Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Lo spirito umano senza la fiamma del divino amore è portato a raggiungere la fila delle bestie, mentre al contrario la carità , l'amore di Dio lo innalza tant'alto da giungere fino al trono di Dio. Ringraziate senza mai stancarvi la liberalità  di un sì buon Padre e pregatelo che accresca sempre più la santa carità  nel vostro cuore. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 26° settimana del tempo ordinario (Santa Teresa di Gesù Bambino)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 16

1Diceva anche ai discepoli: "C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.2Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.3L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.4So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.5Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo:6Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta.7Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.8Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

9Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
11Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona".

14I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.15Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio.

16La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi.

17È più facile che abbiano fine il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge.

18Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.

19C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.20Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe,21bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.23Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.24Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.25Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.26Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.27E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre,28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.29Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.30E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.31Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".


Esodo 32

1Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: "Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto".2Aronne rispose loro: "Togliete i pendenti d'oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me".3Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne.4Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: "Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!".5Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: "Domani sarà festa in onore del Signore".6Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.
7Allora il Signore disse a Mosè: "Va', scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto, si è pervertito.8Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto".
9Il Signore disse inoltre a Mosè: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice.10Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione".
11Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: "Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto con grande forza e con mano potente?12Perché dovranno dire gli Egiziani: Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra? Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo.13Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre".
14Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo.
15Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra.16Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole.
17Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè: "C'è rumore di battaglia nell'accampamento".18Ma rispose Mosè:

"Non è il grido di chi canta: Vittoria!
Non è il grido di chi canta: Disfatta!
Il grido di chi canta a due cori
io sento".

19Quando si fu avvicinato all'accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l'ira di Mosè: egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna.20Poi afferrò il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell'acqua e la fece trangugiare agli Israeliti.
21Mosè disse ad Aronne: "Che ti ha fatto questo popolo, perché tu l'abbia gravato di un peccato così grande?".22Aronne rispose: "Non si accenda l'ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è inclinato al male.23Mi dissero: Facci un dio, che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia capitato.24Allora io dissi: Chi ha dell'oro? Essi se lo sono tolto, me lo hanno dato; io l'ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello".
25Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne il ludibrio dei loro avversari.26Mosè si pose alla porta dell'accampamento e disse: "Chi sta con il Signore, venga da me!". Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi.27Gridò loro: "Dice il Signore, il Dio d'Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell'accampamento da una porta all'altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente".
28I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo.29Allora Mosè disse: "Ricevete oggi l'investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi Egli vi accordasse una benedizione".
30Il giorno dopo Mosè disse al popolo: "Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa".
31Mosè ritornò dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro.32Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!".
33Il Signore disse a Mosè: "Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me.34Ora va', conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato".
35Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne.


Proverbi 22

1Un buon nome val più di grandi ricchezze
e la benevolenza altrui più dell'argento e dell'oro.
2Il ricco e il povero si incontrano,
il Signore ha creato l'uno e l'altro.
3L'accorto vede il pericolo e si nasconde,
gli inesperti vanno avanti e la pagano.
4Frutti dell'umiltà sono il timore di Dio,
la ricchezza, l'onore e la vita.
5Spine e tranelli sono sulla via del perverso;
chi ha cura di se stesso sta lontano.
6Abitua il giovane secondo la via da seguire;
neppure da vecchio se ne allontanerà.
7Il ricco domina sul povero
e chi riceve prestiti è schiavo del suo creditore.
8Chi semina l'ingiustizia raccoglie la miseria
e il bastone a servizio della sua collera svanirà.
9Chi ha l'occhio generoso sarà benedetto,
perché egli dona del suo pane al povero.
10Scaccia il beffardo e la discordia se ne andrà
e cesseranno i litigi e gli insulti.
11Il Signore ama chi è puro di cuore
e chi ha la grazia sulle labbra è amico del re.
12Gli occhi del Signore proteggono la scienza
ed egli confonde le parole del perfido.
13Il pigro dice: "C'è un leone là fuori:
sarei ucciso in mezzo alla strada".
14La bocca delle straniere è una fossa profonda,
chi è in ira al Signore vi cade.
15La stoltezza è legata al cuore del fanciullo,
ma il bastone della correzione l'allontanerà da lui.
16Opprimere il povero non fa che arricchirlo,
dare a un ricco non fa che impoverirlo.

17Porgi l'orecchio e ascolta le parole dei sapienti
e applica la tua mente alla mia istruzione,
18perché ti sarà piacevole custodirle nel tuo intimo
e averle tutte insieme pronte sulle labbra.
19Perché la tua fiducia sia riposta nel Signore,
voglio indicarti oggi la tua strada.
20Non ti ho scritto forse trenta
tra consigli e istruzioni,
21perché tu sappia esprimere una parola giusta
e rispondere con parole sicure a chi ti interroga?
22Non depredare il povero, perché egli è povero,
e non affliggere il misero in tribunale,
23perché il Signore difenderà la loro causa
e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati.
24Non ti associare a un collerico
e non praticare un uomo iracondo,
25per non imparare i suoi costumi
e procurarti una trappola per la tua vita.
26Non essere di quelli che si fanno garanti
o che s'impegnano per debiti altrui,
27perché, se poi non avrai da pagare,
ti si toglierà il letto di sotto a te.
28Non spostare il confine antico,
posto dai tuoi padri.
29Hai visto un uomo sollecito nel lavoro?
Egli si sistemerà al servizio del re,
non resterà al servizio di persone oscure.


Salmi 18

1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'

Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.

8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.

11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.

17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.

21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.

26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.

31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.

36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.

41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.

47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.

50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.


Naum 3

1Guai alla città sanguinaria,
piena di menzogne,
colma di rapine,
che non cessa di depredare!
2Sibilo di frusta, fracasso di ruote,
scalpitio di cavalli, cigolio di carri,
3cavalieri incalzanti, lampeggiare di spade,
scintillare di lance, feriti in quantità,
cumuli di morti, cadaveri senza fine,
s'inciampa nei cadaveri.
4Per le tante seduzioni della prostituta,
della bella maliarda, della maestra d'incanti,
che faceva mercato dei popoli con le sue tresche
e delle nazioni con le sue malìe.
5Eccomi a te, oracolo del Signore degli eserciti.
Alzerò le tue vesti fin sulla faccia
e mostrerò alle genti la tua nudità,
ai regni le tue vergogne.
6Ti getterò addosso immondezze,
ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio.
7Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da te
e dirà: "Ninive è distrutta!". Chi la compiangerà?
Dove cercherò chi la consoli?

