Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

E detto nel vangelo che il Signore verrà  come un ladro (Mt. 24, 43). Verrà  presto a rubarmi. Come vorrei aiutare il ladro! (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 25° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 12

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.2E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:5"Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?".6Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.7Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
9Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.10I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

12Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:

'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,'
il re d'Israele!

14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:

15'Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.'

16Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto.17Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza.18Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno.19I farisei allora dissero tra di loro: "Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!".

20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci.21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.23Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.24In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.25Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.26Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.27Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!28Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!".
29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato".30Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi.31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.32Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".33Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.34Allora la folla gli rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?".35Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va.36Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.

37Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui;38perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia:

'Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?'

39E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora:

40'Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore, e si convertano
e io li guarisca!'

41Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui.42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga;43amavano infatti la gloria degli uomini più della gloria di Dio.
44Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.46Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.48Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.49Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".


Primo libro delle Cronache 28

1Davide convocò tutti gli ufficiali di Israele, i capitribù e i capi delle varie classi al servizio del re, i capi di migliaia, i capi di centinaia, gli amministratori di tutti i beni e di tutto il bestiame del re e dei suoi figli, insieme con i consiglieri, i prodi e ogni soldato valoroso in Israele.2Davide si alzò in piedi e disse:
"Ascoltatemi, miei fratelli e mio popolo! Io avevo deciso di costruire una dimora tranquilla per l'arca dell'alleanza del Signore, per lo sgabello dei piedi del nostro Dio. Avevo fatto i preparativi per la costruzione,3ma Dio mi disse: Non costruirai un tempio al mio nome, perché tu sei stato un guerriero e hai versato sangue.4Il Signore Dio di Israele scelse me fra tutta la famiglia di mio padre perché divenissi per sempre re su Israele; difatti egli si è scelto Giuda come capo e fra la discendenza di Giuda ha scelto il casato di mio padre e, fra i figli di mio padre, si è compiaciuto di me per costituirmi re su Israele.5Fra tutti i miei figli, poiché il Signore mi ha dato molti figli, ha scelto il mio figlio Salomone per farlo sedere sul trono del regno del Signore su Israele.6Egli infatti mi ha detto: Salomone tuo figlio costruirà il mio tempio e i miei cortili, perché io mi sono scelto lui come figlio e intendo essergli padre.7Renderò saldo il suo regno per sempre, se egli persevererà nel compiere i miei comandi e i miei decreti, come fa oggi.8Ora, davanti a tutto Israele, assemblea del Signore, e davanti al nostro Dio che ascolta, vi scongiuro: osservate e praticate tutti i decreti del Signore vostro Dio, perché possediate questo buon paese e lo passiate in eredità ai vostri figli dopo di voi, per sempre.
9Tu, Salomone figlio mio, riconosci il Dio di tuo padre, servilo con cuore perfetto e con animo volenteroso, perché il Signore scruta i cuori e penetra ogni intimo pensiero; se lo ricercherai, ti si farà trovare; se invece l'abbandonerai, egli ti rigetterà per sempre.10Vedi: ora il Signore ti ha scelto perché tu gli costruisca una casa come santuario; sii forte e mettiti al lavoro".
11Davide diede a Salomone suo figlio il modello del vestibolo e degli edifici, delle stanze per i tesori, dei piani di sopra e delle camere interne e del luogo per il propiziatorio,12inoltre la descrizione di quanto aveva in animo riguardo ai cortili del tempio, a tutte le stanze laterali, ai tesori del tempio e ai tesori delle cose consacrate,13alle classi dei sacerdoti e dei leviti e a tutta l'attività per il servizio del tempio e a tutti gli arredi usati nel tempio.14Relativamente a tutti gli oggetti d'oro, gli consegnò l'oro, indicando il peso dell'oro di ciascun oggetto destinato al culto e il peso dell'argento di ciascun oggetto destinato al culto.15Gli consegnò anche l'oro destinato ai candelabri e alle loro lampade, indicando il peso dei singoli candelabri e delle loro lampade, e l'argento destinato ai candelabri, indicando il peso dei candelabri e delle loro lampade, secondo l'uso di ogni candelabro.16Gli indicò il quantitativo dell'oro per le tavole dell'offerta, per ogni tavola, e dell'argento per le tavole d'argento,17dell'oro puro per i ganci, i vassoi e le brocche. Gli indicò il quantitativo dell'oro per le coppe, per ogni coppa d'oro, e quello dell'argento, per ogni coppa d'argento.18Gli diede l'oro puro per l'altare dei profumi, indicandone il peso. Gli consegnò il modello del carro d'oro dei cherubini, che stendevano le ali e coprivano l'arca dell'alleanza del Signore.19"Tutto ciò - disse - era in uno scritto da parte del Signore per farmi comprendere tutti i particolari del modello".
20Davide disse a Salomone suo figlio: "Sii forte, coraggio; mettiti al lavoro, non temere e non abbatterti, perché il Signore Dio, mio Dio, è con te. Non ti lascerà e non ti abbandonerà finché tu non abbia terminato tutto il lavoro per il tempio.21Ecco le classi dei sacerdoti e dei leviti per ogni servizio nel tempio. Presso di te, per ogni lavoro, ci sono esperti in qualsiasi attività e ci sono capi e tutto il popolo, pronti a tutti i tuoi ordini".


Giobbe 13

1Ecco, tutto questo ha visto il mio occhio,
l'ha udito il mio orecchio e l'ha compreso.
2Quel che sapete voi, lo so anch'io;
non sono da meno di voi.
3Ma io all'Onnipotente vorrei parlare,
a Dio vorrei fare rimostranze.
4Voi siete raffazzonatori di menzogne,
siete tutti medici da nulla.
5Magari taceste del tutto!
sarebbe per voi un atto di sapienza!
6Ascoltate dunque la mia riprensione
e alla difesa delle mie labbra fate attenzione.
7Volete forse in difesa di Dio dire il falso
e in suo favore parlare con inganno?
8Vorreste trattarlo con parzialità
e farvi difensori di Dio?
9Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse?
Come s'inganna un uomo, credete di ingannarlo?
10Severamente vi redarguirà,
se in segreto gli siete parziali.
11Forse la sua maestà non vi incute spavento
e il terrore di lui non vi assale?
12Sentenze di cenere sono i vostri moniti,
difese di argilla le vostre difese.
13Tacete, state lontani da me: parlerò io,
mi capiti quel che capiti.
14Voglio afferrare la mia carne con i denti
e mettere sulle mie mani la mia vita.
15Mi uccida pure, non me ne dolgo;
voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!
16Questo mi sarà pegno di vittoria,
perché un empio non si presenterebbe davanti a lui.
17Ascoltate bene le mie parole
e il mio esposto sia nei vostri orecchi.
18Ecco, tutto ho preparato per il giudizio,
son convinto che sarò dichiarato innocente.
19Chi vuol muover causa contro di me?
Perché allora tacerò, pronto a morire.
20Solo, assicurami due cose
e allora non mi sottrarrò alla tua presenza;
21allontana da me la tua mano
e il tuo terrore più non mi spaventi;
22poi interrogami pure e io risponderò
oppure parlerò io e tu mi risponderai.
23Quante sono le mie colpe e i miei peccati?
Fammi conoscere il mio misfatto e il mio peccato.
24Perché mi nascondi la tua faccia
e mi consideri come un nemico?
25Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento
e dar la caccia a una paglia secca?
26Poiché scrivi contro di me sentenze amare
e mi rinfacci i miei errori giovanili;
27tu metti i miei piedi in ceppi,
spii tutti i miei passi
e ti segni le orme dei miei piedi.
28Intanto io mi disfò come legno tarlato
o come un vestito corroso da tignola.


Salmi 52

1'Al maestro del coro. Maskil. Di Davide.'
2'Dopo che l'idumeo Doeg venne da Saul per informarlo e dirgli: "Davide è entrato in casa di Abimelech".'

3Perché ti vanti del male
o prepotente nella tua iniquità?

4Ordisci insidie ogni giorno;
la tua lingua è come lama affilata,
artefice di inganni.
5Tu preferisci il male al bene,
la menzogna al parlare sincero.
6Ami ogni parola di rovina,
o lingua di impostura.

7Perciò Dio ti demolirà per sempre,
ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda
e ti sradicherà dalla terra dei viventi.
8Vedendo, i giusti saran presi da timore
e di lui rideranno:
9"Ecco l'uomo che non ha posto in Dio la sua difesa,
ma confidava nella sua grande ricchezza
e si faceva forte dei suoi crimini".

10Io invece come olivo verdeggiante
nella casa di Dio.
Mi abbandono alla fedeltà di Dio
ora e per sempre.
11Voglio renderti grazie in eterno
per quanto hai operato;
spero nel tuo nome, perché è buono,
davanti ai tuoi fedeli.


