Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

E necessario guardarsi dall'orgoglio. L'orgoglio annienta ogni cosa. Ecco perché Gesù ha detto ai suoi discepoli di essere miti e umili di cuore. Io non dissi che la contemplazione è una grossa cosa... ma di esse­re miti e umili di cuore l'uno verso l'altro. Se capite questo, capite la vostra vocazione. Vivere a questo modo costituisce la chiave per essere miti e umili. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 25° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 19

1Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.2E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati.
3Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?".4Ed egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio 'li creò maschio e femmina' e disse:5Per questo l'uomo 'lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola'?6Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi".7Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato 'di darle l'atto di ripudio e mandarla via'?".8Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.9Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio".

10Gli dissero i discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi".11Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.12Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca".

13Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.14Gesù però disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli".15E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.

16Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?".17Egli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti".18Ed egli chiese: "Quali?". Gesù rispose: "'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,'19'onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso'".20Il giovane gli disse: "Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?".21Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi".22Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

23Gesù allora disse ai suoi discepoli: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.24Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli".25A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: "Chi si potrà dunque salvare?".26E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile".

27Allora Pietro prendendo la parola disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?".28E Gesù disse loro: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.29Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
30Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".


Primo libro dei Maccabei 1

1Queste cose avvennero dopo che Alessandro il Macedone, figlio di Filippo, uscito dalla regione dei Kittim sconfisse Dario, re dei Persiani e dei Medi, e regnò al suo posto, cominciando dalla Grecia.2Intraprese molte guerre, si impadronì di fortezze e uccise i re della terra;3arrivò sino ai confini della terra e raccolse le spoglie di molti popoli. La terra si ridusse al silenzio davanti a lui; il suo cuore si esaltò e si gonfiò di orgoglio.4Radunò forze ingenti e conquistò regioni, popoli e principi, che divennero suoi tributari.5Dopo questo cadde ammalato e comprese che stava per morire.6Allora chiamò i suoi luogotenenti più importanti, che erano cresciuti con lui fin dalla giovinezza e mentre era ancora vivo divise tra di loro il suo impero.7Regnò dunque Alessandro dodici anni e morì.8I suoi subalterni assunsero il potere, ognuno nella sua regione;9dopo la sua morte tutti cinsero il diadema e dopo di loro i loro figli per molti anni e si moltiplicarono i mali sulla terra.
10Uscì da quelli una radice perversa, Antioco Epìfane, figlio del re Antioco che era stato ostaggio a Roma, e assunse il regno nell'anno centotrentasette del dominio dei Greci.11In quei giorni sorsero da Israele figli empi che persuasero molti dicendo: "Andiamo e facciamo lega con le nazioni che ci stanno attorno, perché da quando ci siamo separati da loro, ci sono capitati molti mali".12Parve ottimo ai loro occhi questo ragionamento;13alcuni del popolo presero l'iniziativa e andarono dal re, che diede loro facoltà di introdurre le istituzioni dei pagani.14Essi costruirono una palestra in Gerusalemme secondo le usanze dei pagani15e cancellarono i segni della circoncisione e si allontanarono dalla santa alleanza; si unirono alle nazioni pagane e si vendettero per fare il male.
16Quando il regno fu consolidato in mano di Antioco, egli volle conquistare l'Egitto per dominare due regni:17entrò nell'Egitto con un esercito imponente, con carri ed elefanti, con la cavalleria e una grande flotta18e venne a battaglia con Tolomeo re di Egitto. Tolomeo fu travolto davanti a lui e dovette fuggire e molti caddero colpiti a morte.19Espugnarono le fortezze dell'Egitto e Antioco saccheggiò il paese di Egitto.
20Ritornò quindi Antioco dopo aver sconfitto l'Egitto nell'anno centoquarantatré, si diresse contro Israele e mosse contro Gerusalemme con forze ingenti.21Entrò con arroganza nel santuario e ne asportò l'altare d'oro e il candelabro dei lumi con tutti i suoi arredi22e la tavola dell'offerta e i vasi per le libazioni, le coppe e gli incensieri d'oro, il velo, le corone e i fregi d'oro della facciata del tempio e lo sguarnì tutto;23si impadronì dell'argento e dell'oro e d'ogni oggetto pregiato e asportò i tesori nascosti che riuscì a trovare;24quindi, raccolta ogni cosa, fece ritorno nella sua regione. Fece anche molte stragi e parlò con grande arroganza.

25Allora vi fu lutto grande per gli Israeliti
in ogni loro regione.
26Gemettero i capi e gli anziani,
le vergini e i giovani persero vigore
e la bellezza delle donne svanì.
27Ogni sposo levò il suo lamento
e la sposa nel talamo fu in lutto.
28Tremò la terra per i suoi abitanti
e tutta la casa di Giacobbe si vestì di vergogna.

29Due anni dopo, il re mandò alle città di Giuda un sovrintendente ai tributi. Egli venne in Gerusalemme con ingenti forze30e rivolse loro con perfidia parole di pace ed essi gli prestarono fede. Ma all'improvviso piombò sulla città, le inflisse colpi crudeli e mise a morte molta gente in Israele.31Mise a sacco la città, la diede alle fiamme e distrusse le sue abitazioni e le mura intorno.32Trassero in schiavitù le donne e i bambini e si impossessarono dei greggi.33Poi costruirono attorno alla città di Davide un muro grande e massiccio, con torri solidissime, e questa divenne per loro una fortezza.34Vi stabilirono una razza empia, uomini scellerati, che si fortificarono dentro,35vi collocarono armi e vettovaglie e, radunato il bottino di Gerusalemme, lo depositarono colà e divennero come una grande trappola;36questo fu un'insidia per il santuario e un avversario maligno per Israele in ogni momento

37Versarono sangue innocente intorno al santuario
e profanarono il luogo santo.
38Fuggirono gli abitanti di Gerusalemme a causa loro
e la città divenne abitazione di stranieri;
divenne straniera alla sua gente
e i suoi figli l'abbandonarono.
39Il suo santuario fu desolato come il deserto,
le sue feste si mutarono in lutto,
i suoi sabati in vergogna
il suo onore in disprezzo.
40Quanta era stata la sua gloria
altrettanto fu il suo disonore
e il suo splendore si cambiò in lutto.

41Poi il re prescrisse con decreto a tutto il suo regno, che tutti formassero un sol popolo42e ciascuno abbandonasse le proprie leggi. Tutti i popoli consentirono a fare secondo gli ordini del re.43Anche molti Israeliti accettarono di servirlo e sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato.44Il re spedì ancora decreti per mezzo di messaggeri a Gerusalemme e alle città di Giuda, ordinando di seguire usanze straniere al loro paese,45di far cessare nel tempio gli olocausti, i sacrifici e le libazioni, di profanare i sabati e le feste46e di contaminare il santuario e i fedeli,47di innalzare altari, templi ed edicole e sacrificare carni suine e animali immondi,48di lasciare che i propri figli, non circoncisi, si contaminassero con ogni impurità e profanazione,49così da dimenticare la legge e mutare ogni istituzione,50pena la morte a chiunque non avesse agito secondo gli ordini del re.51Secondo questi ordini scrisse a tutto il regno, stabilì ispettori su tutto il popolo e intimò alle città di Giuda di sacrificare città per città.52Anche molti del popolo si unirono a loro, tutti i traditori della legge, e commisero il male nella regione53e ridussero Israele a nascondersi in ogni possibile rifugio.
54Nell'anno centoquarantacinque, il quindici di Casleu il re innalzò sull'altare un idolo. Anche nelle città vicine di Giuda eressero altari55e bruciarono incenso sulle porte delle case e nelle piazze.56Stracciavano i libri della legge che riuscivano a trovare e li gettavano nel fuoco.57Se qualcuno veniva trovato in possesso di una copia del libro dell'alleanza o ardiva obbedire alla legge, la sentenza del re lo condannava a morte.58Con prepotenza trattavano gli Israeliti che venivano scoperti ogni mese nella città59e specialmente al venticinque del mese, quando sacrificavano sull'ara che era sopra l'altare dei sacrifici.60Mettevano a morte, secondo gli ordini, le donne che avevano fatto circoncidere i loro figli,61con i bambini appesi al collo e con i familiari e quelli che li avevano circoncisi.62Tuttavia molti in Israele si fecero forza e animo a vicenda per non mangiare cibi immondi63e preferirono morire pur di non contaminarsi con quei cibi e non disonorare la santa alleanza; così appunto morirono.64Sopra Israele fu così scatenata un'ira veramente grande.


Salmi 86

1'Supplica. Di Davide.'

Signore, tendi l'orecchio, rispondimi,
perché io sono povero e infelice.
2Custodiscimi perché sono fedele;
tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te spera.

3Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
4Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, innalzo l'anima mia.
5Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.

6Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.
7Nel giorno dell'angoscia alzo a te il mio grido
e tu mi esaudirai.

8Fra gli dèi nessuno è come te, Signore,
e non c'è nulla che uguagli le tue opere.
9Tutti i popoli che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, o Signore,
per dare gloria al tuo nome;
10grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.

11Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.
12Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
13perché grande con me è la tua misericordia:
dal profondo degli inferi mi hai strappato.

14Mio Dio, mi assalgono gli arroganti,
una schiera di violenti attenta alla mia vita,
non pongono te davanti ai loro occhi.
15Ma tu, Signore, Dio di pietà, compassionevole,
lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele,
16volgiti a me e abbi misericordia:
dona al tuo servo la tua forza,
salva il figlio della tua ancella.

17Dammi un segno di benevolenza;
vedano e siano confusi i miei nemici,
perché tu, Signore, mi hai soccorso e consolato.


Salmi 75

1'Al maestro del coro. Su "Non dimenticare". Salmo. Di Asaf. Canto.'
2Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie:
invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie.

3Nel tempo che avrò stabilito
io giudicherò con rettitudine.
4Si scuota la terra con i suoi abitanti,
io tengo salde le sue colonne.

5Dico a chi si vanta: "Non vantatevi".
E agli empi: "Non alzate la testa!".
6Non alzate la testa contro il cielo,
non dite insulti a Dio.

7Non dall'oriente, non dall'occidente,
non dal deserto, non dalle montagne
8ma da Dio viene il giudizio:
è lui che abbatte l'uno e innalza l'altro.

9Poiché nella mano del Signore è un calice
ricolmo di vino drogato.
Egli ne versa:
fino alla feccia ne dovranno sorbire,
ne berranno tutti gli empi della terra.

10Io invece esulterò per sempre,
canterò inni al Dio di Giacobbe.
11Annienterò tutta l'arroganza degli empi,
allora si alzerà la potenza dei giusti.


Isaia 6

1Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio.2Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava.3Proclamavano l'uno all'altro:

"Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti.
Tutta la terra è piena della sua gloria".

4Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo.5E dissi:

"Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti".

6Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare.7Egli mi toccò la bocca e mi disse:

"Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua iniquità
e il tuo peccato è espiato".
8Poi io udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi: "Eccomi, manda me!".9Egli disse: "Va' e riferisci a questo popolo:

Ascoltate pure, ma senza comprendere,
osservate pure, ma senza conoscere.
10Rendi insensibile il cuore di questo popolo,
fallo duro d'orecchio e acceca i suoi occhi
e non veda con gli occhi
né oda con gli orecchi
né comprenda con il cuore
né si converta in modo da esser guarito".

11Io dissi: "Fino a quando, Signore?". Egli rispose:

"Finché non siano devastate
le città, senza abitanti,
le case senza uomini
e la campagna resti deserta e desolata".
12Il Signore scaccerà la gente
e grande sarà l'abbandono nel paese.
13Ne rimarrà una decima parte,
ma di nuovo sarà preda della distruzione
come una quercia e come un terebinto,
di cui alla caduta resta il ceppo.
Progenie santa sarà il suo ceppo.


Prima lettera ai Corinzi 10

1Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare,2tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare,3tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale,4tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.5Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto.
6Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.7Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: 'Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi'.8Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila.9Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti.10Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore.11Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi.12Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.13Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla.

14Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria.15Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico:16il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?17Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane.18Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare?
19Che cosa dunque intendo dire? Che la carne immolata agli idoli è qualche cosa? O che un idolo è qualche cosa?20No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni;21non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.22O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?

23"Tutto è lecito!". Ma non tutto è utile! "Tutto è lecito!". Ma non tutto edifica.24Nessuno cerchi l'utile proprio, ma quello altrui.25Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza,26perché 'del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene'.
27Se qualcuno non credente vi invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza fare questioni per motivo di coscienza.28Ma se qualcuno vi dicesse: "È carne immolata in sacrificio", astenetevi dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza;29della coscienza, dico, non tua, ma dell'altro. Per qual motivo, infatti, questa mia libertà dovrebbe esser sottoposta al giudizio della coscienza altrui?30Se io con rendimento di grazie partecipo alla mensa, perché dovrei essere biasimato per quello di cui rendo grazie?

31Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.32Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio;33così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare l'utile mio ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.


Capitolo VI: Invocazione per prepararsi alla comunione

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Parola del discepolo

Quando considero, o Signore, la tua grandezza e la mia miseria, mi metto a tremare forte e mi confondo. Ché, se non mi accosto al sacramento, fuggo la vita; e se lo faccio indegnamente, cado nello scandalo. Che farò, o mio Dio, "mio aiuto" (Is 50,7) e mia guida nella mia miseria? Insegnami tu la strada sicura; mettimi dinanzi una opportuna, breve istruzione per la santa Comunione; giacché è buona cosa conoscere con quale devozione e reverenza io debba preparare il mio cuore a ricevere con profitto il tuo sacramento e a celebrare un così grande, divino sacrificio.


DISCORSO 76 DI NUOVO SUL VANGELO DI MT 14, 24-33: SUL SIGNORE CHE CAMMINAVA SULLE ACQUE DEL MARE E SUL TIMORE DI PIETRO

Discorsi - Sant'Agostino

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Il mare è la vita presente. Pietro figura della Chiesa.

1. 1. Il brano del Vangelo letto or ora ci racconta come Cristo Signore camminò sulle acque del mare e come l'apostolo Pietro camminando sull'acqua ebbe paura e tentennò e, poiché non aveva fede, stava affondando ma poi, riconoscendo la propria debolezza, venne di nuovo a galla 1; questo brano ci suggerisce che il mare è la vita presente e che l'apostolo Pietro invece è la figura dell'unica Chiesa. Lo stesso Pietro infatti, ch'è il primo nella serie degli Apostoli e assai ardente nell'amore per il Cristo, è spesso lui il solo che risponde per tutti gli altri. Infine quando il Signore Gesù Cristo domandò ai discepoli chi la gente pensasse che egli fosse e i discepoli avevano riferito le diverse opinioni della gente, avendo il Signore chiesto di nuovo e avendo detto: Ma voi chi dite che sono io? fu proprio Pietro che rispose: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente 2. Diede la risposta uno solo per molti, l'unità che tiene uniti molti. Allora il Signore gli disse: Beato te, Simone, figlio di Giona, poiché questa verità non te l'ha rivelata né la carne né il sangue, ma il Padre mio celeste. Poi soggiunse: E io ti dico 3. Come se avesse voluto dire: "Poiché tu mi hai detto: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, anch'io ti dico: Tu sei Pietro 4". Prima infatti si chiamava Simone. Questo nome di Pietro gli fu posto dal Signore e questo nome aveva un significato simbolico, quello cioè di rappresentare la Chiesa. La pietra infatti era Cristo, Pietro era il popolo cristiano. Poiché "pietra" è il nome primitivo; Pietro quindi deriva da "pietra", non pietra da "Pietro", come il nome di Cristo non deriva da "Cristiano", ma è il nome di "Cristiano" che deriva da Cristo. Tu, dice dunque, sei Pietro e su questa pietra che tu hai riconosciuta pubblicamente, su questa pietra che tu hai riconosciuta come vera, dicendo: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente, io edificherò la mia Chiesa 5, cioè sopra me stesso, Figlio del Dio vivente, io edificherò la mia Chiesa. Edificherò te su di me, non me sopra di te.

La Chiesa è edificata non sugli uomini ma sul Cristo.

2. 2. In verità alcuni, i quali volevano che la Chiesa fosse edificata sugli uomini, andavano dicendo: Io sono di Paolo; io invece sono di Apollo; io al contrario sono di Cefa, cioè di Pietro. Altri però, che non volevano che la Chiesa fosse edificata su Pietro, ma sulla pietra, affermavano: Io invece sono di Cristo 6. L'apostolo Paolo quindi, quando venne a sapere ch'era preferito lui e Cristo veniva disprezzato: Può forse - disse - essere diviso Cristo? È stato forse crocifisso per voi Paolo? Siete forse stati battezzati nel nome di Paolo? 7. Come nessuno era battezzato nel nome di Paolo, così neppure nel nome di Pietro, ma tutti nel nome di Cristo; in tal modo Pietro veniva edificato sulla pietra, non già la pietra su Pietro.

Pietro dapprima chiamato beato e poco dopo Satana.

