Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 26° settimana del tempo ordinario (Santi Arcangeli)
Vangelo secondo Giovanni 1
1In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era in principio presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
4In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.
6Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
11Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto.
12A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15Giovanni gli rende testimonianza
e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti,
perché era prima di me".
16Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
17Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.
19E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?".20Egli confessò e non negò, e confessò: "Io non sono il Cristo".21Allora gli chiesero: "Che cosa dunque? Sei Elia?". Rispose: "Non lo sono". "Sei tu il profeta?". Rispose: "No".22Gli dissero dunque: "Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?".23Rispose:
"Io sono 'voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore',
come disse il profeta Isaia".24Essi erano stati mandati da parte dei farisei.25Lo interrogarono e gli dissero: "Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?".26Giovanni rispose loro: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete,27uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo".28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
29Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!30Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me.31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele".32Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui.33Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo.34E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".
35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!".37E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.38Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?".39Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.41Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)"42e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)".
43Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: "Seguimi".44Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.45Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nàzaret".46Natanaèle esclamò: "Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi".47Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità".48Natanaèle gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico".49Gli replicò Natanaèle: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!".50Gli rispose Gesù: "Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!".51Poi gli disse: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo".
Genesi 30
1Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!".2Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?".3Allora essa rispose: "Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei".4Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei.5Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio.6Rachele disse: "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Per questo essa lo chiamò Dan.7Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio.8Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!". Perciò lo chiamò Nèftali.
9Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe.10Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio.11Lia disse: "Per fortuna!" e lo chiamò Gad.12Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe.13Lia disse: "Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice". Perciò lo chiamò Aser.
14Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: "Dammi un po' delle mandragore di tuo figlio".15Ma Lia rispose: "È forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?". Riprese Rachele: "Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio".16Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: "Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio". Così egli si coricò con lei quella notte.17Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio.18Lia disse: "Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito". Perciò lo chiamò Ìssacar.19Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe.20Lia disse: "Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli". Perciò lo chiamò Zàbulon.21In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.
22Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda.23Essa concepì e partorì un figlio e disse: "Dio ha tolto il mio disonore".24E lo chiamò Giuseppe dicendo: "Il Signore mi aggiunga un altro figlio!".
25Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: "Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese.26Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato".27Gli disse Làbano: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua".28E aggiunse: "Fissami il tuo salario e te lo darò".29Gli rispose: "Tu stesso sai come ti ho servito e quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia.30Perché il poco che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?".31Riprese Làbano: "Che ti devo dare?". Giacobbe rispose: "Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo.32Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario.33In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato".34Làbano disse: "Bene, sia come tu hai detto!".35In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli36e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di Làbano.
37Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami.38Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere.39Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati.40Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano.
41Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami.42Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe.43Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.
Siracide 37
1Ogni amico dice: "Anch'io ti sono amico",
ma esiste l'amico che lo è solo di nome.
2Non è forse un dolore mortale
un compagno e un amico trasformatosi in nemico?
3O inclinazione malvagia, da dove sei balzata,
per ricoprire la terra con la tua malizia?
4Il compagno si rallegra con l'amico nella felicità,
ma al momento della disgrazia gli sarà ostile.
5Il compagno soffre con l'amico per ragioni di stomaco,
ma di fronte al conflitto prenderà lo scudo.
6Non ti dimenticare dell'amico dell'anima tua,
non scordarti di lui nella tua prosperità.
7Ogni consigliere suggerisce consigli,
ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio.
8Guàrdati da un consigliere,
infòrmati quali siano le sue necessità
- egli nel consigliare penserà al suo interesse -
perché non getti la sorte su di te
9e dica: "La tua via è buona",
poi si terrà in disparte per vedere quanto ti accadrà.
10Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco,
nascondi la tua intenzione a quanti ti invidiano.
11Non consigliarti con una donna sulla sua rivale,
con un pauroso sulla guerra,
con un mercante sul commercio,
con un compratore sulla vendita,
con un invidioso sulla riconoscenza,
con uno spietato sulla bontà di cuore,
con un pigro su un'iniziativa qualsiasi,
con un mercenario annuale sul raccolto,
con uno schiavo pigro su un gran lavoro;
non dipendere da costoro per nessun consiglio.
12Invece frequenta spesso un uomo pio,
che tu conosci come osservante dei comandamenti
e la cui anima è come la tua anima;
se tu inciampi, saprà compatirti.
13Segui il consiglio del tuo cuore,
perché nessuno ti sarà più fedele di lui.
14La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire
meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare.
15Al di sopra di tutto questo prega l'Altissimo
perché guidi la tua condotta secondo verità.
16Principio di ogni opera è la ragione,
prima di ogni azione è bene riflettere.
17Radice dei pensieri è il cuore,
queste quattro parti ne derivano:
18bene e male, vita e morte,
ma su tutto domina sempre la lingua.
19C'è l'uomo esperto maestro di molti,
ma inutile per se stesso.
20C'è chi posa a saggio nei discorsi ed è odioso,
a costui mancherà ogni nutrimento;
21non gli è stato concesso il favore del Signore,
poiché è privo di ogni sapienza.
22C'è chi è saggio solo per se stesso,
i frutti della sua scienza sono sicuri.
23Un uomo saggio istruisce il suo popolo,
dei frutti della sua intelligenza ci si può fidare.
24Un uomo saggio è colmato di benedizioni,
quanti lo vedono lo proclamano beato.
25La vita dell'uomo ha i giorni contati;
ma i giorni di Israele sono senza numero.
26Il saggio otterrà fiducia tra il suo popolo,
il suo nome vivrà per sempre.
27Figlio, nella tua vita prova te stesso,
vedi quanto ti nuoce e non concedertelo.
28Difatti non tutto conviene a tutti
e non tutti approvano ogni cosa.