8Sei forse più forte di Tebe,
seduta fra i canali del Nilo,
circondata dalle acque?
Per baluardo aveva il mare
e per bastione le acque.
9L'Etiopia e l'Egitto erano la sua forza
che non aveva limiti.
Put e i Libi erano i suoi alleati.
10Eppure anch'essa fu deportata,
andò schiava in esilio.
Anche i suoi bambini furono sfracellati
ai crocicchi di tutte le strade.
Sopra i suoi nobili si gettarono le sorti
e tutti i suoi grandi furon messi in catene.
11Anche tu berrai fino alla feccia e verrai meno,
anche tu cercherai scampo dal nemico.

12Tutte le tue fortezze sono come fichi
carichi di frutti primaticci:
appena scossi, cadono i fichi
in bocca a chi li vuol mangiare.
13Ecco il tuo popolo: in te vi sono solo donne,
spalancano la porta della tua terra ai nemici,
il fuoco divora le tue sbarre.
14Attingi acqua per l'assedio, rinforza le tue difese,
pesta l'argilla, impasta mattoni, prendi la forma.
15Eppure il fuoco ti divorerà,
ti sterminerà la spada,

anche se ti moltiplicassi come le cavallette,
se diventassi numerosa come i bruchi,
16e moltiplicassi i tuoi mercenari
più che le stelle del cielo.
La locusta mette le ali e vola via!
17I tuoi prìncipi sono come le locuste,
i tuoi capi come sciami di cavallette,
che si annidano fra le siepi quand'è freddo,
ma quando spunta il sole si dileguano
e non si sa dove siano andate.

18Re d'Assur, i tuoi pastori dormono,
si riposano i tuoi eroi!
Il tuo popolo vaga sbandato per i monti
e nessuno lo raduna.
19Non c'è rimedio per la tua ferita,
incurabile è la tua piaga.
Chiunque sentirà tue notizie batterà le mani.
Perché su chi non si è riversata
senza tregua la tua crudeltà?


Lettera agli Ebrei 10

1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:

'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.

8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.

11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:

16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',

17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.

18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.

19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.

26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!

32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.

37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.

39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.


Capitolo II: La verità si fa sentire dentro di noi senza altisonanti parole

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1. "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). "Io sono il tuo servo; dammi luce per apprezzare quello che tu proclami" (Sal 118,125). Disponi il mio cuore alle parole della tua bocca; il tuo dire discenda come rugiada. Dissero una volta a Mosè i figli di Israele: "Parlaci tu, e potremo ascoltarti; non ci parli il Signore, affinché non avvenga che ne moriamo" (Es 20,19). Non così, la mia preghiera, o Signore. Piuttosto, con il profeta Samuele, in umiltà e pienezza di desiderio, io ti chiedo ardentemente: "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). Non mi parli Mosè o qualche altro profeta; parlami invece tu, Signore Dio, che ispiri e dai luce a tutti i profeti: tu solo, senza di loro, mi puoi ammaestrare pienamente; quelli, invece, senza di te, non gioverebbero a nulla. Possono, è vero, far risuonare parole, ma non danno lo spirito; parlano bene, ma, se tu non intervieni, non accendono il cuore; lasciano degli scritti, ma sei tu che ne mostri il significato; presentano i misteri, ma sei tu che sveli il senso di ciò che sta dietro al simbolo; emettono ordini, ma sei tu che aiuti ad eseguirli; indicano la strada , ma sei tu che aiuti a percorrerla. Essi operano solamente all'esterno, ma tu prepari ed illumini i cuori; essi irrigano superficialmente, ma tu rendi fecondi; essi fanno risuonare delle parole, ma sei tu che aggiungi all'ascolto il potere di comprendere.  

2. Non mi parli dunque Mosè; parlami tu, Signore mio Dio, verità eterna, affinché, se ammonito solo esteriormente e privo di fuoco interiore, io non resti senza vita e non mi isterilisca; affinché non mi sia di condanna la parola udita non tradotta in pratica, conosciuta ma non amata, creduta ma non osservata. "Parla, dunque, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10): "tu hai infatti parole di vita eterna" (Gv 6,69). Parlami, affinché scenda un po' di consolazione all'anima mia, e tutta la mia vita sia purificata. E a te sia lode e onore perpetuo.


DISCORSO 348/A AUGM. DISCORSO DI SANT'AGOSTINO CONTRO PELAGIO

Discorsi - Sant'Agostino

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Perché eravamo morti, Cristo venne a darci la vita.

1. Il motivo per cui il nostro Signore Gesù Cristo è venuto [sulla terra] e si è incarnato è perché, quando venne, trovò tutti gli uomini immersi nel peccato. Che questa sia stata la causa della sua venuta lo afferma con estrema precisione l'Apostolo in questi termini: Parola certa e degna d'essere accettata da tutti [è] che Gesù Cristo è venuto in questo mondo a salvare i peccatori, dei quali io sono il primo 1. Il motivo per cui il Figlio di Dio, Dio lui stesso, Dio eterno, eterno come il Padre e a lui uguale, discese dal cielo in terra, si incarnò e morì per noi, non fu altro se non perché noi eravamo privi della vita. Il medico non sarebbe disceso se non ci fossero stati dei malati; la vita non sarebbe discesa se non ci fossero stati dei morti. Se siete stati attenti, avete ascoltato quanto oggi si leggeva nell'Apostolo. Egli dice: Dio dà prova del suo amore per noi poiché, mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi. Molto più ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira [di Dio] per mezzo di lui 2. È questa la grazia di Dio, ottenuta ad opera del Signore nostro Gesù Cristo 3. Di questa grazia parlarono prima i profeti, poi parlò egli stesso di sua propria bocca; in seguito, venuta a mancare la sua presenza fisica, ne parlarono gli apostoli; e finalmente, è questa la grazia conservata e confessata da tutta la Chiesa. Lei la predica e la inculca e la venera. Ecco qual è la grazia di Dio, ottenuta ad opera di Gesù Cristo nostro Signore.

L’uomo incapace di sollevarsi dal peccato.

2. Questo dunque dovete anzitutto sapere, carissimi; o meglio questo dovete ricordare, poiché è una cosa che sapete e che continuamente ascoltate: nessun uomo può conseguire la salvezza con i suoi meriti personali e con le sue proprie forze. Fu infatti facile all'uomo causarsi delle ferite, come è facile, per quanto riguarda la nostra vita corporale, che l'uomo riesca anche a togliersela. Ma l'uomo è capace forse di risuscitare da morte? Per cadere, dunque, non avevamo bisogno di alcun aiuto; anzi, proprio per questo cademmo: perché ci eravamo sottratti all'aiuto divino. Per rialzarci dal nostro stato di prostrazione, dobbiamo viceversa chiedere a lui l'aiuto, se non vogliamo rimanere nei nostri peccati. Avete ascoltato l'Apostolo: Cristo è morto per noi 4, non per sé ma per non. Perché non per sé, ma per noi? Perché, non essendo in lui alcun peccato 5, non aveva alcun motivo di morire. La morte infatti è la pena del peccato 6 : per cui, se Adamo non avesse peccato, non sarebbe certamente morto, e noi non saremmo stati soggetti alla morte per essere nati dalla sua stirpe. Ma ecco, venne quell'Unico che era senza peccato per eliminare tutti i peccati: infatti un uomo meritevole di castigo non avrebbe potuto sciogliere chi era legato; un uomo colpevole non avrebbe potuto liberare chi meritava condanna. Egli pertanto prese il corpo da una vergine esente da concupiscenza carnale; e quel corpo che prese non procurò a noi ferite ma fu medicina per le nostre ferite. Cristo è morto per noi 7.

