Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Leggiamo nel libro di Ester: "Quando il Re Assuero vide la regina Ester in piedi davanti a lui, piacque ella ai suoi occhi e stese verso di lei, in segno di clemenza, lo scettro d'oro che teneva in mano. Ed ella, avanzando, baciò la sommità  dello scettro" (Est 5,2). Assuero, nome che significa "beatitudine", è figura di Dio, beatitudine degli angeli, ai cui occhi piacque Maria, la nostra Regina, Ester, nome che vuol dire "preparata nel tempo", cioè per il tempo della nostra salvezza. Lo scettro d'oro è la grazia celeste che Dio infuse in lei, quando la riempì di grazia più di tutte le altre donne; e lei, che di sì grande grazia non fu certo ingrata, si avvicinò con l'umiltà , e baciò con la carità . (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 26° settimana del tempo ordinario (San Francesco)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 16

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi.2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio.3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me.4Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.

Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
5Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?6Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore.7Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò.8E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.9Quanto al peccato, perché non credono in me;10quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più;11quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato.
12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.13Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.14Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.

16Ancora un poco e non mi vedrete; un po' ancora e mi vedrete".17Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: "Che cos'è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po' ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?".18Dicevano perciò: "Che cos'è mai questo "un poco" di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire".19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: "Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po' ancora e mi vedrete?20In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.
21La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo.22Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e23nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla.
In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.24Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
25Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre.26In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi:27il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio.28Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre".29Gli dicono i suoi discepoli: "Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini.30Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio".31Rispose loro Gesù: "Adesso credete?32Ecco, verrà l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
33Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!".


Secondo libro delle Cronache 11

1Roboamo, giunto in Gerusalemme, vi convocò le tribù di Giuda e di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele allo scopo di riconquistare il regno a Roboamo.2Ma questa parola del Signore fu rivolta a Semaia:3"Annunzia a Roboamo figlio di Salomone, re di Giuda, e a tutti gli Israeliti che sono in Giuda e in Beniamino:4Dice il Signore: Non andate a combattere contro i vostri fratelli. Ognuno torni a casa, perché questa situazione è stata voluta da me". Ascoltarono le parole del Signore e rinunziarono a marciare contro Geroboamo.
5Roboamo abitò in Gerusalemme. Egli trasformò in fortezze alcune città di Giuda.6Ricostruì Betlemme, Etam, Tekòa,7Bet-Zur, Soco, Adullam,8Gat, Maresa, Zif,9Adoràim, Lachis, Azeka,10Zorea, Aialon ed Ebron; queste fortezze erano in Giuda e in Beniamino.11Egli rafforzò queste fortezze, vi prepose comandanti e vi stabilì depositi di cibarie, di olio e di vino.12In ogni città depositò scudi e lance, rendendole fortissime.
Rimasero fedeli Giuda e Beniamino.
13I sacerdoti e i leviti, che erano in tutto Israele, si radunarono da tutto il loro territorio per passare dalla sua parte.14Sì, i leviti lasciarono i pascoli, le proprietà e andarono in Giuda e in Gerusalemme, perché Geroboamo e i suoi figli li avevano esclusi dal sacerdozio del Signore.15Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i demoni e per i vitelli che aveva eretti.16Dopo, da tutto Israele quanti avevano determinato in cuor loro di rimanere fedeli al Signore, Dio di Israele, andarono in Gerusalemme per sacrificare al Signore, Dio dei loro padri.17Così rafforzarono il regno di Giuda e sostennero Roboamo figlio di Salomone, per tre anni, perché per tre anni egli imitò la condotta di Davide e di Salomone.
18Roboamo si prese in moglie Macalat figlia di Ierimot, figlio di Davide, e di Abiàil figlia di Eliàb, figlio di Iesse.19Essa gli partorì i figli Ieus, Semaria e Zaam.20Dopo di lei prese Maaca figlia di Assalonne, che gli partorì Abia, Attài, Ziza e Selomìt.21Roboamo amò Maaca figlia di Assalonne più di tutte le altre mogli e concubine; egli prese diciotto mogli e sessanta concubine e generò ventotto figli e sessanta figlie.22Roboamo costituì Abia figlio di Maaca capo, ossia principe tra i suoi fratelli, perché pensava di farlo re.23Con astuzia egli sparse in tutte le contrade di Giuda e di Beniamino, in tutte le fortezze, alcuni suoi figli. Diede loro viveri in abbondanza e li provvide di mogli.


Giobbe 36

1Eliu continuò a dire:

2Abbi un po' di pazienza e io te lo dimostrerò,
perché in difesa di Dio c'è altro da dire.
3Prenderò da lontano il mio sapere
e renderò giustizia al mio creatore,
4poiché non è certo menzogna il mio parlare:
un uomo di perfetta scienza è qui con te.
5Ecco, Dio è grande e non si ritratta,
egli è grande per fermezza di cuore.
6Non lascia vivere l'iniquo
e rende giustizia ai miseri.
7Non toglie gli occhi dai giusti,
li fa sedere sul trono con i re
e li esalta per sempre.
8Se talvolta essi sono avvinti in catene,
se sono stretti dai lacci dell'afflizione,
9fa loro conoscere le opere loro
e i loro falli, perché superbi;
10apre loro gli orecchi per la correzione
e ordina che si allontanino dalla iniquità.
11Se ascoltano e si sottomettono,
chiuderanno i loro giorni nel benessere
e i loro anni nelle delizie.
12Ma se non vorranno ascoltare,
di morte violenta periranno,
spireranno senza neppure saperlo.
13I perversi di cuore accumulano l'ira;
non invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene:
14si spegne in gioventù la loro anima,
e la loro vita all'età dei dissoluti.
15Ma egli libera il povero con l'afflizione,
gli apre l'udito con la sventura.
16Anche te intende sottrarre dal morso
dell'angustia:
avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto
e la tua tavola sarà colma di vivande grasse.
17Ma se colmi la misura con giudizi da empio,
giudizio e condanna ti seguiranno.
18La collera non ti trasporti alla bestemmia,
l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare.
19Può forse farti uscire dall'angustia il tuo
grido,
con tutti i tentativi di forza?
20Non sospirare quella notte,
in cui i popoli vanno al loro luogo.
21Bada di non volgerti all'iniquità,
poiché per questo sei stato provato dalla miseria.

22Ecco, Dio è sublime nella sua potenza;
chi come lui è temibile?
23Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire
o chi mai ha potuto dirgli: "Hai agito male?".
24Ricordati che devi esaltare la sua opera,
che altri uomini hanno cantato.
25Ogni uomo la contempla,
il mortale la mira da lontano.
26Ecco, Dio è così grande, che non lo
comprendiamo:
il numero dei suoi anni è incalcolabile.
27Egli attrae in alto le gocce dell'acqua
e scioglie in pioggia i suoi vapori,
28che le nubi riversano
e grondano sull'uomo in grande quantità.
29Chi inoltre può comprendere la distesa delle
nubi,
i fragori della sua dimora?
30Ecco, espande sopra di esso il suo vapore
e copre le profondità del mare.
31In tal modo sostenta i popoli
e offre alimento in abbondanza.
32Arma le mani di folgori
e le scaglia contro il bersaglio.
33Lo annunzia il suo fragore,
riserva d'ira contro l'iniquità.


Salmi 122

1'Canto delle ascensioni. Di Davide'.

Quale gioia, quando mi dissero:
"Andremo alla casa del Signore".
2E ora i nostri piedi si fermano
alle tue porte, Gerusalemme!

3Gerusalemme è costruita
come città salda e compatta.
4Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore.
5Là sono posti i seggi del giudizio,
i seggi della casa di Davide.

6Domandate pace per Gerusalemme:
sia pace a coloro che ti amano,
7sia pace sulle tue mura,
sicurezza nei tuoi baluardi.

8Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: "Su di te sia pace!".
9Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.


Ezechiele 32

1Il primo giorno del dodicesimo mese dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, intona un lamento sul faraone re d'Egitto dicendo:

Leone fra le genti eri considerato;
ma eri come un coccodrillo nelle acque,
erompevi nei tuoi fiumi
e agitavi le acque con le tue zampe,
intorbidandone i corsi".
3Dice il Signore Dio:
"Tenderò contro di te la mia rete
con una grande assemblea di popoli
e ti tireranno su con la mia rete.
4Ti getterò sulla terraferma
e ti abbandonerò al suolo.
Farò posare su di te tutti gli uccelli del cielo
e sazierò di te tutte le bestie della terra.
5Spargerò per i monti la tua carne
e riempirò le valli della tua carogna.
6Farò bere alla terra il tuo scolo,
il tuo sangue, fino ai monti,
e i burroni saranno pieni di te.
7Quando cadrai estinto, coprirò il cielo
e oscurerò le sue stelle,
velerò il sole di nubi e la luna non brillerà.8Oscurerò tutti gli astri del cielo su di te
e stenderò sulla tua terra le tenebre.
Parola del Signore Dio.

9Sgomenterò il cuore di molti popoli, quando farò giungere la notizia della tua rovina alle genti, in regioni a te sconosciute.10Per te farò stupire molti popoli e tremeranno i loro re a causa tua, quando sguainerò la spada davanti a loro. Ognuno tremerà ad ogni istante per la sua vita, nel giorno della tua rovina".11Poiché dice il Signore Dio: "La spada del re di Babilonia ti raggiungerà.

12Abbatterò la tua moltitudine con la spada dei prodi,
dei popoli più feroci;
abbatteranno l'orgoglio dell'Egitto
e tutta la sua moltitudine sarà sterminata.
13Farò perire tutto il suo bestiame
sulle rive delle grandi acque,
che non saranno più turbate da piede d'uomo,
né unghia d'animale le intorbiderà.
14Allora farò ritornare tranquille le loro acque
e farò scorrere i loro canali come olio.
Parola del Signore Dio.
15Quando avrò fatto dell'Egitto una terra desolata,
tutta priva di quanto contiene,
quando avrò percosso tutti i suoi abitanti,
allora si saprà che io sono il Signore.

16Questo è un lamento e lo si canterà. Lo canteranno le figlie delle genti, lo canteranno sull'Egitto e su tutta la sua moltitudine". Oracolo del Signore Dio.

17Ai quindici del primo mese, dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, intona un canto funebre sugli abitanti dell'Egitto. Falli scendere insieme con le figlie di nazioni potenti, nella regione sotterranea, con quelli che scendono nella fossa.

19Di chi tu sei più bello?
Scendi e giaci con i non circoncisi.

20Cadranno fra gli uccisi di spada; la spada è già consegnata. Colpite a morte l'Egitto e tutta la sua gente.21I più potenti eroi si rivolgeranno a lui e ai suoi ausiliari e dagli inferi diranno: Vieni, giaci con i non circoncisi, con i trafitti di spada.22Là è Assur e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro, uccisi, tutti trafitti di spada;23poiché le loro sepolture sono poste nel fondo della fossa e la sua gente è intorno alla sua tomba: uccisi, tutti, trafitti di spada, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi.
24Là è Elam e tutto il suo esercito, intorno al suo sepolcro. Uccisi, tutti, trafitti di spada, scesi non circoncisi nella regione sotterranea, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi. Ora portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.25In mezzo ai trafitti posero il suo giaciglio e tutta la sua gente intorno al suo sepolcro, tutti non circoncisi, trafitti di spada; perché avevano sparso il terrore nella terra dei viventi, portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa; sono stati collocati in mezzo ai trafitti di spada.
26Là è Mesech, Tubal e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro: tutti non circoncisi, trafitti di spada, perché incutevano il terrore nella terra dei viventi.27Non giaceranno al fianco degli eroi caduti da secoli, che scesero negli inferi con le armi di guerra, con le spade disposte sotto il loro capo e con gli scudi sulle loro ossa, perché tali eroi erano un terrore nella terra dei viventi.28Così tu giacerai fra i non circoncisi e con i trafitti di spada.
29Là è Edom, i suoi re e tutti i suoi prìncipi che, nonostante il loro valore, sono posti con i trafitti di spada: giacciono con i non circoncisi e con quelli che scendono nella fossa.30Là sono tutti i prìncipi del settentrione, tutti quelli di Sidòne, che scesero con i trafitti, nonostante il terrore sparso dalla loro potenza; giacciono i non circoncisi con i trafitti di spada e portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.
31Il faraone li vedrà e si consolerà alla vista di tutta questa moltitudine; il faraone e tutto il suo esercito saranno trafitti di spada. Oracolo del Signore Dio.32Perché aveva sparso il terrore nella terra dei viventi, ecco giace in mezzo ai non circoncisi, con i trafitti di spada, egli il faraone e tutta la sua moltitudine". Parola del Signore Dio.


Atti degli Apostoli 3

1Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio.2Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta "Bella" a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio.3Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina.4Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: "Guarda verso di noi".5Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa.6Ma Pietro gli disse: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!".7E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono8e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio.9Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio10e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.

11Mentr'egli si teneva accanto a Pietro e Giovanni, tutto il popolo fuor di sé per lo stupore accorse verso di loro al portico detto di Salomone.12Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: "Uomini d'Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest'uomo?13'Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo' Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo;14voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino15e avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni.16Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest'uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest'uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
17Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi;18Dio però ha adempiuto così ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto.19Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati20e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù.21Egli dev'esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall'antichità, per bocca dei suoi santi profeti.22Mosè infatti disse: 'Il Signore vostro Dio vi farà sorgere un profeta come me in mezzo ai vostri fratelli; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà'.23'E chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo'.24Tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunziarono questi giorni.
25Voi siete i figli dei profeti e dell'alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad Abramo: 'Nella tua discendenza saranno benedette tutte le famiglie della terra'.26Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l'ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione e perché ciascuno si converta dalle sue iniquità".


Capitolo XXXIII:L’instabilità del nostro cuore e la intenzione ultima, che deve essere posta in Dio

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O figlio, non ti fidare della disposizione d'animo nella quale ora ti trovi; ben presto essa muterà in una disposizione diversa. Per tutta la vita sarai oggetto, anche se tu non lo vuoi, a tale mutevolezza. Volta a volta, sarai trovato lieto o triste, tranquillo o turbato, fervente oppure no, voglioso o pigro, pensoso o spensierato. Ma colui che è ricco di sapienza e di dottrina spirituale si pone saldamente al di sopra di tali mutevolezze, non badando a quello che senta dentro di sé, o da che parte spiri il vento della instabilità; badando, invece, che tutto il proposito dell'animo suo giovi al fine dovuto e desiderato. Così infatti egli potrà restare sempre se stesso in modo irremovibile, tenendo costantemente fisso a me, pur attraverso così vari eventi, l'occhio puro della sua intenzione.

E quanto più puro sarà l'occhio dell'intenzione, tanto più sicuro sarà il cammino in mezzo alle varie tempeste. Ma quest'occhio puro dell'intenzione, in molta gente, è offuscato, perché lo sguardo si volge presto a qualcosa di piacevole che balzi dinanzi. E poi raramente si trova uno che sia esente del tutto da questo neo, di cercare la propria soddisfazione: Come gli Ebrei, che erano venuti, quella volta, a Betania, da Marta e Maria, "non già per vedere Gesù, ma per vedere Lazzaro" (Gv 12,9).

