alle anime... Quando il mio caro fratellino partirà per l'Africa, lo seguirò, e non solo col pensiero... Più che parlargli nel linguaggio della terra, sarò di continuo accanto a lui, vedrò tutto quello che gli è necessario e non darò pace al buon Dio finché non mi avrà dato quanto desidero. Il giorno seguente era al p. Roulland che si rivolgeva: Conto molto di non stare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime. E' quello che domando al buon Dio, e sono sicura che egli mi esaudirà. Forse che gli Angeli non si occupano continuamente di noi senza cessare mai di contemplare il volto di Dio, di perdersi nell'oceano senza rive dell'Amore? Perché Gesù non mi dovrebbe permettere d'imitarli?... Ciò che mi attira verso la patria dei cieli, è la chiamata del Signore, è la speranza di amarlo finalmente come ho tanto desiderato e il pensiero che potrò farlo amare da una moltitudine di anime che lo benediranno in eterno. Mentre queste speranze sbocciano nel suo spirito, Teresa è immersa nella notte più oscura.

Dalla Pasqua del 1896 la sua fede è sottoposta alle tentazioni più violente. È una specie di agonia, ben più terribile di quella fisica, che l'accompagnerà fino alla morte. Anche se esternamente pare nella letizia, se le sue poesie e le sue lettere paiono riflettere la gioia di una creatura per la quale il velo della fede già si è squarciato, essa è in un “tunnel” di tenebra, senza un raggio di luce.

Colpita della condizione dei fratelli senza fede, perché essi potessero giungere alla luce dell'incontro con Cristo, aveva pregato il Signore di essere ammessa «alla tavola dei peccatori». Il Signore l'aveva presa in parola, e le sue ultime settitnane più che mai diventarono una laboriosa ricerca di Dio nell'oscurità e nelle tenebre, un cantare ciò che voleva credere, un abbandonarsi generoso a Colui che si nascondeva per farsi cercare di più. Da lei e, con lei, da tante creature che essa fratemamente portava nel suo cuore.

Nell'agosto, mentre il suo corpo andava consumandosi, le sfuggì una confessione che ha del tragico. Sapeste quali pensieri spaventosi m'ossessionano! Va imponendosi al mio spirito il ragionamento dei peggiori materialisti. Più tardi, in virtù dei nuovi continui progressi, la scienza spiegherà tutto naturalmente, si darà una ragione di evidenza a tutto quello che esiste e che ancora costituisce problema. Quante cose infatti sono ancora da scoprire! ecc. Io sogno di fare del bene dopo la mia morte, ma non lo potrò fare!... Avere simili pensieri quando si ama tanto il buon Dio! In fin dei conti offro tutto questo per ottenere la luce della fede ai poveri increduli! Ma è proprio il 10 agosto che, dopo aver contemplato una immagine di Giovanna d'Arco prigioniera, esclama: I santi incoraggiano anche me nella mia prigione. Mi dicono: Fino a quando sei nei ceppi, non puoi assolvere la tua missione; ma più tardi, dopo la tua morte, verrà il tempo delle tue conquiste. Comunque, anche legata al letto, ancor «prigioniera», già si dava apostolicamente con un fervore commovente. Se, ancora in piedi, nonostante la spossatezza, si trascinava ogni giorno nella «passeggiata» impostale dall'obbedienza, «camminando per un missionario», ora, convinta dell'inutilità delle medicine, continua ugualmente a prenderle, «per un missionario che non ha possibilità di procurarsele»; per le anime offre tutto quello che ha, anche se questo la porterà a presentarsi a Dio «a mani vuote»; per un suo confratello che ha lasciato l'Ordine e percorre la Francia seminando l'errore, prega, soffre e offre la sua ultima comunione il 17 agosto, festa di San Giacinto e onomastico del povero ex padre Loyson. E si abbandona, come dice a suor Maria del Sacro Cuore, a progetti, relativi alle grandi cose che farà in Cielo...

