Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Adotteremo particolari gesti e atteggiamenti di preghiera servendocene significativamente per meglio esprimere la nostra devozione. Perciò - useremo l'acqua santa come un segno di purifi­cazione interiore e di benedizione di Dio; - faremo il segno della croce accuratamente come un segno di completa appartenenza al Padre, al Fi­glio e allo Spirito Santo, scelti e messi da parte per la contemplazione e l'amore, sigillati ai poteri della car­ne, del mondo e del diavolo; - terremo le nostre mani giunte in preghiera co­me un segno di profondo rispetto e adorazione di Dio; - ci inginocchieremo con devozione, come un se­gno di adorazione, di supplica, di intercessione, di umiltà  e di penitenza; - pregheremo stando in piedi, eretti, nella pre­ghiera liturgica, come un segno della partecipazione comunitaria del popolo di Dio nella adorazione pub­blica della Chiesa - la Chiesa pellegrina verso il Pa­dre - come segno pure della nostra liberazione e re­surrezione in Cristo, e del nostro rispetto, della nostra vigilanza e disponibilità  in ogni cosa; - pregheremo stando seduti con grande concen­trazione significando la nostra capacità  di ascolto, di docilità , di intimità , di contemplazione e di amorevole fiducia; - ci prostreremo profondamente nell'adorazione come simbolo di un totale abbandono. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 27° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 1

1Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi,2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola,3così ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo,4perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

5Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta.6Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore.7Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
8Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe,9secondo l'usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l'offerta dell'incenso.10Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso.11Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso.12Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore.13Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni.14Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita,15poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre16e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio.17Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, 'per ricondurre i cuori dei padri verso i figli' e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto".18Zaccaria disse all'angelo: "Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni".19L'angelo gli rispose: "Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio.20Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo".
21Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio.22Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
23Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa.24Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva:25"Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini".

26Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret,27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.28Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
34Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo".35Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:37'nulla è impossibile a Dio'".38Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.

39In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.45E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".

46Allora Maria disse:

"'L'anima mia' magnifica 'il Signore'
47e il mio spirito 'esulta in Dio, mio salvatore,'
48perché 'ha guardato l'umiltà della' sua 'serva.'
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e 'Santo è il suo nome:'
50'di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.'
51Ha spiegato la potenza del suo 'braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri' del loro cuore;
52'ha rovesciato i potenti' dai troni,
'ha innalzato gli umili;'
53'ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.'
54'Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,'
55come aveva promesso 'ai nostri padri,
ad Abramo e alla' sua 'discendenza,'
per sempre".

56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

57Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.58I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.

59All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.60Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni".61Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome".62Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.63Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati.64In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.65Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.66Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.

67Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo:

68"'Benedetto il Signore Dio d'Israele,'
perché ha visitato e redento il suo popolo,
69e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
70come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
71salvezza 'dai' nostri 'nemici,'
'e dalle mani di quanti ci odiano.'
72'Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri'
'e si è ricordato della sua' santa 'alleanza,'
73'del giuramento fatto ad Abramo', nostro padre,
74di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore,75in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
76E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai 'innanzi al Signore a preparargli le strade,'
77per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
78grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge
79'per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre'
'e nell'ombra della morte'
e dirigere i nostri passi sulla via della pace".

80Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.


Giosuè 16

1La parte toccata in sorte ai figli di Giuseppe si estendeva dal Giordano presso Gèrico verso le acque di Gèrico a oriente, seguendo il deserto che per la montagna sale da Gèrico a Betel.2Il confine continuava poi da Betel-Luza e passava per la frontiera degli Architi ad Atarot;3scendeva a occidente verso il confine degli Iafletiti fino al confine di Bet-Coron inferiore e fino a Ghezer e faceva capo al mare.4I figli di Giuseppe, Manàsse ed Efraim ebbero ciascuno la loro eredità.
5Questi furono i confini dei figli di Efraim, secondo le loro famiglie. Il confine della loro eredità era a oriente Atarot-Addar, fino a Bet-Coron superiore;6continuava fino al mare, dal lato di occidente, verso Micmetat al nord, girava a oriente verso Taanat-Silo e le passava davanti a oriente di Ianoach.7Poi da Ianoach scendeva ad Atarot e a Naara, toccava Gèrico, e faceva capo al Giordano.8Da Tappuach il confine andava verso occidente fino al torrente di Kana e le sue foci erano al mare. Tale era l'eredità della tribù dei figli d'Efraim, secondo le loro famiglie;9incluse le città, tutte le città con i loro villaggi, riservate ai figli di Efraim in mezzo all'eredità dei figli di Manàsse.
10Essi non scacciarono i Cananei che abitavano a Ghezer; i Cananei hanno abitato in mezzo ad Efraim fino ad oggi, ma sono costretti ai lavori forzati.


Salmi 7

1'Lamento che Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.'

2Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
3perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.

4Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
5se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
6il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.

7Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
8L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
9Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
10Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.

11La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
12Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
13Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
14Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.

15Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
16Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
17la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
18Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.


Salmi 113

1Alleluia.

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
2Sia benedetto il nome del Signore,
ora e sempre.

3Dal sorgere del sole al suo tramonto
sia lodato il nome del Signore.
4Su tutti i popoli eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.

5Chi è pari al Signore nostro Dio
che siede nell'alto
6e si china a guardare
nei cieli e sulla terra?

7Solleva l'indigente dalla polvere,
dall'immondizia rialza il povero,
8per farlo sedere tra i principi,
tra i principi del suo popolo.

9Fa abitare la sterile nella sua casa
quale madre gioiosa di figli.


Geremia 40

1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore, dopo che Nabuzaradàn, capo delle guardie, lo aveva rimandato libero da Rama, avendolo preso mentre era legato con catene in mezzo a tutti i deportati di Gerusalemme e di Giuda, i quali venivano condotti in esilio a Babilonia.2Il capo delle guardie prese Geremia e gli disse: "Il Signore tuo Dio ha predetto questa sventura per questo luogo;3il Signore l'ha mandata, compiendo quanto aveva minacciato, perché voi avete peccato contro il Signore e non avete ascoltato la sua voce; perciò vi è capitata una cosa simile.4Ora ecco, ti sciolgo queste catene dalle mani. Se preferisci venire con me a Babilonia, vieni; io veglierò su di te. Se invece preferisci non venire con me a Babilonia, rimani. Vedi, tutta la regione sta davanti a te; va' pure dove ti piace e ti è comodo andare.5Torna pure presso Godolia figlio di Achikàm, figlio di Safàn, che il re di Babilonia ha messo a capo delle città di Giuda. Rimani con lui in mezzo al popolo oppure va' dove ti piace andare".
Il capo delle guardie gli diede provviste di cibo e un regalo e lo licenziò.6Allora Geremia andò in Mizpà da Godolia figlio di Achikàm, e si stabilì con lui in mezzo al popolo che era rimasto nel paese.

7Tutti i capi dell'esercito, che si erano dispersi per la regione con i loro uomini, vennero a sapere che il re di Babilonia aveva messo a capo del paese Godolia figlio di Achikàm, e gli aveva affidato gli uomini, le donne, i bambini e i poveri del paese che non erano stati deportati a Babilonia.8Si recarono allora da Godolia in Mizpà Ismaele figlio di Natania, Giovanni figlio di Kàreca, Seraià figlio di Tancùmet, i figli di Ofi di Netofa e Iezanià figlio del Maacatita con i loro uomini.9Godolia figlio di Achikàm, figlio di Safàn, giurò a loro e ai loro uomini: "Non temete i funzionari caldei; rimanete nel paese e state soggetti al re di Babilonia e vi troverete bene.10Quanto a me, ecco, io mi stabilisco in Mizpà come vostro rappresentante di fronte ai Caldei che verranno da noi; ma voi fate pure la raccolta del vino, delle frutta e dell'olio, riponete tutto nei vostri magazzini e dimorate nelle città da voi occupate".
11Anche tutti i Giudei che si trovavano in Moab, tra gli Ammoniti, in Edom e in tutte le altre regioni, seppero che il re di Babilonia aveva lasciato una parte della popolazione in Giuda e aveva messo a capo di essa Godolia figlio di Achikàm, figlio di Safàn.12Tutti questi Giudei ritornarono da tutti i luoghi nei quali si erano dispersi e vennero nel paese di Giuda presso Godolia a Mizpà. Raccolsero vino e frutta in grande abbondanza.
13Ora Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate che si erano dispersi per la regione, si recarono da Godolia in Mizpà14e gli dissero: "Non sai che Baalìs re degli Ammoniti ha mandato Ismaele figlio di Natania per toglierti la vita?". Ma Godolia figlio di Achikàm non credette loro.
15Allora Giovanni figlio di Kàreca parlò segretamente con Godolia in Mizpà: "Io andrò a colpire Ismaele figlio di Natania senza che alcuno lo sappia. Perché egli dovrebbe toglierti la vita, così che vadano dispersi tutti i Giudei che si sono raccolti intorno a te e perisca tutto il resto di Giuda?".16Ma Godolia figlio di Achikàm rispose a Giovanni figlio di Kàreca: "Non commettere una cosa simile, perché è una menzogna quanto tu dici di Ismaele".


Lettera ai Romani 7

1O forse ignorate, fratelli - parlo a gente esperta di legge - che la legge ha potere sull'uomo solo per il tempo in cui egli vive?2La donna sposata, infatti, è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito.3Essa sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è più adultera se passa a un altro uomo.4Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla legge, per appartenere ad un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio.5Quando infatti eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte.6Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera.

7Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: 'Non desiderare'.8Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Senza la legge infatti il peccato è morto9e io un tempo vivevo senza la legge. Ma, sopraggiunto quel comandamento, il peccato ha preso vita10e io sono morto; la legge, che doveva servire per la vita, è divenuta per me motivo di morte.11Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte.12Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento.13Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! È invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato apparisse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.

14Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato.15Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto.16Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona;17 quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.18Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo;19infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.20Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.21Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.22Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio,23ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.24Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?25Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato.


Capitolo XV: Umiltà e rinnegamento di sé, mezzo per ottenere la grazia della devozione

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Parola del Diletto

1. La grazia della devozione devi cercarla senza posa, chiederla con gran desiderio, aspettarla con fiduciosa pazienza; devi riceverla con gratitudine e umilmente conservarla; con essa devi diligentemente operare; devi poi rimetterti a Dio per il tempo e il modo di questa visita dall'alto. Quando dentro di te non senti alcuna devozione, o ne senti ben poca, ti devi fare particolarmente umile, ma senza abbatterti troppo, senza rattristarti oltre misura. Quello che per lungo tempo non aveva concesso, spesso Dio lo concede in un breve istante; quello che al principio della preghiera non aveva voluto dare, talvolta Dio lo dà alla fine. Se questa grazia venisse data sempre prontamente e si presentasse ogni volta che la si desidera, l'uomo, nella sua fragilità, non la saprebbe portare. Perciò la grazia della devozione la si deve attendere con totale fiducia e con umile pazienza. Quando non ti viene data, oppure ti viene tolta senza che tu ne veda la ragione, danne la colpa a te stesso e ai tuoi peccati. Talvolta è una piccola cosa che fa ostacolo alla grazia e la nasconde: se pur piccola, e non grande cosa, possa chiamarsi ciò che impedisce un bene così eccelso. E se questa piccola, o, meglio, grande cosa riuscirai a rimuoverla e a vincerla del tutto, ciò che chiedevi si avvererà. In verità, non appena ti sarai dato a Dio con tutto il tuo cuore; non appena, anziché chiedere questo o quest'altro, ti sarai rimesso interamente a lui, ti troverai tranquillo e in pace con te stesso, giacché nulla avrà per te sapore più gradito di ciò che vuole Iddio.

2. Perciò colui che, con semplicità di cuore, avrà elevato la sua intenzione a Dio, liberandosi da qualsiasi attaccamento non retto e da un distorto amore per le cose di questo mondo, sarà veramente degno di ricevere la grazia e meriterà il dono della devozione. Giacché dove trova un terreno sgombro, là il Signore concede la sua benedizione. E tanto più rapida scende la grazia, tanto più copiosa si riversa, tanto più in alto trasporta un cuore libero, quanto più uno rinuncia del tutto alle cose di quaggiù, morendo a se stesso e disprezzando se stesso. Allora, "il cuore di costui vedrà e sarà traboccante, e contemplerà e si allargherà in Dio" (Is 60,5), poiché "con lui è la potenza del Signore" (Ez 3,14; Lc 1,66), nelle mani del quale egli si è messo, interamente e per sempre. "Ecco, così sarà benedetto" (Sal 127,4), colui che cerca il Signore con tutto il cuore, e "non ha ricevuto invano la sua vita" (Sal 23,4). Della grazia grande di essere unito a Dio egli si rende degno proprio qui, nel ricevere la santa Eucarestia; perché non mira alla propria devozione e alla propria consolazione, e mira invece, di là di ogni devozione o consolazione, a glorificare e ad onorare Iddio.


Regola pastorale - Parte seconda: La vita del Pastore

San Gregorio Magno - San Gregorio Magno

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1 — Come si deve mostrare nell’esercizio del governo delle anime colui che vi sia giunto legittimamente
Il comportamento del presule deve essere di tanto superiore a quello del popolo, quanto la vita del pastore differisce, ordinariamente, da quella del gregge. Infatti è opportuno che egli si dia cura di misurare con sollecitudine quale necessità lo costringa ad una rigorosa rettitudine, perché è per lui che il popolo è chiamato gregge. Bisogna allora che egli sia puro nel pensiero, esemplare nell’agire, discreto nel suo silenzio, utile con la sua parola; sia vicino a ciascuno con la sua compassione e sia, più di tutti, dedito alla contemplazione; sia umile alleato di chi fa il bene, ma per il suo zelo della giustizia sia inflessibile contro i vizi dei peccatori; non attenui la cura della vita interiore nelle occupazioni esterne, né tralasci di provvedere alle necessità esteriori per la sollecitudine del bene interiore. Ma ora vogliamo riprendere in una trattazione più estesa queste qualità che abbiamo ristrette brevemente nell’enunciazione.

2 — La guida delle anime sia pura nel pensiero
La guida delle anime sia sempre pura nel suo pensiero, affinché nessuna immondezza contamini colui che ha assunto questo ufficio ed egli sia in grado di lavare anche i cuori altrui dalle macchie dell’impurità; perché bisogna che abbia cura di essere pulita la mano che si adopera a pulire ciò che è sudicio, e non renda ancora più sporco ciò che va toccando mentre è ancora infangata. Perciò è detto per mezzo del profeta: Purificatevi voi, che portate i vasi del Signore (Is. 52, 12). Infatti portano i vasi del Signore coloro che si assumono di condurre le anime ai santuari eterni, con la fedeltà della propria condotta di vita. Dunque, vedano in se stessi quanto debbano essere purificati, quelli che dentro la promessa che hanno fatto di sé portano vasi viventi al tempio eterno. Perciò viene prescritto dalla parola divina che sul petto di Aronne aderisca, legato con nastri, il razionale del giudizio (cf. Es. 28, 15), affinché il cuore del sacerdote non sia posseduto da pensieri oscillanti ma sia tenuto stretto solo dalla sapienza dello spirito: e non pensi a nulla di incerto o di inutile colui che, stabilito come esempio per gli altri, deve sempre mostrare, con l’austerità della vita, quanta sapienza abbia nel cuore. E si ha cura di aggiungere che in questo razionale si scrivano i nomi dei dodici patriarchi; infatti, portare di continuo i padri scritti sul petto significa meditare senza interruzione la vita degli antichi, e il sacerdote procede in modo irreprensibile quando fissa il suo sguardo senza posa sugli esempi dei padri che l’hanno preceduto, considera incessantemente le orme dei santi e reprime pensieri illeciti per non oltrepassare il limite di un agire ordinato. Ed è anche appropriato il nome di razionale del giudizio, poiché il sacerdote deve sempre discernere con esame sottile e retto il bene e il male e studiare attentamente come si accordino gli oggetti e i mezzi, il tempo e il modo; e non cercare mai nulla per sé ma considerare vantaggio proprio il bene altrui. Perciò là è scritto: Porrai sul razionale del giudizio la dottrina e la verità, che staranno sul petto di Aronne quando entrerà davanti al Signore, e porterà il giudizio dei figli di Israele sul suo petto, davanti al Signore, sempre (Es. 28, 30). Per il sacerdote, portare il giudizio dei figli di Israele sul petto davanti al Signore, significa trattare le cause dei sudditi avendo di mira solo la volontà del Giudice interiore, perché ad essa nulla si mescoli di umano in ciò che egli dispensa come rappresentante di Dio né alcun risentimento personale inasprisca l’ardore della correzione. E quando si mostra pieno di zelo contro i vizi altrui, persegua innanzitutto i propri perché una invidia nascosta non contamini la pacatezza del giudizio, o non la turbi un’ira precipitosa. Ma considerando il sacro terrore che si deve a colui che sta sopra a tutto, cioè l’intimo Giudice, non si devono governare i sudditi senza grande timore: quel timore che mentre umilia l’animo di chi governa lo purifica, perché la presunzione spirituale non lo esalti né lo contamini il piacere carnale o non lo oscurino sconvenienti pensieri terrestri, frutto della cupidigia di cose mondane. Tutte queste tentazioni non possono non assalire l’anima di chi governa, ma è necessario affrettarsi a lottare contro di esse per vincerle affinché, per il fatto che l’anima tarda a respingerle, il vizio che la tenta con la suggestione non la sottometta con la mollezza del piacere e non la uccida con la spada del consenso.

3 — La guida delle anime sia sempre esemplare nel suo agire
La guida delle anime sia esemplare nel suo agire per potere annunciare ai sudditi, col suo modo di vivere, la via della vita; e il gregge che va dietro alla voce e ai costumi del Pastore, proceda più con l’aiuto dei suoi esempi che delle sue parole. Infatti, chi per dovere indeclinabile del suo ministero è tenuto a dire cose elevate, dal medesimo dovere è costretto a mostrare cose elevate nei fatti; giacché il cuore degli ascoltatori è più facilmente penetrato dalle parole che trovano conferma nella vita di chi parla, il quale con l’esempio aiuta ad eseguire ciò che comanda a parole. Perciò è detto per mezzo del profeta: Sali su un monte eccelso, tu che evangelizzi Sion (Is. 40, 9). Cioè, chi pratica la divina predicazione deve mostrare che, abbandonando le più basse attività terrestri, sta saldo al di sopra delle cose; e tanto più facilmente può attirare i sudditi verso il meglio, quanto è con il merito della sua vita che egli grida le verità celesti. Per questo, per la legge divina, nel sacrificio il sacerdote riceve la spalla destra separata dal resto (cf. Es. 29, 22), perché la sua condotta non sia solo utile ma anche esemplare, il suo agire sia retto non solo tra i cattivi ma egli superi per le virtù della sua vita anche i sudditi che operano il bene come è superiore a loro, per la dignità dell’Ordine. A lui, poi, viene assegnata, come cibo, oltre alla spalla, anche la parte tenera del petto, perché quanto gli è prescritto di prendere dal sacrificio impari ad immolarlo in se stesso al Creatore. Ed egli non deve solamente meditare retti pensieri nel suo petto, ma invitare quanti lo osservano ad azioni elevate, indicate dalle spalle: non aspiri alla prosperità della vita presente, non tema le avversità, disprezzi le lusinghe del mondo come per un intimo senso di terrore, ma poi, ai terrori che esse suscitano, non badi, volgendosi al conforto della dolcezza interiore. E per questo la parola divina ordina pure che le spalle del sacerdote siano avvolte dal velo omerale (cf. Es. 29, 5), perché egli sia sempre difeso dall’ornamento delle virtù contro l’avversità e contro la prosperità affinché, secondo la parola di Paolo, avanzando con le armi della giustizia a destra e a sinistra (cf. 2 Cor. 6, 7) e indirizzando ogni sforzo solo verso i beni interiori, non pieghi né da un lato né dall’altro verso alcun basso piacere.

Non lo esalti la prosperità, non l’abbatta l’avversità, nessuna lusinga lo alletti fino a fargli ricercare il piacere; l’asprezza delle difficoltà non lo spinga alla dispersione, e così, senza che alcuna passione trascini verso il basso la tensione del suo spirito, egli possa mostrare di quanta bellezza il velo omerale ricopra le sue spalle. Ed è anche giustamente prescritto che il velo omerale sia d’oro, di violaceo, di porpora, di scarlatto tinto due volte e di bisso ritorto (cf. Es. 28, 8), per dimostrare di quante virtù debba risplendere il sacerdote. Ora, nell’abito del sacerdote, soprattutto rifulge l’oro poiché in lui deve brillare principalmente una intelligenza sapiente. Ad esso si aggiunge il violaceo che risplende di riflessi d’oro, affinché attraverso ogni conoscenza a cui perviene, egli non ricerchi basse soddisfazioni, ma si innalzi all’amore delle cose celesti; e non avvenga che mentre si lascia prendere incautamente dalle lodi che gli vengono rivolte, resti privo proprio dell’intelligenza della verità. All’oro e al violaceo si mescola pure la porpora, per indicare cioè che il cuore sacerdotale, mentre spera le cose somme che predica, deve reprimere anche in se stesso le suggestioni dei vizi e contraddire ad essi come in virtù di un potere regale, poiché egli deve avere sempre di mira la nobiltà di una continua intima rigenerazione e difendere, coi suoi costumi, l’abito del regno celeste. Di questa nobiltà dello spirito, per mezzo di Pietro è detto: Ma voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale (1 Pt. 2, 9). E anche riguardo a questo potere di sottomettere i vizi, siamo confortati dalla parola di Giovanni che dice: Ma a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv. 1, 12). Ed è considerando la dignità di questa potenza che il salmista dice: Per me sono stati molto onorati i tuoi amici, o Dio, quanto è stato rafforzato il loro principato (Sal. 138, 17).

Poiché è certo che l’animo dei santi si leva verso le più grandi altezze principalmente quando, all’esterno, essi sono visibilmente sottoposti all’abiezione. Inoltre, all’oro, al violaceo e alla porpora si aggiunge lo scarlatto tinto due volte, a significare che agli occhi del Giudice interiore ogni bene di virtù deve adornarsi della carità, e tutto quanto risplende davanti agli uomini, alla presenza del Giudice occulto deve essere acceso dalla fiamma dell’amore intimo. Ed è evidente che la carità, in quanto ama Dio e il prossimo, rifulge quasi di una doppia tintura. Pertanto, colui che anela alla bellezza del Creatore, ma trascura di occuparsi del prossimo, oppure si occupa del prossimo ma è torpido nell’amore di Dio, per avere trascurato uno di questi due precetti, non sa portare lo scarlatto tinto due volte, sul velo omerale. Resta ancora però, senza dubbio, che quando lo spirito è teso verso i comandamenti della carità, la carne deve macerarsi nell’astinenza. Perciò si aggiunge allo scarlatto il bisso ritorto. Infatti il bisso nasce dalla terra con un aspetto splendente, e che cosa può essere designata dal bisso se non la castità luminosa per la dignità di un corpo puro? Ed essa si intreccia, ritorta, alla bellezza del velo omerale perché la castità è portata al candore perfetto della purezza quando la carne si affatica nell’astinenza. E quando, tra le altre virtù progredisce anche il merito di una carne umiliata, è come bisso ritorto che risplende nella varia bellezza del velo omerale.

4 — La guida delle anime sia discreta nel suo silenzio, utile con la sua parola
La guida delle anime sia discreta nel suo silenzio e utile con la sua parola affinché non dica ciò che bisogna tacere e non taccia ciò che occorre dire. Giacché come un parlare incauto trascina nell’errore, così un silenzio senza discrezione lascia nell’errore coloro che avrebbero potuto essere ammaestrati. Infatti, spesso, guide d’anime improvvide e paurose di perdere il favore degli uomini hanno gran timore di dire liberamente la verità; e, secondo la parola della Verità, non servono più alla custodia del gregge con lo zelo dei pastori ma fanno la parte dei mercenari (cf. Gv. 10, 13), poiché, quando si nascondono dietro il silenzio, è come se fuggissero all’arrivo del lupo. Per questo infatti, per mezzo del profeta, il Signore li rimprovera dicendo: Cani muti che non sanno abbaiare (Is. 56, 10). Per questo ancora, si lamenta dicendo: Non siete saliti contro, non avete opposto un muro in difesa della casa d’Israele, per stare saldi in combattimento nel giorno del Signore (Ez. 13, 5). Salire contro è contrastare i poteri di questo mondo con libera parola in difesa del gregge; e stare saldi in combattimento nel giorno del Signore è resistere per amore della giustizia agli attacchi dei malvagi. Infatti, che cos’è di diverso, per un Pastore, l’avere temuto di dire la verità dall’avere offerto le spalle col proprio silenzio? Ma chi si espone in difesa del gregge, oppone ai nemici un muro in difesa della casa di Israele. Perciò di nuovo viene detto al popolo che pecca: I tuoi profeti videro per te cose false e stolte e non ti manifestavano la tua iniquità per spingerti alla penitenza (Lam. 2, 14). È noto che nella lingua sacra spesso vengono chiamati profeti i maestri che, mentre mostrano che le cose presenti passano, insieme rivelano quelle che stanno per venire. Ora, la parola divina rimprovera costoro di vedere cose false, perché mentre temono di scagliarsi contro le colpe, invano blandiscono i peccatori con promesse di sicurezza: essi non svelano le iniquità dei peccatori perché si astengono col silenzio dalle parole di rimprovero. In effetti le parole di correzione sono la chiave che apre, poiché col rimprovero lavano la colpa che, non di rado, la persona stessa che l’ha compiuta ignora.

