Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 24° settimana del tempo ordinario (Santi Andrea Kim Taegon e compagni)
Vangelo secondo Giovanni 4
1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".
43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
Secondo libro di Samuele 18
1Davide passò in rassegna la sua gente e costituì capi di migliaia e capi di centinaia per comandarla.2Divise la gente in tre corpi: un terzo sotto il comando di Ioab, un terzo sotto il comando di Abisài figlio di Zeruià, fratello di Ioab, e un terzo sotto il comando di Ittài di Gat. Poi il re disse al popolo: "Voglio uscire anch'io con voi!".3Ma il popolo rispose: "Tu non devi uscire, perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand'anche perisse la metà di noi, non se ne farebbe alcun caso, ma tu conti per diecimila di noi; è meglio che ti tenga pronto a darci aiuto dalla città".4Il re rispose loro: "Farò quello che vi sembra bene". Il re si fermò al fianco della porta, mentre tutto l'esercito usciva a schiere di cento e di mille uomini.5Il re ordinò a Ioab, ad Abisài e ad Ittài: "Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne!". E tutto il popolo udì quanto il re ordinò a tutti i capi nei riguardi di Assalonne.
6L'esercito uscì in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di Èfraim.7La gente d'Israele fu in quel luogo sconfitta dai servi di Davide; la strage fu grande: in quel giorno caddero ventimila uomini.8La battaglia si estese su tutta la contrada e la foresta divorò in quel giorno molta più gente di quanta non ne avesse divorato la spada.
9Ora Assalonne s'imbatté nei servi di Davide. Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre.10Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: "Ho visto Assalonne appeso a un terebinto".11Ioab rispose all'uomo che gli portava la notizia: "Dunque, l'hai visto? E perché non l'hai tu, sul posto, steso al suolo? Io non avrei mancato di darti dieci sicli d'argento e una cintura".12Ma quell'uomo disse a Ioab: "Quand'anche mi fossero messi in mano mille sicli d'argento, io non stenderei la mano sul figlio del re; perché con i nostri orecchi abbiamo udito l'ordine che il re ha dato a te, ad Abisài e a Ittài: Salvatemi il giovane Assalonne!13Se io avessi commesso di mia testa una perfidia, poiché nulla rimane nascosto al re, tu stesso saresti sorto contro di me".14Allora Ioab disse: "Io non voglio perdere così il tempo con te". Prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto.15Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono.
16Allora Ioab suonò la tromba e il popolo cessò di inseguire Israele, perché Ioab aveva trattenuto il popolo.17Poi presero Assalonne, lo gettarono in una grande fossa nella foresta ed elevarono sopra di lui un enorme mucchio di pietre. Tutto Israele era fuggito ciascuno nella sua tenda.18Ora Assalonne mentre era in vita, si era eretta la stele che è nella Valle del re; perché diceva: "Io non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome"; chiamò quella stele con il suo nome e la si chiamò di Assalonne fino ad oggi.
19Achimaaz figlio di Zadòk disse a Ioab: "Correrò a portare al re la notizia che il Signore gli ha fatto giustizia contro i suoi nemici".20Ioab gli rispose: "Oggi tu non sarai l'uomo della buona notizia, la porterai un altro giorno; non porterai oggi la bella notizia perché il figlio del re è morto".21Poi Ioab disse all'Etiope: "Va' e riferisci al re quello che hai visto". L'Etiope si prostrò a Ioab e corse via.22Achimaaz, figlio di Zadòk, disse di nuovo a Ioab: "Qualunque cosa avvenga, lasciami correre dietro all'Etiope". Ioab gli disse: "Ma perché correre, figlio mio? La buona notizia non ti porterà nulla di buono".23E l'altro: "Qualunque cosa avvenga, voglio correre". Ioab gli disse: "Corri!". Allora Achimaaz prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l'Etiope.24Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo.25La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: "Se è solo, porta una buona notizia". Quegli andava avvicinandosi sempre più.26Poi la sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano: "Ecco un altro uomo correre tutto solo!". E il re: "Anche questo porta una buona notizia".27La sentinella disse: "Il modo di correre del primo mi pare quello di Achimaaz, figlio di Zadòk". E il re disse: "È un uomo dabbene: viene certo per una lieta notizia!".28Achimaaz gridò al re: "Pace!". Prostratosi dinanzi al re con la faccia a terra, disse: "Benedetto sia il Signore tuo Dio che ha messo in tuo potere gli uomini che avevano alzato le mani contro il re mio signore!".29Il re disse: "Il giovane Assalonne sta bene?". Achimaàz rispose: "Quando Ioab mandava il servo del re e me tuo servo, io vidi un gran tumulto, ma non so di che cosa si trattasse".30Il re gli disse: "Mettiti là, da parte". Quegli si mise da parte e aspettò.31Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: "Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te".32Il re disse all'Etiope: "Il giovane Assalonne sta bene?". L'Etiope rispose: "Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!".
