Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Anche ammesso tu avessi commesso tutti i peccati di questo mondo, Gesù ti ripete: ti sono rimessi molti peccati perché molto hai amato. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 27° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 19

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano:3"Salve, re dei Giudei!". E gli davano schiaffi.4Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: "Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa".5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: "Ecco l'uomo!".6Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa".7Gli risposero i Giudei: "Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio".
8All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura9ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: "Di dove sei?". Ma Gesù non gli diede risposta.10Gli disse allora Pilato: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?".11Rispose Gesù: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande".

12Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare".13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.14Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: "Ecco il vostro re!".15Ma quelli gridarono: "Via, via, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Metterò in croce il vostro re?". Risposero i sommi sacerdoti: "Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare".16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

17Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota,18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo.19Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei".20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.21I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: "Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei".22Rispose Pilato: "Ciò che ho scritto, ho scritto".

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo.24Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:

'Si son divise tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica han gettato la sorte.'

E i soldati fecero proprio così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.26Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!".27Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: "'Ho sete'".29Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di 'aceto' in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.30E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!". E, chinato il capo, spirò.

31Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui.33Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe,34ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.36Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: 'Non gli sarà spezzato alcun osso'.37E un altro passo della Scrittura dice ancora: 'Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto'.

38Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatéa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.39Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.40Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei.41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto.42Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.


Primo libro dei Maccabei 1

1Queste cose avvennero dopo che Alessandro il Macedone, figlio di Filippo, uscito dalla regione dei Kittim sconfisse Dario, re dei Persiani e dei Medi, e regnò al suo posto, cominciando dalla Grecia.2Intraprese molte guerre, si impadronì di fortezze e uccise i re della terra;3arrivò sino ai confini della terra e raccolse le spoglie di molti popoli. La terra si ridusse al silenzio davanti a lui; il suo cuore si esaltò e si gonfiò di orgoglio.4Radunò forze ingenti e conquistò regioni, popoli e principi, che divennero suoi tributari.5Dopo questo cadde ammalato e comprese che stava per morire.6Allora chiamò i suoi luogotenenti più importanti, che erano cresciuti con lui fin dalla giovinezza e mentre era ancora vivo divise tra di loro il suo impero.7Regnò dunque Alessandro dodici anni e morì.8I suoi subalterni assunsero il potere, ognuno nella sua regione;9dopo la sua morte tutti cinsero il diadema e dopo di loro i loro figli per molti anni e si moltiplicarono i mali sulla terra.
10Uscì da quelli una radice perversa, Antioco Epìfane, figlio del re Antioco che era stato ostaggio a Roma, e assunse il regno nell'anno centotrentasette del dominio dei Greci.11In quei giorni sorsero da Israele figli empi che persuasero molti dicendo: "Andiamo e facciamo lega con le nazioni che ci stanno attorno, perché da quando ci siamo separati da loro, ci sono capitati molti mali".12Parve ottimo ai loro occhi questo ragionamento;13alcuni del popolo presero l'iniziativa e andarono dal re, che diede loro facoltà di introdurre le istituzioni dei pagani.14Essi costruirono una palestra in Gerusalemme secondo le usanze dei pagani15e cancellarono i segni della circoncisione e si allontanarono dalla santa alleanza; si unirono alle nazioni pagane e si vendettero per fare il male.
16Quando il regno fu consolidato in mano di Antioco, egli volle conquistare l'Egitto per dominare due regni:17entrò nell'Egitto con un esercito imponente, con carri ed elefanti, con la cavalleria e una grande flotta18e venne a battaglia con Tolomeo re di Egitto. Tolomeo fu travolto davanti a lui e dovette fuggire e molti caddero colpiti a morte.19Espugnarono le fortezze dell'Egitto e Antioco saccheggiò il paese di Egitto.
20Ritornò quindi Antioco dopo aver sconfitto l'Egitto nell'anno centoquarantatré, si diresse contro Israele e mosse contro Gerusalemme con forze ingenti.21Entrò con arroganza nel santuario e ne asportò l'altare d'oro e il candelabro dei lumi con tutti i suoi arredi22e la tavola dell'offerta e i vasi per le libazioni, le coppe e gli incensieri d'oro, il velo, le corone e i fregi d'oro della facciata del tempio e lo sguarnì tutto;23si impadronì dell'argento e dell'oro e d'ogni oggetto pregiato e asportò i tesori nascosti che riuscì a trovare;24quindi, raccolta ogni cosa, fece ritorno nella sua regione. Fece anche molte stragi e parlò con grande arroganza.

25Allora vi fu lutto grande per gli Israeliti
in ogni loro regione.
26Gemettero i capi e gli anziani,
le vergini e i giovani persero vigore
e la bellezza delle donne svanì.
27Ogni sposo levò il suo lamento
e la sposa nel talamo fu in lutto.
28Tremò la terra per i suoi abitanti
e tutta la casa di Giacobbe si vestì di vergogna.

29Due anni dopo, il re mandò alle città di Giuda un sovrintendente ai tributi. Egli venne in Gerusalemme con ingenti forze30e rivolse loro con perfidia parole di pace ed essi gli prestarono fede. Ma all'improvviso piombò sulla città, le inflisse colpi crudeli e mise a morte molta gente in Israele.31Mise a sacco la città, la diede alle fiamme e distrusse le sue abitazioni e le mura intorno.32Trassero in schiavitù le donne e i bambini e si impossessarono dei greggi.33Poi costruirono attorno alla città di Davide un muro grande e massiccio, con torri solidissime, e questa divenne per loro una fortezza.34Vi stabilirono una razza empia, uomini scellerati, che si fortificarono dentro,35vi collocarono armi e vettovaglie e, radunato il bottino di Gerusalemme, lo depositarono colà e divennero come una grande trappola;36questo fu un'insidia per il santuario e un avversario maligno per Israele in ogni momento

37Versarono sangue innocente intorno al santuario
e profanarono il luogo santo.
38Fuggirono gli abitanti di Gerusalemme a causa loro
e la città divenne abitazione di stranieri;
divenne straniera alla sua gente
e i suoi figli l'abbandonarono.
39Il suo santuario fu desolato come il deserto,
le sue feste si mutarono in lutto,
i suoi sabati in vergogna
il suo onore in disprezzo.
40Quanta era stata la sua gloria
altrettanto fu il suo disonore
e il suo splendore si cambiò in lutto.