Tornare sulla terra, recarsi lontano per aiutare i missionari, fare il possibile perché i bambini non muoiano senza il battesimo. Alla madre Maria di Gonzaga confida: Non mi rimane nulla in mano. Tutto quello che ho, tutto quello che guadagno è per la Chiesa e per le anime. E non teme di affermare che vuole acquistare meriti. Ma soggiunge subito: Si. Però non per me. Per i poveri peccatori, per le necessità di tutta la Chiesa, infine per gettare fiori a tutto il mondo, a giusti e peccatori. Pensa soprattutto ai fratelli senza fede, a quelli alla cui «mensa» aveva voluto sedere per portarli a Dio. E nelle ore angosciose, ossessionata da pensieri che vorrebbero strapparle nella fede il suo più grande tesoro, esclama: Offro tutte queste pene molto grandi per ottenere la luce della fede ai poveri increduli, per tutti coloro che s'allontanano dalla fede della Chiesa. Intanto la malattia progredisce. Se il 5 agosto cessano le emottisi violente che la tormentano dal 6 luglio, la tisi va facendo passi molto grandi. Di tanto in tanto la morte sembra imminente. Teresa, la quale confessa candidamente di non capire nulla della sua malattia, si abbandona tranquillamente. Attende che giunga il «ladro», un ladro di cui non ha affatto paura. «Il ladro è alla porta, le si dice; ne ha timore?». Per nulla, risponde. Non è alla porta, ma già dentro. Ma cos'è che lei chiede, Madre? Se ho paura del ladro? Come vuole che abbia paura di uno che amo tanto! Ma il ladro gioca, pare. Teresa non se ne preoccupa: Non desidero di morire più che di vivere: amo quello che Egli fa. Tuttavia le sofferenze vanno aumentando. Le notti si fanno lunghe e insonni, piene di sofferenze e di incubi.

Di giorno l'oppressione, resa più pesante dal calore, le toglie il respiro. Non ne può più. Anche il lento e sommesso salmodiare delle sorelle le è un martirio. I nervi non reggono. Scongiura perché si preghi per lei: Sapeste che cosa avviene. Quanto poco basterebbe per perdere la pazienza... Non lo avrei mai creduto! Una espressione che richiama quella dell'11 agosto: Non avrei mai immaginato di soffrire tanto. Le sfuggono dei piccoli gridi involontari di sofferenza. Sembra soffocare. Ha l'impressione di essere distesa su delle punte dolorose. Non si sa, le sfugge, cosa significhi soffrire in tal modo. E avverte «di non lasciare a sua disposizione delle medicine velenose per uso esterno, consigliando di non lasciarne mai a portata di malati che soffrirebbero fino a perder la ragione». Sarà quello che ripeterà ancora a tre giorni dalla morte a suor Maria della Trinità: Ah! se non avessi la fede, non potrei mai sopportare tante sofferenze. Mi meraviglio che tra coloro che non hanno fede non siano più numerosi quelli che si suicidano. Tuttavia è felice di soffrire. Non si pente di essersi consacrata all'amore. Vuole vivere fino in fondo la sua grazia di sofferente. Ed è perfino lieta d'una giocondità contagiosa.

Suor Maria dell'Eucaristia lo rivela ripetutamente nei biglietti che scrive al padre, il Sig. Guérin, dandogli il resoconto della malattia di Teresa. «Ha sempre pronta la parola per far ridere... Se vedessi la nostra cara malatina, non potresti ritenerti dal ridere; bisogna che dica sempre qualcosa d'allegro. Dal momento che si è vista sicura di morire, è gaia quanto un fringuello. Ci sono dei momenti nei quali si pagherebbe il posto per esserle accanto... Quanto al morale, è sempre la stessa cosa, la stessa allegria, facendo ridere tutti coloro che l'avvicinano...». Dove la sorente, la vena nascosta di tanta letizia in mezzo a tanti dolori? E’ contenta solo della volontà di Dio, dirà alla fine d'agosto: Sono contenta di soffrire perché il buon Dio lo vuole. Avvicinandosi la fine, il suo cuore si dilata. La sofferenza aumenta, ma aumentano anche il realismo e la coerenza con cui l'accetta. Che cos'è scrivere belle cose sulla sofferenza? Nulla, nulla! Bisogna esserci per sapere!... Volevo soffrire per il Signore, ed è vero che lo desidero. E insieme riconosce che tutta la forza le viene da Dio. Cosa diverrei se d Signore misericordioso non mi desse energia?... Oh! come deve essere buono il Signore, perché io riesca a sopportare tutto quello che soffro! Si sente il bambino al quale il Padre dà momento per momento quel poco che può sopportare. E ritorna di frequente a questo riferimento al bambino, tanto che madre Agnese le chiede in agosto il significato dell'immagine.