2. 3. Il medesimo Pietro dunque, così chiamato dalla "pietra", proclamato beato, lui ch'era figura della Chiesa, che aveva il primato sugli Apostoli, immediatamente dopo aver sentito ch'era beato, ch'era Pietro, che doveva essere edificato sulla pietra, avendo sentito che il Signore avrebbe sofferto la passione, poiché aveva preannunciato ai suoi discepoli che sarebbe sopravvenuta presto, ne provò dispiacere. Ebbe paura di perdere il Cristo che andava incontro alla morte, ch'egli aveva dichiarato sorgente della vita. Rimase sconvolto e disse: "Dio non voglia, Signore. No, questo non avverrà mai 8. Abbi misericordia di te stesso, o Dio; non voglio che tu muoia". Pietro diceva a Cristo: "Non voglio che tu muoia", ma meglio diceva Cristo: "Io voglio morire per te". Infine lo rimproverò subito mentre prima lo aveva lodato, e lo chiamò Satana mentre prima lo aveva detto beato. Va via - disse - lontano da me, Satana; tu mi sei di ostacolo, poiché non la pensi come Dio ma come gli uomini 9. Che cosa vuol fare di noi, che cosa diversa da ciò che siamo, dal momento che ci rimprovera d'essere uomini? Volete sapere che cosa vuol fare di noi? Sentite il salmo: Io ho detto: voi siete dèi e figli dell'Altissimo voi tutti 10. Ma se avete solo sentimenti umani: Eppure morrete come uomini 11. Il medesimo Pietro in un solo brevissimo spazio di tempo, poco prima è detto beato, solo un istante dopo Satana. Se ti meravigli della differenza delle due parole, devi considerare la diversità dei motivi. Perché ti stupisci che prima è proclamato beato e poi Satana? Rifletti al motivo per cui era stato detto beato: Poiché questa verità non te l'ha rivelata la carne e il sangue, ma il Padre mio celeste 12. Beato perché non te l'ha rivelata la carne e il sangue. Se infatti te l'avesse rivelata la carne e il sangue, ciò sarebbe derivato dal tuo sentimento ma poiché non te l'ha rivelata la carne e il sangue, ma il Padre mio celeste, ciò è derivato dalla mia ispirazione, non dal tuo sentimento. Perché dalla mia ispirazione? Perché tutto quello che ha il Padre è mio 13. Ecco: hai sentito il motivo perché fu chiamato beato e perché Pietro. Perché invece fu chiamato col nome di cui abbiamo orrore e non vogliamo ripetere? Perché? se non perché la rivelazione sarebbe venuta dal tuo sentimento? Poiché tu non ragioni secondo la mente di Dio ma secondo quella degli uomini.

Pietro è figura simbolica dei forti e dei deboli.

3. 4. Considerando questo membro della Chiesa, dobbiamo distinguere ciò che viene da Dio e ciò che viene dal nostro sentimento. In effetti solo allora noi non vacilleremo, saremo fondati sulla pietra, saremo saldamente fermi e stabili contro i venti, i rovesci di pioggia, di fronte alle correnti impetuose, vale a dire di fronte alle prove della vita presente. Osservate tuttavia quel grande Apostolo che era Pietro, che allora era la prefigurazione simbolica di noi; ora è fiducioso, ora esitante, ora proclama immortale Cristo, ora ha paura che muoia. Ecco perché la Chiesa di Cristo, ha fedeli saldi nella fede, ma ha pure dei fedeli tentennanti, e non può essere senza quelli stabili nella fede, né senza quelli instabili. Ecco perché l'apostolo Paolo dice: Noi che siamo forti nella fede abbiamo il dovere di sopportare la fragilità di quelli che sono deboli nella fede 14. Per il fatto che Pietro proclamò: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente 15, simboleggia i forti nella fede; per il fatto invece che tentenna ed è esitante, non vuole che il Cristo soffra, avendo paura della morte e, non riconoscendo Cristo come la vita, raffigura i fedeli della Chiesa deboli nella fede. Era dunque necessario che in un solo Apostolo, cioè in Pietro, il primo e il più importante nella serie degli Apostoli, nel quale era rappresentata simbolicamente la Chiesa, fosse anche rappresentato l'uno e l'altro genere di fedeli, cioè quelli forti e quelli deboli, poiché la Chiesa non può essere senza gli uni e gli altri.

L'uomo debole per se stesso è potente per mezzo del Signore.

3. 5. Attinente a questa considerazione è ciò che è stato letto poc'anzi: Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sull'acqua 16. Se sei tu, comandami; poiché io non sono in grado di farlo in forza del mio potere ma del tuo. Riconobbe quale potere avesse da sé e quale da Colui, per volontà del quale ebbe fiducia d'essere in grado di fare ciò che nessuna debolezza umana sarebbe capace di fare. Se, dunque, sei tu, comandami perché, se lo comanderai, sarà fatto. Ciò che io non riesco a fare fidando sulle mie forze, lo puoi tu col tuo comando. E il Signore: Vieni 17, gli rispose. Pietro allora senza esitare per nulla, spinto dall'ordine ricevuto e fidando nella presenza di Cristo che lo sosteneva e lo guidava, saltò immantinente giù nell'acqua e cominciò a camminare. Riuscì a fare ciò che voleva il Signore, non già in virtù delle proprie forze, ma del potere del Signore. Un tempo infatti eravate tenebre, ora invece luce, ma per virtù del Signore 18. Ciò che nessuno riesce a fare per mezzo di Paolo o di Pietro o di alcun altro Apostolo, riesce a farlo per mezzo del Signore. Ecco perché Paolo disprezzandosi utilmente, fa bene a mettere in risalto il Cristo dicendo: È stato forse crocifisso per voi Paolo o siete stati forse battezzati nel nome di Paolo? 19. Non siete stati dunque battezzati in grazia di me, ma insieme con me; non in virtù di me, ma di lui.

Riconoscere la propria debolezza per ottenere la grazia.

4. 6. Pietro dunque camminò sull'acqua per ordine del Signore, sapendo che non poteva aver questa forza da se stesso. In forza della fede riuscì a compiere ciò che l'umana debolezza non sarebbe stata in grado di fare. Tali sono i membri della Chiesa forti nella fede. Dovete far attenzione, udire, capire, mettere in pratica. Poiché non bisogna mai trattare con i forti nella fede in modo che siano deboli, ma trattare con i deboli in modo che diventino forti. Ora, ciò che impedisce a molti d'essere forti è la presunzione d'essere forti. Nessuno riceverà da Dio il dono della fortezza, se non è persuaso della propria debolezza. Distillando, o Dio, pioggia volontaria per la tua eredità 20. Perché mi precedete voi che sapete ciò che sto per dire? Frenate la vostra fretta perché possano seguirvi gli spiriti lenti. Ho già detto e ripeto: dovete prima sentire, poi capire e mettere in pratica. Nessuno riceve da Dio il dono della fortezza, se prima non comprende d'essere, per se stesso, debole. Dio dunque invia la pioggia volontaria, come dice il salmo, volontaria, non dovuta cioè ai nostri meriti ma alla volontà di Dio. Distillando dunque Dio la pioggia volontaria per la sua eredità; essa infatti s'è indebolita, ma tu l'hai perfezionata 21. Tu infatti hai distillato la pioggia volontaria, non considerando i meriti umani ma la tua grazia e misericordia. L'eredità stessa dunque si era indebolita e riconobbe d'essere debole in se stessa affinché fosse forte per grazia tua. Non sarebbe stata resa forte se non fosse diventata debole per essere perfezionata da te in te.

Paolo viene perfezionato riconoscendo la sua debolezza.

5. 7. Osserva Paolo, piccola porzione di questa eredità, osservalo divenuto debole, lui che ha detto: Non sono degno d'essere chiamato Apostolo poiché ho perseguitato la Chiesa di Dio 22. Perché mai allora sei Apostolo? Per grazia di Dio sono quel che sono. Non sono degno, ma per grazia di Dio sono quel che sono 23. Paolo divenne debole, ma tu lo perfezionasti. Orbene, poiché per grazia di Dio è quello che è, guarda che cosa dice subito dopo: La sua grazia poi verso di me non è stata inutile, ma mi sono affaticato più di tutti gli altri Apostoli 24. Bada a non perdere a causa della tua presunzione ciò che hai meritato confessando la tua debolezza. Bravo: tu hai ben ragione di dire: Non merito d'essere chiamato Apostolo. Per sua grazia sono quel che sono e la sua grazia verso di me non è stata inefficace; tutto ciò va benissimo. Ma quando affermi: Mi sono affaticato più di tutti gli altri 25, sembra che cominci ad attribuirti ciò che poco prima hai attribuito a Dio. Fa' attenzione e continua a leggere. Non sono stato io però ma la grazia di Dio che mi sostiene 26. Dici bene, o debole: sarai esaltato in modo assolutamente stabile poiché non sei ingrato. Tu sei appunto il medesimo Paolo, piccolo per la tua natura ma grande per la grazia del Signore. Sei tu che hai supplicato tre volte il Signore che ti liberasse da una sofferenza fisica acutissima, simile a un inviato di Satana che ti schiaffeggiava 27. Che cosa ti fu risposto? Che cosa ti sentisti dire quando facesti questa preghiera? Ti basta la mia grazia, poiché la virtù diviene perfetta attraverso la debolezza 28. In realtà egli è diventato debole, ma tu l'hai reso assai forte.

Pietro potente non per virtù propria, ma di Dio.