Salmi 108
1'Canto. Salmo. Di Davide.'
2Saldo è il mio cuore, Dio,
saldo è il mio cuore:
voglio cantare inni, anima mia.
3Svegliatevi, arpa e cetra,
voglio svegliare l'aurora.
4Ti loderò tra i popoli, Signore,
a te canterò inni tra le genti,
5perché la tua bontà è grande fino ai cieli
e la tua verità fino alle nubi.
6Innàlzati, Dio, sopra i cieli,
su tutta la terra la tua gloria.
7Perché siano liberati i tuoi amici,
8Dio ha parlato nel suo santuario:
"Esulterò, voglio dividere Sichem
e misurare la valle di Succot;
9mio è Gàlaad, mio Manasse,
Èfraim è l'elmo del mio capo,
Giuda il mio scettro.
10Moab è il catino per lavarmi,
sull'Idumea getterò i miei sandali,
sulla Filistea canterò vittoria".
11Chi mi guiderà alla città fortificata,
chi mi condurrà fino all'Idumea?
12Non forse tu, Dio, che ci hai respinti
e più non esci, Dio, con i nostri eserciti?
13Contro il nemico portaci soccorso,
poiché vana è la salvezza dell'uomo.
14Con Dio noi faremo cose grandi
ed egli annienterà chi ci opprime.
Salmi 85
1'Al maestro del coro. Dei figli di Core.' Salmo.
2Signore, sei stato buono con la tua terra,
hai ricondotto i deportati di Giacobbe.
3Hai perdonato l'iniquità del tuo popolo,
hai cancellato tutti i suoi peccati.
4Hai deposto tutto il tuo sdegno
e messo fine alla tua grande ira.
5Rialzaci, Dio nostra salvezza,
e placa il tuo sdegno verso di noi.
6Forse per sempre sarai adirato con noi,
di età in età estenderai il tuo sdegno?
7Non tornerai tu forse a darci vita,
perché in te gioisca il tuo popolo?
8Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
9Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore.
10La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra.
11Misericordia e verità s'incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
12La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.
13Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto.
14Davanti a lui camminerà la giustizia
e sulla via dei suoi passi la salvezza.
Geremia 46
1Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia sulle nazioni.
2Per l'Egitto. Sull'esercito del faraone Necao re d'Egitto, a Càrchemis presso il fiume Eufrate, esercito che Nabucodònosor re di Babilonia vinse nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda.
3Preparate scudo grande e piccolo
e avanzate per la battaglia.
4Attaccate i cavalli,
montate, o cavalieri.
Schieratevi con gli elmi,
lucidate le lance,
indossate le corazze!
5Che vedo?
Sono sbigottito,
retrocedono!
I loro prodi
sono sconfitti,
fuggono a precipizio
senza voltarsi;
il terrore è tutt'intorno.
Parola del Signore.
6Il più agile non scamperà
né il più prode si salverà.
A settentrione, sulla riva dell'Eufrate,
inciampano e cadono.
7Chi è che trabocca come il Nilo,
come un torrente dalle acque turbolente?
8È l'Egitto che trabocca come il Nilo,
come un torrente dalle acque turbolente.
Esso dice: "Salirò, ricoprirò la terra,
distruggerò la città e i suoi abitanti".
