Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Nulla può rendere difficile la legge di Dio, che il volerla osservare solo quando è conforme al nostro genio e soddisfazione. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 25° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 7

1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro.3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.4Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano,5perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga".6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto;7per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito.8Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Va' ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".9All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!".10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

11In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.12Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.13Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!".14E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!".15Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo".17La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

18Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi19e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?".20Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?".21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.22Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: 'i ciechi riacquistano la vista', gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, 'ai poveri è annunziata la buona novella'.23E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!".
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?25E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re.26Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta.27Egli è colui del quale sta scritto:

'Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,
egli preparerà la via davanti' a te.

28Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.29Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni.30Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.

31A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?32Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!

33È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.34È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.35Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli".

36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.37Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;38e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
39A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".40Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, di' pure".41"Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.42Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?".43Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene".44E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.45Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.46Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.47Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".48Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?".50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!".


Genesi 35

1Dio disse a Giacobbe: "Alzati, va' a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi Esaù, tuo fratello".2Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: "Eliminate gli dèi stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti.3Poi alziamoci e andiamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia e che è stato con me nel cammino che ho percorso".4Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi; Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem.
5Poi levarono l'accampamento e un terrore molto forte assalì i popoli che stavano attorno a loro, così che non inseguirono i figli di Giacobbe.6Giacobbe e tutta la gente ch'era con lui arrivarono a Luz, cioè Betel, che è nel paese di Canaan.7Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo "El-Betel", perché là Dio gli si era rivelato, quando sfuggiva al fratello.8Allora morì Dèbora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al disotto di Betel, ai piedi della quercia, che perciò si chiamò Quercia del Pianto.
9Dio apparve un'altra volta a Giacobbe, quando tornava da Paddan-Aram, e lo benedisse.10Dio gli disse:

"Il tuo nome è Giacobbe.
Non ti chiamerai più Giacobbe,
ma Israele sarà il tuo nome".

Così lo si chiamò Israele.11Dio gli disse:

"Io sono Dio onnipotente.
Sii fecondo e diventa numeroso,
popolo e assemblea di popoli
verranno da te,
re usciranno dai tuoi fianchi.
12 Il paese che ho concesso
ad Abramo e a Isacco darò a te
e alla tua stirpe dopo di te
darò il paese".

13Dio scomparve da lui, nel luogo dove gli aveva parlato.14Allora Giacobbe eresse una stele, dove gli aveva parlato, una stele di pietra, e su di essa fece una libazione e versò olio.15Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato.
16Poi levarono l'accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Èfrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile.17Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: "Non temere: anche questo è un figlio!".18Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino.19Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè Betlemme.20Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba di Rachele esiste fino ad oggi.
21Poi Israele levò l'accampamento e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder.22Mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò a unirsi con Bila, concubina del padre, e Israele lo venne a sapere.
I figli di Giacobbe furono dodici.23I figli di Lia: il primogenito di Giacobbe, Ruben, poi Simeone, Levi, Giuda, Ìssacar e Zàbulon.24I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino.25I figli di Bila, schiava di Rachele: Dan e Nèftali.26I figli di Zilpa, schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram.
27Poi Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre, a Kiriat-Arba, cioè Ebron, dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri.28Isacco raggiunse l'età di centottat'anni.29Poi Isacco spirò, morì e si riunì al suo parentado, vecchio e sazio di giorni. Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe.


Giobbe 31

1Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
2Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
3Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
4Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
5Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
6mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
7Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
8io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
9Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
10mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
11difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
12quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
13Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
14che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
15Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
16Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
17mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
18poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
19Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
20se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
21se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
22mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
23perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
24Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: "Tu sei la mia fiducia";
25se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
26se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
27si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
28anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
29Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
30io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
31Non diceva forse la gente della mia tenda:
"A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?".
32All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
33Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
34come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
35Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
36vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
37Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
38Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
39se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
40in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.


Salmi 73

1'Salmo. Di Asaf.'

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.

4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.

9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.

19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.

25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.