Perciò Paolo dice: (Il vescovo) sia in grado di esortare nella sana dottrina e di confutare i contraddittori (Tit. 1, 9). Perciò viene detto per mezzo di Malachia: Le labbra del sacerdote custodiscano la scienza e cerchino la legge dalla sua bocca, perché è angelo del Signore degli eserciti (Mal. 2, 7).

Perciò per mezzo di Isaia il Signore ammonisce dicendo: Grida, non cessare, leva la tua voce come una tromba (Is. 58, 1). E invero chiunque si accosta al sacerdozio assume l’ufficio del banditore perché, prima dell’avvento del Giudice che lo segue con terribile aspetto, egli lo preceda col suo grido. Se dunque il sacerdote non sa predicare, quale sarà il grido di un banditore muto? Ed è perciò che lo Spirito Santo, la prima volta, si posò sui Pastori in forma di lingue (Atti, 2, 3), poiché rende subito capaci di parlare di Lui, coloro che ha riempiti. Perciò viene ordinato a Mosè che il sommo sacerdote entrando nel tabernacolo si accosti con tintinnio di campanelli, abbia cioè le parole della predicazione, per non andare con un colpevole silenzio incontro al giudizio di colui che lo osserva dall’alto. È scritto infatti: Perché si oda il suono quando entra e quando esce dal santuario in cospetto del Signore, e non muoia (Es. 28, 35). Così il sacerdote, che entra o che esce, muore se da lui non si ode suono, poiché attira su di sé l’ira del Giudice occulto se cammina senza il suono della predicazione. Inoltre, quei campanelli sono descritti come opportunamente inseriti nelle sue vesti, perché le vesti del sacerdote non dobbiamo intenderle altrimenti che come le sue buone opere, per testimonianza del profeta che dice: I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia (Sal. 131, 9). Pertanto, i campanelli sono inseriti nelle sue vesti, perché insieme al suono della parola, anche le opere stesse del sacerdote proclamino la via della vita. Ma quando la guida delle anime si prepara a parlare, ponga ogni attenzione e ogni studio a farlo con grande precauzione, perché se si lascia trascinare a un parlare non meditato, i cuori degli ascoltatori non restino colpiti dalla ferita dell’errore; e mentre forse egli desidera di mostrarsi sapiente non spezzi stoltamente la compagine dell’unità. Perciò infatti la Verità dice: Abbiate sale in voi e abbiate pace tra voi (Mc. 9, 49). Col sale è indicata la sapienza del Verbo. Pertanto chi si sforza di parlare sapientemente, tema molto che il suo discorso non confonda l’unità degli ascoltatori. Perciò Paolo dice: Non sapienti più di quanto è opportuno, ma sapienti nei limiti della sobrietà (Rom. 12, 3). Perciò nella veste del sacerdote, secondo la parola divina, ai campanelli si uniscono le melagrane (Es. 28, 34). E che cosa viene designato con le melagrane se non l’unità della fede? Infatti, come nelle melagrane i molti grani dell’interno sono protetti da un’unica buccia esterna, così l’unità della fede protegge tutti insieme gli innumerevoli popoli che costituiscono la Santa Chiesa e che si distinguono all’interno per la diversità dei meriti. Così, affinché la guida delle anime non si butti a parlare da incauto, come già si è detto, la Verità stessa grida ai suoi discepoli: Abbiate sale in voi e abbiate pace tra voi, come se attraverso la figura della veste del sacerdote dicesse: Aggiungete melagrane ai campanelli affinché, in tutto ciò che dite abbiate a conservare con attenta considerazione l’unità della fede. Inoltre, le guide delle anime debbono provvedere con sollecita cura, non solo a non fare assolutamente discorsi perversi e falsi, ma a non dire neppure la verità in modo prolisso e disordinato, perché spesso il valore delle cose dette si perde quando viene svigorito, nel cuore di chi ascolta, da una loquacità inconsiderata e inopportuna. Questa medesima loquacità, poi, che è certamente incapace di servire utilmente gli ascoltatori, contamina anche colui che la esercita. Per cui è ben detto per mezzo di Mosè: L’uomo che soffre di flusso di seme, sarà immondo (Lev. 15, 2). Di fatto, la qualità del discorso udito è seme di quel pensiero che gli terrà dietro nella mente degli ascoltatori, poiché la parola, ricevuta attraverso l’orecchio, nella mente genera il pensiero. È per questo che, dai sapienti di questo mondo, il bravo predicatore è chiamato seminatore di parole (cf. Atti, 17, 18). Dunque, chi patisce flusso di seme è dichiarato impuro, perché chi è soggetto a una eccessiva loquacità si macchia con quel seme da cui — se l’avesse effuso in modo ordinato — avrebbe potuto generare nei cuori degli ascoltatori la prole del retto pensiero; ma se lo sparge con una loquacità inconsiderata, è come chi emette il seme, non al fine di generare ma per l’impurità. Perciò anche Paolo, quando esorta il discepolo ad insistere nella predicazione dicendo: Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che giudicherà i vivi e i morti, per il suo avvento e il suo regno, predica la parola, insisti opportunamente, importunamente (2 Tim. 4, 1-2); prima di dire importunamente premise opportunamente, perché è chiaro che nella considerazione di chi ascolta, l’importunità appare in tutta la sua qualità spregevole se non sa esprimersi in modo opportuno.

5 — La guida delle anime sia vicino a ciascuno con la compassione e sia più di tutti dedito alla contemplazione
La guida delle anime sia vicino a ciascuno con la compassione e sia più di tutti dedito alla contemplazione, per assumere in sé, con le sue viscere di misericordia, la debolezza degli altri, e insieme, per andare oltre se stesso nell’aspirazione delle realtà invisibili, con l’altezza della contemplazione. E così, se guarda con desiderio verso l’alto non disprezzi le debolezze del prossimo o se viceversa, si accosta ad esse, non trascuri di aspirare all’alto. Perciò infatti Paolo è condotto in Paradiso e vi scruta i segreti del terzo cielo (cf. 2 Cor. 12, 2 ss.), e tuttavia, pur assorto in quella contemplazione delle cose invisibili, richiama l’acutezza della sua mente al letto dell’unione carnale e definisce come questa debba essere vissuta nella sua intimità, dicendo: A causa della fornicazione, ciascun uomo abbia la propria moglie e ciascuna donna abbia il proprio marito. Il marito dia alla moglie quanto le deve; e similmente, la moglie al marito (1 Cor. 7, 2). E poco dopo: Non privatevi l’uno dell’altro se non temporaneamente e d’accordo, per attendere alla preghiera, e di nuovo ritornate insieme perché Satana non vi tenti (1 Cor. 7, 5). Ecco, egli viene già introdotto ai segreti celesti e tuttavia per la sua accondiscendente misericordia investiga il letto dell’unione carnale, e quello sguardo del cuore che egli, già innalzato, rivolge alle cose invisibili lo piega pieno di compassione verso i segreti di creature inferme. Oltrepassa il cielo con la contemplazione e tuttavia non tralascia, nella sua sollecitudine, di occuparsi del giaciglio dell’unione carnale; poiché, congiunto strettamente alle realtà più alte e insieme alle infime dall’intimo abbraccio della carità, egli è rapito potentemente verso l’alto per virtù del suo spirito, ma per la sua misericordia, nella mitezza del suo animo, si fa debole negli altri. Perciò infatti dice: Chi è debole e io non sono debole? Chi patisce scandalo e io non brucio? (2 Cor. 11, 29). E perciò ancora dice: Con i Giudei sono divenuto come Giudeo (1 Cor. 9, 20). Evidentemente mostrava ciò non con la perdita della fede, bensì con l’estendere la sua misericordia, così che trasferendo in sé la persona degli infedeli potesse imparare da se stesso come avrebbe dovuto avere compassione degli altri e fare a loro il bene che — nella medesima condizione — avrebbe rettamente voluto fosse fatto a lui. E di nuovo perciò dice: Se usciamo di mente è per Dio; se siamo sobri è per voi (2 Cor. 5, 13), poiché nella contemplazione egli sapeva salire oltre se stesso, ma sapeva ugualmente moderare se stesso per condiscendenza verso i suoi ascoltatori. Per questo Giacobbe, quando il Signore risplendeva su di lui in alto ed egli in basso unse la pietra, vide angeli che salivano e scendevano (cf. Gen. 28, 12): a significare, cioè, che i veri predicatori non solo anelano verso l’alto con la contemplazione, al Capo santo della Chiesa, cioè al Signore, ma nella loro misericordia scendono pure in basso, alle sue membra. Ugualmente Mosè entra ed esce tanto frequentemente dal Tabernacolo: dentro, è rapito dalla contemplazione; fuori, è pressato dalle necessità di creature inferme. Dentro, medita i misteri di Dio; fuori, porta i pesi delle realtà carnali. Ma pure, quando si tratta di casi dubbi egli ricorre sempre al Tabernacolo e davanti all’arca del testamento consulta il Signore: certo per offrire un esempio alle guide delle anime perché, quando nelle decisioni di carattere esterno si trovano nell’incertezza, ritornino sempre al proprio cuore come . al Tabernacolo; sarà come se fossero davanti all’arca del testamento a consultare il Signore, se riguardo a ciò per cui dentro di sé sono in dubbio, ricercheranno nel loro intimo le pagine della parola sacra. Perciò la Verità stessa che ci si è mostrata nell’assunzione della nostra umanità, sul monte si immerge nella preghiera, ma nelle città opera i miracoli (cf. Lc. 6, 12): evidentemente per appianare la via dell’imitazione alle buone guide delle anime, perché se anche sono già protese alle somme altezze della contemplazione, sappiano tuttavia mescolarsi compatendo alle necessità di creature inferme. Poiché la carità si eleva a meravigliosa altezza quando si trascina con misericordia fino alle bassezze del prossimo; e con quanto maggior benevolenza si piega verso le infermità tanto più potentemente risale verso l’alto. Coloro che presiedono si mostrino tali che quanti sono loro soggetti non arrossiscano di affidar loro i propri segreti, affinché, quando si sentono come bambini nella lotta contro i flutti delle passioni, ricorrano al cuore del Pastore come al seno di una madre; e col sollievo della sua esortazione e le lacrime della sua preghiera lavino le impurità della colpa che preme e minaccia di contaminarli. Per questo davanti alla porta del tempio c’è il mare di bronzo, cioè il bacino per la purificazione delle mani di chi entra, ed è sostenuto da dodici buoi i quali sporgono con la parte anteriore mentre la posteriore resta nascosta (cf. 1 Re 7, 23-25). Che cosa significano i dodici buoi se non tutto l’ordine dei Pastori, dei quali, secondo il commento che ne fa Paolo, la Scrittura dice: Non mettere la museruola al bue che trebbia (1 Cor. 9, 9)? Di essi non vediamo le opere compiute apertamente, ma ignoriamo ciò che li attende nella segreta retribuzione del severo Giudice. Tuttavia quando essi con la loro paziente accondiscendenza dispongono il prossimo alla confessione purificatrice è come se portassero su di sé il bacino davanti alle porte del tempio, affinché chiunque si sforza di entrare per la porta dell’eternità, manifesti al cuore del Pastore le sue tentazioni e — per così dire — lavi il suo pensiero e le sue azioni nel bacino dei buoi. Accade pure spesso che il Pastore nell’ascoltare benevolmente le tentazioni altrui ne diviene vittima egli stesso come senza dubbio resta inquinata quella medesima acqua del bacino, nella quale si purifica la moltitudine del popolo. Infatti mentre riceve l’impurità di coloro che si lavano, l’acqua viene come a perdere la sua limpida purezza, ma non si deve temere che avvenga lo stesso del Pastore, poiché Dio che pensa a tutto con cura minuziosa lo strappa alla sua tentazione tanto più facilmente quanto maggiore è la misericordia con cui egli si carica della tentazione altrui.

6 — La guida delle anime sia umile alleato di chi fa il bene; e per il suo zelo della giustizia sia inflessibile contro i vizi dei peccatori
La guida delle anime sia umile alleato di chi fa il bene e per il suo zelo della giustizia sia inflessibile contro i vizi dei peccatori; così non si anteponga in nulla ai buoni, e quando la colpa dei malvagi lo esige, non esiti a riconoscere il potere del suo primato. In tal modo, lasciando da parte la dignità che riveste, si consideri uguale ai sudditi che vivono operando il bene, e verso i malvagi non tema di affermare i diritti della verità e della giustizia. Infatti, come ricordo di avere scritto nei libri morali (Moralia, lib. 21, cap. 10), è certo che gli uomini sono tutti uguali per natura ma, variando l’ordine dei meriti, la colpa pospone gli uni agli altri. Però, anche la diversità che procede dal peccato è regolata dalla disposizione divina affinché, siccome non ogni uomo è in grado di mantenersi in questa condizione di eguaglianza, ci siano alcuni uomini governati da altri. Perciò tutti coloro che presiedono, in se stessi non debbono considerare il potere del proprio grado ma l’eguaglianza secondo natura; non godano dunque di governare sugli uomini ma di giovare loro. I nostri antichi padri, del resto, furono pastori di pecore, non re di uomini; e quando il Signore disse a Noè e ai suoi figli: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra, subito aggiunse: E terrore di voi e tremore sia su tutti gli animali della terra (Gen. 9, 1). Evidentemente, se viene prescritto che debba esserci questo terrore e tremore sugli animali della terra, viene senz’altro proibito che esso possa esercitarsi sugli uomini. L’uomo è stato preposto per natura agli animali bruti, non agli altri uomini; e perciò gli viene detto che gli animali e non gli uomini lo devono temere; quindi voler essere temuto da un eguale corrisponde ad una esaltazione contro natura. E tuttavia è necessario che le guide delle anime incutano timore ai sudditi quando esse si accorgono che quelli non hanno alcun timore di Dio, affinché coloro che non hanno paura dei giudizi divini temano di peccare almeno per una paura umana. Infatti, coloro che sono preposti ad altri non insuperbiscono nella ricerca di questo timore, poiché con essa non cercano la propria gloria ma la giustizia dei sudditi: nell’esigere timore per sé da coloro che conducono una vita malvagia è come se governassero animali e non uomini, perché è per quella parte di loro con cui si comportano da bestie che i sudditi debbono giacere persino prostrati dalla paura. Ma spesso chi guida delle anime, per il fatto stesso di essere preposto ad altri si gonfia nell’esaltazione del suo pensiero: tutto è a sua disposizione, i suoi ordini vengono prontamente eseguiti secondo il suo desiderio, tutti i sudditi sono pronti a lodarlo ampiamente se fa qualcosa di buono e sono privi di autorità per contraddirlo per quello che fa di male, anzi, per lo più sono disposti a lodarlo anche quando dovrebbero disapprovarlo; allora il suo animo si innalza al di sopra di sé sedotto da tutto ciò che gli viene elargito dal basso. Così, circondato all’esterno da grandissimo favore, si svuota interiormente della verità e dimentico della sua realtà profonda si disperde compiacendosi dell’apprezzamento altrui e si crede tale quale è la sua fama al di fuori, non quale dovrebbe riconoscersi nel proprio intimo. Disprezza i sudditi, non li riconosce uguali a sé secondo l’ordine naturale e si immagina di avere superato, anche per i meriti della propria vita, coloro che gli stanno sottoposti a motivo di un potere datogli in sorte. Si giudica più sapiente di tutti coloro dei quali si vede più potente. Nella stima che ha di se stesso si è come stabilito su una cima e sdegna di guardare agli altri come a uguali, lui che pure è legato a loro dalla condizione di una, uguale natura. E così diviene simile a colui di cui è scritto: Vede ogni sublime altezza ed egli stesso è re sopra tutti i figli della superbia (Giob. 41, 25), a colui cioè che aspirando a un luogo più elevato e disprezzando la comune vita degli angeli dice: Porrò la mia dimora presso l’Aquilone e sarò simile all’Altissimo (cf. Is. 14, 13-14). Pertanto egli scoprì dentro di sé, per mirabile giudizio divino, un abisso di abiezione poiché al di fuori si era innalzato al culmine del potere. E così diviene simile all’angelo apostata l’uomo che sdegna di essere simile agli altri uomini. Similmente Saul, dopo avere ben meritato per la sua umiltà, si gonfiò di superbia per l’altezza del suo potere; per l’umiltà fu scelto ma fu riprovato per la superbia, secondo la testimonianza del Signore che dice: Non ti costituii forse capo tra le tribù di Israele quando eri piccolo ai tuoi occhi? (1 Sam. 15, 17). Prima si era visto piccolo coi suoi occhi ma poi, sostenuto dalla sua potenza mondana, non si vedeva più piccolo. Infatti, preferendo se stesso a paragone degli altri poiché aveva un potere superiore a tutti, si stimava più grande di tutti. Ma come — mirabilmente — per essere piccolo davanti a se stesso fu grande davanti a Dio, quando appari grande davanti a se stesso divenne piccolo davanti a Dio. Dunque accade spesso che l’animo si gonfia perché è grande il numero di coloro che gli sono soggetti e, adulato dalla sola altezza della sua potenza, esso si corrompe effondendosi nella superbia. Ma questa potenza, evidentemente, la regge bene chi sa tenerla in pugno e insieme combatterla; la regge bene chi sa, con essa, erigersi sopra le colpe, e con essa sa essere uguale agli altri. Infatti la mente umana spesso si esalta anche quando non si sostiene su alcun potere; quanto più si leverà in alto se le si aggiunge anche il potere. Però il potere può essere ben esercitato da chi sa trarre da esso ciò che giova e sa vincere le tentazioni che esso ispira e, pur possedendolo, sa vedersi uguale agli altri e insieme sa anteporsi ai peccatori per lo zelo della punizione. E se consideriamo l’esempio del primo Pastore, possiamo riconoscere più pienamente in che cosa consiste questa discrezione. Infatti Pietro che pure teneva il primato nella Santa Chiesa, per volontà di Dio, ricusò di accogliere i segni di una venerazione fuor di misura da Cornelio, uomo buono che faceva il bene, il quale gli si era umilmente prostrato; ma riconoscendosi invece simile a lui gli disse: Alzati, non farlo, sono un uomo anch’io (Atti, 10, 26). Quando però scopri la colpa di Anania e di Saffira (cf. Atti, 5, 5), mostrò subito per quale potenza egli fosse divenuto preminente sugli altri. Infatti con una sola parola colpi la loro vita che egli aveva conosciuto col discernimento spirituale e si ricordò di essere la somma autorità nella Chiesa contro i peccati; cosa che non volle riconoscere di fronte a fratelli buoni e attivi nel bene, per un onore che gli veniva tributato con trasporto. E in questo caso, la santità delle opere meritò di essere accolta in una comunione tra uguali; nell’altro, lo zelo della punizione provocò l’esercizio del potere. Paolo non si considerava preposto ai fratelli attivi nel bene quando diceva: Non facciamo da padroni della vostra fede, ma siamo cooperatori della vostra gioia (2 Cor. 1, 23). E aggiunge subito: infatti voi state saldi nella fede (ibid.), come per spiegare quello che aveva premesso dicendo: Perciò, non facciamo da padroni sulla vostra fede, perché voi state saldi nella fede; infatti noi siamo uguali a voi in ciò in cui riconosciamo che restate fermi. Ed era come non considerarsi preposto ai fratelli quando diceva: Siamo divenuti un bambino piccolo in mezzo a voi (1 Tess. 2, 7); e ancora: E noi vostri servi per Cristo (2 Cor. 4, 5). Ma quando scopri la colpa che avrebbe dovuto essere corretta, subito si ricordò di essere maestro, dicendo: Che cosa volete? Devo venire da voi con la verga? (1 Cor. 4, 21). Colui che presiede regge bene il sommo potere quando domina sui vizi piuttosto che sui fratelli; ma quando i superiori correggono i sudditi peccatori è necessario che in virtù del loro potere attendano con sollecitudine a punire le colpe, per il dovere cui sono tenuti di conservare la disciplina. Tuttavia, per conservare l’umiltà, si riconoscano nello stesso tempo uguali a quegli stessi fratelli che vengono corretti da loro, anzi sarebbe spesso cosa degna che nella nostra tacita considerazione anteponessimo a noi stessi le medesime persone che correggiamo. Infatti i loro vizi vengono puniti per mezzo nostro col rigore della disciplina, mentre in ciò che noi stessi commettiamo di male non siamo scalfiti neppure da una parola di rimprovero da parte di alcuno. Siamo dunque tanto più obbligati presso il Signore quanto più impunemente pecchiamo presso gli uomini. D’altra parte, la nostra correzione fa tanto più liberi i sudditi davanti al giudizio divino in quanto Egli non lascia impunite qui le loro colpe. Così bisogna conservare l’umiltà nel cuore e la disciplina nelle opere. Ma detto questo, bisogna anche guardare saggiamente che le esigenze del governo non restino vanificate da una custodia impropria dell’umiltà e se un superiore si abbassa più del conveniente non possa più trattenere poi la vita dei sudditi sotto il vincolo della disciplina. Dunque, le guide delle anime restino ferme a quell’atteggiamento esteriore che assumono in vista dell’utilità degli altri e conservino nell’intimo quella disposizione che le fa temere grandemente quanto alla stima di sé. Tuttavia i sudditi devono poter percepire, da certi segni di sobria spontaneità, che esse sono umili e vedere così ciò che devono temere dalla loro autorità e conoscere ciò che devono imitare della loro umiltà. Pertanto, i superiori, quanto maggiore appare all’esterno la loro potenza tanto più non cessino di provvedere a deprimerla interiormente ai propri occhi, evitando che il pensiero ne sia tutto preso, l’animo sia rapito dal compiacimento di sé e non sia più in grado di tenere sottomessa quella potenza, alla quale si sottomette per libidine di dominio. Infatti, affinché l’animo del superiore non venga rapito dal compiacimento del suo potere fino all’esaltazione, un sapiente ha giustamente detto: Ti hanno stabilito guida, non ti esaltare ma sii tra di loro come uno di loro (Sir. 32, 1). Perciò anche Pietro dice: Non come padroni delle persone a voi toccate in sorte, ma fatti a forma del gregge (1 Pt. 5, 3). Perciò la Verità stessa invitandoci ai più alti meriti della virtù dice: Sapete che i capi delle nazioni le dominano e i grandi esercitano il potere su di loro. Non così sarà tra voi, ma chiunque vorrà essere maggiore fra voi sarà vostro servo, e chi vorrà essere primo tra voi sarà vostro schiavo, come il Figlio dell’uomo non è venuto a essere servito ma a servire (Mt. 20, 25). Di qui il senso delle parole che si riferiscono a quel servo esaltato per il potere ricevuto, ma poi lo attenderanno i supplizi: Che se quel servo malvagio dirà in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire; e incomincerà a battere i suoi conservi e mangerà e berrà con gli ubriachi; verrà il padrone di quel servo nel giorno in cui non l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo separerà e la sua parte sarà con gli ipocriti (Mt. 24, 48 ss.). Ed è giustamente considerato ipocrita colui che col pretesto della disciplina muta il ministero del governo in esercizio di dominio. E tuttavia spesso si pecca gravemente se nei confronti dei malvagi si custodisce più l’eguaglianza che la disciplina. Infatti, Eli che, vinto da una falsa pietà, non volle punire i figli peccatori, colpi se stesso insieme ai figli con una crudele condanna presso il severo Giudice (cf. 1 Sam. 4, 17-18); e perciò egli si sente dire dalla parola divina: Hai onorato i tuoi figli pia di me (1 Sam. 2, 29). E Dio rimprovera i Pastori per mezzo dei profeti dicendo: Non avete fasciato ciò che si era fratturato, non avete ricondotto ciò che era rigettato (Ez. 34, 4). Si riconduce chi è rigettato quando col vigore della sollecitudine pastorale si richiama alla condizione di giustizia chiunque è caduto nella colpa. E la fasciatura stringe la frattura quando la disciplina reprime la colpa, affinché la piaga non degeneri fino alla morte se non la stringe la severità del castigo. Ma spesso la frattura si fa più grave se viene fasciata senza precauzione e la ferita duole maggiormente se le bende la stringono in modo eccessivo. Perciò è necessario che, quando per porvi rimedio si comprime nei sudditi la ferita del peccato, si abbia grande sollecitudine di moderare la stessa correzione perché, mentre si esercita verso i peccatori il dovere della disciplina, non si venga meno ai sentimenti di pietà. Bisogna cioè avere cura che la pietà faccia apparire ai sudditi madre colui che li guida, e la disciplina glielo mostri padre. E pertanto bisogna provvedere con pronta e avvertita prudenza che la correzione non sia troppo rigida o la misericordia troppo permissiva. Infatti, come abbiamo già detto nei Libri Morali (Moralia, lib. 20, cap. 8), sia la disciplina che la misericordia vengono meno se si esercita l’una senza l’altra; invece, nelle guide delle anime, devono trovarsi verso i sudditi una misericordia che provvede secondo giustizia insieme a una disciplina rigida secondo pietà. Ed è perciò che nell’insegnamento della Verità quell’uomo semivivo viene condotto all’albergo dalla sollecitudine del Samaritano (cf. Lc. 10, 34) e gli vengono somministrati vino e olio nelle sue ferite, chiaramente perché, per esse, egli sperimenti la pungente disinfezione del vino e il conforto dell’olio che lenisce. È assolutamente necessario che chi ha l’ufficio di curare le ferite somministri attraverso il vino il morso pungente del dolore e attraverso l’olio la tenerezza della pietà, giacché col vino si purifica il putridume e con l’olio si nutre e si ristora per la guarigione. Così, bisogna mescolare la dolcezza con la severità; bisogna fare come un giusto contemperamento dell’una e dell’altra affinché i sudditi non restino esasperati da troppa asprezza e neppure infiacchiti da una eccessiva benevolenza. Ciò è ben rappresentato dall’arca del Tabernacolo — secondo la parola di Paolo — nella quale si trovano insieme alle tavole la verga e la manna (cf. Ebr. 9, 4); cioè, se nell’anima della buona guida spirituale, insieme alla scienza della Sacra Scrittura c’è la verga della correzione, ci sia anche la manna della dolcezza. Perciò dice David: La tua verga e il tuo bastone mi hanno consolato (Sal. 22, 4), perché la verga ci colpisce e il bastone ci sostiene e se c’è la correzione della verga che ferisce ci sia anche la consolazione del bastone che sostiene. E così ci sia l’amore, non tale però che renda molli; ci sia il rigore non tale però che esasperi; ci sia lo zelo che tuttavia non infierisce oltre misura; ci sia la pietà che risparmia ma non più di quanto conviene; affinché nell’esercizio del governo, conciliando giustizia e clemenza, il superiore muova il cuore dei sudditi col timore ma usi con loro dolcezza, e con questa dolcezza li costringa al rispetto che il timore ispira.