Occorre, dunque, che l'occhio dell'intenzione sia purificato, reso semplice e retto; occorre che esso, al di là di tutte le varie cose che si frappongono, sia indirizzato a me.


LETTERA 188: Alipio e Agostino alla piissima vedova Giuliana, madre della vergine Demetriade.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta alla fine del 417 o all'inizio del 418.

Alipio e Agostino alla piissima vedova Giuliana, madre della vergine Demetriade; si congratulano che la figlia si sia consacrata a Cristo; esortano lei e i suoi familiari a rifiutare il veleno delle tesi pelagiane (nn. 1-3) propinato in un opuscolo indirizzato a Demetriade, del quale desiderano sapere l'autore (nn. 4-14).

ALIPIO E AGOSTINO SALUTANO NEL SIGNORE GIULIANA, LORO SIGNORA, DEGNA D'ESSERE ONORATA COI DOVUTI RIGUARDI IN CRISTO E FIGLIA MERITAMENTE ILLUSTRE

Demetriade si è consacrata a Cristo.

1. 1. Con molto nostro piacere e gioia è avvenuto che la lettera della tua Reverenza ci trovasse tutti e due a Ippona in modo che rispondessimo anche insieme, mentre siamo lieti di sapervi in buona salute, facendovi sapere a nostra volta con reciproco affetto ch'è buona anche la nostra (salute), persuasi ch'essa vi stia a cuore, signora degna d'essere onorata con i dovuti riguardi in Cristo e figlia meritamente illustre. Noi sappiamo che voi sapete benissimo quanto religioso affetto vi dobbiamo e quanto ci prendiamo cura di voi al cospetto non solo di Dio ma anche degli uomini. Sebbene le nostre povere persone vi abbiano conosciute, la prima volta solo attraverso una lettera e in seguito anche attraverso la presenza fisica, quali persone pie e cattoliche, cioè quali veri membri di Cristo, tuttavia, avendo voi ricevuto per mezzo del nostro ministero la parola di Dio, l'accoglieste - come dice l'Apostolo - non come parola di uomini, ma come parola di Dio quale essa è veramente 1. Con l'aiuto della grazia e della misericordia del Salvatore, dal nostro ministero è derivato nella vostra casa un frutto così prezioso che la buona e pia Demetriade, pur essendo già preparata alle nozze umane, ha preferito l'amplesso spirituale dello Sposo, ch'è il più bello tra i figli degli uomini 2, al quale si uniscono in matrimonio le vergini per acquistare più abbondante fecondità spirituale senza perdere l'integrità corporale. Non avremmo saputo in qual modo quella nostra esortazione di allora fu accolta dalla fedele e nobile vergine, se non avessimo appreso dalla lietissima e verace testimonianza della vostra lettera che, avendo essa abbracciato la vita di perfezione nella continenza verginale poco dopo la nostra partenza, era derivato dall'opera nostra questo immenso dono di Dio, il quale pianta e innaffia per mezzo dei suoi servi, ma a far crescere è lui stesso 3.

I vescovi devono denunciare gli errori contro la grazia.

1. 2. Così stando le cose, nessuno oserà chiamarci temerari se, a causa delle nostre piuttosto intime relazioni d'amicizia, ci preoccupiamo di ammonirvi a fuggire le opinioni contrarie alla grazia di Dio. Sebbene infatti l'Apostolo ci comandi d'insistere nel predicare la parola di Dio a tempo e fuori tempo 4, non vi annoveriamo però nel numero di coloro ai quali le nostre parole o i nostri scritti sembrano importuni quando vi esortiamo ad evitare tutto ciò ch'è estraneo alla retta dottrina. Ecco perché avete accolto il nostro ammonimento con tanta gratitudine che nella lettera, alla quale rispondiamo con la presente, tu dici: " Quanto al fatto che la Reverenza vostra mi esorta a non prestare orecchio agli individui i quali con le loro perverse opinioni corrompono la veneranda fede, ringrazio assai per il pio ammonimento ".

Il funesto errore di Pelagio.

1. 3. Tu poi soggiungi, dicendo: " Sappiano però le vostre Eccellenze che io e la mia piccola famiglia non abbiamo nulla in comune con tali individui; tutta la nostra famiglia è talmente attaccata alla fede cattolica, che non s'è mai sviata per seguire alcuna eresia e non è mai caduta, non dico in una delle sette, da cui difficilmente si può uscire senza restarne intossicati spiritualmente, ma neppure in quelle che sembrano contenere solo errori banali". E' proprio questo a spingerci maggiormente a parlarvi di coloro i quali si sforzano di corrompere perfino gli spiriti sani, poiché consideriamo la vostra casa una non trascurabile Chiesa di Cristo. Ora non è certamente trascurabile l'errore di coloro i quali credono che noi abbiamo da noi stessi tutto ciò che è in noi di santità, di continenza, di pietà e di castità per il fatto che Dio ci avrebbe creati in modo che oltre a darci la conoscenza della rivelazione non ci concederebbe alcun altro aiuto per compiere con l'amarli i doveri che abbiamo appreso con l'impararli; la grazia e l'aiuto di Dio per vivere santamente e onestamente consisterebbero per essi solo nella natura umana e nell'insegnamento religioso. Essi negano che siamo aiutati da Dio ad avere la buona volontà, in cui consiste il fatto stesso di vivere bene e lo stesso amore; dono di Dio, questo, tanto superiore a tutti gli altri che Dio stesso si chiama amore 5; è solo con l'amore che noi adempiamo tutto ciò che mettiamo in pratica della legge e dei consigli di Dio, mentre essi affermano che a compiere ciò troviamo la forza sufficiente in noi stessi, nel nostro libero arbitrio. Non vi sembri piccolo l'errore di volersi professare Cristiani rifiutandosi di ascoltare l'Apostolo di Cristo il quale, dopo aver affermato che l'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori, perché non si pensasse che tale amore si possa avere solo mediante la nostra volontà, immediatamente soggiunge ch'esso ci è stato infuso per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato largito 6. Tu comprendi quanto sia grave ed esiziale l'errore di chi non ammette ancora che questa è una grande grazia del Salvatore il quale, salendo nelle sfere celesti, ha reso schiava la schiavitù ed ha elargito doni agli uomini 7.

Un libro di Pelagio indirizzato a Demetriade.

2. 4. Come potremmo dunque trascurare di mettere sull'avviso persone come voi, alle quali siamo debitori di tanto affetto, esortandovi a guardarvi da tali errori, dopo che abbiamo letto lo scritto indirizzato alla religiosa serva di Dio Demetriade, e di cui desideriamo anzi di conoscere nella vostra risposta chi ne è l'autore e se vi è pervenuto. Una vergine di Cristo legga pure - se pure non è un sacrilegio - affermazioni che la persuadano a considerare come prodotto di meriti personali la propria santità verginale e tutti i suoi beni spirituali in modo da diventare - Dio ne scampi - ingrata verso Dio, prima d'essere giunta alla piena felicità. Ecco infatti le parole rivolte a lei nel medesimo scritto: " Tu hai dunque anche per questo un pregio per cui giustamente sei posta al di sopra degli altri, o meglio maggiormente per questo. Perché la nobiltà della nascita e l'opulenza saranno considerate appartenere ai tuoi familiari anziché a te stessa, mentre i tuoi beni spirituali non potrà darteli nessun altro all'infuori di te stessa. Per questi dunque tu meriti d'essere lodata, per questi devi esser posta al di sopra degli altri, poiché essi non possono venirti che da te stessa " 8.

Dono della grazia fare il bene.

2. 5. Tu vedi bene qual grave pericolo sia da evitare in queste parole. Ottima e verissima è l'espressione: " Questi beni non possono essere che in te ", è dottrina davvero benefica, ma quando poi soggiunge e dice: " derivanti solo da te ", questa è una teoria senz'altro venefica. Non ascolti assolutamente mai volentieri siffatti errori una vergine consacrata a Cristo, la quale con i suoi sentimenti di pietà comprende quanto è povero di beni il cuore dell'uomo e perciò non sa farsi bella se non di quelli provenienti dalla bontà del suo sposo. Ascolti dunque piuttosto l'Apostolo che dice: Vi ho fidanzati a un unico sposo per presentarvi come una vergine casta a Cristo. Temo però che allo stesso modo che il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti si lascino corrompere (allontanandosi) dalla purezza nei riguardi di Cristo 9. Essa quindi riguardo ai beni spirituali non ascolti cotesto individuo che afferma: " Non te li può dare nessun altro all'infuori di te stessa ", e: " non possono che derivare da te ed essere se non in te ", ma ascolti al contrario l'Apostolo che dice: Portiamo questo tesoro in recipienti d'argilla affinché si comprenda che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi 10.

La stessa castità è dono di Dio.

2. 6. Quanto alla stessa santa continenza verginale, che a lei non deriva dalle proprie forze, ma è un dono di Dio concesso a chi ha fede e lo desidera, ascolti il medesimo veritiero Maestro della fede, il quale, a proposito di questa virtù, dice: Vorrei che tutti fossero come me; ognuno però ha il proprio dono da Dio, chi in un modo e chi in un altro 11. Ascolti anche lo sposo non solo suo, ma l'unico sposo di tutta la Chiesa, il quale a proposito della castità e integrità, di cui parliamo, afferma: Non tutti comprendono ciò, ma solo coloro ai quali è stato concesso 12, per comprendere che per il fatto di avere un dono tanto eccellente e prezioso ha il dovere di ringraziare Dio nostro Signore anziché ascoltare le parole, non diciamo d'un adulatore che abbaglia, per non sembrare di voler giudicare temerariamente dei sentimenti nascosti in fondo al cuore, ma certo d'un incensatore che sbaglia. In realtà ogni grazia eccellente, ogni dono perfetto - come dice anche l'apostolo Giacomo - viene dall'alto e discende dal Padre della luce 13. Dalla stessa sorgente deriva dunque anche il dono della verginità, a causa del quale tu sei ben contenta d'essere sorpassata dalla tua figliuola; essa è posteriore a te per la nascita, ma superiore per la condotta; procede da te per la generazione carnale, ma ti precede per la generazione spirituale; ti segue per l'età, ma ti precede per la santità; per merito suo è cominciato ad essere anche tuo il bene che non è potuto essere in te stessa. Essa infatti ha rinunciato alle nozze carnali per arricchirsi di tesori spirituali non solo per se stessa, ma anche per te, meglio di quanto avresti potuto tu stessa. Tu infatti, sotto questo aspetto, sei inferiore ad essa per esserti sposata al fine di darle l'esistenza. Questi sono doni di Dio e anche vostri, ma non provengono da voi 14. Voi in realtà portate questo tesoro in corpi mortali e ancora fragili come in recipienti d'argilla affinché si riconosca che una virtù così eccellente è dono di Dio e non proviene da voi 15. Non stupitevi se affermiamo che tali doni sono anche vostri ma non derivano da voi, poiché diciamo nostro il pane quotidiano, ma tuttavia aggiungiamo: Dallo a noi 16, affinché non si creda che provenga " da noi ".

La volontà dev'essere aiutata dalla grazia.

2. 7. Perciò - come sta scritto - pregate continuamente e ringraziate Dio riguardo ad ogni cosa 17: voi infatti pregate per ottenere, perseverare e progredire nel bene, mentre ringraziate in quanto non lo avete da voi. Chi mai in realtà vi separa dalla massa di morte e di perdizione originata da Adamo 18? Non è forse Colui il quale è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto 19? Oppure, quando sentiremo dire dall'Apostolo: Chi ti separa? risponderemo forse: " La mia buona volontà, la mia fede, la mia giustizia "? Come se lo stesso Apostolo non soggiungesse immediatamente nello stesso passo: Che cosa mai possiedi senza averlo ricevuto? Se dunque lo hai ricevuto, perché mai te ne vanti, come se non lo avessi ricevuto? 20 Quando perciò una vergine consacrata a Dio ascolta o legge: " Nessuno all'infuori di te stessa potrà darti i beni spirituali; per essi tu meriti d'esser lodata, per essi meriti d'essere anteposta agli altri, poiché quelli non possono derivarti che da te stessa ", non vogliamo affatto che si vanti come se non li avesse ricevuti. Dovrà dire invece: Ho presenti, o mio Dio, le promesse che ti ho fatte d'offrirti sacrifici di lode e le adempirò 21. Ma poiché i beni spirituali sono in essa senza che provengano da essa, la vergine si ricordi altresì di ripetere: O Signore, per la tua bontà hai voluto concedermi tale virtù 22. In realtà, sebbene tali beni derivino anche da essa a causa del libero arbitrio personale, senza il quale non è possibile compiere il bene, tuttavia non è vero che "derivino esclusivamente da essa", come ha detto costui, dal momento che, se il libero arbitrio personale non viene aiutato dalla grazia di Dio, nell'uomo non può esistere neppure la buona volontà. È Dio infatti - dice l'Apostolo - colui che opera in voi il volere e l'agire secondo il suo beneplacito 23, e non solo rivelandoci la dottrina (morale) per farci conoscere i nostri doveri, ma ispirandoci anche l'amore, affinché compiamo anche spinti dall'amore i doveri appresi mediante lo studio della rivelazione.

Definizione della grazia.

2. 8. Qual gran dono fosse la continenza lo sapeva certo bene colui che diceva: Sapevo che nessuno può essere casto, se Dio non glielo concede 24. Non solo dunque sapeva quanto grande sia tale dono e con quanto ardore debba bramarsi, ma sapeva pure che non si può averlo se Dio non lo concede. Glielo aveva insegnato la sapienza, poiché soggiunge: ed era già per se stesso un dono della sapienza sapere da chi viene tale dono. Non s'accontentò tuttavia solo di saperlo, ma egli stesso dice: Mi rivolsi al Signore e lo pregai che me lo concedesse 25. Dio quindi non ci aiuta solo a farci conoscere quel che dobbiamo fare, ma anche a farci compiere con amore i doveri che già conosciamo per esserci stati insegnati. Nessuno pertanto può avere non soltanto la conoscenza ma anche la continenza, se Dio non glielo concede. Ecco perché il Savio, pur avendo già la conoscenza, chiedeva a Dio di avere anche la continenza, per avere anche ciò che sapeva non provenire da lui; e anche se per il libero arbitrio personale proveniva in piccola parte anche da lui, non derivava però esclusivamente da lui, poiché nessuno può essere casto, se Dio non glielo concede. Costui, al contrario, parlando dei beni spirituali, tra i quali risplende d'incomparabile bellezza la virtù della continenza, non dice: " Possono essere in te anche per merito tuo ", ma: " non possono provenire se non da te e sono tuo patrimonio esclusivo ", per far credere che, come non li possiede se non in se stessa, così non possono provenire se non da lei stessa, e perciò (Dio misericordioso 26 allontani dalla sua mente un tale pensiero!) si vanti come se non li avesse ricevuti 27.