Baruc 6

1Per i peccati da voi commessi di fronte a Dio sarete condotti prigionieri in Babilonia da Nabucodònosor re dei Babilonesi.2Giunti dunque in Babilonia, vi resterete molti anni e per lungo tempo fino a sette generazioni; dopo vi ricondurrò di là in pace.3Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondono timore ai pagani.4State attenti dunque a non imitare gli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi.5Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate: "Te dobbiamo adorare, Signore".6Poiché il mio angelo è con voi, egli si prenderà cura di voi.
7Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e inargentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare.8Come si fa con una ragazza vanitosa, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi.9Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, dandone anche alle prostitute nei postriboli.
10Adornano poi con vesti, come si fa con gli uomini, questi idoli d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli.11Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi.12Come un governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende.13Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libera dalla guerra e dai ladri.14Per questo è evidente che non sono dèi; non temeteli, dunque!
15Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi.16I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano.17Come ad uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con portoni, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri.18Accendono loro lumi, persino più numerosi che per se stessi, ma gli dèi non ne vedono alcuno.19Sono come una delle travi del tempio; il loro interno, come si dice, viene divorato e anch'essi senza accorgersene sono divorati dagli insetti che strisciano dalla terra, insieme con le loro vesti.20Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio.21Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini e altri uccelli e anche i gatti.22Di qui potete conoscere che non sono dèi; non temeteli, dunque!
23L'oro di cui sono adorni per bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano.24Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale.25Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrossiscono anche i loro fedeli perché, se cadono a terra, non si rialzano più.26Neanche se uno li colloca diritti si muoveranno da sé, né se si sono inclinati si raddrizzeranno; si pongono offerte innanzi a loro come ai morti.27I loro sacerdoti vendono le loro vittime e ne traggono profitto; anche le mogli di costoro ne pongono sotto sale una parte e non ne danno né ai poveri né ai bisognosi; anche una donna in stato di impurità e la puerpera toccano le loro vittime.28Conoscendo dunque da questo che non sono dèi, non temeteli!
29Come infatti si potrebbero chiamare dèi? Perfino le donne presentano offerte a questi idoli d'argento, d'oro e di legno.30Nei templi i sacerdoti siedono con le vesti stracciate, la testa e le guance rasate, a capo scoperto.31Urlano alzando grida davanti ai loro dèi, come fanno alcuni durante un banchetto funebre.32I sacerdoti si portan via le vesti degli dèi e ne rivestono le loro mogli e i loro bambini.33Gli idoli non possono contraccambiare né il male né il bene ricevuto da qualcuno; non possono né costituire né spodestare un re;34nemmeno possono dare ricchezze né soldi. Se qualcuno, fatto un voto, non lo mantiene, non se ne curano.35Non liberano un uomo dalla morte né sottraggono il debole da un forte.36Non rendono la vista a un cieco né liberano un uomo dalle angosce.37Non hanno pietà della vedova né beneficano l'orfano.38Sono simili alle pietre estratte dalla montagna quegli idoli di legno, indorati e argentati. I loro fedeli saranno confusi.39Come dunque si può ritenere e dichiarare che costoro sono dèi?
40Inoltre, perfino gli stessi Caldei li disonorano; questi infatti quando trovano un muto incapace di parlare lo presentano a Bel pregandolo di farlo parlare, quasi che costui potesse sentire.41Costoro, pur rendendosene conto, non sono capaci di abbandonare gli idoli, perché non hanno senno.42Le donne siedono per la strada cinte di cordicelle e bruciano della crusca.43Quando qualcuna di esse, tratta in disparte da qualche passante, si è data a costui, schernisce la sua vicina perché non fu stimata come lei e perché la sua cordicella non fu spezzata.44Quanto avviene attorno agli idoli è menzogna; dunque, come si può credere e dichiarare che costoro sono dèi?
45Gli idoli sono lavoro di artigiani e di orefici; essi non diventano niente altro che ciò che gli artigiani vogliono che siano.46Coloro che li fabbricano non hanno vita lunga; come potrebbero le cose da essi fabbricate essere dèi?47Essi lasciano ai loro posteri menzogna e ignominia.48Difatti, quando sopraggiungono la guerra e le calamità, i sacerdoti si consigliano fra di loro sul come potranno nascondersi insieme con i loro dèi.49Come dunque è possibile non comprendere che non sono dèi coloro che non possono salvare se stessi né dalla guerra né dai mali?50Dopo tali fatti si riconoscerà che gli idoli di legno, indorati e argentati, sono una menzogna; a tutte le genti e ai re sarà evidente che essi non sono dèi, ma lavoro delle mani d'uomo e che sono privi di ogni qualità divina.51A chi dunque non sarà evidente che non sono dèi?
52Essi infatti non possono costituire un re sul paese né concedere la pioggia agli uomini;53non risolvono le contese, né liberano l'oppresso, poiché non hanno alcun potere; sono come cornacchie fra il cielo e la terra.54Infatti, se il fuoco si attacca al tempio di questi dèi di legno o indorati o argentati, mentre i loro sacerdoti fuggiranno e si metteranno in salvo, essi invece come travi bruceranno là in mezzo.55A un re e ai nemici non possono resistere.56Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dèi?
57Né dai ladri né dai briganti si salveranno questi idoli di legno, argentati e indorati, ai quali i ladri con la violenza tolgono l'oro, l'argento e la veste che li avvolge e poi fuggono tenendo la roba; essi non sono in grado di aiutare neppure se stessi.58Per questo vale meglio di questi dèi bugiardi un re che mostri coraggio oppure un arnese utile in casa, di cui si serve chi l'ha acquistato; anche meglio di questi dèi bugiardi è una porta, che tenga al sicuro quanto è dentro la casa o perfino una colonna di legno in un palazzo.59Il sole, la luna, le stelle, essendo lucenti e destinati a servire a uno scopo obbediscono volentieri.60Così anche il lampo, quando appare, è ben visibile; anche il vento spira su tutta la regione.61Quando alle nubi è ordinato da Dio di percorrere tutta la terra, eseguiscono l'ordine; il fuoco, inviato dall'alto per consumare monti e boschi, eseguisce il comando.62Gli idoli invece non assomigliano né per l'aspetto né per la potenza a queste cose.63Perciò non si deve ritenere né dichiarare che siano dèi, poiché non possono né rendere giustizia né beneficare gli uomini.64Conoscendo dunque che non sono dèi, non temeteli!
65Essi non maledicono né benedicono i re;66non mostrano alle genti segni nel cielo, né risplendono come il sole, né illuminano come la luna.67Le belve sono migliori di loro, perché possono fuggire in un riparo e provvedere a se stesse.68Dunque, in nessuna maniera è chiaro per noi che essi sono dèi; per questo non temeteli!
69Come infatti uno spauracchio che in un cocomeraio nulla protegge, tali sono i loro idoli di legno indorati e argentati;70ancora, i loro idoli di legno indorati e argentati si possono paragonare a un ramo nell'orto, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre.71Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro saprete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna.72È migliore un uomo giusto che non abbia idoli, poiché sarà lontano dal disonore.


Apocalisse 16

1Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli: "Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio".
2Partì il primo e versò la sua coppa sopra la terra; e scoppiò una piaga dolorosa e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua.
3Il secondo versò la sua coppa nel mare che diventò sangue come quello di un morto e perì ogni essere vivente che si trovava nel mare.
4Il terzo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue.5Allora udii l'angelo delle acque che diceva:

"Sei giusto, tu che sei e che eri,
tu, il Santo,
poiché così hai giudicato.
6Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti,
tu hai dato loro sangue da bere:
ne sono ben degni!".

7Udii una voce che veniva dall'altare e diceva:

"Sì, Signore, Dio onnipotente;
veri e giusti sono i tuoi giudizi!".

8Il quarto versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco.9E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di ravvedersi per rendergli omaggio.
10Il quinto versò la sua coppa sul trono della bestia e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e11bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei dolori e delle piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.

12Il sesto versò la sua coppa sopra il gran fiume Eufràte e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente.13Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane:14sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente.
15Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti per non andar nudo e lasciar vedere le sue vergogne.
16E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn.
17Il settimo versò la sua coppa nell'aria e uscì dal tempio, dalla parte del trono, una voce potente che diceva: "È fatto!".18Ne seguirono folgori, clamori e tuoni, accompagnati da un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra.19La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente.20Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono.21E grandine enorme del peso di mezzo quintale scrosciò dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché era davvero un grande flagello.