5. 8. Così anche Pietro: Comandami - dice - di venire da te sull'acqua 29. Oso farlo come uomo, ma non lo chiedo a un uomo. Me lo comanda Dio uomo, perché possa fare ciò che non può l'uomo. Vieni, gli rispose. Pietro allora scese dalla barca e cominciò a camminare sull'acqua; Pietro poté farlo perché glielo aveva ordinato la pietra. Ecco ciò che Pietro fu in grado di fare per grazia del Signore; che cosa poté fare con le sue forze? Vedendo la forza del vento impetuoso ebbe paura e, poiché cominciava ad affondare, gridò: Signore, sono perduto, salvami! 30. Ebbe fiducia nel Signore, riuscì grazie al Signore; vacillò invece in quanto uomo e ricorse al Signore. Se dicevo: Il mio piede vacilla 31. Così dice il salmo. È parola di un santo inno di lode a Dio e, se lo comprenderemo, anzi se lo vorremo, anche nostra. Se dicevo: Il mio piede vacilla. Perché vacilla, se non perché è mio? E continua dicendo: La tua misericordia, o Signore, mi aiutava 32. Non il mio potere, ma la tua misericordia. Il Signore abbandonò forse lui che vacillava quando ne aveva ascoltato la preghiera? Dove sarebbe la verità della seguente affermazione: Chi l'invocò e fu abbandonato? 33. Dove la verità di quell'altra: E chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo 34? Porgendogli subito la sua mano per aiutarlo, lo sollevò mentre affondava, ma lo rimproverò di aver diffidato: Uomo di poca fede, perché hai dubitato? 35. Hai avuto fiducia in me e poi hai dubitato del mio potere.

Nell'avversità o nella prosperità di questo mondo la cupidigia è la tempesta.

6. 9. Orsù, fratelli, bisogna por fine al discorso. Considerate il mondo come se fosse un mare, un vento furioso e una gran tempesta. Per ciascuno la propria cupidigia è una tempesta. Se amerai Dio, camminerai sul mare, sotto i tuoi piedi sarà la superbia del mondo. Se tu ami il mondo, la tempesta t'inghiottirà. Esso può divorare i suoi amanti, ma non può sostenerli. Orbene, quando il tuo cuore è agitato dalla cupidigia, per poterla vincere invoca la divinità di Cristo. Voi credete che allora solo soffia il vento contrario quando c'è l'avversità di questo mondo? Si crede infatti che tira il vento contrario e dev'essere invocato Dio quando c'è la guerra, quando avvengono disordini, quando c'è la fame o la peste oppure quando anche a un singolo individuo accade una disgrazia personale. Quando invece il mondo ci è gradito per la felicità temporale, ci sembra che non tiri il vento contrario. Tu però a questo proposito non devi interrogare la tranquillità del mondo ma la tua cupidità. Vedi se la tranquillità è nel tuo cuore; vedi se non ti fa cadere il vento interiore; questo devi vedere! È segno di gran virtù combattere la felicità affinché questa non conduca fuori dalla retta via, non ci corrompa, non ci faccia cadere. È segno di gran virtù - dico - lottare con la felicità; è una gran felicità non lasciarsi vincere dalla felicità. Impara a calpestare il mondo: ricordati d'aver fiducia in Cristo. Se dunque il tuo piede vacilla, se esiti, se non t'innalzi al di sopra di tutto, se cominci ad affondare, di': Signore, sono perduto, salvami! 36. Di': Sono perduto, per non perire. Poiché dalla morte della carne ti libererà solo chi è morto nella carne per te. Rivolti al Signore, ecc.

 

1 - Cf. Mt 14, 24 ss.

2 - Mt 16, 15-16.

3 - Mt 16, 17-18.

4 - Mt 16, 17-18.

5 - Mt 16, 18.

6 - 1 Cor 1, 12.

7 - 1 Cor 1, 13.

8 - Mt 16, 22.

9 - Mt 16, 23.

10 - Sal 81, 6.

11 - Sal 81, 7.

12 - Mt 16, 17.

13 - Gv 16, 15.

14 - Rm 15, 1.

15 - Mt 16, 15.

16 - Mt 14, 28.

17 - Mt 14, 29.

18 - Ef 5, 8.

19 - 1 Cor 1, 13.

20 - Sal 67, 10.

21 - Sal 67, 10.

22 - 1 Cor 15, 9.

23 - 1 Cor 15, 10.

24 - 1 Cor 15, 10.

25 - 1 Cor 15, 10.

26 - 1 Cor 15, 10.

27 - Cf. 2 Cor 12.

28 - 2 Cor 12, 9.

29 - Mt 14, 28.

30 - Mt 14, 30.

31 - Sal 93, 18.

32 - Sal 93, 18.

33 - Sir 2, 12.

34 - Gi 2, 32.

35 - Mt 14, 31.

36 - Mt 14, 30.


Capitolo 7 - Maria santissima e le pie donne si recano al Calvario

La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick

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Dopo il doloroso incontro con il Signore la santa Vergine aveva perso i sensi; le compagne la ricondussero nel palazzo per sottrarla alla plebaglia infuriata. Il portone si chiuse tra lei e il Figlio carico della croce.

Le pie donne trovarono immediato rifugio nella casa di Lazzaro, luogo di conforto per Maria santissima. Presto ella fu presa di nuovo dall'ardente desiderio dì soffrire accanto al Figlio, il che le rese i forza di ripercorrere la via della passione. Ripartì con Maria Maddalena e le pie donne. Erano in diciassette, velate e piene di dolore. Marta, Maria Maddalena e le altre piangevano sulle sofferenze del loro Signore, indifferenti alle ingiurie e al sarcasmo della plebaglia. Ciò nonostante, imponevano a molti un senti mento di rispetto.

Le vidi baciare la terra su cui Gesù era stato caricato della croce, quindi proseguirono il doloroso cammino da lui percorso.

L'Addolorata mostrò alle pie discepole le varie stazioni santificate dal sangue e dai dolori del suo amatissimo Figlio, e tutte fecero oggetto di venerazione. Così esse diedero pubblicamente inizio alla devozione più commovente nella tradizione della Chiesa, fissata per la prima volta nel cuore della Vergine dalla profezia del vecchio Simeone.

Fin dai tempi più antichi gli Ebrei venerarono i luoghi santi della loro storia e vi si recavano a pregare.

Allo stesso modo nacque il culto della Via Crucis, affermatosi mediante i dolorosi pellegrinaggi della Vergine e delle pie donne, non già per un disegno meditato, ma per servire i disegni di Dio sul suo popolo.

Le pie donne ripararono a casa di Veronica per non incontrare Pilato con i suoi cavalieri che stava rientrando per la stessa via.

Le vidi molto commosse di fronte al santo volto di Gesù impresso nel sudario.

Più tardi, presero il vaso di vino aromatizzato e si di ressero verso il Golgota.

Giunte in cima al Calvario, la Madre di Gesù, sua nipote Maria, figlia di Cleofa, e Salomè avanzarono fino al promontorio delle croci. Con loro c'era anche Giovanni. Marta, Maria Heli, Veronica, Giovanna Cusa e Susanna si man tennero più distanti, accanto a Maria Maddalena che sembrava uscita fuori di sé. Più lontano si trovavano altre set te donne circondate da alcune persone compassionevoli.

E impossibile descrivere il dolore della Vergine Maria quando vide il luogo della crocifissione: la terribile croce, i martelli, le corde, i chiodi spaventosi e gli orrendi carnefici, i quali, mezzo nudi e ubriachi, compivano il loro lavoro lanciando continue imprecazioni. Il suo sguardo andò oltre, posandosi sui farisei a cavallo, che, impazienti di vedere Gesù crocifisso, impartivano ordini e andavano su e giù dal promontorio.

Di fronte a quella scena tremenda, la Madre di Gesù si sentì morire e patì interiormente le sofferenze del suo Figlio dilettissimo.

Il martirio della Vergine fu ancora più doloroso perché non vide Gesù e tremava al pensiero degli indicibili tormenti a cui sarebbe stato sottoposto.

Dall'alba fino alle dieci, ora in cui era stata pronunciata la condanna del Signore, grandinò a tratti, poi il cielo si rischiarò, ma verso mezzogiorno una nebbia rossastra velò completamente il sole.

Gesù è spogliato delle vesti. La compassione di Jonadab

«Gli offrirono vino mescolato con mirra» (Marco 15,23) ».


Gesù, richiuso nella piccola caverna, aveva pregato il Padre di dargli la forza necessaria per affrontare il supremo supplizio. Quattro sgherri lo fecero uscire dalla prigione e lo trascinarono verso la croce.

Nemmeno questa volta gli risparmiarono calci, pugni e maltrattamenti d'ogni genere. Non era di meno il popolo che insultava il Signore facendo uso dei più abominevoli improperi. I soldati romani mantenevano l'ordine con atteggiamento altero e distaccato.

Le pie donne diedero del denaro ai carnefici affinché permettessero a Gesù di bere il vino aromatizzato di Veronica, ma i furfanti presero il denaro e si bevvero il vino.

I carnefici avevano portato due vasi di color bruno, dei quali uno conteneva aceto e fiele e un altro vino mescolato a fiele. Da quest'ultimo ne presentarono una coppa a Gesù, che bagnò appena le labbra riarse, ma non bevve.