Con l’Incarnazione Dio si è reso visibile all’uomo malato.

3. Cos'altro cercheremo da lui? Chi è il Cristo? Lo avete udito. Quando il Signore interrogò i suoi discepoli 8, gli fu risposto da Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo 9. Lui è figlio per natura, noi per grazia; lui figlio unico, noi figli numerosi perché, mentre lui è generato [dal Padre], noi siamo stati adottati. Avendo dunque Dio un unico Figlio, quest'unico diletto Figlio [Dio], come si esprime l'Apostolo, non lo risparmiò ma lo consegnò [alla morte] per tutti noi 10. Quale medicina più efficace avrebbe potuto chiedere o sperare il genere umano, di quanto non sia stato l'avere [Dio] inviato il suo unico Figlio non a vivere con noi ma a morire per noi? E per morire per noi prese un corpo in cui potesse morire, perché il Verbo in quanto era Dio presso Dio Padre non aveva di che morire. In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 11. Cosa c'era nel Verbo che si potesse vedere con gli occhi e toccare con le mani? Come sarebbe potuta essere in Dio la sofferenza e la morte? Solo con la mente si può vedere ciò che è invisibile; ma la mente stessa era avvolta dalle tenebre, era accecata dai peccati; l'uomo tutto intero era debole, tutto malato, tutto ferito, oso dire tutto morto e sepolto. Come dunque [questo uomo] avrebbe potuto vedere colui che è onnipresente, se non aveva sano l'occhio interiore con cui potesse vedere le realtà invisibili?

Se vogliamo vivere, non ci teniamo uniti alla morte.

4. In noi dunque non c'era nulla di sano. Scese il medico a curarci nel corpo e nell'anima, essendo egli il salvatore del corpo e dell'anima. I nostri medici infatti possono curare le persone che essi non hanno creato. Se pertanto un medico-uomo cura usando cose create da Dio, quanto più Dio sarà in grado di guarire con rimedi suoi? Inoltre, il medico cura un uomo che finirà col morire. Dio cura colui che vivrà in eterno; e il fatto stesso d'esser voluto morire per noi è diventato medicina per noi. Grande, fratelli, è la misericordia del nostro Medico se ci ha voluti curare non con un suo unguento ma con il suo sangue. Dice: Ancor più ora che siamo giustificati... Giustificati come? Nel suo sangue. Non per le nostre opere, non per i nostri meriti, ma, giustificati nel suo sangue, per mezzo di lui saremo salvi dall'ira 12 [divina]. Non da noi stessi ma per mezzo di lui. Ci ha inchiodati alla croce: se vogliamo vivere, occorre assolutamente che non ci teniamo uniti alla morte 13. Chi si attacca a se stesso si attacca alla morte. Ma nel morto non c'è la vita. Cosa può attendersi da se stesso un morto? Da solo è potuto morire; non potrà da solo tornare in vita. Noi da noi stessi abbiamo potuto peccare, e lo possiamo anche ora, ma da soli non potremo risorgere. La nostra speranza non sia dunque riposta in altri se non in Dio 14. Gemiamo dinanzi a lui; speriamo in lui. Per quanto sta in noi, sforziamoci con la volontà, per meritare di ottenere con la preghiera quanto speriamo.

Per lungo tempo Agostino predica contro l’errore pelagiano, tacendo il nome di Pelagio.

5. Stando così le cose, vi dirò con molta franchezza, fratelli, una cosa che non c'è motivo di tenere nascosta: vi parlerò di una eresia nuova e finora sconosciuta. Per quanto infatti serpeggiasse ampiamente, siccome rimaneva occulta, noi, nei limiti che ci era possibile, l'abbiamo tollerata in silenzio finché non fosse venuta allo scoperto da sola. Abbiamo sempre combattuto l'errore in se stesso; tacevamo il nome degli autori sperando che si correggessero caso mai li avessimo convinti dell'errore; tacevamo il nome degli autori: non c'era infatti soluzione migliore e più desiderabile di questa: che cioè costoro, ascoltando quanto noi predicavamo in conformità con l'antichissima dottrina della Chiesa, mossi da timore si fossero trattenuti dal predicare i loro errori e si fossero lasciati guarire nel silenzio, convertendosi a Colui che risana tutti coloro che invocano il suo nome 15. Per lungo tempo ci siamo attenuti a questa norma. È vero infatti che abbiamo scritto diverse cose su questa empietà e che questi scritti stavano già andando in mano a più di un lettore, tuttavia i nomi di coloro sui quali scrivevamo non erano ancora a vostra conoscenza. Quanto ai predicatori stessi, alcuni sono stati dalle nostre parti e qualcuno di loro si è ricreduto. Di loro e della loro salvezza ci rallegriamo nel nome del Signore e per la sua misericordia. Sono stati infatti proprio alcuni di questi che si sono ravveduti dell'errore in cui erano caduti a supplicarci con insistenza affinché scriviamo qualcosa sull'errore stesso.

Agostino ha le prime notizie su Pelagio.

6. Adesso però abbiamo sentito dire che colui, che è il rappresentante principale e l'autore di questa perniciosa dottrina, è stato in oriente prosciolto [dalla condanna] con intervento episcopale e dichiarato cattolico. Per ottenere questo egli ha negato essere sue le affermazioni che gli si rimproveravano e, riguardo a ciò che certuni sembravano diffondere come sua dottrina, egli non solo non la condivideva ma anche la colpiva d'anatema. In effetti il resoconto degli atti non ci è ancora pervenuto. A lui però, in quanto servo di Dio, siamo soliti inviare lettere familiari, com'egli ne invia a noi, e così ho fatto anche l'anno scorso quando si è recato in oriente il mio figlio, il prete Orosio, servo di Dio proveniente dalla Spagna e residente nella mia comunità. Siccome era latore di mie lettere, tramite lui scrissi a Pelagio. Nella lettera non gli facevo appunti ma lo esortavo a prestare ascolto a quanto gli imponevo per mezzo di quel prete. Orbene, questo prete trovò il paese dove soggiornava Pelagio in preda a gravissime turbolenze, causate dalla sua predicazione e dalla diversità di vedute tra i fratelli. Di ritorno, Orosio mi recò una lettera del prete Girolamo, uomo santo e da noi venerato per il merito dell'età, della santità e dell'erudizione, uomo a tutti noto. Questo prete Girolamo aveva già scritto contro Pelagio un libro sul libero arbitrio, che è stato recato anche a me. Quanto a Pelagio, come ho detto, egli a tenore degli atti ecclesiastici era stato assolto in quanto aveva confessato la [necessità della] grazia divina, che invece sembrava negare negli scritti e rifiutare nelle sue esposizioni.