29Non essere ingordo per qualsiasi ghiottoneria,
non ti gettare sulle vivande,
30perché l'abuso dei cibi causa malattie,
l'ingordigia provoca coliche.
Molti sono morti per ingordigia,
chi si controlla vivrà a lungo.
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Ezechiele 47
1Mi condusse poi all'ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell'acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell'altare.2Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all'esterno fino alla porta esterna che guarda a oriente, e vidi che l'acqua scaturiva dal lato destro.3Quell'uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell'acqua: mi giungeva alla caviglia.4Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell'acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l'acqua: mi giungeva ai fianchi.5Ne misurò altri mille: era un fiume che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute, erano acque navigabili, un fiume da non potersi passare a guado.6Allora egli mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo?".
Poi mi fece ritornare sulla sponda del fiume;7voltandomi, vidi che sulla sponda del fiume vi era un grandissima quantità di alberi da una parte e dall'altra.8Mi disse: "Queste acque escono di nuovo nella regione orientale, scendono nell'Araba ed entrano nel mare: sboccate in mare, ne risanano le acque.9Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà.10Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mar Mediterraneo.11Però le sue paludi e le sue lagune non saranno risanate: saranno abbandonate al sale.12Lungo il fiume, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina".
13Dice il Signore Dio: "Questi saranno i confini della terra che spartirete fra le dodici tribù d'Israele, dando a Giuseppe due parti.14Ognuno di voi possederà come l'altro la parte di territorio che io alzando la mano ho giurato di dare ai vostri padri: questa terra sarà in vostra eredità.
15Ecco dunque quali saranno i confini del paese. A settentrione, dal Mar Mediterraneo lungo la via di Chetlòn fino a Zedàd;16il territorio di Amat, Berotà, Sibràim, che è fra il territorio di Damasco e quello di Amat, Cazer-Ticòn, che è sulla frontiera di Hauràn.17Quindi la frontiera si estenderà dal mare fino a Cazer-Enòn, con il territorio di Damasco e quello di Amat a settentrione. Questo il lato settentrionale.18A oriente, fra l'Hauràn, Damasco e Gàlaad e il paese d'Israele, sarà di confine il Giordano, fino al mare orientale, e verso Tamàr. Questo il lato orientale.
19A mezzogiorno, da Tamàr fino alle acque di Meriba-Kadès, fino al torrente verso il Mar Mediterraneo. Questo il lato meridionale verso il Negheb.
20A occidente, il Mar Mediterraneo, dal confine sino davanti all'ingresso di Amat. Questo il lato occidentale.
21Vi spartirete questo territorio secondo le tribù d'Israele.22Lo dividerete in eredità fra voi e i forestieri che abitano con voi, i quali hanno generato figli in mezzo a voi; questi saranno per voi come indigeni fra gli Israeliti e tireranno a sorte con voi la loro parte in mezzo alle tribù d'Israele.23Nella tribù in cui lo straniero è stabilito, là gli darete la sua parte". Parola del Signore Dio.
Apocalisse 8
1Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora.2Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe.
3Poi venne un altro angelo e si fermò all'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull'altare d'oro, posto davanti al trono.4E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi.5Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di terremoto.
6I sette angeli che avevano le sette trombe si accinsero a suonarle.
7Appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde si seccò.
8Il secondo angelo suonò la tromba: come una gran montagna di fuoco fu scagliata nel mare. Un terzo del mare divenne sangue,9un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.
10Il terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque.11La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono per quelle acque, perché erano divenute amare.
12Il quarto angelo suonò la tromba e un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e si oscurò: il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.
13Vidi poi e udii un'aquila che volava nell'alto del cielo e gridava a gran voce: "Guai, guai, guai agli abitanti della terra al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!".
Capitolo XIII: Mettersi al di sotto di tutti in umile obbedienza, sull’esempio di Gesù Cristo
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, colui che tenta di sottrarsi all'obbedienza si sottrae anche alla grazia. Colui che cerca il bene suo personale perde anche il bene che è proprio del vivere in comune. Colui che non si sottopone lietamente e spontaneamente al suo superiore, dimostra che la carne non gli obbedisce ancora perfettamente, ma spesso recalcitra e mormora. Impara dunque a sottometterti prontamente al tuo superiore, se vuoi soggiogare la tua carne. Infatti, il nemico di fuori lo si vincerà più presto, se sarà stato sconfitto l'uomo interiore. Non c'è peggiore e più insidioso nemico dell'anima tua, di te stesso, quando il corpo non si accorda con lo spirito. Per avere vittoria sulla carne e sul sangue, devi assumere un totale e vero disprezzo di te. Tu hai ancora invece un eccessivo e disordinato amore di te stesso; per questo sei tanto esitante a rimetterti interamente alla volontà degli altri.
2. Ma che c'è di strano, se tu, polvere e nulla, ti sottoponi a un uomo, per amore di Dio, quando io, onnipotente ed altissimo, che dal nulla ho creato tutte le cose per amor tuo, mi feci piccolo fino a sottopormi all'uomo? Mi sono fatto l'ultimo e il più piccolo di tutti, proprio perché, per questo mio abbassarmi, tu potessi vincere la tua superbia. Impara ad obbedire, tu che sei polvere; impara ad umiliarti, tu che sei terra e fango; impara a piegarti sotto i piedi di tutti, a disprezzare i tuoi desideri e a metterti in totale sottomissione. Insorgi infiammato contro te stesso, e non permettere che in te si annidi la tumefazione della superbia. Dimostrati così basso e così piccolo che tutti possano camminare sopra di te e possano calpestarti come il fango della strada. Che hai da lamentare tu, uomo da nulla. Che hai tu, immondo peccatore, da contrapporre a coloro che ti accusano; tu, che tante volte hai offeso Dio, meritando assai spesso l'inferno? Ma, ecco, apparve preziosa al mio sguardo l'anima tua; ecco il mio occhio ebbe compassione di te, così che, conoscendo il mio amore, tu avessi continua gratitudine per i miei benefici ed abbracciassi, senza esitare, un'umile sottomissione, nella paziente sopportazione dell'altrui disprezzo.