9Caricate, cavalli,
avanzate, carri!
Avanti o prodi!
uomini di Etiopia e di Put,
voi che impugnate lo scudo,
e voi di Lud che tendete l'arco.
10Ma quel giorno per il Signore Dio degli eserciti,
è un giorno di vendetta, per vendicarsi dei suoi nemici.
La sua spada divorerà,
si sazierà e si inebrierà del loro sangue;
poiché sarà un sacrificio per il Signore, Dio degli eserciti,
nella terra del settentrione, presso il fiume Eufrate.
11Sali in Gàlaad e prendi il balsamo,
vergine, figlia d'Egitto.
Invano moltiplichi i rimedi,
non c'è guarigione per te.
12Le nazioni hanno saputo del tuo disonore;
del tuo grido di dolore è piena la terra,
poiché il prode inciampa nel prode,
tutti e due cadono insieme.
13Parola che il Signore comunicò al profeta Geremia quando Nabucodònosor re di Babilonia giunse per colpire il paese d'Egitto.
14Annunziatelo in Egitto,
fatelo sapere a Migdòl,
fatelo udire a Menfi e a Tafni;
dite: "Alzati e preparati,
perché la spada divora tutto intorno a te".
15Perché mai Api è fuggito?
Il tuo toro sacro non resiste?
Il Signore lo ha rovesciato.
16Una gran folla vacilla e stramazza,
ognuno dice al vicino:
"Su, torniamo al nostro popolo,
al paese dove siamo nati,
lontano dalla spada micidiale!".
17Chiamate pure il faraone re d'Egitto:
Frastuono, che lascia passare il momento buono.
18Per la mia vita - dice il re
il cui nome è Signore degli eserciti -
uno verrà, simile al Tabor fra le montagne,
come il Carmelo presso il mare.
19Prepàrati il bagaglio per l'esilio,
o gente che abiti l'Egitto,
perché Menfi sarà ridotta a un deserto,
sarà devastata, senza abitanti.
20Giovenca bellissima è l'Egitto,
ma un tafano viene su di lei dal settentrione.
21Anche i suoi mercenari nel paese
sono come vitelli da ingrasso.
Anch'essi infatti han voltate le spalle,
fuggono insieme, non resistono,
poiché il giorno della sventura è giunto su di loro,
il tempo del loro castigo.
22La sua voce è come di serpente che sibila,
poiché essi avanzano con un esercito
e armati di scure vengono contro di lei,
come tagliaboschi.
23Abbattono la sua selva - dice il Signore -
e non si possono contare,
essi sono più delle locuste, sono senza numero.
24Prova vergogna la figlia d'Egitto,
è data in mano a un popolo del settentrione.
25Il Signore degli eserciti, Dio di Israele, dice: "Ecco, punirò Amòn di Tebe, l'Egitto, i suoi dèi e i suoi re, il faraone e coloro che confidano in lui.26Li consegnerò in potere di coloro che attentano alla loro vita, in potere di Nabucodònosor re di Babilonia e in potere dei suoi ministri. Ma dopo esso sarà abitato come in passato". Parola del Signore.
27"Ma tu non temere, Giacobbe mio servo,
non abbatterti, Israele;
poiché ecco, io ti libererò da un paese lontano
e la tua discendenza dal paese del suo esilio.
Giacobbe ritornerà e godrà in pace,
tranquillo e nessuno lo molesterà.
28Tu non temere, Giacobbe mio servo,
- dice il Signore - perché io sono con te.
Annienterò tutte le nazioni
tra le quali ti ho disperso,
ma di te non farò sterminio;
ti castigherò secondo equità,
ma non ti lascerò del tutto impunito".
Seconda lettera ai Corinzi 10
1Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io davanti a voi così meschino, ma di lontano così animoso con voi;2vi supplico di far in modo che non avvenga che io debba mostrare, quando sarò tra voi, quell'energia che ritengo di dover adoperare contro alcuni che pensano che noi camminiamo secondo la carne.3In realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali,4ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze,5distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all'obbedienza al Cristo.6Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta.