E Teresa: Restare piccolo è riconoscere il proprio nulla, è attendere tutto dal buon Dio, è non inquietarsi a dismisura delle proprie colpe. Infine non è guadagnare fortuna, non inquietarsi di nulla. Anche presso i poveri, finché il bimbo è piccolo, gli si da' quanto è necessario. Ma appena diventa grande, suo padre non vuole più mantenerlo, e gli dice: «Adesso lavora! Puoi bastare a te stesso». Proprio per non sentire questo non ho mai voluto crescere. Non mi sento capace di guadagnarmi la vita, la vita eterna. Fin dal 21 settembre Teresa avverte d'essere in una specie di agonia continua. Il 29 ci sarà il crollo. A mezzogiorno, rivolgendosi alla Priora, le dirà: Madre mia, è l'agonia? Come farò a morire? Non saprò mai morire! E dopo la visita del dottore chiederà ancora: E oggi?, manifestando la sua felicità alla risposta affermativa. Tuttavia il dolore la strazierà fino alla fine. Non ne posso più. Pregate per me. Se sapeste! Dopo Mattutino, di fronte al protrarsi delle sofferenze in aumento, gemerà: Sì, mio Dio, sì.. voglio proprio tutto. 30 settembre Teresa l'inaugurò con un pensiero alla Vergine. Per tutti quei mesi di martirio, aveva intensificato la sua unione contemplativa con la Madonna.

Lo sguardo continuamente si era soffermato sulla statua del «Sorriso», trasferita in infermeria il giorno stesso nel quale vi era scesa Teresa. E a lei che si appoggia nell'ora grande. Come Gesù sulla Croce, guarda alla Madre. E da lei invoca la grazia di prepararla all'incontro con Dio. Nelle lunghe ore nelle quali va spegnendosi, dalle sue labbra escono espressioni che rivelano il suo stato, che dicono tutto il suo abbandono fedele al Signore. Il calice, è pieno fino all'orlo! Dio mio, sì, tutto quello che vuoi. Ma abbi pietà di me. Dio mio, Dio mio, voi siete tanto buono!... Oh, sì, voi siete buono, io lo so. Verso le tre del pomeriggio, Teresa mise le braccia in croce. Madre Maria di Gonzaga le posò sulle ginocchia un'immagine della Madonna del Carmelo del Van Oer. La guardò un istante, e poi: Madre mia, mi presenti subito alla Vergine Santa. Mi prepari a ben morire.

La Priora le rispose che, avendo sempre capito e praticato l'umiltà, la preparazione era fatta. Teresa, riflettuto un attimo, uscì umilmente nell'asserzione: Si, mi pare di avere sempre cercato solo la verita! Sì, ho capito l'umiltà del cuore. Poi cominciò a farsi più viva la sofferenza. Una sofferenza dal volto nuovo, tuttavia. Teresa, pur nel martirio più doloroso, sembrava illuminata da una gioia profonda, da una forza sovrumana. Fu allora che le sfuggirono le parole: Tutto quello che ho scritto sui miei desideri di soffrire corrisponde perfettamente alla verità. Non mi pento di essermi offerta all'Amore. Oh, no, non mi pento di essermi offerta all'Amore, anzi...Non avrei mai creduto possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarmelo se non con i desideri ardenti che ho avuto di salvare le anime.

Ebbene. Avanti, avanti!... Non vorrei soffrire meno. Poi, verso le diciannove e qualche minuto, guardando il Crocifisso, le ultime parole: Oh... l'amo!... Dio mio... Vi amo!... Appena ebbe dette queste parole, Teresa cadde dolcemente indietro, la testa reclinata leggermente a destra. La madre Maria di Gonzaga richiamò in fretta la comunità, allontanata qualche istante prima, quando le condizioni dell'inferma sembravano stazionarie. E tutte le consorelle furono testimoni di una espressione di gioia, ammirazione, tranquillità che per lo spazio di un Credo il volto della morente, stranamente tornato al suo colore, sembrò avere, mentre gli occhi erano fissi verso l'alto, al di sopra della statua della Madonna del Sorriso. Poi, serenamente diede l'ultimo respiro. Erano le 19,20 circa del 30 settembre 1897. Io non muoio: entro nella vita, aveva scritto il 9 giugno precedente a Maurizio Bellière. Quel giovedì sera Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo entrava veramente nella vita. Aveva inizio «il tempo delle sue conquiste». Dal cielo cominciava a far scendere la «pioggia di rose» promessa.