Agostino decide di informare il popolo sul movimento pelagiano.

7. Solo successivamente, cioè non molti giorni fa, dall'oriente è venuto a noi un nostro concittadino, il diacono Palatino, figlio di Gatto, residente qui ad Ippona. Molti [di voi] lo conoscono e molti di più ne conoscono il nome. Collabora con chi gli è padre, è nel numero dei diaconi, mi sta al fianco, mi ascolta, è costui. Egli mi ha recato un breve opuscolo scritto da Pelagio a condanna degli errori di cui lo si rimproverava. Non sembra riferire, magari in parte, i fatti accaduti ma riportare la difesa da lui fatta e poi trascritta o, più probabilmente, com'egli si fosse difeso anche sulla base degli atti episcopali, che, come ho detto, non sono ancora potuti arrivare in mia mano. Egli incaricò il diacono di farmi leggere quella sua apologia, ma non mi inviò alcuna lettera personale, per cui io sono in angustia, temendo che in seguito possa negare anche il fatto di avermi inviato lo scritto. Comunque, io presi la risoluzione di non polemizzare sull'argomento finché non avessi letto il testo degli atti, dove, a quanto pare, è implicata l'autorità della Chiesa e del vescovo. Ma perché ho voluto presentare queste cose alla vostra fede? Perché con nostra profonda tristezza ci è stato riferito che a Gerusalemme c'è stata una sommossa molto grande e che dal popolo in tumulto, a quanto si dice, sono stati incendiati anche due monasteri di Betlemme. Son cose che io non mi sentivo obbligato a dirvi, [e non ve l'avrei dette] se non avessi saputo che ad alcuni di voi erano state già riferite. È meglio infatti che ascoltiate da me direttamente tutta la storia anziché veniate feriti da nebulose dicerie.

Si espongono i presupposti dell’errore pelagiano.

8. Voglio pertanto esporvi brevemente quanto male contenga questa eresia. Accogliete le mie parole per tenervene lontani e riferirne a noi, qualora ascoltiate qualcuno che con insinuazioni occulte e con discussioni allo scoperto vi insegni cose come queste. Temiamo infatti che, se non si corre ai ripari, il male di diffonderà serpeggiando come cancrena 16 e all'improvviso ci troviamo di fronte a tanta gente infetta che non ci sia possibile guarire in alcun modo o solo molto stentatamente. Ascoltate dunque qual male racchiuda questa eresia. Come vi dicevo poc'anzi per inculcarvi la [necessità della] grazia di Dio a noi data mediante il nostro Signore Gesù Cristo 17, questa grazia è combattuta dalla nuova eresia nei suoi dibattiti pestilenziali. In che modo?, dirai. Essi affermano che la natura umana, il libero arbitrio della nostra volontà, son dotati di un tale potere che noi, come da noi stessi siamo stati in grado di renderci peccatori, così noi da noi stessi possiamo diventare giusti. Inoltre essi concordano con noi nel dire che essere uomo giusto è da più che essere uomo: il nome uomo infatti indica la natura dell'uomo, il nome " giusto " indica felicità, beatitudine. Pertanto, ammettendo che l'essere uomo giusto sia da più che essere uomo semplicemente, costoro insegnano che l'uomo l'ha fatto Dio, l'uomo giusto lo fa ciascuno di per se stesso, dando a divedere che l'uomo sa dare a se stesso più di quanto non gli abbia dato Dio.

I pelagiani pervertono i concetti di natura e grazia.

9. State dunque all'erta, carissimi! Nei loro malevoli dibattiti vengono condannate anche le nostre preghiere. Infatti si comportano e parlano in modo da presentare come inutili le nostre preghiere. Il Signore infatti ci ha insegnato il modo di pregare perché non ci succeda di chiedere, nelle nostre preghiere, cose materiali e beni temporali. Così, ad esempio, che non ti faccia male la testa, che non ti tocchi morire, che non debba accompagnare tuo figlio alla sepoltura, che non subisca danni o che non venga cacciato in prigione angariato da qualcuno, e tante altre cose simili a queste, che son tutte temporali e di questo mondo. Per queste cose essi ammettono che noi possiamo pregare, ma escludono tutte le altre per le quali il Signore ci ha insegnato di pregare; non nel senso che negano quanto insegnato dal Signore ma perché sostengono principi in base ai quali gli insegnamenti del Signore vengono annullati. Ti dicono infatti: " Basti tu stesso per compiere opere di giustizia: se lo vuoi, le compi; se non lo vuoi, non le compi; non hai bisogno di aiuti da parte di Dio per mettere in pratica i suoi precetti, perché non è la grazia di Dio quella che ti aiuta a non peccare, ma è quella d'essere stato da lui creato in possesso di libera volontà ". Con queste affermazioni vengono a chiamare grazia di Dio quella per cui siamo stati creati, quella che abbiamo in comune anche con i pagani. Ad essere creati infatti non siamo stati soltanto noi e non loro, né risulta che noi siamo usciti dal laboratorio d'un artefice e loro da un altro; ma e noi e loro abbiamo per ideatore, realizzatore e creatore l'unico Dio, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia sul campo dei giusti e degli ingiusti 18. Dicono che questa è la grazia di Dio; non ammettono invece l'altra, non quella per la quale siamo semplicemente uomini in comune con i pagani, ma quella per la quale siamo cristiani. Ecco, ora conoscete la grazia che essi negano. Ascoltatemi perché la cosa vi sia più evidente.

Paolo confessando la sua infermità ottiene la salute.