Gloria della vergine consacrata, Dio stesso.

3. 9. Noi però, da parte nostra, conoscendo, l'obbedienza religiosa e l'umiltà cristiana della vergine consacrata a Dio, nella quale essa è stata allevata ed educata, crediamo che nel leggere tali espressioni - se pure le ha lette - sarà scoppiata in gemiti, si sarà battuta umilmente il petto e forse avrà pure pianto ed avrà pregato con fede il Signore (al quale s'è consacrata e dal quale ha ricevuto la grazia di consacrarglisi) che, allo stesso modo che quelle non sono espressioni di lei ma di un altro, così la propria fede non sia mai simile a quella e non abbia mai a credere d'avere qualcosa 28 di cui possa vantarsi come di cosa propria e non come cosa da riferirsi al Signore. In realtà i motivi di vantarsi risiedono nell'intimo della sua anima e non già nelle parole altrui, secondo l'affermazione dell'Apostolo che dice: Esamini ciascuno le proprie azioni e allora avrà (motivo di) vanto non già nei riguardi degli altri, ma solo di se stesso 29. Comunque, Dio non voglia mai che il motivo di vantarsi sia la propria persona e non Colui, al quale viene detto: Il mio vanto sei tu, o Signore, tu che elevi la mia fronte 30! Infatti il vantarsi solo in se stessa è per lei fonte di salvezza allorché Dio, ch'è in lei, è lui stesso la ragione del suo vanto, dal momento che da lui riceve tutti i beni, grazie ai quali essa è buona, ed avrà tutti i beni che la renderanno migliore - per quanto potrà esserlo in questa vita - e con tali beni arriverà anche alla perfezione, allorché sarà perfetta non in virtù delle lodi umane, ma della grazia divina. In realtà la sua anima si vanterà nel Signore 31, se questi avrà arricchito di beni la sua buona volontà 32, perché anche questa a sua volta è stata ispirata da lui, affinché la vergine a lui consacrata non si vanti d'alcun bene come se non l'avesse ricevuto 33.

Peccato contro la Trinità non riconoscere i doni di Dio.

3. 10. Sarà dunque meglio che nella tua risposta tu ci faccia sapere se c'inganniamo riguardo a tali suoi sentimenti, poiché conosciamo assai bene come voi e tutti i vostri congiunti siete rimasti sempre adoratori fedeli dell'indivisibile Trinità. Ma non solo su questo punto, cioè d'aver opinioni diverse riguardo all'indivisibile Trinità, si sono propagati di soppiatto errori umani, poiché ci sono molti altri errori funestissimi, come quello di cui abbiamo trattato nella presente lettera più a lungo forse di quanto bastasse a persone come voi, così pie e scrupolose della purezza in materia di fede. A chi mai, d'altra parte, si fa oltraggio se non a Dio e per conseguenza alla Trinità, quando si afferma che non è dono di Dio il bene che viene da lui? Il Signore tenga assolutamente lontana da voi una simile disgrazia come crediamo sia lontana attualmente; non sia mai che codesto scritto, di cui abbiamo citato solo alcune delle espressioni più facili a capirsi, insinui sentimenti così pericolosi nell'animo non dico tuo o della tua figliola consacrata a Dio, ma neppure dell'infimo dei vostri domestici o domestiche.

Ambiguo linguaggio di Pelagio sulla grazia.

3. 11. Se esaminerete più attentamente le espressioni di quello scritto, vi accorgerete che, anche quando sembra parlare in difesa della grazia o dell'aiuto di Dio, le sue sono espressioni talmente ambigue che possono riferirsi o alla natura o all'insegnamento della rivelazione o alla remissione dei peccati. Quando, per esempio, costoro sono costretti ad ammettere che dobbiamo pregare per non cadere in tentazione 34, possono intenderlo in modo da rispondere che per ottenere quello scopo noi siamo aiutati solo in quanto a chi di noi prega e bussa viene agevolata la conoscenza della verità 35 affinché possiamo conoscere i nostri doveri e non già affinché la nostra volontà riceva le forze per mettere in pratica ciò che abbiamo conosciuto. Così quando affermano ch'è una grazia o aiuto divino l'esempio di ben vivere propostoci da nostro Signore Gesù Cristo, lo fanno rientrare nell'ambito del medesimo insegnamento, in quanto cioè attraverso il suo esempio noi impariamo come dobbiamo vivere, ma non ammettono che siamo aiutati a poter compiere anche con amore ciò che sappiamo per esserci stato insegnato.

La grazia è un aiuto non dovuto di Dio.

3. 12. In quello scritto trovate - se vi riuscite - almeno un solo passo in cui, tranne la natura e il libero arbitrio della volontà, appartenente anch'esso alla natura, tranne il perdono dei peccati e l'insegnamento delle verità religiose, sia ammesso l'aiuto di Dio come lo ammette il Savio, il quale dice: Poiché sapevo che nessuno può essere casto, se Dio non glielo concede, e che era già di per se stesso segno di sapienza sapere da chi viene tale dono, mi rivolsi al Signore e glielo chiesi con suppliche 36. Ora, il Savio non pregava per ottenere la natura in cui era stato già creato né si dava pensiero d'avere l'arbitrio naturale della volontà con cui era stato altresì già creato, né desiderava tanto il perdono dei peccati quanto piuttosto la castità per non peccare; né voleva sapere che cosa dovesse fare, dal momento che confessava di sapere già da chi viene tale dono. Egli voleva, al contrario, ricevere dallo Spirito della sapienza tanta forza di volontà, tanto ardore di carità, quanto era necessario per praticare la gran virtù della continenza. Se dunque in quello scritto riuscirete a trovare qualcosa di simile, ve ne saremo sommamente grati se ce lo farete gentilmente sapere con una vostra risposta.

Il libro a Demetriade non parla della vera grazia.

3. 13. Non ci sono parole sufficienti per esprimere quanto bramiamo di trovare negli scritti di quegli individui i quali per acutezza d'ingegno ed eloquenza si fanno leggere da tante persone, una chiara affermazione della grazia, tanto energicamente messa in risalto dall'Apostolo 37. Egli afferma che la fede è largita a ciascuno da Dio nella misura che a lui piace; senza di essa è impossibile piacere a Dio 38; di essa vive il giusto 39; è essa che spinge ad agire per mezzo della carità 40; prima di essa e senza di essa assolutamente nessun'opera di alcun uomo può considerarsi buona, poiché: Tutto ciò che non viene dalla fede, è peccato 41. Bramiamo inoltre di trovare affermato che l'aiuto che Dio ci concede per vivere nella bontà e nella giustizia 42 non consiste unicamente nella rivelazione della scienza, la quale, se è priva della carità, non fa che renderci orgogliosi 43, ma anche nell'infusione della stessa carità, la quale è compimento della Legge 44, ed edifica il nostro cuore affinché la scienza non ci riempia di orgoglio. Finora purtroppo noi non abbiamo potuto trovare nulla di simile in nessun passo dei loro scritti.

Chi è l'autore di quel libro?

3. 14. Tali affermazioni soprattutto vorremmo trovare in quello scritto dal quale abbiamo riferito le parole del brano citato, in cui l'autore loda la vergine consacrata a Cristo come se avesse potuto ricevere esclusivamente da se stessa e da nessun altro i beni spirituali e perciò vuole che se ne vanti non riferendoli al Signore 45, ma come di beni personali, come se non li avesse ricevuti 46. Sebbene in quello scritto l'autore non abbia chiaramente indicato né il proprio né il tuo nome, ricorda tuttavia che a scrivere alla vergine fu pregato dalla madre di lei. Il medesimo Pelagio però in una sua lettera, nella quale indica apertamente il proprio nome senza tacere quello della vergine, afferma d'averle indirizzato uno scritto e adducendo la testimonianza della medesima sua opera si sforza di provare ch'egli ammette senz'alcuna esitazione la grazia di Dio che gli si rimprovera di tacere o di negare. Vi preghiamo d'essere tanto cortesi da informarci con una vostra risposta se questo scritto sia il medesimo in cui egli scrisse quelle espressioni sui beni spirituali o se è giunto nelle mani della Santità vostra.

 

1 - 1 Ts 2, 13.

2 - Sal 44, 3.

3 - 1 Cor 3, 5-7.

4 - 2 Tm 4, 2.

5 - 1 Gv 4, 8. 16.

6 - Rm 5, 5.

7 - Ef 4, 7-8; Sal 67, 19.

8 - Cf. PELAG., Lib. ad Demetr. 11.

9 - 2 Cor 11, 2-3.

10 - 2 Cor 4, 7.

11 - 1 Cor 7, 7.

12 - Mt 19, 11.

13 - Gc 1, 17.

14 - Ef 2, 8.

15 - 2 Cor 4, 7.

16 - Lc 11, 3.

17 - 1 Ts 5, 17-18.

18 - Rm 9, 21.

19 - Lc 19, 10; Mt 18, 11.

20 - 1 Cor 4, 7. 9-11.

21 - Sal 55, 12.

22 - Sal 29, 8.

23 - Fil 2, 13.

24 - Sap 8, 21-22.

25 - Sap 8, 21-22.

26 - Sal 102, 8.

27 - 1 Cor 4, 7.

28 - 1 Cor 1, 31.

29 - Gal 6, 4.

30 - Sal 3, 4.

31 - Sal 33, 3.

32 - Sal 102, 5.

33 - 1 Cor 4, 7.

34 - Mt 26, 41; Mc 14, 38; Lc 22, 46.

35 - Mt 7, 7-8; Lc 11, 9-10.

36 - Sap 8, 21.

37 - Rm 12, 3.

38 - Eb 11, 6.

39 - Rm 1, 17; Gal 3, 11; Eb 10, 38; 2, 4.

40 - Gal 5, 6.

41 - Rm 14, 23.

42 - Rm 12, 3.

43 - 1 Cor 8, 1.

44 - Rm 13, 10.

45 - 1 Cor 1, 31; 2 Cor 10, 17; Ger 9, 23-24.

46 - 1 Cor 4, 7.


La filotea: Parte quarta

La filotea - San Francesco di Sales

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Contiene i consigli opportuni contro le tentazioni più correnti

Capitolo I

NON BISOGNA LASCIARSI SCORAGGIARE DALLE CHIACCHIERE DELLA GENTE

Appena la gente si accorgerà che hai deciso di seguire la vita devota, scoccherà contro di te mille frecciatine di compatimento e altrettanti dardi di pesante maldicenza: i più arrabbiati daranno al tuo cambiamento il nome di ipocrisia, di bigotteria, di tradimento; diranno che il mondo ti ha voltato le spalle ed allora ti sei consolata volgendoti a Dio; i tuoi amici poi, da parte loro, si affretteranno a somrnergerti di rimproveri, tanto prudenti e pieni di carità, a loro avviso. Sanno già che diventerai triste, perderai credito di fronte alla gente, sarai insopportabile, invecchierai prima del tempo, le cose di casa tua andranno a rotoli; ti ricorderanno che bisogna vivere nel mondo stando alle sue regole, che l'anima si può salvare anche senza tante storie; e simili sciocchezze.

Filotea, credimi, sono tutte chiacchiere stupide e inutili; a quella brava gente non importa proprio niente né della tua salute, né dei tuoi affari.

Se voi foste del mondo, dice il Salvatore, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma siccome voi non siete del mondo, vi odia. Ho visto gentiluomini e dame passare intere notti di seguito a giocare agli scacchi e alle carte.

Esiste forse un'occupazione più vuota, più triste e più massacrante di quella? Eppure la brava gente non mette parola: gli amici non se ne sono minimamente preoccupati; se invece noi facciamo un'ora di meditazione, oppure ci vedono alzarci al mattino un po' più presto pararci alla santa Comunione, tutti si precipitano dal medico per farci curare dallo stato ansioso e dall'itterizia. Passa trenta notti a ballare e nessuno troverà da ridire; per la sola veglia della notte di Natale, il giorno dopo, chi ha la tosse e chi il mal di pancia.

Chi non si accorge subito che il mondo è un giudice ingiusto? Gentile ed accomodante con i suoi figli, ma duro e senza pietà per i figli di Dio.

Per andare a genio al mondo dobbiamo andare a braccetto con lui. E poi non riesci ad accontentarlo nemmeno lo stesso perché è matto: t venuto Giovanni, dice il Salvatore, che non mangia e non beve e voi dite che ha il diavolo; è venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve e voi dite che è un samaritano.

E’ proprio vero, Filotea, se per far piacere agli altri, ci lasciamo andare a ridere, a giocare, a ballare con la gente di mondo, il mondo ne sarà scandalizzato; se non lo facciamo ci accuserà 1 di essere ipocriti e tristi; se ci vestiamo bene, penserà che abbiamo un motivo nascosto; se andiamo alla buona, ci farà passare per gente senza educazione; la nostra allegria sarà per lui dissolutezza, la mortificazione, tristezza; ci guarda tanto di traverso che per quanto ci sforziamo, non gli andremo mai a genio. Le nostre imperfezioni le ingigantisce e le classifica peccati, i nostri peccati veniali li fa mortali; i nostri peccati di debolezza li trasforma in peccati di malizia. Dovrebbe invece sapere, come dice S. Paolo, la carità è benigna, il mondo, al contrario, è cattivo; dovrebbe sapere anche che la carità non pensa male; a contrario, i mori pensa sempre ma e, e se proprio non gli riesce di accusare le nostre azioni, accusa le nostre intenzioni. I montoni possono avere le corna o non averle, essere bianchi o essere neri, il lupo, appena gli riuscirà, li sbranerà. E’ un po' la stessa cosa per noi fare quello che vogliamo, il mondo ci farà sempre guerra; se ci fermiamo un po' davanti al confessore, si chiederà che cosa gli stiamo raccontando; se invece ci sbrighiamo, dirà che abbiamo taciuto metà! Sorveglierà tutti i nostri movimenti e per un piccolo scatto di collera dirà che siamo insopportabili; la cura dei nostri affari la chiamerà avarizia, la nostra dolcezza, stupidità; quanto ai figli del mondo, la loro collera è sincerità, la loro avarizia abilità amministrativa; le libertà che si prendono, franchezza: i ragni rovinano sempre l'opera delle api!

Filotea, lasciamo perdere questo cieco: lascialo urlare finché non si stancherà, come fa il barbagianni per spaventare gli uccelli del giorno. Restiamo fermi nei nostri propositi, sarà la perseveranza a dimostrare che è sul serio e con sincerità che ci siamo votati a Dio e incamminati nella vita devota.

Le comete e i pianeti hanno apparentemente la stessa luminosità; solo che le comete scompaiono in poco tempo, perché hanno soltanto una luminosità transitoria, mentre i pianeti godono di una luce continua; lo stesso si può dire dell'ipocrisia e della virtù; esternamente si assomigliano molto, ma volendo, si possono distinguere con sicurezza l'una dall'altra: l'ipocrisia non dura nel tempo e si scioglie come nebbia al sole, mentre la virtù autentica rimane stabile e costante.