7 — La guida delle anime non attenui la cura della vita interiore nelle occupazioni esterne, né tralasci di provvedere alle necessità esteriori per la sollecitudine del bene interiore
La guida delle anime non attenui la cura della vita interiore nelle occupazioni esterne, né tralasci di provvedere alle necessità esteriori per la sollecitudine del bene interiore, affinché, dedito alle attività esterne non venga meno alla vita spirituale oppure occupato solo in essa manchi di rendere quel che deve al prossimo nell’attività esterna. Accade spesso infatti che alcuni, dimentichi di essere stati preposti ai fratelli per le loro anime, si dedicano con ogni sforzo del cuore al servizio degli interessi secolari, e l’essere presenti a questi li fa esultare di gioia, e anche quando sono assenti anelano ad essi, giorno e notte, nell’agitazione di un pensiero inquieto. Quando poi, forse per una interruzione occasionale, sono quieti da essi, questa stessa quiete li affatica ancor peggio; infatti giudicano un piacere essere oppressi dall’attività e considerano una fatica non faticare in occupazioni terrestri. Così accade che, mentre godono di essere incalzati da inquietudini mondane, ignorano i beni interiori che avrebbero dovuto insegnare agli altri. Per cui sicuramente anche la vita dei sudditi intorpidisce poiché, mentre essi aspirano al progresso spirituale, inciampano contro l’esempio del superiore come contro un ostacolo che si trova lungo il cammino. Infatti quando la testa è malata anche le membra perdono vigore, e nella ricerca del nemico non serve che l’esercito segua con prestezza se la stessa guida del cammino perde la strada. Nessuna esortazione innalza gli animi dei sudditi e nessun rimprovero è castigo efficace contro le loro colpe, poiché sebbene colui che è preposto alle anime eserciti l’ufficio di giudice terreno, la cura del Pastore non è rivolta alla custodia del gregge e i sudditi non possono cogliere la luce della verità perché, quando interessi terreni occupano i sensi del Pastore, la polvere spinta dal vento della tentazione acceca gli occhi della Chiesa. Perciò il Redentore del genere umano, volendoci trattenere dalla ingordigia del ventre, dopo aver detto: Fate attenzione che i vostri cuori non siano gravati dalla gozzoviglia e dall’ubriachezza, subito aggiunse: o nelle preoccupazioni di questa vita; e poi ancora introduce il timore proseguendo con forza: che non vi sopravvenga improvviso quel giorno (Lc. 21, 34). E di quale venuta si tratti lo manifesta dicendo: Verrà infatti come un laccio su tutti coloro che siedono sulla faccia di tutta la terra (Lc. 21, 35). Quindi ancora dice: Nessuno può servire a due padroni (Lc. 16, 13). Perciò Paolo interdice le anime religiose dal commercio col mondo dichiarando o piuttosto consigliando pressantemente: Nessuno che militi per Dio si immischi in affari secolari per potere piacere a colui che l’ha arruolato (2 Tim. 2, 4). Perciò prescrive alle guide della Chiesa di essere liberi da altri interessi e mostra loro come provvedere quando si tratti di cercare consigli, dicendo: Pertanto, se avrete delle liti riguardo a interessi secolari stabilite come giudici persone da niente nella Chiesa (1 Cor. 6, 4), perché all’amministrazione dei beni terreni servano quelli che sono non dotati di alcun dono spirituale. Come se dicesse apertamente: poiché non sanno penetrare le realtà interiori, operino almeno per le necessità esterne. Perciò Mosè, che parla con Dio (cf. Es. 18, 17-18), viene giudicato dal rimprovero di Ietro, uno straniero, perché serve con una fatica inutile alle faccende terrene del popolo, e riceve subito il consiglio di stabilire altri al posto suo a dirimere le liti, per potere lui stesso più liberamente conoscere i misteri spirituali e insegnarli al popolo. Pertanto tocca ai sudditi svolgere le attività di grado inferiore, e alle guide delle anime meditare le verità somme affinché il darsi cura della polvere non oscuri l’occhio preposto a fare da guida nel cammino Infatti, tutti coloro che presiedono sono capo dei sudditi e senza alcun dubbio è il capo che deve provvedere dall’alto a che i piedi siano in grado di percorrere la via diritta e non si intorpidiscano nel procedere del viaggio, quando il corpo si incurva e il capo si piega verso terra. Ma con quale disposizione interiore colui che è preposto alle anime esercita sugli altri la dignità pastorale se lui stesso è preso dalle attività terrene che dovrebbe rimproverare negli altri? È chiaramente questo che il Signore, dall’ira della giusta retribuzione, minaccia per mezzo del profeta dicendo: E come il popolo così sarà il sacerdote (Os. 4, 9). E il sacerdote è come il popolo quando colui che esplica un ufficio spirituale compie esattamente le stesse cose di coloro che vengono ancora designati dai loro interessi carnali. Vedendo questo, il profeta Geremia piange, con grande dolore ispirato dalla sua carità, e lo raffigura nella distruzione del tempio dicendo: Come si è annerito l’oro e si è mutata la sua splendida lucentezza, le pietre del santuario sono state disperse in capo a tutte le piazze (Lam. 4, 1). Che cosa si intende infatti con oro, che è il metallo più prezioso di tutti, se non l’eccellenza della santità? Che cosa si esprime con splendida lucentezza se non la riverenza che ispira la dignità religiosa amabile a tutti? Che cosa significano le pietre del santuario, se non le persone insignite di ordini sacri? Che cosa si raffigura col nome di piazze, se non la larghezza della vita presente? Infatti nella lingua greca la larghezza è detta platos ed è certo per la larghezza che le piazze sono chiamate così. Ma la Verità in persona dice: Larga e spaziosa è la via che porta alla perdizione (Mt. 7, 13). L’oro pertanto annerisce quando una vita che deve essere santa si contamina con attività terrestri. La splendida lucentezza si muta quando diminuisce la stima che si era fatta di certuni i quali si credeva vivessero religiosamente. Infatti quando qualcuno, chiunque sia, lascia il costume di una vita santa per immischiarsi in attività terrestri, la riverenza che egli ispirava, divenuta oggetto di disgusto, impallidisce agli occhi degli uomini come la vivezza di un colore alterato. E anche le pietre del santuario vengono sparse nelle piazze quando coloro, che per il decoro della Chiesa avrebbero dovuto attendere solo ai misteri dello spirito, come nel segreto del Tabernacolo, vagano invece fuori, sulle larghe vie degli affari mondani. In effetti, le pietre del santuario erano fatte per comparire nell’interno del Santo dei Santi sulla veste del sommo sacerdote; ma quando i ministri della religione non sanno esigere, coi meriti della loro condotta di vita, l’onore dovuto dai sudditi al loro Redentore, allora le pietre del santuario non sono ornamento del pontefice. Esse giacciono sparse sulle piazze perché coloro che portano gli ordini sacri, dediti alla larghezza dei loro piaceri, sono tutti presi dagli affari terreni. E occorre notare che non dice che sono sparsi nelle piazze, ma in capo alle piazze, poiché mentre si occupano delle cose del mondo aspirano ad apparire in alto, per mantenersi sulle larghe vie, per l’allettamento del piacere, e insieme in capo alle piazze, per l’onore che viene attribuito alla santità. Del resto possiamo anche intendere senza difficoltà che le pietre del santuario siano invece quelle medesime con cui il santuario era stato costruito; in questo caso quelle pietre giacciono in capo alle piazze quando gli uomini insigniti degli ordini sacri si pongono con desiderio al servizio di affari mondani mentre prima sembrava che la loro gloria consistesse nel servizio delle cose sante. Così, gli affari mondani si devono assumere talvolta per esigenze di carità, ma non si devono mai ricercare con passione, per evitare che esse, gravando l’animo di chi le predilige, lo trascinino avvinto al proprio peso, dalle regioni celesti giù nel profondo. Ma si dà anche il caso che alcuni assumano effettivamente la cura del gregge, ma aspirano tanto per sé di essere liberi di dedicarsi alle cose spirituali che non si occupano per nulla affatto di cose esterne. Allora, poiché essi trascurano totalmente le cure materiali, non soccorrono in nulla le necessità dei sudditi e per lo più la loro predicazione viene sdegnata e non vengono ascoltati volentieri poiché rimproverano l’agire dei peccatori, ma poi non amministrano loro quanto è necessario alla vita presente. Infatti la parola della dottrina non penetra nella mente del bisognoso se una mano misericordiosa non la raccomanda al suo cuore. E invece, il seme della parola germina facilmente quando la pietà di chi predica lo irriga nel petto di colui che ascolta. Perciò è necessario che la guida delle anime possa infondere le verità spirituali e anche provvedere alle necessità esteriori con una attenzione del pensiero che però non gli danneggi. Così, i Pastori siano ferventi degli interessi spirituali dei loro sudditi, purché in questo non tralascino di provvedere pure alla loro vita esteriore. Infatti, come abbiamo detto, è comprensibile che l’animo del gregge non creda alla predicazione che dovrebbe accogliere, se il Pastore tralascia la cura dell’aiuto esterno. Perciò il primo Pastore ammonisce con sollecitudine dicendo: Scongiuro gli anziani che sono tra voi, io anziano come loro e testimone dei patimenti di Cristo e fatto partecipe della sua gloria che deve essere rivelata in futuro, pascete il gregge di Dio che è tra voi. Ed egli stesso spiega a questo punto quale pascolo intenda, se del cuore o del corpo, poiché aggiunge subito: Governandolo non per costrizione ma spontaneamente, secondo Dio, non per turpe guadagno ma volontariamente (1 Pt. 5, 1). E certo, con queste parole, previene piamente i Pastori perché, mentre soddisfano l’indigenza dei sudditi, non uccidano se stessi con la spada dell’ambizione, e se per loro mezzo il prossimo riceve il sollievo di aiuti materiali, loro stessi poi non rimangano digiuni del pane della giustizia. Paolo eccita questa sollecitudine dei Pastori dicendo: Chi non ha cura dei suoi, soprattutto dei familiari, ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele (1 Tim. 5, 8). E così, tra queste cose, bisogna però sempre temere e prestare vigile attenzione che mentre si trattano affari esterni non se ne venga sommersi, privati dell’intimo fervore; poiché spesso, come abbiamo già detto, le guide delle anime piegano improvvisamente il loro cuore a servire le cure temporali, e così si raffredda l’amore nel loro intimo, ed espandendosi al di fuori non temono di vivere nell’oblio, col pretesto di doversi occupare delle anime. Pertanto, la cura che pure si deve avere nei confronti dei bisogni materiali dei sudditi deve essere necessariamente contenuta entro certi limiti. Perciò si dice bene in Ezechiele: I sacerdoti non si radano il capo, né si tacciano crescere i capelli, ma li accorcino tagliandoli (Ez. 44, 20). Infatti sono giustamente chiamati sacerdoti coloro che presiedono ai fedeli per offrire loro una guida sacra. I capelli del capo sono i pensieri della mente volti a cure esteriori e finché nascono insensibilmente sul capo designano le cure della vita presente, le quali crescono, senza quasi che ce ne accorgiamo, da una sensibilità trascurata poiché nascono talvolta in modo inopportuno. Dunque, poiché tutti quelli che presiedono devono avere di fatto delle sollecitudini esteriori, senza d’altra parte dedicarsi ad esse con eccessiva passione, giustamente si proibisce ai sacerdoti di radersi il capo e di farsi crescere i capelli, affinché non taglino radicalmente da sé i pensieri che riguardano la vita materiale dei sudditi, né d’altra parte diano loro troppo spazio in modo da farli crescere. Perciò è ben detto: Accorcino i capelli tagliandoli, evidentemente nel senso che se pure, per quel che è inevitabile, possono nascere preoccupazioni di cure materiali, tuttavia esse devono essere tagliate ben presto perché non crescano smodatamente. Pertanto, quando la vita materiale viene protetta attraverso la pratica di una previdenza esteriore — e in più non è ostacolata dalla tensione spirituale, quando questa è illuminata — è allora che i capelli sul capo del sacerdote vengono conservati perché coprano la pelle, ma vengono tagliati perché non chiudano gli occhi.

8 — La guida delle anime, col suo zelo, non abbia di mira il favore degli uomini; e tuttavia sia attento a ciò che ad essi deve piacere.
Oltre a ciò, è pure necessario che la guida delle anime esplichi una vigile cura perché non la spinga la bramosia di piacere agli uomini, e quando si dedica assiduamente ad approfondire le realtà interiori o distribuisce provvidamente i beni esteriori, non cerchi di più l’amore dei sudditi che la verità; e quando sostenuto dalle sue buone azioni sembra, estraneo al mondo, il suo amore di sé non lo renda estraneo al Creatore. Infatti è nemico del Redentore colui che, attraverso le opere giuste che compie, brama di essere amato dalla Chiesa in luogo di Lui; ed è così reo di pensiero adultero, come il servo per mezzo del quale lo sposo manda doni alla sposa ed egli brama di piacere agli occhi di lei. Poiché quando l’amor proprio si impadronisce della guida delle anime, talvolta la trascina a una mollezza disordinata, talvolta al contrario ad un aspro rigore. Il suo spirito è portato alla mollezza dall’amor proprio quando, pur vedendo i sudditi peccare, non trova opportuno castigarli per non indebolire il loro amore verso di lui, e non di rado accarezza con le adulazioni quegli errori dei sudditi che avrebbe dovuto rimproverare. Perciò è detto bene, per mezzo del profeta: Guai a coloro che cuciono cuscinetti per ogni gomito e fanno guanciali per teste di ogni età, per rapire anime (Ez. 13, 18). Porre cuscinetti sotto ogni gomito è confortare con blanda adulazione le anime che vengono meno alla propria rettitudine e si ripiegano nei piaceri di questo mondo. Ed è come accogliere su un cuscino o su un guanciale il gomito o il capo di uno che giace, quando si sottrae il peccatore alla durezza della punizione e gli si offrono le mollezze del favore, così che chi non è colpito da alcuna aspra contraddizione giaccia mollemente nell’errore. E le guide delle anime che amano sé stesse, senza alcun dubbio offrono di queste cose a coloro che temono gli possano nuocere nella loro ricerca della gloria mondana. Infatti esse opprimono con l’asprezza di un rimprovero sempre duro e violento quelli che vedono non avere alcuna forza contro di loro, e non li ammoniscono mai benignamente ma, dimentiche della mitezza del Pastore li terrorizzano in forza del loro potere. La parola di Dio li rimprovera giustamente dicendo per mezzo del profeta: Voi comandavate su di loro con austerità e con prepotenza (Ez. 34, 4). Infatti, amando più se stessi che il loro Creatore, si ergono contro i sudditi con tracotanza e non guardano a quello che hanno dovere di fare ma a ciò per cui hanno la forza; senza alcun timore del giudizio che seguirà, si gloriano sfrontatamente del loro potere temporale purché possano compiere con ogni licenza anche cose illecite e nessuno dei sudditi li contraddica. Pertanto, colui che desidera vivere perversamente, e che gli altri tuttavia ne tacciano, testimonia contro se stesso di desiderare che si ami lui più della verità, che non vuole venga difesa contro di lui. E non esiste certamente nessuno che viva in questo modo e, almeno entro un certo ambito, non pecchi. Vuole invece che si ami la verità più di lui, chi non vuol essere risparmiato da nessuno ai danni della verità. Perciò infatti Pietro riceve volentieri il rimprovero di Paolo (cf. Gal. 2, 11 ss.); perciò David ascoltò umilmente la correzione di un suddito (cf. 2 Sam. 11, 7 ss.); poiché le buone guide di anime non sanno amare se stessi di un amore particolare e considerano un umile ossequio, da parte dei sudditi, una parola ispirata da una libera purezza d’animo. Ma è soprattutto necessario che la cura del governo delle anime sia temperata da tanta sapiente moderazione che i sudditi possano esprimere con libera parola quanto hanno rettamente avvertito, anche se poi questa libertà non deve essere tale da erompere in superbia; perché non accada che se si concede ai sudditi una eccessiva libertà di parola, essi abbiano poi a perdere l’umiltà della vita. Bisogna pure sapere che è opportuno che le buone guide delle anime desiderino di piacere agli uomini, ma solo per attirare il prossimo all’amore della verità attraverso la dolcezza della stima che esse ispirano; non per desiderare di essere amate, ma per fare dell’amore di cui sono oggetto come una via attraverso la quale introdurre all’amore del Creatore i cuori di coloro che ascoltano. Poiché è difficile che, per quanto dica la verità, sia ascoltato volentieri, un predicatore che non è amato. Dunque, chi presiede deve applicarsi a farsi amare per potere essere ascoltato; e tuttavia non deve cercare amore per se stesso, per non essere trovato come chi, nell’occulta tirannide del suo pensiero, si oppone a colui che per via del suo ufficio sembra servire. Ciò suggerisce bene Paolo quando ci manifesta gli aspetti nascosti della sua dedizione, dicendo: Come anch’io piaccio a tutti in ogni cosa (1 Cor. 10, 33). E tuttavia dice di nuovo altrove: Se piacessi ancora agli uomini non sarei servo di Cristo (Gal. 1, 10). Dunque, Paolo piace e non piace perché, nel suo desiderio di piacere, non cerca di piacere lui, ma che agli uomini piaccia la verità attraverso di lui.

9 — La guida delle anime deve essere attenta nella consapevolezza che non di rado i vizi si travestono da virtù
La guida delle anime deve anche sapere che non di rado i vizi si travestono da virtù Infatti spesso l’avarizia si nasconde sotto il nome di parsimonia e, al contrario, la prodigalità sotto l’appellativo di generosità. Spesso una accondiscendenza senza discrezione è considerata pietà, e un’ira sfrenata zelo virtuoso; spesso un’azione precipitosa passa per rapidità efficiente e la lentezza dell’agire per prudenza deliberata. Perciò è necessario che la guida delle anime discerna con vigile cura virtù da vizi, perché l’avarizia non si impadronisca del suo cuore ed egli si compiaccia di apparire parco nella sua amministrazione; oppure si vanti, magari con l’aria di commiserare la propria liberalità, quando c’è stato qualche sperpero per la sua prodigalità; o trascini all’eterno supplizio i sudditi rimettendo il peccato che avrebbe dovuto colpire; o colpendo con crudeltà il peccato, pecchi egli stesso più gravemente; o, tratti con leggerezza, con una fretta troppo anticipata, ciò che si sarebbe potuto trattare correttamente e con ponderazione o, differendo il compimento di una buona azione, ne converta in peggio il risultato.

10 — Quale debba essere la discrezione della guida delle anime nel correggere e nel dissimulare; nello zelo e nella mansuetudine
Bisogna pure sapere che occorre talvolta dissimulare con prudenza i vizi dei sudditi ma che pur dissimulandoli bisogna mostrare di conoscerli. Talvolta, colpe manifeste bisognerà tollerarle per un certo tempo, talvolta invece, quando sono nascoste, esaminarle diligentemente; talvolta riprenderle con dolcezza; talvolta al contrario rimproverarle con forza. Alcune in effetti, come abbiamo detto, bisogna dissimularle con prudenza e tuttavia mostrare di conoscerle, affinché il peccatore sapendo di essere noto come tale, e di essere tuttavia sopportato, arrossisca di aumentare quelle colpe che vede tollerate in silenzio nei suoi confronti, e fattosi giudice di se stesso si punisca, lui che la clemente pazienza della sua guida, per parte sua, scusa. È chiaro che con questa dissimulazione il Signore corregge la Giudea, quando dice per mezzo del profeta: Hai mentito e non ti sei ricordata di me né hai meditato in cuor tuo; perché io tacevo quasi come uno che non vede (Is. 57, 11). Dunque dissimulò le colpe e lo fece notare, in quanto tacque contro il peccatore ma non tacque il fatto stesso di avere taciuto. Alcune colpe manifeste, invece, bisogna tollerarle per un certo tempo; finché cioè l’opportunità della situazione non sia tale da consigliare un’aperta correzione. Infatti le ferite operate troppo presto si infiammano maggiormente, e se i medicamenti non vengono graduati in modo conveniente nel tempo, è chiaro che non rendono al medico la loro utilità. Ma quando il superiore deve cercare tempo per infliggere la correzione ai sudditi, è proprio sotto il peso di quelle colpe che si esercita la sua pazienza. Perciò dice bene il salmista: Sul mio dorso hanno fabbricato i peccatori (Sal. 128, 3). Poiché è sul dorso che portiamo i pesi, egli si lamenta che sul suo dorso i peccatori hanno fabbricato, come se dicesse apertamente: Porto addosso come un peso coloro che non posso correggere. Alcune colpe invece, che sono nascoste, vanno esaminate diligentemente perché, se se ne manifestano alcuni segni, la guida delle anime possa scoprire tutto ciò che si nasconde, chiuso, nell’animo dei sudditi e, presentandosi il momento della correzione, possa conoscere dai più piccoli segni di vizio le colpe maggiori. Perciò giustamente viene detto ad Ezechiele: Figlio dell’uomo, fora la parete. E subito il profeta prosegue: E quando ebbi forato la parete mi apparve una porta. E mi disse: Entra e vedi le orribili abominazioni che costoro commettono qui. Ed entrato vidi; ed ecco ogni tipo di rettili e di animali abominevoli e tutti gli idoli della casa di Israele erano dipinti sulla parete (Ez. 8, 8-10). È chiaro che Ezechiele rappresenta le persone dei superiori, e la parete la durezza dei sudditi. E che cosa significa forare la parete se non aprire la durezza del cuore con penetranti indagini? Quando ebbe forato la parete apparve una porta, perché quando la durezza del cuore si spacca cedendo alle attente indagini o alle sapienti correzioni, è come se si mostrasse una porta dalla quale si vedono tutte le profondità dei pensieri in colui che viene ammonito. Per cui è ben detto ciò che segue quel punto: Entra e vedi le orribili abominazioni che costoro commettono. Ed è uno che entra per vedere delle abominazioni, colui che, andando oltre certi segni che appaiono all’esterno, penetra i cuori dei sudditi in modo che gli risultino chiari tutti i loro pensieri illeciti. E quindi prosegue: Ed entrato vidi; ed ecco ogni tipo di rettili e animali abominevoli. Nei rettili sono indicati i pensieri del tutto terreni, negli animali i pensieri già un poco sollevati da terra ma ancora alla ricerca di un compenso terreno.