Capitolo XL: Nulla di buono ha l’uomo da sé, e di nulla può vantarsi

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1. "O Signore, che cosa è l'uomo, che tu abbia a ricordarti di lui? Che cosa è il figlio dell'uomo, che tu venga a lui?" (Sal 8,5). Quali meriti ha mai l'uomo, perché tu gli dia la tua grazia? O Signore, di che posso lamentarmi se mi abbandoni; che cosa posso, a buon diritto, addurre se tu non mi concedi quello che chiedo? Soltanto questo, in verità, posso dire, con certezza, in cuor mio: Signore, nulla io sono, nulla posso, nulla di buono io ho da me stesso; anzi fallisco in ogni cosa, tendendo sempre al nulla. Se non vengo aiutato da te e plasmato interiormente, mi infiacchisco totalmente e mi abbandono. "Invece tu, o Signore, sei sempre te stesso e tale resti in eterno" (Sal 101, 28.31), immutabilmente buono, giusto, santo, talché fai e disponi ogni cosa con sapienza. Io, invece, essendo più pronto a regredire che ad avanzare, non mi mantengo sempre nella stessa condizione; che anzi "sette tempi diversi passano sopra di me" (Dn 4, 13.20.22); anche se il mio stato può, d'un tratto, mutarsi in meglio, non appena tu lo vuoi, e mi porgi la mano soccorritrice. Da te solo, infatti, non già dall'uomo soccorso, mi può venire l'aiuto e il dono della fermezza, cosicché la mia faccia non muti continuamente, e il mio cuore si volga solo a te, e in te trovi pace. Dunque, se io fossi capace di disprezzare ogni consolazione degli uomini - sia per conseguire maggior fervore, sia per rispondere al bisogno di cercare te, in mancanza di chi mi possa confortare - allora potrei fondatamente sperare nella tua grazia ed esultare del dono di una rinnovellata consolazione.

2. Siano rese grazie a te; a te dal quale tutto discende, se qualcosa di buono mi accade. Ché io non sono altro che vanità, "anzi un nulla, al tuo cospetto" (Sal 38, 6), un uomo incostante e debole. Di che cosa posso io vantarmi; come posso pretendere di essere stimato? Forse per quel nulla che io sono? Sarebbe vanità sempre più grande. O veramente vuota vanteria, peste infame, massima presunzione, che distoglie dalla vera gloria, privandoci della grazia del cielo. Giacché mentre si compiace di se stesso, l'uomo dispiace a te; mentre ambisce ad essere lodato dagli altri, si spoglia della vera virtù. Vera gloria, invece, e gaudio santo, è gloriarci in te, non in noi; trovare compiacimento nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per te. Sia lodato il tuo nome, non il mio; siano esaltate le tue opere, non le mie; sia benedetto il tuo nome santo, e a me non sia data lode alcuna da parte degli uomini. Tu sei la mia gloria e la gioia del mio cuore; in te esulterò e mi glorierò sempre: "per nulla invece in me, se non nella mia debolezza" ("Cor 12,5). Lasciando ai Farisei il cercare gloria gli uni dagli altri, io cercherò quella gloria che viene solo da Dio. A confronto della tua gloria eterna, è vanità e stoltezza ogni lode che viene dagli uomini, ogni onore di quaggiù, ogni mondana grandezza. O mia verità e mia misericordia, mio Dio, Trinità beata, a te solo sia lode, onore, virtù e gloria, per gli infiniti secoli dei secoli!


DISCORSO 265/C ASCENSIONE DEL SIGNORE

Discorsi - Sant'Agostino

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Ciascuno difende il proprio tesoro.

1. Celebriamo oggi l'ascensione del Signore al cielo con lo stesso corpo con il quale è risorto. La festa annuale non rinnova il fatto ma lo richiama alla memoria. Saliamo ora insieme a lui con il cuore, abbiamo la certezza che lo seguiremo anche con il corpo. Non per niente ora abbiamo ascoltato l'invito: In alto il cuore; né senza motivo l'Apostolo ci esorta con le parole: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose del cielo, dov'è Cristo, assiso alla destra del Padre: aspirate alle cose di lassù e non a quelle della terra 1. Alzatevi dalla terra; non potendo il corpo, voli l'anima. Alzatevi dalla terra: cioè sopportate le avversità sulla terra, pensate al riposo in cielo; comportatevi bene qui, per poter rimanere poi sempre lassù. Non c'è luogo sulla terra dove il cuore possa mantenersi integro; se rimane sulla terra si corrompe. Ognuno, se ha qualcosa di prezioso, cerca di portarlo al sicuro. Qui sulla terra molta gente, anzi tutti, quando sentono avvicinarsi qualche pericolo a causa di guerre, cercano dove poter nascondere tutto ciò che hanno di caro. Non è forse così? Potrà qualcuno tra gli uomini fare diversamente da quanto sto dicendo? Chiunque possiede argento o oro, gemme, monili preziosi, vesti costose, cerca dove nasconderli e certamente per salvare quanto ha. Ma più in alto ponga ciò che ha di più prezioso, lo ponga in alto. E che cosa ha di più prezioso del suo cuore? Con il cuore infatti si posseggono i beni terreni. I bambini infatti che ancora non hanno l'uso dell'intelligenza e della ragione - hanno certo questa facoltà, ma come riposta in un cantuccio; in essi non si è ancora svegliato quanto è stato creato - forse possiedono? Nasce un futuro erede di tutti i beni: benché per diritto tutto sia già suo, tuttavia ancora non entra in possesso delle sue cose, perché ancora non è in grado di possedere. Perciò disse l'Apostolo: Finché l'erede è piccolo, non differisce in nulla da uno schiavo 2. La condizione dunque per poter possedere qualcosa qui sulla terra è che abbiamo un cuore, un intelletto, una coscienza, una mente, una ragione, una capacità di pensare, una possibilità di decisione. Ne ho dette tante e tuttavia che cosa ho detto? Chi può comprendere pienamente se stesso? E quanto meno comprenderà il suo Creatore? Presso di lui deponiamo ciò che abbiamo di caro. Osservate bene tutte le cose vostre che avete attorno, fratelli miei, e individuate quello che avete di più caro. Mi rivolgo anche agli avari; ma quanto più facilmente mi ascoltano coloro che non sono avari! Mi provo a convincere gli avari: O tu avaro, che pensi sempre al guadagno, che cerchi affannosamente il lucro da tutte le parti in modo onesto e in modo disonesto, non fai altro che raccogliere presso di te molto fango: stai raccogliendo solo fango e non hai affatto paura di immergerti in esso. Ami i beni terreni. Tu sei un uomo, hai un corpo, hai un'anima. Ti chiedo anzitutto: nel tuo corpo che cosa ami di più? Penso che non troverai niente di più caro nel tuo corpo che gli occhi. Infatti quando si ama molto una persona le si dice: Ti amo come gli occhi miei. Ma facciamo un passo in avanti verso ciò che voglio dimostrare. Fra le membra del tuo corpo non c'è dunque nulla di più caro dell'occhio. Guarda ora i tuoi tesori, osserva che cosa preferisci conservare. Se uno ti dicesse: " Dammi tutto ciò che hai nascosto sotto terra oppure ti caverò gli occhi ", non daresti tutto per salvare i tuoi occhi? Daresti tutto pur di non rimanere cieco in mezzo alle tue ricchezze; non possederesti infatti ciò che non potresti più vedere. La tua avarizia possiede l'oro, una non so quanto meschina e piccola porzione di terra. Con i tuoi occhi invece possiedi il cielo, guardi il sole, misuri le stelle; per mezzo dei tuoi occhi possiedi il mondo intero. Ma perché dire tutte queste cose? Interroga te stesso, sarà la tua anima a risponderti in favore del suo corpo: " Da' via tutto, pur di conservare le mie finestre ". Questo ti dice la tua anima: " Ho sul tuo volto due finestre, attraverso di esse vedo questa luce. Da' via l'oro ma non far chiudere queste mie finestre ". In conclusione, sei disposto a dar via tutto per conservare i tuoi occhi.