10. Voi sapete che l'apostolo Paolo ci ha posto dinanzi agli occhi il dissidio che abbiamo con la carne, se vogliamo vivere nella pietà e nella giustizia 19, e la lotta che sosteniamo per questo motivo. Egli dice: Secondo l'uomo interiore io mi compiaccio della legge di Dio, ma vedo nelle mie membra un'altra legge, che si oppone alla legge della mia mente e mi rende schiavo sotto la legge del peccato - e della morte - che è nelle mie membra 20. In tale difficoltà grida: Sono un infelice! Chi mi libererà da questo corpo mortale? 21 E come dandosi una risposta, aggiunge: La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo 22. Essi non negano questa grazia, ma quando lotti contro la carne e le cattive abitudini derivanti dai tuoi peccati, ti rispondono: " Basti tu stesso a vincerle. Perché vuoi chiedere aiuto? Puoi riuscire con le tue sole forze ". Eppure lo stesso Apostolo ne fu sopraffatto, e per ottenere la salute confessò la sua debolezza dicendo: Vedo nelle mie membra un'altra legge, che si oppone alla legge della mia mente e mi rende schiavo sotto la legge del peccato 23. Cosa mi giova se nell'uomo interiore con la mente mi compiaccio della legge di Dio? Ecco, sono combattuto, trascinato, schiacciato, ridotto in schiavitù. Vedete se con il suo grido non si rivolga a Dio come uno che è in grande angustia. Se avesse detto: Chi mi libererà da questo corpo mortale 24 all'infuori della mia forza?, le sue parole potrebbero sembrare espressione di superbia, ma forse potremmo intenderle non riferite ad altri che a Dio, al quale dice il salmo: Ti amerò, Signore, mia forza 25. Ebbene, ha forse egli detto: Chi mi libererà 26 se non la mia natura, la mia volontà, la forza del mio [libero] arbitrio e del mio potere? Non ha detto questo. Ha umiliato se stesso per essere innalzato 27 [da Dio]. Quindi ha detto: La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo 28.

Nel Padre nostro confessiamo la necessità della grazia che salva.

11. In vista di tale grazia il Signore ci ha inculcato cosa dobbiamo chiedere nella preghiera: Sia santificato - che cosa? - il tuo nome 29. Ma non è forse santo il nome di Dio? Che significa dunque sia santificato se non " sia santificato in noi "? Pertanto, se tu con la tua volontà libera, con le forze proprie della natura, puoi santificare in te il nome di Dio, perché preghi?, perché chiedi alla sua eccelsa Maestà ciò che hai in tuo potere? Perché aggiungere altre parole? Ma ci sono anche le due invocazioni: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 30 e Non ci indurre in tentazione 31. Quando tali parole vengono loro presentate come obiezioni cosa pensate che rispondano? Miei fratelli, quando l'ho udito, io sono rimasto esterrefatto. Veramente, io non l'ho udito con i miei orecchi ma me l'ha riferito il santo fratello Urbano, che è dei nostri ed è vescovo al pari di me. È stato prete qui da noi ed ora è vescovo di Sicca. Tornato da Roma, dove aveva avuto dibattiti con uno che la pensava in quel modo, nel raccontarmi le discussioni da lui avute mi ha riferito che quel tale, messo alle strette dall'autorevolezza della preghiera del Signore, diceva proprio queste cose. Il vescovo lo metteva alle corde dicendogli: " Se è in nostro potere il non peccare ed è in nostro potere superare ogni sorta di tentazione con i soli sforzi della nostra volontà, perché chiediamo a Dio che non ci lasci cadere in tentazione? ". Ebbene, cosa pensate che quell'altro gli abbia risposto? Gli ha detto: " Preghiamo Dio perché non ci faccia cadere in tentazione nel senso che non ci faccia sopportare mali che non siamo in grado di evitare: che non mi faccia cadere da cavallo e io mi fratturi il piede, che non venga ad uccidermi un qualche brigante, e cose simili. Su cose come queste infatti - diceva - io non ho potere; quanto invece al superare le tentazioni che mi portano al peccato, se lo voglio lo posso anche, e lo posso senza l'aiuto di Dio ".

La grazia di Dio ci è necessaria per conservare la fede.

12. Voi stessi, fratelli, vedete quanto sia perversa questa eresia. Vedete come tutti ne restate inorriditi. Guardatevi dunque dal farvi accalappiare! Io infatti conosco le astuzie e le ambiguità degli uomini che empiamente si sono allontanati dalla verità 32 e, divenuti preda delle loro convinzioni personali, ricusano di farsi vincere [dalla verità]. State in guardia, vi scongiuro. Ecco, egli ha trovato una sua spiegazione per le parole che noi diciamo [nella preghiera] e cioè: Non ci indurre in tentazione 33. Secondo lui, noi chiediamo che non ci capiti qualcosa che ci metta alla prova nei riguardi del corpo e su cui non abbiamo potere. Sarebbe dunque per questo che il Signore diceva: Vegliate e pregate per non cadere in tentazione 34? Dicendo: Vegliate e pregate, lo diceva davvero perché non abbiate a fratturarvi il piede, per non soffrire mal di testa o incorrere in qualche danno? Non diceva questo. Cosa diceva allora? Ciò che disse a Pietro, e cioè: Ho pregato per te perché non ti venga a mancare la fede 35. Ho pregato, dice, per te. Dice Dio all'uomo, il Signore al servo, il maestro allo scolaro, il medico al malato. Ho pregato per te. E per che cosa? Perché non ti venga a mancare. Che cosa? La tua mano, il tuo piede, il tuo occhio, la tua lingua, colpita da paralisi, cioè da un illanguidirsi delle membra? No, ma perché non ti venga a mancare la fede. Secondo costoro invece è in nostro potere impedire che venga meno la nostra fede!

L’apostolo Paolo evidenzia la necessità della grazia.