LETTERA 27: Agostino risponde a Paolino, grato per la sua benevolenza, pronto a ricambiare l'amore e desideroso di vederlo
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nel 394.
Agostino risponde a Paolino, grato per la sua benevolenza, pronto a ricambiare l'amore e desideroso di vederlo (n. 1-3); gli parla di Romaniano e del vescovo Alipio (che gli farà meglio conoscere) ed infine di Licenzio, con la preghiera di aiutarlo a ritrarlo dai pericoli del mondo (n. 4-6).
AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE PAOLINO, VERAMENTE SANTO E VENERABILE SIGNORE E FRATELLO DEGNO D'ESSERE CELEBRATO IN CRISTO CON PARTICOLARE ELOGIO
Ringrazia Paolino per la sua benevolenza: desiderio di conoscerlo di persona.
1. O uomo dabbene e buon fratello, tu eri sconosciuto all'anima mia: e io la esorto a sopportare perché sei ancora sconosciuto ai miei occhi, e a stento mi obbedisce, anzi non mi obbedisce; o forse sopporta? Perché dunque il desiderio di te mi tormenta proprio nell'intimo dell'anima? Giacché, se soffrissi delle pene fisiche e queste non turbassero l'equilibrio del mio spirito, a ragione si direbbe che le sopporto; ma quando non tollero tranquillamente di non vederti, è intollerabile dare a questo il nome di tolleranza. Ma poiché tu sei una persona di tali meriti, l'essere privo di te si dovrebbe forse tollerare con maggiore intolleranza. È bene dunque che io non possa tollerarlo con animo tranquillo, poiché, se lo tollerassi tranquillamente, non dovrei essere tollerato io tranquillamente. È strano, ma tuttavia vero, ciò che mi succede: mi addoloro di non vederti e lo stesso dolore mi è di conforto. Così mi dispiace la forza per cui si sopporta pazientemente l'assenza delle persone dabbene come sei tu. Infatti anche la Gerusalemme futura noi la desideriamo certamente e quanto più impazientemente la desideriamo tanto più pazientemente sopportiamo per essa qualsiasi cosa. Chi potrebbe dunque non godere d'averti visto così da poter non addolorarsi per tutto il tempo che non ti vede? Io dunque, non posso né l'una né l'altra cosa e poiché, se lo potessi, lo potrei in maniera inumana, sono contento di non poterlo e nel fatto che sono contento c'è un certo conforto. Perciò nel mio dolore non la cessazione del dolore mi conforta ma la considerazione di esso. Non biasimarmi, te ne prego, nella tua più santa saggezza per la quale mi sei superiore, e non dire che non ho ragione a dolermi di non conoscerti ancora, perché tu mi hai aperto il tuo animo, cioè te stesso nell'intimo. E che dunque? Se avessi conosciuto in un luogo qualsiasi o nella tua città terrena te come mio fratello ed amico e uomo tanto grande e di tali meriti nel Signore, penseresti che non avrei provato nessun dolore, se non mi fosse stato concesso di conoscere la tua casa? Come potrei dunque non addolorarmi del fatto che non conosco ancora la tua figura fisica, cioè la casa dell'anima tua che io conosco come la mia?
Quanta nobiltà e santità di Paolino traspaiano dalla sua lettera.
2. Ho letto infatti la tua lettera che effonde latte e miele 1, che palesa la semplicità del tuo cuore nella quale cerchi il Signore nutrendo buoni sentimenti nei Suoi confronti 2 e che rende a Lui gloria ed onore 3. L'hanno letta i fratelli, e godono instancabilmente e ineffabilmente dei tuoi beni, doni di Dio tanto fertili ed eccellenti. Tutti coloro che l'hanno letta me la rapiscono, giacché sono rapiti ogni volta che la leggono. È impossibile a dirsi quanto soave e quanto intenso sia il profumo di Cristo 4 che emana da essa. Questa lettera, mentre da una parte ti rende presente e visibile, dall'altra quanto ci spinge a cercarti! Infatti ti rende visibile e nelle stesso tempo c'induce a desiderare la tua presenza. Giacché ci rende la tua assenza insopportabile tanto quanto ti rende in un certo senso presente ai nostri occhi. Tutti ti amano in essa e desiderano essere amati da te. Si loda e si benedice Dio, per grazia del quale tu sei quello che sei. In essa viene ridestato Cristo affinché si degni di placare i venti e i mari 5 per te che tendi alla stabile dimora presso di Lui. Vi si vede da parte dei lettori una sposa che non è per il proprio sposo guida alle mollezze della vita, bensì ritorna nelle ossa del proprio sposo, apportatrice di fortezza: a lei, ritornata e ricondotta a formare una sola cosa con te, e a te legata da vincoli spirituali tanto più saldi quanto più sono casti, ricambiamo i saluti con gli omaggi dovuti alla vostra Santità. In essa i cedri del Libano 6, abbattuti e poi eretti dalla forza unificatrice della carità a formare un'arca, solcano senza corrompersi i flutti di questo mondo. In essa la gloria viene disprezzata per essere acquistata e il mondo abbandonato per essere conquistato. In essa i figli di Babilonia piccoli o anche grandicelli, cioè i vizi conseguenza della confusione e della superbia di questo mondo, vengono infranti sulla pietra 7.