41Poi il re prescrisse con decreto a tutto il suo regno, che tutti formassero un sol popolo42e ciascuno abbandonasse le proprie leggi. Tutti i popoli consentirono a fare secondo gli ordini del re.43Anche molti Israeliti accettarono di servirlo e sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato.44Il re spedì ancora decreti per mezzo di messaggeri a Gerusalemme e alle città di Giuda, ordinando di seguire usanze straniere al loro paese,45di far cessare nel tempio gli olocausti, i sacrifici e le libazioni, di profanare i sabati e le feste46e di contaminare il santuario e i fedeli,47di innalzare altari, templi ed edicole e sacrificare carni suine e animali immondi,48di lasciare che i propri figli, non circoncisi, si contaminassero con ogni impurità e profanazione,49così da dimenticare la legge e mutare ogni istituzione,50pena la morte a chiunque non avesse agito secondo gli ordini del re.51Secondo questi ordini scrisse a tutto il regno, stabilì ispettori su tutto il popolo e intimò alle città di Giuda di sacrificare città per città.52Anche molti del popolo si unirono a loro, tutti i traditori della legge, e commisero il male nella regione53e ridussero Israele a nascondersi in ogni possibile rifugio.
54Nell'anno centoquarantacinque, il quindici di Casleu il re innalzò sull'altare un idolo. Anche nelle città vicine di Giuda eressero altari55e bruciarono incenso sulle porte delle case e nelle piazze.56Stracciavano i libri della legge che riuscivano a trovare e li gettavano nel fuoco.57Se qualcuno veniva trovato in possesso di una copia del libro dell'alleanza o ardiva obbedire alla legge, la sentenza del re lo condannava a morte.58Con prepotenza trattavano gli Israeliti che venivano scoperti ogni mese nella città59e specialmente al venticinque del mese, quando sacrificavano sull'ara che era sopra l'altare dei sacrifici.60Mettevano a morte, secondo gli ordini, le donne che avevano fatto circoncidere i loro figli,61con i bambini appesi al collo e con i familiari e quelli che li avevano circoncisi.62Tuttavia molti in Israele si fecero forza e animo a vicenda per non mangiare cibi immondi63e preferirono morire pur di non contaminarsi con quei cibi e non disonorare la santa alleanza; così appunto morirono.64Sopra Israele fu così scatenata un'ira veramente grande.


Salmi 14

1'Al maestro del coro. Di Davide.'

Lo stolto pensa: "Non c'è Dio".
Sono corrotti, fanno cose abominevoli:
nessuno più agisce bene.

2Il Signore dal cielo si china sugli uomini
per vedere se esista un saggio:
se c'è uno che cerchi Dio.

3Tutti hanno traviato, sono tutti corrotti;
più nessuno fa il bene, neppure uno.
4Non comprendono nulla tutti i malvagi,
che divorano il mio popolo come il pane?

5Non invocano Dio: tremeranno di spavento,
perché Dio è con la stirpe del giusto.
6Volete confondere le speranze del misero,
ma il Signore è il suo rifugio.
7Venga da Sion la salvezza d'Israele!
Quando il Signore ricondurrà il suo popolo,
esulterà Giacobbe e gioirà Israele.


Salmi 55

1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.'
'Di Davide.'

2Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
non respingere la mia supplica;
3dammi ascolto e rispondimi,
mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
4al grido del nemico, al clamore dell'empio.

Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.

5Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
6Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.

7Dico: "Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
8Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
9Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano".

10Disperdili, Signore,
confondi le loro lingue:
ho visto nella città violenza e contese.
11Giorno e notte si aggirano
sulle sue mura,
12all'interno iniquità, travaglio e insidie
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
13Se mi avesse insultato un nemico,
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario,
da lui mi sarei nascosto.
14Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente;
15ci legava una dolce amicizia,
verso la casa di Dio camminavamo in festa.

16Piombi su di loro la morte,
scendano vivi negli inferi;
perché il male è nelle loro case,
e nel loro cuore.
17Io invoco Dio
e il Signore mi salva.
18Di sera, al mattino, a mezzogiorno mi lamento e sospiro
ed egli ascolta la mia voce;
19mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono:
sono tanti i miei avversari.
20Dio mi ascolta e li umilia,
egli che domina da sempre.

Per essi non c'è conversione
e non temono Dio.
21Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
22Più untuosa del burro è la sua bocca,
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole,
ma sono spade sguainate.

23Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli.

24Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni.
Ma io, Signore, in te confido.