Non è un vantaggio da poco, per ben cominciare il cammino della devozione, ricevere calunnie e improperi: evitiamo, in tal modo, il pericolo della vanità e dell'orgoglio, che sono come le levatrici d'Egitto, cui l'infernale Faraone aveva dato l'ordine di uccidere i nati maschi di Israele il giorno stesso della nascita.

Noi siamo crocifissi per il mondo e il mondo è crocifisso per noi; il mondo ci considera pazzi? e noi consideriamolo matto!

Capitolo II

E’ NECESSARIO FARSI CORAGGIO

La luce, che pure è bella e desiderabile per i nostri occhi, li abbaglia quando sono stati per lungo tempo al buio; prima di familiarizzarti con gli abitanti di un paese che non conosciamo, per quanto siano cortesi e premurosi, ti trovi, per un po' di tempo, disorientata. Similmente, cara Filotea, può capitare che, a questo cambiamento di rotta della tua vita interiore, tu rimanga seriamente sconvolta e questo addio totale alle follie e alle stupidità del mondo, ti causi qualche momento di sofferta tristezza e di scoraggiamento. Se dovessi trovarti realmente in simile situazione, abbi un po' di pazienza, te ne prego: vedrai che non è nulla! Si tratta soltanto di un po' di disorientamento di fronte alla novità; quando questo momento sarà passato avrai consolazioni a non finire. Sulle prime è facile che ti dispiaccia essere privata della gloria di cui gli sciocchi e gli adulatori ti circondavano nella tua vanità; ma sul serio vorresti perdere quella eterna che il Signore ti darà sulla sua parola di verità?

I vuoti divertimenti e i passatempi ai quali hai sacrificato gli anni passati ti torneranno alla mente per adescare il cuore e riprenderselo; ma come potresti avere il coraggio di rinunciare a una felicità eterna per

leggerezze così ingannevoli? Credi a me, se sarai perseverante, non passerà molto tempo che sarai ricolma di dolcezze così deliziose e piacevoli, fatte di autentico miele, che dovrai ammettere che il mondo ha soltanto del fiele a confronto! Un solo giorno di devozione vale più di mille anni di vita di mondo.

Ora ti accorgi che la montagna della perfezione cristiana è terribilmente alta: dirai, Dio mio, e come ci arriverò? Coraggio, Filotea, quando le larve delle api cominciano a prendere forma si chiamano ninfe; non sanno ancora volare sui fiori, né sui monti, né sulle colline, per raccogliere miele; ma piano piano, nutrendosi del miele preparato dalle api anziane, quelle piccole ninfe mettono le ali e si fortificano, e cosí in seguito potranno volare ovunque, alla ricerca del miele.

E’ vero, noi siamo ancora piccole larve nella devozione, non riusciamo a salire secondo il nostro progetto, che è addirittura quello di raggiungere la vetta della perfezione cristiana; ma, piano piano, prendiamo forma con i nostri desideri e i nostri propositi, cominciamo a mettere le ali; abbiamo motivo di sperare che un giorno saremo api spirituali e voleremo; nel frattempo viviamo del miele degli insegnamenti così ricchi che i devoti prima di noi ci hanno lasciato, e preghiamo Iddio che ci arricchisca di penne come di colomba, per poter volare non soltanto nel tempo della vita presente, ma anche raggiungere il riposo nell'eternità della futura.

Capitolo III

LA NATURA DELLE TENTAZIONI E LA DIFFERENZA TRA SENTIRE LA TENTAZIONE E ACCONSENTIRE AD ESSA

Immagina, Filotea, una giovane principessa molto amata dal suo sposo; pensa ora che qualcuno mai intenzionato, per trascinarla a disonorare il letto nuziale, le invii un infame messaggio d'amore per portare avanti con lei il suo esecrando disegno.

Per prima cosa il messaggero propone alla principessa l'intenzione del suo padrone; in un secondo momento la principessa trova piacevole o ripugnante la proposta e la stessa ambasceria; in terzo luogo, dice di sì o dice di no.

Allo stesso modo Satana, il mondo e la carne, vedendo un'anima sposa al Figlio di Dio, le mandano tentazioni e suggerimenti con i quali: l. il peccato viene proposto; 2. a quella proposta prova piacere o prova dispiacere; 3. infine acconsente o rifiuta. I gradini per scendere al male sono tre: la tentazione, la dilettazione, il consenso.

E’ vero che questi tre momenti non sempre è facile distinguerli chiaramente in ogni genere di peccato, ma sono molto evidenti e distinti concretamente nei peccati di chiara gravità.

Anche se la tentazione ad un peccato ci tormentasse tutta la vita, non potrebbe renderci sgraditi alla divina Maestà; l'essenziale è che non ci piaccia e che non acconsentiamo. Il motivo è che nella tentazione noi non siamo attivi, ma passivi, e siccome non proviamo alcun piacere, non possiamo essere colpevoli.

S.Paolo sofferse lungamente le tentazioni della carne e non per questo dispiaceva a Dio; anzi Dio era glorificato nelle tentazioni; la Beata Angela da Foligno provava tentazioni carnali così crudeli che, solo al racconto, si prova compassione per lei. Anche le tentazioni patite da S. Benedetto e S. Francesco, allorché uno si gettò nella neve e l'altro nelle spine per mitigarle, erano terribili; ma non per questo persero la grazia di Dio; anzi la grazia in essi aumentò.

Devi essere molto coraggiosa, Filotea, quando sei afflitta da tentazioni, e non sentirti mai vinta finché ti disgustano; tieni sempre presente la differenza che c'è tra sentire e acconsentire; è possibile sentirle pur continuando a provarne dispiacere, ma invece non è possibile acconsentire senza provare piacere in esse; il motivo è presto detto: il piacere è il gradino al consenso.

I nostri nemici possono presentarci tutti gli inviti e le esche che vogliono, possono piazzarsi sulla soglia della porta dei nostro cuore cercando di entrare, possono farci tutte le promesse immaginabili; finché da parte nostra saremo decisi a rifiutare, non e possibile che offendiamo Dio.

Ricordati l'esempio della principessa il principe sposo non può incolparla del messaggio che le è stato inviato, se ella non si è compiaciuta. Tuttavia tra l'anima e quella principessa c'è una differenza: la principessa, dopo aver ricevuto la proposta peccaminosa, se lo vuole, può cacciare il messaggero e non più ascoltarlo; mentre non è sempre in potere dell'anima non continuare a provare la tentazione, anche se è in suo potere non acconsentire: ecco perché, anche se la tentazione persiste e rimane a lungo, non può nuocerci finché la troviamo disgustosa.

Quanto alla dilettazione che può seguire la tentazione, siccome abbiamo due parti nell'anima, una inferiore e l'altra superiore, e visto anche che l'inferiore non sempre segue la superiore, anzi se ne mantiene indipendente, può capitare spesso che la parte inferiore si compiaccia nella tentazione, senza il consenso, anzi contro il gradimento della parte superiore: è questa la lotta e la guerra descritta da S. Paolo, quando dice che la sua carne brama contro il suo spirito, che c'è una legge delle membra e una dello spirito, e altre cose simili.

Hai mai visto, Filotea, un grande bracere con il fuoco coperto sotto la cenere? quando dieci-dodici ore dopo vieni per cercare il fuoco, ne trovi soltanto un po' nel mezzo, e si fatica a trovarlo; tuttavia c'era, visto che si può trovare! E con quello si possono riaccendere tutti gli altri carboni spenti. La stessa cosa avviene della carità, che è la nostra vita spirituale, soffocata da grandi e violente tentazioni: la tentazione provoca alla dilettazione la parte inferiore e può dare l'impressione di coprire tutta l'anima di cenere e ridurre l'amore di Dio allo stremo, perché non si trova più da nessuna parte, meno che al centro del cuore, nascosto in fondo allo spirito; sembra proprio che non ci sia più e si fatica a trovarlo.

Eppure c'è e c'è sul serio, perché anche se tutto è torbido nella nostra anima e nel nostro corpo, noi abbiamo fatto il proposito di non acconsentire al peccato e nemmeno alla tentazione; la dilettazione che piace al nostro uomo esteriore, dispiace a quello interiore, e anche se circonda da ogni parte la nostra volontà, l'importante è che non sia entrata in essa: da ciò appare evidente che si tratta di una dilettazione involontaria, e quindi che non può essere peccato.

Capitolo IV

DUE BEGLI ESEMPI IN PROPOSITO

Avresti senz'altro piacere di capire bene ciò che ti sto dicendo ed io non ho difficoltà ad allungare il discorso per chiarirlo ancora meglio.

Il giovane di cui parla S. Girolamo, che, steso e legato molto morbidamente con nastri di seta su di un dolce letto, era provocato con ogni genere di toccamenti sensuali e seduzioni da parte di una donna perversa che si era coricata con lui per scuotere la sua resistenza, ti pare che non dovesse provare certe sensazioni? Non credi che i suoi sensi fossero presi dal piacere, e la sua immaginazione soffocata dalla presenza di tutte quelle voluttà? lo non lo metto in dubbio, eppure in mezzo a quella tormenta del male, sballottato da una così terribile tempesta di tentazioni, tra tante voluttà che lo attraggono da ogni parte, dimostra che il suo cuore non è ancora vinto e la sua volontà non si arrende in alcun modo; e poiché il suo spirito vede che tutto gli è contro, e non ha sotto la sua volontà più alcuna parte del corpo che la lingua, se la tronca con un morso e la sputa in faccia a quella donna di malaffare che, con il piacere, lo tormentava più crudelmente di quanto non avrebbero saputo fare i carnefici con i tormenti; il tiranno che aveva dubitato,

per piegarlo, della forza dei tormenti, aveva riposto la sua fiducia, per vincerlo, nella forza dei piaceri: ma si era sbagliato.

Stupenda anche la storia del combattimento di S. Caterina da Siena, sempre sullo stesso tema. Eccola in breve.

Lo spirito maligno aveva avuto licenza da Dio di attaccare la castità di quella santa vergine con tutta la rabbia che voleva, purché non la toccasse.

Si mise dunque all'opera, insinuandole nel cuore ogni sorta di oscenità e, per creare in lei un'emozione ancora più forte, le si presentò con i suoi diavoli in sembianza di uomini e donne, che si esibivano davanti a lei, in ogni genere di oscenità e di sconcezze aggiungendo parole e inviti indecenti; benché tutte quelle manifestazioni fossero esteriori, cionondimeno per mezzo dei sensi penetravano molto profondamente nel cuore della giovane donna; il cuore ne era saturo. Libera da questa tormenta di oscenità e di piaceri carnali le rimaneva soltanto la sottile e pura volontà superiore. Questo durò per molto tempo; finché un giorno le apparve Nostro Signore. Gli chiese subito: " Dov'eri, mio dolce Signore, quando il mio cuore era così pieno di tenebre e di brutture? " Rispose il Signore: " Figlia mia, mi trovavo nel tuo cuore ". " E come, replicò lei, potevi abitare nel mio cuore, dove c'erano tante oscenità? Tu abiti in luoghi così malfamati? " Le rispose Nostro Signore: " Dimmi un po', quegli sporchi pensieri del tuo cuore ti davano piacere o tristezza, amarezza o diletto? " E lei: " Grande amarezza e tristezza". Replicò il Signore: "Chi era a mettere quella grande tristezza e amarezza nel tuo cuore, se non io che mi tenevo nascosto nel profondo della tua anima? Credimi, figlia mia, se io non fossi stato presente, quei pensieri che premevano intorno alla tua volontà senza poterla piegare, senza di me l'avrebbero vinta e vi sarebbero penetrati, e il tuo libero arbitrio li avrebbe accolti con piacere, e così avrebbero dato la morte alla tua anima; ma siccome dentro c'ero io, inculcavo disgusto e resistenza al tuo cuore, di modo che con tutte le forze non cedesse alla tentazione. Non potendo annientare la tentazione, come avrebbe voluto, provava un disgusto ancora maggiore e un odio profondo contro di lei e contro se stessa; e così quei tormentierano un grande merito ed una grande vittoria per te, una grande crescita della tua virtù e della tua forza ".

Vedi bene, Filotea, quanto quel fuoco fosse nascosto sotto la cenere, e la tentazione e il diletto fossero penetrati nel cuore e avessero assediato la volontà, che sola, sostenuta dal suo Salvatore, resisteva nelle amarezze, nei tormenti; rimanendo salda nel rifiuto del male che le veniva proposto, rifiutando costantemente il consenso al Peccato che la opprimeva da ogni parte.

Quale sconforto per un'anima che ama Dio, non sapere nemmeno se Egli è in lei o meno e se l'amore divino, per il quale lotta, è completamente spento in essa o no! Ma è l'apice della perfezione dell'amore celeste far soffrire e lottare l'amante per amore, senza sapere se possiede quell'amore per il quale e per mezzo del quale lotta!

Capitolo V

INCORAGGIAMENTO ALL'ANIMA CHE SI TROVA NELLE TENTAZIONI

Cara Filotea, quei terribili attacchi e quelle tentazioni così forti, sono permesse da Dio soltanto contro le anime che Egli ha deciso di innalzare al suo meraviglioso e ineguagliabile amore; ma non per questo, superato l'ostacolo, hanno la certezza di giungervi; è capitato Parecchie volte che quelli che erano rimasti saldi di fronte a quei violenti attacchi, non abbiano poi corrisposto al favore di Dio, e così, in seguito, sono caduti nella trappola di tentazioni da nulla! Dico questo perché, se dovesse capitarti di essere tormentata da una tentazione molto forte, sappi che Dio vuole favorirti in modo tutto speciale e renderti più grande al suo cospetto; ciononostante devi rimanere umile e guardinga, - e non illuderti di poter vincere le piccole tentazioni solo perché hai vinto le grandi, se non rimani fedele alla Maestà divina.

Se dunque ti capita di provare qualche tentazione e anche il piacere che ne consegue, mentre la volontà rifiuta il proprio consenso, sia alla tentazione che al piacere che l'accompagna, non turbarti minimamente, perché Dio non è offeso.

Quando un uomo è svenuto e non dà più alcun segno di vita, gli si posa la mano sul cuore e, per tenue che sia il battito, se ne conclude che è vivo; e con l'aiuto di qualche sostanza medicamentosa o qualche impacco gli si fanno riprendere le forze e i sentimenti.

Allo stesso modo, capita qualche volta che, per la violenza delle tentazioni, sembra che la nostra anima sia stata completamente abbandonata dalle proprie forze e, come fosse svenuta, sembra non dare più segni di vita spirituale e di movimento; se vogliamo sincerarci di come stiano esattamente le cose, mettiamole la mano sul cuore: se il cuore e la volontà spiritualmente pulsano ancora, ossia se sono fedeli nel rifiutare e consentire a seguire la tentazione e il piacere, nessun timore! Finché nel nostro cuore c'è il movimento del rifiuto, stiamo pur certi che la carità, vita delle nostre anime, vive in noi, e Gesù Cristo nostro Salvatore dimora nelle nostre anime anche se nascosto in un angolo. E così, con l'esercizio assiduo dell'orazione, dei sacramenti e della fiducia in Dio, le nostre forze ritorneranno e con esse la nostra vita piena e piacevole.