A. ricambia sincera ammirazione verso Paolino.
3. Questi spettacoli dolcissimi e santissimi e altri di tal genere offre ai lettori la tua lettera, quella lettera che è piena di fede non insincera, di speranza buona e di pura carità. Come esala per noi la tua sete e il desiderio e lo struggimento da cui è presa l'anima tua per la casa del Signore 8! Che santissimo amore effonde! Quali tesori di sincerità di cuore palesa quasi ribollendo! Quali grazie rende a Dio e quali da lui ne impetra! È più dolce o più ardente, più luminosa o più feconda? Qual è infatti la ragione per cui infonde in noi tanta dolcezza, c'infiamma a tal segno, fa cadere su di noi una così abbondante pioggia ed è apportatrice di tanta serenità? Qual è, di grazia, o che cosa potrei darti in cambio di essa se non essere totalmente tuo in Colui al quale tu appartieni totalmente? Se questo è poco, io non ho certo di più, ma tu hai fatto sì che non mi sembri poco, tu che nella tua lettera ti sei degnato di onorarmi con tante lodi che se, quando mi dono interamente a te, io considerassi ciò poco, sarebbe irrefutabilmente provato che non ti ho creduto. Certo mi vergogno di avere una così buona opinione di me, ma più mi dispiace di non credere a te. Ecco quello che farò: non mi crederò quale tu mi ritieni perché non mi riconosco tale e crederò di essere amato da te poiché lo sento e lo vedo chiaramente. Così non sarò né temerario riguardo a me né ingrato riguardo a te. E quando mi offro a te interamente, non è poco; offro infatti colui che tu ami con grandissimo ardore ed offro se non una persona tale quale pensi che io sia, tuttavia colui per il quale tu preghi affinché meriti di esser tale. Questo infatti adesso ti prego di fare ancora di più, onde non avvenga che tu abbia a desiderare che si aggiunga, a quel che sono, un minore avanzamento qualora ritenessi che io sia già quel che non sono.
Con quale spirito leggere le opere di A.
4. Ecco, il latore di questa lettera alla tua Eccellenza e alla tua eminentissima Carità è persona a me carissima e fin dall'inizio dell'adolescenza a me legata da grande e intima amicizia. Il suo nome si trova nel libro Sulla religione che la tua Santità (secondo quello che dichiari nella lettera) legge con grandissimo piacere: infatti ti è stato reso anche più gradito perché ti è stato presentato con lusinghiero giudizio da colui che te l'ha inviato, persona tanto ragguardevole. Non vorrei però che tu dessi credito a un mio così intimo amico a proposito di quello che forse potrà dirti in lode mia. Mi sono accorto infatti che anch'egli spesso ha sbagliato nei suoi giudizi, non per desiderio di mentire, ma per l'affetto che mi porta; e crede ch'io abbia già ricevuto certi doni che invece bramo con tutto l'ardore del mio cuore di ricevere dal Signore. E se ha fatto questo in mia presenza, chi non può immaginare quello che, più bello che vero, egli dirà di me in mia assenza, con gioia e senza risparmio? Tuttavia metterà a disposizione del tuo venerabile zelo le mie opere: infatti non so di aver scritto nulla rivolto sia a coloro che sono fuori della Chiesa di Dio sia ai nostri fratelli che egli non abbia. Ma mentre tu lo leggi, o mio santo Paolino, quello che la verità dice per mezzo della mia pochezza non ti rapisca al punto da avvertire con minor diligenza quello che dico io personalmente; affinché, mentre bevi avidamente le cose buone e rette che sono state affidate a me come ministro, tu non ti astenga dal pregare per i peccati e gli errori che io commetto. Giacché in ciò che, se farai attenzione, giustamente ti dispiacerà, si vede quello che sono io; al contrario in ciò che, per dono dello Spirito che tu hai ricevuto, giustamente ti piace nei miei libri, si deve amare e lodare Colui presso il quale è la sorgente della vita e nel Cui splendore noi vedremo la luce 9 senza enigma e faccia a faccia, mentre ora la vediamo per enigma 10. Perciò in quello che io ho detto sotto l'effetto del vecchio lievito, quando leggendolo me ne accorgo, mi giudico con dolore; in quello invece che ho detto attingendolo alla fonte della purezza e della verità 11 per dono di Dio, esulto con trepidazione. Perché, che cosa mai possediamo che non abbiamo ricevuto 12? Orbene, è senza dubbio migliore colui che è ricco per doni più grandi e più numerosi di Dio di colui che ne ha ricevuto di meno grandi e in minore numero: chi lo nega? Ma d'altra parte è meglio anche per un piccolo dono di Dio rendere grazie a Lui che pretendere ne vengano rese a noi per uno grande. Prega per me, fratello, affinché io confessi sempre questo con tutta l'anima e il mio cuore non sia in disaccordo con la mia lingua. Prega, te ne scongiuro, perché io invochi il Signore non con l'intenzione di riceverne lode ma lodandolo, e sarò salvo dai miei nemici 13.
Il latore; Romaniano e Alipio.