La ragione umana è più preziosa degli occhi stessi.

2. Certamente niente ti è più caro quanto gli occhi; niente, considerando però solo il corpo. Infatti ti mostro che hai qualcosa ancora più cara dei tuoi occhi. Devi confessare che ciò a cui sto ora parlando, è a te più caro degli stessi tuoi occhi. Ciò a cui sto parlando - ripeto - non ciò attraverso cui parlo. Attraverso l'orecchio raggiungo la tua intelligenza, per mezzo dell'orecchio stimolo la tua intelligenza, attraverso la parola parlo alla tua intelligenza, è la tua intelligenza che esorto, è la tua intelligenza che arricchisco. Interrogo la tua intelligenza su se stessa; t'interrogo in questo modo. Già prima dicevo che se uno ti volesse togliere una di queste due cose: o il tesoro o gli occhi, tu sceglieresti di conservare gli occhi; benché amareggiato, saresti disposto a perdere il tesoro per non perdere gli occhi. Ora ti interrogo riguardo agli occhi. Sarebbe gran felicità se ti fosse permesso di conservare sia gli occhi che l'intelligenza. Ma se non fosse possibile conservare ambedue le cose e ti si proponesse una scelta: " Scegli ciò che è meglio tra il perdere gli occhi del corpo oppure l'intelligenza, se perdessi l'intelligenza, ti ritroveresti un animale; se perdessi gli occhi, conserveresti l'intelligenza, potresti essere ancora un uomo. Parla, scegli ciò che vuoi. Che cosa desideri essere: un uomo che non vede o un animale che vegeta? Avete acclamato, avete fatto una scelta. Con che cosa avete visto la scelta che avete fatto? Che cosa vi ho fatto vedere per farvi uscire in acclamazioni? Vi ho fatto vedere forse dei bei colori, delle belle forme, oro o argento? Ho presentato forse dei gioielli al vostro sguardo? Niente di tutto questo; e tuttavia avete acclamato e acclamando avete dato la prova di aver scelto. A farvi vedere ciò che avete scelto è stata la vostra intelligenza: ad essa io sto parlando. Ebbene, con quella stessa intelligenza con cui hai scelto dopo aver ascoltato la mia parola, credi anche alla parola di Dio. Quando ti si dice: In alto il cuore, questo devi intendere e fare. Pensa ai Cristo che siede alla destra del Padre; pensa che verrà a giudicare i vivi e i morti. Pensi la fede: la fede è nella mente, la fede è nel profondo del cuore. Guarda colui che è morto per te: osservalo mentre sta ascendendo al cielo, amalo mentre sta soffrendo; osservalo mentre sta ascendendo al cielo e aggrappati a lui morente. Hai la caparra della grande promessa che ti ha fatto il Cristo: quanto ha fatto oggi, cioè la sua ascensione, è per te una promessa. Dobbiamo sperare che risorgeremo e saliremo al regno di Dio e rimarremo per sempre lì con Dio, vivremo eternamente, saremo nella gioia senza alcuna mestizia, rimarremo lì senza alcuna noia. Lì non ti sarà detto: " Guardati dal male ", ma: " Possiedi il bene! ". È grande cosa quanto ci vien promesso. Quando avrebbe mai osato promettere a se stessa queste cose la pusillanime e debole natura mortale? Quando avrebbe osato promettersele questo putridume? Riflettendo a ciò che è, quando avrebbe potuto promettere a se stesso queste cose? Ma le ha promesse Dio. Affinché tu creda - ha detto in sostanza - che salirai a me, prima io scendo da te; e affinché tu creda che vivrai di me, prima io muoio per te.

 


1 - Col 3, 1-2.

2 - Gal 4, 1.


21 - La nascita fortunata di Maria santissima, signora nostra

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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325. Giunse il giorno, lieto per il mondo, del felicissimo parto di sant'Anna e della nascita di colei che veniva alla luce santificata e consacrata per diventare Madre di Dio. Questo parto avvenne l'ottavo giorno del mese di settembre, compiuti nove mesi interi dalla concezione della santissima anima della nostra Regina e signora. Fu preavvertita sua madre Anna da una illuminazione interiore, nella quale il Signore le diede l'avviso che si avvicinava l'ora del parto. Così, piena della gioia dello Spirito divino, era tutta presa ad ascoltare la sua voce e prostratasi in orazione chiese al Signore che l'assistesse con la sua grazia e la sua protezione, per il buon esito del parto. Subito sentì nel suo seno un movimento, che è naturale quando le creature stanno per venire alla luce. Nello stesso tempo, la bambina Maria, più che fortunata, fu rapita, per provvidenza e virtù divina, in un'estasi altissima, nella quale assorta ed astratta da tutte le operazioni sensitive, venne al mondo senza percepirlo con i sensi, come invece avrebbe potuto se assieme all'uso della ragione, che aveva, li avesse lasciati, per natura, operare in quel momento. Il potere dell'Altissimo, però, dispose in questo modo, affinché la Principessa del cielo non avvertisse il naturale evento del parto.

326. Maria nacque pura, bella e tutta piena di grazie, manifestando con esse che era esente dalla legge e dal tributo del peccato. E benché nella sostanza venne al mondo come gli altri figli di Adamo, tuttavia la sua nascita fu accompagnata da circostanze e grazie particolari, che la resero miracolosa ed ammirabile in tutta la natura, nonché lode eterna per il suo Autore. Questa divina stella mattutina spuntò, dunque, al mondo, intorno alla mezzanotte, cominciando così a dividere la notte dell'antica legge e delle prime tenebre dal giorno nuovo della grazia, che stava già per apparire. Colei che aveva la mente fissa nella Divinità fu così, conformemente agli altri bambini, avvolta in panni e posta ed accomodata in una culla; e venne trattata come una bambina quella che, in sapienza, eccedeva tutti i mortali e gli stessi serafini. Sua madre Anna non consentì che in quel momento fosse toccata da altri, ma lei stessa, con le sue mani, l'avvolse in fasce, senza esserne impedita dal parto, poiché fu libera dal doloroso travaglio cui sono soggette, ordinariamente, tutte le altre madri.