Ezechiele 19

1Intona ora un lamento sui capi d'Israele2dicendo:

"Che cos'era tua madre?
Una leonessa fra leoni.
Accovacciata in mezzo ai leoni
allevava i suoi cuccioli.
3Essa innalzò uno dei cuccioli
che divenne leone,
imparò a sbranare la preda,
a divorare gli uomini.
4Ma contro di lui le genti fecero lega,
restò preso nella loro fossa
e in catene fu condotto in Egitto.
5Quando essa vide che era lunga l'attesa
e delusa la sua speranza,
prese un altro cucciolo
e ne fece un leoncino.
6Egli se ne andava e veniva fra i leoni,
divenuto leoncello,
e imparò a sbranare la preda,
a divorare gli uomini.
7Penetrò nei loro palazzi,
devastò le loro città.
Il paese e i suoi abitanti
sbigottivano al rumore del suo ruggito.
8Lo assalirono le genti,
le contrade all'intorno;
tesero un laccio contro di lui
e restò preso nella loro fossa.
9Lo chiusero in una gabbia,
lo condussero in catene al re di Babilonia
e lo misero in una prigione,
perché non se ne sentisse la voce sui monti d'Israele.
10Tua madre era come una vite
piantata vicino alle acque.
Era rigogliosa e frondosa
per l'abbondanza dell'acqua;
11ebbe rami robusti
buoni per scettri regali;
il suo fusto si elevò
in mezzo agli arbusti
mirabile per la sua altezza
e per l'abbondanza dei suoi rami.
12Ma essa fu sradicata con furore
e gettata a terra;
il vento d'oriente la disseccò,
disseccò i suoi frutti;
il suo ramo robusto inaridì
e il fuoco lo divorò.
13Ora è trapiantata nel deserto,
in una terra secca e riarsa;
14un fuoco uscì da un suo ramo,
divorò tralci e frutti
ed essa non ha più alcun ramo robusto,
uno scettro per dominare".
Questo è un lamento e come lamento è passato nell'uso.


Atti degli Apostoli 14

1Anche ad Icònio essi entrarono nella sinagoga dei Giudei e vi parlarono in modo tale che un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti.2Ma i Giudei rimasti increduli eccitarono e inasprirono gli animi dei pagani contro i fratelli.3Rimasero tuttavia colà per un certo tempo e parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi.4E la popolazione della città si divise, schierandosi gli uni dalla parte dei Giudei, gli altri dalla parte degli apostoli.5Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattarli e lapidarli,6essi se ne accorsero e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe e nei dintorni,7e là continuavano a predicare il vangelo.

8C'era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato.9Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di esser risanato,10disse a gran voce: "Alzati diritto in piedi!". Egli fece un balzo e si mise a camminare.11La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, esclamò in dialetto licaonio e disse: "Gli dèi sono scesi tra di noi in figura umana!".12E chiamavano Bàrnaba Zeus e Paolo Hermes, perché era lui il più eloquente.
13Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all'ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla.14Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando:15"Cittadini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi predichiamo di convertirvi da queste vanità al Dio vivente 'che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano'.16Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada;17ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi il cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori".18E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall'offrire loro un sacrificio.

19Ma giunsero da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali trassero dalla loro parte la folla; essi presero Paolo a sassate e quindi lo trascinarono fuori della città, credendolo morto.20Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli, alzatosi, entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe.
21Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia,22rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.23Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.24Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Panfilia25e dopo avere predicato la parola di Dio a Perge, scesero ad Attalìa;26di qui fecero vela per Antiòchia là dove erano stati affidati alla grazia del Signore per l'impresa che avevano compiuto.
27Non appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede.28E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.


Capitolo X: La santa Comunione non va tralasciata con leggerezza

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Voce del Diletto

1. A questa sorgente della grazia e della misericordia divina, a questa sorgente della bontà e di ogni purezza devi ricorrere frequentemente, fino a che tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; fino a che tu non ottenga di essere più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gli inganni del diavolo. Questi, il nemico, ben sapendo quale sia il beneficio e il rimedio grande insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo e in ogni momento di ostacolare, per quanto può, le anime fedeli e devote, distogliendole da essa. Taluni, infatti, quando vogliono prepararsi alla santa Comunione, subiscono i più forti assalti del demonio. Lo spirito del male - come è detto nel libro di Giobbe (1,6; 2,1) - viene in mezzo ai figli di Dio, per turbarli, con la consueta sua perfidia, e per renderli troppo timorosi e perplessi, finché non abbia affievolito il loro slancio o abbia loro strappato, di forza, la fede: nella speranza che essi lascino del tutto la Comunione o vi si accostino con poco fervore. Ma non ci si deve curare per nulla delle sue astuzie e delle sue suggestioni, per quanto turpi e terrorizzanti, Su di lui bisogna ritorcere le immaginazioni che provengono da lui. Va disprezzato e deriso, quel miserabile. Per quanti assalti egli compia e per quante agitazioni egli susciti, la santa Comunione non deve essere tralasciata. Talora avviene che siano di ostacolo alla Comunione persino una eccessiva preoccupazione di essere sufficientemente devoti e una certa angustia dubbiosa sul confessarsi. Ma tu agisci secondo il consiglio dei saggi, tralasciando ansie e scrupoli, che costituiscono impedimento alla grazia divina e distruggono lo spirito di devozione. Non lasciare la santa Comunione, per ogni piccola difficoltà o stanchezza. Ma va subito a confessarti e perdona di cuore agli altri ogni offesa ricevuta; che se tu hai offeso qualcuno e chiedi umilmente scusa, il Signore prontamente avrà misericordia di te.

2. Che giova ritardare tanto la confessione o rimandare la santa Comunione? Purificati al più presto; sputa subito il veleno; corri a prendere il rimedio: ti sentirai meglio che se tu avessi differito tutto ciò. Se oggi, per una piccola cosa, rinunci, domani forse accadrà qualcosa di più grave: così ti potrebbe essere impossibile per lungo tempo, la Comunione e potresti diventare ancora più indegno. Scuotiti al più presto dalla stanchezza e dall'inerzia, in cui oggi ti trovi: non serve a nulla restare a lungo nell'ansietà e tirare avanti nel turbamento, separandoti, in tal modo, per questi quotidiani ostacoli, dalle cose divine. Anzi è molto dannoso rimandare tanto la Comunione, perché ciò suole anche ingenerare grave torpore. Avviene persino - cosa ben dolorosa - che taluni, nella loro tiepidezza e leggerezza, accettino di buon grado questi ritardi della confessione, e desiderino di ritardare così la santa Comunione, proprio per non essere obbligati a una più severa custodia di sé. Oh!, come è scarso l'amore, come è fiacca la devozione di coloro che rimandano tanto facilmente la Comunione. E come è felice e caro a Dio colui che vive in modo da custodire la sua coscienza in una tale limpidezza da essere pronto e pieno di desiderio di comunicarsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se potesse farlo senza essere criticato. Se uno qualche volta si astiene dalla Comunione per umiltà, o per un giusto impedimento, gli va data lode, a causa del suo rispettoso timore. Se invece fa questo per una sorta di torpore, che si è insinuato in lui, deve scuotersi e agire, quanto gli è possibile: il Signore aderirà al suo desiderio, grazie alla buona volontà, alla quale Dio guarda in modo speciale.

3. Se, invece, uno è trattenuto da ragioni valide, ma avrà la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi, costui non mancherà dei frutti del Sacramento. Giacché ognuno che abbia spirito di devozione può, in ogni giorno e in ogni ora, darsi salutarmente, senza che alcuno glielo impedisca, alla comunione spirituale con Cristo; pur dovendo, in certi giorni e nel tempo stabilito, con reverente affetto, prendere sacramentalmente in cibo il corpo del suo Redentore, mirando più a dare lode e onore a Dio che ad avere consolazione per sé. Infatti questo invisibile ristoro dell'anima, che è la comunione spirituale, si ha ogni volta che uno medita con devozione il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, accendendosi di amore per lui. Chi si prepara soltanto perché è imminente il giorno festivo, o perché la consuetudine lo sospinge, è per lo più tutt'altro che pronto. Beato colui che si offre a Dio in sacrificio ogni qualvolta celebra la Messa o si comunica.  

4. Nel celebrare, non essere né troppo prolisso né troppo frettoloso; ma osserva il ragionevole uso, comune a coloro con i quali ti trovi a vivere. Non devi, infatti, ingenerare in altri fastidio e noia; devi mantenere invece la via consueta, secondo la volontà dei superiori, e badare più all'utile degli altri, che alla tua devozione e al tuo sentimento.


DISCORSO 340/A NELL'ORDINAZIONE DI UN VESCOVO

Discorsi - Sant'Agostino

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Il vescovo dev'essere servo di molti.