Infatti i rettili aderiscono alla terra con tutto il corpo, mentre gli animali con gran parte del corpo sono sospesi da terra e tuttavia continuano a essere inclinati verso di essa per l’appetito della gola. Così i rettili sono oltre la parete, quando nella mente si rivolgono pensieri che non si innalzano mai dai desideri terreni. E ci sono pure animali oltre la parete, quando pensieri e meditazioni, sia pure giusti e onesti, sono tuttavia ancora asserviti a mire di guadagni e onori temporali: per sé, in effetti, sono già quasi elevati da terra ma si sottomettono ancora alle realtà più basse per la loro ambizione che è paragonabile a un desiderio di gola. Perciò ancora prosegue giustamente: E tutti gli idoli della casa di Israele erano dipinti sulla parete. In effetti è scritto: E l’avarizia, che è schiavitù agli idoli (Col. 3, 5). Dunque è giusto che dopo gli animali si descrivano gli idoli, poiché sebbene alcuni si drizzino già da terra per l’agire onesto, tuttavia per la loro disonesta ambizione si riadagiano per terra. Ed è ben detto: Erano dipinti, perché, quando gli aspetti delle cose esterne vengono assorbiti interiormente, viene come dipinto nel cuore quello che si pensa e si delibera sulla base di quelle false immagini. Pertanto, occorre sottolineare che prima c’è il foro nella parete, quindi si vede la porta e infine viene manifestata la occulta abominazione. Ciò evidentemente perché in ciascuno si danno prima i segni esterni del peccato, quindi si mostra la porta dell’iniquità manifesta e infine si spalanca ogni male che si nasconde nell’intimo. Alcuni peccati però vanno ripresi con dolcezza; infatti, quando non si pecca per malizia ma solo per ignoranza o per debolezza, è assolutamente necessario che la stessa correzione del peccato sia temperata da grande moderazione: tutti, finché siamo in questa carne mortale, soggiacciamo alla debolezza della nostra natura corrotta, così ciascuno deve apprendere da se stesso come si debba essere misericordiosi nei confronti della debolezza altrui affinché, se si lascia trasportare a pronunciare parole di rimprovero troppo accese contro la debolezza del prossimo, non gli accada di apparire uno che si è dimenticato di sé. Perciò Paolo ammonisce giustamente: Se qualcuno sarà colto in qualche peccato, voi che siete spirituali istruite questo tale in spirito di mansuetudine, considerando te stesso perché anche tu non sia tentato (Gal. 6, 1); come se dicesse apertamente: Quando vedi qualcosa di spiacevole dovuto alla debolezza altrui, pensa a ciò che sei; perché nello zelo del rimprovero lo spirito si moderi, se teme anche per se stesso ciò che rimprovera ad altri. Altri peccati invece si devono rimproverare con forza, affinché chi ha commesso la colpa e non ne conosce l’entità la apprenda dalla bocca di colui che lo rimprovera. E se qualcuno è portato a considerare con leggerezza il male commesso, lo tema molto, al contrario, per la severità di chi glielo rimprovera aspramente. Ed è certamente dovere della guida delle anime mostrare con la predicazione la gloria della patria celeste, manifestare quanto son grandi le tentazioni dell’antico nemico, che si nascondono nel cammino di questa vita, e correggere con zelo grande e severo i peccati dei sudditi che non devono essere tollerati con leggerezza, perché non sia considerato lui stesso reo di tutte le colpe se il suo sdegno non si accende contro quelle. Perciò è ben detto in Ezechiele: Prenditi un mattone e lo porrai davanti a te e disegnerai su di esso la città di Gerusalemme. E subito prosegue: E disporrai l’assedio contro di essa, edificherai le opere di difesa, costruirai un terrapieno, e porrai contro di essa gli accampamenti e metterai intorno gli arieti. E subito per sua protezione gli viene suggerito: E tu prenditi una teglia di ferro e la porrai come un muro di ferro fra te e la città (Ez. 4, 1-3). E di chi è figura il profeta Ezechiele se non dei maestri? Giacché gli vien detto: Prenditi un mattone e lo porrai davanti a te e disegnerai su di esso la città di Gerusalemme. E in realtà i santi dottori si prendono un mattone quanto attirano a sé il cuore di terra degli ascoltatori per istruirli. E pongono davanti a sé quel mattone evidentemente nel senso di custodirlo con tutta la tensione dello spirito. E ricevono l’ordine di disegnare su di esso la città di Gerusalemme, perché predicando a cuori di terra pongono ogni loro cura a dimostrare quale sia la visione della pace celeste. Ma poiché invano si cerca di conoscere la gloria della patria celeste se non si conosce la grandezza delle tentazioni dell’astuto nemico che vi fanno irruzione, si prosegue opportunamente: Disporrai l’assedio contro di essa e edificherai le opere di difesa. E i santi predicatori indubbiamente dispongono un assedio intorno al mattone su cui è disegnata la città di Gerusalemme, quando dimostrano a un cuore terreno ma già in ricerca della patria celeste quanto essa sia soggetta nel tempo di questa vita agli assalti ostili dei vizi. Infatti quando si mostra in qual modo ciascun peccato insidia coloro che avanzano [nel cammino spirituale] è come se dalla voce del predicatore si disponesse un assedio intorno alla città di Gerusalemme. Ma poiché non solo devono risultare chiari gli assalti dei vizi ma anche come ci fortifichi la custodia delle virtù, giustamente si prosegue: Edificherai le opere di difesa. Queste difese, il predicatore santo le edifica quando dimostra quali virtù si oppongono a quei vizi. E poiché quando aumenta la virtù per lo più crescono le guerre della tentazione, si aggiunge giustamente ancora: E costruirai un terrapieno e porrai contro di essa gli accampamenti e metterai intorno gli arieti. Infatti costruisce un terrapieno, il predicatore, quando annuncia l’entità della tentazione crescente. Ed erige accampamenti contro Gerusalemme, quando predice le caute e quasi inavvertibili insidie dell’astuto nemico, alla onesta intenzione degli ascoltatori. E pone arieti intorno, quando fa conoscere gli aculei delle tentazioni, che ci circondano da ogni parte in questa vita e sono capaci di perforare il muro delle virtù. Ma quantunque la guida delle anime riesca a suggerire sottilmente tutte queste consapevolezze, se egli non arde di uno spirito di gelosia contro i peccati dei singoli, non si procura assoluzione in eterno; perciò, in quel luogo, ancora giustamente si prosegue: E tu prenditi una teglia di ferro e la porrai come un muro di ferro tra te e la città. Con teglia si intende l’ardore dello spirito, e con ferro la forza del rimprovero. Che cosa infatti fa ardere e tormenta il maestro con più acutezza che lo zelo di Dio? E Paolo, che bruciava per l’ardore di questa teglia diceva: Chi è infermo e io non sono infermo? Chi è scandalizzato e io non brucio? (2 Cor. 11,29) E poiché chiunque è acceso dallo zelo di Dio è custodito in eterno da una forte custodia, per non dovere essere condannato per la negligenza, è detto giustamente: La porrai come muro di ferro fra te e la città. Infatti, la teglia di ferro è posta come muro di ferro fra il profeta e la città, nel senso che, quando le guide delle anime manifestano un forte zelo, questo stesso zelo essi lo conservano come forte difesa fra sé e gli ascoltatori, affinché se saranno troppo indulgenti nella correzione non siano poi abbandonati alla vendetta [divina]. Soprattutto però bisogna sapere, che se l’animo del maestro si esaspera nel rimprovero, è molto difficile che egli una volta o l’altra non prorompa a dire qualcosa che non deve dire. E per lo più accade che, quando si corregge la colpa di sudditi con grande impeto, la lingua del maestro è trascinata ad eccedere nelle parole; e, quando il rimprovero è acceso oltre misura, il cuore dei peccatori si deprime fino alla disperazione. Perciò è necessario che quando il superiore si rende conto di avere colpito l’animo dei sudditi con eccessiva durezza, nella sua esasperazione, ricorra alla penitenza dentro di sé per ottenere perdono, col suo pianto, di fronte alla Verità, anche per ciò in cui pecca per eccessivo zelo. A ciò corrisponde, in figura, il precetto del Signore che per mezzo di Mosè dice: Se uno andrà con un suo amico nel bosco, semplicemente a tagliar legna, e gli sfuggirà di mano il manico della scure, e il ferro caduto dal manico colpirà l’amico e l’ucciderà; egli fuggirà in una delle città sopraddette e vivrà; perché non accada che il parente prossimo di colui di cui è stato sparso il sangue, spinto dal dolore, lo insegua, lo prenda e colpisca la sua vita (Deut. 19, 5-6). Dunque, noi andiamo nel bosco con l’amico ogni volta che ci disponiamo a ricercare i peccati dei sudditi, e tagliamo semplicemente legna quando recidiamo, con disposizione d’animo pietosa, i vizi dei peccatori. Ma quando il rimprovero si trascina fino a divenire più aspro del necessario, è allora che la scure sfugge di mano; e quando le parole della correzione si fanno troppo dure il ferro cade dal manico, per cui colpisce e uccide l’amico colui che, proferendo parole ingiuriose, spegne nel suo ascoltatore lo spirito di carità. Infatti l’animo di colui che subisce la correzione immediatamente precipita nell’odio se questo rimprovero va oltre i limiti. Ma è necessario che, chi colpisce incautamente la legna e uccide il prossimo, fugga verso tre città per vivere protetto in una di esse; perché colui che, voltosi a lacrime di penitenza, si nasconde sotto la speranza la fede e la carità nell’unità del sacramento non è considerato reo dell’omicidio commesso. E il parente prossimo dell’ucciso, quando lo troverà non lo ucciderà; perché quando verrà il severo Giudice, che si è unito a noi facendosi consorte della nostra natura, senza dubbio non perseguirà il reato della sua colpa col castigo poiché fede speranza e carità lo nascondono sotto il suo perdono.

11 — Quando la guida delle anime debba essere dedita alla meditazione della legge sacra
Ma tutto ciò si compie debitamente dalla guida delle anime se, animato dallo spirito del timore e dell’amore, ogni giorno con diligenza, medita i precetti della Parola sacra, affinché le parole della divina ammonizione ricostruiscano in lui la forza della sollecitudine e della previdente attenzione verso la vita celeste, che viene distrutta incessantemente dalla pratica della vita tra gli uomini. E chi, attraverso la comunione con le persone del mondo, è ricondotto alla vita dell’uomo vecchio, con il desiderio della comunione si rinnova a un amore incessante della patria spirituale. Infatti, nel parlare con gli uomini il cuore si disperde, e constatando con certezza che, spinto dal tumulto delle occupazioni esteriori, decade dalla sua condizione, deve avere una cura incessante di rialzarsi attraverso la dedizione allo studio [sacro]. Perciò Paolo ammonisce il discepolo preposto al gregge, dicendo: Fino alla mia venuta attendi alla lettura (1 Tim. 4, 13). Perciò David dice: Come amo la tua legge, Signore, tutto il giorno è la mia meditazione (Sal. 118, 97). Perciò il Signore dà ordine a Mosè a proposito del trasporto dell’arca, dicendo: Farai quattro anelli d’oro che porrai ai quattro angoli dell’arca, e farai delle stanghe di legno di acacia e le coprirai d’oro e le infilerai negli anelli ai lati dell’arca così che sia portata con quelle, che saranno sempre infilate negli anelli e non ne verranno mai estratte (Es. 25, 12 ss.). Che cosa è rappresentato dall’arca se non la Santa Chiesa? Si ordina poi che ad essa vengano aggiunti quattro anelli agli angoli, e ciò senza dubbio significa che essa, per il fatto che si estende dilatandosi nelle quattro parti del mondo, è annunciata cinta dei quattro libri del Santo Evangelo. E si fanno stanghe di legno di acacia da infilarsi nei medesimi anelli per il trasporto, pérché bisogna cercare maestri forti e perseveranti come legno che non imputridisce, i quali, sempre intenti allo studio dei libri sacri, annuncino l’unità della Santa Chiesa portando l’arca come inseriti in quegli anelli, poiché portare l’arca con le stanghe significa, per i buoni maestri, condurre la Santa Chiesa alle rozze menti degli infedeli attraverso la predicazione. E le stanghe devono essere pure ricoperte d’oro, cioè i maestri mentre con i loro discorsi predicano agli altri devono risplendere anche loro per la luminosità della vita. E giustamente, riferendosi a loro si aggiunge: Le quali saranno sempre dentro gli anelli e non saranno mai estratte da essi, perché evidentemente è necessario che chi veglia all’ufficio della predicazione non cessi dall’amoroso studio della lettura sacra. E l’ordine che le stanghe siano sempre negli anelli è in vista dell’opportunità indeclinabile di trasportare l’arca senza che si generi alcun ritardo nell’inserimento delle stanghe; ciò significa che quando un Pastore viene interrogato dai sudditi riguardo a un qualche contenuto spirituale, è veramente vergognoso se egli si mette a cercare la risposta proprio quando deve risolvere una questione. Ma le stanghe sono inserite negli anelli perché i maestri che meditano sempre nel loro cuore la Parola sacra alzino l’arca del testamento senza indugi, e insegnino senza incertezze in qualunque necessità. Perciò dice bene il primo Pastore della Chiesa ammonendo gli altri Pastori: Pronti sempre a rispondere a chiunque vi chiede ragione della speranza che è in voi (1 Pt. 3, 15). Come se dicesse apertamente: Le stanghe non siano mai tolte dagli anelli affinché nessun indugio intralci il trasporto dell’arca.


Capitolo 10: il dolore di Maria Santissima alla passione del figlio

Vita della Santa Vergine Maria - Beata Anna Caterina Emmerick

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127 L'ultima Cena

Vidi la tavola a forma di ferro da cavallo, era stretta ed abbastanza alta, di fronte a Gesù nel centro del semicerchio era stato lasciato libero un posto per poter deporre le vivande. Per quanto mi posso ricordare, a capo della tavola stavano Giovanni, Giacomo il Maggiore e Giacomo il Minore, a destra di Gesù, Bartolomeo, Tommaso e Giuda l'Iscariota. A sinistra del Signore invece vi erano Pietro, Andrea, Taddeo, al capo sinistro Simone, Matteo e Filippo. In mezzo alla tavola vidi un piatto con l'agnello pasquale, che aveva il capo ripiegato sopra alle zampe anteriori disposte in croce e le zampe posteriori distese: l'orlo del piatto era guarnito d'aglio. Vidi un piatto con dei legumi verdi ritti e serrati gli uni contro gli altri e un terzo piatto su cui erano dei fascetti di erbe amare simili ad erbe aromatiche; poi ancora davanti a Gesù vidi un piatto con altre erbe d'un verde giallastro e un altro con una salsa scura. Vidi che i commensali avevano sulla tavola dei pani rotondi come piatti e si servivano di coltelli d'avorio. Dopo la preghiera il maggiordomo collocò davanti a Gesù sulla tavola il coltello, vi pose accanto una coppa di vino e riempì altre sei coppe posta ognuna fra due Apostoli (una coppa quindi doveva servire per due di loro). Gesù prima benedisse il vino e lo bevve, poi tagliò l'agnello e lo suddivise tra gli Apostoli che mangiarono molto in fretta, staccando la carne dall'osso con i loro coltelli d'avorio; le ossa erano destinate a venir bruciate. Mangiarono anche aglio ed erbe verdi, che intingevano nella salsa. Fecero tutto questo stando in piedi e appoggiandosi solo leggermente allo schienale della loro seggiola. Gesù spezzò uno dei pani azzimi, ne ricoperse una parte e distribuì il resto. Infine venne portata un'altra coppa di vino, ma Gesù non ne bevve, e disse: "Prendete questo vino e dividetelo tra voi, perché io non ne berrò più finché non verrà il Regno di Dio Dopo aver bevuto, elevarono cantici solenni, poi Gesù pregò e diede altri insegnamenti. Si lavarono ancora le mani e infine si sedettero, perché come ho già detto, essi stavano in piedi. il Signore tagliò un altro agnello, che fu portato alle pie donne in uno dei fabbricati del cortile dove esse avevano preso posto per mangiare. Gli Apostoli mangiarono ancora legumi e lattuga con la salsa. Gesù era straordinariamente raccolto e sereno, così non l'avevo ancora mai visto; Egli esortò gli Apostoli a dimenticare tutte le loro preoccupazioni. Allora vidi la Vergine Santissima, a tavola con le donne, anche Lei profondamente serena; e quando le altre donne le si avvicinarono e le tiravano il velo per parlarle, Ella si volgeva con una semplicità rara che mi commuoveva profondamente. All'inizio del banchetto Gesù s'intrattenne molto affettuosamente con i suoi Apostoli; poi si fece serio e malinconico e dopo essere stato silenzioso per alcuni minuti pronunciò queste parole: "Uno di voi mi tradirà; uno di voi, colui che ha la sua mano con la mia, nello stesso piatto". Le sue parole significavano: "Uno di quelli con il quale condivido il pane". Non designò più chiaramente chi fosse il traditore, perché "mettere la mano nello stesso piatto" era l'espressione che indicava le relazioni più intime e amichevoli, ma intendeva anche dare un avvertimento a Giuda che in quello stesso momento metteva realmente la mano nello stesso piatto per distribuire la lattuga. Gesù disse ancora: "Il Figlio dell'uomo se ne va, come di Lui sta scritto: guai però a colui che tradirà il Figlio dell'uomo; sarebbe meglio per lui che non fosse mai nato". Gli Apostoli erano tutti turbati e gli chiedevano l'uno dopo l'altro: "Signore, sono forse io?".

128 Gesù incontra la Santa Madre nel vestibolo del Cenacolo

Vidi Gesù istruire gli Apostoli sul modo in cui dovevano conservare fino alla fine del mondo il mistero del Santo Sacramento in sua memoria. Egli insegnò quali fossero le forme essenziali per farne uso e in qual modo dovessero, per gradi, insegnare e rendere pubblico questo mistero; indicò loro quando e come dovevano mangiare il resto delle specie consacrate e quando distribuire il Santissimo Sacramento alla Santa Vergine. Parlò loro poi del sacerdozio, della sacra Unzione, della preparazione del Sacro Crisma e degli Oli Santi. C'erano là tre scatole, delle quali due contenevano una miscela d'olio e di balsamo, e c'era anche del cotone accanto al calice. Insegnò loro parecchi misteri su quest'argomento: disse come si doveva preparare il sacro Crisma, a quali parti del corpo si doveva applicarlo, e in quali occasioni. Mi rammento, fra l'altro, che il Signore parlò delle diverse unzioni, particolarmente di quella dei re, anche di quelli ingiusti; disse che quando costoro erano consacrati ricevevano una forza interiore e misteriosa che non è concessa agli altri mortali. Mise unguento e olio nella scatola vuota e ne fece una miscela: non so se fu in quel momento o se fu alla consacrazione del pane che benedì l'olio. Vidi Gesù ungere Pietro e Giovanni. Poi impose loro le mani, prima sulle spalle e poi sulla testa. Essi si inginocchiarono e Gesù unse loro il pollice e l'indice di tutte e due le mani, e segnò sul capo di ciascuno una croce col Crisma, dicendo che quel segno sarebbe rimasto "fino alla fine del mondo". Anche Giacomo il Minore, Andrea, Giacomo Maggiore e Bartolomeo furono consacrati. Vidi ancora che Gesù dispose sul petto di Pietro una specie di stola disposta in forma di croce, agli altri invece la stola fu messa sulla spalla destra. Durante l'Unzione notai che il Redentore comunicava agli Apostoli uno speciale potere, che non so precisare. Disse loro infatti che dopo la venuta dello Spirito Santo avrebbero potuto consacrare il pane e il vino; oltre a ciò, avrebbero potuto anche dar l'Unzione agli altri. Il modo differente con cui il Salvatore aveva imposto la stola agli Apostoli, sembrava indicasse diversi gradi di consacrazione. Gesù confidò a Pietro e a Giovanni diversi segreti, che essi dovevano poi manifestare agli altri Apostoli che a loro volta dovevano trasmetterli ai discepoli e alle pie donne. Mi fu mostrato che, nel giorno della Pentecoste, prima del grande battesimo, Pietro e Giovanni imposero le mani agli altri Apostoli e otto giorni più tardi le imposero anche a parecchi discepoli. Giovanni, dopo la Risurrezione di Cristo, somministrò per la prima volta il Santissimo Sacramento alla Madonna, circostanza che fu celebrata per sempre dagli Apostoli. Vidi quindi Gesù tenere una particolare conversazione con l'Apostolo prediletto: gli predisse che sarebbe vissuto più a lungo degli altri; gli parlò anche di sette chiese, di corone, di Angeli e gli fece conoscere alcune figure di significato profondo e misterioso le quali designavano, come suppongo, determinate epoche. Alluse anche al traditore, e precisò quanto Giuda andava facendo. Pietro e Giovanni deposero il Santissimo Sacramento nell'angolo più remoto del Cenacolo, che fu inoltre separato dal resto della sala mediante una cortina: fu così sistemato il santuario di cui Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo ebbero sempre cura durante l'assenza degli Apostoli. Sotto il vestibolo del Cenacolo, Gesù incontrò la sua diletta Madre con Maria, figlia di Cleofa, e Maddalena. Le pie donne Lo pregarono di non andare all'Orto degli Ulivi poiché si vociferava che Lo volessero arrestare, ma il Salvatore dopo averle consolate si diresse con gli Apostoli proprio verso il monte degli Ulivi.