Capitolo VI

 

IN CHE MODO LA TENTAZIONE E LA DILETTAZIONE POSSONO ESSERE PECCATO

La principessa, di cui abbiamo parlato, non può nulla contro la proposta disonesta che le viene fatta, giacché, come abbiamo supposto, le giunge suo malgrado. Se, al contrario, con qualche civetteria avesse dato motivo alla proposta, con cenni d'intesa a colui che la corteggia, senza dubbio sarebbe responsabile della proposta; e anche se ora si comportasse innocentemente, meriterebbe ugualmente biasimo e punizione.

Può capitare qualche volta che la sola tentazione ci metta in peccato, perché ne siamo la causa. Per esempio, so che se gioco, mi adiro facilmente e bestemmio e che il gioco mi è di trampolino a quei peccati: io pecco tutte le volte che gioco e sono colpevole di tutte le tentazioni che mi capiteranno nel gioco. Così pure, se so che certe conversazioni mi portano alla tentazione e alla caduta, e io mi ci metto ugualmente, senza dubbio sono colpevole di tutte le tentazioni che vi incontrerò. Quando la dilettazione che deriva dalla tentazione può essere evitata, accettarla è sempre peccato nella misura che il piacere che ci si trova e il consenso che le si dà è più o meno pieno, persistente nel tempo o solo di breve durata.

E’ sempre cosa biasimevole per la giovane principessa, di cui abbiamo parlato, se non soltanto ascolta la lurida e disonesta proposta che le viene avanzata, ma, dopo averle prestato orecchio, vi prende piacere e vi ferma sopra il proprio cuore provandone contento; benché ella non abbia l'intenzione di consentire all'atto materiale proposto, cionondimeno acconsente all'adesione spirituale del suo cuore, al godimento che ne ricava; è sempre disonesto aderire con il cuore o con il corpo a un proposito contro l'onestà; la disonestà ha la sua sede nell'adesione del cuore, tanto che senza di quella anche l'adesione del corpo non sarebbe peccato. Quando dunque sarai tentata a qualche peccato, pensa se hai dato volontariamente motivo a quella tentazione; in tal caso la tentazione è già peccato, per il pericolo nel quale ti sei gettata. Questo va detto per quando potevi facilmente evitare l'occasione e l'avevi prevista, o almeno avresti dovuto prevederla. Ma se non hai offerto alcun appiglio alla tentazione, in nessun modo ti può essere imputata a peccato.

Quando la dilettazione che segue la tentazione, poteva essere evitata, e non si è fatto, in qualche modo il peccato è sempre presente secondo che ci si è soffermati poco o molto, e secondo il motivo che ha dato origine al piacere che vi abbiamo provato.

Una donna che non ha dato occasione al corteggiamento e tuttavia prende piacere in esso, è ugualmente da biasimare se il piacere che prende consiste proprio nell'essere corteggiata. Per esempio, se il galante che vuole corteggiarla, suona divinamente il liuto e lei ne gode, non perché le fa la corte, ma per l'arte e la dolcezza del suo liuto, non c'è peccato; sarebbe però molto saggio per lei non rimanere troppo a lungo su quel piacere, per timore di passare dal piacere della musica a quello del suonatore!

Così pure, se qualcuno mi propone qualche stratagemma pieno di inventiva e di astuzia, per vendicarmi del mio avversario, e io non ne godo e non consento alla vendetta proposta, ma mi compiaccio nell'originalità della trovata, non faccio alcun peccato, anche se è opportuno che non ci perda troppo tempo a trovarla una bella invenzione; potrei anche finire col provare un certo piacere nel pensare alla vendetta in sé.

Qualche volta rimaniamo sorpresi da qualche sensazione piacevole che segue immediatamente la tentazione, prima ancora che ce ne siamo accorti; per lo più è soltanto un leggerissimo peccato veniale, che potrebbe anche diventare più grave se, dopo che abbiamo preso coscienza del pericolo, per negligenza ci fermiamo un po' a contrattare con il piacere, per sapere se dobbiamo accettarlo o se dobbiamo respingerlo; potrebbe essere anche più grave, se, dopo aver avvertito il pericolo, ci fermassimo su quello per vera negligenza, senza alcun proposito di liberarcene.

Ma quando volontariamente e deliberatamente abbiamo deciso di godere di tale piacere, anche soltanto questo proposito, è già di per sé grave peccato, se l'oggetto del nostro piacere è chiaramente cattivo.

E’ molto grave per una donna coltivare amori peccaminosi anche se ha l'intenzione di mai concedersi fisicamente all'amante.

Capitolo VII

RIMEDI PER LE TENTAZIONI GRAVI

Appena avverti in te qualche tentazione, fa come i bambini quando scorgono il lupo o l'orso in campagna; si precipitano immediatamente tra le braccia del papà o della mamma e se non possono fare altro, strillano chiamandoli in aiuto. Similmente ricorri a Dio, chiedendogli la sua misericordia e il suo aiuto; è il rimedio che ci insegna Nostro Signore: Pregate per non entrare in tentazione.

Se nonostante tutto, la tentazione insiste e si accresce, in ispirito corri ad abbracciare la santa Croce,come se tu vedessi realmente davanti a te Gesù crocifisso; protesta che non cederai mai alla tentazione e chiedigli aiuto contro la stessa; finché la tentazione rimarrà, tu insisti nel protestare che mai cederai. Mentre fai queste proteste e insisti nel negare il tuo consenso, non guardare in faccia la tentazione; guarda soltanto Nostro Signore; se tu dovessi guardare la tentazione, soprattutto nei momenti di maggiore intensità, il tuo coraggio potrebbe anche vacillare.

Distrai il tuo spirito con qualche occupazione buona e lodevole; tali occupazioni entreranno nel tuo cuore, lo occuperanno e così elimineranno le perverse suggestioni del maligno.

Il rimedio sicuro contro tutte le tentazioni, grandi e piccole, è quello di aprire il proprio cuore e di dire tutto quello che ci tormenta al nostro direttore spirituale: le tentazioni, le nostre reazioni, gli affetti. La prima condizione che il maligno impone all'anima che vuole sedurre, è il silenzio, esattamente come fanno quegli uomini che tentano di sedurre le donne e le ragazze; per prima cosa impongono loro di non farne parola con i papà e con i mariti: tutto diverso è il modo di agire di Dio; nelle sue ispirazioni ci chiede di farlo sapere subito a chi ha la nostra responsabilità e ai direttori spirituali.

Che se poi, dopo tutto ciò, la tentazione si ostina a tormentarci e a perseguitarci ci resta soltanto di ostinarci, anche da parte nostra, ) nel protestare di non voler consentire; perché, come le ragazze non possono essere date a marito finché dicono di no, così l'anima, per quanto turbata, non sarà ferita finché dice di no!

Non discutere con il nemico e non dargli una sola parola di risposta, tranne quella con la quale lo fece stare zitto Nostro Signore: Va indietro, Satana, tu adorerai il Signore tuo Dio e solo a Lui servirai.

La donna casta non deve rispondere una sola parola e non deve guardare in faccia lo spasimante tanto volgare che ha osato farle proposte disoneste; ma lo deve piantare in asso su due piedi, e all'istante rivolgere il cuore al proprio sposo e rinnovare il giuramento di fedeltà a lui promesso, senza perdere tempo in tentennamenti; allo stesso modo, l'anima devota, vedendosi attaccata da qualche tentazione, non deve perdere tempo a discutere e a rispondere, ma volgersi a Cristo Gesù suo Sposo, rinnovargli la sua fedeltà e la promessa di appartenergli sempre.

Capitolo VIII

BISOGNA RESISTERE ALLE PICCOLE TENTAZIONI

E’ fuor di dubbio che bisogna combattere le grandi tentazioni con un coraggio travolgente, e la vittoria che riporteremo ci sarà di molto aiuto; tuttavia avviene che si tragga un profitto ancora maggiore nel combattere le piccole; il motivo è intuibile: le prime sono grandi, le altre sono molte; di modo che si può dire che la vittoria su queste equivale alla vittoria su quelle.

I lupi e gli orsi sono fuor di dubbio più pericolosi delle mosche, ma, quanto a farci esercitare la pazienza, le mosche con la loro importunità e la noia che ci arrecano, la vincono di molto!

E’ facile non essere assassini, ma molto difficile evitare le piccole collere che trovano continuamente occasioni. t abbastanza facile per un uomo e una donna non cadere in adulterio, ma non altrettanto facile impedirsi le occhiate, innamorarsi o fare innamorare, procurare emozioni e piccoli piaceri, dire e ascoltare parole di civetteria.

E’ raro che sia necessario mettere in guardia il marito o la moglie da un modo di agire spregiudicato che costituisca pericolo per il corpo; ma non lo è altrettanto quando si tratta di pericolo per il cuore. E’ abbastanza facile non profanare il letto matrimoniale, ma non altrettanto non compromettere l'amore matrimoniale; è facile non rubare i beni altrui, non altrettanto non corteggiarli e non desiderarli; è molto facile non portare falsa testimonianza in tribunale, non altrettanto non mentire in conversazione; molto facile non ubriacarsi, non altrettanto mantenersi sobri; molto facile non desiderare la morte altrui, non altrettanto non desiderargli qualche accidente; molto facile non disonorare, non altrettanto non nutrire sentimenti di disprezzo.

Si può concludere che le piccole tentazioni di collera' di sospetto, di gelosia, di invidia, di antipatia, di stranezza, di vanità, di doppiezza, di affettazione, di astuzia, di pensieri indecenti, sono abituali anche per coloro che sono già più incamminati nella devozione e più risoluti! Ecco perché, cara Filotea, è necessario che ci prepariamo con grande cura e diligenza a questo combattimento; sii certa che tutte le vittorie che riporterai contro questi piccoli nemici, saranno tante pietre preziose incastonate nella corona di gloria che Dio ti prepara in Paradiso.

Ecco perché sostengo che, in attesa di lottare bene e con valore, contro le grandi tentazioni, se verranno, nel frattempo difendiamoci bene da questi piccoli e deboli attacchi.

Capitolo IX

COME RIMEDIARE ALLE PICCOLE TENTAZIONI

Quanto alle piccole tentazioni di vanità, di sospetto, di tristezza, di gelosia, di invidia, di passioncelle e simili trabocchetti che, come mosche e moscerini, ci volano davanti agli occhi e ci pungono ora sulla guancia, ora sul naso, non ci è dato di liberarci completamente dal loro fastidio; la migliore resistenza che si possa loro opporre è di non innervosirci; allo stesso modo, le piccole tentazioni possono darci molto fastidio, ma non possono nuocerci, purché ci sia sempre in noi la ferma decisione di servire Dio.

Disprezza questi piccoli attacchi, non degnarli nemmeno di un pensiero, anzi lasciali pure ronzare intorno alle tue orecchie finché ne avranno voglia; che volino pure qua e là intorno a te, come le mosche; se poi dovessero pungerti o posarsi un attimo sul tuo cuore, cacciali e basta! Non metterti a combatterli <) a rispondere loro; compi atti contrari, quelli che vuoi, ma soprattutto di amore di Dio.

Se vuoi darmi ascolto, non intestardirti a voler opporre alle tentazioni che provi, la virtù opposta: questo sarebbe accettare il confronto. Ma, dopo aver compiuto un atto della virtù opposta, se hai avuto tempo di inquadrare il genere della tentazione, tornerai semplicemente con il tuo cuore a fianco di Cristo Gesù crocifisso, e con un atto di amore gli bacerai i piedi.

E’ il mezzo migliore per vincere il nemico, tanto nelle piccole tentazioni come nelle grandi: l'amore di Dio contiene in sé tutta la perfezione di tutte le virtù; per questo è il rimedio migliore contro tutti i vizi.

Se in tutte le tentazioni prendi l'abitudine di ricorrere per principio a questo rimedio, non sarai più obbligata ad indagare ed esaminare di che tentazione si tratta; ma, con tutta semplicità, quando ti sentirai turbata, farai ricorso al rimedio sicuro che, oltretutto, è così temibile per il maligno, il quale quando si accorge che le sue tentazioni ci spingono all'amore di Dio, smette di tentarci.

Ecco quello che volevo dirti per le piccole ma frequenti tentazioni; chi volesse perdere tempo nei dettagli, si annoierebbe e non ne ricaverebbe niente!

Capitolo X

COME FORTIFICARE IL CUORE CONTRO LE TENTAZIONI

Ogni tanto dà uno sguardo alla tua anima per vedere quali sono le passioni che più vi spadroneggiano; una volta scoperte, imposta la tua vita in modo esattamente contrario nei pensieri, nelle parole, nelle azioni.

Per esempio, se ti senti portata alla passione della vanità, pensa spesso alla miseria di questa vita terrena, quanto queste vanità peseranno sulla coscienza nel giorno della morte, quanto siano indegne di un cuore generoso. Pensa che sono soltanto giochi e divertimenti per bambini, e altre simili riflessioni.

Parla spesso contro la vanità, e anche se hai l'impressione di farlo malvolentieri, non perdere occasione per disprezzarla, perché così, almeno per il tuo buon nome, ti troverai impegnata contro di essa; e a forza di parlarne male, finirai per odiarla, pur avendo avuto all'inizio per essa dell'affetto.

Compi numerosi atti di abiezione e di umiltà, anche se hai l'impressione di farli controcuore; in questo modo ti abituerai all'umiltà e indebolirai la vanità; di modo che, quando giungerà la tentazione, la tua inclinazione non le sarà più di appoggio e avrai più forza per combatterla.

Se sei portata all'avarizia, pensa spesso alla follia di questo peccato che ci rende schiavi di quello che è stato creato per il nostro servizio; pensa che al momento della morte dovrai lasciare tutto, e lasciare i tuoi beni a chi in breve tempo li dissiperà e al quale quei beni saranno causa di rovina e di dannazione, e altri simili pensieri.

Pronunciati con forza contro l'avarizia, loda molto il disprezzo del mondo, fatti violenza per elargire spesso elemosine e carità, e lascia perdere qualche occasione per accumulare ricchezze.

Se hai la tendenza ad innamorarti e a far innamorare con una certa facilità, pensa spesso quanto sia pericoloso questo divertimento, sia per te che per gli altri; pensa quanto sia cosa indegna profanare e impiegare in passatempi il più nobile sentimento della nostra anima; e quanto sia biasimevole come segno di una estrema leggerezza di spirito. Parla spesso in favore della purezza e semplicità di cuore, e compi più che puoi, atti coerenti, evitando le affettazioni e le smancerie.

In conclusione, in tempo di pace, ossia quando le tentazioni del peccato cui vai soggetta non ti angustiano, compi molti atti della virtù opposta e, se le occasioni si presentano, va loro incontro; è così che renderai forte il tuo cuore contro la futura tentazione.