1. Da quando Dio si è degnato di pormi in autorità presso di voi, oggi è la terza volta che alla Carità vostra si rende un discorso. Nei due precedenti avete ascoltato soprattutto quanto riguarda voi: poiché oggi, grazia e misericordia, viene ordinato il vostro vescovo, dobbiamo trattare e di ciò che vale ad esortare noi stessi, e a rendere edotto lui, e a vostro insegnamento. Per prima cosa chi presiede il popolo deve comprendere che è servo di molti. E non rifugga da questo: e non rifiuti, ripeto, di essere servo di molti, poiché il Signore dei signori non ha sdegnato di essere nostro servo. Dal feccioso fondo, proprio dell'uomo carnale, era venuta su, insinuandosi nei discepoli del Signore nostro Gesù Cristo, i nostri Apostoli, una certa smania di grandezza, la cui torbida esalazione aveva cominciato ad affumicare i loro occhi. Infatti, come abbiamo trovato scritto nel Vangelo, sorse tra loro una discussione: chi di essi fosse il più grande 1. Ma il Signore, intervenendo da medico, sgonfiò il loro turgore. Appena notò quale infetta radice avesse quella discussione, si rivolse a loro, ponendosi innanzi dei bambini: Se alcuno non diventerà come uno di questi fanciulli, non entrerà nel regno dei cieli 2. Nel fanciullo volle mettere in risalto l'umiltà. Non desiderò infatti che i suoi, quanto a senno, avessero quello proprio dei bambini, come in altro passo dice l'Apostolo: Non comportatevi da bambini nei giudizi. E aggiunse: Ma siate come bambini quanto a malizia, e uomini maturi quanto a intendimento 3. D'altra parte grave malizia è la superbia, anzi, la malizia primitiva, il principio, la scaturigine, la causa di tutti i peccati: fu essa che sbalzò dall'alto l'angelo e ne fece il diavolo. Inoltre questi, nel suo stato di deiezione, propinò la coppa della superbia all'uomo ben saldo al suo posto: e a monte della superbia fece issare quello che era stato creato a immagine di Dio; era ormai anche indegno, perché superbo. Ne ebbe invidia, riuscì a persuaderlo a disprezzare il comando di Dio e a godersi la propria indipendenza. E in che modo giunse a persuaderlo? Disse: Se mangerete, sarete come dèi 4. Notate, quindi, se non fu la superbia a persuadere. Era stato creato uomo, volle essere Dio: si arrogò quel che non era, perdette ciò che era; non che ebbe a perdere la natura umana, ma perdette la beatitudine presente e futura. Perdette la sede cui doveva essere elevato, ingannato da chi ne era stato precipitato.

Viene letta 1 Tim. 3.

2. Pertanto, l'apostolo Paolo, in quella lettura che ora si proclamava - l'abbiamo ascoltata - dopo aver ricordato tra l'altro le doti proprie del vescovo, aggiunse anche questa: Non sia un neofita, come a dire "venuto di recente alla fede", perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo 5. Che vuol dire di cadere nella stessa condanna del diavolo? Non è che debba essere condannato dal diavolo, ma condannato insieme al diavolo: non sarà infatti nostro giudice il diavolo; ma, perché a sua volta cadde per superbia e divenne empio a causa della superbia, sarà condannato al fuoco eterno. Colui al quale viene conferito un posto più elevato nella Chiesa si guardi bene dal cadere, perché montato in superbia, nella condanna nella quale incorse il diavolo. Perciò il Signore, rivolgendosi agli Apostoli e confermandoli nella santa umiltà, dopo aver proposto l'esempio del bambino, disse loro: Chiunque tra di voi vuole essere il più grande, sarà vostro servo 6. Ecco perché non ho recato offesa al mio Fratello, vostro futuro vescovo, perché ho voluto esortarlo ad essere vostro servo. Infatti, se l'ho fatto per lui, ancor prima l'ho fatto per me: non parlo del vescovo quasi io sia un uomo qualunque, ma parlo come vescovo; e ciò a cui l'esorto è per me stesso motivo di timore, e richiamo alla mente quel che disse lo stesso santo Apostolo: Io dunque corro, ma non come chi è senza meta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che dopo aver predicato agli altri venga io stesso squalificato 7.

Esortazione al timore di sé. Il vescovo è tale se è buon pastore. Il servizio di Cristo: ha dato la vita per noi. Il servizio di Pietro: quello stesso di Cristo.

3. Di conseguenza, a dirvi in breve, siamo vostri servi: vostri servi, ma pure vostri compagni di servizio: siamo vostri servi, ma tutti abbiamo un solo Signore: siamo vostri servi, ma in Gesù, come dice l'Apostolo: Ma noi siamo vostri servi per amore di Gesù 8. Siamo servi in grazia di colui per il quale siamo anche liberi; egli stesso, ai credenti in lui, ha detto appunto: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero 9. Esiterò allora a farmi servo per amore di lui, io, che se non mi avesse liberato, resterei in una schiavitù senza speranza? Siamo vostri capi e vostri servi: siamo vostri capi, ma solo se ci rendiamo utili. Consideriamo dunque in che consiste l'essere servo per il vescovo che è posto in autorità. In che consiste anche per il Signore stesso. Quando infatti disse ai suoi Apostoli: Chiunque fra di voi vuole essere il più grande sarà vostro servo 10, perché la superbia umana non disprezzasse il nome di servo, volle subito darne compensazione e, offrendosi ad esempio, incoraggiò a quanto aveva ordinato. Chiunque tra di voi vuole essere il più grande, sarà vostro servo. Notate però in che modo: appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire 11. Indaghiamo in che cosa ha servito. Se prendiamo in considerazione il servire di ordine materiale, troviamo che erano i discepoli a servire lui, e proprio loro inviava ad acquistare cibi, a prepararli. Nel Vangelo è stato ancora scritto che, all'approssimarsi della Passione di lui, i discepoli gli chiesero: Signore, dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la Pasqua? 12 Egli dispone dove si deve preparare: e si avviano e preparano e servono. Com'è allora che disse: Appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire? Sta' a sentire quel che segue: Non è venuto - disse - per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti 13. Ecco come il Signore ha servito: ecco quali servi vuole che noi siamo. Ha dato la sua vita in riscatto per molti: ci ha redenti. Chi di noi è capace di redimere qualcuno? Proprio dal sangue di lui, dalla morte di lui siamo stati riscattati dalla morte; dall'umiltà di lui, noi, prostrati a terra, siamo stati riportati in posizione eretta; anche noi, però, dobbiamo apportare il nostro limitatissimo contributo alle membra di lui, poiché siamo diventati membra di lui: egli il Capo, noi il Corpo. L'apostolo Giovanni, nella sua Lettera, esortandoci appunto ad imitare il Signore che aveva detto: Chiunque tra di voi vuole essere il più grande sarà il vostro servo; appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire, e dare la sua vita in riscatto per molti..., esortandoci quindi all'imitazione, afferma: Cristo ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli 14. Così pure, dopo la Risurrezione, il Signore stesso, col dire: Pietro, mi ami tu? E quello a rispondere: Ti amo. Egli lo domandò per tre volte, quello, per tre volte, rispose; e altrettante volte il Signore: Pasci le mie pecore! 15 Come mi dimostri che mi ami se non pascendo le mie pecore? Amandomi che prova mi puoi dare quando è da me che attendi ogni cosa? Ecco che hai da fare amandomi: pasci le mie pecore. E questo una volta, una seconda e una terza volta. Mi ami? Ti amo. Pasci le mie pecore. Tre volte infatti aveva rinnegato per timore, tre volte confessò per amore. Quindi, il Signore, dopo aver affidato per la terza volta le sue pecore a lui che rispondeva e dichiarava amore ripudiando e cancellando il timore, immediatamente soggiunse: Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi, ma quando sarai più vecchio, un altro ti cingerà la veste e ti condurrà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio 16. Gli annunziò la sua croce e gli predisse il suo martirio. Perciò, volgendosi a quel compimento, disse il Signore: Pasci le mie pecore: soffri per le mie pecore.

Il vescovo sia quale è chiamato. Vescovi e fedeli: condiscepoli alla scuola di Cristo.

4. Tale dev'essere il vescovo buono; se non sarà tale, non sarà vescovo. Che giova ad un infelice chiamarsi Felice? Se guardi un povero sventurato, di nome Felice, e gli dici: Vieni qui, Felice; va' là, Felice; alzati, Felice; siedi, Felice, quello, pur in mezzo al ripetersi insistente del nome, è sempre infelice; risulta qualcosa di simile quando uno è chiamato vescovo e non lo è. Che gli conferisce l'onore del nome se non un aumento di colpa? Ma chi è che porta il nome di vescovo e non lo è? Chi si compiace più dell'onore che del profitto del gregge di Dio, chi in questo vertice del servizio ministeriale cerca il proprio interesse, non quello di Gesù Cristo. È chiamato vescovo, ma non è vescovo: per lui è un nome vano. Eppure ti rendi conto che gli uomini non lo chiamano in altro modo. Hai veduto il vescovo? hai salutato il vescovo? Da dove vieni? dal vescovo. Dove vai? dal vescovo. Dunque, perché sia quel che è chiamato, ascolti non me, ma con me: ascoltiamo insieme; insieme condiscepoli, nell'unica scuola, apprendiamo da Cristo, il solo Maestro che in tanto ha la cattedra in cielo, in quanto prima sulla terra ebbe a cattedra la croce. Egli insegnò la via dell'umiltà: nel discendere per elevarsi, portandosi a visitare coloro che giacevano in basso e per elevare quanti volevano essere uniti a lui.

Cristo, maestro d'umiltà con la parola e l'esempio. Stretti al Signore per bere al suo calice.