Sul promontorio delle crocifissioni vidi diciotto sgherri: i sei che avevano flagellato Gesù, i quattro che l'avevano trascinato, i due che avevano tenuto le funi attaccate alla croce e sei crocifissori. Erano uomini piccoli e forti dal l'aspetto truce, quasi animalesco; servivano per denaro i Romani e i Giudei.

Vidi quegli uomini crudeli guidati da figure demoniache che li ispiravano a compiere le azioni più infami.

Sopra il Salvatore vidi gli angeli piangenti, e anche sulla Vergine e i fedeli di Gesù si libravano creature celesti.

Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la sua propria cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica inconsutile, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo.

Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono.

La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato.

Gesù, sfinito per questi ultimi tormenti, minacciava di perdere conoscenza. Tuttavia i carnefici lo fecero sedere su un masso, gli rimisero la corona di spine e gli presentarono il vaso colmo di fiele e aceto, ma egli chinò il capo in silenzio e anche questa volta non bevve. Allorché gli aguzzini lo aiutarono ad alzarsi e gli strapparono la fascia dalle reni, si sollevarono tra i suoi amici grida di dolore e morii d'indignazione per questa ennesima ignominia.

Sua Madre pregava ardentemente e già pensava di precipitarsi da suo Figlio per coprirlo col proprio velo, quando vide che Dio l'aveva già esaudita: un uomo uscì dalla folla e si gettò ai piedi del Signore tendendogli un lino con il quale Gesù si avvolse le reni.

L'uomo, inviato da Dio in seguito alla preghiera della Vergine, impressionò i carnefici per il suo coraggio. Egli mostrò loro il pugno e disse:

«Lasciate che questo poveretto si copra! ».

Poi scomparve rapidamente tra la folla.

Costui si chiamava Jonadab, era nipote di san Giuseppe e abitava nei dintorni di Betlemme; non aveva mai avuto interesse per l'insegnamento di Gesù e durante la crocifissione si trovava nel tempio per assistere alle celebrazioni. All'improvviso, sentendosi profondamente indignato dalle crudeltà che il Signore stava soffrendo, ebbe la santa intuizione di correre sui Golgota per coprirne la nudità.

Dopo il magnifico atto di carità, Jonadab sentì il suo cuore purificato. Ancora commosso, rientrò a casa e narrò a sua moglie la crocifissione di Gesù, il Cristo, che lui aveva servito per ispirazione divina.

Jonadab restò illuminato in Cristo e si unì alla comunità cristiana.

Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sui sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello.

Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici.

Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.

I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce.

Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro.

Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio.

I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sui petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue.

I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo.

La santissima Vergine risentiva nel corpo e nello spirito la crocifissione di Gesù; il suo viso era pallido come la cera e interrotte esclamazioni di dolore uscivano frementi dalle sue labbra. Fu condotta più indietro, accanto alle pie donne, per evitare gli insulti che le indirizzavano i farisei.

Maria Maddalena era come uscita di senno, si graffiava il volto e aveva gli occhi e le gote insanguinate.

Sul piede della croce, a circa un terzo della sua altezza, era stato collocato uno zoccolo di legno che doveva servire a sostenere Gesù, in modo che egli fosse più in piedi che appeso alla croce. In quel pezzo di legno era stato praticato un foro per il chiodo che doveva trapassare i piedi, nel legno della croce era stato inciso un incavo per appoggiare i talloni.

I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi, altri però esclamarono:

«Non vuole allungarsi? Ebbene, lo aiuteremo noi!».

Detto questo, legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento. Era così estrema la tensione del corpo, che il petto di Cristo crepitò. Egli gemendo esclamò:

«Mio Dio! Mio Dio!».

Essi gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo.

Gesù è crocifisso

«Al di sopra del capo posero scritta la causa della sua condanna» (Matteo 23,37).

Ho contato trentasei colpi di martello, tutti accompagnati dai dolorosi gemiti del Signore.

Durante l'orribile supplizio vidi molti angeli in lacrime.

La santa Vergine era appena ritornata sul promontorio delle crocifissioni. Quando udì i gemiti di suo Figlio misti ai colpi del martello, e vide l'atroce chiodatura dei piedi, cadde di nuovo svenuta fra le braccia delle sue compagne. I farisei a cavallo le si avvicinarono per coprirla d'ingiurie. I suoi amici la trasportarono distante.

Gesù pregò ininterrottamente fino alla morte. I suoi gemiti sommessi interrompevano appena le preghiere e i passaggi dei salmi e dei profeti, che egli recitò nei diversi momenti della sua passione.

Ho ripetuto con lui le sue sante parole, ma sono tanto oppressa dal dolore che non saprei ripeterle.

Il centurione aveva fatto attaccare sulla croce l'iscrizione di Pilato, e poiché i Romani ridevano del titolo di re dei Giudei, numerosi farisei fecero ritorno in città per chiedere di nuovo al procuratore un'altra iscrizione.

Intanto si continuava a lavorare di scalpello intorno alla buca in cui doveva essere piantata la croce di Gesù. Straordinariamente la buca risultava sempre troppo piccola e il suolo era durissimo in quel punto.

I carnefici, che avevano bevuto il vino aromatico di santa Veronica, si erano ubriacati e sentivano in corpo un fuoco tale che li aveva resi frenetici, chiamavano Gesù stregone ed erano furiosi per la sua paziente sopportazione.

A turno, discesero più volte il Calvario per bere il latte d'asina e rinfrescare il loro ventre infiammato, poiché sotto al monte si trovavano alcune donne che mungevano due asine e ne vendevano il latte.

Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso.

Nello stesso momento si udirono le trombe del tempio che annunziavano il sacrificio dell'agnello pasquale.

Innalzamento della croce

Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente.

La croce fu fissata nella buca con cinque cunei attorno al suo piede, uno a destra, uno a sinistra, uno davanti e due dietro. Il legno della morte oscillò e poi s'innalzò fra gli insulti dei carnefici, dei farisei e della marmaglia. Fu un momento molto drammatico.

Verso il Crocifisso non si levarono solo insulti e improperi, ma anche le voci sofferenti dei suoi devoti. Le sante voci dell'Addolorata, delle pie donne e di tutti coloro che avevano il cuore puro salutarono con tristi lamenti l'elevazione del Verbo incarnato.

Durante la crocifissione di Gesù, e la successiva erezione della croce, le pie donne avevano lanciato grida di orrore e di sgomento:

«Perché mai la terra non inghiotte questi miserabili? Per ché il fuoco del cielo non scende a consumarli!».

A queste parole i nemici di Gesù avevano risposto con tremende offese.

I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori.

Sfinito dalle sofferenze, Gesù chinò il capo sul petto e rimase come morto per circa sette minuti.

Subentrò un profondo silenzio, in cui tutti sembrarono rapiti da un sentimento sconosciuto fino allora.

Il suono delle trombe del tempio era svanito nell'aria e tutti i presenti erano sfiniti di rabbia o di dolore.

I puri di cuore tesero in alto le loro mani, verso lo Sposo delle loro anime.

Perfino l'inferno restò annichilito dalla pesante scossa della croce: per alcuni minuti cessò di ispirare bestemmie e oltraggi ai suoi seguaci.

Vidi le anime dei defunti sospirare di gioia perché quel la croce piantata nella terra apriva le porte della loro sospirata redenzione.

Di fronte ad essa molti cuori pentiti compresero le parole di Giovanni Battista: «Ecco l'Agnello di, Dio che toglie i peccati dal mondo».

I piedi di Gesù si trovavano a un'altezza tale che i suoi amici potevano venerarli. Il suo volto era girato verso nord ovest.


Crocifissione dei due ladroni

«Venivano condotti anche due malfattori, per essere giustiziati insieme con Gesù» (Luca 23,32).

Durante la crocifissione del Signore i due ladroni erano rimasti sul lato orientale del Calvario sorvegliati dalle guardie. Entrambi erano stati condannati per l'assassinio di una giovane donna ebrea e dei suoi figli.

Il cosiddetto ladrone di sinistra, il più anziano, era stato il corruttore e il maestro di quello che poi si sarebbe convertito.

I due sono chiamati Dismas e Gesma; il primo è il buon ladrone.

Avevano fatto parte di quella banda di assassini sotto il cui tetto aveva pernottato la santa famiglia durante la fuga in Egitto. Dismas era il ragazzo lebbroso sanato nell'acqua dov'era stato bagnato il bambino Gesù.

La guarigione miracolosa fu il frutto della carità e dell'amore che sua madre aveva usato verso la Vergine.

Dio aveva reso possibile, per mezzo dell'intercessione della Vergine, la salvezza fisica di quell'anima sciagurata, la cui salvezza spirituale sarebbe avvenuta sulla croce con la promessa di Cristo.

Dismas non aveva una natura cattiva, si era pervertito col tempo; non poteva ricordarsi di Gesù, ma la mite pazienza del Signore l'aveva commosso profondamente. In attesa della propria crocifissione egli così discuteva col suo compagno:

«Questa gente si comporta in modo orribile contro il Galileo, forse egli ha commesso qualche delitto più grave del nostro, ma ha una pazienza enorme e un potere grandissimo sopra tutti gli uomini».