13. Ma perché si invoca Dio per noi? Perché ci conceda cose che, a detta di costoro, noi non dovremmo chiedere alla sua eterna Maestà essendo in nostro potere il conseguirle. In tal modo, fratelli miei, essi vanificano, svigoriscono, annullano le benedizioni che noi vi impartiamo. Mi avete ascoltato, credo, miei fratelli, quando vi dico: " Rivolti al Signore, benediciamo il suo nome. Che egli ci conceda di perseverare nei suoi comandamenti, di camminare nella retta via del suo insegnamento, di piacergli in ogni specie di opere buone 36 ", e così via di seguito. Essi dicono. " Non c'è dubbio! Tutto questo è in nostro potere ". Ma allora noi ve lo auguriamo inutilmente! Impegniamoci a difendere e noi e voi: noi perché non vi benediciamo senza motivo, voi perché non sottoscriviate senza motivo [la benedizione] con il vostro Amen. Miei fratelli, il vostro Amen è la vostra firma; il vostro Amen è la vostra accettazione, il vostro consenso. Perché nessuno di loro osi condannare e noi e voi, difendiamoci ricorrendo all'apostolo Paolo: vediamo se egli per il suo popolo desiderò le stesse cose che noi imploriamo per voi. Ascoltate cosa dice in un passo delle sue lettere: è un testo breve. Cosa affermi dunque, o nuovo eretico, chiunque tu sia, che mi stai ascoltando, se sei presente? Cosa insegni? " Che noi abbiamo il potere di non peccare, sicché questo risultato possiamo raggiungerlo senza l'aiuto della grazia divina ". Ma è proprio questo che dici? " Sì, proprio questo ", risponde. Quindi il non peccare è in nostro potere, né c'è bisogno dell'aiuto di Dio? " Senza dubbio! - risponde -: per fare questo ci sono sufficienti [le risorse del] nostro libero arbitrio ". Ma, allora, che senso hanno le parole dell'Apostolo nella lettera ai Corinzi: Noi supplichiamo Dio perché voi non facciate nulla di male 37? Voi stavate attenti, quindi le avete udite e accolte [nella mente], e, trattandosi di parole chiare lampanti, avete compreso senza dubbio cosa chiedeva l'Apostolo nella preghiera. Egli dice: Noi supplichiamo il Signore perché non facciate nulla di male. Poteva dire senz'altro: Noi vi esortiamo perché non facciate nulla di male; voi vi )istruiamo perché non facciate nulla di male; ve lo comandiamo, ve lo imponiamo; e, se avesse detto questo, avrebbe certamente detto una cosa giusta, poiché anche la nostra volontà ha qualcosa da compiere. Noi diciamo infatti che la nostra volontà non fa niente ma che da sola non basta. Per inculcare dunque la [necessità della] grazia egli preferì dire: Noi preghiamo, perché [i lettori] comprendessero che, quando non compiono il male, non lo evitano in forza della sola loro volontà, e inoltre che per attuare il comandamento di Dio, hanno bisogno del suo aiuto.

La volontà umana, debole e inferma, è soccorsa dalla grazia.

14. Orbene, fratelli, quando vi si dà un precetto, riconoscete in questo il [libero] arbitrio della volontà; quando poi per adempiere il precetto vi si dice di ricorrere alla preghiera, riconoscete in questo l'apporto della grazia. Nelle Scritture infatti trovi tutt'e due le cose: che si comanda e che si prega; quanto viene comandato vien chiesto nella preghiera. State attenti a quel che vi dico. Ecco ci si comanda d'essere intelligenti. Dirai: " In che occasione ci si comanda di essere intelligenti? ". Non siate come il cavallo e come il mulo, che non hanno intelligenza 38. Hai udito che c'è un comando; domanda di poter adempiere quanto è stato comandato. Tu dici: " In che modo lo chiederò? ". Ascolta la Scrittura! Cosa ti viene comandato? Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelligenza. Nel comando che viene dato tu riconosci [l'apporto del] la volontà. Ascolta come si debba ricorrere alla preghiera, e riconosci la [necessità della] grazia. Dammi intelligenza affinché io impari i tuoi comandamenti 39. Ci si comanda di avere la sapienza. Il comando, lo leggo. Replica: " Dove lo leggi? ". Ascoltate! Voi del popolo che siete privi di sapienza e stolti diventate saggi una buona volta! 40 Ma cosa dice qui l'eretico? " Tu stesso vedi come Dio ci abbia comandato d'essere sapienti. Significa che la sapienza è in nostro potere ". L'ho già detto: sì, ho udito il comando, ho riconosciuto [l'apporto del] la volontà; tu ascolta la preghiera di richiesta perché vi possa riconoscere la [necessità della] grazia. Si tratta infatti della sapienza che è stata a noi comandata. Ascoltiamo cosa dice l'apostolo Giacomo: Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio, che a tutti [la] dona in abbondanza 41. Altrove ci si comanda la continenza. Dove si trova questo comando? Scrive l'Apostolo a Timoteo: Sii continente! 42 È un comando, un precetto: lo si deve ascoltare e mettere in pratica; ma, se Dio non ci viene in aiuto, noi siamo bloccati. Con la volontà proviamo a fare qualcosa, e la volontà si sforza nel tentativo. Non presuma di farcela senza che qualcuno venga a soccorrere la sua debolezza! Le è stato certamente comandato di contenersi, ma ora ascolta quest'altro passo della Scrittura: Sapendo che nessuno può essere continente se Dio non glielo concede, e che era dono della sapienza lo stesso conoscere chi ne fosse il donatore 43... " Ebbene, cosa feci? ". Dice: Ricorsi al Signore e lo scongiurai 44. Che bisogno c'è, fratelli miei, di citare molti passi? Qualunque sia il comando che ci viene dato, dobbiamo pregare per eseguirlo. Non certo nel senso che noi ci dobbiamo mettere da parte e, come sogliono fare gli indolenti, ce ne stiamo supini per terra, dicendo: " Dio ci farà piovere in faccia ciò che dobbiamo mangiare, e così noi non dovremo fare assolutamente nulla "; anzi, quando il cibo ci sarà piovuto in bocca, potremo anche aggiungere: " Dio ce lo cacci pure in gola! "... Qualcosa dobbiamo farla anche noi: dobbiamo ingegnarci, dobbiamo sforzarci, e dobbiamo ringraziare per quello che abbiamo potuto e pregare per quello che non abbiamo potuto. Col ringraziare eviti d'essere condannato per ingratitudine, con il chiedere quello che ancora non hai eviti di restare a mani vuote per gli impedimenti che ti ostacolano.

Agostino promette di tenere informati i fedeli.

15.Pensateci, fratelli! Specialmente quando vi si avvicina qualcuno e vi dice: " Cosa rimane da fare a noi, se non possiamo nulla senza che Dio ce lo doni? E alla fine Dio non darà a noi la corona ma la darà a se stesso! ". Vi accorgete subito da quale fonte scaturisca [questa dottrina]. È una sorgente avvelenata. È stata intorbidita dal serpente: non è sana. Attualmente satana fa ogni giorno questo tentativo: allontanare la gente dalla Chiesa con il veleno degli eretici come alle origini allontanò [l'uomo] dal paradiso con il veleno del serpente. Nessuno dica che quel tale è stato prosciolto dai vescovi. È stato assolto non lui ma la sua professione [di fede], considerata una specie di ravvedimento in quanto le parole che disse dinanzi ai vescovi suonavano come cattoliche. Quei vescovi che l'assolsero però non conoscevano ciò che egli veniva scrivendo nei suoi libri. E forse egli si ricredette per davvero: non dobbiamo infatti disperare di uno che preferì di rimanere nella fede cattolica e ricorse alla grazia di Dio e al suo aiuto. Magari sia accaduto così! Ad ogni modo, non è stata assolta l'eresia ma l'uomo che quell'eresia rinnegava. Quando dunque ci saranno giunti tra le mani i suoi scritti e noi avremo letto il resoconto degli atti, qualunque cosa saremo riusciti a conoscere con maggiore chiarezza nei riguardi del malaugurato errore e dell'eventuale ravvedimento del corifeo, ce ne faremo un dovere portarlo alla conoscenza della vostra carità. Con l'aiuto del Signore! 