Lamentazioni 3

1Io sono l'uomo che ha provato la miseria
sotto la sferza della sua ira.
2Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare
nelle tenebre e non nella luce.
3Solo contro di me egli ha volto e rivolto
la sua mano tutto il giorno.
4Egli ha consumato la mia carne e la mia pelle,
ha rotto le mie ossa.
5Ha costruito sopra di me, mi ha circondato
di veleno e di affanno.
6Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi
come i morti da lungo tempo.
7Mi ha costruito un muro tutt'intorno,
perché non potessi più uscire;
ha reso pesanti le mie catene.
8Anche se grido e invoco aiuto,
egli soffoca la mia preghiera.
9Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra,
ha ostruito i miei sentieri.
10Egli era per me un orso in agguato,
un leone in luoghi nascosti.
11Seminando di spine la mia via, mi ha lacerato,
mi ha reso desolato.
12Ha teso l'arco, mi ha posto
come bersaglio alle sue saette.
13Ha conficcato nei miei fianchi
le frecce della sua faretra.
14Son diventato lo scherno di tutti i popoli,
la loro canzone d'ogni giorno.
15Mi ha saziato con erbe amare,
mi ha dissetato con assenzio.
16Mi ha spezzato con la sabbia i denti,
mi ha steso nella polvere.
17Son rimasto lontano dalla pace,
ho dimenticato il benessere.
18E dico: "È sparita la mia gloria,
la speranza che mi veniva dal Signore".
19Il ricordo della mia miseria e del mio vagare
è come assenzio e veleno.
20Ben se ne ricorda e si accascia
dentro di me la mia anima.
21Questo intendo richiamare alla mia mente,
e per questo voglio riprendere speranza.
22Le misericordie del Signore non sono finite,
non è esaurita la sua compassione;
23esse son rinnovate ogni mattina,
grande è la sua fedeltà.
24"Mia parte è il Signore - io esclamo -
per questo in lui voglio sperare".
25Buono è il Signore con chi spera in lui,
con l'anima che lo cerca.
26È bene aspettare in silenzio
la salvezza del Signore.
27È bene per l'uomo portare
il giogo fin dalla giovinezza.
28Sieda costui solitario e resti in silenzio,
poiché egli glielo ha imposto;
29cacci nella polvere la bocca,
forse c'è ancora speranza;
30porga a chi lo percuote la sua guancia,
si sazi di umiliazioni.
31Poiché il Signore non rigetta mai...
32Ma, se affligge, avrà anche pietà
secondo la sua grande misericordia.
33Poiché contro il suo desiderio egli umilia
e affligge i figli dell'uomo.
34Quando schiacciano sotto i loro piedi
tutti i prigionieri del paese,
35quando falsano i diritti di un uomo
in presenza dell'Altissimo,
36quando fan torto a un altro in una causa,
forse non vede il Signore tutto ciò?
37Chi mai ha parlato e la sua parola si è avverata,
senza che il Signore lo avesse comandato?
38Dalla bocca dell'Altissimo non procedono forse
le sventure e il bene?
39Perché si rammarica un essere vivente,
un uomo, per i castighi dei suoi peccati?
40"Esaminiamo la nostra condotta e scrutiamola,
ritorniamo al Signore.
41Innalziamo i nostri cuori al di sopra delle mani,
verso Dio nei cieli.
42Abbiamo peccato e siamo stati ribelli;
tu non ci hai perdonato.
43Ti sei avvolto nell'ira e ci hai perseguitati,
hai ucciso senza pietà.
44Ti sei avvolto in una nube,
così che la supplica non giungesse fino a te.
45Ci hai ridotti a spazzatura e rifiuto
in mezzo ai popoli.
46Han spalancato la bocca contro di noi
tutti i nostri nemici.
47Terrore e trabocchetto sono la nostra sorte,
desolazione e rovina".
48Rivoli di lacrime scorrono dai miei occhi,
per la rovina della figlia del mio popolo.
49Il mio occhio piange senza sosta
perché non ha pace
50finché non guardi e non veda il Signore dal cielo.
51Il mio occhio mi tormenta
per tutte le figlie della mia città.
52Mi han dato la caccia come a un passero
coloro che mi son nemici senza ragione.
53Mi han chiuso vivo nella fossa
e han gettato pietre su di me.
54Son salite le acque fin sopra il mio capo;
io dissi: "È finita per me".
55Ho invocato il tuo nome, o Signore,
dalla fossa profonda.
56Tu hai udito la mia voce: "Non chiudere
l'orecchio al mio sfogo".
57Tu eri vicino quando ti invocavo,
hai detto: "Non temere!".
58Tu hai difeso, Signore, la mia causa,
hai riscattato la mia vita.
59Hai visto, o Signore, il torto che ho patito,
difendi il mio diritto!
60Hai visto tutte le loro vendette,
tutte le loro trame contro di me.
61Hai udito, Signore, i loro insulti,
tutte le loro trame contro di me,
62i discorsi dei miei oppositori e le loro ostilità
contro di me tutto il giorno.
63Osserva quando siedono e quando si alzano;
io sono la loro beffarda canzone.
64Rendi loro il contraccambio, o Signore,
secondo l'opera delle loro mani.
65Rendili duri di cuore,
la tua maledizione su di loro!
66Perseguitali nell'ira e distruggili
sotto il cielo, Signore.


Seconda lettera ai Corinzi 4

1Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo;2al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio.
3E se il nostro vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono,4ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio.5Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù.6E Dio che disse: 'Rifulga la luce dalle tenebre', rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.

7Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi.8Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati;9perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi,10portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.11Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale.12Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita.
13Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: 'Ho creduto, perciò ho parlato', anche noi crediamo e perciò parliamo,14convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi.15Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio.16Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno.17Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria,18perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne.


Capitolo LII: L’uomo non si creda meritevole di essere consolato, ma piuttosto di essere colpito

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1. E' giusto, o Signore, quello che fai con me quando mi lasci abbandonato e desolato; perché della tua consolazione o di alcuna tua visita spirituale io non son degno, e non lo sarei neppure se potessi versare tante lacrime quanto un mare. Altro io non merito che di essere colpito e punito, per averti offeso, spesso e in grave modo, e per avere, in molte occasioni peccato grandemente. Dunque, a conti fatti, in verità, io non sono meritevole del minimo tuo conforto. Ma tu, Dio clemente e pietoso, per manifestare l'abbondanza della tua bontà in copiosa misericordia, non vuoi che l'uomo, opera della tue mani, perisca; inoltre ti degni di consolare il tuo servo, anche al di là di ogni merito, in modo superiore all'umano: ché non somigliano ai discorsi degli uomini, le tue parole consolatrici. O Signore, che cosa ho fatto perché tu mi abbia a concedere qualche celeste conforto? Non rammento di aver fatto nulla di buono; rammento invece di essere sempre stato facile al vizio e tardo all'emendamento. Questa è la verità; non posso negarlo. Se dicessi il contrario, tu ti porresti contro di me, e nessuno verrebbe a difendermi. Che cosa ho meritato con i mie peccati, se non l'inferno e il fuoco eterno?

2. Sinceramente lo confesso, io sono meritevole di essere vituperato in tutti i modi, e disprezzato, non già di essere annoverato tra i tuoi fedeli. Anche se questo me lo dico con dolore, paleserò chiaramente, contro di me, per amore di verità, i miei peccati, così da rendermi degno di ottenere più facilmente la tua misericordia. Che dirò, colpevole quale sono, e pieno di vergogna? Non ho la sfrontatezza di pronunziare parola; se non questa soltanto: ho peccato, Signore, ho peccato, abbi pietà di me, dammi il tuo perdono. "Lasciami un poco; lascia che io pianga tutto il mio dolore, prima di andare nel luogo della tenebra, coperto dalla caligine della morte" (Gb 10,20s). Che cosa chiedi massimamente dal colpevole, dal misero peccatore, se non che egli si penta e si umilii per le sue colpe? Dalla sincera contrizione e dall'umiliazione interiore sboccia la speranza del perdono, e ritrova se stessa la coscienza sconvolta; l'uomo riacquista la grazia perduta e trova riparo dall'ira futura. Dio e l'anima penitente si incontrano in un vicendevole santo bacio. Sacrificio a te gradito, o Signore - sacrificio che odora, al tuo cospetto, molto più soave del profumo dell'incenso - è l'umile sincero pentimento dei peccatori. E' questo pure l'unguento gradito che hai voluto fosse versato sui tuoi sacri piedi, giacché tu non hai disprezzato "un cuore contrito ed umiliato" (Sal 50,19). In questo sincero pentimento si trova rifugio dalla faccia minacciosa del nemico. Con esso si ripara e si purifica tutto ciò che, da qualche parte, fu deturpato e inquinato.