Rispose Gesma:

«Ma che potere avrebbe mai costui sugli altri? Se fosse davvero potente, come dice, potrebbe liberarsi e aiutare noi».

Così parlavano tra loro, quando vennero gli sgherri e dissero:

«Ora tocca a voi!».

Slegarono i ladroni e li portarono vicino ciascuno alla propria croce, in tutta fretta, poiché il cielo si era oscurato e si preannunciava un forte temporale. Sulle croci erano state montate le assi trasversali. Dopo averli spogliati delle misere tuniche, diedero loro a bere aceto e mirra e li costrinsero a salire sulle scale a pioli tempestandoli di calci e di pugni. Furono legati sulle croci con solide corde fatte di corteccia d'albero. Li legarono così stretti che le giunture e le ossa delle mani e dei piedi scricchiolarono e i loro muscoli sanguinarono.

Tra le atroci sofferenze, il buon ladrone disse ai carnefici:

«Se ci aveste maltrattati come quel povero Galileo, non avreste più avuto bisogno di legarci qui sopra».


La veste di Gesù è giocata a sorte

«Essi divisero le sue vesti tirandole a sorte» (Luca 23,34).

 

Vidi i crocifissori di Gesù che avevano fatto dei suoi indumenti piccoli mucchietti per dividerseli. Il mantello, più stretto sopra che sotto, fu lacerato in lunghe strisce; si divisero anche il suo scapolare, la cintura e la biancheria.

Decisero di giocare a sorte la tunica inconsutile già lacera, perché quei brandelli, se divisi, non sarebbero serviti loro a nulla.

Avevano appena preso i dadi nelle mani, quando giunse un inviato di Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea ad avvertirli che ai piedi del monte si trovava gente disposta ad acquistare le vesti di Gesù. I crocifissori, raccolti in fretta gli indumenti, corsero giù e li vendettero. Così quelle sante reliquie entrarono in possesso dei cristiani.


Gesù in mezzo ai due ladroni

«Crocifissero lui e i malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra» (Luca 23,33).


Piena di dolore guardavo nostro Signore in croce.

Il mio cuore era colmo di languore e di profondo amore per lui. Credetti che fosse già morto.

Sentivo la mia testa come se fosse incoronata di spine, mentre il mio intelletto si perdeva nel nulla. Le mani e i piedi mi bruciavano come se fossero arsi dalle fiamme, mentre le membra e le viscere mi procuravano tormenti inauditi. Queste tremende sofferenze non erano altro che amore puro per Gesù Salvatore. Nelle cupe tenebre io vedevo solo il mio Sposo in croce che recava consolazione alle anime del mondo.

Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa.

Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce.

Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso.

Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato, conservava un'esprimibile luce di maestosa potenza.

Nonostante i maltrattamenti e le atroci torture, il Figlio di Dio restava bello e santo in quel corpo d'Agnello pasquale, immolato sotto il peso dei peccati del mondo.

Il petto di Gesù era alto e ampio, non era villoso come quello di Giovanni Battista.

Le sue ginocchia erano forti e robuste, tipiche di un uomo che ha viaggiato spesso e si è inginocchiato a pregare; le gambe erano lunghe e muscolose. I suoi piedi avevano una forma solida e graziosa, sotto la cui pianta la pelle era divenuta callosa a motivo del molto camminare; le mani erano belle, con dita lunghe e delicate.

Il collo era moderatamente lungo, robusto e muscoloso, la testa non troppo grande, la fronte alta e spaziosa, l'ovale del viso era ben tratteggiato dalla carnagione pallida, simile a quella della santa Vergine. Il suo aspetto era purissimo.

Gesù aveva i capelli bruno dorati, lunghi e ricadenti sul le spalle; la barba non era lunga, ma terminava a punta ed era divisa in due parti sotto il mento.

Adesso, sulla croce, la sua capigliatura era in parte strappata e piena di sangue raggrumato, il corpo era una piaga sola e si era talmente assottigliato che non copriva nemmeno interamente l'albero della croce.

La croce di Gesù era stata costruita con alcuni legni di color bruno e altri giallastri. Il tronco era di colore scuro, come quello del legno che è stato a lungo immerso nell'acqua. Tra le croci dei ladroni e quella del Signore vi era uno spazio sufficiente per il passaggio di un uomo a cavallo.

I due ladroni presentavano uno spettacolo ripugnante, sopratutto Gesma, quello che era stato crocifisso alla sinistra del Signore. Era completamente ebbro e ripeteva pesanti imprecazioni e ingiurie.

I due corpi sospesi erano slogati, i loro volti erano lividi con gli occhi iniettati di sangue.

Il dolore causato dalle corde strappava loro grida spaventose.


La prima parola di Gesù in croce


Dopo la crocifissione dei ladroni, i carnefici raccolsero i loro strumenti e lanciarono al Signore gli ultimi insulti prima di ritirarsi.

I farisei, a loro volta, passando a cavallo davanti a Gesù gli indirizzarono alcune parole oltraggiose e poi si ritirarono anch'essi.

Cinquanta soldati romani, al comando dell'arabo Abenadar, diedero il cambio ai primi cento.

Dopo la morte di Gesù, Abenadar si fece battezzare prendendo il nome di Ctesifon. Il comandante in seconda si chiamava Cassio, e anch'egli divenne cristiano col nome di Longino.

Sopraggiunsero sul monte altri dodici farisei, dodici sadducei, dodici scribi e parecchi anziani. Tra questi ultimi si trovavano coloro che avevano chiesto a Pilato di modificare l'iscrizione e erano esasperati perché il procuratore non aveva voluto nemmeno riceverli. Quelli a cavallo fecero il giro della piattaforma e scacciarono la santa Vergine chiamandola donna perversa.

Giovanni la condusse tra le braccia di Maria Maddalena e di Marta.

I farisei, arrivati di fronte a Gesù, scuoterono la testa con disprezzo e lo beffeggiarono con queste parole:

«Vergognati, impostore! Come farai a distruggere il tempio e a ricostruirlo in tre giorni? Hai sempre voluto aiutare gli altri e non hai neppure la forza di aiutare te stesso. Se sei figlio del Dio d'Israele, discendi da quel la croce e fatti aiutare da lui!».

Anche i soldati romani lo schernivano dicendo:

«Se tu sei il re lei Giudei e il Figlio di Dio, salva te stesso!».

Gesù stava crocifisso privo di sensi. Allora Gesma disse:

«Il suo demoni l'ha abbandonato!».

Intanto un soldato romano pose sopra un bastone una spugna inzuppata di aceto e l'innalzò fino alle labbra di Gesù, il quale ne gustò un poco. Compiendo quel gesto, il sol dato fece da eco al ladrone e disse:

«Se sei il re di Giudei, aiutati da te stesso!».

Il Signore sollevò un poco la testa e disse:

«Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno.

Poi proseguì la sua preghiera in silenzio.

Nell'udire qu parole, Gesma gli gridò:

«Se tu sei il Cristo, aiuta te e noi!».

E così dicendo continuò a schernirlo.

Ma Dismas, il ladrone alla destra, si commosse profondamente quando udì Gesù pregare per i suoi nemici.

Udendo la voce di suo Figlio, la Vergine Maria si precipitò verso la croce seguita da Giovanni, da Salomè e da Maria di Cleofa, incapaci di trattenerla.

Il centurione di guardia non li respinse e li lasciò passare.

Appena la Madre si avvicinò alla croce, si sentì confortata dalla preghiera di Gesù. Nello stesso momento, illuminato dalla grazia, Dismas riconobbe che Gesù e sua Madre l'avevano guarito nella sua infanzia, e con voce forte e rotta dall'emozione gridò:

«Come potete ingiuriare Gesù mentre prega per voi? Egli ha sofferto pazientemente tutte le vostre ingiurie e i vostri affronti. Costui è veramente il Profeta, il nostro Re e il Figlio di Dio».

A quelle parole di biasimo, uscite dalla bocca di un assassino sul patibolo, scoppiò un grande tumulto fra gli astanti. Molti presero delle pietre per lapidarlo, ma Abenadar non lo permise, li fece disperdere e ristabilì l'ordine.

Rivolto al suo compagno, che continuava ad ingiuriare Gesù, Dismas gli disse:

«Non temi dunque il Signore, tu che sei condannato al lo stesso supplizio? Noi ci troviamo giustamente qui per ché la pena l'abbiamo meritata con le nostre azioni, ma lui non ha fatto nulla di male, ha sempre consolato il prossimo. Pensa alla tua ultima ora e convertiti!».

Quindi, profondamente commosso, confessò a Gesù tutti i suoi peccati dicendogli:

«Signore, se tu mi condanni, è secondo giustizia; ma, ciò nonostante, abbi pietà di me!».

Gesù gli rispose:

«Tu proverai la mia misericordia!».

Così Dismas ottenne la grazia di un sincero pentimento.

Tutto quanto è stato narrato avvenne tra mezzogiorno e mezzogiorno e mezzo. Mentre il buon ladrone si pentiva, si verificavano nella natura segni straordinari che riempirono tutti di spavento.