5. C'è ancora un'altra ragione perché tu ami maggiormente questo fratello: egli infatti è parente del venerabile e veramente santo vescovo Alipio, che tu ami con tutto il cuore e meritamente; infatti chiunque dà un benevolo giudizio di quell'uomo, lo dà riguardo alla grande misericordia e ai mirabili doni di Dio. Perciò, dopo aver letto la tua richiesta con cui hai manifestato il desiderio ch'egli ti racconti tutta la storia della sua vita, voleva farlo per la benevolenza che nutre nei tuoi confronti e nello stesso tempo non lo voleva per la sua modestia. E vedendo che ondeggiava tra l'affetto e il pudore, ho trasferito sulle mie spalle il peso togliendolo a lui: infatti anche di questo mi ha pregato in una sua lettera. Perciò presto, se il Signore mi aiuterà, farò entrare, per così dire, tutto intero nel tuo cuore Alipio: giacché ho soprattutto avuto paura di questo, cioè ch'egli avesse soggezione di rivelarti tutti i doni che il Signore ha riversato su di lui affinché a qualcuno meno intelligente non desse l'impressione di celebrare non i doni divini concessi agli uomini, ma se stesso (infatti queste cose non sarebbero state lette da te solo); e così tu, che sai come debba leggerle, fossi defraudato - per riguardo alla infermità altrui - delle notizie a te dovute indispensabili per conoscere un fratello. Ed io lo avrei già fatto e tu lo avresti già davanti ai tuoi occhi, se non si fosse decisa all'improvviso l'immediata partenza del fratello che io raccomando al tuo cuore ed alle tue parole in maniera che tu ti metta cortesemente a sua disposizione quasi che lo abbia conosciuto non adesso ma in precedenza insieme a me. Se infatti non esiterà ad aprirsi al tuo cuore, sarà guarito completamente o almeno in gran parte per le tue parole. Desidero infatti ch'egli venga più frequentemente colpito dalle parole di coloro che amano i loro amici in modo diverso da come li ama il mondo.
Ansie per Licenzio, figlio di Romaniano.
6. Il suo figliuolo poi - che è un figlio per me, il cui nome troverai anche in qualche mio libro -, avevo deciso, anche se non fosse venuto di persona alla presenza della tua Carità, di affidarlo nelle tue mani per mezzo di una lettera, affinché tu lo consoli, lo stimoli e lo istruisca non tanto con le tue parole quanto con l'esempio della tua fortezza. Giacché desidero ardentemente che, mentre la sua età è ancora verde, egli cambi la zizzania in frumento e creda agli esperti a proposito di quello che vuole sperimentare con un suo pericolo. Ora dunque la tua prudenza tanto benevola e mite comprende (dalla sua poesia e dalla lettera che gli mandai) quello di cui mi addoloro, quello che temo e quello che desidero a suo riguardo. E non dispero nell'aiuto del Signore affinché per mezzo di te, suo ministro, io sia liberato da così gravi affanni e preoccupazioni. E, poiché ti accingi a leggere molti scritti miei, la tua amicizia mi riuscirà certamente molto più gradita, se in quella che ti dispiacerà tu mi correggerai con giusta misericordia 14 e mi riprenderai chiaramente. Giacché tu non sei tale per cui io debba temere che il mio capo sia unto dal tuo olio. Non solo i fratelli che abitano con noi e quelli che, dovunque abitino, servono parimenti il Signore, ma quasi tutti quelli cui siamo piacevolmente noti in Cristo, salutano, venerano e desiderano la tua Fraternità, la tua Beatitudine, la tua Umanità. Non oso chiedere, ma se gli uffici ecclesiastici ti lasciano del tempo libero, tu vedi qual sia la sete di cui l'Africa soffre insieme con me.
1 - Es 3, 8; al.
2 - Sap 1, 1.
3 - Cf. Sal 28, 2.
4 - 2 Cor 2, 15.
5 - Cf. Mt 8, 26.
6 - 1 Re 5, 6 9.
7 - Sal 136, 8 s.
8 - Sal 83, 3.
9 - Sal 35, 10.
10 - 1 Cor 13, 12.
11 - 1 Cor 5, 8.
12 - 1 Cor 4, 7.
13 - Sal 17, 4.
14 - Sal 140, 5.
9 - Il viaggio che Maria santissima fece da Nazaret a Betlemme in compagnia del santo sposo Giuseppe e degli angeli che l'assistevano.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca456. Partirono da Nazaret per Betlemme Maria purissima e il glorioso san Giuseppe, agli occhi del mondo tanto soli quanto poveri ed umili pellegrini, senza che nessuno dei mortali li reputasse o stimasse più di quello che l'umiltà e la povertà giungono ad ottenere da loro. Ma, o ammirabili misteri dell'Altissimo, nascosti ai superbi ed imperscrutabili alla prudenza umana! Non camminavano soli, né poveri, né disprezzati, ma prosperi, ricchi e onorati. Erano l'oggetto più degno dell'eterno Padre e del suo amore immenso, e il più stimabile ai suoi occhi. Portavano con sé il tesoro del cielo e della Divinità stessa, e tutta la corte dei cittadini celesti li venerava. Tutte le creature insensibili riconoscevano la viva e vera arca dell'alleanza meglio di come le acque del Giordano riconobbero la sua ombra e figura quando, docili, si divisero per dare libero passaggio ad essa e a quelli che la seguivano. Li accompagnavano i diecimila angeli di cui in precedenza ho detto che erano stati destinati da Dio a servire sua Maestà e la sua santissima Madre in tutto questo viaggio. Queste schiere celesti camminavano in forma umana visibile agli occhi della divina Signora, ciascuno più risplendente di altrettanti soli, facendole scorta. Ella procedeva in mezzo a tutti, presidiata e difesa più di quanto non lo fosse la lettiga di Salomone dai sessanta prodi d'Israele che, con la spada alla cintura, la circondavano. Oltre a questi diecimila angeli, li assistevano molti altri che scendevano e salivano al cielo, inviati dall'eterno Padre al suo Figlio unigenito e alla sua Madre santissima, e da loro ritornavano con i messaggi per cui erano mandati.