5. Ascolta ancora, è della massima chiarezza. Due fratelli, suoi discepoli, Giovanni e Giacomo, figli di Zebedeo, più degli altri desiderando la sua gloria, e tramite la loro madre, avendone personalmente ritegno, gli dissero, sospingendola innanzi a presentargli i loro desideri: Signore, fa' che nel tuo regno uno dei miei figli sieda alla tua destra e l'altro alla tua sinistra 17. E il Signore si rivolse a loro, non a lei: Voi non sapete quello che chiedete, e aggiunse: Potete bere il calice che io sto per bere? 18 Di che calice si tratta se non quello di cui parla immediatamente prima della passione: Padre, se possibile, passi da me questo calice 19? Potete bere, dice, il calice che io sto per bere? E quelli, subito, bramosi di grandezza, spensierati quanto alla loro debolezza: Lo possiamo, rispondono. Ed egli: Il mio calice lo berrete: quanto però a sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concedervelo, ma è predisposto per altri dal Padre mio 20. Per chi è predisposto se non è predisposto per i discepoli? Chi dovrà sedervi se non vi siederanno gli Apostoli? Per altri è preparato, non è preparato per voi: per altri, non per i superbi. Ed anch'egli efficacemente mise avanti l'umiltà, dicendo: Per altri è predisposto dal Padre mio; indubbiamente, pur essendo vero che era egli stesso a preparare, lo disse predisposto dal Padre suo per non apparire di presumere neppure in questo e per favorire l'umiltà, cui tendevano tutti questi avvertimenti che andava facendo. Infatti nulla dispone il Padre che non dispone il Figlio, né il Figlio dispone quel che non dispone il Padre, dal momento che egli può dire: Io ed il Padre siamo una cosa sola 21; ed ancora egli può dire: Qualunque cosa fa il Padre similmente la fa anche il Figlio 22. Maestro di umiltà con la parola e con le opere: sempre infatti con la parola non cessò mai dall'inizio della creazione di insegnare agli uomini l'umiltà per mezzo di angeli, di Profeti; anche con il suo esempio si è degnato insegnarla. Venne umile il nostro Creatore, creatura in mezzo a noi, egli che ha creato noi, egli che fu creato per noi: Dio prima del tempo, uomo nel tempo, per affrancare l'uomo dal tempo. Medico infallibile, venne a guarire il nostro tumore. Dall'oriente all'occidente il genere umano giaceva simile a un grande malato e reclamava il Medico infallibile. Un primo tempo, questo Medico inviò i suoi aiutanti, e in seguito, venne egli stesso, quando alcuni avevano perduto ogni speranza. A quel modo che un medico manda i suoi assistenti nel caso di un compito facile e, sopraggiungendo un aggravamento pericoloso, interviene personalmente, così l'umanità, immersa in ogni sorta di vizi, era oppressa dalla minaccia di un pericolo mortale che scaturiva soprattutto dal fomite della superbia: egli venne appunto a guarire proprio la superbia con il suo esempio. Vergognati di essere tuttora superbo, uomo; per te Dio volle essere umile. Molto Dio si sarebbe umiliato, se soltanto fosse nato per tuo amore: si è degnato persino di morire per te. Egli dunque era sulla croce nella sua umanità, quando i Giudei persecutori scuotevano il capo dinanzi alla croce e dicevano: Se è il Figlio di Dio, scenda ora dalla croce e gli crederemo 23. Ma egli si manteneva nell'umiltà, per questo non scendeva: non aveva perduto la potenza, ma dava prova di pazienza. Infatti, riflettete appunto agli effetti del suo potere e notate quanto sarebbe stato facile discendere dalla croce a lui che ebbe il potere di risorgere dal sepolcro. Ma a te si doveva dar prova di umiltà, a te prova di pazienza; se non te ne veniva data prova, non ti si poteva comandare, ma, se con le parole si doveva imporre come legge, doveva essere presentata e raccomandata con l'esempio. Perciò, nel Signore, vediamo di fare attenzione a questo: consideriamo la sua umiltà, beviamo al calice della sua umiliazione, teniamoci stretti a lui, il nostro pensiero sia rivolto a lui. È facile pensare a cose eccelse, è facile compiacersi degli onori, è facile dare ascolto a chi dà assenso e a chi adula. Tollerare la riprensione, udire con pazienza l'ingiuria, pregare per chi oltraggia, ecco il calice del Signore, ecco il convito del Signore. Sei invitato da un potente? Fa' attenzione perché tu devi preparare altrettanto 24.

Contro gli ambiziosi del titolo, non del dovere episcopale.

6. L'Apostolo, trattando dell'episcopato, ha fatto questa premessa: Chi desidera l'episcopato, aspira ad un nobile lavoro 25. Che vuol dire questo? Non pare che abbia voluto accendere tutti del desiderio dell'episcopato: saranno allora migliori piuttosto gli ambiziosi che i modesti e migliori saranno quanti lo pretendono per sé anche senza merito, con una certa quale arroganza, piuttosto che quanti si sottraggono per timore, pure se meritevoli? Non sia mai, non si tratta di questo: non ha insegnato questo, a nutrire l'ambizione di giungere all'episcopato. Ma fate attenzione a quel che volle dire, se sarò capace di rendere chiaramente il mio pensiero. Per coloro che hanno intelletto il pensiero dell'Apostolo è limpido, torbido e oscuro per i superbi e gli ambiziosi. Dunque, l'Apostolo fa quest'affermazione: Chi desidera l'episcopato, aspira ad un nobile lavoro. Desiderare l'episcopato non è il desiderio dell'episcopato in sé: è l'aspirazione ad un nobile lavoro. Ma chi non compie un nobile lavoro, ma il proprio lavoro, può pretendere di essere vescovo? Costui non desidera l'episcopato. Questo è quanto dicevo poco fa: va dietro al nome non alla sostanza. Voglio essere vescovo: oh, se fossi vescovo! Magari tu lo fossi! Vai dietro al nome o alla sostanza? Se cerchi la sostanza, desideri un nobile lavoro: se hai di mira il nome, puoi averlo anche facendo il male, ma con più grave danno. Che diremo dunque? Che vi sono vescovi cattivi? Guardiamoci dal dirlo, non ve ne sono; oso senz'altro dire: non vi sono vescovi cattivi, perché, se cattivi, non sono vescovi. Tu di nuovo mi richiami al nome e dici: È vescovo, siede infatti sulla cattedra. Anche un fantoccio è a guardia della vigna.

Preferibile nel vescovo il celibato e figli spirituali.

7. L'Apostolo ha detto ancora tra l'altro: Non sposato che una sola volta 26: ma quanto meglio se non avesse moglie? Nel senso di un limite massimo cui si possa arrivare, disse "non più di una", ma molto meglio se neppure una. Abbia figli sottomessi 27: Così che, se ne ha, li abbia sottomessi; non che cerchi di averne se non ne ha. Ha raccomandato infatti la severità verso i figli per il buon governo della famiglia: perché, se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? 28 Sono parole dell'Apostolo stesso. E come un vescovo resterà senza figli, se sarà un buon vescovo? Insomma, il vostro vescovo, in nome di Cristo, sostenuto dalla grazia di Cristo, non ha voluto avere figli secondo la carne, per avere figli spirituali. A voi spetta di avere per lui riverente sottomissione, devota obbedienza e di prestare il debito servizio: ed avrà figli sottomessi, veramente molti invece che pochi, quelli del cielo invece che quelli della terra, dei coeredi al posto di eredi.

Più temibili gli adulatori che i denigratori. Cristo, Vescovo dei vescovi.

8. Abbiamo parlato dei vescovi buoni e dei vescovi cattivi: abbiamo detto ciò che dobbiamo essere e ciò che non dobbiamo essere. Ma che interesse ha per voi, popolo di Dio? Qualcosa riguarda anche voi. Vogliamo infatti che siate edificati sulla pietra, eretti in tempio di Dio, che diventiate idonei a fare di voi la dimora di Dio, a riporre la vostra speranza non sui flutti dell'incertezza, ma sul solido fondamento. Quali che noi siamo, voi dovete stare sicuri. Veramente è un bene per noi essere, da vescovi, buoni capi, non avere soltanto il nome: questo è un bene per noi; in quanto tali, si promette infatti una grande ricompensa. Se però non saremo stati tali, ma cattivi - non sia mai questo - e per amore di noi stessi saremo andati dietro a onori per noi, avremo trascurato i precetti del Signore, se non avremo fatto alcun conto della vostra salvezza, ci attendono più gravi tormenti invece dei premi che sono stati promessi. Ma sia lungi da noi e, da parte vostra, pregate per noi: quanto più siamo in alto tanto più ci troviamo in più grave pericolo. Il nostro pensiero va infatti al conto che dobbiamo rendere degli omaggi degli uomini più che alle ingiurie degli uomini. Molti ci mostrano gran rispetto, molti ci calunniano e dicono male di noi. Quanti ci lodano ci pongono in più grave rischio di quanto non sia da parte di chi sparla di noi: la deferenza degli uomini infatti solletica la nostra superbia, le maldicenze degli uomini esercitano la nostra pazienza: qui temo una caduta, là consolido la fermezza. Uno dei servi di Dio mi ha detto infatti: Non dovete temere l'insulto degli uomini 29. Anche il Signore Gesù Cristo dice: Sarete beati se gli uomini vi insulteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia 30. In realtà, se diranno male, e diranno il vero, non sparlano, perché dicono la verità, parlano male però quelli che affermano il falso. D'altra parte, che ci ha promesso il Signore? Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli 31. Chi parla male di me accresce la mia ricompensa: chi mi adula, intende diminuire la mia mercede. Ma che voglio dire, fratelli? Che dobbiamo desiderare che siate maldicenti perché aumenti la nostra mercede? Non vogliamo che sia più grande la nostra ricompensa a prezzo del vostro danno. Parlate bene, siate obbedienti; noi resteremo nel rischio e voi non ne avrete discapito. Che dunque se il popolo dovesse imbattersi in un vescovo cattivo? Il Signore e vescovo dei vescovi lo fece sicuro perché la vostra speranza non sia riposta nell'uomo. Ecco, come vescovo, vi parlo nel nome del Signore: non so quale io sia, tanto meno voi. Posso in qualche modo sapere quale io sia in questo momento: come posso sapere che sarò un giorno o l'altro? A quel modo che fu presuntuoso Pietro, e fu rivelato Pietro a se stesso; il malato non sapeva di sé, ma al Medico non era nascosto. Affermò, fu presuntuoso, arrivò a promettere: Sarò con te fino alla morte 32. Darò la mia vita per te 33. Ma il grande Medico, scrutando le profondità del cuore, disse: Dài la tua vita per me? In verità ti dico, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte 34.