327. Sant'Anna ricevette nelle sue mani colei che, essendo figlia sua, era insieme il maggior tesoro del cielo e della terra; semplice creatura sì, ma inferiore solo a Dio e superiore invece ad ogni cosa creata. Con fervore e con lacrime la offrì alla sua divina Màestà, dicendo nel suo intimo: «Signore d'infinita sapienza e potenza, creatore di tutto ciò che esiste, io vi offro il frutto del mio seno, che ho ricevuto dalla vostra bontà, con eterna riconoscenza per avermelo concesso senza che io potessi meritarlo. Fate della figlia e della madre ciò che piace alla vostra santissima volontà e guardate la nostra piccolezza, dall'alto della vostra sede e grandezza. Siate eternamente benedetto, perché avete arricchito il mondo con una creatura così gradita al vostro beneplacito e perché in lei avete preparato la dimora e il tabernacolo in cui viva il Verbo eterno. Io mi congratulo con i miei santi Padri e Profeti, ed in loro con tutto il genere umano per il pegno sicuro, che ad essi donate, della redenzione. Ma come tratterò io quella che mi date per figlia, non meritando nemmeno di essere sua serva? Come toccherò la vera arca dell'alleanza? Concedetemi, o Signore e mio re, la luce necessaria per conoscere la vostra volontà e per eseguirla con il vostro compiacimento ed al servizio di mia figlia».

328. Il Signore rispose alla santa suggerendole nell'intimo l'ispirazione di trattare la bambina come fa qualsiasi madre, senza dimostrarle all'esterno riverenza, e portandogliela, però, nel suo interno: nel crescerla adempisse, quindi, i doveri di una vera madre, avendone cura con sollecitudine ed amore. Così fece appunto la felice madre ed usando questa facoltà, senza venir meno alla riverenza dovuta, si deliziava con la sua santissima figlia, trattandola ed accarezzandola come fanno le altre madri con le loro figlie, sempre però con la stima e con l'attenzione degne di quel mistero così imperscrutabile e divino che si racchiudeva tra madre e figlia. Gli angeli con tanti altri spiriti celesti venerarono devoti la dolce bambina, tra le braccia di sua madre, e le suonarono delle celesti sinfonie, di cui udì qualcosa sant'Anna; i mille angeli, invece, destinati alla custodia, si presentarono davanti alla gran Regina, per dedicarsi al suo servizio. Fu questa la prima volta che la divina signora li vide in forma corporea con i segni e le vesti, di cui parlerò in un altro capitolo; e la bambina li pregò che lodassero l'Altissimo con lei ed in nome suo.

329. Nel momento in cui nacque la nostra principessa Maria, l'Altissimo inviò l'arcangelo san Gabriele a portare ai santi Padri del limbo questa notizia tanto lieta per loro. Subito il messaggero celeste scese ad illuminare quella profonda caverna, rallegrando i giusti che vi si trovavano. Annunciò loro che già cominciava a spuntare il giorno della felicità eterna e della redenzione del genere umano; giorno tanto desiderato ed aspettato dai santi Padri e preannunziato dai Profeti. Era già nata la Madre del Messia promesso, per cui essi avrebbero ben presto visto la salvezza e la gloria dell'Altissimo. Il santo principe inoltre svelò loro le eccellenti virtù di Maria e tutto ciò che la mano dell'Onnipotente aveva cominciato ad operare in lei, affinché conoscessero meglio il felice principio del mistero, che avrebbe posto fine alla loro prolungata prigionia. Di questa notizia, si rallegrarono in spirito i Padri, i Profeti e gli altri giusti che dimoravano nel limbo; e con nuovi cantici lodarono il Signore per tale beneficio.

330. Tutto ciò che ho riferito successe in breve tempo. Intanto, la nostra Regina, appena vide la luce del sole materiale, conobbe con i sensi i suoi naturali genitori ed altre creature; questo fu il primo passo della sua vita nel mondo. Il braccio onnipotente dell'Altissimo ricominciò così ad operare per lei nuove meraviglie, superiori ad ogni pensiero umano. La prima, oltremodo stupenda, fu d'inviare innumerevoli angeli, affinché sollevassero in anima e corpo, al cielo empireo, l'eletta per madre del Verbo eterno, secondo quello che il Signore disponeva. Ubbidirono i santi principi e, prendendo la bambina Maria dalle braccia di sua madre sant'Anna, si ordinarono con pompa solenne in una festosa processione, portando fra cantici d'incomparabile giubilo la vera arca della nuova alleanza, perché dimorasse per un po' di tempo non nella casa di ObedÈdom, ma nel tempio del sommo Re dei re, dove poi sarebbe dovuta rimanere eternamente. Da questo mondo al supremo cielo fu il secondo passo che Maria santissima fece nella sua vita.

331. Chi potrà degnamente esaltare questo stupendo prodigio della destra dell'Onnipotente? Chi potrà descrivere il gaudio e lo stupore degli spiriti celesti, quando guardavano quella meraviglia così nuova tra le opere dell'Altissimo, e con nuovi cantici la celebravano? In Maria riconobbero e riverirono la loro regina e signora, eletta per madre di colui che doveva essere loro capo, e che era causa della grazia e della gloria che possedevano, poiché egli le aveva loro ottenute con i suoi meriti in previsione del divino consenso. Ma quale lingua o pensiero dei mortali potrebbe entrare nel segreto del cuore di quella tenera bambina, e capire o descrivere che cosa sentì durante lo svolgimento di un privilegio così singolare? Lo lascio pensare a coloro che sono animati da sentimenti di vera pietà cattolica e molto più a quelli cui sarà dato conoscerlo nel Signore; noi invece lo vedremo quando per la sua infinita misericordia giungeremo a goderlo faccia a faccia.

332. La bambina Maria fece il suo ingresso nel cielo empireo per mano degli angeli e prostratasi con amore alla presenza del trono dell'Altissimo, si avverò - secondo il nostro modo d'intendere - ciò che prima era accaduto in figura, quando Betsabea si presentò al figlio Salomone, che dal suo trono giudicava il popolo d'Israele; ed egli alzatosi ricevette sua madre e la colmò di onori dandole il posto di regina al suo fianco. Lo stesso fece, ma con maggiore gloria ed in modo ancor più ammirabile la persona del Verbo eterno con la bambina Maria, che si era eletta per madre. Egli la innalzò sul suo trono e le diede, al suo fianco destro, il titolo di madre sua e di regina di ogni cosa creata, benché tutto ciò si operasse senza che ella conoscesse la propria dignità né il fine di misteri e privilegi così ineffabili; ma per ricevere questi le sue deboli forze furono sostenute dalla potenza divina. Le vennero, infatti, elargite grazie e doni nuovi, con i quali furono rispettivamente elevate le sue capacità esteriori; e riguardo alle facoltà interiori, oltre alla nuova grazia ed alla luce con le quali furono preparate, Dio le elevò in modo adeguato a ciò che le doveva essere rivelato. Inoltre, avendole dato il lume necessario, svelò la sua divinità, manifestandosi a lei in modo chiaro e indicibilmente sublime. Fu questa la prima volta che la bambina Maria vide la santissima Trinità.