Capitolo XI

L'AGITAZIONE

L'agitazione non è una semplice tentazione, ma una fonte dalla quale e a causa della quale ci vengono molte tentazioni: per questo te ne parlo un po'.

La tristezza è la sofferenza di spirito che noi proviamo per il male che si trova in noi contro la nostra volontà, sia che si tratti di un male esteriore, come povertà, malattia, disprezzo, oppure anche interiore, come ignoranza, aridità, ripugnanza, tentazione.

Quando l'anima avverte in sé un male, prova contrarietà: questa è la tristezza; subito desidera liberarsene e cerca il mezzo per disfarsene; fin qui ha ragione, perché ciascuno, per natura, tende al bene e fugge ciò che reputa male.

Se l'anima cerca i mezzi per liberarsi dal suo male per amore di Dio, li cercherà con pazienza, dolcezza, umiltà e serenità, aspettando la propria liberazione più dalla bontà e dalla Provvidenza di Dio che dai propri sforzi, dalle proprie capacità e dalla propria diligenza. Se invece cerca la propria liberazione per amor proprio, si agiterà e si altererà nella ricerca dei mezzi, come se dipendesse più da lei che da Dio: non dico che lo pensi, ma si comporta come se lo pensasse.

Se non trova subito quello che sta cercando, entra in uno stato di grande agitazione ed impazienza, che non le tolgono il male, ma anzi lo peggiorano; l'anima entra in uno stato di angoscia e smarrimento senza confini, con un tale cedimento del coraggio e della forza, che le sembra che il suo male sia senza rimedio. A questo punto la tristezza, che in partenza era giusta, genera l'agitazione; e l'agitazione in seguito aumenta la tristezza, il che è molto pericoloso.

L'agitazione è uno dei mali peggiori che possa colpire l'anima, eccettuato il peccato. Allo stesso modo che le sedizioni e i turbamenti interni di uno Stato lo rovinano completamente e lo rendono incapace di opporre resistenza agli aggressori esterni, così il nostro cuore, quando è turbato e agitato dentro di sé, perde la forza di conservare le virtù che aveva acquistato e, nello stesso tempo, perde anche la capacità di resistere alle tentazioni del nemico, il quale, come dice il proverbio, in tal caso, si impegna a fondo per pescare in acque torbide.

L'agitazione viene da un desiderio smodato di liberarci dal male che ci opprime o di acquistare il bene che speriamo; tuttavia nulla peggiora il male e allontana il bene quanto l'agitazione e la precipitazione. Gli uccelli rimangono presi nelle reti e nei lacci, soprattutto perché quando vi si impigliano, si dibattono e si agitano disperatamente per venirne fuori, e così si inviluppano sempre più.

Quando dunque sentirai il desiderio di essere liberata da qualche male e di pervenire a qualche bene, prima di tutto mettiti calma e serena, fa calmare il tuo intelletto e la tua volontà, e poi, con moderazione e dolcezza, insegui pure il sogno del tuo desiderio, prendendo con ordine i mezzi idonei; quando dico con moderazione, non intendo dire con negligenza, ma senza precipitazione, senza turbamento e agitazione; diversamente, invece di raggiungere l'oggetto del tuo desiderio, rovinerai tutto e ti troverai peggio di prima.

La mia anima è sempre nelle mie mani, Signore, e non ho dimenticato la tua legge, diceva Davide.

Rifletti più di una volta al giorno, ma almeno sera e mattina, se è vero che hai il dominio della tua anima; esaminati per renderti conto se non te l'abbia sottratta qualche passione o l'agitazione. Mantieni il cuore ai tuoi ordini, oppure ti è sfuggito di mano per impegolarsi in qualche passione sregolata di amore, di odio, di invidia, di ingordigia, di paura, di noia, di gioia?

Se per caso si fosse smarrito, prima di tutto, trovalo! Riportalo con garbo alla presenza di Dio, e sottoponi di nuovo i tuoi affetti e i tuoi desideri all'obbedienza e alla guida della sua divina volontà. Dobbiamo comportarci come coloro che temono di perdere qualche cosa che sta loro molto a cuore e la tengono molto stretta. Seguendo il grande Re Davide, diremo: Mio Dio, la mia anima è in pericolo, ecco perché la tengo sempre stretta nella mia mano; e così non ho dimenticato la tua legge.

Per piccoli che siano e di poca importanza, non permettere ai tuoi desideri di provocare agitazione in te; e sai perché? ai piccoli seguiranno quelli più grandi e quelli più impegnativi e troveranno il tuo cuore già aperto al turbamento e al disordine.

Quando ti accorgerai che stai per cadere nell'agitazione, raccomandati a Dio e decidi di non fare assolutamente nulla di quanto pretende da te il desiderio, finché l'agitazione non sia completamente sopita, a meno che non si tratti di cosa che non può essere differita; nel qual caso, con un impegno dolce e sereno, devi contenere la spinta del tuo desiderio, controllandolo e moderandolo nella misura del possibile, e realizza quello che devi realizzare non seguendo il tuo desiderio, ma seguendo la ragione.

Se puoi manifestare la tua agitazione -a chi ha la guida della tua anima, o almeno a qualche amico nel quale hai fiducia, ma che sia devoto, fallo senza esitazione: presto ritroverai la calma perché la comunicazione delle sofferenze del cuore fa all'anima lo stesso effetto che il salasso al corpo di chi ha una febbre insistente: è il rimedio dei rimedi.

S. Luigi di Francia diceva al figlio: " Se hai nel cuore un malessere, dillo subito al tuo confessore o ad una brava persona, e così il tuo male diverrà leggero per il conforto che ne hai avuto ".

Capitolo XII

LA TRISTEZZA

Dice S. Paolo che la tristezza secondo Dio opera la penitenza per la salvezza; la tristezza del mondo, invece, opera la morte. La tristezza può essere quindi buona o cattiva: dipende dagli effetti che produce in noi.

E’ certo che ne fa più di cattivi che di buoni, perché di fatto i buoni effetti sono soltanto due: la misericordia e la penitenza; quelli cattivi invece sono sei: l'angoscia, la pigrizia, lo sdegno, la gelosia, l'invidia, l'impazienza. Il che ha fatto dire al Saggio: La tristezza ne uccide molti e non giova a nulla; infatti contro due soli rigagnoli buoni che zampillano dalla sorgente della tristezza, ce ne sono sei di cattivi!

Il nemico si serve della tristezza per portare le sue tentazioni contro i buoni; da un lato cerca di rendere allegri i peccatori nei loro peccati, e dall'altro cerca di rendere tristi i buoni nelle loro opere buone; e come non gli riuscirebbe di attrarre al male se non presentandolo in modo piacevole, così non potrebbe distogliere dal bene se non facendolo trovare sgradevole.

Il maligno gode nella tristezza e nella malinconia, perché lui è, e lo sarà per l'eternità, triste e malinconico; per cui vorrebbe che tutti fossero così!

La cattiva tristezza turba l'anima, la mette in agitazione, le dà paure immotivate, genera disgusto per l'orazione, assopisce e opprime il cervello, priva l'anima di consiglio, di proposito, di senno, di coraggio e fiacca le forze. In conclusione, è come un duro inverno che cancella tutta la bellezza della terra e manda in letargo gli animali; infatti la tristezza toglie ogni bellezza all'anima e la rende quasi paralizzata e impotente in tutte le sue facoltà.

Filotea, se mai dovesse capitarti di essere afflitta da questa cattiva tristezza, metti in atto i seguenti rimedi. Dice S. Giacomo: Se qualcuno è triste, preghi: la preghiera è il rimedio più efficace perché innalza lo spirito a Dio, nostra unica gioia e consolazione; nella preghiera poi, serviti di affetti e parole interiori ed esteriori, che portano alla fiducia e all'amore di Dio, come: 0 Dio di misericordia, mio buon Signore, Salvatore mio misericordioso, Dio del mio cuore, mia gioia, mia speranza, mio caro Sposo, Amore dell'anima mia, e simili.

Combatti con forza la tendenza alla tristezza; e anche se hai l'impressione che tutto quello che stai facendo in quel frangente rimanga distante e freddo, triste e fiacco, non rinunciare a farlo; il nemico che vuole per mezzo della tristezza far morire le nostre buone opere, vedendo che non sospendiamo di farle, e che compiute con sforzo valgono di più, cesserà di tormentarci.

Canta dei canti spirituali; spesso il maligno abbandona il campo di fronte a quest'arma. Un esempio ci viene dallo spirito maligno che assediava e possedeva Saul, la cui violenza era dominata soltanto dalla salmodia.

E’ cosa buona occuparsi in atti esteriori e variarli più che possiamo, per distrarre l'anima dall'oggetto della tristezza, purificare e riscaldare gli spiriti; questo perché la tristezza è una passione fredda e arida.

Compi atti esteriori di fervore, anche se non ci trovi alcuna attrattiva: abbraccia il Crocifisso stringendolo al cuore, baciagli i piedi e le mani, alza gli occhi e le mani al cielo, indirizza la tua Voce a Dio con parole di amore e di fiducia simili a queste: Il mio Amore è mio e io sono sua. Il mio Amore è come un mazzetto di mirra che riposa sul mio seno. I miei occhi si posano su di te, o mio Dio, e dicono: Quando mi consolerai? 0 Gesù, sii Gesù per me; Viva Gesù, e anche la mia anima vivrà. Chi mi separerà dall'amore del mio Dio? E simili.

La disciplina moderata è buona contro la tristezza, perché questa mortificazione esteriore volontaria, chiama la consolazione interiore e l'anima, provando dolori dal di fuori, si distrae da quelli che l'affliggono di dentro. La frequenza alla Santa Comunione è ottimo rimedio; perché questo pane celeste dà forza al cuore e gioia allo spirito.

Manifesta tutti i tuoi sentimenti, gli affetti, i pensieri alla tua guida e confessore, con umiltà e sincerità; cerca la conversazione di persone spirituali e frequentale più che puoi in tali circostanze.

In conclusione, rimettiti tra le mani di Dio, e preparati a sopportare con pazienza questa fastidiosa tristezza, come giusta punizione per le tue stupide gioie; e sii certa che Dio, dopo averti messa alla prova, ti libererà da questo male.

Capitolo XIII

LE CONSOLAZIONI SPIRITUALI E SENSIBILI E COME BISOGNA COMPORTARSI CON ESSE

Dio porta avanti la vita di questo meraviglioso mondo in un continuo avvicendamento: al giorno segue la notte, all'autunno, l'inverno, all'inverno la primavera; un giorno non è mai la monotona ripetizione di un altro; ce ne sono di nuvolosi, di piovosi, di secchi, di agitati dal vento; tutta questa varietà conferisce all'universo una grande bellezza.

La stessa cosa avviene per l'uomo, che, secondo gli antichi, è un piccolo mondo; perché non si trova mai nella stessa condizione, e la sua vita scorre su questa terra come le acque che scrosciano e ondeggiano in un continuo turbinio di movimenti; e ora lo alzano verso la speranza, ora lo prostrano nella paura, ora lo spingono verso la destra della consolazione, ora verso la sinistra dell'afflizione, e non si dà mai un giorno solo, anzi nemmeno un'ora sola, che sia identica all'altra.

Voglio darti un consiglio fondamentale: dobbiamo sforzarci di conservare una continua ed inattaccabile uguaglianza di cuore in una simile varietà di situazioni; e benché intorno a noi tutto muti in continuazione, dobbiamo rimanere saldamente fermi per guardare, tendere e protendere sempre al nostro Dio.

Qualunque rotta prenda la nave, sia che faccia vela verso ponente o verso levante, verso mezzogiorno o verso settentrione, qualunque sia il vento che la spinge, l'ago della bussola sarà sempre rivolto alla bella stella e al polo.

Anche se tutto dovesse capovolgersi, non soltanto intorno a noi, ma anche dentro di noi, nonostante tutto, per sempre e costantemente, la punta del nostro cuore, il nostro spirito, la nostra volontà superiore, che è la nostra bussola, deve guardare senza sosta e tendere stabilmente verso l'amore di Dio suo Creatore, suo Salvatore, suo unico e supremo bene. E questo indipendentemente dal fatto che la nostra anima sia nella tristezza o nella gioia, nella dolcezza o nell'amarezza, in pace o nel turbamento, nella luce o nelle tenebre, nella tentazione o nella serenità, nel piacere o nel disgusto, nella aridità o nella tenerezza, sia infine che il sole la bruci o che la rugiada la rinfreschi!

Sia che tu viva o tu muoia, dice l'apostolo, sei in Dio. Chi ci separerà dalla carità e dall'amore di Dio? Niente mai potrà separarci da quest'amore: né la tribolazione, né l'angoscia, né la morte, né la vita, né il dolore presente, né il timore degli eventi futuri, né le arti dello spirito maligno, né la grandezza delle consolazioni, né la tenerezza, né l'aridità: nulla dovrà mai separarci da questa santa carità fondata su Gesù Cristo.

Questo proposito così saldo di non abbandonare Dio e il suo tenero amore, è il contrappeso necessario perché le nostre anime si conservino nella santa uguaglianza in mezzo all'intreccio delle varie spinte che la natura di questa vita porta con sé.

Allo stesso modo che le api sorprese dal vento in aperta campagna, afferrano dei sassetti per potersi bilanciare nel volo e non essere facilmente travolte dalla tempesta, la nostra anima, che ha con forza e decisione abbracciato il prezioso amore di Dio, rimane salda in mezzo alla varietà e alternarsi di consolazioni e afflizioni, tanto spirituali che temporali, esteriori e interiori.

Ma oltre a questi insegnamenti di carattere generale, abbiamo bisogno di qualche indicazione specifica.

1. Ripeto che la devozione non consiste nella dolcezza, soavità, consolazione e tenerezza sensibile del cuore, che ci porta alle lacrime e ai sospiri e ci dà una certa gradevole e sensibile emozione in qualche esercizio di pietà. No, cara Filotea, queste emozioni e la devozione non sono nemmeno parenti! Ci sono molte anime che godono di queste tenerezze e consolazioni e che, non per questo, cessano di essere viziose, e di conseguenza non hanno un vero amore di Dio e, ancor meno, una vera devozione. Saul, mentre perseguitava a morte il povero Davide, fuggiasco davanti a lui nel deserto di Engaddi, un giorno penetrò tutto solo in una caverna in cui era nascosto Davide con i suoi; Davide in quell'occasione avrebbe potuto ucciderlo molto facilmente, ma gli risparmiò la vita; non solo, ma non volle nemmeno spaventarlo. Lo lasciò uscire e poi lo chiamò per dimostrargli in tal modo la propria innocenza e fargli sapere che lo aveva avuto alla sua mercè. E cosa non fece mai allora Saul per dimostrare che il suo cuore era commosso di fronte a Davide? Lo chiamò figlio mio, si mise a piangere ad alta voce, a lodarlo, ad esaltarne la bontà, a pregare Dio per lui, a predirne la futura grandezza, a raccomandargli i posteri. Come avrebbe potuto manifestare una maggiore dolcezza e tenerezza di cuore? Ciononostante nulla era cambiato nella sua anima, e continuò la persecuzione contro Davide, inesorabile come prima.