Il popolo dipenda dalla parola, non dai costumi indegni del vescovo.

9. Conceda pertanto il Signore, con l'aiuto delle vostre preghiere, che tali noi siamo e tali restiamo sino alla fine, come voi tutti che ci amate volete che siamo, e come ci vuole colui che ci ha chiamato e comandato; egli ci sostenga nel compimento di quello che ha imposto. Ma, quali che siamo, la vostra speranza non sia riposta in noi. Da vescovo, mi abbasso a dir questo: voglio rallegrarmi di voi, non essere esaltato. Non mi congratulo affatto con qualsiasi persona che avrò scoperto riporre in me la speranza: va corretto, non rassicurato: deve cambiare, non è da incoraggiare. Se non lo posso ammonire, provo dolore, ma se lo posso correggere, non soffro più. Ora, dato che parlo nel nome di Cristo al popolo di Dio, parlo nella Chiesa di Dio, come un qualsiasi servo di Dio: la vostra speranza non sia riposta in noi, non sia riposta negli uomini. Siamo buoni? siamo ministri; siamo cattivi? siamo ministri. Ma ministri buoni, fedeli, realmente ministri. Fate attenzione a quel che vi porgiamo; se avete fame, e non volete essere ingrati, badate da quale dispensa vi viene posto innanzi il cibo. Non ti riguarda in quale vasello ti si porge, trovandoti sotto lo stimolo della fame. Nella grande casa del Padre di famiglia non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di coccio 35. Quello d'argento: è un vaso, quello d'oro: è un vaso, quello di coccio: è un vaso; tu guarda se contiene pane e di chi è questo pane che, in grazia dell'offerente, viene servito. Volgetevi a colui di cui parlo; per suo dono vi si porge questo pane. Egli stesso è il Pane: Io sono il pane vivo disceso dal cielo 36. Quindi, nelle veci di Cristo, vi porgiamo Cristo, proprio lui, in obbedienza a lui, così che sia egli a venire a voi, egli sia il giudice del nostro ministero. Infatti, se il vescovo è ladro, non ti si dirà mai da questa esedra: "Commetti un furto", ma ti si dirà immancabilmente: "Non rubare". Questo infatti prende il vescovo dalla dispensa del Signore. Se avrà voluto dire qualcosa di diverso, tu lo rigetti e dici: questo non proviene dalla dispensa del Signore, mi dici cose tue. Chi dice il falso, parla del suo 37. Dunque, ti parli secondo Dio: Non rubare, non commettere adulterio, non uccidere; ti parli secondo Dio, per infonderti timore, per non farti montare in superbia, per distoglierti dall'amore del mondo, così che riponga la tua speranza nel Signore. Queste cose secondo Dio egli ti dica. A te che importa se da parte sua non lo fa? Il Signore Dio tuo è Cristo, ti ha rassicurato. Egli dice: Gli Scribi e i Farisei - in figura dei capi - si sono seduti sulla cattedra di Mosè: quanto dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno 38. Che replicherai a questo? Come ti giustificherai al giudizio di Cristo? Dirai: Ecco perché ho agito male, ho veduto che il mio vescovo non viveva rettamente. Ti si risponderà: Per te hai scelto con chi essere condannato, non con chi condividere la salvezza. Lo hai seguito nel vivere male: perché hai preferito imitarlo e non hai ascoltato me dalle parole di lui? Infatti, nel mio Vangelo non ti avevo forse detto: "Quando noti dei capi cattivi, fa' quello che dicono, ma non fare quello che fanno"? Avresti ascoltato me tramite loro e non periresti per colpa loro.

L'uva è da cogliere anche se tra i rovi.

10. Perciò, se anche i cattivi possono dire cose buone, fin d'ora rivolgiamoci a Cristo e diciamo, mossi dal desiderio di capire, non per disprezzare o reagire in contrario: Signore, se i cattivi possono dire cose buone - per questo ci hai ammonito e ci hai comandato, dicendo: fate quello che dicono, non fate quello che fanno - se i cattivi possono dire cose buone, com'è che altrove tu dici: Ipocriti, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? 39 Indugiate con il pensiero sul senso intricato, fino a che, con l'aiuto di lui, potete scorgerlo spiegato. Propongo di nuovo la questione. Cristo dice: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno: perché dicono e non fanno. Come può essere dunque, se non perché dicono cose buone e fanno opere cattive? Ne segue che dobbiamo fare quello che dicono, non dobbiamo fare quello che fanno. In altro passo egli dice: Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi? 40 Ogni albero si riconosce dal frutto 41. E che, dunque, come ci regoleremo? come possiamo intendere? Ecco, sono rovi, sono spine. Fate. Mi comandi di cogliere uva dalle spine: in un passo comandi, in un altro proibisci: come farò ad obbedire? Ascolta, vedi di intendere. Quando dico: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno, fa' prima attenzione a quel che voglio dire; ho detto: si sono seduti sulla cattedra di Mosè. Quando dicono cose buone, non sono essi a parlare, ma la cattedra di Mosè. Ha usato il termine "cattedra" nel senso di "dottrina"; non perché è la cattedra a parlare, ma la dottrina di Mosè; essa è presente nella loro memoria, non lo è nelle loro opere. Ma quando sono essi a dire, quando essi parlano, cioè, quando dicono del proprio, che cosa si sentono dire? Come potete dire cose buone voi che siete cattivi? Notate infatti un altro paragone. Non raccogliete uva dalle spine: evidentemente, non è possibile che talora venga uva dalle spine. Non avete però notato che il tralcio della vite, crescendo, può finire in una siepe e svilupparsi tra i rovi e che, in mezzo alle spine, mette fuori un germoglio e produce un grappolo? Hai fame e ti trovi a passare e vedi un grappolo che pende tra le spine: non ti muovi, non cogli. Hai fame e vuoi cogliere: spicca, protendi la mano con diligenza e cautela: evita le spine, spicca il frutto. Così quand'anche sia un uomo pessimo o cattivo a comunicarti la dottrina di Cristo, ascolta, recepisci, non disprezzare. Se l'uomo è cattivo, le spine sono sue; se espone cose buone, è come il grappolo che pende in mezzo alle spine, ma che non nasce dalle spine. Perciò, se hai fame, prendi, ma tieni d'occhio le spine. Infatti, se comincerai a imitarne le opere, mentre lo ascoltavi volentieri, imprudentemente hai proteso la mano: ti sei imbattuto nelle spine ancor prima di giungere al frutto: ne vieni fuori ferito, ne esci lacerato: non ti giova più il frutto che viene dalla vite, ma ti nuocciono le spine che derivano da radice propria. Quindi, per non restare ingannato, guarda da dove hai spiccato il frutto: là c'è un tralcio. Osservalo e ti accorgi che fa parte della vite, vien fuori dalla vite, si sviluppa dalla vite, ma finisce tra le spine. Che dunque la vite deve ritirare a sé i tralci? Così pure la dottrina di Cristo, nel suo progredire e diffondersi, è penetrata tra alberi buoni, è avanzata tra spine nocive: è annunciata da parte dei buoni, è annunciata da parte dei cattivi. Tu scorgi donde nasce il frutto, dov'è che nasce quel che ti nutre e dov'è che nasce quel che ti punge: alla vista appare un intreccio indistinto, ma, quanto a radici, c'è separazione.

Dolore di Agostino per la separazione dall'unità della Chiesa. Scisma donatista: fraterno richiamo all'unità. Calunnia dei Donatisti.