333. Della gloria che in questa visione ebbe la bambina Maria, dei nuovi misteri che le furono rivelati e degli effetti che ridondarono nella sua purissima anima, furono solo testimoni l'autore di così inaudito miracolo e gli angeli stupefatti, che in Dio stesso conoscevano già qualcosa di questo mistero. Ritrovandosi la Regina alla destra del Signore che doveva divenire suo figlio e vedendolo faccia a faccia, gli chiese, più felicemente di Betsabea, che donasse l'intatta Sunnamita Abisag, cioè la sua inaccessibile divinità, all'umana natura sua propria sorella, e che adempisse la sua parola scendendo dal cielo sulla terra, celebrando così il matrimonio dell'unione ipostatica nella persona del Verbo, poiché tante volte lo aveva promesso agli uomini per mezzo dei Patriarchi e dei Profeti. Lo pregò anche di affrettare la redenzione del genere umano, attesa da tanti secoli, poiché si moltiplicavano i peccati e la rovina del-le anime. Ascoltò l'Altissimo questa richiesta a lui tanto gradita, e promise a sua Madre, diversamente da Salomone, che subito si sarebbe disobbligato dalle sue promesse e sarebbe venuto nel mondo, incarnandosi per redimerlo.

334. In quel concistoro e tribunale divino della santissima Trinità si decise di dare il nome alla bambina Regina; e siccome nessun nome è legittimo e proprio se non quello che si pone nell'essere immutabile di Dio, dove con equità, peso, misura ed infinita sapienza si dispensano ed ordinano tutte le cose, allora la divina Maestà volle imporglielo da se stessa, nel cielo. Manifestò così agli spiriti angelici che le tre divine Persone avevano decretato e formulato, sin dall'eternità, i dolcissimi nomi di Gesù e di Maria per il figlio e per la madre; e si erano compiaciute in essi, tenendoli scolpiti nella loro mente eterna, e presenti in tutte le cose a cui avevano dato esistenza, poiché proprio per il loro servizio le avevano create. Mentre i santi angeli venivano a conoscenza di questi e di altri misteri, udirono una voce dal trono, che, nella persona del Padre eterno, diceva: «La nostra eletta sarà chiamata Maria e questo nome deve essere meraviglioso e grande; quelli che lo invocheranno con devoto affetto, riceveranno copiosissime grazie; quelli che lo apprezzeranno e pronunceranno con riverenza, saranno consolati e vivificati; tutti ritroveranno in esso il rimedio dei loro mali, i tesori per arricchirsi e la luce che li guidi verso la vita eterna. Questo nome sarà terribile contro l'inferno, schiaccerà il capo al serpente, ed otterrà insigni vittorie sui principi delle tenebre». Ordinò poi il Signore agli spiriti angelici, che annunziassero questo felice nome a sant'Anna, affinché si operasse sulla terra quello che si era stabilito nel cielo. La divina bambina, prostratasi con affetto dinanzi al trono, rese riconoscenti ed umili grazie all'Essere eterno e con ammirabili e dolcissimi cantici ricevette il suo nome. Se si dovessero descrivere i privilegi e le grazie, che le furono concessi, sarebbe necessaria unopera a parte, di più volumi. I santi angeli, nel trono dell'Altissimo, venerarono e riconobbero, di nuovo, Maria santissima come futura madre del Verbo e come loro regina e signora; e ne ossequiarono il nome prostrandosi, ogni volta che lo pronunciava la voce dell'eterno Padre. Particolarmente lo venerarono quelli che lo avevano come stemma sul petto; tutti invece intonarono cantici di lode per misteri così grandi ed insondabili. La neonata Regina, però, continuò ad ignorare la causa di tutto ciò che vedeva, perché non le venne manifestata la sua dignità di madre del Verbo sino al tempo dell'incarnazione. Intanto sempre con giubilo e con riverenza i santi angeli la riportarono sulla terra nelle braccia di sant'Anna, alla quale rimase nascosto quanto era accaduto, nonché l'assenza di sua figlia, poiché in vece sua suppli uno degli angeli custodi, prendendo, per questo scopo, un corpo aereo. Oltre a ciò, per molto tempo, mentre la divina fanciulla dimorava nel cielo empireo, sua madre Anna ebbe un'estasi di altissima contemplazione, in cui, benché ignorasse quel che si operava nella sua bambina, le furono manifestati gli ineffabili misteri della dignità di madre di Dio, per la quale era stata eletta la sua figlia santissima. La prudente donna li conservò nascosti nel suo cuore, tenendoli, però, sempre presenti nella mente, per tutto quello che doveva operare con lei.