PREGHIERA ALLO SPOSO DIVINO

Teresa la scrisse per sé in occasione della sua professione religiosa e ne portò l'autografo sul cuore per tutto quel giorno. 8 settembre 1890.

O Gesù, mio Sposo divino! che io non perda mai la seconda veste del mio battesimo! prendimi prima che commetta la più leggera colpa volontaria. Che io non cerchi e non trovi mai se non te solo, che le creature siano un niente per me e che io sia un niente per loro, ma tu, Gesù, sii tutto! Che le cose della terra non possano mai turbare la mia anima, che niente turbi la mia pace. Gesù, non ti domando che la pace, ed anche l'amore, l'amore infinito senza altro limite che te, l'amore per cui non sia più io, ma te, o Gesù! Gesù, che per te io muoia martire, il martirio del cuore o del corpo, o piuttosto tutti e due! Concedimi di adempiere ai miei voti in tutta la loro perfezione e fammi comprendere ciò che dev'essere una sposa per te. Fa' che io non sia mai di peso alla comunità, ma che nessuno si occupi di me, che io sia considerata come qualcosa da calpestare, dimenticata come un granellino di sabbia tuo, o Gesù! Che la tua volontà si compia in me perfettamente, che io raggiunga il posto che tu sei andato avanti a me a prepararmi Gesù, fa' che io salvi molte anime, che oggi neppure una sia dannata e che tutte le anime del purgatorio siano liberate. Gesù, perdonami se dico cose che non si devono dire: io non voglio che rallegrarti e consolarti!

 

ATTO D'OFFERTA ALL'AMORE MISERICORDIOSO DI DIO'. J.M.J.T.

Offerta di me stessa come vittima d'olocausto all'Amore misericordioso del Buon Dio.

Mio Dio! Trinità beata, desidero amarvi e farvi amare, lavorare per la glorificazione della santa Chiesa, salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che sono nel purgatorio. Desidero compiere perfettamente la vostra volontà e arrivare al grado di gloria che m'avete preparato nel vostro regno. In una parola, desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e Vi domando, o mio Dio, di essere voi stesso la mia santità. Poiché mi avete amata fino a darmi il vostro unico Figlio perché fosse il mio salvatore e il mio sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti appartengono a me ed io ve li offro con gioia, supplicandovi di non guardare a me se non attraverso il volto di Gesù e nel suo cuore bruciante d'amore. Vi offro inoltre tutti i meriti dei Santi (che sono in cielo e sulla terra), i loro atti d'amore e quelli dei santi Angeli; vi offro infine, o beata Trinità, l'amore e i meriti della santa Vergine, mia madre diletta. A lei abbandono la mia offerta e la prego di presentarvela. Il suo Figlio divino, mio sposo diletto, nei giorni della sua vita mortale, ci ha detto «Tutto ciò che domanderete al Padre in nome mio, ve lo darà!». Sono dunque certa che esaudirete i miei desideri; lo so, mio Dio, più volete dare, più fate desiderare. Sento nel mio cuore desideri immensi e vi chiedo con tanta fiducia di venire a prendere possesso della mia anima. Ah! non posso ricevere la santa comunione così spesso come vorrei, ma, Signore, non siete l'Onnipotente?... Restate in me come nel tabernacolo, non allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia... Vorrei consolarvi dell'ingratitudine dei cattivi e vi supplico di togliermi la libertà di dispiacervi. Se qualche volta cado per mia debolezza, il vostro sguardo divino purifichi subito la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in se stesso... Vi ringrazio, o mio Dio, di tutte le grazie che m'avete accordato, in particolare di avermi fatta passare attraverso il crogiolo della sofferenza. Sarò felice di vedervi comparire, nel giorno finale, con lo scettro della croce. Poiché vi siete degnato di darmi come eredità questa croce tanto preziosa, spero di rassomigliare a voi nel cielo e di veder brillare sul mio corpo glorificato le sacre stimmate della vostra passione. Dopo l'esilio della terra, spero di venire a godervi nella patria, ma non voglio ammassare dei meriti per il cielo, voglio lavorare solo per vostro amore, con l'unico scopo di farvi piacere, di consolare il vostro Sacro Cuore e di salvare anime che vi ameranno eternamente. Alla sera di questa vita, comparirò davanti a voi a mani vuote, perché non vi chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai vostri occhi. Voglio perciò rivestirmi della vostra giustizia e ricevere dal vostro amore il possesso eterno di voi stesso. Non voglio altro trono e altra corona che voi, o mio Diletto!... Ai vostri occhi il tempo è nulla. Un giorno solo è come mille anni, e perciò potete prepararmi in un istante a comparire davanti a voi... Per vivere in un atto di perfetto amore, mi offro come vittima d'olocausto al vostro amore misericordioso, supplicandovi di consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella mia anima i flutti d'infinita tenerezza che sono racchiusi in voi, e così possa diventare martire del vostro amore, o mio Dio!... Che questo martirio, dopo avermi preparata a comparire davanti a voi, mi faccia infine morire e la mia anima si slanci senza alcuna sosta verso l'eterno abbraccio del vostro amore misericordioso... Voglio, o mio Diletto, ad ogni battito del cuore rinnovarvi questa offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa ridirvi il mio amore in un a faccia a faccia eterno!... Maria Francesca Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo Gesù! rel. carm. md. Festa della Santissima Trinità, il 9 giugno dell'anno di grazia 1895.