 

 

1 - 1 Tm 1, 15.

2 - Rm 5, 8-9.

3 - Rm 7, 25a.

4 - Rm 5, 9.

5 - Cf. 1 Gv 3, 5.

6 - Cf. Rm 5, 12.

7 - Rm 5, 9.

8 - Cf. Mt 16, 13 e 15.

9 - Mt 16, 16.

10 - Rm 8, 32.

11 - Gv 1, 1.

12 - Rm 5, 9.

13 - Cf. Rm 6, 6-8 (?).

14 - Cf. Sal 61, 8; 145, 5 (?).

15 - Cf. Gi 2, 32 (Rm 10, 13).

16 - Cf. 2 Tm 2, 17.

17 - Rm 7, 25a.

18 - Mt 5, 45.

19 - Cf. Tt 2, 12.

20 - Rm 7, 22-23 (8, 2).

21 - Rm 7, 24.

22 - Rm 7, 25a.

23 - Rm 7, 23.

24 - Rm 7, 24.

25 - Sal 17, 2.

26 - Rm 7, 24.

27 - Cf. Mt 23, 12 (Lc 14, 11; 18, 14).

28 - Rm 7, 25a.

29 - Mt 6, 9 (Lc 11, 2).

30 - Mt 6, 12.

31 - Mt 6, 13 (Lc 11, 4).

32 - Cf. Tt 1, 14.

33 - Mt 6, 13.

34 - Mt 26, 41.

35 - Lc 22, 32.

36 - Cf. Col 1, 10.

37 - 2 Cor 13, 7.

38 - Sal 31, 9.

39 - Sal 118, 73.

40 - Sal 93, 8.

41 - Gc 1, 5.

42 - 1 Tm 5, 22.

43 - Sap 8, 21.

44 - Sap 8, 21.

 


Capitolo XIX: Come si deve addestrare colui che si e' dato a Dio

Libro I: Libro della imitazione di Cristo e del dispregio del mondo e di tutte le sue vanità - Tommaso da Kempis

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 1. La vita di colui che si è dato a Dio deve essere rigogliosa di ogni virtù, cosicché, quale egli appare esteriormente alla gente, tale sia anche interiormente. Anzi, e a ragione, di dentro vi deve essere molto più di quanto appare di fuori; giacché noi siamo sotto gli occhi di Dio, e a lui dobbiamo sommo rispetto, ovunque ci troviamo; Dio, dinanzi al quale dobbiamo camminare puri come angeli. Ogni giorno dobbiamo rinnovare il nostro proposito e spronare noi stessi al fervore, come fossimo appena venuti, oggi, alla vita del monastero. Dobbiamo dire: aiutami, Signore Iddio, nel mio buon proposito e nel santo servizio che ti è dovuto; concedimi di ricominciare oggi radicalmente, perché quel che ho fatto fin qui è nulla. Il nostro progresso spirituale procede di pari passo con il nostro proposito. Grande vigilanza occorre per chi vuol avanzare nel bene; ché, se cade spesso colui che ha forti propositi, che cosa sarà di colui che soltanto di rado si propone alcunché, e con poca fermezza? Svariati sono i modi nei quali ci accade di abbandonare il nostro proposito; anche la semplice omissione di un solo esercizio di pietà porta quasi sempre qualche guasto. In verità, la fermezza di proposito dei giusti dipende, più che dalla loro saggezza, dalla grazia di Dio, nel quale essi ripongono la loro fiducia, qualunque meta riescano a raggiungere, giacché l'uomo propone ma chi dispone è Dio, le cui vie noi non conosciamo. Se talvolta, per fare del bene o per essere utili ai fratelli, si omette un abituale esercizio di pietà, esso potrà facilmente essere recuperato più tardi; che se, invece, quasi senza badare, lo si tralascia per malavoglia o negligenza, ciò costituisce già una colpa, e deve essere sentito come una perdita.  

2. Per quanto ci mettiamo tutto l'impegno possibile, sarà facile che abbiamo a cadere ancora, in varie occasioni. Tuttavia dobbiamo fare continuamente qualche proponimento preciso, specialmente in contrapposto a ciò che maggiormente impedisce il nostro profitto spirituale. Cose esterne e cose interiori sono necessarie al nostro progresso spirituale, perciò, le une come le altre, dobbiamo esaminarle attentamente e metterle nel giusto ordine. Se non riesci a stare sempre concentrato in te stesso, raccogliti di tempo in tempo, almeno una volta al giorno, la mattina o la sera: la mattina per fare i tuoi propositi, la sera per esaminare come ti sei comportato, cioè come sei stato, nelle parole, nonché nei pensieri, con i quali forse hai più spesso offeso Dio o il prossimo. Armati, come un soldato, contro le perversità del diavolo. Tieni a freno la gola; così terrai più facilmente a freno ogni altra cattiva tendenza del corpo. Non stare mai senza far nulla: sii occupato sempre, a leggero o a scrivere, a pregare o a meditare, o a fare qualche lavoro utile per tutti. Gli esercizi corporali di ciascuno siano compiuti separatamente; né tutti possono assumersene ugualmente. Se non sono esercizi di tutta la comunità, non devono essere palesati a tutti, giacché ciò che è personale si fa con maggior profitto nel segreto. Tuttavia guarda di non essere tardo alle pratiche comunitarie; più pronto, invece, a quelle tue proprie. Che, compiuto disciplinatamente e interamente il dovere imposto, se avanza tempo, ritornerai a te stesso, come vuole la tua devozione personale. Non è possibile che tutti abbiano a fare il medesimo esercizio, giacché a ciascuno giova qualcosa di particolare. E poi si amano esercizi diversi secondo i momenti: alcuni ci sono più graditi nei giorni di festa, altri nei giorni comuni. Inoltre, nel momento della tentazione e nel momento della pacifica tranquillità, abbiamo bisogno di esercizi ben diversi. Infine quando siamo nella tristezza ci piace pensare a certe cose; ad, invece quando siamo nella Letizia del Signore.  

3. Nelle feste più solenni dobbiamo rinnovare gli esercizi di pietà ed implorare con fervore più grande l'aiuto dei santi. I nostri proponimenti devono andare da una ad altra festività, come se in quel punto dovessimo lasciare questo mondo e giungere alla festa eterna. Per questo, nei periodi di particolare devozione, dobbiamo prepararci con cura, e mantenerci in più grande pietà, attenendoci più rigorosamente ai nostri doveri, quasi stessimo per ricevere da Dio il premio delle nostre fatiche. Che se tale premio sarà rimandato, dobbiamo convincerci che non eravamo pienamente preparati e che non eravamo ancora degni della immensa gloria, che ci sarà rivelata (Rm 8,18) nel tempo stabilito; e dobbiamo fare in modo di prepararci meglio alla morte. "Beato quel servo - dice Luca evangelista - che il padrone, al suo arrivo, avrà trovato sveglio e pronto. In verità vi dico che gli darà da amministrare tutti i suoi beni" (Lc 12,44; cfr. Lc 12,37).