DISCORSO 265/F ASCENSIONE DEL SIGNORE

Discorsi - Sant'Agostino

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Cristo nostro fratello.

1. In questo giorno, fratelli, come sapete, celebriamo la solennità dell'ascensione del Signore. Come avete udito, Cristo è asceso al Padre suo e Padre nostro, al Dio suo e Dio nostro 1. Come abbiamo meritato, di diventare fratelli di Cristo? In nessun modo avremmo potuto sperare di diventare suoi fratelli se egli non avesse assunto la nostra debolezza. Noi siamo diventati suoi fratelli perché egli è diventato uomo. Colui che era nostro Signore si è degnato di essere nostro fratello; nostro Signore da sempre, nostro fratello da un certo momento; nostro Signore nella natura di Dio, nostro fratello nella natura di servo. Infatti, pur possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio: ecco il Signore. Come divenne nostro fratello? Annientò se stesso, prendendo la natura di servo 2. Se fosse diventato soltanto nostro fratello, sarebbe già tanto. Ma prese la natura di servo, si è degnato di essere servo. Servo nostro o no? Anche nostro. Di se stesso infatti Cristo disse: Non sono venuto per essere servito ma per servire 3. Di lui, il Profeta preannunziò che il giusto avrebbe giustificato le moltitudini con il suo servizio 4. Ma non insuperbiamoci per questo. In genere qualunque padrone si mette a servire i suoi servi ammalati, per poter riavere dei servi sani che gli prestino i loro servizi. Si mette a servire i suoi servi ammalati per farli guarire. Nostro Signore ha servito degli ammalati. Non ha confezionato con la sua infermità delle medicine per degli ammalati? Per degli ammalati ha effuso il suo sangue, con il collirio del suo sangue ha spalmato, gli occhi di ciechi.

La diversa figliolanza di Cristo e degli uomini.

2. È diventato dunque per bontà nostro fratello colui che per natura è nostro Signore. Disse: Ascendo al Dio mio e Dio vostro, al Padre mio e Padre vostro 5. A quali persone. Cristo, comandò di riferire queste sue parole? Va' - disse - di' ai miei fratelli, e poiché sono loro fratello, ascendo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Non disse: "Ascendo al Padre nostro ", né: " Ascendo al Dio nostro ". Non è priva di significato ben preciso la frase: Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Questa distinzione indica qualcosa che non debbo lasciare sotto silenzio. Padre mio perché sono il Figlio unigenito; Padre vostro perché per mio mezzo siete stati adottati. Ma perché Dio mio? Cristo non è stato creato, ma è l'Unigenito. Perché allora Dio mio? Lo spiega il Salmo. Dio mio perché ha assunto la natura ,di servo: Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio 6. Se prescindi dal grembo della madre nel quale è diventato uomo, colui al quale ascende non è il suo Dio ma il suo Padre. Padre suo lo è sempre, eterno Padre dell'eterno Figlio, Ma perché potesse essere anche Dio suo fu necessario che, ci fosse di mezzo un grembo materno; così il Profeta poté dire: Tu sei il mio Dio 7. Tuttavia non alla stessa maniera come lo è per noi. Infatti Dio è Dio nostro perché, pur essendo noi peccatori, ci ha salvati; è Dio suo invece perché egli divenne uomo, pur senza peccato. Perciò Cristo, arrivato al punto della frase: ascendo a Dio fece la distinzione: ... al Dio mio e al Dio vostro. Dio mio in che senso? Perché sono uomo. Perché allora non dici una volta sola " nostro " se anche tu sei uomo come noi siamo uomini? Ma una cosa è l'uomo senza peccato, venuto a togliere i peccati, un'altra è l'uomo con il peccato, presso il quale [l'uomo senza peccato] è venuto per liberarlo dal peccato. Si tratta qui di una distinzione, non di una separazione. Abbiamo tutti un Padre nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché, Figlio unico senza peccato, ci ha adottati. Abbiamo tutti un Dio nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché egli è senza peccato mentre noi siamo peccatori.

Facciamo parte di una grande famiglia.

3. [Pur peccatori], siamo stati trattati con quella benevolenza di cui parla l'Apostolo: Eredi di Dio e coeredi di Cristo 8. Abbiamo un Padre nei cieli, facciamo parte di una grande famiglia. Di lì il Figlio scese fino a noi per diventare nostro fratello. Non lasciò il Padre quando venne in mezzo a noi né abbandonò noi quando ritornò al Padre. Crediamo in Cristo asceso al cielo, crediamolo presente in mezzo a noi. In che modo è in cielo se è rimasto con noi? In quanto Dio. La mia parola è con me ed è con voi; è con me nella mia mente ed è con voi nelle vostre orecchie. Se la mia parola ha questa possibilità, non la poté avere la Parola di Dio? Discese certo, quando era qui sulla terra. Che cosa significa che discese? Che si mostrò Cristo Gesù. In che modo Gesù si mostrò? Facendosi uomo. Che cosa significa dunque che ascese? Che il corpo di Cristo è stato innalzato in cielo, non che la divinità ha cambiato posto. Dove ascese, di lì discenderà di nuovo; e come è asceso così discenderà. Lo affermano gli angeli, non noi. I discepoli stavano guardandolo mentre Gesù ascendeva e veniva sottratto al loro sguardo. Dissero loro degli angeli: Uomini di Galilea, perché state a guardare? Questo Gesù ritornerà allo stesso modo come lo avete visto salire in cielo 9. Che cosa significa: ritornerà allo stesso modo? Verrà a giudicare nella stessa natura nella quale è stato giudicato. Si è reso visibile ai giusti e anche agli empi, e verrà per essere visto e dai giusti e dagli empi. Gli empi potranno vederlo, ma non potranno regnare con lui.

Conclusione esortativa.

4. Festeggiamo dunque questo santo giorno dell'Ascensione a quaranta giorni dalla Risurrezione; insieme a noi lo celebra infatti il mondo intero. E anche la Pentecoste, a cinquanta giorni dalla risurrezione, viene celebrata insieme a noi dalla Chiesa intera sparsa in tutto il mondo. Le celebrazioni che si fanno a venti e a trenta giorni dalla risurrezione sono dunque una consuetudine africana, non hanno un significato liturgico riconosciuto dalla Chiesa intera.

 


1 - Cf. Gv 20, 17.