 

VIVO D’AMORE

Alla sera d’Amore, parlando senza parabole, Gesù diceva: “Se qualcuno mi vuole amareper tutta la vita, osservi la mia parola. Mio Padre ed Io verremo a visitarlo. E facendo del suo cuorela nostra dimora, venendo a lui lo ameremo sempre!… Pieno di pace, vogliamo che dimori nel nostro cuore!… Viver d’amore è vivere della tua Vita, Re glorioso, delizia degli Eletti! Tu vivi per me, nascosto nell’ostia… Io voglio per Te nascondermi, o Gesù! Agli amanti occorre solitudine, un cuore a cuore che duri notte e giorno. Solo il Tuo sguardo fa la mia beatitudine. Vivo D’amore! Morire d’amore, ecco la mia speranza. Quando vedrò spezzarsi i miei lacci, il mio Dio sarà la mia Gran Ricompensa: non voglio possedere altri beni. Del suo amore voglio essere infiammata, voglio vederlo, unirmi a Lui per semopre. Ecco il mio cielo… ecco il mio destino. Vivere d’Amore!

 

PRINCIPALI DATE DELLA VITA DI TERESA MARTIN


 

1873 2 gennaio, giovedì: nascita ad Alencon (Orne), rue Saint-Blaise.

    4 gennaio, sabato: battesimo nella chiesa di Notre Dame d'Alencon con i nomi di Maria Francesca Teresa.

    29 marzo, sabato: è messa a balia presso Rosa Taillé a Semallé (Orne).

    1874 2 aprile, giovedì: defimtivo ritorno alla casa paterna.

1877 28 agosto, martedì: morte della mamma, signora Zélie Martin.

    29 agosto, mercoledì: Teresa sceglie la sorella Paolina per seconda mamma.

    16 novembre, venerdì: la famiglia Martin si trasferisce nella nuova dimora dei «Buissonnets» a Lisieux (Calvados).

    1878 8 agosto, giovedì: gita a Trouville.

    1879 Verso la fine dell'anno: prima confessione di Teresa.

    1879-1880 Visione profetica della malattia di suo padre.

    1881 3 ottobre, lunedì: semiconvittrice all'Abbazia delle Benedettine di Lisieux.

    2 ottobre, lunedì: Paolina entra nel Carmelo di Lisieux. Al termine dell'anno: Teresa comincia a soffrire di continui mal di testa.

Fine marzo, circa Pasqua: cade gravemente ammalata. 13 maggio, domenica di Pentecoste: sorriso della Madonna e guarigione miracolosa.

    8 maggio, giovedì: prima Comunione di Teresa all'Abbazia delle Benedettine e Professione religiosa di suor Agnese di Gesù (Paolina) al Carmelo.

    22 maggio, giovedì di Ascensione: seconda Comunione di Teresa.

    14 giugno, sabato: Cresima, ricevuta dalle mani di Mons. Hugonin, Vescovo di Bayeux e Lisieux.