11. Ma fate attenzione a questo, fratelli miei, poiché vogliamo dire anche qualcosa di un nostro assai acerbo dolore, badate a questo, alla ragione per cui alcuni fratelli nostri si siano separati da noi. Ci dicano: perché? C'erano vescovi cattivi. Occupavano le loro sedi, sedevano sulle cattedre di Cristo, erano nell'unità di Cristo: non bisognava separarsi dall'unità. Di per se stessi erano cattivi: tu dovevi fare quello che il Signore ha prescritto: Fate quello che dicono, ma non fate quello che essi fanno 42. Perché ti sei separato dalla cattedra di Cristo? Se vi sedette un uomo pestifero dovevi ascoltarlo non imitarlo. Pur tuttavia puoi darne le prove quando dici: Vi sedeva un uomo pestifero? Da parte mia, invece, ti do la prova che ad essere pestifero sei tu, che hai abbandonato la cattedra di Cristo. Quel che tu sostieni, è occulto; di quanto affermo, io do la prova. A condannarti è la tua separazione, ti punisce la tua separazione. Insieme siamo stati riscattati, un identico prezzo ci ha equiparati; sono citate le tavole del nostro riscatto, il documento del nostro riscatto è il santo Vangelo. Apro, lo leggo. Che apro? che leggo? Leggo dove siamo stati riscattati, dove siamo fratelli e compagni di servizio, dove siamo stati costituiti in unità. Non è stato omesso infatti ciò che Cristo ha acquistato, perché nessuno potesse sottrargli il suo possesso e sostituirlo con un altro; non ha omesso affatto quel che egli ha acquistato. Apri i registri, leggi: sono stati stilati i documenti, non ha acquistato senza ricevuta: previde i futuri interpreti maligni; lo ha fatto precisamente per controbattere i falsi accusatori. Quel che si legge, è creduto: ora si legge, nota da chi è scritto, nota chi è a parlare, nota chi lo accoglie. Egli parlava, gli Apostoli raccoglievano: ce ne hanno lasciato gli scritti. Leggiamo dunque il documento, fratelli: perché litighiamo? Perché, se i registri del Signore nostro, del nostro riscattatore possono eliminare da noi la lite? Tu dici che la Chiesa di Cristo è tra gli abitanti dell'Africa, in Africa: io dico che la Chiesa di Cristo è diffusa in mezzo a tutti i popoli. Ecco la causa del dissenso, ecco da dove sorge l'urto tra fratelli. Tu litighi per un partito: litighi per restare in una fazione. Io mi oppongo a te perché tu abbia il tutto. Vedi di intendere il dissentire che concilia, intendi il contrastare della carità. Non ti dico: sei stato vinto, ritirati. Dall'inizio infatti dispiacquero al Signore nostro Gesù Cristo coloro che volevano dividere l'eredità. A lui, che annunziava la verità in mezzo alle genti, disse uno del popolo: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità 43. E il Signore, che non volle ratificare la divisione, egli che era venuto a fare l'unità - appunto in riferimento all'unità abbiamo ascoltato nel Vangelo: Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre, perché si faccia un solo gregge ed un solo pastore 44 - il Signore dunque, che amava l'unità, detestava la divisione, disse a quell'uomo: Dimmi, o uomo, chi mi ha costituito a dividere l'eredità tra di voi? 45 Io vi dico: Guardatevi da ogni cupidigia 46. Non volle dividere l'eredità: era venuto a conglutinare l'unità, a dare per ogni dove un'eredità unica. Si leggano i documenti dell'eredità sua propria; si leggano, come avevo già iniziato a dire. Risuscitò dai morti, si fece vedere ai discepoli, non solo si lasciò vedere, ma anche toccare e palpare. Palpate -disse - e toccate e guardate; un fantasma non ha ossa e carne come vedete che io ho 47. Credevano infatti che quello fosse uno spirito, non un corpo; che fosse un fantasma, non la realtà. E poiché per la gioia erano ancora stupefatti, disse loro 48: Queste sono le cose che vi dicevo quando ero ancora in mezzo a voi; non sapevate che bisognava si adempissero tutte le cose che di me sono state scritte e nella Legge di Mosè e nei Profeti e nei Salmi? 49 Che vuol dire questo? che è stato scritto di lui nella Legge, nei Profeti e nei Salmi? Ascolta: perché bisognava che il Cristo patisse 50. Credo, dice. Va bene, fratelli, fate attenzione al resto. Leggo i registri del Signore, leggo il documento, o meglio, leggo il testamento della nostra eredità; leggiamo, vediamo di capire: perché litighiamo? Ecco, io leggo, ascolta il resto: bisognava che il Cristo patisse. Lo credi con me? Credo, risponde. E che risorgesse dai morti il terzo giorno. Credi con me? Credo in pieno. Credi anche il resto, e la discordia ha fine. Che altro c'è ancora? E nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la penitenza e la remissione dei peccati, cominciando da Gerusalemme 51. Ecco quel che leggo: questa è la Chiesa di Cristo: a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Possiedila con me e abolirai la discordia. Se non sarai in essa, resterai in una parte. Vinci per tua rovina, sarai vinto per tuo vantaggio. Riconosci di essere stato vinto e avrai insieme a me la Chiesa che è diffusa in mezzo a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Si leggono gli scritti del Signore, si legge il Vangelo del Signore: perché mi accusi falsamente di aver bruciato questi scritti? Chi si deve ritenere che li abbia bruciati? chi vi ha aderito o chi li disprezza? Chiunque li abbia bruciati, da qualsiasi parte sia stata mossa la questione, leggiamo, ascoltiamo, facciamo, troviamoci d'accordo; lasciamo il passato al passato, lasciamo le cose che passano a coloro che sono passati.

Richiamo alla Conferenza di Cartagine del 411. La carità ci guadagna se più alto è il numero di chi la possiede.

12. Il loro avvocato, il loro difensore, trovandosi alle strette, nel bel mezzo della nostra conferenza, gridò: "Una causa non pregiudica un'altra causa, né una persona pregiudica un'altra persona". È colpevole Ceciliano? tutt'altro, Ceciliano non è colpevole, ma supponi che Ceciliano sia colpevole; ascolta però il tuo difensore: Né una causa pregiudica un'altra causa, né una persona un'altra persona. Una persona non sarebbe di pregiudizio ad un'altra persona: e pregiudicherebbe tutta la terra? sarebbe di pregiudizio all'eredità di Cristo che si diffonde fra tutte le genti, a cominciare da Gerusalemme? Ceciliano è colpevole: forse per questo Cristo mentisce? Eppure Ceciliano non è colpevole, ma tu non vuoi essere un cristiano retto. Che ho a che fare io con l'uomo? Di questo vi dicevo, a questo vi incoraggiavo. La mia speranza non è riposta in Ceciliano; io non ho posto la mia speranza nell'uomo. Se Ceciliano è stato onesto, mi rallegrerò con un fratello buono; se è stato ingiusto, io non sono giudice delle intenzioni segrete di un fratello. Perciò, messo un poco da parte Ceciliano, la sua dignità e il suo ricordo, mi rivolgo dunque al Signore e parlo direttamente a Cristo contro mio fratello. Non però come fa lui; non gli dico: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità 52; ma dico: Signore, di' a mio fratello che abbia insieme a me l'eredità. Così, per il fatto che mi sono rivolto al Signore contro mio fratello, non è stato in opposizione a lui, ma a suo favore: non voglio privarlo dell'eredità, non voglio possedere da solo, so bene che non diventerà insufficiente quanto possiedo nel caso siano in molti a possederlo con me. Quel che possiedo è quella che ancor più si estende crescendo il numero dei possessori: ha nome carità.

 


1 - Lc 22, 24.

2 - Mt 18, 3.

3 - 1 Cor 14, 20.

4 - Gn 3, 5.

5 - 1 Tm 3, 6.

6 - Mt 20, 26.

7 - 1 Cor 9, 26-27.

8 - 2 Cor 4, 5.

9 - Gv 8, 36.

10 - Mt 20, 26.

11 - Mt 20, 28.

12 - Mt 26, 17.

13 - Mt 20, 28.

14 - 1 Gv 3, 16.

15 - Gv 21, 15-17.

16 - Gv 21, 18-19.

17 - Mt 20, 21.

18 - Mt 20, 22.

19 - Mt 26, 39.

20 - Mt 20, 23.

21 - Gv 10, 30.

22 - Gv 5, 19.

23 - Mt 27, 40.42.

24 - Prv 23, 1 (sec. LXX).

25 - 1 Tm 3, 1.

26 - 1 Tm 3, 2.

27 - 1 Tm 3, 4.

28 - 1 Tm 3, 5.

29 - Is 51, 7.

30 - Mt 5, 11.

31 - Mt 5, 12.

32 - Lc 22, 33.

33 - Gv 13, 37.

34 - Gv 13, 38.

35 - 2 Tm 2, 20.

36 - Gv 6, 51.

37 - Gv 8, 44.

38 - Mt 23, 3.

39 - Mt 23, 3; 12, 34.

40 - Mt 7, 16.

41 - Lc 6, 44.

42 - Mt 23, 3.

43 - Lc 12, 13.

44 - Gv 10, 16.

45 - Lc 12, 14.

46 - Lc 12, 15.

47 - Lc 24, 39.

48 - Lc 24, 41.

49 - Lc 24, 44.

50 - Lc 24, 46.

51 - Lc 24, 47.

52 - Lc 12, 13.


23 - I segni con cui i santi angeli custodi di Maria santissima le si manifestavano.