129 L'Addolorata

Vidi Gesù, pallido in viso, vegliare nella caverna del Getsemani, la barba ed i capelli erano imbevuti dal sangue vivido in seguito alle dolorose visioni. Ormai mancava poco alla mezzanotte. Durante l'agonia del Salvatore vidi la Madre del Signore, Maria Maddalena, Maria figlia di Cleofa e Maria Salomè, passare dal Cenacolo alla casa di Maria di Marco. La Vergine era assai triste per le visioni avute e per le voci che correvano sul destino di Gesù. L'Addolorata viveva nell'anima l'agonia del suo Figliolo Divino. Per averne notizie si era recata, coperta da un ampio velo, con Maddalena e Salomè fino alla valle di Giosafat. Su questo cammino spesso protendeva le braccia verso il monte degli Ulivi, perché vedeva spiritualmente il suo caro Gesù bagnato di sudore sanguigno. Notai la luce della sua anima protendersi verso il Figlio Divino. Anche il Redentore guardava spiritualmente la sua diletta Madre per chiederLe soccorso e conforto. Contemplai quella fusione di cuori e di anime sotto forma di raggi che investivano la Santa Madre e suo Figlio. Il Redentore provò compassione anche per il dolore di Maddalena perché sapeva che l'amore della convertita era il più grande dopo quello incomparabile di sua Madre. Quella sera c'era poco movimento a Gerusalemme; gli Ebrei erano nelle loro case occupati nei preparativi della festa, e gli accampamenti dei forestieri convenuti per la Pasqua non erano nelle vicinanze del monte degli Ulivi. Mentre erravo con lo sguardo per il monte stesso, vidi alcuni amici e discepoli di Gesù camminare ed intrattenersi inquieti, in attesa di qualche evento. Vidi il Redentore nella grotta assorto nell'intensa contemplazione delle anime del Cielo, dei Patriarchi e dei Profeti dell'antichità, dei parenti della sua cara Madre e del Battista, dei Santi dell'Antica Alleanza e degli Angeli. Tutti i Beati avevano la fronte cinta da una corona i cui fiori erano diversi per colore, corolla e profumo, a seconda delle vittorie conseguite per la gloria di Dio. Dalla Passione del Verbo fatto uomo sarebbe dipesa la sorte dell'umanità. Ma queste immagini consolanti svanirono quando giunsero gli Angeli e gli mostrarono la Passione imminente: il tradimento di Giuda, la fuga dei discepoli e gli insulti davanti ad Anna e Caifa, il rinnegamento di Pietro, il tribunale di Pilato, le derisioni di Erode, la flagellazione e la coronazione di spine, la condanna a morte, le cadute sotto la Croce, l'incontro con la Madonna, gli svenimenti di Lei, gli insulti dei carnefici, il sudano di Veronica, la Crocifissione, gli oltraggi dei farisei, i Dolori di Maria Santissima, di Maddalena e di Giovanni, il colpo di lancia nel costato, le ultime parole sulla Croce. Tutto gli fu presentato nei più minimi dettagli. Vidi come il Signore contemplasse tutti i gesti, udisse tutte le parole, notasse tutto quello che passava nelle anime e come accettava tutto volontariamente, pronto a sottoporsi a tutto questo per amore degli uomini. Quando Gesù, sostenuto da Giovanni e Giacomo, entrò trasfigurato per la seconda volta nella grotta, erano circa le undici e un quarto. I due Apostoli, dopo averlo lasciato solo, ritornarono indietro. il Signore vide la luna di nuovo circondata dall'alone luminoso con la macchia rossa al centro, ma la luce dell'astro adesso era diversa da quella emanata durante le grandi visioni angosciose del Signore. Ciò che contristò più dolorosamente Gesù fu il vedersi inchiodato alla Croce in uno stato di nudità completa per espiare l'impudicizia degli uomini; pregò allora con fervore affinché quell'umiliazione gli fosse risparmiata e gli fosse almeno accordato di avere una cintura attorno ai reni. Seppe che questa sua preghiera sarebbe stata esaudita per mezzo di un uomo compassionevole. Senti anche la profonda unione spirituale con la Santa Vergine e il Dolore sofferto da sua Madre, la quale in quel momento giaceva nelle braccia delle pie donne priva di sensi. Infatti durante l'agonia spirituale di Gesù vidi la Madonna, in casa di Maria di Marco, affranta dal dolore e dall'angoscia. Ella si trovava insieme con Maria e Maddalena nel giardino della casa e restava accasciata sulle ginocchia sopra una pietra. Più volte perse i sensi: allora vedeva in spirito Gesù ricoperto di sangue e di sudore, e tendeva le mani come se avesse voluto asciugarlo e consolarlo. Gli Apostoli intanto si erano addormentati nel chiosco di fogliame del Getsemani. Gli altri discepoli, disorientati, avevano prima vagato da una parte all'altra e poi, avendo udito qualcosa sulle spaventevoli profezie di Gesù, si erano quasi tutti dispersi. Vidi Gesù che pregava ancora nella grotta e che soffriva per la codardia della natura umana. Sfinito e tremante lo udii dire: "Padre mio, se è possibile passi da me questo calice; però si faccia non la mia, ma la tua volontà!".

130 La Santa Vergine SV iene più volte ed è sostenuta dalle pie donne Il Travaglio della Genitrice

Vidi Gesù quando fu arrestato al di là del Cedron, fu quindi spinto attraverso uno stretto sentiero, tra sassi e cardi che ferivano i suoi piedi nudi. I perfidi farisei nel vedere i suoi piedi insanguinati, lo insultavano. Il Redentore frattanto continuava a camminare spinto, punzecchiato dalle lance e insultato, fra atroci sofferenze e umiliazioni. Il triste corteo si dirigeva verso il tempio attraversando il villaggio di Ofei, al monte Sion dove abitavano Anna24 e Caifa. Intanto la Santa Vergine con nove pie donne andava inquieta per la valle di Giosafat. Lazzaro, Giovanni, Marco e un figlio di Simeone le raggiunsero. Si udivano in distanza le grida e gli insulti degli sgherri; si vedevano le luci delle lanterne. Ad un tratto la Madonna svenne. Allora le pie donne la sostennero premurose e poi l'accompagnarono di nuovo a casa di Maria, madre di Marco. Vidi, intanto, il Salvatore stramazzare al suolo; allora un soldato propose ai commilitoni di scioglierGli le mani affinché avesse potuto servirsene nelle cadute. Un altro porse a Gesù dell'acqua, raccolta da una fonte nel suo casco. Il Redentore fu pieno di gratitudine per quei due. Li vidi pervasi da una luce di grazia. Prima della morte di Gesù vidi quei soldati convertirsi e diventare suoi discepoli. Frattanto i poveri e gli infermi che erano stati tanto beneficati da Gesù videro trascinare la Madre dalle pie donne per le vie di Gerusalemme. La Genitrice, oppressa dal dolore, aveva un viso tanto buono, estremamente pallido e sofferente; tutti l'identificavano come la Madre del Santo Taumaturgo. Le pie donne dovevano nascondere spesso la Vergine per evitare le insolenze e le ingiurie degli sgherri e dei farisei. Quando si udì il grido dal Sinedrio: "È degno di morte!" vidi le tenebre celebrare il loro trionfo sulla luce. Timoroso che la triste notizia giungesse alla Vergine per bocca di qualche nemico, Giovanni, profondamente afflitto nello sguardo e nell'anima, guardò il Maestro Divino e sembrò di~li: "Tu sai perché vado". Poi uscì come se fosse stato inviato dallo stesso Redentore. Per tutto il tempo in cui Gesù fu sottoposto al giudizio e alle più atroci umiliazioni, la Santa Vergine si tenne in continua comunicazione spirituale con Lui. Ella sapeva e sentiva nella sua carne quanto succedeva al suo diletto Figlio e soffriva con Lui. La sua anima era come quella di Gesù, immersa in una continua orazione per i carnefici: il suo cuore materno si raccomandava all'Altissimo affinché non lasciasse consumare il crimine. Quando Giovanni le racconto dell'orribile condanna e delle umiliazioni patite da Gesù, alle quali egli aveva assistito, la Santa Vergine gli chiese di accompagnarLa sul luogo del supplizio. Vidi allora l'Apostolo prediletto accompagnare Maria Santissima, Maddalena ed alcune pie donne per le stradine di Gerusalemme illuminate solo dalla luna.

131 La Madonna Addolorata incontra nella casa di Caifa l'apostolo Pietro pieno di vergogna

Vidi il cuore materno della Madonna che, straziato, gridava pietà a Dio affinché non permettesse che questo delitto avesse a compiersi e perché voleva deviare quei dolori dal suo Figlio Santissimo. La disperazione delle pie donne, che passavano per le strette vie di Gerusalemme, attirava la compassione di alcuni e le ingiurie degli altri: "Madre sventurata, Madre del dolore, quale sofferenza sopporti per il Santo d'Israele!" così si esprimevano i passanti ben disposti che la vedevano spesso svenire dal dolore. La Santa Vergine sveniva di continuo vedendo, nelle sue contemplazioni, Gesù oltraggiato e barcollante o caduto a terra. Ella però si riprendeva subito e continuava il penoso e triste cammino. Mentre il corteo delle pie donne attraversava un vicolo per raggiungere l'abitazione di Caifa, la Vergine si trovò di fronte ad un altro dolore: vide gli operai che preparavano la Croce di legno per il suo Figlio Divino. I nemici di Gesù avevano fatto preparare la Croce appena era giunta la notizia del suo arresto in modo da essere in condizione di dare immediata esecuzione al probabile giudizio che Pilato avrebbe pronunciato~. I Romani frattanto avevano già preparato la croce dei due ladroni. Gli operai maledicevano Gesù perché dovevano lavorare di notte. A quella vista l'Addolorata subì un dolore straziante al petto e pregò per questi ciechi che maledivano il suo amato Figliolo mentre preparavano 10 strumento per il supplizio del Redentore dell'umanità. Giunta nel cortile esterno e fatto il giro della casa di Caifa, Maria, sempre accompagnata dalle pie donne e da Giovanni, attraversò il cortile e si fermò all'entrata di un altro. Questa porta sola la separava dal suo amatissimo Figlio, il quale al canto del gallo era stato introdotto nella prigione posta sotto la casa di Caifa. Improvvisamente la porta si spalancò e uscì Pietro, che precedeva parecchie altre persone, con le braccia sulla testa e il pianto in gola. All'Apostolo sconvolto, trovandosi di fronte la Vergine, sembrò di vedere al chiarore lunare lo sguardo di rimprovero di Gesù, di Colui che egli aveva rinnegato per paura, pur amandolo nel suo cuore. La Vergine allora gli domandò: "Simone, informami di quanto avviene al mio Figliolo". Pietro non rispose, si torceva solo le mani. La sua anima era fortemente tormentata per il rimorso. Mlora la Madonna gli si avvicinò triste dicendogli: "Simone, perché non mi rispondi?". "Oh, Madre, non mi parlare! Hanno condannato a morte Gesù che io ho vergognosamente rinnegato per tre volte...". Subito dopo queste parole, Pietro fuggi via verso la grotta del monte degli Ulivi. L'Addolorata si sentì spezzare il cuore al pensiero che questo ennesimo dolore aveva ancor più straziato il suo Figliolo. Così tormentata, cadde vicino a quella stessa porta dalla quale aveva visto uscire Pietro; Ella cadde sopra una pietra, su cui rimasero impresse le orme della sua mano destra e del suo piede. Questa pietra esiste ancora, l'ho vista, ma non mi rammento più dove. Frattanto, dopo che Gesù era stato portato in prigione, le porte del cortile rimasero aperte per far uscire la moltitudine. L'Addolorata si sentiva dentro al Cuore del suo Figliolo. Vidi Maddalena disperata, con gli indumenti disordinati ed i capelli scarmigliati; la Santa Vergine invece, nonostante fosse così sofferente e stroncata dalle pene profonde, conservava una dignità e un decoro straordinari. La Madre di Dio udì la gente che usciva dalla porta del corfile proferire parole che la trafissero ancora una volta: "Non è forse la Madre di Gesù, quel Galileo? Suo Figlio sarà crocifisso, ma non prima della festa, almeno che non sia un grande criminale Allora la Vergine si spinse fin dentro, fin dove gli indemoniati avevano urlato poco prima: "È degno di morte!". Ma giunta in quell'ambiente appestato, la Vergine perse nuovamente i sensi e, sorretta da Giovanni e dalle pie donne, fu condotta via più simile a una morta che ad una creatura vivente, mentre molta gente guardava in silenzio. Era come se uno spirito celeste avesse attraversato l'inferno. Appena Maria si fu ripresa, insieme con le pie donne e Giovanni, ripassarono per il luogo dove si stava preparando la Croce. Gli operai non riuscivano a terminarla; dovevano continuamente portare dell'altro legno, perché il tale e tal altro pezzo non serviva o si fendeva. Questo capitò affinché le diverse qualità di legno fossero combinate nel modo in cui Iddio voleva. Tra l'altro vidi che gli Angeli spingevano gli operai a ricominciare sempre di nuovo finché si compisse quanto era stato prestabilito.

132 Il Salvatore incontra la Santa Madre mentre viene condotto in catene da Pilato

Vidi Gesù pregare in favore dei suoi carnefici che non cessavano d'insultarlo e di tormentarlo. Il Signore era rinchiuso in una piccola prigione a volta, una parte della quale esiste ancora. Siccome anch'io sono una povera peccatrice, è anche per colpa mia che Gesù dovette subire tutto ciò. Con i peccati continui che commettiamo, noi tutti, partecipiamo ai maltrattamenti del Redentore. Se fossimo veramente pentiti del nostro comportamento, pronunceremmo spesso la preghiera: "Signore, fatemi morire piuttosto che vi offenda con il peccato". Dopo questa riflessione vidi che incominciava a spuntare l'alba della nostra redenzione, che era pure il giorno della sua Passione. Un raggio della prima luce di quel giorno raggiunse Gesù nella prigione, allora Egli ringraziò il Padre suo per averGli donato quel raggio, desiderato ed atteso dagli antichi Patriarchi e da Lui tanto sospirato. Dopo il verdetto del gran Sinedrio, vidi il Salvatore condotto tra la folla tumultuante alla presenza di Pilato. Egli procedeva barcollante attraverso la parte più frequentata della città, la quale in quei giorni era piena di Ebrei e stranieri giunti da ogni parte del Paese per celebrare la Pasqua. Il corteo, preceduto da Caifa e Anna in abiti sacerdotali solenni, attraversò una stretta via dirigendosi verso il quartiere di Acra in cui si trovavano il palazzo ed il tribunale di Pilato, di fronte al gran mercato e a nordovest del tempio. Poco distante dalla casa di Caifa vidi la Santa Madre di Gesù, con Giovanni e Maddalena, nascosta dietro l'angolo di un fabbricato, che aspettava il passaggio del corteo. Dopo la visita notturna al tribunale di Caifa, la Madonna era rimasta per qualche tempo al Cenacolo immersa in un muto dolore; poi quando Gesù fu tolto di prigione per esser condotto nuovamente davanti ai giudici, Maria si alzò, si mise il velo e il mantello e, uscendo per prima, disse a Maddalena ed a Giovanm: "Seguiamo mio Figlio fino alla casa di Pilato, voglio vederlo con i miei occhi". Si mossero allora lungo un sentiero obliquo e aspettarono il corteo in un punto dove sapevano che avrebbe dovuto passare. Sebbene la Santa Vergine avesse impresso nello spirito le sofferenze atroci di suo Figlio, il suo occhio interiore non riusciva ad immaginarlo così disfatto e rovinato come l'aveva ridotto la cattivena degli uomini. I Dolori del Figlio dell'uomo le parevano tutti racchiusi dalla dolce aureola di santità, d'amore e di pazienza. Ma ecco che l'ignominiosa, terribile realtà le si offerse alla vista del corteo infame, giunto ormai vicinissimo al suo sguardo: venivano prima gli orgogliosi nemici di suo Figlio, i Sommi Sacerdoti, animati da propositi deicidi e dall'anima menzognera piena di malizia. Quei sacerdoti che volevano essere di Dio erano diventati di Satana. Seguivano i falsi testimoni, gli accusatori senza fede, poi la plebaglia con i suoi clamori e infine Gesù, il Figlio di Dio e il Figlio diletto di Maria, orribilmente sfigurato e contuso. Il corteo sfiorò la Madre Santissima, che appena lo vide esclamò singhiozzando: "Ahimè! Questo è mio Figlio? O mio Gesù!". Quando il Salvatore le rivolse uno sguardo commosso, Ella perse di nuovo i sensi. Giovanni e Maddalena la portarono via. Appena si fu un poco ripresa, la Madonna si fece condurre da Giovanni al palazzo di Pilato.

133 La Santa Madre da origine alla Via Crucis

"Ma quest'uomo è galileo e quindi suddito di Frode?" domandò Pilato. Alla risposta affermativa, egli così concluse: "Ebbene: siccome è suddito di Erode, accompagnatelo alla sua presenza. Erode è venuto per la Pasqua da Cafarnao e Lo può quindi giudicare...". Vidi che mentre il Salvatore veniva accompagnato alla reggia di Erode, Pilato si intratteneva a colloquio con sua moglie Claudia, donna di alta statura e di bell'aspetto. Il velo che le scendeva dalla testa sulle spalle, lasciava scoperti i capelli sulla fronte adorna di un prezioso diadema. il fermaglio d'oro che risaltava sul suo petto, le sosteneva l'ampio ed elegante vestito. Ella parlò a lungo con il marito raccomandandogli per quanto avesse di più sacro di non fare alcun male a Gesù, al Profeta Santo dei santi. Gli parlò delle meravigliose visioni che aveva avuto la notte prima. Mentre la sposa raccontava queste cose al suo consorte, mi furono mostrate alcune visioni che aveva avuto: Claudia Procla aveva visto i principali episodi della vita di Gesù, il quale le era apparso come un'anima piena di luce. Aveva anche visto la cattiveria e la crudeltà dei nemici del Salvatore, apparsi a lei in forme mostruose. Claudia aveva inoltre contemplato la pazienza e l'inesauribile amore di Gesù e ammirato la santità della sua impareggiabile Madre. La Madonna, Maddalena e Giovanni erano rimasti nascosti in un angolo buio mentre Gesù veniva trascinato da Frode. Poi Giovanni ripercorse con la Santa Vergine e Maddalena tutto il cammino percorso da Gesù e dal triste corteo. Ritornarono così da Caifa e da Anna, al Getsemani, all'orto degli Ulivi, e dappertutto dove il Cristo era caduto e aveva sofferto. Essi piansero e soffrirono con Lui. Vidi la Santa Vergine soffermarsi e prostrarsi più di una volta, baciando i posti dov'era caduto suo Figlio e dov'erano rimaste le impronte del suo Sangue divino. Maddalena si contorceva le mani e Giovanni pure piangeva mentre le consolava, le rialzava, le conduceva più avanti. La Vergine Madre, rendendo onore ai Dolori di Gesù, diede inizio alla prima santa Via Crucis. Ella inaugurò così la meditazione della futura Chiesa sui Dolori del suo Redentore. La Madre piena di grazia, benediceva con le sue lacrime i passi del Figlio pieno di sofferenze. Ella viveva con Lui la via dolorosa poiché era la Beata che L'aveva portato nel suo seno, l'aveva concepito e custodito nove mesi nel suo cuore materno pieno di grazia, e aveva udito realmente e sostanzialmente il Verbo di Dio dentro di sé. In questo modo la Madre del Redentore raccolse ad ogni stazione, della Via dolorosa, come pietre preziose, i meriti infiniti di Gesù Cristo per offrirli al Padre Celeste in favore di coloro che hanno la fede. Questa triste Via avrebbe riunito in seno alla futura Chiesa di Cristo tutti i fratelli e le sorelle nella fede eterna. Vidi Maddalena fuori di sé, straziata dal dolore immenso e santo. Quei peccati dell'umanità, per i quali Gesù soffriva, la invadevano tutti procurandole un immenso orrore. I sacerdoti avevano pregato Frode di condannare Gesù, ma questi lo rimandò da Pilato. Con raddoppiato furore, i nemici di Gesù Lo ricondussero da Frode a Pilato, umiliati di ritornare senza averlo fatto condannare. Vidi Gesù schernito dalla folla e martoriato dagli aguzzini. Quando il corteo giunse di nuovo al palazzo di Pilato (probabilmente dal lato orientale) erano circa le otto e un quarto del mattino. I farisei correvano in mezzo al popolo per eccitarlo contro Gesù. Pilato aveva fatto occupare il pretorio e le porte da un mighaio di guardie, non avendo dimenticato la sedizione dei Galilei scoppiata nella Pasqua precedente. La Madonna, sua sorella maggiore, Maria di Cleofa, Maddalena e altre pie donne, stavano in un luogo dove potevano udire tutto.

134 Maria assiste alla condanna e alla flagellazione di Gesù

Gesù venne obbligato, con la solita brutalità, a salire le scale della casa di Pilato. Ma impacciato dalla veste troppo lunga, cadde sui candidi gradini di marmo che si macchiarono col sangue del suo sacratissimo Capo. I nemici di Gesù, che frattanto avevano ripreso i loro posti all'entrata del foro, risero della sua caduta, come ne risero la gentaglia e gli arcieri che lo fecero rialzare a calci. Pilato, adagiato su una specie di lettino da riposo, disse: "Voi mi avete presentato quest'uomo come un agitatore di popolo: io l'ho interrogato alla vostra presenza e non l'ho trovato colpevole. Nemmeno Frode l'ha trovato colpevole, perché io vi avevo mandato da lui e vedo che non ne avete riportato sentenza di morte. Lo farò dunque flagellare e poi liberare". A quelle parole si sollevò un mormorio di protesta tra la folla. Pilato offrì allora al popolo la possibilità di scegliere la liberazione tra Gesù o Barabba, un grande malfattore. Frattanto i farisei e i sacerdoti erano in grande agitazione e si aggiravano tra il popolo, minacciando, eccitando e dispensando denaro. Vidi allora, in un angolo del foro, la comunità Crisfiana primitiva formata da Maria Maddalena, Giovanni e le pie donne, una ventina in tutto, tremanti e piangenti. La Madre di Gesù, pur sapendo che l'unico mezzo di salvezza per gli uomini era la morte di suo Figlio, era piena di angoscia e di ansia materna. La vidi soffrire tutto lo spasimo che prova una madre alla vista di un figlio virtuoso e santo così bistrattato da gente ingrata e crudele. Ella tremava con le sue pie compagne, si desolava e sperava, mentre Giovanni si allontanava spesso nella speranza di raccogliere qualche buona notizia. La Santa Vergine non aveva ancor perso tutte le speranze perché correva voce che Pilato intendesse liberare Gesù. Poco lontano dalla Santa Madre c'erano alcune persone di Cafarnao che Gesù aveva guarito e istriiito, guardavano celatamente le pie donne coperte di veli e fingevano di non conoscere il Salvatore. La Vergine pensava che almeno costoro non avessero chiesto la liberazione di Barabba ma quella del loro benefattore e salvatore. Purtroppo non fu così: si levò un grido unanime: "Noi non vogliamo costui, vogliamo Barabba!". Dovunque si gridava: "Crocifiggilo! Crocifiggilo!" Allora il debole Pilato liberò il malfattore Barabba e condannò Gesù alla flagellazione. Mentre i carnefici colpivano e urtavano il Figlio di Dio, Egli pregava in modo commovente volgendo in spirito lo sguardo verso sua Madre la quale, trafitta dal dolore, era corsa a ripararsi in una sala del mercato. Obbligarono Gesù per la fustigazione a togliersi anche l'ultimo panno che gli cingeva i reni; Egli allora, volgendosi verso la colonna per nascondere la sua nudità, disse: "Distogliete gli occhi da me!". Maria dovette intendere queste parole nella sua anima perché, appena furono pronunciate, vidi che cadde priva di sensi fra le braccia delle pie donne. Non sono certa se Gesù avesse pronunciato queste parole o se le avesse solo pensate nel suo intimo. La Santa Vergine portava una lunga veste azzurra color cielo, coperta da un lungo mantello di lana bianca e da un velo giallopallido. Maddalena era interamente sconvolta e addirittura annientata dal dolore e dal pianto, mentre i suoi capelli sotto il velo s'erano tutti sciolti. Durante il tempo della flagellazione di Nostro Signore, la Santa Vergine visse in uno stato di profonda estasi dolorosa. Spesso gemiti sommessi prorompevano dalle sue labbra e i suoi occhi apparivano fortemente infiammati per il gran piangere. Giaceva velata tra le braccia della sua sorella maggiore, Maria Heli, che era in età ormai avanzata, circondata dalle pie donne tremanti dall'angoscia. Tutte si erano strette intorno alla Vergine, esalanti deboli gemiti come se aspettassero la propria condanna a morte. Quando Gesù cadde svenuto a terra ai piedi della colonna, vidi Claudia Procla, moglie di Pilato, inviare alla Madre di Dio un pacco di grandi teli di lino. Non so se questi teli fossero destinati alla fasciatura delle ferite, oppure se la pietosa pagana li avesse inviati per lo scopo in cui vennero poi effettivamente impiegati. La Santa Vergine, riacquistati i sensi, vide l'amato Figliolo martoriato nelle carni, trascinato e sospinto dagli arcieri. Gesù, per poter vedere sua Madre, si deterse il sangue dagli occhi con un lembo della veste, allora Ella protese le mani dolorosamente verso di Lui, guardando a terra le tracce di sangue. Vidi poi Maria e Maddalena, mentre il popolo si spostava da un'altra parte, avvicinarsi al posto dove Gesù era stato flagellato. Celate dalle pie donne e da alcune buone persone che le riparavano dagli sguardi, Esse si prostrarono al suolo presso la colonna, asciugando dappertutto il Sangue di Cristo, con i teli inviati da Claudia Procla. Non vidi Giovanni tra le pie donne, che erano quel giorno in venti. Il figlio di Simeone, quello di Veronica, di Obed, Aram e Themeni, nipote di Giuseppe di Arimatea, erano nel tempio in preda alla tristezza e all'angoscia. Quando finì la flagellazione erano circa le nove del mattino.