    21 maggio, giovedì: celebrazione dell'anniversario della prima Comunione. Durante il ritiro di preparazione è assalita dalla <4erribile malattia degli scrupoli».

    Marzo: Teresa lascia la vita di semiconvittrice all'Abbazia delle Benedettine.

    31 maggio, lunedì: Teresa è ammessa nella Congregazione delle Figlie di Maria, presso le Benedettme.

    15 ottobre, venerdì: entrata al Carmelo di Lisieux di Maria, sorella maggiore e madrina di Teresa. Fine ottobre: per intercessione dei fratelli in cielo, Teresa è guarita dagli scrupoli.

    25 dicembre, sabato: grazia di Natale, da lei chiamata «conversione».

    29 maggio, domenica di Pentecoste: Teresa chiede a suo padre il permesso di entrare al Carmelo a 15 anni. Prima della fine di luglio, una domenica: grazia di zelo per la salvezza delle anime, ricevuta contemplando un'immagine di Gesù crocifisso.

    31 agosto, mercoledì: conversione di Pranzini.

    31 ottobre, lunedì: visita al Vescovo di Bayeux per sollecitare l'autorizzazione ad entrare al Carmelo.

    4 novembre, venerdì: partenza da Lisieux per Roma e visita al santuario di Notte-Dame des Victoires, a Parigi.

    20 novembre, domenica: Teresa ricevuta in udienza da papa Leone XIII.

    2 dicembre, venerdì: ritorno a Lisieux.

1888

    1 gennaio, domenica: Teresa riceve la risposta affermati-va di Mons. Hugonin circa il suo ingresso al Carmelo.

    9 aprile, lunedì: Teresa entra nel Carmelo di Lisieux.

    22 maggio, martedì: Professione di suor Maria del Sacro Cuore, sua sorella maggiore.

1889
    10 gennaio, giovedì: Vestizione religiosa di Teresa.

    12 febbraio, martedì: il signor Martin lascia Lisieux per entrare in una casa di salute, a Caen. Luglio: grazia di unione alla Santa Vergine, nell'eremitaggio di Santa Maddalena.

1890

    8 settembre, lunedì: Professione religiosa di Teresa.

    24 settembre, mercoledì: Teresa prende il velo di carmelitana.

1891

    8-15 ottobre: esercizi spirituali della comunità predicati da padre Alessio Prou, recolletto, che stimola Teresa sulla via della confidenza e dell'amore.

    5 dicembre, sabato: morte di madre Genoveffa di Santa Teresa, fondatrice del Carmelo di Lisieux.

1893

    20 febbraio, lunedì: suor Agnese di Gesù (Paolina) èeletta priora del monastero e, poco dopo, Teresa viene affidata a madre Maria di Gonzaga come aiuto per la formazione delle novizie.

1894
    
    29 luglio, domenica: morte di Luigi Martin, padre di Teresa.

    14 settembre, venerdì: entrata della sorella Celina al Carmelo di Lisieux.

1895

    Gennaio: madre Agnese di Gesù chiede a Teresa di -scrivere i suoi ricordi d'infanzia.

    9 giugno, domenica, festa della santissima Trinita': Teresa si offre come vittima all'Amore misericordioso di Dio.

    14 giugno, venerdì: ferita d'amore divino durante la «Via Crucis».

    17 ottobre, giovedì: Teresa è scelta dalla madre priora per divenire sorella spirituale di un futuro Missionario, il seminarista Bellière, che entrerà tra i Padri Bianchi.

1896
    20 gennaio, lunedì: Teresa consegna alla madre Agnese di Gesù il quaderno dei suoi ricordi (Manoscritto A).

    24 febbraio, lunedì: Professione di Celina, divenuta suor Genoveffa di Santa Teresa.

    21 marzo, sabato: madre Maria di Gonzaga, rieletta prio ra, conferma a Teresa l'incarico di sottomaestra delle novizie. Notte dal 2 al 3 aprile, giovedì-venerdì della Settimana Santa: prima emottisi.

    5 aprile, domenica di Pasqua o giorni seguenti: inmio delle tentazioni contro la fede, che durerà fino alla morte di Teresa.

    10 maggio, domenica: il sogno più consolante della sua vita.

    30 maggio, sabato: madre Maria di Gonzaga affida a Teresa, come secondo fratello spirituale, padre Adolfo Roulland delle Missioni Estere.