457. Con questo seguito regale, nascosto agli occhi dei mortali, Maria santissima e Giuseppe camminavano, sicuri che i loro piedi non sarebbero inciampati nella pietra della tribolazione, perché il Signore aveva comandato ai suoi angeli di portarli sulle mania della loro difesa e custodia. I fedelissimi ministri adempivano quest'ordine, servendo come vassalli la loro grande Regina con ammirazione, lode e giubilo, vedendo contenuti in una semplice creatura tanti misteri insieme e tali perfezioni, grandezze e tesori di Dio, il tutto con tale dignità e decoro, che superava perfino la loro capacità angelica. Cantavano nuovi cantici al Signore, contemplandolo quale sommo re di gloria, che riposava appoggiato alla sua spalliera d'oro, e guardando la Madre divina ora come cocchio incorruttibile e vivo, ora come spiga fertile della terra promessa b, che racchiudeva il grano vivo, ora come la nave ricca del mercante, che portava il grano a nascere nella casa del pane, affinché morendo in terra si moltiplicasse in cielo. Il cammino durò cinque giorni, giacché per la gravidanza della Madre vergine il suo sposo decise di procedere molto lentamente. Per Maria e Giuseppe in questo viaggio non scesero mai le tenebre, perché se talvolta camminavano in qualche ora notturna, gli angeli diffondevano un grandissimo splendore, come se tutte le stelle del cielo messe insieme facessero luce con maggior potenza nel mezzogiorno più chiaro e più sereno. In quelle ore della notte godeva di questo beneficio e della visione degli angeli anche san Giuseppe; in quei momenti formavano tutti insieme un coro celeste, nel quale la grande Signora e il suo sposo si alternavano con gli spiriti superni in ammirabili cantici ed inni di lode, al punto che i campi parevano trasformati in tanti cieli. Così la Regina godette in tutto il viaggio della visione e dello splendore dei suoi ministri e sudditi, nonché dei dolcissimi colloqui interiori che aveva con essi.
458. A questi mirabili favori e piaceri il Signore mescolava alcune pene e alcuni disagi, che la sua divina Madre incontrava nel viaggio. Infatti, l'afflusso della gente nelle locande a motivo del gran numero di persone che viaggiavano in occasione dell'editto imperiale, risultava molto penoso e scomodo per la modestia e riservatezza della purissima Madre vergine e per il suo sposo. Essendo poveri e umili, erano accolti meno degli altri e toccava loro maggiore disagio che non ai ricchi, perché il mondo governato dai sensi normalmente distribuisce i suoi favori a rovescio facendo differenza di persone. I nostri santi pellegrini si sentivano spesso dire parole aspre negli alberghi, dove giungevano stanchi, e in alcuni li congedavano come gente inutile e spregevole; molte volte non davano alla Signora del cielo e della terra altro alloggio che l'angolo di un atrio, mentre altre volte non otteneva neppure questo, cosicché lei e il suo sposo si ritiravano in luoghi più umili e meno dignitosi secondo il giudizio del mondo. Ma in qualsiasi luogo, per vile che fosse, la corte dei cittadini del cielo se ne stava col proprio Re supremo e con la propria Regina. Subito tutti la circondavano come facendo un muro impenetrabile e il talamo di Salomone rimaneva al sicuro e difeso dai timori notturni. Il fedelissimo Giuseppe riposava e dormiva, perché vedeva la Regina dei cieli così custodita dai suoi eserciti divini, e perché ella faceva in modo che il suo sposo si riposasse un po' dalla fatica del cammino. Intanto Maria santissima rimaneva in celesti colloqui con i diecimila angeli che l'assistevano.
459. Benché Salomone nel Cantico abbia racchiuso misteri grandi della Regina del cielo sotto diverse metafore e similitudini, nel capitolo terzo parla più espressamente di quanto accadde alla divina madre durante la gravidanza del suo Figlio santissimo e in questo viaggio, che compì per il suo sacro parto. Fu allora, infatti, che si adempì alla lettera tutto quello che vi si dice della lettiga di Salomone, del suo cocchio e della sua spalliera d'oro, della guardia dei forti d'Israele, i quali godono della visione divina, e tutto il resto di cui parla quella profezia. Mi basta avere accennato alla sua spiegazione in quello che si è detto, per rivolgere tutta la mia ammirazione al mistero della Sapienza infinita in queste opere tanto venerabili per la creatura. Chi tra i mortali sarà così duro da non sentirsi intenerire il cuore? O tanto superbo da non vergognarsi? O tanto spensierato da non restare stupefatto nel vedere una meraviglia composta di così vari e contrari estremi? Un Dio infinito e insieme veramente nascosto nel talamo verginale di una giovane donna, piena di bellezza e di grazia, innocente, pura, graziosa, dolce, amabile agli occhi di Dio e degli uomini, più di tutto quanto il Signore abbia mai creato e creerà in futuro! Questa grande Signora col tesoro della Divinità, disprezzata, afflitta, oltraggiata e rifiutata dalla cieca ignoranza e superbia del mondo! E dall'altra parte nei luoghi più abietti amata e stimata dalla beatissima Trinità, favorita con le sue carezze, servita dai suoi angeli, riverita e difesa dalla loro grande e vigilante custodia! O figli degli uomini, duri di cuore, quanto falsi sono i vostri metri e giudizi, come dice Davide! Stimate infatti i ricchi, disprezzate i poveri, sollevate i superbi, annientate gli umili, rigettate i giusti ed applaudite gli stolti! Cieca è la vostra volontà e fallaci le vostre scelte, per le quali vi trovate poi delusi nei vostri stessi desideri. O ambiziosi, che cercate ricchezze e tesori, e vi trovate poveri ed abbracciati al vento! Se accoglieste la vera arca di Dio, ricevereste e conseguireste molte benedizioni dalla destra divina, come Obed-Èdom! Ma poiché la disprezzaste, successe a molti di voi ciò che avvenne ad Uzzà, venendo castigati come lui.