335. Otto giorni dopo la nascita della grande Regina, scese dall'alto una moltitudine di angeli béllissimi e maestosi, portanti uno scudo sul quale era scolpito, a caratteri brillanti e risplendenti, il nome di Maria. Manifestandosi tutti alla fortunata sant'Anna le dissero che il nome di sua figlia doveva essere quello che essi portavano sullo scudo, e cioè Maria: nome che le aveva dato la divina Provvidenza, ordinando in tal modo che anche lei e Gioacchino glielo imponessero subito. La santa chiamò il marito e gli fece conoscere la volontà di Dio riguardo al nome della loro figlia ed il fortunatissimo padre lo accolse con giubilo e con devoto affetto. Decisero così di chiamare i parenti ed un sacerdote, e con un sontuoso e solenne banchetto posero il nome di Maria alla loro neonata. Gli angeli celebrarono questa festa cantando una dolcissima melodia, sentita solo dalla madre e dalla figlia che restò così col nome che la santissima Trinità le aveva dato nel cielo il giorno in cui era nata e sulla terra l'ottavo giorno dopo l'evento. Fu scritto poi nel registro comune, quando sua madre andò al tempio per adempiere la legge, come si dirà in seguito. Sino allora il mondo non aveva visto un parto simile a questo né un altro sarebbe potuto accadere in una semplice creatura. Questa fu la nascita più fortunata che la natura poté salutare, poiché portò una bambina la cui vita, già dal primo giorno, non solo fu esente dalla macchia del peccato, ma fu più pura e santa di quella dei supremi serafini. La nascita di Mosè fu celebrata per la bellezza e l'avvenenza del bambino; ma questa non era che apparente e corruttibile. Oh, come è bella la nostra grande bambina! Oh, com'è bella! È tutta bella e soavissima nelle sue delizie, perché possiede tutte le grazie e le bellezze, senza alcun difetto. Fu motivo di sorriso e di letizia, per la casa di Abramo, la nascita di Isacco, il figlio promesso da Dio e concepito da madre sterile; ma tale parto non ebbe una grandezza maggiore di quella originata e trasmessa dalla nostra bambina Regina, per cui fu preordinata tutta quella gioia straordinaria. E se quel parto fu ammirabile e di tanto giubilo per la famiglia del patriarca, perché era prefigura e preparazione della natività della dolcissima Maria, così in questo si devono rallegrare il cielo e la terra, perché nasce colei che viene a restaurare le rovine del cielo e a santificare il mondo. Quando nacque Noè, si consolò suo padre Lamech, perché seppe che Dio attraverso suo figlio avrebbe assicurato la continuità del genere umano, per mezzo dell'arca, e avrebbe accordato di nuovo le benedizioni che gli uomini avevano demeritato per i peccati commessi. Tutto questo, però, avvenne affinché nascesse questa bambina, che doveva essere la vera riparatrice, essendo, ancora una volta, l'arca mistica a contenere il nuovo e vero Noè, attirandolo dal cielo, per riempire di benedizioni tutti gli abitanti della terra. Oh, felice parto! Oh, lieta nascita, che in tutti i secoli passati sei stata il compiacimento della santissima Trinità, il gaudio degli angeli, il refrigerio dei peccatori, l'allegrezza dei giusti e la singolare consolazione dei santi che ti stavano aspettando nel limbo!

336. Oh, preziosa e fulgida margarita, che ti dischiudesti alla luce del sole racchiusa nella grezza conchiglia di questo mondo! Oh, grande bambina! Se alla luce materiale gli occhi terreni ti ravvisano appena, dinanzi a quelli del sovrano e della sua corte superi in dignità e bellezza tutto ciò che non è Dio stesso. Tutte le generazioni ti benedicano; tutte le nazioni riconoscano e lodino la tua grazia e la tua bellezza. La terra sia rischiarata da questa nascita; i mortali si rallegrino perché è nata per loro la corredentrice che colmerà il vuoto causato dalla prima colpa; vuoto in cui da essa sono stati lasciati. Sia benedetta ed esaltata la vostra benignità verso di me che sono polvere e cenere, la più abietta. E se mi date il permesso, o mia Signora, di parlare alla vostra presenza, vi esporrò un dubbio, che mi è affiorato su questo mistero della vostra nascita, riguardo a quello che operò l'Altissimo con voi nell'ora in cui vi pose alla luce materiale del sole.

337. Questo è il dubbio: «Come si potrà intendere che per mano dei santi angeli siete stata portata con il corpo fino al cielo empireo ed alla vista della Divinità? Poiché secondo la dottrina della santa Chiesa e dei santi dottori, il cielo fu chiuso e come interdetto per gli uomini fino a che il vostro santissimo Figlio non lo aprì con la sua vita e la sua morte, entrando in esso come redentore e capo, quando, cioè risorto, vi salì nel giorno della sua ammirabile ascensione, essendo egli il primo per il quale furono aperte quelle porte eterne, che erano state chiuse per il peccato».

 

Risposta ed insegnamento della Regina del cielo

 

338. Carissima figlia mia, è vero che la divina giustizia, per il primo peccato chiuse il cielo ai mortali fino a quando il mio santissimo Figlio non lo aprì, pagando abbondantemente per gli uomini con la sua vita e la sua morte. Fu così conveniente e giusto che il Redentore, che come capo aveva unito a sé le membra redente, entrasse pnma degli altri figli di Adamo nel cielo, aprendolo per loro. E' vero che se Adamo non avesse peccato, non sarebbe stato necessario osservare questo ordine, per poter gli uomini salire al cielo empireo a godere della Divinità, ma vista la caduta del genere umano, la santissima Trinità stabilì quello che ora si sta eseguendo ed adempiendo. Davide cantò questo grande mistero nel salmo ventitreesimo, quando, parlando con gli spiriti del cielo, disse due volte: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi porte antiche, ed entri il re della gloria». E ripeté agli angeli che le porte erano aperte solo per loro, mentre per gli uomini stavano chiuse. E benché quei cortigiani del cielo non ignorassero che il Verbo incarnato aveva già tolto a quelle porte le sbarre e le serrature della colpa - salendo ricco e glorioso con le spoglie della morte e del peccato e presentando nella gloria dei santi Padri del limbo il frutto della passione che portava su di sé - con tutto ciò, i santi angeli vengono qui descritti come meravigliati e stupiti di questa novità straordinaria, domandandosi tra loro: «Chi è questo re della gloria, essendo uomo e della stessa natura di Adamo che perdette per sé e per tutto il genere umano il diritto di salire al cielo?».

339. Al dubbio rispondono loro stessi, dicendo che il re della gloria è il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia, il Signore degli eserciti. Il che è un mostrarsi consapevoli che quell'uomo, venuto dal mondo per aprire le porte eterne, non era solo uomo, né era sottomesso alla legge del peccato, ma era vero uomo e vero Dio e che, forte e potente in battaglia aveva vinto il forte armato che regnava nel mondo, e lo aveva spogliato del suo regno e delle sue armi. Gli angeli lo chiamano il re della gloria, il signore delle virtù, perché le aveva operate come loro Signore, cioè con autorità e senza gli ostacoli del peccato e delle sue conseguenze. E, come signore delle virtù e re della gloria, veniva ora trionfando e ripartendo virtù e gloria ai suoi redenti, per i quali, in quanto uomo, aveva patito ed era morto; in quanto Dio, invece, li sollevava all'eternità della visione beatifica, avendo spezzato le serrature, ossia gli ostacoli posti dal peccato.