135 Aspetto di Maria Santissima e Maddalena durante la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo

Marzo 1823 Domenica Laetare, Festa di San Giuseppe. Interruzione delle visioni sulla Passione di Gesù Cristo.

Le visioni di Suor Emmerick della Passione di Nostro Signore accompagnarono la Veggente dal 18 fibbraio all '8 marzo, vigilia della quarta domenica di Quaresima. In questo periodo fu assorta in quotidiana contemplazione, soffrendo indicibili pene nel corpo e nello spirito. La veggente sembrava completamente rapita da queste visioni, come se avesse l'anima chiusa ad ogni sensazione esteriore. Il suo viso aveva assunto l'aspetto di una persona sottoposta a duri supplizi: un sudore sanguinoso scorreva spesso sulle sue spalle e sul dorso, così abbondante che ogni cosa intorno a lei ne fu inondata e lo stesso letto ne rimase inzuppato. La pia Suora soffriva una sete tremenda, e, specialmente al mattino, la sua bocca appariva disseccata e la lingua contratta e ritirata. Sabato 8 marzo 1823, Anna Caterina finì di narrare, con visibili soffrrenze, la flagellazione di Gesù. Col calar deI sole queste visioni s'interruppero completamente. Il giorno di San Giuseppe Suor Emmerick vide solo alcune scene della vita del Santo e descrisse pure l'aspetto della Santa Vergine e di Maddalena.

Oggi, Domenica Laetare e festa di San Giuseppe, non ho avuto alcuna visione sulla Passione di Nostro Signore, ma invece ho visto la Santissima Vergine, che mi ha spiegato tutte quelle cose che avevo dimenticato o che non avevo compreso. Le guance della Madonna erano pallide e smunte, il naso di linea purissima e sottile, gli occhi rossi come se fossero insanguinati dal gran piangere. Indescrivibile è il suo aspetto semplice e modesto. Da ieri sera ha errato continuamente in mezzo alla folla per le vie di Gerusalemme e poi attraverso la valle di Giosafat, eppure nulla vi è di scomposto nelle sue vesti, né alcun disordine: non vi è una piega nel suo abbigliamento dalla quale non traspaia la sua santità; tutto in Lei è semplice, degno, puro e innocente. Il suo modo di guardare è regale, e le pieghe del suo velo, quando Ella si volge, danno al suo movimento singolare maestà. I suoi movimenti e tutto il suo contegno sono semplici, calmi e allo stesso tempo dignitosi. La sua veste è inumidita dalla rugiada della notte e dalle abbondanti lacrime versate, mentre Lei appare pulita e bene ordinata in ogni cosa. La Vergine è bella, di una bellezza inesprimibile ed assolutamente soprannaturale; bellezza ineffabile, fatta di purezza, semplicità, maestà e santità. Maddalena invece appare di tutt'altro aspetto: è più alta e robusta di Maria, nella sua persona e nei movimenti c'è qualche cosa di più accentuato. La passione, il pentimento, il dolore e la disperazione l'hanno sfigurata. Vedo le sue vesti, inzuppate e inzaccherate di fango, in disordine e lacere; i suoi lunghi capelli cadono sciolti sotto il velo umido, pressoché ridotto in cenci. E tutta sconvolta, non pensa ad altro che al suo dolore ed ha l'aria d'una pazza. Molte persone di Magdalum e dei dintorni, dirette al tempio di Gerusalemme, la segnano a dito, perché l'hanno vista passare da una vita fastosa e piena di scandalo ad un'esistenza nascosta e ritirata. Ma ella non si accorge di nulla, tanto è immersa nel suo dolore.

136 La Madonna sviene di fronte al giudizio di Pilato Il culto mistico della Via Crucis

Quando Suor Emmerick ricominciò ad avere le visioni sulla Passione di Gesù e la coronazione di spine, fu presa da febbre fortissima e fu assalita da una sete ardente. Dopo un certo tempo riuscì a narrare come segue:

Vidi Gesù in piedi, sotto i gradini del tribunale in mezzo agli arcieri, esposto al dileggio e al furore dei nemici. "Così io condanno Gesù Nazareno, re dei Giudei, ad essere crocifisso" e, così dicendo, Pilato ordinò agli arcieri di portare la Croce. La Santa Vergine, che dopo la flagellazione si era ritirata spezzata dal dolore, si gettò nuovamente tra la folla per udire la sentenza di morte del Figlio suo e Dio. La Madonna, appena udite le parole di Pilato, si senti mancare come se la vita l'avesse abbandonata; ormai non c'era più dubbio: la morte più crudele, dolorosa e ignominiosa, era stata decisa per il suo dilettissimo Figliolo e Salvatore. Allora Giovanni e le pie donne la portarono via affinché quei ciechi non si rendessero ancor più colpevoli insultando la Madre del loro Salvatore. Non appena l'Addolorata fu in grado di sorreggersi da sola, si fece condurre di nuovo nei luoghi dove il suo Figliolo aveva tanto sofferto, poiché voleva compiere il mistico sacrificio di coprire con le sue lacrime il Sangue di Gesù. Le sue compagne dovettero accompagnarla quindi un'altra volta di stazione in stazione. Con questa consacrazione l'Addolorata divenne Lei stessa e definitivamente Chiesa vivente, Madre comune di tutti i Cristiani. Così come Giacobbe eresse a monumento, e consacrò con l'olio la pietra accanto alla quale aveva ricevuto la Promessa. Vidi ancora Pilato mentre sottoscriveva definitivamente il giudizio. I due ladroni erano già stati condannati alla croce, ma la loro esecuzione era stata protratta fino a quel giorno su proposta del Sommo Sacerdote. Infatti costui intendeva fare a Gesù un insulto maggiore, associandolo nel suo supplizio a malfattori della peggior specie. Le croci dei ladroni giacevano a terra accanto a loro, mentre quella di Gesù veniva appena portata. Mentre la Madre di Dio visitava i luoghi della sofferenza di suo Figlio, udì il suono agghiacciante delle trombe che annunziavano il muoversi del corteo di Pilato verso il Calvario. Ella allora volle rivedere Gesù, e pregò perciò Giovanni di condurla in uno dei luoghi presso i quali Gesù doveva passare. Allora, percorrendo uno dei lati della piazza dalla quale era uscito il Redentore, passarono attraverso porte e viuzze laterali ordinariamente chiuse, ma che in quel giorno erano rimaste aperte per non ostacolare l'enorme folla accorsa a Gerusalemme. Entrarono poi dal lato occidentale di un palazzo con un grande portone aperto. Non mi è chiaro se questa costruzione fosse un'appendice del palazzo di Pilato, col quale sembra comunicare con viali e cortili, oppure la dimora del Sommo Sacerdote Caifa. Giovanni ottenne da un servo di questo palazzo la misericordia di passare attraverso quel portone con l'Addolorata e con quelli che l'accompagnavano. Costui li fece entrare e si prestò ad aprir loro il portone dalla parte opposta. Erano con loro un nipote di Giuseppe d'Arimatea e Susanna, inoltre vidi Giovanna Cusa e Salomè di Gerusalemme.

137 Seconda caduta di Gesù sotto la Croce. La Santa Vergine abbraccia Gesù

La Madre di Dio, pallida in volto e con gli occhi rossi di pianto, attraversò questa casa. Mi sentii straziare il cuore quando la vidi, avvolta in un mantello grigioazzurro, tremante e senza forze per reggersi. Frattanto il clamore e gli squilli di tromba, annunzianti che un condannato veniva condotto alla crocifissione si avvicinavano. Mentre pregava, Maria chiese a Giovanni: "Debbo stare a guardare o debbo fuggire? Come potrò sopportare tanto strazio?" Giovanni allora Le rispose: "Se tu non rimanessi, più tardi te ne pentiresti". Si fermarono allora sotto il portone orientale che era stato loro aperto, e stettero fermi guardando giù per la via che saliva. Un altro suono di tromba, questa volta più vicino, trapassò il cuore della Vergine. Il triste corteo era visibile e si avvicinava, era ormai a un'ottantina di passi da quel portone. La Madre Addolorata vide avanzare con aria insolente e trionfante coloro che portavano gli strumenti del supplizio, allora incominciò a tremare, a gemere e a torcersi le mani. Uno di quei miserabili, pieno di arroganza, chiese: "Chi è quella donna che si lamenta?". Un altro rispose: "È la madre del Galileo". Appena udirono queste parole tutti quegli scellerati colmarono di beffe la Madre Dolorosa. Uno di essi prese perfino i chiodi che dovevano attaccare Gesù alla Croce e li presentò in atto canzonatorio sulla mano aperta alla Vergine. A quella vista la Santa Madre fu spezzata dal Dolore, pallida come un cadavere e con le labbra livide, giungendo le mani si appoggiò alla porta per non cadere. I farisei passarono per primi orgogliosi sui loro cavalli, poi un bambino che portava l'iscrizione, infine lo seguiva di due passi il Figlio di Dio, suo Figlio, il Santissimo, il Redentore, il suo amato Gesù, barcollante, curvo sotto il pesante fardello e scostante dolorosamente la sua testa coronata di spine dalla pesante croce che gravava sulla sua spalla, mentre gli arcieri lo tiravano avanti con le corde. Vidi il suo volto livido, sanguinante, contuso, la barba inondata dal sangue mezzo coagulato che ne incollava insieme tutti i peli. I suoi occhi spenti e insanguinati gettarono uno sguardo triste e compassionevole alla Madre Dolorosa; poi, inciampando sotto il peso della Croce, cadde per la seconda volta sulle ginocchia. L'Addolorata, violentata da quel dolore immenso, non vide né soldati e neppure carnefici, non vide nemmeno il suo amatissimo Figliolo ridotto in quello stato miserando, ma si precipitò dalla porta orientale della casa in mezzo agli sbirri che maltrattavano suo Figlio, e nel tentativo di abbracciarlo cadde in ginocchio vicino a Lui, poi riuscì a stringerlo tra le braccia. Io udii pronunciare: "Figlio!", "Madre mia!", ma non sono certa se queste parole furono pronunciate realmente o soltanto nel loro spirito. Vi fu allora un momento di disordine generale nel quale Giovanni e le pie donne volevano rialzare Maria. Gli sbirri la ingiuriarono e uno di essi disse: "Donna, che vieni a fare qui? Se tu lo avessi educato meglio, non sarebbe fra le nostri mani!" Vidi alcuni soldati tuttavia commossi: ognuno di loro aveva ancora, o aveva avuto, una mamma. Così respinsero la Santa Vergine ma non ebbero il coraggio di farLe del male. Circondata da Giovanni e dalle pie donne, l'Addolorata fu portata via e il corteo proseguì il cammino. Ella cadde in ginocchio contro la pietra angolare della porta; quando cadde voltava le spalle al corteo. Le mani della Vergine toccarono a una certa altezza la pietra contro la quale si era accasciata. Era una pietra venata di verde, le ginocchia della Santa Vergine vi lasciarono delle cavità, e le sue mani lasciarono pure dei segni, sebbene meno profondi, nel punto dove le aveva appoggiate. Erano delle impronte un po' confuse, simili a quelle che la mano lascia su una densa pasta. Più tardi questa pietra fu trasportata nella prima chiesa cattolica, quella eretta presso la piscina di Bethsaida sotto l'episcopato di San Giacomo Minore. Ho visto parecchie volte, in occasione di grandi avvenimenti, le impronte dei Santi prodursi sulle pietre. Da qui il detto: Le pietre si commuoveranno. La verità eterna trasmette in tutti i modi sante testimonianze. La Madonna fu dunque portata all'interno della casa di cui fu chiusa la porta. Vidi frattanto che la soldataglia aveva rialzato Gesù, caduto sotto il peso della Croce, e gli avevano sistemato la Croce sulle spalle in altro modo. In mezzo al popolaccio che seguiva il corteo lanciando maledizioni e ingiurie, vidi alcune figure di donne velate e piangenti.

138 Il Sudario di Santa Veronica

il corteo entrò in una lunga strada che deviava un po' a sinistra, dove si diramavano parecchie vie trasversali. Vidi molta gente ben vestita che si recava al tempio e parecchi allontanarsi alla vista di Gesù per il farisaico timore di contaminarsi, mentre altri mostravano un po' di pietà. Avevano fatto quasi duecento passi, da quando Simeone era venuto ad aiutare il Signore a portare la Croce, che vidi una donna di alta statura e dall'aspetto imponente uscire da una bella casa e gettarsi sulla strada davanti al corteo; costei portava una giovinetta per la mano. Era Serafia, moglie di Sirach, membro del Consiglio del tempio; in seguito all'avvenimento di questo giorno fu chiamata Veronica da vera icon (vero ritratto). Serafia aveva preparato un eccellente vino aromatico col pio desiderio di farlo bere al Signore sulla via del Dolore. L'avevo vista correre ai lati del corteo, a fianco dei soldati, teneva per mano la figlia adottiva di circa nove anni. Siccome non le era stato possibile aprirsi un varco attraverso la folla e le guardie per raggiungere il Redentore, la donna era ritornata vicino a casa sua per attendervi il passaggio del corteo. Appena lo vide avanzò velata, andando incontro a Gesù, portava un velo di lino sospeso alle sue spalle; la fanciulla si teneva stretta vicino a lei e portava un vaso chiuso pieno di vino aromatico. Esaltata dall'amore e dalla compassione, Serafia, con la fanciulla che si teneva attaccata alla sua veste, riuscì ad aprirsi un passaggio attraverso i soldati e i carnefici, giungendo sino a Gesù. E, cadendogli davanti in ginocchio, gli spiegò il velo davanti al volto, dicendo agli altri: "Lasciatemi asciugare il volto del mio Signore". Gesù prese il velo con la mano sinistra e lo applicò al suo volto insanguinato, poi, appoggiandolo alla mano destra che teneva il capo della croce, strinse il lino tra le sue mani e lo rese ringraziando. Dopo aver baciato il velo, Serafia se lo mise sotto il manto e si rialzò. La bambina levò allora timidamente il vaso di vino verso Gesù, ma i soldati e i carnefici non permisero che Egli si dissetasse. Il popolo fu presto in tumulto di fronte all'ardire di questo improvviso omaggio. I farisei e i carnefici, irritati per questo pubblico omaggio reso al Salvatore, si misero a colpire e a maltrattare Gesù, mentre Veronica rientrava in fretta nella sua casa. Appena rientrata nella sua camera, ella stese il velo sul tavolo e svenne; la bimba si inginocchiò vicino a lei singhiozzando. Un conoscente, che era andato a visitarla, la trovò in questo modo vicino al panno insanguinato di Gesù, sul quale era rimasta impressa in modo meraviglioso l'immagine del suo sacro Volto. Veronica appese il Sudano al capezzale del suo letto. Dopo la sua morte, questo fu passato dalle pie donne alla Santa Vergine e poi alla Chiesa degli Apostoli. Serafia nacque a Gerusalemme ed era cugina di Giovanni Battista. Aveva relazioni di parentela col vecchio Simeone e fu compagna dei suoi figli fin dalla sua giovinezza. La pia donna aveva pure assistito alle nozze della Santa Vergine con San Giuseppe. Quando Gesù insegnava al tempio, Serafia gli mandava il nutrimento in un piccolo albergo nei pressi di Gerusalemme. I proprietari erano anziani Esseni e conoscevano la Santa Famiglia. L'albergatrice era parente di Giovanna Cusa e quest'alloggio era in effetti una fondazione per i poveri: Gesù e i discepoli vi dimoravano di sovente. Serafia si sposò tardi; suo marito, Sirach, discendeva dalla casta Susanna ed era membro del Consiglio del tempio. Poiché in principio egli era molto contrario a Gesù, la sua consorte ebbe molto a soffrire. Qualche volta il marito la chiudeva perfino in una cantina per non farla uscire. Solo tempo dopo Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo lo convinsero ad altri pensieri, egli promise allora a Serafia di seguire Gesù. Durante il giudizio in casa di Caifa, Sirach ebbe perfino il coraggio di dichiararsi per Gesù, con Giuseppe e Nicodemo, e perciò si separò come loro dal Sinedrio. Serafia era una donna alta e ancora bella, doveva avere più di cinquant'anni al tempo in cui Gesù fu crocifisso. Durante l'entrata trionfale della Domenica delle Palme, la vidi togliersi il velo e stenderlo sulla strada sulla quale passava il Salvatore.

Fu questo stesso velo che ella porse a Gesù durante il triste cammino, che diede a costei il nome glorioso di Veronica e che riceve ancor oggi i pubblici omaggi della Chiesa di Cristo.

Aggiungiamo qui alcuni particolari su Santa Veronica, rivelati da Suor Emmerick il giorno che il "pellegrino" le fece toccare le reliquie di questa Santa.

Il 2 agosto ebbi una visione particolare: era il terzo anno dopo l'Ascensione di Cristo, vidi l'imperatore romano mandare qualcuno a Gerusalemme per raccogliere informazioni intorno alla morte e alla risurrezione di Gesù. Quando l'informatore dell'imperatore fu di ritorno a Roma, condusse con lui Nicodemo, Serafia e il discepolo Epatras, parente di Giovanna Cusa. Vidi Veronica presso l'imperatore ammalato; il suo letto era elevato su due gradini, una gran tenda pendeva fino a terra. Nella camera quadrata, non molto grande1 non vi erano finestre, la luce proveniva dall'alto e per mezzo di lunghi cordoni si potevano aprire e chiudere le imposte. Nella stanza l'imperatore era solo, i suoi familiari si trovavano nell'anticamera. Vidi Veronica che aveva con sé oltre al Sudario, anche un lenzuolo di Gesù. La santa donna spiegò il velo davanti all'imperatore, una striscia di stoffa lunga e stretta che ella aveva prima portato sulla testa e mtorno al collo. L'impronta del Volto di Gesù, impresso dal sangue, si trovava ad un'estremità, e quand'ella la presentò all'imperatore, prese con la mano destra l'altra estremità del Sudario. In questo modo l'imperatore vide l'impronta di tutto il Santo Volto del Salvatore. Sul lenzuolo invece vi era l'impronta del Santo Corpo flagellato di Gesù. Credo che fosse un lenzuolo di quelli inviati da Claudia, sui quali il Signore era stato adagiato per essere lavato prima di dargli sepoltura. Nonostante non avessi visto l'imperatore toccare quelle stoffe, guarì solo alla loro vista. Allora egli volle intrattenere Veronica a Roma e darle una casa con gli schiavi, ma compresi che lei domandò il permesso di ritornare a Gerusalemme per morire nello stesso luogo di Gesù. Vi ritornò infatti: era il tempo della persecuzione contro i Cristiani che ridusse alla miseria e all'esilio Lazzaro e le sue sorelle. Veronica fuggì con altre donne, fu presa e chiusa in una prigione dove morì di fame con il nome di Gesù sulle labbra; il Redentore a cui ella aveva tanto spesso dato il nutrimento terreno, l'aveva ricambiata nutrendola della sua Carne e del suo Sangue per la vita eterna. Dopo la morte di Veronica vidi il santo Sudano nelle mani delle pie donne, poi in quelle del discepolo Taddeo ad Edessa dove la santa reliquia operò molti miracoli. Lo vidi ancora a Costantinopoli, ed infine fu trasmesso dagli Apostoli alla Santa Chiesa. Ho creduto di vedere il santo Velo a Torino, città in cui si trova pure la Sindone del Salvatore. La storia di molte stoffe sacre si perde nella mia memoria e nelle mie visioni.

139 Maria e le pie donne si recano al Calvario

Quando Maria dopo l'incontro con Gesù svenne, Giovanna Cusa, Susanna e Salomè di Gerusalemme, con l'aiuto di Giovanni e del nipote di Giuseppe d'Arimatea, l'avevano sollevata e portata dietro il portone per salvarla dalla furia del popolo. La porta quindi si chiuse tra Lei ed il Figlio amatissimo. L'amore intenso per suo Figlio però, ed il desiderio di soffrire ogni cosa per Lui le diede la forza ardente di non abbandonarlo. Questa forza divenne soprannaturale, allora Lei si recò subito con le sue compagne nella casa di Lazzaro, dove si trovavano le altre pie donne che piangevano e gemevano con Marta e Maddalena; c'erano con loro anche alcuni fanciulli. In diciassette, tutte velate, le pie donne partirono per seguire la via della Passione. Le vidi incamminarsi piene di gravità ma risolute ed indifferenti alle ingiurie della plebaglia. Imponendo il rispetto del loro dolore, esse attraversarono il foro. Le vidi baciare il suolo dove Gesù era stato caricato della Croce e poi seguirono il cammino da Lui percorso. La Santa Vergine, con l'aiuto della sua speciale intuizione, guidava le pie donne lungo la Via Dolorosa mentre sentiva imprimersi vivamente nel cuore tutte le stazioni consacrate da qualche circostanza angosciosa della Passione di suo Figlio. Così, dalla profezia del vecchio Simeone si perpetua la tradizione della Chiesa, che ha origine nel cuore materno di Maria e delle sue compagne, e giunge fino ai nostri giorni. In ogni tempo gli Ebrei venerarono i luoghi consacrati da qualche azione santa o di cui ebbero cara la memoria, ponendovi delle pietre e recandovisi in processione a pregare. Allo stesso modo nacque il culto della Via Crucis, affermatosi tre volte per mezzo dei dolorosi pellegrinaggi delle pie donne, per servire i disegni di Dio sul suo popolo. Questo santo gruppo giunse alla casa di Veronica e vi entrò, frattanto anche Pilato e i suoi soldati rientravano, passando per quella strada. Quando Veronica mostrò alle sante donne il volto di Gesù impresso sulla stoffa, esse non poterono trattenere il pianto. Presero poi il vaso di vino aromatizzato, che a Veronica non era stato concesso di porgerGli, e tutte insieme si diressero verso la porta del Golgota. Il gruppo si era intanto ingrossato perché molte persone di buona volontà si erano unite alle pie donne. Io fui commossa nel vederli uniti e sfilare in un corteo ben ordinato lungo le viuzze della città. Infine questo gruppo di persone di buona volontà divenne quasi più numeroso di quello che seguiva Gesù. È impossibile descrivere il dolore della Madonna quando raggiunse l'altura e fu alla vista del luogo del supplizio. Ella risenti interiormente tutte le sofferenze di Gesù, aggravate dalla consapevolezza di dovergli sopravvivere. Maddalena, angosciata fino alle profondità dell'anima, divenne come ebbra di dolore, camminava inciampando ad ogni momento e passava per così dire da un'emozione all'altra, dal silenzio ai gemiti, dallo stupore alla disperazione, dai lamenti alle minacce, per cui le sue compagne erano obbligate a sostenerla continuamente e a proteggerla sottraendola agli sguardi indiscreti. Il grave corteo salì il Calvario dal lato di ponente, dove il pendio era più dolce, poi si suddivisero in tre gruppi, a ineguale distanza dalla piattaforma circolare dei condannati. La Madre di Gesù, sua nipote Maria, figlia di Cleofa, Salomè e Giovanni avanzarono fino alla piattaforma; Marta, Maria Hèli, Veronica, Giovanna Cusa, Susanna e Maria si tennero attorno a Maddalena che era fuori di sé; più lontano v'erano sette pie donne con le altre persone compassionevoli. I farisei a cavallo giravano intorno alla piattaforma e i soldati romani montavano la guardia. Quale spettacolo fu per Maria quel luogo di supplizio, quella terribile Croce, quei martelli, quelle corde, quei chiodi spaventevoli, quegli orridi carnefici seminudi e quasi ubriachi che compivano il loro lavoro usando le imprecazioni più selvagge! L'assenza di Gesù prolungava il martirio della Madre Santissima, perché Ella sapeva che viveva ancora e desiderava vederlo, tremando al pensiero dei tormenti che ancora lo aspettavano. Dal mattino fino alle dieci, ora in cui la condanna venne formulata, grandinò ad intervalli, poi, mentre si conduceva Gesù al supplizio, vidi il cielo rischiararsi; ma verso mezzogiorno una nebbia rossastra e fitta copri completamente il sole. Vidi il popolo che guardava e insultava Gesù, mentre i soldati impassibili mantenevano l'ordine, e gli arcieri trascinavano violentemente Gesù fino alla piattaforma. Appena le pie donne videro Gesù, mandarono, per mezzo di un uomo, del denaro agli arcieri affinché questi dessero il permesso al Salvatore di bere il vino aromatizzato di Veronica. Ma quei miserabili presero i soldi e bevvero loro il vino. Costoro avevano vicino due vasi dal color bruno, in uno c'era aceto e fiele e nell'altro una bevanda che sembrava composta da vino misto a mirra e assenzio: Gesù, pur avendovi posato le labbra, non ne bevve. Sulla piattaforma c'erano diciotto arcieri: i sei che avevano flagellato Gesù, i quattro che l'avevano condotto, i due che avevano tenuto le corde attaccate alla croce e sei che erano pronti a crocifiggerlo. Erano uomini piccoli e forti con volti strani e capelli irti da rassomigliare a bestie feroci, servivano i Romani e i Giudei per denaro. L'aspetto di tutto quanto descrivo era per me ancor più spaventoso perché vedevo orribili demoni che aiutavano quei crudeli, ispirandoli a fare più male che potevano. I demoni li influenzavano con i pensieri più abominevoli. Invece alle spalle del Salvatore c'erano grandi figure angeliche piene di dolore. Vidi anche Angeli compassionevoli e consolatori al disopra della Vergine e di tutti gli amici di Gesù. Gli arcieri tolsero a Nostro Signore il mantello e la cintura. Poi Gli tolsero la veste bianca facendola passare sopra la sua testa, e siccome non riuscivano a toglierGli, a causa della corona di spine, la tunica inconsutile27 che gli aveva confezionato sua Madre, gliela strapparono violentemente dal capo. Questo strappo provocò la riapertura di tutte le ferite della testa. In questo modo Gli fecero passare la veste sopra il capo insanguinato e coperto di piaghe. Nel momento in cui gli arcieri Gli afferrarono le braccia, di cui si serviva per coprire la nudità, e fecero per coricarlo sulla croce, si sollevarono tra i suoi amici grida di dolore e mormorii d'indignazione. Vidi allora la Santissima Vergine pregare con ardore, mentre pensava di strapparsi il suo velo e precipitarsi a coprire il suo Figliolo. Ma Iddio l'aveva già esaudita, vidi infatti nel medesimo istante un uomo aprirsi la via attraverso il popolo e, gettandosi attraverso gli arcieri, porgere un lino a Gesù che subito se lo avvolse intorno ai reni. Questo coraggioso sembrò fosse inviato da Dio in seguito alla preghiera della Santa Vergine. Egli mostrò nel suo impeto un fare imperioso, mostrò il pugno agli arcieri dicendo: "Guardatevi bene dall'impedire a questo pover'uomo di coprirsi!". Poi senza indirizzare parola ad alcuno, si ritirò da dove era venuto. Quest'uomo era Jonadab, figlio di quel fratello di San Giuseppe che dimorava nel territorio di Betlemme. Nonostante costui non fosse certo un partigiano dichiarato di Gesù, era però rimasto indignatissimo per il trattamento subito dal Cristo. Mentre Maria pregava intensamente per suo Figlio, vidi Jonadab correre sul Calvario seguendo l'istinto di coprire la nudità di Nostro Signore.