Verso le dieci, momento in cui fu pronunziato il giudizio di Pilato, aveva grandinato a tratti, poi il cielo si era schiarito ed era uscito il sole. A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole.

Per grazia divina «ho vissuto molti particolari di quel l'avvenimento prodigioso, ma non riesco a descriverli in modo adeguato».

Posso solo dire che fui trasportata nell'universo, dove mi ritrovai fra miriadi di vie celesti che si incrociano in un'armonia meravigliosa. La luna, simile a un globo di fuoco, apparve a oriente e si mise rapidamente davanti al sole già coperto dalle nubi.

Poi, sempre in spirito, discesi a Gerusalemme, da dove, con spavento, vidi al lato orientale del sole un corpo oscuro che presto lo coprì interamente.

Il fondo di questo corpo era giallo scuro, aureolato da un cerchio rosso come il fuoco.

Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura; il bestiame fuggì via e gli uccelli cercarono riparo verso le col line del Calvario. Erano così spaventati che passavano rasenti al suolo e si lasciavano catturare con le mani. Le strade della città erano avvolte in una fitta nebbia, gli abitanti cercavano il cammino a tentoni. Molti giacevano a terra con il capo coperto, altri si battevano il petto gemendo di dolore. Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù. Tuttavia cercavano di fare intendere questi fenomeni come naturali.


Le tenebre. Seconda e terza parola di Gesù in croce

«Era quasi l'ora sesta, quando le tenebre si stesero su tutta la terra, fino all'ora nona» (Luca 23,44).


Ma molti non si lasciarono convincere e, continuando a torcersi le mani, gridavano:

«Che il suo sangue ricada sugli assassini!». Quindi, gettandosi in ginocchio, imploravano il perdono del Signore. Gesù volse i suoi occhi sofferenti verso di loro.

Con l'intensificarsi delle tenebre molte persone hanno abbandonato la croce, tranne la santa Vergine e gli amici più fedeli di Gesù. Profondamente pentito, Dismas rivolse al Signore parole di timida speranza:

«Signore, pensa a me quando sarai nel tuo regno!».

Gesù gli rispose:

«In verità ti dico: tu sarai oggi con me in paradiso».

Adesso la Madre di Gesù, Maria Maddalena, Maria di Cleofa e Giovanni stavano fra la croce di Gesù e quelle dei ladroni, e guardavano il Signore. Maria santissima prega va interiormente il Figlio di permetterle di morire con lui. Il Salvatore comprese quella preghiera e la guardò con ineffabile tenerezza, poi rivolse lo sguardo a Giovanni e disse a sua Madre:

«Donna, ecco tuo figlio. Egli ti sarà tale più che se tu lo avessi generato!».

Quindi disse a Giovanni:

«Ecco tua Madre!».

Giovanni abbracciò rispettosamente la Madre di Gesù divenuta ormai anche la sua.

A queste ultime disposizioni del Figlio, accasciata dal dolore, la Vergine cadde priva di sensi sotto la croce; fu subito sorretta dalle pie donne e fatta sedere su un terrapieno poco distante.

Giovanni, l'apostolo spirituale, era divenuto figlio di Dio perché Cristo già viveva in lui. Non fa meraviglia, infatti, che il Signore abbia dato Giovanni per figlio a colei che l'angelo aveva salutato «piena di grazia», perché il nome Giovanni significa appunto “grazia”.

 

Il tempio durante le tenebre. Angoscia di Pilato

 

La gente, gemendo per la paura, vagava disorientata per le strade o si era rinchiusa in casa.

Vidi Pilato nella casa di Erode. I due scrutavano costernati il cielo: si trovavano sulla medesima terrazza dalla quale Erode aveva guardato il Signore in balìa della marmaglia.

Essi erano convinti che tutto quello che stava accadendo aveva certamente relazione con la condanna di Gesù.

Più tardi, scortati da numerose guardie, si recarono al palazzo del procuratore romano; con il cuore angustiato, attraversarono a grandi passi il loro deserto. Pilato non osò nemmeno guardare il tribunale detto Gabbata.

Rientrato nel suo palazzo, egli fece convocare gli anziani del popolo ebraico per conoscere la loro opinione riguardo i segni del cielo. Il procuratore sosteneva davanti ai sinedriti che la crocifissione del Galileo, provocata dalla loro ostinazione, era la causa della collera degli dèi e aveva suscitato i segni contrari della natura. Ma i Giudei, niente affatto pentiti, continuavano a considerare quei sinistri presagi come fenomeni naturali. Molti altri però si erano già convertiti, come le guardie che erano cadute davanti al santo nome del Signore.

Davanti al palazzo di Pilato vidi un grande affollamento. La gente urlava:

«Il suo sangue cada sui suoi assassini! Abbasso il giudice iniquo!».

Erano gli stessi che al mattino avevano gridato: «Crocifiggilo!».

Il miserabile Pilato replicò, gridando, che egli non c'entrava nulla con la condanna del Galileo; disse che i Giudei l'avevano voluta e che costui era il loro re e profeta, e non il suo.

Anche nel tempio aveva regnato l'angoscia durante l'immolazione dell'agnello pasquale. Quando il cielo si era oscurato completamente, i fedeli erano caduti in preda al terrore. Alcune volte crollarono, il velo del “santo dei santi” si squarciò e i fedeli videro i morti risuscitati.

I sommi sacerdoti avevano tentato in tutti i modi di tranquillizzare la folla. Accesero perfino tutti i candelieri, il panico era continuato a crescere.

Lasciai la città mentre l'oscurità si faceva sempre più cupa. Alla periferia nord-est di Gerusalemme, vicino al muro di cinta, si aprì il terreno che copriva alcune tombe.


Abbandono di Gesù.

Quarta parola in croce

«Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della cr ce» (iPietro 2,24).


In un primo momento l'oscurità non fu notata sul Calvario, perché vi regnava una grande agitazione: i crocifissori occupati a rizzare la croce e a lanciare bestemmie, le urla dei due ladroni sulle croci, gli insulti a Gesù da parte dei farisei a cavallo, il cambio dei soldati romani e la tumultuosa partenza dei carnefici ebbri... Poi venne il pentimento di Dismas, e i farisei si sdegnarono contro di lui.

Ma quando le tenebre divennero fitte produssero un'impressione terribile nei presenti, i quali, molto preoccupati, si allontanarono dalla croce.

Fu allora che Gesù raccomandò sua Madre a Giovanni e la Vergine fu subito dopo allontanata perché svenne.

Seguì un momento di silenzio solenne, in cui la maggior parte degli astanti rivolse gli occhi al cielo e alle stelle, che scintillavano di luce vermiglia. Alcuni guardarono il Crocifisso e conobbero la grazia del pentimento: in tal modo la loro coscienza si risvegliò straordinariamente alla vera vita.

Infine quasi tutti andarono via e la calma regnò intorno alla croce. Vidi una schiera di angeli levarsi accanto al Salvatore crocifisso, abbandonato nelle profondità del suo martirio.

Fu l'unico conforto prima di restare solo nell'oscurità.

Il Signore concludeva nelle tenebre più scure la sua missione umana, in intimità di preghiera con il suo Padre celeste. Lo pregava con amore raccomandandogli i suoi nemici, mentre recitava i salmi che andavano compiendosi. Egli patì l'angoscia più profonda, come un povero uomo privato di ogni consolazione umana e divina. Quando la fede, la carità e la speranza restano vuote e spoglie nel deserto della prova, questo dolore è inesprimibile.

Abbandonato completamente nell'oscurità più fitta, Gesù donò se stesso e tutti i suoi infiniti meriti per noi peccatori, affinché non dovessimo più discendere soli nella notte interiore.

Verso le tre Gesù si lamentò:

«Eh, Eh, lama sabachtani!», che significa: «Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai lasciato?».

Con questo grido di dolore filiale il Signore permise agli afflitti di riconoscere Dio come Padre.

Nell'udire il suo lamento lacerante, uno di quelli che lo oltraggiavano disse:

«Chiama Elia!».

Un altro intervenne:

«Vedremo se Elia verrà a soccorrerlo!».

La Vergine santa corse di nuovo ai piedi della croce, seguita da Giovanni, da Maria figlia di Cleofa, da Maria Maddalena e Salomè.

Una trentina di cavalieri stranieri, provenienti dai dintorni di Giaffa, nel vedere Gesù sopra la croce, gridarono con rabbia:

«Se non vi fosse il tempio di Dio, questa città meriterebbe di essere bruciata! ».

Il grido di sdegno, uscito dalla bocca di quegli uomini di rango, provocò la protesta dei Giudei rimasti vicino alla croce.

Tra questi ultimi si erano formati spontaneamente due gruppi: da uno provenivano gemiti di dolore, dall'altro, che protestò al grido degli stranieri, si levavano solo ingiurie e bestemmie contro il Redentore.