2 - Fil 2, 6.

3 - Mt 20, 28.

4 - Cf. Is 53, 11.

5 - Gv 20, 17.

6 - Sal 21, 11.

7 - Sal 21, 11.

8 - Rm 8, 17.

9 - At 1, 11.


16 - Si narra come Cristo nostro salvatore fu condotto alla casa del sommo sacerdote Caifa, dove venne accusato ed interrogato.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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1268. Dopo che il nostro Salvatore ebbe ricevuto gli affronti e lo schiaffo, Anna lo mandò così com'era, legato ed incatenato, a Caifa, suo genero. Questi, esercitando in quell'anno l'ufficio di sommo sacerdote, aveva già riunito gli scribi e gli anziani del popolo per istruire il processo dell'innocentissimo Agnello. Frattanto i diavoli, vedendo l'invincibile pazienza e la mitezza che il Signore degli eserciti mostrava di fronte alle ingiurie subite, stavano come attoniti, invasi da una confusione e da un furore indicibili. Non riuscivano a penetrare i suoi sentimenti e le sue idee, e nelle azioni esterne, di cui si servivano per sondare il cuore delle altre persone, non ritrovavano alcun movimento disordinato. Egli, d'altra parte, non si lamentava né sospirava né concedeva alcun piccolo sollievo alla sua umanità, e perciò il dragone, di fronte a tanta grandezza d'animo, si meravigliava e si affliggeva come dinanzi a cosa inaudita, mai vista tra i mortali di natura passibile e fragile. Furibondo, allora, irritava i principi, gli scribi e i ministri affinché lo offendessero e maltrattassero ricoprendolo di abominevoli obbrobri: tutti - se la divina volontà lo permetteva - erano pronti ad eseguire quanto veniva loro suggerito.

1269. Quell'orda di spiriti infernali e di gente spietata partì dalla casa di Anna e, trattando Gesù ignominiosamente, con inesplicabile crudeltà, lo trascinò lungo le strade fino al palazzo di Caifa. Questa schiera violenta entrò con scandaloso tumulto e il Creatore dell'universo fu accolto dall'intero sinedrio tra forti risate e beffe, perché tutti lo vedevano soggetto ed arreso al loro potere e alla loro giurisdizione, dalla quale erano convinti che non avrebbe potuto più difendersi. Oh, segreto dell'altissima sapienza del cielo! Oh, stoltezza dell'ignoranza diabolica e del1'accecatissima goffaggine degli uomini! Oh, quale immensa distanza c'è tra voi e le opere dell'Altissimo! Il Re della gloria, potente in battaglia, vince i vizi, la morte e le colpe con le virtù della pazienza, dell'umiltà e della carità, e il mondo crede di averlo sottomesso con la superbia e la sua arrogante presunzione. Quale distacco intercorreva tra i pensieri di Cristo e quelli che tenevano in possesso tali esecutori di malvagità! L'Autore della vita offriva all'Onnipotente quel trionfo, che la sua mansuetudine e la sua umiltà acquistavano sul peccato, e pregava per i sacerdoti, gli scribi e tutti coloro che lo perseguitavano manifestando la sua pazienza, i suoi dolori e l'ignoranza degli accusatori. Maria santissima in quello stesso momento elevava una medesima supplica, intercedendo per i nemici suoi e del suo Unigenito; inoltre, lo accompagnava e lo imitava in quello che egli andava compiendo perché, come ho già detto molte volte, tutto le era noto. Tra il Figlio e la Madre vi era una dolcissima e mirabile corrispondenza, sommamente gradevole agli occhi dell'Eterno.

1270. Caifa, assistito da Lucifero con i suoi demoni, stava sulla cattedra acceso da una mortale gelosia e da una violenza rabbiosa contro il Maestro. Gli scribi e i farisei nei confronti del docile Agnello erano come lupi sanguinolenti davanti alla preda, e tutti insieme si rallegravano come fa l'invidioso quando vede avvilito e smarrito chi era più in alto di lui. Di comune accordo cercarono allora qualcuno che, subornato con donativi e promesse, rendesse qualche finta dichiarazione contro di lui. Giunsero quanti erano prevenuti, ma in quello che attestavano non concordavano fra sé, e quindi ciò che asserivano non poteva applicarsi a colui che per natura era l'innocenza e la santità stessa. Per non correre il rischio di vedersi confusi, i sommi sacerdoti presentarono altri due falsi testimoni, i quali deposero contro sua Maestà, asserendo di averlo udito affermare di essere tanto potente da distruggere il tempio di Dio fatto da mani di uomini, e da edificarne in tre giorni un altro che non fosse fabbricato da loro. Ma nemmeno tale attestazione sembrò conveniente, sebbene per mezzo di questa pretendessero di fornire una colpa nei suoi confronti: quella di usurpare il potere divino e di volersene appropriare. Del resto, quand'anche ciò fosse stato detto così, sarebbe stato ugualmente verità infallibile e non avrebbe potuto ritenersi errato o presuntuoso, poiché Gesù era realmente Dio. Tuttavia la deposizione era mendace perché egli non aveva pronunciato quelle parole come le riferivano i testimoni, che avevano ingiustamente inteso che egli parlasse di un tempio materiale. E difatti, quando i compratori e i venditori, scacciati fuori da esso, domandarono al Messia con quale autorità facesse ciò, la sua risposta fu: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere», riferendosi al tempio della sua santissima umanità che, disfatto da loro, egli avrebbe risuscitato al terzo giorno, come in effetti avvenne.

1271. Il nostro Redentore a tutte le calunnie che venivano scagliate contro di lui non ribatté. Caifa, vedendo allora il suo silenzio e la sua mitezza, si alzò dalla sedia e gli chiese: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Egli tuttavia non aprì bocca, perché tutti i membri del sinedrio non solo erano predisposti a non dargli credito, ma avevano anche il doppio intento che egli pronunciasse qualche espressione di cui servirsi per poterlo denigrare. Con questo volevano persuadere il popolo che quanto essi macchinavano contro costui era retto, e così la gente non sarebbe venuta a sapere che lo condannavano a morte senza una giusta causa. Il malvagio sacerdote, dinanzi all'umile tacere del Signore, invece di intenerire il suo cuore si infuriò ancor di più, vedendo resa vana la sua malizia. Frattanto satana stava molto attento alle opere del Salvatore, nonostante la sua intenzione fosse differente da quella del sommo sacerdote; infatti, egli pretendeva solo di irritare la sua pazienza oppure di obbligarlo a proferire qualche parola che gli permettesse di capire se fosse veramente Dio.