460. La divina Signora, in mezzo a tutto questo, conosceva e guardava la varietà delle anime di tutti quelli che andavano e venivano; penetrava i loro pensieri più nascosti, lo stato di grazia o di peccato in cui ciascuna anima si trovava e i gradi che vi erano tra questi due estremi. Di molte conosceva se erano predestinate o reprobe, se avrebbero perseverato, se sarebbero cadute o si sarebbero rialzate. Tutta questa varietà le dava motivo di esercitare atti eroici di virtù verso gli uni e a vantaggio degli altri: a molti otteneva la perseveranza, ad alcuni efficace aiuto per sollevarsi dal peccato alla grazia, per altri piangeva e invocava il Signore con intimi affetti e, per i reprobi, benché non chiedesse tanto efficacemente, sentiva un dolore intensissimo per la loro perdizione finale. A volte, affaticata da queste pene assai più che dalle difficoltà del viaggio, sveniva, per cui i santi angeli, pieni di rifulgente luce e bellezza, l'adagiavano fra le loro braccia, affinché in esse riposasse e ricevesse un po' di sollievo. Quanto agli infermi, agli afflitti e ad altri bisognosi, ella li consolava lungo il cammino con la sola preghiera, chiedendo al suo Figlio santissimo il rimedio per le loro tribolazioni e necessità, perché in questo viaggio, per la moltitudine e l'afflusso della gente, si ritirava in disparte senza parlare, occupandosi molto del bambino divino che portava nel grembo e che già si manifestava a tutti. Tale era il contraccambio che la Madre della misericordia dava ai mortali per la cattiva ospitalità che riceveva da loro!
461. E per maggiore vergogna dell'ingratitudine umana, successe qualche volta che, essendo inverno, giungevano alle locande assai infreddoliti per la neve e la pioggia, non volendo il Signore che mancasse loro questa sofferenza. Era dunque necessario rifugiarsi negli stessi luoghi umili dove stavano gli animali, perché gli uomini non ne accordavano loro uno migliore; così, la cortesia e l'umanità che a questi mancava veniva esercitata dalle bestie, le quali si facevano da parte rispettando il loro Creatore e sua Madre, che lo teneva nel grembo verginale. La Signora delle creature avrebbe anche potuto comandare ai venti, al ghiaccio e alla neve che non la sferzassero, ma non lo faceva, per non privarsi dell'imitazione del suo Figlio santissimo nel patire, ancora prima che egli uscisse dal suo seno. Così queste intemperie la fecero molto affaticare nel cammino. Nonostante ciò, il diligente e fedele sposo san Giuseppe si preoccupava di ripararla e ancor più lo facevano gli spiriti angelici, soprattutto il principe san Michele, il quale rimase sempre al lato destro della sua Regina, senza lasciarla un momento in questo viaggio. Spesso la serviva sostenendola col braccio, se era veramente sfinita. Quando era volontà del Signore, la difendeva dall'inclemenza dei temporali e prestava molti altri servizi in ossequio della divina Signora e del frutto benedetto del suo seno, Gesù.
462. Tra l'alternarsi di queste meraviglie, i nostri pellegrini Maria santissima e san Giuseppe giunsero alla città di Betlemme il quinto giorno del loro viaggio, di sabato, alle quattro del pomeriggio, ora in cui nel tempo del solstizio d'inverno il sole va già tramontando e la notte si avvicina. Entrarono nella città cercando qualche albergo e girando molte strade non solo per le locande e le osterie, ma anche per le case dei conoscenti e dei parenti più prossimi; da nessuno furono ricevuti, anzi da molti vennero mandati via bruscamente e con disprezzo. L'onestissima Regina seguiva il suo sposo, che bussava casa per casa e porta per porta, tra il tumulto della molta gente. E quantunque non ignorasse che le porte dei cuori e delle case degli uomini sarebbero rimaste chiuse per loro, per ubbidire a san Giuseppe volle patire quella tribolazione ed onestissima vergogna, che per la sua modestia, per lo stato e l'età in cui si trovava, le fu di maggior dolore che la mancanza dell'alloggio. Girando per la città giunsero alla casa dove stava il registro pubblico e, per non ritornarvi di nuovo, si fecero iscrivere e pagarono il fisco e la moneta del tributo imperiale, liberandosi da questo pensiero. Proseguirono poi la loro ricerca e si recarono ad altri alberghi, ma, avendo chiesto alloggio in più di cinquanta case, da tutti furono rifiutati e mandati via. Gli spiriti superni si meravigliarono dei misteri altissimi del Signore, della pazienza e mansuetudine della sua Madre vergine e dell'incredibile durezza degli uomini. Così stupefatti, benedicevano l'Altissimo per le sue opere e per i suoi arcani misteri, perché da allora in poi volle accreditare e sollevare a tanta gloria l'umiltà e la povertà disprezzata dai mortali.