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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360. Ho già detto che gli angeli custodi di Maria erano mille, e non uno solo come capita per ogni comune mortale. E in considerazione della sua dignità, i mille angeli custodivano e assistevano Maria con una vigilanza superiore a quella di qualsiasi altro angelo verso l'anima a lui raccomandata. Oltre questi mille, che erano suoi custodi assidui ed ordinari, la servivano, nelle diverse occasioni che si presentavano, molti altri angeli, specialmente dopo il concepimento del Verbo divino incarnato. Dissi anche, come sopra, che la scelta e la nomina di questi mille angeli furono fatte da Dio al tempo della creazione, della giustificazione dei buoni e della cadutà dei cattivi. Dopo che fu loro proposto, come a viatori, l'oggetto della divinità, venne anche manifestata la santissima umanità che avrebbe assunto il Verbo, nonché raffigurata la sua purissima Madre, affinché li potessero riconoscere come loro superiori.

361. Quindi, gli angeli apostati furono castigati, mentre furono premiati quelli ubbidienti, secondo la proporzione che il Signore nella sua giustissima equità volle osservare. Or dunque, per quanto concerne il premio accidentale elargito agli angeli, come ho già avuto modo di dire, esso non fu dato in egual misura: la diversità dipendeva dai differenti sentimenti di affetto che provavano verso i misteri del Verbo incarnato e della sua purissima Madre; misteri che, per ordine, andarono conoscendo prima e dopo la caduta degli angeli cattivi. Proprio a questo premio accidentale si riferiscono l'essere stati eletti per assistere e servire Maria santissima e il Verbo incarnato, come anche il modo e la forma che prendevano, nell'apparire visibilmente alla regina. Questo è quello che intendo spiegare in questo capitolo, confessando, tuttavia, la mia incapacità: è molto difficile, infatti, racchiudere in un semplice discorso, fatto di parole e di termini materiali, le perfezioni e le operazioni di questi spiriti puri ed eccelsi. Se io passassi sotto silenzio questo punto, tralascerei nella storia una gran parte delle sublimi occupazioni che tenevano impegnata la Regina del cielo, quando era pellegrina sulla terra. Dopo aver esercitato le opere con il Signore, la sua occupazione principale era quella di trattare con i suoi ministri, gli spiriti angelici; e pertanto senza questa illustre parte, il racconto della sua santissima vita sarebbe rimasto incompleto.

362. Presupponendo, dunque, quanto finora ho detto degli ordini, delle gerarchie e delle differenze di questi mille angeli, aggiungerò qui la descrizione della forma con la quale apparivano corporalmente alla Regina e signora, rimandando ad altri capitoli il racconto delle apparizioni puramente spirituali e soprannaturali, e dei vari generi di visioni che aveva la regina. I novecento angeli eletti dai nove cori, cento cioè da ciascuno, furono scelti tra quelli che nutrivano maggiore stima, affetto e rispetto per Maria santissima. Quando, poi, le apparivano visibili, davanti agli occhi, avevano l'aspetto di ragazzetti, ma di estrema bellezza e grazia. Il corpo mostrava poco di terreno, perché era purissimo, quasi un cristallo animato e sfavillante di gloria, simile a corpi gloriosi e rifulgenti. Alla bellezza univano dignità e compostezza nel portamento, unitamente ad un'amabile severità. Il vestito era talare, ma sembrava formato di una luce raggiante, simile ad oro brillante e fulgidissimo, tramezzato da assortimenti di finissimi colori, che apparivano alla vista come un'ammirabile e bellissima varietà. Ci si accorgeva, però, facilmente, che quell'ornamento e quella forma visibili non erano qualcosa di percepibile al tatto materiale né si sarebbero potuti toccare con la mano, sebbene si lasciassero distinguere, come avviene per il raggio del sole che, facendo apparire le particelle lucenti, entra per le fessure di una finestra. La radiosità di questi angeli era, tuttavia, incomparabilmente più viva e più bella dello splendore del sole.

363. Tutti gli angeli portavano sulle loro teste delle corone di vivacissimi e finissimi fiori che olezzavano una fragranza soavissima, celeste, mai odorata sulla terra. In mano portavano delle palme tessute e variopinte, significanti le virtù che Maria santissima doveva esercitare santamente e le corone di gloria che doveva conseguire. Tutto questo le veniva manifestato anticipatamente e con dissimulazione, e produceva in lei effetti di gaudio e di giubilo. Sul petto portavano un distintivo simile, in qualche modo, a quelli tessuti sugli abiti degli ordini militari. Era una scritta che diceva: Maria madre di Dio, e costituiva per questi santi principi un segno di gloria, ornamento e bellezza; ma alla regina Maria ne venne tenuto nascosto il significato, finché non ebbe concepito il Verbo incarnato.

364. Questo distintivo con la scritta colpiva l'occhio per lo straordinario splendore che emanava, risaltando e rilucendo in mezzo al fulgido ornamento degli angeli. Essi, inoltre, variavano le loro comparse e i colori per dare significato e senso alla diversità dei misteri e delle molteplici prerogative racchiusi nella santa Città di Dio. La scritta Maria madre di Dio conteneva il più alto titolo onorifico e la più elevata dignità che si potessero avverare in una semplice creatura; con questo titolo essi onoravano la loro e nostra regina, restandone a loro volta onorati... In verità, ricevettero questo sigillo come segno d'appartenenza e premio, per essersi distinti nella devozione e nella venerazione di colei ritenuta la più degna di onore da tutte le creature. Mille volte felici quelli che meritarono la singolare corrispondenza dell'amore di Maria e del suo santissimo Figlio!

365. Gli effetti che questi santi principi con il loro abbigliamento suscitarono nell'animo di Maria, nessuno, al di fuori di lei, potrebbe spiegarli. Le manifestavano metaforicamente il mistero della grandezza di Dio e la perfezione dei suoi attributi: i benefici che le aveva reso e le rendeva, quando l'aveva creata, eletta, arricchita e favorita di tanti doni celesti e tesori divini. Il suo cuore, mediante questi, s'infiammava in grandi incendi d'amore e di lode a Dio, mentre gli effetti crescevano in lei con l'età e il succedersi degli avvenimenti. Quando, poi, si compì l'incarnazione del Verbo, gli angeli le svelarono i misteri, e spiegarono la misteriosa scritta che portavano sul petto, fino allora rimasta a lei nascosta. Dinanzi alla spiegazione del contenuto di quella incantevole scritta ed a quello che le venne fatto comprendere circa la sua dignità al cospetto di Dio, tanto furono il fuoco d'amore, la profonda umiltà, il tenero affetto che si risvegliarono nel candido cuore di Maria - pur riconoscendosi ella incapace e indegna di una elezione così ineffabile e di un mistero così immenso - che non ci sono parole adeguate a spiegarlo.

366. I settanta serafini, piu vicini al trono di Dio, scelti per assistere la Regina, furono quelli che più si distinsero nella venerazione e nell'ammirazione del mistero dell'unione ipostatica delle due nature, divina e umana, nella persona del Verbo. Dal momento che erano più intimamente uniti a Dio per la conoscenza intellettuale e l'amore, desiderarono più degli altri che questo mistero si operasse nel seno di una donna; a questa singolare e speciale inclinazione corrispose il premio, sia quello che concerne la gloria essenziale, sia quello che concerne la gloria accidentale. A quest'ultima - di cui sto parlando - si riferiscono l'onore di assistere Maria santissima e l'essere testimoni dei misteri che in lei si operano.

367. Quando i settanta serafini le apparivano visibilmente, la Regina li contemplava nella stessa forma in cui li vide nell'immaginazione il profeta Isaia e cioè con sei ali. Con due si coprivano il capo, per significare, con questo umile atteggiamento, la debolezza del loro intelletto a penetrare il mistero al cui servizio erano chiamati: prostrati dinanzi alla maestà del loro autore, credevano in questi misteri e li distinguevano attraverso il velo dell'oscura conoscenza che veniva loro data e per la quale esaltavano con eterna lode i santi ed imperscrutabili giudizi dell'Altissimo. Con le altre due ali si coprivano i piedi, la parte inferiore del corpo, e con ciò volevano alludere alla stessa Regina e signora del cielo e alla sua natura umana e terrena. Coprivano i piedi in segno di venerazione, perché reputavano Maria la suprema tra tutte le creature: per la sua incomprensibile dignità e per la sua incommensurabile grandezza la più vicina a Dio stesso e superiore ad ogni intelletto umano creato. E li coprivano, anche, per indicare che, per quanto fossero sublimi serafini, non potevano paragonare i loro passi con quelli di Maria, per la sua eccelsa dignità e nobiltà.

368. Con le due ali del petto volavano, oppure le dispiegavano, per dare ad intendere similmente due cose:

una, l'incessante movimento e volo di amore verso Dio, nonché la lode e la profonda riverenza che gli tributavano; l'altra, la rivelazione che facevano, a Maria santissima, della parte più interna del loro petto, dove nell'essere e nell'operare riverberavano, come in un limpidissimo specchio, i raggi della Divinità. Non era perciò necessario né opportuno che questa si manifestasse continuamente a Maria, mentre era ancora pellegrina sulla terra. La santissima Trinità dispose che la figlia e sposa avesse per ministri i serafini, che sono le creature più intimamente unite e vicine alla Divinità, affinché in essi, questa grande Regina vedesse ritratto, come in un'immagine viva colui che non poteva guardare sempre nella sua forma originale.