29-26 Luglio 6, 1931 Il libro del Fiat nel fondo dell’anima. Il libro del Fiat nella Creazione. Come la Volontà Divina tiene sotto la pioggia del suo atto continuo tutte le creature.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) La mia povera mente pare che non sa fare altro che pensare alla Divina Volontà, in ogni cosa che vedo va trovando la sua Vita, e l’interno facendo ciò, all’esterno non trova altro che quel Fiat Divino che tanto l’ama e vuole amore. Sento il bisogno di trovarla in tutte le cose per respirarla, per sentire il suo palpito di luce che come sangue circola nell’anima e si costituisce vita primaria del mio povero essere, e dove non so trovarla mi sento che mi manca un palpito continuo, una boccata d’aria, per facilitare la Vita della Divina Volontà nell’anima mia. E pregavo Gesù che mi insegnasse a trovarla in tutte le cose, per fare che in me mai potesse mancare la sua Vita perenne. Ed il mio sommo bene Gesù, con tutta bontà mi ha detto:

(2) “Figlia mia, chi fa la mia Volontà e vive in Essa, forma nella sua anima il libro del Fiat Divino, ma questo libro dev’essere pieno, non vuoto, oppure qualche pagina scritta, se non è pieno finirà subito di leggerlo, e non avendo che leggere si occuperà di altro, e quindi la Vita della mia Divina Volontà sarà interrotta e come spezzata nella creatura. Invece, se è pieno terrà sempre da leggere, e se pare che finisca, Io aggiungerò altre pagine più sublimi, per fare che mai le manchi la vita, la conoscenza sempre nuova e l’alimento sostanzioso del mio Voler Divino. Sicché l’interno dev’essere come tante pagine per formare questo libro: Pagina l’intelligenza, pagina la volontà e la memoria, pagina il desiderio, l’affetto, il palpito, pagina la parola, che deve saper ridire ciò che ha letto, altrimenti resterà un libro che non farà bene a nessuno, mentre chi forma un libro il primo scopo è di propagarlo. Quindi tutto l’interno dev’essere scritto di pagine della mia Divina Volontà, e dev’essere tanto pieno questo libro, da non poter trovare altro da leggere se non che la sola mia Volontà. Ora, quando l’anima ha pieno il suo libro interno, conoscerà molto bene il libro esterno della Divina Volontà, tutta la Creazione non è altro che libro di Essa, ogni cosa creata è una pagina che forma un libro grandissimo e di molti volumi. Onde avendo formato il suo libro interno e letto ben bene, saprà leggere benissimo il libro esterno di tutta la Creazione, ed in tutte le cose ritroverà la mia Divina Volontà in atto di darle la sua Vita, le sue lezioni altissime e sublimi, ed il suo cibo prelibato e santo. Succederà a chi ha formato nel suo interno questo libro del Fiat Divino e letto ben bene, come chi ha posseduto un libro, l’ha letto e riletto, ha studiato bene le cose più difficili, ha appianato tutte le difficoltà, dilucidati i punti più oscuri, in modo che ha consumato la sua vita sopra di quel libro, se una persona di fuori le portasse un’altro libro simile, lo saprà leggere certissimo e riconoscerà in quello il libro suo. Molto più che la mia Volontà Divina ha chiuso la creatura nel cerchio suo Santissimo e ha messo nel fondo dell’anima il libro del suo Fiat, e nella Creazione ha ripetuto il suo libro divino, in modo che l’uno fa l’eco nell’altro e si intendono mirabilmente. Ecco perciò è necessario riconoscere il libro del Fiat Divino nel fondo dell’anima propria, leggerlo ben bene per farne vita perenne, e così con facilità potrà leggere le belle pagine ed il gran libro della mia Volontà di tutta la Creazione”.

(3) Dopo di ciò continuavo i miei atti nella Divina Volontà, ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, il mio Voler Divino tiene il suo atto continuo che non cessa mai di versare su tutte le creature il suo atto continuo e di investirle del suo atto di luce continuo, di santità, di bellezza, d’amore, di aiuto, di potenza, di felicità; è tanto il suo amore che un’atto non aspetta l’altro, e a torrente più che pioggia dirotta si versano su tutte le creature. Quest’atto continuo viene riconosciuto e ricevuto da tutti gli abitatori della Patria Celeste, in modo che forma la sempre e nuova sorpresa di gioie ineffabili e di felicità senza fine, si può dire che forma la vita e sostanza della beatitudine di tutti i beati. Ora, siccome la mia Divina Volontà lo possiede in natura quest’atto continuo, non può, né vuole cambiar regime, come lo dà nel Cielo quest’atto continuo di bene, così lo dà a tutta la Creazione ed a tutte ed a ciascuna creatura, perché tutti ricevono vita da questo suo atto continuo, se questo cessasse, cesserebbe la vita di tutti; al più ci può essere cambiamenti di effetti, perché agisce secondo le disposizioni di ciascuno, e perciò lo stesso suo atto continuo a chi produce un’effetto, a chi un’altro e chi, sventuratamente mentre sta sotto la pioggia di quest’atto continuo di luce, di santità, di bellezza e altro, non resta neppure bagnato, né illuminato, né santo, né bello, e converte in sé stesso l’atto continuo di bene in tenebre, in passione e forse anche in peccato. Ma con tutto ciò il mio Voler non cessa mai il suo atto continuo di piovere i suoi beni divini su tutti, perché si trova nelle condizioni che si trova il sole, che ad onta che esseri umani non vorrebbero ricevere la sua luce, né alberi, né piante, né fiori, che potrebbe comunicare i tanti mirabili effetti che contiene il suo atto di luce continuo, cioè di dolcezze, sapore, la bella iride di tutti i colori, continuerebbe il suo atto di dare sempre luce; ma se il sole avesse ragione, piangerebbe con lacrime di luce ardente per il dolore di vedere nella gran ruota della sua luce tutti i beni che in realtà dà, ma non vengono ricevuti. Più che sole è il mio Voler Divino, tiene coinvolta nella sua luce infinita tutti e tutto, la sua natura è di voler sempre dare, e di fatto dà, se tutti prendessero tutti sarebbero santi, il mondo si cambierebbe in felicità, ma con sommo dolore i suoi beni non vengono ricevuti, anzi respinti nella sua stessa luce; ma non si arresta, con amore tenero ed insuperabile continua il suo atto continuo di dare ciò che la sua luce possiede”.