Ci sono persone che assomigliano a Saul, che riflettendo sulla bontà di Dio e sulla Passione del Salvatore, provano momenti di forte commozione e sospirano, versano lacrime, pregano e rendono grazie con modi molto sensibili. Si direbbe che sono presi da una fortissima devozione. Ma quando si giunge alla prova, ci si accorge che assomigliano ai temporali passeggeri di una estate molto calda, allorché cadono sulla terra grossi goccioloni senza penetrare in profondità e sono utili soltanto a far crescere funghi; infatti tutte quelle lacrime e tutte quelle tenerezze cadono su un cuore vizioso e non lo penetrano, per cui non gli sono di alcun giovamento. Nonostante tutte le apparenze, quella brava gente non si priverà di una sola lira di quanto possiede dopo averlo accumulato poco onestamente; non rinuncerà a uno solo degli affetti perversi, a un briciolo dei propri agi per il servizio del Salvatore sul quale ha pianto. I buoni movimenti che ha provato, sono soltanto funghi spirituali che, non solo non sono vera devozione, ma spesso sono soltanto astuzie del maligno, il quale distrae le anime con queste piccole consolazioni; e così le rende contente e soddisfatte di modo che non cercano la vera e solida devozione, che consiste in una volontà costante, decisa, pronta e operante di attuare ciò che sappiamo essere gradito a Dio.

Un bambino piangerà teneramente se vede assestare un colpo di bisturi alla mamma per un salasso; ma, se nello stesso tempo, sua madre, per la quale sta piangendo, gli dovesse chiedere la mela o il cartoccio di confetti che ha in mano, vedresti che non vuole cederle nulla. Molte delle nostre devozioni sono simili: quando pensiamo al colpo di lancia che trafisse il cuore di Gesù Cristo Crocifisso, piangiamo teneramente. Filotea, è cosa ben fatta piangere sulla morte e sulla passione dolorosa del nostro Padre e Redentore; ma perché non vogliano dargli il nostro cuore, la mela che @abbiamo in mano e che egli ci chiede con tanta insistenza, l'unico frutto d'amore che il Salvatore ci chiede? Perché non vogliamo lasciargli i nostri piccoli affetti, i nostri piccoli piaceri e le soddisfazioni? Egli vuole strapparcele dalle mani e non ci riesce, perché sono i nostri confetti e noi ne siamo molto più golosi che della sua grazia celeste.

Questi sono sentimenti da bambini, teneri ma deboli, fantasiosi, ma senza seguito.

La devozione non consiste in queste tenerezze e in questi affetti sensibili, che a volte provengono dalla natura talmente debole e impressionabile da assorbire tutte le impressioni che le si vogliono dare. Altre volte vengono dal maligno che per impacciarci nel cammino provoca la nostra immaginazione alla tensione che ci porta a quei risultati inutili.

2. Queste emozioni e dolcezze affettuose, qualche volta possono anche risultare utili perché provocano nell'anima il desiderio della devozione, danno conforto allo spirito, aggiungono alla presenza della devozione una santa gioia e una serena allegria che rende le nostre azioni spigliate e piacevoli anche esteriormente.

Questo gusto per le cose divine faceva esclamare a Davide: 0 Signore, quanto dolci sono le tue parole al mio palato, sono più dolci del miele alla mia bocca. La più piccola consolazione che ci viene dalla devozione, in ogni modo, vale più di tutte le gioie del mondo.

Il seno e il latte, ossia i favori dello sposo divino, per l'anima, sono migliori del vino più pregiato, ossia dei piaceri della terra: chi li ha assaporati considera tutte le altre consolazioni fiele e assenzio.

Chi mastica erba scitica (=monocotiledone) ne riceve una tale dolcezza che non prova più né fame né sete; allo stesso modo coloro ai quali Dio ha concesso la manna celeste delle soavità e delle consolazioni interiori, non possono più desiderare né ricevere le consolazioni del mondo; o almeno non possono trovarvi piacere o impegnarvi i loro affetti.

Sono piccoli assaggi delle dolcezze immortali che Dio concede alle anime che lo cercano; sono zuccherini che egli porge ai suoi figli più piccoli per invogliarli; sono bevande toniche che offre loro per sostenerli, e qualche volta sono anticipi delle eterne ricompense.

Si dice che Alessandro Magno, veleggiando in alto mare, scoprì per la prima volta l'Arabia felice guidato dai profumi che il vento gli aveva portato; questo diede coraggio sia a lui che ai suoi compagni. Allo stesso modo anche noi, nel mare di questa vita terrena, riceviamo dolcezze e soavità che ci fanno pregustare le delizie di quella Patria celeste alla quale tendiamo ed aspiriamo. ed aspiriamo.

3. Ma, mi dirai, dato che ci sono consolazioni sensibili buone che vengono da Dio, e ce ne sono anche di inutili, pericolose e persino dannose, che provengono dalla natura o anche dal nemico, come potrò distinguere le une dalle altre e riconoscere le cattive e le inutili in mezzo alle buone? E’ dottrina comune, cara Filotea, circa gli affetti e le passioni della nostra anima, che le possiamo riconoscere dai loro frutti. I nostri cuori sono alberi, gli affetti e le passioni i rami, le opere e le azioni i frutti. E’ buono il cuore che ha buoni affetti e sono buoni gli affetti e le passioni che producono in noi buoni frutti e sante azioni.

Se le dolcezze, le tenerezze e le consolazioni ci rendono più umili, pazienti, trattabili, caritatevoli e comprensivi nei confronti del prossimo, più pronti a mortificare le nostre concupiscenza e le cattive inclinazioni, più costanti nei nostri esercizi, più docili e disponibili nei confronti di coloro ai quali dobbiamo obbedire, più semplici nella nostra vita, in tal caso possiamo essere certi, Filotea, che vengono da Dio; ma se le dolcezze sono tali solo per noi, ci rendono strani, aspri, puntigliosi, impazienti, cocciuti, orgogliosi, presuntuosi, duri nei confronti del prossimo e, già pensando di essere dei santarelli, rifiutiamo di sottometterci alla direzione e alla correzione, si tratta, fuor di dubbio, di consolazioni false e dannose: un buon albero produce esclusivamente buoni frutti.

4. Allorché riceviamo dolcezze e consolazioni,

a) dobbiamo umiliarci profondamente davanti a Dio; stiamo bene attenti a non dire, provando quelle dolcezze: come sono santa! Filotea, quelli sono doni che non ci rendono migliori, perché, come ho già detto, la devozione non consiste in questo. Diciamo invece: Com'è buono il Signore con quelli che sperano in lui, con l'anima che lo cerca! Chi ha dello zucchero in bocca non può dire che sia la sua bocca ad essere dolce, ma deve dire che è lo zucchero che è dolce; la dolcezza spirituale che ci viene data è senz'altro ottima e ottimo anche Dio che ce la dà, ma non se ne conclude che sia buono anche chi la riceve!

b) Riconosciamo di essere ancora bambini bisognosi di latte e che, se ci vengono date queste zollette di zucchero, è perché abbiamo ancora lo spirito tenero e delicato, che ha bisogno di allettamenti e di lusinghe per essere attirato all'amore di Dio.

c) Tenendo presente tutto ciò, in linea di massima, prendiamo l'abitudine di ricevere con umiltà quelle grazie e quei favori, stimandoli molto grandi, non tanto perché lo sono in se stessi, ma ancor più perché vengono dalla mano di Dio, che li pone nel nostro cuore. Proprio come una madre che, per dimostrare affetto al figlio, gli mette in bocca con la propria mano, una dopo l'altra, le zollette di zucchero e le caramelle; se il bambino è sensibile apprezza molto di più la dolcezza, la grazia e la carezza della mamma, che lo zucchero delle caramelle. Vedi, Filotea, possedere delle dolcezze è molto, ma la dolcezza più grande è sapere che è Dio con la sua mano amorevole e materna a depositarcele in bocca, nel cuore, nell'anima, nello spirito.

d) Dopo averle ricevute con molta umiltà, serviamocene attentamente secondo l'intenzione di Colui che ce le ha date. Perché Dio ci ha dato queste dolcezze? Per renderci amabili con tutti e pieni di amore verso di Lui. La mamma dà una caramella al bambino per averne un bacio! E allora baciamo questo Salvatore che ci fa dono di tante dolcezze. Baciare il Salvatore, lo sai bene, vuol dire obbedirgli, osservare i suoi comandamenti, fare la sua volontà, seguire i suoi desideri; in breve: abbracciamolo teneramente con obbedienza e fedeltà.

Quando riceviamo consolazioni spirituali, dobbiamo essere ancora più attenti ad agire bene e ad umiliarci. e) Ogni tanto, poi, bisogna saper rinunciare a queste dolcezze, tenerezze e consolazioni; bisogna staccarne il cuore e protestare che, pur accettandole con umiltà ed amandole, perché è Dio che ce ne fa dono per attirarci al suo amore, tuttavia non sono quelle che noi cerchiamo, ma soltanto Dio e il suo santo amore. Non cerchiamo le consolazioni, ma il Consolatore; non le dolcezze, ma il nostro dolce Salvatore; non le che è la Soavità del cielo e della sentimento dobbiamo Prepararci a santo amore di Dio, anche se in non dovessimo mai incontrare alcuna consolazione. Noi vogliamo dire sul Calvario quello che diciamo sul Tabor: Signore, è bello stare qui con te, sia che io ti veda sulla Croce, come nella tua Gloria.

f) Infine, se ti dovesse capitare di trovarti in molte consolazioni, tenerezze, lacrime e dolcezze, o qualche altro favore divino da esse dipendente, ti consiglio di riferirne fedelmente alla tua guida spirituale, per sapere come devi comportarti e regolarti, perché sta scritto: Hai trovato il miele? Mangiane soltanto per star bene!

Capitolo XIV

LE ARIDITA E LE STERILITA’ DELLO SPIRITO

Quando ti troverai nelle consolazioni, cara Filotea, farai dunque come ti ho detto; ma il bel tempo, così gradevole, non durerà in eterno; anzi qualche volta ti capiterà di sentirti così vuota e lontana dal sentimento della devozione, che avrai la sensazione che la tua anima sia una terra deserta, senza frutti, arida, senza sentieri e senza piste per camminare verso Dio; senza nemmeno un filo d'acqua della sua grazia per irrigarla. L'aridità è tale che tutto fa temere che l'anima sarà presto ridotta simile a un terreno totalmente incolto e abbandonato. L'anima che si trova in questo stato, sinceramente merita compassione, soprattutto quando la sensazione di aridità è molto profonda; in tal caso l'anima si ciba giorno e notte di lacrime, proprio come Davide, mentre il nemico, per farla disperare, la deride con mille angustie e le chiede: Poveretta! e dov'è il tuo Dio? In quale via lo troverai? Chi potrà darti la gioia della sua santa grazia?

Che farai in simili occasioni, Filotea? Guarda da dove viene il male: spesso siamo noi stessi causa delle nostre aridità e sterilità.

l. Come la madre rifiuta lo zucchero al figlio soggetto ai vermi, così Dio ci priva delle consolazioni quando noi ne ricaviamo vuote emozioni e andiamo soggetti ai vermi della presunzione. Dio mio, hai fatto bene ad umiliarmi! Sì, perché prima che tu mi umiliassi io ti avevo offeso.

2. Quando trascuriamo di raccogliere le dolcezze e le delizie dell'amore di Dio nel tempo opportuno, il Signore le allontana da noi per punire la nostra pigrizia. L'israelita che non raccoglieva la manna di buon mattino, una volta sorto il sole, non gli era più possibile, perché si scioglieva.

3. A volte ci adagiamo in un letto di soddisfazioni sensuali e di consolazioni caduche, come la Sposa del Cantico dei Cantici. Lo Sposo delle nostre anime bussa alla porta del nostro cuore, ci invita a ricominciare di nuovo i nostri esercizi spirituali, ma noi vogliamo mercanteggiare, perché ci dispiace lasciare quelle gioie, e separarci dalle false soddisfazioni; allora egli passa oltre e ci lascia nella nostra pigrizia. In seguito poi, quando lo cercheremo, faticheremo molto a trovarlo. Ce lo meritiamo, perché siamo stati sleali e infedeli al suo amore e abbiamo rifiutato di viverne l'esperienza per seguire l'amore delle cose del mondo.

Se hai la farina d'Egitto, non puoi avere la manna del cielo! Le api odiano tutti i profumi artificiali; le soavità dello Spirito Santo non possono convivere con le delizie artificiali del mondo.

4. La doppiezza e la finzione nella confessione e nei colloqui spirituali con la propria guida, provoca l'aridità e la sterilità: dopo che hai mentito allo Spirito Santo, perché ti meravigli se ti priva della sua consolazione? Tu non vuoi essere semplice e spontanea come un bambino, e allora non avrai le caramelle destinate al bambino!

5. Ti sei ben ubriacata delle gioie mondane, perché ti meravigli allora se le delizie spirituali ti vengono a nausea? Dice un antico proverbio che le colombe ubriache trovano amare le ciliege. Ha colmato di beni gli affamati, dice la Madonna, e i ricchi li ha lasciati a mani vuote. i ricchi di piaceri mondani non possono ricevere quelli spirituali.

6. Hai conservato bene i frutti delle consolazioni ricevute. In tal caso ne riceverai delle altre, perché a colui che ha sarà dato ancora di più ma a quello che ha perso tutto per propria colpa sarà 'tolto anche quello che non ha; ossia sarà privato anche delle grazie che gli erano destinate. Osserva come la pioggia dia vita alle piante che hanno ancora del verde; ma a quelle che non ne hanno Più, toglie anche la vita che non hanno, perché le fa marcire del tutto.

Per molte di queste cause noi perdiamo le consolazioni devote e cadiamo nell'aridità e sterilità di spirito; esaminiamo la nostra coscienza per vedere se vi scopriamo manchevolezza in questo campo. Nota però, Filotea, che non devi fare questo esame con agitazione e troppo puntiglio; ma dopo aver obiettivamente preso in esame le eventuali colpe a questo proposito, se scopri che la causa dei male è dentro di te, ringrazia Dio, perché il male quando se ne scopre la causa, per metà è già guarito. Se, al contrario, non trovi nulla che, secondo te, possa essere la causa di questa aridità, non impegnarti in un esame più accurato, ma, con tutta semplicità, senza scendere a dettagli, fa quello che ora ti dirò:

1. Umiliati profondamente davanti a Dio, riconoscendo il tuo nulla e la tua miseria: Che cosa ne è di me quando sono affidata a me stessa? Signore, sono soltanto terra arida, con enormi crepe da tutte le parti, con una grande sete di pioggia dal cielo, che il vento dissipa e riduce in polvere.