I carnefici erano della razza di Cam.

140 Gesù viene crocifisso davanti alla Madre Dolorosa

Gesù, reso immagine del Dolore, fu disteso dagli arcieri sulla Croce e, dopo averlo disteso sul dorso, irarono il braccio destro sulla parte destra della croce e lo legarono fortemente. Poi mentre uno di questi carnefici poneva il ginocchio sul suo sacratissimo peto, un altro gli teneva aperta la mano che si contraeva; un terzo appoggiò a questa mano, piena di benedizioni per il mondo, un chiodo grosso e lungo e vi pestò sopra colpi ripetuti con un martello di ferro. Un gemito dolce e chiaro uscì dalla bocca del Salvatore e il suo sangue sprizzò fin sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello ma ne ho dimenticato il numero. La Vergine gemeva debolmente e sembrava aver perduto conoscenza. I grandi martelli erano in ferro, formavano un pezzo solo col manico e avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname. I chiodi che avevano fatto fremere Gesù, erano lunghissimi e grossi come un pollice sulla parte superiore, mentre nella parte inferiore avevano soltanto lo spessore di un mignolo; le punte, quando furono confitte, uscivano un poco dietro la Croce. Quando i carnefici inchiodarono la mano destra del Salvatore alla Croce, si accorsero che la mano sinistra non arrivava fino al foro che avevano preparato. Allora attaccarono una corda al suo braccio sinìstro e lo tirarono con tutte le loro forze, puntandosi con i piedi contro la Croce, fino a che la mano raggiunse il posto del foro. Sentii Gesù emettere gemiti commoventi perché gli slogavano interamente il braccio. Le sue spalle, tese violentemente, si incavavano e i gomiti mostravano le giunture delle ossa mentre il suo petto si sollevava e le ginocchia si ritiravano verso il corpo. Gli arcieri si inginocchiarono sopra le sue braccia e sopra il suo petto, gli legarono le braccia e confissero il secondo chiodo nella mano sinistra, che spruzzò sangue, mentre i gemiti del Salvatore si facevano udire anche attraverso il rumore dei colpi di martello. La Santissima Vergine risentiva nel corpo e nello spirito tutti i Dolori di Gesù, la vidi pallida come un cadavere mentre singhiozzava atrocemente. I farisei le indirizzavano schemi ed insulti, per cui la si condusse a qualche distanza da essi in mezzo alle pie donne. Maddalena era come letteralmente impazzita e si lacerava il volto, gli occhi e le guance che erano inondati di sangue. Frattanto era stato inchiodato alla Croce un pezzo di legno destinato a sostenere i piedi di Gesù, affinché Egli non fosse interamente sospeso e non avesse a staccarsi trascinato dal suo stesso peso. I carnefici stesero le ginocchia e le tirarono con le corde, ma si rilevò che i piedi non raggiungevano il pezzo di legno destinato a sostenerlo. Allora i carnefici divennero furiosi e imprecarono contro Gesù. Siccome era cosa assai difficile portare in alto lo zoccolo di legno, attaccarono delle corde alla sua gamba destra e le tesero con violenza fino a che il piede raggiunse il pezzo di legno. Avvenne così una terribile strappatura con la conseguente slogatura della gamba, tanto che si udì lo scricchiolio e Gesù che gridò: "O mio Dio! O mio Dio!" La sofferenza fu spaventosa. Affinché le mani del Redentore non si staccassero dai chiodi, avevano legato il suo petto e le sue braccia. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro e infissero un chiodo lunghissimo e spaventoso attraverso i due piedi fin dentro al legno della Croce. Questa volta mi vidi a fianco della Croce e potei contare fino a trentasei colpi di martello mentre distinguevo chiaramente i gemiti dolci e penetranti del Salvatore, conseguenti al dolore della perforazione dei due piedi. Udii perfino le voci sorde e sinistre che, intorno a Lui, pronunciavano ingiurie ed imprecazioni. La Santissima Vergine, di fronte a quelle atrocità, non seppe resistere e cadde di nuovo senza conoscenza tra le braccia delle sue compagne. I farisei a cavallo Le si avvicinarono indirizzandole potenti e vergognose ingiurie. Ma le pie donne e i suoi fedeli la trasportarono di nuovo via. Durante la crocifissione e la conseguente erezione della Croce, le pie donne gridavano orrendamente trasformate: "Perché, perché mai la terra non inghiotte questi miserabili? Perché il fuoco del cielo non li divora?". I carnefici rispondevano a loro volta con invettive e ingiurie. Quando la Croce venne rizzata, stando alla posizione del sole potevano essere le dodici e un quarto. Dal tempio si udì un suono di tromba: l'Agnello Pasquale era stato sacrificato. Quando la Croce venne elevata, tremò tutta per il contraccolpo; Gesù levò un alto lamento, il corpo stirato dal suo peso si abbassò, le ferite si dilatarono e le ossa slogate si urtarono. Finalmente la Croce fu fissata e rafforzata nella fossa per mezzo di cinque cunei insinuati con forza attorno alla sua base, uno a destra, uno a sinistra, uno davanti e due dietro. Si presentò allora uno spettacolo commovente e tremendo: 15sato sulla Croce, il Signore fu fatto oggetto di grida di scherno da parte dei carnefici e degli sbirri, dei farisei e di gran parte del popolo, che ora lo poteva vedere meglio anche da lontano; in mezzo a quell'infame frastuono, si levò però un coro di voci addolorate contro l'indegno sacrificio. Erano le più sante voci del mondo, le voci gementi dei devoti e di tutti coloro che erano puri di cuore; era la voce della madre Dolorosa. Essi salutarono, sulla Croce appena rizzata, il Verbo divenuto carne, con dolore e commosso compianto. Appena la Croce fu piantata in mezzo alla terra, perfino molti cuori pietrificati si commossero e tacquero, ricordando le parole del Battista: "Guardate l'Agnello di Dio che ha preso sopra di sé tutti i peccati del mondo!". Quando la Croce fu infissa nella buca, i piedi adorabili di Cristo vennero a trovarsi ad altezza d'uomo per cui gli amici poterono baciarli ed abbracciarli. il volto di Gesù stava rivolto a nord.

141 Il "buon ladrone" La Santa Vergine viene scacciata dalla Croce

Mentre il Signore veniva inchiodato ed innalzato sulla Croce, vidi i due ladroni con le mani legate e sorvegliati dalle guardie. Erano accusati entrambi dell'assassinio di una giovane donna. Il ladrone, poi "cosiddetto di sinistra" era il più anziano ed era stato il corruttore ed il maestro dell'altro. Io chiamo Dismas il buon ladrone e Gesma quest'altro. Dismas era stato quel bambino lebbroso risanato nell'acqua dov'era stato bagnato Gesù. Entrambi i ladroni infatti appartenevano alle famiglie di quella banda di briganti del confine egiziano, presso la quale la Santa Famiglia aveva pernottato durante la fuga. Quella guarigione miracolosa era stata il frutto della carità e dell'amore che la madre di Dismas aveva usato verso la Vergine. Fu allora possibile, per mezzo dell'intercessione della Madonna, una salvezza fisica di quell'anima sciagurata. Immagine ridotta della salvezza spirituale, che avvenne con la sua crocifissione vicino a Gesù e fu purificata col Sangue e la promessa di Cristo29. Vidi poi i farisei allontanare dalla Croce la Santa Vergine tremante. Con rabbia essi fecero il giro della piattaforma e la chiamarono di nuovo donna perversa. Giovanni e la pie donne la ripresero e la protessero in mezzo a loro. Maria e Maddalena l'accolsero nelle loro braccia. Udii i soldati beffarsi di Gesù, dicendo: "Se tu sei il re dei Giudei, salva ora te stesso!". Quando il Redentore svenne, Gesma, il ladrone di sinistra, disse: "Il suo demone l'ha abbandonato". Allora un soldato mise in cima a un bastone una spugna imbevuta d'aceto e la portò fino alle labbra di Gesù, che sembrò gustarne. Vidi il Salvatore che levò un poco la testa e disse: "Padre mio, perdona loro perché non sanno quel che fanno!". Poi continuò a pregare in silenzio, Gesma gli gridò allora: "Se tu sei il Cristo, salvaci!". Gli insulti non cessavano, ma Dismas si senti profondamente commosso quando Gesù pregò per i suoi nemici. La Santa Vergine udì la voce di suo Figlio e nulla più la potè trattenere: si precipitò verso la Croce, subito seguita da Giovanni, Salomè e Maria di Cleofa. Il centurione non li respinse e, al momento in cui la Santa Vergine si avvicinò, il buon ladrone ebbe un'illuminazione interiore nella quale seppe che Gesù e sua Madre l'avevano guarito durante la sua infanzia; allora urlò con voce forte e distinta: "Come potete voi ingiuriarlo, mentre Egli prega per voi? Egli ha taciuto, ha sofferto pazientemente tutti i vostri affronti e sta pregando per voi: Egli è un Profeta, è il nostro Re, è il Figlio di Dio!". A questo inatteso rimprovero, uscito dalla bocca di un miserabile assassino spirante sul patibolo, si levò un gran tumulto fra il pubblico; molti fra i presenti raccolsero delle pietre per lapidarlo; ma il centurione Abenadar e la sua guardia non lo permisero e ristabilirono l'ordine. Nel frattempo la Vergine Santa si sentì fortificata dalla preghiera di Gesu. Dismas, rivolto al suo compagno che ingiuriava Gesù, gli disse: "Non temi dunque il Signore, tu che sei condannato allo stesso supplizio? Quanto a noi è giusto: subiamo la pena che è meritata dai nostri delitti, ma costui non ha fatto nulla di male. Pensa alla tua ultima ora e convertiti!". Costui era illuminato e commosso e confessò i suoi falli a Gesù, dicendo: "Signore, se Tu mi condannassi sarebbe con giustizia, ma abbi pietà di me E Gesù gli rispose: "Tu avrai prove della mia misericordia Per un quarto d'ora, Dismas ebbe la grazia di un pentimento profondo. Tutto quanto è stato narrato si svolse fra mezzogiorno e mezzogiorno e trenta, qualche minuto dopo l'esaltazione della Santa Croce. In questo tempo vi furono ben presto grandi cambiamenti nell'anima degli astanti: mentre il buon ladrone parlava, si mostrarono nella natura segni straordinari che riempirono tutti di spavento.

142 "Giovanni, ecco tua Madre"

Verso l'ora sesta, secondo il modo di calcolare il tempo degli Ebrei, che corrisponde circa alle dodici e mezzo, vi fu un eclissi meravigliosa di sole. Vidi il cielo incupirsi e le stelle mostrarsi, il cielo divenne scuro rossosangue. Un terrore generale si impadronì degli uomini che urlavano, mentre gli animali fuggivano. Vidi gli uccelli che cercavano rifugio e si abbattevano in massa sulle colline che circondavano il Calvario, erano così terrorizzati che si potevano prendere in mano. Vidi coloro che ingiuriavano Gesù abbassare il tono. I farisei cercavano ancora di spiegare ogni cosa con cause naturali, ma vi riuscivano male perché essi stessi erano interiormente presi dal terrore; tutti alzavano gli occhi al cielo e molte persone si percuotevano il petto e si torcevano le mani esclamando: "Il suo sangue ricada sui suoi crocifissori!". Molta gente vicina e lontana dalla Croce cadeva in ginocchio implorando perdono a Gesù, che immerso nei suoi dolori, volse gli occhi verso di loro. Allora vidi le tenebre aumentare sempre più, tutti rifuggivano la Croce e cercavano riparo, eccetto Maria Santissima, circondata dai più fedeli seguaci del Salvatore. Dismas che era piombato nel più profondo pentimento, levò il capo verso di Lui e, con timida speranza, gli disse: "Signore, pensa a me quando sarai nel tuo Regno". Gesù gli rispose: "In verità ti dico, oggi stesso tu sarai con me in Paradiso". La Santa Vergine, Maddalena, Maria di Cleofa e Giovanni, stavano fra la Croce di Gesù e quelle dei ladroni e guardavano il Signore Gesù. Maria, nel suo amore di Madre, pregava interiormente affinché Gesù la lasciasse morire con Lui. Il Salvatore la guardò con tenerezza ineffabile, poi volse gli occhi a Giovanni e disse a Maria Santissima: "Donna, ecco tuo figlio. Egli sarà tale più che tu lo avessi generato; Egli ha sempre avuto una fede incrollabile e si è solo scandalizzato quando sua madre ha voluto che fosse esaltato sopra gli altri". Poi disse a Giovanni: "Ecco tua Madre Giovanni abbracciò rispettosamente, sotto la Croce del Redentore morente, la Madre di Gesù divenuta ormai anche la sua. A queste ultime disposizioni del Figlio, la Santa Vergine fu talmente accasciata dal dolore, che cadde priva di sensi tra le braccia delle pie donne. Maria fu portata a qualche distanza e fu fatta sedere sul terrapieno di fronte alla Croce, poi la condussero più lontana dalla piattaforma. In simili visioni si percepiscono molte cose che non sono scritte e ve ne sono pochissime che si possono rendere chiaramente con il linguaggio umano. Gesù chiama sua Madre "Donna" perché rappresenta la Donna per eccellenza che deve schiacciare il capo al serpente, soprattutto in quest'istante in cui la promessa si compie con la morte del Piglio. Non dovrebbe esserci alcuna meraviglia che Gesù dia Giovanni per figlio a Colei che l'Angelo aveva salutato piena di grazia, perché il nome Giovanni significa appunto "grazia Donando sua Madre a Giovanni, Gesù l'ha donata come Madre pure a tutti coloro che credono nel suo nome, che diventano figli di Dio e che sono nati dalla volontà di Dio. Maria, la più pura, la più obbediente, la più umile delle donne che, dopo aver detto all'Angelo: "Ecco l'Ancella del Signore, sia fatto secondo la tua parola", divenne Madre del Verbo incarnato, oggi, avendo appreso dal Signore che doveva divenire madre spirituale d'un altro figlio, ha ripetuto queste stesse parole con umile obbedienza, nell'angoscia della separzione. Obbediente a suo Figlio, Maria ha adottato tutti i figli di Dio come fratelli di Gesù Cristo. In una visione il mio celeste Sposo mi aveva detto: "Tutto èscritto nei cuori dei figli della Chiesa che hanno fede, sperano ed amano

143 Morte di Gesù

Gesù senti la bocca inaridirsi e disse: "Ho sete!" Poiché i suoi amici lo guardavano dolorosamente, Egli disse: "Non potreste darmi una goccia d'acqua?", lasciando intendere che durante le tenebre nessuno avrebbe potuto impedirlo. Giovanni, turbato, disse: "O Signore, non vi abbiamo pensato!". Gesù allora pronunciò alcune parole che avevano questo senso: "Anche i miei più prossimi dovevano dimenticarmi e non darmi da bere, affinché ciò che sta scritto avesse compimento". Offrirono del denaro ai soldati perché questi Gli portassero un po' d'acqua, ma essi non se ne curarono. Solo il centurione Abenadar, al quale era stato toccato il cuore, portò alle labbra del Sign6re per mezzo di una lancia una spugna impregnata d'aceto. Vidi Giovanni ai piedi della Croce che asciugava i piedi di Gesù col proprio sudano. Maddalena accasciata dal dolore, s'appoggiava dietro la Croce; la Santa Vergine stava ritta fra Gesù e il buon ladrone e guardava morire suo Figlio, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa. L'ora del Signore era venuta: lottò con la morte e un sudore freddo cosparse tutte le membra, allora Egli disse: "Tutto è compiuto!" e levando il capo, gridò ad alta voce: "Padre mio rimetto il mio spirito nelle tue mani". Poi chinò il capo e rese lo spirito a Dio. Allora vidi l'Anima sua come una figura luminosa entrare nella terra ai piedi della croce per discendere al limbo. Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere. Tutto era compiuto, l'Anima di Gesù aveva lasciato il suo Corpo. Vidi allora che in quel momento la grazia scese su Abenadar: il suo cavallo tremò, l'anima sua fu scossa e il suo cuore duro ed orgoglioso si spezzò come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la spada, si percosse il petto con forza e gridò con accento di uomo rinnovato in Dio: "Sia lodato il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe. Questi era un giusto ed è veramente il Figlio di Dio!". Molti soldati colpiti dalle parole del loro capo, lo imitarono. Allora molte persone si batterono il petto, perfino alcuni farisei. Qualcuna delle pie donne che si era tenuta a distanza andò a prendere la Vergine Santa per prestarle pietose cure, conducendola lontano dalla Croce. La più desolata e la più addolorata delle madri fu rialzata dagli amici e, sollevando gli occhi, vide il corpo straziato del Figlio. Guardò quel Santo Corpo concepito nella purezza per opera dello Spirito Santo; carne della sua carne, ossa delle sue ossa, cuore del suo cuore, adesso privato d'ogni bellezza e separato dall'Anima Santissima. Lo vide spezzato, sfigurato, messo a morte per mano di coloro che Egli era venuto a rialzare e a vivificare; abbandonato e disprezzato, simile ad un lebbroso, sospeso alla Croce fra due ladri. Chi sulla terra potrà mai descrivere con le parole giuste il vero Dolore di questa povera Madre, Regina di tutti i Martiri? La luce del sole era ancora turbata e velata; l'aria però s'era andata gradatamente rinfrescando. Il Santo Corpo di Nostro Signore aveva qualche cosa che ispirava il rispetto e che toccava singolarmente. I ladroni invece erano scossi da convulsioni terribili come se fossero stati ubriachi. Infine tacquero anch'essi: Dismas aveva pregato interiormente prima di morire. Molti quel giorno si convertirono. Quando il Santo Corpo di Gesù fu calato dalla croce con delicatezza, venne avvolto dalle ginocchia alle anche e deposto tra le braccia della Madre, che Ella aveva teso verso di Lui, piena di dolore e di amore.