369. In questa maniera, la divina sposa godeva del ntratto del suo amato, mentre ne era lontana come viatrice e pellegrina sulla terra; la visione di questi infiammati, sublimi principi del cielo e le conversazioni con essi accendevano il suo cuore con il fuoco ardente dell'amore divino. Il genere e il modo poi di comunicare con gli angeli, indipendentemente dai sensi, erano gli stessi di quelli che osservavano tra loro: gli angeli superiori di un coro illuminano gli inferiori, come ho già detto altre volte. Sebbene la Regina del cielo fosse in dignità e grazia superiore a tutti, tuttavia nella natura, come dice Davide, l'uomo fu fatto inferiore agli angeli. Pertanto, l'ordine, in cui si comunicano le illuminazioni e si ricevono le influenze divine, segue la natura e non la grazia.

370. Gli altri dodici angeli che, come dissi sopra, sono quelli delle dodici porte, di cui san Giovanni parla nel capitolo ventunesimo dell'Apocalisse, si distinsero nell'amore e nella lode a Dio, poiché erano a conoscenza che egli voleva farsi uomo, essere maestro degli uomini, conversare familiarmente con loro e quindi redimerli e, con i suoi meriti, aprire loro le porte del cielo, assumendo come sua coadiutrice, in questo mirabile mistero, la sua santissima Madre. Questi angeli posero un'attenzione speciale alle meravigliose opere della redenzione ed alle vie che Dio avrebbe insegnato, perché gli uomini s'incamminassero verso la vita eterna; vie simboleggiate dalle dodici porte, che corrispondono alle dodici tribù. La ricompensa di questa singolare devozione fu di destinare, come Dio fece, questi angeli ad essere testimoni e segretari dei misteri della redenzione e cooperatori della stessa Regina del cielo nel pnvilegio e servizio di essere madre di misericordia e mediatrice di salvezza per tutti coloro che fossero ricorsi a lei. Perciò, dissi sopra che la regina Maria si serve particolarmente di questi dodici angeli per proteggere, difendere ed aiutare i suoi devoti nelle loro necessità e bisogni, e soprattutto per liberarli dal peccato, ogni volta che questi si rivolgono a lei ed agli angeli nella supplica ed invocazione.

371. Questi dodici angeli le apparivano in forma corporea, come quelli a cui accennai precedentemente, salvo che portavano numerose corone e palme, come segno dei premi riservati ai suoi devoti. Il loro servizio consisteva nel farle conoscere, in modo singolare, l'ineffabile pietà del Signore verso il genere umano, e nel sollecitarla perché ella lo lodasse e ne chiedesse l'esecuzione per gli uomini. A tale scopo, sua Altezza inviava questi angeli, con tali richieste, al trono dell'eterno Padre, come pure li mandava ad illuminare e soccorrere i devoti che la invocavano o quelli che ella voleva aiutare e proteggere. Ciò avvenne frequentemente al tempo della Chiesa primitiva, quando attraverso il ministero degli angeli aiutò gli Apostoli che si trovavano in mezzo alle tribolazioni ed ai travagli. Tuttora dal cielo questi dodici angeli esercitano il medesimo ufficio, assistendo i devoti della loro e nostra Regina.

372. Gli altri diciotto angeli, che restano a formare il numero di mille, furono quelli che si distinsero per l'amorevole dedizione ai misteri dolorosi del Verbo incarnato; per questo fu molto grande la gloria che ne ebbero in premio. Apparivano a Maria santissima in una forma oltre-modo bella: come ornamento portavano diversi segni della passione di Cristo e di altri misteri della redenzione; in particolare avevano una croce sul cuore e una sul braccio, entrambe di singolare bellezza e rifulgenti di una vivissima luce. La vista di un abito così singolare risvegliò nella Regina una grande ammirazione nonché la memoria, colma di tenerezza e compassione, di ciò che avrebbe dovuto patire il Redentore del mondo; suscitò anche fervorosi atti di riconoscenza e rendimento di grazie per i benefici che gli uomini avrebbero ricevuto attraverso la redenzione e il riscatto dal peccato. La nostra amata Signora si serviva, spesso, di questi angeli e li inviava al suo santissimo Figlio con diversi messaggi e suppliche per il bene e la salvezza delle anime.

373. Nel descrivere le forme ed i segni, ho detto anche qualcosa sulle perfezioni di questi spiriti celesti e sui servizi che prestavano, ma molto limitatamente in confronto a quello che in realtà sono. Si tratta di invisibili raggi della Divinità, velocissimi nei movimenti e nelle operazioni, potentissimi nella forza, perfettissimi nella capacità di intendere, senza cadere nel pericolo dell'inganno, ed immutabili nella natura e nella volontà. Inoltre, quello che apprendono una volta non lo dimenticano più né lo perdono più di vista. Sono pieni di grazia e di gloria e non corrono il rischio di perderie; essendo incorporei ed invisibili, quando l'Altissimo permette agli uomini di vederli, assumono un corpo apparente, percettibile ai sensi e conforme allo scopo. Tutti questi mille angeli della regina Maria erano, nella schiera dei loro cori, superiori e tale rango di superiorità riguardava la grazia e la gloria. Essi provvidero alla custodia della nostra amata Signora, incessantemente e per tutta la vita. Adesso in cielo godono della sua vista e della sua compagnia in modo del tutto speciale e gratuito. Ve ne sono alcuni tra loro che lei invia di preferenza ed ordinariamente; però, tutti e mille in alcune occasioni servono per questo ministero, secondo il volere di Dio.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

374. Figlia mia, voglio condensare la dottrina di questo capitolo in tre ammonizioni. La prima è che ti mostri grata con eterna lode e riconoscenza al beneficio che Dio ti elargì nel donarti gli angeli a che ti assistano, ti ammaestrino e ti indirizzino nelle tue tribolazioni e fatiche. Questo è un beneficio che i mortali ordinariamente dimenticano con biasimevole ingratitudine e grave villania, non considerando quanto siano grandi la misericordia e la benignità divina nell'ordinare a questi santi principi - che sono di una natura superiore, spirituale, e pieni di gloria, dignità e bellezza - di assistere, custodire e difendere le creature terrene, così piene, invece, di miserie e di colpe. Per questo oblio, gli uomini ingrati si privano di molti favori da parte degli stessi angeli e suscitano lo sdegno e la collera del Signore. Tu, perciò, o carissima, riconosci il dono che hai ricevuto e cerca con tutte le tue forze di corrispondervi.

375. La seconda ammonizione è che tu, sempre ed in ogni luogo, porti riverenza ed amore a questi spiriti divini, come se li vedessi con gli occhi del corpo. Sii, dunque, attenta ed accorta, come chi sta alla continua presenza dei cortigiani del cielo e non ardire di fare in presenza loro ciò che in pubblico non faresti; né osa tralasciare di operare per il servizio del Signore ciò che essi fanno o che vogliono da te. Considera bene, anche, che essi contemplano sempre il volto di Dio, quali beati; per cui non è giusto che, se volgono contemporaneamente lo sguardo su di te, vedano qualcosa di indecente. Mostrati dunque grata della loro vigilanza, difesa e protezione.

376. La terza ammonizione è che tu stia attenta alle ispirazioni, chiamate ed ammonizioni con cui ti sollecitano ed illuminano in modo da orientare la tua mente e il tuo cuore a vivere nella memoria ed alla presenza di Dio, e all'esercizio di tutte le virtù. Pondera bene: tu spesso li chiami ed essi ti rispondono; tu li cerchi e li trovi; quanto spesso hai chiesto loro notizie sugli attributi e le qualità del tuo diletto ed essi te li hanno elencati; quante altre volte ti hanno spronato ad amare il tuo sposo, e ripreso dolcemente a causa delle tue trascuratezze e tiepidezze. E quando per le tue tentazioni e la tua debolezza hai perduto l'orientamento della luce, essi ti hanno aspettato, sopportato pazientemente e aperto gli occhi, riconducendoti sul diritto cammino della giustificazione e della testimonianza del Signore. Non dimenticare, dunque, o anima, il tanto che tu, a preferenza di molte nazioni e generazioni, devi a Dio, per i benefici di questi angeli; e sforzati di essere grata al Signore e agli stessi angeli, suoi ministri.


25 maggio 1942

Madre Pierina Micheli

Le notti scorse sono state tutte agitate. Una, passai più ore nel bagno, altre sul terrazzo... fiat! per Gesù e per le anime! Ieri mattina, festa dello Spirito Santo, mentre pregavo mi trovai come assorbita in Dio e nella luce del Santo Volto vidi tante anime specie Sacerdoti, e Gesù mi disse: LA TUA SOFFERENZA HA ILLUMINATO QUE­STE ANIME. Che Gesù sia glorificato, che le anime si salvino, e poi o Gesù, tutto quello che Tu vuoi. Nelle parole rivolteci dal Padre ieri mi colpirono queste: La pietà nell'ubbidienza, l'ubbidienza nella pietà.