2. Invoca Dio e domandagli la sua gioia: Rendimi, Signore, la gioia della tua salvezza. Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice. Partiti da qui, vento secco, che inaridisci la mia anima; e tu, brezza gentile di consolazione, vieni e soffia nel mio giardino; i tuoi buoni affetti spanderanno soavi profumi.

3. Va dal tuo confessore, aprigli bene il cuore, svelagli tutti i nascondigli della tua anima, accetta i consigli che ti darà, con grande semplicità e umiltà. Dio ama infinitamente l'obbedienza, per cui aggiunge spesso efficacia ai consigli che si ricevono da altri, soprattutto quando si tratta delle guide delle anime, anche se non c'è nessuna esteriorità apparente; pensa a Naaman: il Signore rese per lui prodigiose le acque del Giordano, nelle quali Eliseo, senza alcuna ragione apparente, gli aveva ordinato di bagnarsi.

4. Ma, dopo tutto, niente è così utile e così fruttuoso, in tali aridità e sterilità, come il non affezionarsi e attaccarsi al desiderio di essere liberati. Non dico che non bisogna, con molta semplicità, aspirare alla liberazione; ma dico che non ci si deve affezionare, anzi bisogna rimettersi con semplicità nelle mani della Provvidenza di Dio, affinché si serva di noi tra le spine e nel deserto, fin che gli piacerà. Diciamo a Dio in tale frangente: Padre, se è possibile, allontana da me questo calice; ma aggiungiamo con grande coraggio: tuttavia sia fatta la tua volontà e non la mia, e fermiamoci lì, con tutta la calma possibile. Dio vedendoci in quella santa indifferenza ci consolerà con molte grazie e favori, come quando vide Abramo deciso a privarsi del suo figlio Isacco. Gli bastò vederlo indifferente nell'accettare, e lo consolò con una visione molto gradita e con dolcissime benedizioni. In ogni genere di afflizioni, sia corporali che spirituali, e nella diminuzione, o addirittura sparizione della devozione sensibile, che ci può capitare, dobbiamo dire con tutto il cuore e con profonda sottomissione: Il Signore mi ha dato delle consolazioni, il Signore me le ha tolte; sia benedetto il suo santo Nome!

Se perseveriamo nell'umiltà, ci colmerà dei suoi deliziosi favori, come fece con Giobbe, che, in tutte le tribolazioni si espresse con queste parole.

5. Infine, Filotea, tra tutte le nostre aridità e sterilità, non perdiamo il coraggio, ma aspettiamo con pazienza, il ritorno delle consolazioni. Continuiamo il nostro abituale modo di vivere; non tralasciamo per questo motivo nessun esercizio di devozione, anzi, se ci è possibile, moltiplichiamo le buone azioni; e se non possiamo presentare allo sposo la marmellata, gli daremo la frutta secca; per lui fa lo stesso, a condizione che il cuore che gliela offre, sia decisamente risoluto ad amarlo.

Quando la primavera è bella, le api fanno più miele e si occupano meno delle ninfe, perché con il bel tempo si divertono molto a fare la raccolta sui fiori, tanto che dimenticano di occuparsi delle ninfe; ma quando la primavera è fredda e nuvolosa, si occupano di più delle ninfe e fanno meno miele, perché non potendo uscire per fare la raccolta del polline, occupano il tempo ad accrescere e moltiplicare la loro stirpe.

Capita spesso, Filotea, che l'anima, trovandosi in una bella primavera di consolazioni spirituali, si distragga talmente nel desiderio di accumularle e assaporarle, che, per l'abbondanza delle piacevoli delizie, si occupa molto meno delle opere buone. Al contrario quando si trova nell'asprezza e nell'aridità spirituale, a misura che si vede privata dei sentimenti piacevoli della devozione, moltiplica le opere concrete e interiormente genera più copiose le vere virtù, quali la pazienza, l'umiltà, l'abiezione di sé, la rassegnazione, l'abnegazione dell'amor proprio.

Molti, specialmente le donne, cadono nel grave errore di credere che il servizio che noi rendiamo a Dio

senza piacere, senza tenerezza di cuore e senza sentimento, sia meno gradito alla Maestà divina; al contrario, le nostre azioni sono come le rose che, quando sono fresche, sono più belle, quando invece sono secche emanano un profumo più acuto: lo stesso avviene per le nostre opere; quelle fatte con tenerezza di cuore piacciono più a noi, dico a noi, perché noi guardiamo soltanto il nostro piacere; quelle invece compiute con aridità e sterilità, sono più profumate e hanno più valore davanti a Dio. Sì, cara Filotea, in tempo di aridità, la volontà ci trascina al servizio di Dio quasi per forza, e per conseguenza, deve essere più vigorosa e costante che in tempo di tenerezze.

Non vale gran che servire un principe in tempo di pace, negli agi della corte; ma servirlo nella durezza della guerra, in mezzo ai torbidi e alle persecuzioni, è un vero segno di costanza e di fedeltà.

La Beata Angela da Foligno dice che "l'orazione più gradita a Dio è quella che si fa per forza e costrizione", ossia quella che facciamo, non per il piacere che vi troviamo, o perché vi siamo portati, ma soltanto per piacere a Dio; ed è la nostra volontà che ci trascina quasi a forza, facendo violenza alle aridità e alle ripugnanze che vi si oppongono,

Dico la stessa cosa per ogni sorta di buone opere, perché più noi proviamo contrarietà a compierle, sia quelle interiori che quelle esteriori, più godono del favore e della stima di Dio. Nelle virtù, minore è l'interesse da parte nostra e più vi splende in tutta la sua purezza l'amore di Dio. Facilmente il bambino bacia la mamma che gli regala lo zuccherino, ma se la bacia dopo che gli ha dato assenzio o fiele, allora sì che è segno che le vuole veramente molto bene!

Capitolo XV

UN ESEMPIO NOTEVOLE, A CONFERMA E CHIARIMENTO DI QUANTO E’ STATO DETTO

Per dare maggior credito a quanto ho detto, voglio presentarti un brano molto eloquente della storia di S. Bernardo; te lo trascrivo prendendolo da un dotto e giudizioso scrittore. Ecco cosa dice:

è cosa ordinaria per quasi tutti quelli che si pongono al servizio di Dio e non sono ancora esperti nell'affrontare le privazioni della grazia e le alternanze della vita spirituale, quando viene loro a mancare il gusto della devozione sensibile, e quella gradita luce che invita a sollecitare il cammino verso Dio, perdere d'un colpo il respiro, e cadere nella paura e nella tristezza del cuore.

La gente saggia dà questa spiegazione: la natura ragionevole non può rimanere a lungo affamata e senza qualche soddisfazione, sia essa celeste o terrestre. Le anime innalzate al di sopra di se stesse in virtù di piaceri superiori, dimenticano facilmente tutte le cose sensibili; la s ' tessa cosa avviene quando per disposizione divina viene loro tolta la gioia spirituale: trovandosi senza consolazioni sensibili, e non essendo ancora abituate a saper attendere con pazienza il ritorno del vero sole, provano l'impressione di non essere più in cielo né sulla terra ma sepolte in una notte senza fine: di modo che, come lattanti che vengono svezzati, piagnucolano e si lamentano perché non hanno più le mammelle da succhiare e diventano noiosi e insopportabili, soprattutto a se stessi.

Ecco cosa capitò, lungo il cammino di cui stiamo parlando, a uno dei monaci di nome Goffredo di Peronne, da poco entrato al servizio di Dio. Trovandosi improvvisamente arido, privo di consolazioni e preso dalle tenebre interiori, gli ritornarono alla mente gli amici del mondo, i parenti, le ricchezze lasciate da poco, e fu assalito da una forte tentazione che non riuscì a nascondere; uno di quelli, con cui era maggiormente in confidenza, se ne accorse e, avendolo avvicinato con molta discrezione e parole gentili, gli chiese a tu per tu: " Che cosa ti succede, Goffredo? Come mai, contrariamente al tuo solito, sei così pensoso e afflitto? " Rispose Goffredo accompagnando le parole con un profondo sospiro: " Fratello caro, nella mia vita non sarò mai felice". L'altro, mosso a pietà da tali parole, spinto da zelo fraterno, corse subito a raccontare tutto al padre comune S. Bernardo, che, sentendo il pericolo, entrò in chiesa e pregò Dio per lui. Nel frattempo Goffredo, oppresso da tristezza, poggiata la testa su una pietra, si addormentò.

Dopo un po' entrambi si alzarono: l'uno dall'orazione con la grazia impettata, l'altro dal sonno, così contento e sereno, che l'amico si meravigliò molto di un cambiamento così radicale e improvviso, e non poté trattenersi dal muovergli amichevolmente un rimprovero per quello che gli aveva risposto prima. Goffredo allora disse: " Se prima ti ho detto che mai sarei stato felice, ora ti garantisco che non sarò mai triste! " Questa è stata la conclusione della tentazione di quel devoto monaco, Filotea; ma voglio farti notare alcune cose in questo racconto:

l. Ordinariamente a chi entra al suo servizio, Dio dà un saggio delle gioie celesti, per far uscire dai piaceri terreni e incoraggiare a cercare l'amore divino, come una mamma che per invogliare e attirare il bambino a succhiare la mammella ci mette sopra un po' di miele.

2. E’ sempre lo stesso buon Dio che qualche volta, secondo i suoi saggi disegni, ci toglie il latte e il miele delle consolazioni, per farci divezzare, e insegnarci a mangiare il pane secco e più solido di una devozione forte, esercitata alle prove del disgusto e delle tentazioni.

3. Qualche volta, mentre siamo afflitti da aridità e sterilità, scoppiano terribili burrasche; in tal caso dobbiamo combattere con costanza le tentazioni, perché quelle non vengono da Dio, ma dobbiamo sopportare pazientemente le aridità, perché quelle Dio le ha permesse per esercitarci.

4. Non dobbiamo mai perderci di coraggio quando siamo afflitti da guai interiori, e non dire come il buon Goffredo: Non sarò mai felice, perché nella notte dobbiamo aspettare la luce; viceversa anche nel mezzo del più bel tempo spirituale che possa capitarci, non bisogna dire: Io non avrò più guai! Dice infatti il Saggio che nei giorni felici bisogna ricordarsi della sventura. Bisogna sperare nelle difficoltà e temere nella prosperità, e sia nell'un caso che nell'altro, umiliarsi.

5. Confidare il proprio male a qualche amico spirituale che possa aiutarci è un ottimo rimedio.

Infine, a conclusione di questa raccomandazione così necessaria, ti faccio notare che, in questo come del resto in tutte le cose, il buon Dio e il maligno vogliono esattamente l'opposto: Dio vuole condurci con le aridità a una grande purezza di cuore, alla totale rinuncia al nostro interesse personale in tutto ciò che riguarda il suo servizio, a una perfetta spogliazione di noi stessi; il maligno cerca di servirsi delle stesse difficoltà per scoraggiarci, farci ritornare ai piaceri sensuali, e infine renderci tediosi a noi stessi e agli altri, per denigrare e screditare la santa devozione.

Ma se rifletti agli insegnamenti che ti ho dato, aumenterai di molto la tua perfezione continuando l'esercizio della devozione anche in mezzo alle afflizioni interiori, sulle quali non voglio chiudere il discorso senza dire ancora una parola.

Qualche volta, la nausea, la sterilità e l'aridità provengono da indisposizioni fisiche; il che può capitare per le veglie eccessive, per le fatiche e i digiuni; che ci ammazzano di stanchezza, ci intontiscono, ci fiaccano e ci gravano anche di altre infermità. t vero che dipendono dal corpo, ma coinvolgono anche lo spirito, per lo stretto legame che li unisce. In tali circostanze, bisogna ricordarsi di fare sempre molti atti di virtù con la punta dello spirito e la volontà superiore; anche se tutta la nostra anima sembra dormire ed essere presa dal sopore e dalla stanchezza, non è per questo che gli atti del nostro spirito saranno meno graditi a Dio; in quei momenti possiamo dire come la Sposa: Dormo, ma il mio cuore veglia; e, come ho già detto, se è indubitabile che in tali circostanze c'è meno soddisfazione, è sicuro però che c'è più merito e virtù.

In tali situazioni il rimedio è di rinvigorire il corpo con qualche opportuno trattamento e qualche distrazione; è per questo che Francesco comandava ai suoi frati di essere moderati nel lavoro, in modo da non fiaccare il fervore dello spirito.

E a proposito di questo glorioso Padre, una volta fu preso e agitato da una malinconia di spirito così profonda tanto che non poteva impedirsi di tradirlo nel comportamento. Non riusciva più a conversare con i suoi religiosi e, se se ne allontanava, era peggio. L'astinenza e la macerazione della carne lo opprimevano, l'orazione non gli dava più alcun sollievo.

Rimase in quello stato due anni, tanto che sembrava che Dio lo avesse completamente abbandonato. Alla fine, dopo aver umilmente sopportato quella rude tempesta, il Salvatore gli ridiede in un attimo tutta la sua beata serenità.

Questo per dirti che i più grandi servi di Dio sono soggetti a queste burrasche; e noi piccoli tra tutti, non dobbiamo meravigliarci se qualche cosetta capita anche a noi.


4-107 Febbraio 9, 1902 Gesù si mette a disposizione dell’anima. Lei chiede il miracolo di non far confermare il divorzio.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Questa mattina, il mio dolcissimo Gesù nel venire mi ha partecipato in abbondanza le sue pene, tanto, che mi sentivo come se dovessi morire. Ora mentre mi sentivo in tale stato, il benedetto Gesù intenerito e commosso nel vedermi soffrire si è messo nel mio interno, e piegandosi le mani mi ha detto:

(2) “Figlia mia, come tu sei stata a mia disposizione a soffrire, così anch’Io per contraccambianti mi metto a tua disposizione, dimmi che vuoi che faccia, ché sono pronto a far ciò che tu vuoi”.

(3) Onde io ricordandomi quanto gli dispiacerebbe se gli uomini confermassero la legge del divorzio, ed i mali che alla società ne verrebbero, gli ho detto: “Dolce mio bene, giacché vi benignate di mettervi a mia disposizione, voglio che con la vostra onnipotenza operate un prodigio, che incatenando la volontà delle creature, non potessero confermare questa legge”. Ed il Signore pareva che accettava la mia proposta, dicendomi: “Quasi tutte le vittime che sono state sulla terra e che ora si trovano in Cielo, tengono qualche stella fulgidissima alle loro corone, che le fanno ben distinguere del posto loro occupato, e queste stelle non sono altro che qualche gloria grande che hanno procurato a Dio, ed insieme un bene grande alla umanità, mercé il mezzo loro. Tu vuoi che operassi un prodigio per non far confermare questo divorzio, altrimenti non potrebbe ciò succedere; ebbene, per amor tuo farò questo prodigio, e questa sarà la stella più fulgida che risplenderà alla tua corona; cioè, per aver con le tue sofferenze impedito che la mia giustizia in questi tristi tempi, alle tante scelleratezze che commettono, permettesse anche questo male che loro stessi hanno voluto. Quindi si può dare più gloria grande a Dio e più bene agli uomini”.