144 La deposizione dalla Croce e la sepoltura del Santo Corpo di Cristo

La Santa Vergine si sedette al suolo sopra una coperta, col ginocchio destro un po' rialzato ed il dorso appoggiato ~ alcuni mantelli arrotolati assieme. Il sacro Capo di Gesù era appoggiato sul ginocchio di Maria e il Corpo era steso sopra un lenzuolo. Ella teneva per l'ultima volta tra le sue braccia il Corpo del Piglio amatissimo al quale, durante il lungo martirio, non aveva potuto dare alcuna testimonianza d'amore. Adesso Ella constatava da vicino l'orribile modo con cui questo Corpo era stato sfigurato, ne contemplava da vicino le ferite, copriva di baci le gote insanguinate, mentre Maddalena posava il suo volto sui piedi di Gesù. Gli uomini intanto si erano ritirati in una piccola insenatura a nordovest del Calvario per prepararvi gli oggetti necessari all'imbalsamazione. Cassio, con qualche soldato convertito, stava a rispettosa distanza. Tutti i malintenzionati erano ritornati in città ed i soldati presenti garantivano soltanto una sicurezza per impedire che non venissero turbati gli estremi onori prodigati a Gesù. Vidi alcuni di loro prestare addirittura umile e rispettoso aiuto quando veniva richiesto. Le pie donne porgevano i vasi, le spugne, i lini, gli unguenti e gli aromi, e tutto quanto era necessario e poi stavano attente a poca distanza. C'erano fra loro Maria di Cleofa, Salomè e Veronica. Maddalena stava sempre accanto a Gesù; Maria Heli, stava seduta e guardava. Giovanni aiutava continuamente la Madonna, serviva da messaggero fra gli uomini e le donne e prestava a tutti assistenza. Si era pensato a tutto: le donne avevano accanto a sé delle otri e un vaso pieno d'acqua collocato sopra un fuoco a carbone. Usavano spugne e dei piumini. La Santa Vergine dimostrava nel suo inesprimibile dolore un coraggio ammirabile. Ella fu conscia di non poter lasciare il Corpo di suo Figlio in quello stato, perciò incominciò a lavarlo e cercò di cancellare le tracce delle offese che aveva subito. Tolse la corona di spine con la più grande delicatezza, aprendola dal lato posteriore del capo e senza rimuoverle, tagliò ad una, ad una le spine infisse per non allargarne le piaghe; infine posò la corona a terra accanto ai chiodi. Allora l'Addolorata, con una specie di tenaglia arrotondata, tolse le spine che erano rimaste nelle ferite e le mostrò tristemente ai fedeli discepoli e alle pie donne. Anche queste spine vennero riposte accanto alla corona; qualcuna fu conservata a parte. Vidi la Santa Vergine lavare il capo insanguinato ed il volto di Gesù, infine passò la spugna bagnata sulla capigliatura per toglierne il sangue raggrumato. Via, via che Ella detergeva quel corpo, si mostravano nei particolari le orribili crudeltà esercitate su Gesù; da una ferita all'altra aumentavano la compassione e la tenerezza per tante crudeli sofferenze. La Santa Vergine lavò le piaghe del capo, il sangue che riempiva gli occhi, le narici e gli orecchi con una spugna e un piccolo lino steso sulle dita della mano destra, allo steso modo pulì la bocca semiaperta, la lingua, i denti e le labbra. Ella suddivise la capigliatura di suo Figlio in tre parti, una parte per ogni tempia e l'altra dietro il capo e, quand'ebbe sgrovigliati i capelli davanti e li ebbe resi lucidi e lisci, li fece passare dietro agli orecchi. Quando infine il capo fu ripulito lo velò, dopo aver baciato il Figlio sulle guance. Si occupò infine del collo, delle spalle, del petto, del dorso, delle braccia e delle sue mani straziate. Maria Santissima lavò e ripulì quindi tutte le numerose e tremende Piaghe, ad una, ad una. Al lato sinistro del petto si trovava una piccola Piaga, da cui era uscita la punta della lancia di Cassio, e al lato destro si apriva la larga ferita dov'era entrata la lancia che aveva attraversato il cuore da parte a parte. Maddalena in ginocchio, aiutava la Madonna come poteva, ma senza lasciare i piedi di Gesù che ella bagnava per l'ultima volta di lacrime abbondanti ed asciugava con la sua capigliatura. Il capo, il petto ed i piedi del Salvatore erano stati lavati, il Santissimo Corpo, che aveva assunto un color bianco bluastro, come dissanguato al suo interno, riposava sulle ginocchia di Maria, la quale copri con un velo tutte le parti lavate e si occupò di passare di nuovo il balsamo su tutte le ferite. Le sante donne, in ginocchio davanti a Lei, le presentavano di volta in volta una scatola da cui Ella prendeva fra il pollice e l'indice un balsamo prezioso con cui ungeva le ferite di Gesù. Maria unse con questo balsamo anche la capigliatura, poi prese nella sua mano sinistra le mani di Gesù e le baciò con rispetto; riempì con questo unguento i larghi buchi prodotti dai chiodi, come riempì gli orecchi, le narici e la piaga del costato. Maddalena asciugava ed imbalsamava i piedi di Gesù e poi li bagnava ancora col pianto e vi appoggiava sopra, spesso, il volto. L'acqua che aveva usato la Vergine per pulire le Sante Spoglie di suo Figlio non veniva gettata via, ma raccolta in otri di cuoio dove venivano spremute anche le spugne. Quando la Santa Vergine imbalsamò tutte le ferite, avvolse il sacro Capo nei lini, ma non copri ancora il volto; chiuse gli occhi semiaperti di Gesù e vi lasciò riposare sopra per qualche tempo la sua mano, poi chiuse anche la bocca e baciò il Santo Corpo del Figlio, lasciando cadere il suo viso su quello di Gesù. Maddalena, per sommo rispetto, non toccò col suo volto il viso di Gesù, ma si contentò di appoggiarlo sui piedi del Salvatore. Giuseppe e Nicodemo intanto aspettavano già da qualche tempo; allora Giovanni si avvicinò alla Vergine per pregarla di separarsi dalle Sante Spoglie di suo Figlio per poter finire di imbalsamarlo, perché il sabato era prossimo. Vidi Maria abbracciare ancora una volta quel Santo Corpo e staccarsene con profonda commozione. Allora gli uomini lo tolsero dal grembo di sua madre, sul sudano dove era stato deposto, per portarlo a qualche distanza. Maria, col capo velato immersa nel dolore, cadde fra le braccia delle pie donne. Maddalena, come se si fosse voluto derubarla del suo amato, si precipitò qualche passo avanti a braccia tese, poi ritornò verso la Vergine Santissima. il Santo Corpo venne portato in un punto più basso della cima del Golgota, luogo in cui i fedeli avevano disposto ogni cosa per l'imbalsamazione. Vidi anzitutto un lino lavorato a maglia, mi rammentò la grande tenda ricamata che vien sospesa tra il coro e la navata in tempo di Quaresima32. Quando nella mia infanzia vedevo questa tenda sospesa, immaginavo sempre che fosse il lino che avevo visto utilizzare per la sepoltura di Gesù. Questo lino era lavorato in modo da lasciar colare l'acqua. Il Corpo del Salvatore venne quindi collocato su questa stoffa e poi alcuni fedeli distesero l'altro sudano sopra di Lui. Vidi Nicodemo e Giuseppe inginocchiarsi vicino al Santo Corpo e, al di sotto della coperta, togliere il lino col quale avevano cinto le reni di Gesù per la discesa dalla Croce, poi gli tolsero anche la cintura di Jonadah, che gli copriva il basso ventre. Passarono poi delle spugne sotto il lenzuolo e lavarono la parte inferiore del corpo così nascosta ai loro sguardi, dopo di che lo sollevarono con l'aiuto dei lini collocati di traverso sotto le reni e sotto le ginocchia, lasciandolo sempre coperto dello stesso lenzuolo. Continuarono a lavarlo così finché le spugne pressate non diedero che acqua limpida e chiara. Infine versarono acqua di mirra su tutto il Corpo e, maneggiandolo con rispetto, gli fecero riprendere tutta la sua lunghezza, perché era rimasto nella posizione in cui era morto sulla Croce, con le reni e le ginocchia curvate. Collocarono poi sotto le sue anche un lino largo un braccio e lungo tre, lo riempirono di pacchetti d'erbe e cosparsero il tutto con una polvere che Nicodemo aveva portato con sé. Quindi avvilupparono la parte inferiore del Santo Corpo e assicurarono il lenzuolo che avevano steso sopra. Fatto questo, unsero le ferite delle anche e le cosparsero di erbe aromatiche, poi avvolsero per tutta la lunghezza anche le gambe con pacchi di queste erbe. Quando tutto fu finito, Giovanni ricondusse Maria e le altre pie donne accanto alla Santa Salma. Vidi la Madonna inginocchiarsi accanto al Santo Volto di Gesù e posarvi sopra un lino finissimo che aveva ricevuto dalla moglie di Pilato. Ella collocò, aiutata dalle pie donne, alle spalle e alle guance del Santo Corpo dei pacchetti di erbe, di aromi e di polvere odorosa, infine gli dispose strettamente questo lino intorno al capo e alle spalle, mentre Maddalena versò un flacone di balsamo nella piaga del costato; le pie donne disposero ancora delle erbe intorno alle mani e ai piedi di Gesù. Allora gli uomini colmarono ancora di balsamo gli incavi delle ascelle e del petto, e, dopo avergli incrociato sul petto le braccia irrigidite, strinsero il sudano tutt'attorno al Corpo, come si fascia un bimbo. Poi, dopo aver fissato sotto l'ascella di un braccio una larga benda, la fecero girare intorno a tutto il Corpo di Gesù e al Capo. Infine la sacra Salma fu collocata nel grande sudano, lungo sei braccia, che aveva comprato Giuseppe d'Arimatea. Mentre tutti circondavano il Corpo di Gesù Cristo e si inginocchiavano per rendergli gli estremi omaggi, un commovente miracolo si manifestò dinanzi ai loro occhi: attraverso le bende in cui era avviluppato, apparve il Corpo sacratissimo di Gesù di colore rossobruno con tutte le sue Piaghe. Come se il Salvatore avesse voluto ricompensare le loro cure e il loro amore lasciando ancora una volta la sua immagine. Vidi tutte queste persone baciare con estrema riverenza e rispetto la meravigliosa impronta del Santo Corpo. La loro meraviglia fu ancor più grande quando videro che anche il lenzuolo superiore aveva ricevuto la miracolosa impressione. Inoltre la parte del lenzuolo sul quale il Santo Corpo era stato coricato aveva ricevuto l'impronta del dorso del Redentore. Non era l'impronta di ferite sanguinanti, poiché tutto il Corpo era stato avvolto e coperto in modo abbondante di aromi, ma era un ritratto soprannaturale, una testimonianza della divinità creatrice del Corpo sacratissimo di Gesù Cristo. Gli uomini collocarono le sacre Spoglie sopra una barella di cuoio, che ricoprirono con una coperta bruna, e vi adattarono alle estremità due lunghi bastoni per trasportarla. Nicodemo e Giuseppe portarono sulle spalle le stanghe anteriori, Abenadar e Giovanni quelle posteriori. Seguivano: la Santa Vergine, Maria Heli, Maddalena e Maria di Cleofa e poi le donne che erano state sedute a qualche distanza: Veronica, Giovanna Cusa, Maria madre di Marco, Salomè, Salomè di Gerusalemme, Susanna e Anna, e i nipoti di San Giuseppe. Cassio e i soldati chiudevano il triste corteo. Le altre donne, come Maroni di Naim, Dma la samaritana e Mara la sufanita, erano rimaste a Betania con Marta e Lazzaro. Due soldati romani con le fiaccole illuminavano il triste corteo per segnare la via del sepolcro. Procedettero così per circa sette minuti dirigendosi attraverso la valle, verso il giardino di Giuseppe d'Arimatea, cantando dei Salmi intonati ad un'aria dolce e malinconica. Sopra un'altura, dall'altra parte, vidi Giacomo il Minore che subito se ne ritornò per comunicare quanto aveva visto agli altri discepoli nascosti nelle caverne. Il giardino di Giuseppe d'Arimatea era di forma irregolare, la roccia dove si trovava il sepolcro era circondata da una siepe verdeggiante. Qualche palma si vedeva davanti all'ingresso del giardino e davanti alla tomba situata all'angolo destro. La maggior parte della vegetazione del giardino consisteva in cespugli, in fiori e in erbe aromatiche. Quando il corteo giunse davanti al sepolcro, levarono la coperta bruna dalla barella e ne tolsero la Santa Salma. Nicodemo e Giuseppe portarono le due estremità della tavola e Giovanni ed Abenadar quelle del lenzuolo. La grotta, scavata di recente, era stata ben pulita dai servi di Nicodemo che vi avevano poi bruciato profumi. L'interno era pulito e abbastanza presentabile, in alto, alla parete, vi era perfino scolpito un ornamento. Nel letto destinato a ricevere il Santo Corpo vi era stata scavata rudimentalmente la forma di un cadavere avvolto nel sudano, formandovi una piccola elevazione alla testa e ai piedi. Le pie donne si sedettero di fronte all'ingresso della grotta. I quattro uomini vi portarono dentro il Corpo del Signore, colmarono ancora di erbe aromatiche il letto e vi stesero sopra un lino che, ai due lati, oltrepassava il letto, infine vi distesero il Santo Corpo. Con lacrime e baci gli attestarono per l'ultima volta il loro amore e uscirono dalla grotta. Subito dopo vi entrò la Santa Vergine e si sedette dal lato della testa chinandosi a piangere sul Corpo del Figlio. Appena Ella uscì dal Santo Sepolcro, vi si precipitò Maddalena che gettò sopra il Corpo di Gesù fiori e fronde raccolti nel giardino, poi congiunse le mani e baciò in lacrime i piedi del Signore. Infine, siccome gli uomini dovevano chiudere la tomba, ritornò accanto alle altre donne. Tutto quello che si svolse all'interno della grotta avvenne alla luce delle fiaccole. Durante la sepoltura vidi, nei pressi del giardino e del Calvario, errare parecchi uomini dall'aria triste e spaventata. Credo fossero i discepoli di Gesù andati dispersi.

145 La Santa Vergine bussa alla porta del Cenacolo Intervento Divino a favore di Giuseppe d'Arimatea

Il sabato stava per incominciare, Nicodemo e Giuseppe rientrarono a Gerusalemme attraverso una porticina vicina al giardino del Cenacolo praticata nel muro della città. Essi dissero alla Vergine, a Maddalena, a Giovanni e a qualcuna delle pie donne che ritornavano al Calvario per pregare, che questa porta sarebbe stata loro aperta, come quella del Cenacolo, ogni qualvolta vi avessero bussato. Maria Heli ritornò in città con Maria madre di Marco e con altre pie donne. I servi di Nicodemo e di Giuseppe si recarono al Calvario per raccogliervi gli oggetti che vi avevano lasciato. Vidi poi la Madonna e le sue compagne che ritornavano dal Calvario, dove avevano pianto e pregato: esse scorsero alcuni soldati con delle torce e subito si ritirarono ai due lati della via, finché questi furono passati. Quegli uomini andavano verso il Calvario, probabilmente per togliere le croci e nasconderle prima del sabato. Quando furono passati, le pie donne continuarono il loro cammino verso la porticina del giardino. Giuseppe e Nicodemo avevano incontrato in città Pietro, Giacomo Maggiore e Giacomo Minore. Tutti piangevano e soprattutto Pietro era in preda al violento dolore della colpa; li abbracciò, si accusò di non essere stato presente alla morte del Salvatore e li ringraziò per la sepoltura. Fu convenuto che quando avessero bussato, sarebbe stata loro aperta la porta del Cenacolo e se ne andarono a cercare altri discepoli dispersi in altri luoghi. Vidi la Santissima Vergine, accompagnata dalle pie donne, visitare con religioso rispetto il tempio. Maria indicò loro il luogo della sua presentazione, quello dov'era stata istruita, dove aveva sposato San Giuseppe e dove aveva presentato Gesù, quando Anna e Simeone avevano profetizzato. A quest'ultimo ricordo Ella pianse amaramente perché la profezia si era compiuta e la spada aveva proprio attraversato la sua anima. Ella mostrò ancora il luogo dove aveva trovato Gesù fanciullo, insegnante nel tempio, e baciò rispettosamente il pulpito. Si soffermarono ancora vicino alla bussola dove la vedova aveva gettato il suo denaro e sul luogo dove Gesù aveva perdonato all'adultera. Quando ebbero così reso l'omaggio dei loro ricordi in tutti i luoghi santificati dalla presenza di Gesù, versando lacrime ed elevando preghiere, ritornarono a Sion. Vidi Maria Santissima, separarsi dal tempio desolato e solitario con profonda tristezza, si ricordò che Gesù aveva pianto in quel tempio e aveva detto: "Abbattete questo tempio, e io lo ricostruirò in tre giorni". Ella pensò che i nemici di suo Figlio avevano distrutto il tempio del suo Santo Corpo e rimase in ansiosa attesa del terzo giorno in cui la parola della Verità eterna àvrebbe trovato compimento. Ritornate al Cenacolo, vidi la Santa Vergine e le sue compagne bussare ed entrarvi; anche Abenadar vi fu introdotto, e a poco a poco, la maggior parte degli Apostoli e dei discepoli vi si trovò riunita. Le pie donne si ritirarono nel lato dove si trovava la Vergine. Tutti presero un po' di cibo e si intrattennero ancora pochi minuti a raccontare qualcosa, poi furono intenti a celebrare il sabato. Tutti erano abbattuti e tristi. La più grande calma regnava nella casa; le porte erano chiuse. Nessuno poteva inquietarli perché questa casa apparteneva a Nicodemo che l'aveva presa in affitto per il banchetto pasquale. Vidi Maria Santissima pregare con le pie donne rimaste riunite nella gran sala illuminata da una sola lanterna, le porte erano chiuse e le finestre velate. Cra pregavano in disparte, coprendo il capo con i veli da lutto e sedendosi sulla cenere in segno di dolore, alcune volte pregavano col viso rivolto contro il muro. Le vidi poi riunite intorno alla Madonna in dolorosa contemplazione. Tutto continuò così fino a sera. Quando il mio pensiero si univa a quello della Madre di Dio, vedevo il santo Sepolcro e, attraverso le porte del medesimo, il Corpo del Signore e il modo in cui era stato deposto. Lo vidi circondato da un'aureola luminosa, e aveva accanto a Lui due Angeli in perenne adorazione. Quando calò la sera, vidi giungere da Betania Lazzaro, la vedova di Naim, la samaritana e Maria la sufanita33, si narrò nuovamente l'accaduto e si pianse ancora. Sulla via del ritorno dal Cenacolo, nel quartiere di Sion a poca distanza dal tribunale, Giuseppe d'Arimatea venne arrestato improvvisamente da soldati pagani~. Caifa aveva progettato dì farlo morire di fame senza che nessuno ne sapesse nulla. Vidi Giuseppe in prigione; mentre era assorto in preghiera, il carcere fu inondato di luce e una voce lo chiamò per nome, allora il tetto si sollevò e attraverso l'apertura una forma luminosa lasciò pendere un lenzuolo, simile al sudano in cui egli aveva sepolto Gesù. Giuseppe si arrampicò al lenzuolo miracoloso e si dileguò verso il Cenacolo. L'apertura nel tetto si rinchiuse e la luce disparve. Non vidi se fu il Salvatore stesso a liberarlo oppure un Angelo.Quando Giuseppe entrò nel Cenacolo fu accolto da una grande folla, come quando più tardi San Pietro fu liberato dalla prigione. Giuseppe fu rifocillato e tutti ringraziarono Dio. Lasciò Gerusalemme nella notte stessa e fuggi nella sua patria, Arimatea. Ritornò in questa città solo quando cessò ogni pericolo. Frattanto vidi Caifa ed altri sacerdoti intrattenersi con Nicodemo parlandogli con finta benevolenza; quando quest'ultimo rimase fermo nella sua fede e difese costantemente l'innocenza di Gesù, essi si ritirarono.

146 L'Apparizione della Signora vestita di luce nella casa di Jonadab Maria Santissima, Regina degli Angeli

Quando la Santissima Vergine, nella sua angoscia, aveva rivolto a Dio l'ardente preghiera affinché risparmiasse a Gesù la vergogna di essere esposto nudo sulla croce, vidi quella preghiera subito esaudita dal nipote Jonadab. Spinto da un comando Divino, usci dal tempio e corse attraverso la città verso il Calvario per venire in aiuto a Gesù. La Vergine, profondamente grata per la compassione mostrata da Jonadab, implorò su di lui e sulla sua casa la benedizione di Dio; infatti la famiglia di Jonadab, che era ammalata, guarì miracolosamente grazie all'intervento divino per mezzo di una Signora maestosa vestita di luce e circondata dagli Angeli. Io stessa vidi quest'apparizione. Da allora Jonadab fu illuminato dalla fede in Cristo e si unì alla comunità cristiana. Per le anime contemplative e ben predisposte è naturale vedere la Regina del Cielo circondata dagli Angeli.

147 Maria incontra suo Figlio la sera prima della Risurrezione

Quando il sabato si concluse, Giovanni andò nella sala delle pie donne e pianse con loro, poi le lasciò; anche Pietro e Giacomo il Minore sopraggiunsero, ma non rimasero molto con loro, se ne andarono dopo aver cercato di consolarle. Maria frattanto pregava solitaria, presa dal desiderio di vedere Gesù. Le comparve allora un Angelo e La invitò a recarsi alla porticina di Nicodemo perché il Signore era vicino. Col cuore palpitante di gioia, la Madre del Salvatore si avvolse nel suo mantello e uscì senza far parola con alcuno. Erano circa le ventuno, la Santa Vergine, prossima alla porticina, si fermò in un luogo solitario e guardò in alto sopra le mura della città: vide allora scendere dal cielo in un fascio luminoso, l'anima del Salvatore, era senza traccia alcuna di ferite e accompagnata da numerose anime dei Patriarchi. Gesù si volse ad esse indicando la Madonna, poi disse: "Maria, Madre mia". Mi parve che il Salvatore abbracciasse per un istante sua Madre, subito dopo il fascio luminoso scomparve con tutte le anime. Allora la Madre di Dio cadde in ginocchio e baciò la terra dove Egli era apparso. Così Maria ritornò piena di consolazione dalle pie donne, che trovò occupate a preparare unguenti ed aromi; non disse quello che aveva visto. Le sue forze si erano rinnovate e potè consolare le altre fortificandole nella fede. Le pie donne stavano accanto ad una lunga tavola sulla quale erano disposti mucchi di erbe che esse disponevano e mescolavano in diversi modi; vidi numerosi flaconi di balsamo e di nardo, fiori freschi e altro. Esse avvolgevano tutto in lini freschi, perché volevano servirsene il giorno seguente per coprire il Santo Corpo di Cristo.

148 La notte della Risurrezione: Maria Santissima incontra Gesù al Calvario

Appena le pie donne finirono di preparare gli aromi, si ritirarono nelle loro celle senza addormentarsi; volevano recarsi al Sepolcro prima dell'alba. Esse avevano ripetutamente manifestato il timore di essere assalite dai nemici di Gesù quando fossero uscite, ma vennero rassicurate dalla Santissima Vergine che era stata a sua volta rafforzata ed ispirata dalla visione di Gesù. Erano quasi le undici di notte quando la Madonna, spinta dall'amore e da un desiderio irresistibile, si alzò, si avvolse in un mantello grigio, e sola si allontanò dalla casa. Si diresse prima al palazzo di Caifa, poi a quello di Pilato. Per far questo dovette attraversare una gran parte della città, così si trovò a percorrere le vie deserte della Via Crucis, fermandosi ad ogni punto dove il Salvatore aveva sofferto qualcosa e sopportato qualche oltraggio. L'accompagnai per tutto il cammino e feci tutto quello che Ella fece nella debole misura delle mie forze. La Santa Vergine venerava il Sangue sacratissimo del Salvatore, baciava ogni pietra del suo percorso doloroso, ne inondava di lacrime la terra da Lui calpestata. Giunse così lentamente al Calvario, mentre vi si avvicinava, vidi di fronte a Lei Gesù col suo Corpo sacratissimo. Egli era apparso davanti alla Madre preceduto da un Angelo e fiancheggiato dagli Angeli del Sepolcro, seguito da numerose anime liberate. Non faceva alcun movimento e sembrava librarsi nella luce; la Madonna ne ascoltò la voce che le annunciò quanto aveva fatto nel limbo e le disse che stava per risuscitare e presentarsi a Lei col suo Corpo trasfigurato; volle che Lo attendesse sul Calvario, accanto alla pietra dove era caduta. Allora la Vergine, avvolta nel suo mantello, andò ad inginocchiarsi al posto indicatole. Quando si manifestarono questi avvenimenti era trascorsa la mezzanotte, poiché Maria Santissima aveva impiegato molto tempo nella Via Crucis. Vidi il Corpo del Signore risplendere nel suo sudano con i due Angeli in adorazione, alla testa ed ai piedi di Lui. Non posso andare oltre nella spiegazione, sono cose che la nostra ragione nelle condizioni ordinarie non può comprendere e tantomeno esprimere. Quello che è chiaro e intelligibile dentro di me, quando lo vedo, diventa poi completamente incomprensibile quando voglio descriverlo con le parole. Vidi poi Maddalena, Maria figlia di Cleofa, Giovanna Cusa e Salomè lasciare il Cenacolo avvolte nei loro mantelli, mentre il cielo incominciava ad imbiancarsi ad Oriente. Le pie donne portavano gli aromi raccolti in pacchi e una di esse portava una lampada accesa, ma nascosta sotto il mantello. Le vidi dirigersi timidamente verso la porticina di Nicodemo. Subito dopo che la terra aveva tremato e l'Angelo era entrato nella tomba, vidi il Salvatore risorto, meravigliosamente bello e sfolgorante di luce, apparire a sua Madre vicino al Calvario. La sua veste a foggia di mantello, fluttuava dietro a Lui e sembrava di un bianco turchino come il fumo visto alla luce del sole. Egli mostrò alla sua Santa Madre le Piaghe, siccome Lei si prostrava per baciarGli i piedi, la prese per mano, la rialzò e disparve. Le lampade brillavano da lontano accanto al Sepolcro, e l'orizzonte s'inargentava ad oriente sopra Gerusalemme.


6-9 Dicembre 5, 1903 Come il santo desiderio di ricevere Gesù, supplisce il sacramento, facendo che l’anima respiri a Dio, e che Dio respiri l’anima.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Non avendo potuto ricevere la comunione questa mattina, me ne stavo tutta afflitta, ma rassegnata, e pensavo tra me che se non fosse stato che mi trovavo in questa posizione di stare in letto, e d’essere vittima, certamente l’avrei potuto ricevere, e dicevo al Signore: “Vedi, lo stato di vittima mi sottopone al sacrificio di privarmi di ricevere Te in sacramento, almeno accetta il sacrificio di privarmi di Te per contentare Te, come un atto più intenso d’amore per Te, ché almeno il pensare che la tua stessa privazione attesta di più il mio amore per Te, raddolcisce l’amarezza della tua privazione”. E mentre ciò dicevo, le lacrime mi scendevano dagli occhi, ma oh bontà del mio buon Gesù, non appena mi sono assopita, senza farmi tanto aspettare e cercare secondo il solito, è venuto subito e mettendomi le mani al volto, tutta mi carezzava e mi diceva:

(2) “Figlia mia, povera figlia, coraggio, la mia privazione eccita maggiormente il desiderio, ed in questo desiderio eccitato l’anima respira Dio, e Dio, sentendosi più acceso da questo eccitamento dell’anima, respira l’anima, ed in questo respirarsi a vicenda Dio e l’anima, s’accende maggiormente la sete dell’amore, ed essendo l’amore fuoco, vi forma il purgatorio dell’anima, e questo purgatorio d’amore le serve non d’una sola comunione al giorno, come permette la Chiesa, ma d’una continua comunione, per quanto è continuo il respiro, ma tutte comunioni di purissimo amore, solo di spirito e non di corpo, ed essendo lo spirito più perfetto, ne avviene che l’amore è più intenso. Così ripago Io, non chi non vuole ricevermi, ma chi non può ricevermi, privandosi di Me per contentare Me”.