I farisei erano diventati meno arroganti e, temendo un'insurrezione popolare, chiesero al centurione Abenadar di chiudere la porta più vicina alla città; furono pure richiesti consistenti rinforzi a Pilato e a Erode.

Appena dopo le quindici, il cielo si schiarì e la luna incominciò ad allontanarsi dal sole nella direzione opposta, ma il sole apparve annebbiato, privo di raggi e rosso. A poco a poco riapparvero i raggi del sole e le stelle scomparvero, e tuttavia il cielo rimase offuscato.

Con il ritorno della luce i nemici di Gesù ripresero la loro baldanza, ma il centurione Abenadar impose l'ordine, impedendo che Gesù fosse lapidato.


La morte di Gesù.

Quinta, sesta e settima parola


«Sapendo Gesù che già tutto era compiuto, affinché si adempisse la Scrittura, disse: “Ho sete”» (Giovanni 19,28).

Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato.

Gesù era moribondo; con la lingua riarsa pronunciò:

«Ho sete».

Ma poiché i suoi amici fedeli continuavano a guardarlo dolorosamente senza far niente, il Signore chiese:

«Non potreste darmi una goccia d'acqua?».

Egli voleva intendere che durante l'oscurità nessuno li avrebbe visti. Giovanni rispose addolorato:

«Oh, Signore! Ti abbiamo dimenticato!».

Questa dimenticanza da parte dei suoi più intimi amici deluse Gesù al punto tale che egli sussurrò interiormente:

«Anche i miei più prossimi dovevano dimenticarmi e non darmi da bere, affinché ciò che sta scritto trovasse compimento».

Gli amici di Gesù offrirono denaro alle guardie perché gli portassero un po' d'acqua, ma anche questi ultimi presero il compenso e non gli diedero nulla. Uno di loro immerse una spugna nell'aceto, in un bariletto di scorza, e vi aggiunse del fiele per darglielo a bere. Il centurione Abenadar non lo permise: strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. Gesù pronunciò alcune parole, di cui ricordo solo queste:

«Quando io non avrò più la mia voce, parlerà la bocca dei morti!».

L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte.

Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario.

Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa.

Giunto all'estremo, Gesù disse:

«Tutto è compiuto! ».

Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra:

«Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito!

Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa.

Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.

Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono.

Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere.

Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.

Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine.

Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini.

In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si battè il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo:

«Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!».

I suoi soldati gli fecero eco, perfino alcuni farisei si batterono il petto.

Pronunciate le parole di redenzione, Abenadar consegnò il cavallo a Cassio e gli affidò il comando, poi prese commiato dai suoi soldati e lasciò il Calvario. Lo vidi annunciare la morte del Salvatore ai discepoli nella valle di Gihon, infine si diresse al palazzo di Pilato.

Il Signore aveva ormai affidato la sua anima al Padre e abbandonato il suo santo corpo alla morte. Egli aveva pagato il suo debito d'amore all'umanità.

Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure. Il suo volto si era allungato, perché le gote erano afflosciate, il naso sembrava più affilato e gli occhi pieni di sangue erano rimasti aperti a metà.

Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia.

Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.

La Vergine guardò quel santo corpo, concepito per opera dello Spirito Santo nella più assoluta purezza, come carne della sua carne, ossa delle sue ossa, cuore del suo cuore, adesso privato di ogni bellezza e separato dalla sua anima santissima.

La Madre lo contemplò con una sofferenza indicibile:

sospeso alla croce, tra i due ladroni, sfigurato e disprezzato da coloro che era venuto a salvare.

Adesso, pur così sfigurato, il santo corpo del Signore imponeva rispetto e toccava il cuore degli uomini. La sua dolorosa passione e l'atroce morte sulla croce ispirarono profondamente la conversione di numerosi peccatori. Gesù stesso aveva detto: «Se il seme non muore non porta frutto ! ».

I ladroni erano in preda a frequenti convulsioni. Dismas pregò per tutto il tempo del suo supplizio sulla croce.

I farisei tentarono di misurare con le corde la profondità della spaccatura della roccia, ma non riuscendo a toccarne il fondo lasciarono il Calvario, salutati dai lamenti degli amici di Gesù.

I soldati romani andarono a rinforzare quelli che custodivano le porte della città, perché si temeva una sommossa.

Il silenzio e il lutto regnavano intorno al corpo del Signore. Di fronte alla croce vidi solo gli amici di Gesù.

Dalle valli circostanti qualche discepolo del Signore guardava con inquietudine verso il Calvario.

L'aria si era rinfrescata, ma la luce del sole era ancora offuscata.


31 maggio 1978 - A DIO, OVUNQUE E SEMPRE, IL PRIMO POSTO!

Mons. Ottavio Michelini

Scrivi fratello don Ottavio, sono Giovanni Bosco.

La visita tua e di d.P. al santuario in Torino alla Mamma Celeste Aiuto dei Cristiani, è stata cosa gradita all'Altissimo Dio, cara, immensamente cara alla Vergine SS.ma nostra comune Madre; le SS. Messe celebrate nella cappella delle Reliquie in onore dei S. Martiri Ottavio, Giovenco ecc. vi hanno ottenuto grazie per intercessione degli eroici e fedeli testimoni della fede; non fu quindi un viaggio inutile il vostro pellegrinaggio, ma fu ricco di doni e di grazie che un giorno conoscerete in Paradiso.

Fratello don Ottavio e fratello d. P. ambedue avete dinnanzi a voi un cammino segnato dagli eterni Decreti di Dio, dovrete formare anime, dovrete dirigere anime, dovrete insegnare alle anime che Lui metterà sulla vostra via, che Dio solo è l'Alfa e l'Omega di tutto e di tutti, che a Lui tutto dobbiamo perché da Lui tutto abbiamo, e di conseguenza a Lui, ovunque e sempre, si deve il primo posto.

Fratelli cari operare cosi vuol dire operare per la rigenerazione spirituale di una cristianità atea, incredula ed empia, vuol dire portare amore. cioè (pag. 81) unione, ove regna odio cioè divisione, vuol dire portare luce ove sono tenebre, portare fede ove e incredulità vuol dire fare nuova la società.

Compito dei membri dell'Associazione Speranza è di rinnovarsi per rinnovare, santificarsi per santificare, arricchirsi per poter donare a chi non ha; fratelli carissimi dovrete scendere in campo con un gruppo di ottimi vignaioli per bonificare e fertilizzare una vigna satura di zizzania e infestata di nemici che debbono essere debellati

 

Nessun rinnovamento e rigenerazione è possibile senza Maria Immacolata e Gesù Eucarestia

Accanto a voi altri scenderanno in campo per far nuova la Chiesa di Dio, formerete assieme a loro un grande esercito benedetto da Dio Padre, da Gesù Redentore e dallo Spirito Santo, anima della Chiesa stessa; fratelli nel sacerdozio, entrate a far parte di un grande piano di Dio, io, don Bosco per l'amore e devozione che nutrite per me, ho voluto esservi di aiuto, ed ecco gli incontri con d. C. d. A., con d. U. P., due degni figli miei, degni membri della nostra Congregazione, i quali ti confermano don Ottavio e ti indicano le DUE grandi colonne salvezza della Chiesa, le due grandi strade da indicare a tutti i battezzati (pag. 82) di buona volontà: l'Immacolata e Gesù Eucarestia.

Nessun rinnovamento e rigenerazione spirituale senza Maria Immacolata senza Gesù Eucarestia, si ricompone l'equilibrio distrutto, solo con Loro, senza di Loro saranno moltiplicate le rovine, senza di Loro non v'è che perdizione; la Vergine Immacolata è la Porta per la quale il Verbo di Dio entra e si inserisce nell'umanità.

La Croce è e resterà la liberazione dell'umanità dalla tirannide malvagia di Satana, ma la Croce è una sola cosa con l'Eucarestia, perché è la Messa che dona al mondo il Redentore con il mistero della Croce; la visione delle Due Colonne va cosi intesa!

Fratelli nel sacerdozio don Ottavio e d. P. mi potreste obbiettare che la vostra missione è comune a tutti consacrati, si, è vero, la missione comune a tutti i consacrati è quella di farsi " vittima " in unione con Lui, per la ragione per cui Lui è entrato nel mondo ed è morto sulla Croce, missione comune a tutti i consacrati, ma assolta da pochissimi, e, questo è il sovvertimento, ciò che dovrebbe essere di tutti o dei più, e diventata realtà per pochissimi, ma prescindendo da questo, solo due giorni fa ti è stato detto che Dio non si ripete mai, se il fine è comune a tutti, le vie per arrivarci sono diverse, e, la via dell'Associazione Speranza, pur operando in comunione con altre istituzioni e opere per la rigenerazione (pag. 83) della Chiesa nuova, e diversa dalle altre, e voi, don Ottavio, dovete aprire questa " via " a seconda del tracciato ab aeterno segnato dalla Provvidenza Divina.

Vi benedico, vi sarò al fianco nelle vostre necessità e difficoltà; Dio e la Madre Sua SS. ma Aiuto dei cristiani sono con voi. (pag. 84)

San Giovanni Bosco.