1272. Con questo proposito il dragone accese l'immaginazione di Caifa, affinché con grande collera ed autorità rivolgesse al Nazareno l'interrogativo: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio». Questa domanda fu azzardata e piena di temerarietà e d'insipienza poiché trattenere il Maestro legato come reo, nel dubbio se fosse o non fosse vero Dio, era un delitto e una terribile sfrontatezza: l'indagine si sarebbe dovuta svolgere diversamente, secondo ragione ed equità. Ma egli, sentendosi invocare per il Dio vivo, adorò e venerò quel santissimo nome, benché pronunziato da lingua sacrilega. E in virtù di questa riverenza replicò: «Tu l'hai detto, anzi io vi dico che d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra del Padre, e venire sulle nubi del cielo». A questa divina dichiarazione i demoni e gli uomini si turbarono con effetti diversi. Lucifero e i suoi sentirono nell'intimo una forza superiore che li precipitò in un baratro, facendo sperimentar loro un atroce tormento, e non avrebbero ardito ritornare alla presenza di sua Maestà se l'altissima provvidenza non avesse nuovamente consentito loro di ricominciare a dubitare se egli avesse detto il vero, oppure avesse ribattuto in tal modo per liberarsi dai giudei. Con tale sospetto i principi delle tenebre fecero un ulteriore sforzo, uscendo un'altra volta in campo aperto: si riservava così per la croce, secondo la profezia di Abacuc, l'ultimo trionfo che su di essi e sulla morte avrebbe dovuto riportare il nostro Redentore, come in seguito vedremo.

1273. Il sommo sacerdote, invece di essere disingannato dalla risposta ricevuta, ne fu sdegnato; si alzò un'altra volta e, stracciandosi le vesti a prova dello zelo per l'Onnipotente, gridò: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Questa pazza ed abominevole avventatezza suonò veramente come una bestemmia, perché negò a Gesù la filiazione di Dio che per natura gli si addiceva e gli attribuì la colpa che per natura ripugnava. Tale fu la sua stoltezza da renderlo esecrabile e blasfemo quando affermò che bestemmiava colui che era la santità stessa! Egli, che poco prima, per ispirazione dello Spirito Santo, in virtù della sua dignità aveva preannunciato che conveniva che morisse uno solo affinché non perisse tutta la gente, non meritò per i suoi peccati di comprendere la stessa verità che proclamava; ma, essendo gli esempi e i giudizi dei governanti e dei superiori tanto influenti da muovere il popolo incline a lusingarli e ad adularli, quel malvagio sinedrio fu istigato ad irritarsi contro di lui. Tutti quanti ribatterono: «È reo di morte!», e contemporaneamente, aizzati dal demonio, scagliarono contro il mansuetissimo Agnello il loro diabolico furore: alcuni lo schiaffeggiavano, altri gli strappavano i capelli; alcuni gli sputavano sul venerabile viso, altri gli davano colpi sul collo. Ciò era una specie di vergognoso oltraggio, con il quale i giudei trattavano coloro che reputavano vilissime persone.

1274. Mai tra i mortali si inventarono ignominie più crudeli e disonorevoli di quelle che in quest'occasione furono commesse contro il Salvatore. San Luca e san Marco nei rispettivi Vangeli riportano che i soldati gli bendarono gli occhi e lo percossero con schiaffi e pugni, dicendogli: «Profetizza adesso, indovina: chi ti ha colpito?». Il motivo per cui gli coprirono il volto fu misterioso: dal giubilo con il quale egli pativa quegli obbrobri e quei vituperi ridondarono su di esso un fulgore ed una bellezza così straordinaria che riempirono di meraviglia e di angosciosa confusione tutti quegli esecutori di empietà. Essi invece, per dissimularla, attribuirono quello splendore a stregoneria e ad arte magica; come indegni di guardarla decisero nuovamente di ricoprire la faccia del Signore con un panno immondo, perché quella divina luce li tormentava e, inoltre, veniva a debilitare le forze con cui mettere in atto la loro collera. Tutti questi spregi ed abominevoli insulti, che egli subiva, erano visti e sofferti dalla sua santissima Madre nelle medesime parti e nello stesso momento. Vi era solo questa differenza: in lui i dolori erano causati dalle torture che gli erano inflitte; in lei erano provocati dalla mano dell'Altissimo, per volontà della stessa Regina. E naturalmente, se per l'intensità delle pene e delle angustie interiori ella veniva meno, era però subito sorretta e confortata dalla grazia divina per continuare a patire con il suo amato Figlio.

1275. I sentimenti che l'Unigenito esprimeva durante queste torture del tutto nuove e atroci sono indicibili e incomprensibili per ogni capacità umana. Solo Maria li conobbe pienamente al fine di imitarli con somma perfezione. Intanto il Maestro, sperimentando l'atrocità del dolore, andava sentendo compassione verso quelli che avrebbero dovuto seguire la sua dottrina e, nell'istante in cui con il suo esempio insegnava loro lo stretto cammino della santità, si volse a benedirli maggiormente. Anzi, in mezzo a quegli obbrobri e a quegli strazi, rinnovò ai suoi eletti le beatitudini che in precedenza aveva loro offerto e promesso. Riguardò amorevolmente gli uomini che avrebbero dovuto ricalcare le sue orme nella povertà di spirito dicendo: «Beati sarete nella penuria e nel distacco dalle cose terrene, perché con la mia passione e morte devo guadagnare il regno dei cieli, come pegno sicuro e certo della povertà abbracciata volontariamente. Beati saranno coloro che con mansuetudine soffriranno e tollereranno le avversità e i travagli, perché oltre al diritto di essere partecipi del mio gaudio, che acquisteranno per essere venuti dietro a me, possederanno anche gli animi umani con la dolce conversazione e la soavità delle virtù. Beati quelli che seminano nelle lacrime, perché in esse riceveranno il pane della vita e dell'intelletto, e raccoglieranno poi il frutto della felicità eterna».