340. O anima, questo fu quello che fece il mio diletto figlio, vero Dio e vero uomo, che, come signore d'ogni virtù e grazia, m'innalzò e mi adornò fin dal primo istante della mia immacolata concezione. Quindi non essendo stata colpita dall'obice del primo peccato, non ebbi l'ostacolo, proprio degli altri mortali, ad entrare per le porte eterne del cielo, anzi, riguardo a questo, il potente braccio di mio figlio si comportò con me, come con la signora delle virtù e regina del cielo. Parimenti, dovendolo rivestire, nel suo farsi uomo, della mia carne e del mio sangue, per la sua benignità volle prevenirmi, facendomi simile a lui in purezza e nella esenzione della colpa come anche in altri doni e privilegi divini. Inoltre, poiché non ero schiava della colpa, non esercitavo affatto le virtù come chi è soggetta ad essa, ma come signora delle mie facoltà, senza conflitto interiore e con pieno dominio; simile non tanto ai figli di Adamo quanto al Figlio di Dio che era anche mio figlio.

341. Per questa ragione gli spiriti celesti mi aprirono le porte eterne che reputavano loro, riconoscendo così che il Signore mi aveva creata più pura di tutti i supremi angeli del cielo, anzi loro Regina e signora di tutte le creature. E comprendi, o carissima, che chi fece la legge, poté senza contraddizione dispensare da essa. In questo modo, operò il supremo Signore e legislatore, stendendo verso di me lo scettro della sua clemenza più nobilmente di quanto non fece Assuero verso Ester, affinché non si intendesse che le leggi circa la colpa, comuni agli altri mortali, fossero fatte per me, che dovevo diventare la Madre dell'autore della grazia. E benché io, come semplice creatura non potessi meritare questi benefici, tuttavia la clemenza e la bontà divina si volsero verso di me liberalmente, rimirandomi come umile serva, affinché lodassi eternamente l'autore di tali opere. E voglio che anche tu, o figlia mia, lo esalti e lo benedica per esse.

342. L'insegnamento che ora ti do è questo: avendoti eletta con liberale pietà, come mia discepola e compagna, quando eri ancora povera e abbandonata, cerca con tutte le tue forze di imitarmi in un esercizio che io ho praticato per tutta la mia vita da quando venni al mondo, senza tralasciarlo nemmeno un giorno, per quanti pensieri e tribolazioni avessi. L'esercizio consisteva nel prostrarmi alla presenza dell'Altissimo, ogni giorno allo spuntare della luce, ringraziandolo e lodandolo per il suo essere immutabile, per le sue infinite perfezioni e per avermi creata dal nulla. Inoltre, riconoscendomi sua creatura e sua fattura, lo benedicevo ed adoravo rendendogli onore e magnificenza come si deve al supremo Signore e al creatore mio e di tutto ciò che esiste. Sollevavo così il mio spirito, mettendolo nelle sue mani, e con fiducia e profonda umiltà mi abbandonavo chiedendogli che, in quel giorno e per tutti gli altri della mia vita, disponesse di me secondo il suo volere e che m'insegnasse tutto ciò che gli fosse di maggiore gradimento, per adempierlo. Nell'espletare i diversi impegni quotidiani replicavo più volte questi atti e nell'interno consultavo prima la divina Maestà chiedendole consigli, licenza e benedizione per tutte le mie azioni.

343. Sii molto devota del mio dolcissimo nome. Sappi intanto che sono stati molti i privilegi e le grazie che l'Onnipotente ha legato al mio nome. Nel rendermene conto alla vista di Dio, mi sentii, in modo sommo, tenuta alla riconoscenza e fui presa da una grande sollecitudine di corrispondere, tanto che tutte le volte che mi veniva alla memoria il mio nome, Maria, ed accadeva molto spesso, e tutte le volte che mi sentivo nominare, provavo un incitamento alla gratitudine e al compimento di ardue imprese per il Signore, che me lo aveva dato. Lo stesso nome hai tu. Perciò voglio che questo nome operi in te i medesimi effetti, in modo che tu mi imiti fedelmente in ciò che hai appreso in questo capitolo, senza venirvi meno da oggi in poi, qualunque cosa accadesse. Qualora, per debolezza, tu cadessi nell'indolenza, rientra subito in te stessa e, alla presenza del Signore e a quella mia, riconosci con dolore la tua colpa. Con sollecitudine e costanza in questo santo esercizio, eviterai molte imperfezioni e ti abituerai piano piano a praticare le virtù nel più alto grado, secondo il volere dell'Altissimo. Egli allora non ti negherà la sua grazia divina se ricercherai davvero la sua luce e ciò che è più gradito e desiderato dal tuo cuore e dal mio, cioè di ascoltare e ubbidire con tutta te stessa al tuo sposo e Signore, il quale vuole per te ciò che è più puro, santo e perfetto e una volontà pronta e disposta ad eseguirlo.


2-20 Maggio 7, 1899 Della purità d’intenzione e la vera carità.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mentre al giorno ho fatto la meditazione, Gesù continuava a farsi vedere a me vicino e mi ha detto:

(2)La mia persona è circondata da tutte le opere che si fanno dalle anime, come da una veste, e a misura della purità d’intenzione e dell’intensità dell’amore con cui si fanno, così mi danno più splendore ed Io darò a loro più gloria, tanto che nel giorno del giudizio le mostrerò a tutto il mondo per far conoscere a tutto il modo come mi hanno onorato i miei figli ed il modo come Io onoro loro”.

(3) Prendendo un’aria più afflitta ha soggiunto:

(4)Figlia mia, che sarà di tante opere, anche buone, fatte senza retta intenzione, per usanza e per fine d’interesse? Qual vergogna non sarà di loro nel giorno del giudizio, nel vedere tante opere buone in sé stesse, ma marcite dalla loro intenzione, che invece di renderle onore come a tanti altri, le stesse loro azioni le renderanno vergogna? Perché non sono le opere grandi che miro, ma l’intenzione con cui si fanno, qui è tutta la mia attenzione”.

(5) Per poco Gesù ha fatto silenzio, ed io pensavo alle parole che aveva detto mentre andavo ruminando nella mia mente, specialmente sulla purità dell’intenzione e come facendo il bene alle creature, le stesse devono scomparire, facendo una la creatura con lo stesso Signore e fare come se le creature non esistessero, Gesù ha ripreso il suo dire dicendomi:

(6)Eppure così è. Vedi, il mio cuore è larghissimo, ma la porta è strettissima, nessuno può riempire il vuoto di questo cuore, se non che le anime distaccate, nude e semplici, perché come tu vedi, essendo la porta piccola, qualunque impedimento, anche minimo, cioè: Un’ombra d’attacco, un’intenzione storta, un’opera senza il fine di piacermi impedisce che entrino a deliziarsi nel mio cuore. L’amore del prossimo molto ne va nel mio cuore, ma dev’essere tanto congiunto al mio, in modo che deve formare uno solo, senza potersi discernere uno dall’altro; ma quell’altro amore del prossimo che non è trasformato nel mio amore, Io non lo guardo come cosa che a Me appartiene”.