463. Erano già le nove di sera quando il fedelissimo Giuseppe, pieno di amarezza e di intimo dolore, si rivolse alla sua prudentissima sposa e le disse: «Signora mia dolcissima, in questa situazione il mio cuore viene meno per il dolore, vedendo che non solo non posso trovarvi un posto come voi meritate e il mio affetto desiderava, ma neppure quel tipo di riparo che rare volte, per non dire mai, si nega al più povero e disprezzato del mondo. Vi è senza dubbio qualche mistero, se il cielo permette che i cuori degli uomini non si commuovano a riceverci nelle loro case. Mi ricordo, o Signora, che fuori della città c'è una grotta, che di solito serve ai pastori e al loro gregge. Andiamo là, perché se per caso fosse vuota, lì avrete dal cielo il rifugio che ci manca dalla terra». Gli rispose la prudentissima Vergine: «Sposo e signore mio, non si affligga il vostro pietosissimo cuore nel vedere non adempiuti i vostri desideri ardentissimi, dovuti all'affetto che avete per il Signore. E dato che io lo porto nel mio grembo, per lui stesso vi supplico che vogliamo ringraziarlo di aver disposto così. Il luogo di cui mi parlate soddisferà pienamente i miei desideri. Si cambino in gaudio le vostre lacrime con l'amore ed il possesso della povertà, che è il tesoro ricco ed inestimabile del mio Figlio santissimo. Questo egli viene a cercare dal cielo; prepariamoglielo con cuore lieto, perché la mia anima non ha altra consolazione: dimostratemi che me la date in questo. Andiamo contenti dove il Signore ci guida». I santi angeli indirizzarono a quella destinazione i celesti sposi, facendo loro da luminosissime fiaccole. Arrivati alla grotta, la trovarono deserta, cosicché, pieni di consolazione per questo beneficio, lodarono il Signore e qui avvenne ciò che racconterò nel prossimo capitolo.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
464. Figlia mia carissima, se sarai di cuore condiscendente e docile verso il Signore, i misteri divini che hai scritto e compreso saranno potenti per suscitare in te sentimenti dolci e pieni d'amore verso l'autore di tali e tante meraviglie. Alla sua presenza voglio da te che da oggi in poi tu dia nuovo e grande valore al vederti rifiutata e disprezzata dal mondo. Dimmi sinceramente, amica mia: se in cambio di questo oblio e disprezzo, accettato con volontà lieta, Dio posa su di te i suoi occhi e in te pone la forza del suo amore soavissimo, forse non comprerai a così buon mercato ciò che vale non meno di un prezzo infinito? Che ti daranno gli uomini, quand'anche ti celebrassero e stimassero? E che lascerai tu, se li disprezzi? Non è tutto menzogna e vanità? Non è un'ombra fugace e momentanea che sfugge tra le mani a quelli che si affaticano per stringerla? Dunque, quando tu lo avessi tutto nelle tue, che faresti di grande disprezzandolo per niente? Considera bene che è ancor meno ciò che farai rigettandolo per acquistare l'amore di Dio, quello dei suoi angeli e il mio. Rifiutalo tutto, carissima, e di cuore. E se il mondo non ti disprezzerà tanto quanto devi desiderare, disprezzalo tu e resta libera, procedi spedita e sola, perché si unisca a te il tutto e sommo Bene, perché tu possa ricevere in pienezza i felicissimi effetti del suo amore e corrispondergli liberamente.
465. Il mio Figlio santissimo è amante così fedele delle anime, che pose me come maestra e vivo esempio per insegnare loro l'amore all'umiltà e l'efficace disprezzo della vanità e della superbia. Fu anche sua disposizione che per la sua grandezza e per me, sua serva e madre, mancasse alloggio ed accoglienza tra gli uomini, dando motivo, con questo abbandono, alle anime innamorate ed affettuose di offrirglielo in seguito, cosicché egli si veda obbligato da così ingegnosa volontà a prendere dimora in esse. Inoltre, considera come cercò la solitudine e la povertà, non perché avesse bisogno per sé di questi mezzi per esercitare le virtù in grado perfettissimo, ma per insegnare ai mortali che questo era il cammino più breve e sicuro per giungere all'altezza dell'amore divino e all'unione con Dio.
466. Sai bene, carissima, che sei esortata ed ammaestrata incessantemente con la luce dall'alto, perché, dimentica di quanto è terreno e visibile, ti cinga di fortezza e t'innalzi ad imitarmi, ricopiando in te secondo le tue forze gli atti e le virtù che della mia vita ti manifesto. Questo è il primo scopo della conoscenza che ricevi per scriverla: che tu abbia in me questa norma e di essa ti avvalga per regolare la tua vita e le tue opere nella maniera in cui io imitavo quelle del mio Figlio dolcissimo. Inoltre, devi moderare il timore che ti ha procurato questo comando, che tu hai creduto superiore alle tue forze, prendendo coraggio da quel che dice il mio Figlio santissimo attraverso l'evangelista san Matteo: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Questa volontà dell'Altissimo, che egli propone alla sua santa Chiesa, non è impossibile ai suoi figli: se essi da parte loro si dispongono bene, a nessuno sarà negata la grazia di conseguire la somiglianza col Padre celeste, perché il mio Figlio santissimo la meritò loro. Ma l'insensato oblio e disprezzo degli uomini per la propria redenzione impedisce loro di conseguire efficacemente il suo frutto.
467. Da te specialmente, figlia mia, voglio questa perfezione, e t'invito ad essa per mezzo della soave legge dell'amore, a cui indirizzo il mio insegnamento. Considera e pondera con la divina luce in quale obbligo io ti pongo e impegnati per corrispondere ad essa con prudenza di figlia fedele e sollecita, senza che t'intralci difficoltà o tribolazione alcuna e senza tralasciare nessuna virtù o azione di perfezione, per ardua che sia. Non devi accontentarti di cercare solamente per te stessa l'amicizia con Dio e la salvezza, ma, se vuoi essere perfetta a mia imitazione e adempiere ciò che il Vangelo insegna, devi procurare la salvezza delle altre anime e l'esaltazione del santo nome del mio Figlio, facendoti strumento nelle sue mani onnipotenti per cose forti e di sua maggior compiacenza e gloria.
9 gennaio 1942
Madre Pierina Micheli
Oggi tristezza, desolazione, desiderio d'isolamento, spinta a fuggire, a fare penitenza senza permesso... ma Gesù sa che io non voglio tutto questo... un pensiero mi dice che sono del demonio, che per me la Passione di Gesù non può nulla... che è inutile che preghi e mi sacrifichi... Coraggio anima mia, ubbidienza cieca. Niente ragionamenti, ma atti di abbandono.