1276. «Benedetti saranno anche quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché li soddisferò e sazierò in modo tale da oltrepassare tutti i loro aneliti, così nella grazia come nel premio della gloria. Benedetti quelli che avranno compassione di coloro che li offendono e li perseguitano nella misura in cui lo faccio io, perdonando ed offrendo a chi mi odia la mia amicizia e la mia grazia se la vuole accettare: io prometto ad essi, in nome del Padre mio, una copiosa misericordia. Siano benedetti i puri di cuore, che mi imiteranno crocifiggendo la loro carne per conservare il candore dello spirito: io prometto ad essi di farli giungere alla visione della mia divinità. Benedetti i pacifici che non contrappongono il proprio interesse di fronte ai malvagi, bensì li sopportano con animo semplice e tranquillo senza brama di vendetta: essi saranno chiamati figli miei, perché imitano il loro Padre celeste, ed io li riconosco e li imprimo nella mia mente e nel mio intimo adottandoli come miei. Siano beati ed eredi del mio regno tutti coloro che patiranno persecuzione a causa della giustizia, perché soffriranno con me, e dove sono io desidero che là siano per sempre anche loro. Rallegratevi voi, o poveri! Consolatevi voi, che siete e sarete mesti! Celebrate la vostra fortuna, voi piccoli e disprezzati dal mondo! E voi che patite con umiltà e pazienza, abbiate sempre la gioia interiore, affinché possiate seguirmi per i sentieri della verità. Rinunziate alla vanità; disdegnate il fasto e l'arroganza della fallace e menzognera Babilonia; passate per il fuoco e per le acque della tribolazione fin quando arriverete a me, che sono luce, verità e via all'eterno riposo e refrigerio».

1277. Mentre il nostro Salvatore era tutto preso da questi pensieri e dalle suppliche a favore dei peccatori, il consiglio dei maligni lo circondò e - come aveva predetto Davide - simile a un branco di cani arrabbiati lo investì, coprendolo di scherni, obbrobri, percosse e bestemmie. L'accortissima Vergine, che lo accompagnava in tutto, elevò per i nemici la stessa preghiera di intercessione del suo diletto, e nelle benedizioni che egli estese ai giusti ed ai predestinati si costituì come loro madre, rifugio e protettrice. Infine, a nome di tutti, innalzò cantici di lode e di ringraziamento al Signore perché nella sua accettazione e nel suo compiacimento riservava ai disprezzati e ai poveri un luogo così sublime. Tale motivazione e le altre, che avevano suscitato sentimenti di pietà in Cristo, la spinsero, per il resto della passione e della sua esistenza terrena, ad optare nuovamente e con incomparabile fervore per le ingiurie e le pene.

1278. San Pietro aveva seguito sua Maestà dall'abitazione di Anna a quella di Caifa, da lontano perché trattenuto e scoraggiato dal timore dei giudei. Tuttavia, egli vinceva in parte questo terrore con l'affetto che portava al suo Maestro e con il suo coraggio naturale. Tra la moltitudine di gente che entrava ed usciva dalla casa di Caifa, non gli fu difficile introdurvisi, protetto alquanto dall'oscurità della notte. Alle porte dell'atrio, però, lo vide un'altra serva, la quale, avvicinatasi ai soldati che anche lì stavano a scaldarsi al fuoco, disse: «Costui è uno di coloro che accompagnavano il Nazareno». Poco dopo uno dei circostanti esclamò: «In verità anche tu sei galileo ed uno di loro». Ma egli negò di nuovo e, giurando che non era suo seguace, si allontanò da essi. E benché fosse uscito fuori nel cortile, non se ne andò né poté farlo, perché frenato dall'amore e dalla compassione per i tormenti nei quali lasciava il Redentore, di cui desiderava vedere la fine. Stette allora a vagare e a spiare per circa un'ora dentro il palazzo finché un parente di Malco, lo schiavo del sommo sacerdote a cui aveva tagliato l'orecchio, lo riconobbe e soggiunse: «Tu sei galileo e discepolo di Gesù, io ti ho visto con lui nell'orto». Allora Pietro ebbe ancor più paura e cominciò ad imprecare e a giurare che non conosceva quell'uomo. Subito cantò il gallo per la seconda volta, e si adempì puntualmente la sentenza e la predizione dell'Unigenito: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte».

1279. Il dragone infernale procedette contro l'Apostolo con molta operosità per farlo cadere: dapprima mosse le serve, perché meno considerate, e poi i soldati, affinché le une e gli altri lo affliggessero con il loro interesse verso di lui e con le domande che gli rivolgevano. E allorché si accorse che era in pericolo e che incominciava a vacillare lo turbò con immaginazioni e timori. Per questa veemente tentazione, il primo rinnegamento fu semplice, il secondo con giuramento, e il terzo invece fu espresso da Pietro con l'aggiunta di imprecazioni ed esecrazioni contro se stesso. In questo modo, prestando attenzione alla crudeltà dei nostri avversari, da un peccato minore si passa ad uno più gravoso; ma egli sentendo il canto del gallo si ricordò dell'avviso del Signore, che in quell'istante voltatosi lo guardò con la sua liberale misericordia». Ed affinché lo rimirasse, intervenne la Regina, poiché dal cenacolo, dove si trovava in ritiro, si era mossa a pietà avendo appreso i rinnegamenti, il modo e le cause per le quali il futuro vicario di suo Figlio - angosciato dalla paura e molto più dalla spietatezza di Lucifero - li aveva commessi e, prostrandosi subito a terra, fra le lacrime presentò all'eterno Padre la fragilità di costui e i meriti di Cristo. L'Altissimo ridestò allora il suo animo, lo riprese benignamente e infuse in lui la luce necessaria perché riconoscesse la propria colpa. In quello stesso momento egli uscì dalla casa di Caifa con il cuore spezzato da intimo dolore e, piangendo amaramente per la sua caduta, si rifugiò in una grotta, che adesso chiamano del Gallicanto, dove fortemente scosso si pentì con vivo dispiacere. In tre ore ritornò in grazia ed ottenne il perdono, benché le sante ispirazioni gli fossero sempre state date. In questo tempo la purissima Madre gli inviò uno dei suoi angeli, affinché di nascosto lo consolasse e ravvivasse in lui la speranza; difatti, in mancanza di tale virtù, avrebbe potuto essergli ritardata la clemenza divina. Il messaggero celeste, poiché era trascorso così poco da quando era stata commessa tale mancanza, partì con l'ordine di non manifestarglisi; eseguì allora tutto puntualmente senza essere visto dal gran penitente, che restò confortato e perdonato per l'intercessione di Maria.