    13-16 settembre: Teresa, a richiesta di suor Maria del Sacro Cuore, scrive le pagine che formeranno lo scritto autobiografico B.

1897
    3 giugno, giovedì: madre Maria di Gonzaga, priora, ordina a Teresa di completare il racconto della sua vita, scrivendo i ricordi degli anni trascorsi al Carmelo.

    8 luglio, giovedì: Teresa lascia la sua cella per l'infermeria del monastero.

    8-10 luglio: traccia a matita le ultime righe del terzo manoscritto autobiografico (C).

    30 luglio, venerdì: riceve l'Estrema Unzione.

    19 agosto, giovedì: ultima Comunione.

    30 settembre, giovedì: verso le sette e venti di sera, Teresa spira, in un'estasi d'amore.

    4 ottobre, lunedì: sepoltura nel cimitero di Lisieux.

1925
    17 maggio: Roma, nella Basilica di S. Pietro, Teresa di Gesù Bambino viene proclamata santa.

1927

    14 dicembre: Teresa di Gesù Bambino è proclamata da Pio XI Patrona principale, con Francesco Saverio, di tutte le Missioni.

     

La Storia di un'anima, insieme ad altri scritti di Thérèse Martin (1873-1897), carmelitana del Carmelo di Lisieux, fu pubblicata per la prima volta nel 1898, a un anno dalla morte della sua straordinaria autrice. La piccola Teresa conquistava il mondo, rivelandosi maestra di primo piano delle vie di Dio. È quindi comprensibile che Teresa sia stata proclamata Dottore della Chiesa, terza donna in due millenni di storia cristiana. A cento anni di distanza, il racconto autobiografico della sua breve vita continua a ispirare grandi scrittori e registi, ma soprattutto a parlare al cuore di donne e uomini di oggi, in tutto il mondo.


8 marzo 1945

Maria Valtorta

La sera di giovedì 8 marzo, dopo avere scritto tanta parte dell'Ultima Cena1, mi chiedo come posso così ben capire, mentre Gesù parla, le cose più oscure. E mi dico: "Sarà avvenuto così anche agli altri?". Per altri intendo i mistici e le mistiche di questi 20 secoli di cristianesimo, i dottori, ecc. ecc.
   Sento una voce che mi parla e una grande letizia che viene. Ero tutt'altro che lieta, perché la pena delle ultime ore di Gesù è su me e mi schiaccia fino alla sofferenza fisica. Dice: "Sai chi sono?". Ma io non lo so. Sento solo una pace e vedo solo una luce chiara, lunare, bellissima, in forma di corpo, ma così immateriale che non distinguo. "Sono Caterina".
   Mi dico: "Oh! bella! L'altra volta aveva una voce diversa! Questa è una voce cristallina, giovane, acuta; ma non ha nulla a che fare con la bella voce della santa senese".
   "Non sono quella che pensi. Anche lei dotta per opera della divina Sapienza. Ma io sono Caterina d'Alessandria2. La martire di Cristo. E ti proteggo. Ti dico che anche in noi tutto diveniva luce sotto la luce di Gesù. Non per umano studio, ma per soprumana opera noi siamo divenuti i dotti del Signore. Per amarlo così. Servirlo così. Lodarlo così. E per farlo amare, servire e lodare attraverso a questa dottrina che veniva dall'alto e che, umanamente incomprensibile nelle parti più sublimi, ecco, era semplice come parola di bambino se l'udivamo stando con Lui: lo Sposo. Addio. Ti ho risposto. Ti amo. Sei una piccola sorella. Il Trino Amore sia con te".
   E la luce si è offuscata e la voce si è taciuta. Niente più. Mi sono addormentata contenta di questa nuova amica del Cielo.
 

   [Seguono, con date dal 10 al 18 marzo 1945, i capitoli da 126 a 133 dell'opera L'EVANGELO. Su un altro quaderno sono stati scritti, in data 8, 9 e 16 marzo 1945, i capitoli 597, 600 e 602 della stessa opera]
           


   1 Ultima Cena, che corrisponde al lungo capitolo 600 dell'opera maggiore, all'inizio del quale la scrittrice ha messo la data del 9 marzo.
           
   2 Caterina d'Alessandria, martire sotto l'imperatore Massenzio all'inizio del quarto secolo, santa. La "visione" dell'altra Caterina, la santa senese, è del 9 novembre 1944.