Insegnamento della Regina del cielo

1280. Carissima, il misterioso avvicendarsi degli obbrobri e degli affronti che subì sua Maestà è un libro chiuso da aprire e penetrare soltanto con l'illuminazione superna. Ed è così che tu lo hai compreso e che in parte ti è stato manifestato, benché tu stia per scrivere molto meno di quello che hai inteso, non potendo dichiarare tutto. Intanto io voglio che nella misura in cui esso si sfoglia davanti a te e ti si fa chiaro rimanga impresso in te; desidero anche che, nella cognizione di un esempio così vivo e vero, tu apprenda la sublime scienza che la carne ed il sangue non ti possono spiegare, perché il mondo non la conosce né è degno di conoscerla. Questa filosofia consiste nell'assimilare ed amare la felicissima sorte degli indigenti, degli umili, degli afflitti, dei disprezzati e di tutti coloro che rimangono anonimi ai figli della vanità. Il nostro Salvatore stabilì questa dottrina nella sua Chiesa, quando sul monte predicò e propose a tutti le otto beatitudini. E, come un dottore pronto ad eseguire l'insegnamento annunciato, lo mise in pratica quando tra gli obbrobri della passione ne ripropose il valore, secondo quanto hai già riportato. Ora, sebbene i cattolici tengano aperto dinanzi ai loro occhi il libro della vita e ne abbiano presente il contenuto, sono molto pochi e contati quelli che frequentano la scuola divina per studiare su di esso, mentre sono numerosi quelli che stolti ed insensati lo ignorano e non sono disponibili ai suoi consigli.

1281. Tutti aborriscono la povertà e sono assetati di ricchezze dalla cui fallacia non vengono disingannati. Infiniti sono quelli che perseguono l'ira e la vendetta, e disdegnano la mansuetudine. Pochi piangono le vere miserie, in cui incorrono per le trasgressioni, mentre molti si affannano per la terrena consolazione. A stento vi è chi ami la giustizia, e chi non sia ingiusto e sleale con il prossimo. La clemenza si vede estinta, la schiettezza dei cuori violata ed oscurata, la pace distrutta; nessuno perdona e tutti non solo non vogliono patire per giustizia, ma meritando di soffrire molti castighi e tormenti ingiustamente fuggono da essi. Perciò sono pochi i beati che vengono raggiunti dai miei favori e da quelli del mio Unigenito. Molte volte ti è stato palesato il dispiacere e il legittimo sdegno dell'Onnipotente contro i maestri della fede, i quali dinanzi al loro modello e Maestro vivono quasi come infedeli. Addirittura molti altri sono ancora più detestabili, perché dispregiano il frutto della redenzione pur confessandolo e nella terra dei santi operano il male con empietà, rendendosi indegni del rimedio che con larga clemenza fu loro concesso.

1282. Da te voglio che lavori duramente per giungere ad essere beata, ricalcando perfettamente e integralmente le mie orme secondo le forze che ricevi, al fine di intendere ed eseguire questa dottrina nascosta ai prudenti e ai saggi del mondo. Ecco che allora ogni giorno ti rivelo nuovi segreti della mia sapienza, affinché il tuo intimo si infiammi e tu prenda animo per stendere le mani a cose grandi. Ora ti propongo un esercizio che io praticai e nel quale tu potrai in parte imitarmi. Già sai che dal primo istante della mia concezione fui piena di grazia, senza macchia di peccato originale e senza essere partecipe dei suoi effetti: ed è per questo singolare privilegio che fui beata per virtù, senza sentire ripugnanza né alcuna contraddizione da vincere, e senza trovarmi debitrice di qualcosa per errori propriamente miei. Eppure la scienza divina mi insegnò che io come donna, essendo traviata per natura, anche se non ero toccata dalla colpa, dovevo abbassarmi fino a lambire la polvere. E poiché ero provvista degli stessi sensi di coloro che avevano commesso la disobbedienza, con i suoi malvagi effetti che sin d'allora si sperimentano, dovevo per questa sola parentela avvilirli e frenarli nell'inclinazione che istintivamente riportavano. Così io procedevo come una figlia fedele che consideri come suo il debito del padre e dei fratelli, benché non le appartenga, e cerchi in tutti i modi di pagarlo e soddisfarlo con tanta maggiore diligenza quanto più ama i suoi familiari, e quanto meno essi possono disobbligarsi. Ciò io operavo verso tutto il genere umano, piangendo i suoi errori e le sue miserie; e poiché ero discendente di Adamo, mortificavo in me i sensi e le facoltà con cui egli aveva mancato, e mi umiliavo come se fossi coperta, oberata e rea della sua trasgressione, nonostante non mi riguardasse, e lo stesso facevo per gli altri uomini, miei fratelli. Tu non puoi seguirmi in tali azioni perché non sei scevra della colpa, ma questo ti obbliga ad emularmi nel resto che io attuavo. Il possesso del peccato originale e il dovere di soddisfare alla giustizia superna ti devono spingere ad affaticarti senza interruzione per te stessa e per gli altri, e a piegarti sino a terra, affinché il tuo cuore contrito inclini la pietà celeste ad usar misericordia.


11-136 Novembre 15, 1916 L’anima il suo paradiso se lo forma in terra.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi stavo lamentando con il mio dolce Gesù che non mi voleva più il bene di prima, e Lui tutto bontà mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non amare chi mi ama mi riesce impossibile, anzi mi sento tirato tanto verso di lei, che al più piccolo atto d’amore che mi fa, Io vi rispondo con amore triplice e vi metto nel suo cuore una vena divina, che le somministra scienza divina, santità e virtù divina, e quanto più l’anima mi ama, tanto più questa vena divina sorge, ed innaffiando tutte le potenze dell’anima si diffonde a bene delle altre creature. Questa vena l’ho messo in te, e quando ti manca la mia presenza e non senti la mia voce, questa vena supplirà a tutto, e ti sarà di voce per te e per le altre creature”.

(3) Un altro giorno stavo secondo il solito fondendomi tutta nella Volontà del benedetto Gesù, e Lui mi ha detto:

(4) “Figlia mia, quanto più ti fondi in Me, tanto più Io mi fondo in te, sicché l’anima il suo paradiso se lo forma in terra a seconda che si è riempita di pensieri santi, di affetti, di desideri, di parole, di opere, di passi santi, così va formando il suo paradiso. Ad un pensiero santo di più, ad una parola, corrisponderà un contento di più e tante varietà di bellezza, di contenti, di gloria, per quanto bene in più avrà fatto. Quale sarà la sorpresa dell’anima quando rotto il carcere del corpo, immantinente si troverà nel pelago di tanti piaceri, felicità, luce, bellezza, per quanto di bene di più ha fatto, forse anche un pensiero! ”