7Guardate le cose bene in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che se lui è di Cristo lo siamo anche noi.8In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò proprio da vergognarmene.9Non sembri che io vi voglia spaventare con le lettere!10Perché "le lettere - si dice - sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa".11Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza.
12Certo noi non abbiamo l'audacia di uguagliarci o paragonarci ad alcuni di quelli che si raccomandano da sé; ma mentre si misurano su di sé e si paragonano con se stessi, mancano di intelligenza.13Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la norma della misura che Dio ci ha assegnato, sì da poter arrivare fino a voi;14né ci innalziamo in maniera indebita, come se non fossimo arrivati fino a voi, perché fino a voi siamo giunti col vangelo di Cristo.15né ci vantiamo indebitamente di fatiche altrui, ma abbiamo la speranza, col crescere della vostra fede, di crescere ancora nella vostra considerazione, secondo la nostra misura,16per evangelizzare le regioni più lontane della vostra, senza vantarci alla maniera degli altri delle cose già fatte da altri.
17Pertanto 'chi si vanta, si vanti nel Signore';18perché non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda.
Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.
2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.
3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).
La contemplazione e la Preghiera
Gregorio del Sinai - Gregorio il sinaita
Leggilo nella Biblioteca
La contemplazione e la Preghiera
1. Dovremmo parlare come il Grande Dottore, S. Paolo, senza aver bisogno delle Scritture o degli insegnamenti degli altri Padri, o illustre Longino, coscienti di essere direttamente "istruiti da Dio", in maniera da apprendere e conoscere le cose importanti in Lui e tramite Lui. Infatti, fummo chiamati a custodire le Tavole della Legge dello Spirito incise nei nostri cuori, a conversare con Gesù mediante la preghiera pura, senza intermediari come fossimo dei Cherubini.
2. Comincerò col dire con l'aiuto di Dio che dà la parola a chi annunzia questi beni, come si può trovare Cristo ricevuto nel battesimo dello Spirito (non sapete che lo Spirito abita nel vostro cuore?); quindi come si può andare avanti; infine i modi di custodire quanto è stato trovato.
I principianti hanno come punto di partenza l'azione; quelli che sono lungo il sentiero raggiungono l'illuminazione; chi è arrivato al termine trova la purificazione e la resurrezione dell'anima.
3. Due sono i modi per trovare l'energia dello Spirito che sacramentalmente ci fu data nel Battesimo:
a - la pratica, a prezzo di sforzi prolungati, dei comandamenti: permette la rivelazione di questo dono. San Marco ci dice: "nella misura in cui pratichiamo i comandamenti esso fa risplendere in noi la sua luce".
b - mediante la sottomissione, raggiunta con l'invocazione metodica e costante del Signore Gesù, cioè con la memoria di Dio. Più lungo è il cammino del primo modo, più rapido quello del secondo, purchè si sia appreso a scavare la terra con vigore e perseveranza per scoprire l'oro. Volendo scoprire e conoscere senza errori la verità, cerchiamo di raggiungere l'energia del cuore ponendoci oltre le forme e le figure, liberiamo l'immaginazione da qualsiasi forma o impressione di cose chiamate sante, nè soffermiamoci a contemplare alcuna luce. Cerchiamo di tenere attiva nel cuore l'energia della preghiera che dà tepore e gioia alla mente, e che accende nell'anima un amore indicibile verso Dio e verso gli uomini. Non piccola umiltà e contrizione nascerà dalla preghiera; essendo la preghiera, anche sui principianti, l'instancabile azione dello Spirito che comincia nel cuore come fuoco gioioso e termina in una luce che diffonde un odore soave.
4. I contrassegni di questo inizio per quelli che veramente si impegnano possono essere: una luce d'aurora; una gioia unita a trepidazione; oppure la pura gioia, o la gioia mista di timore, o timore intessuto di gioia; e anche lacrime e angoscia. L'anima gioisce della presenza e della misericordia di Dio, trema pensando alla visitazione divina e ai suoi innumerevoli peccati. In altri l'incontro produce una indicibile contrizione e un inesprimibile travaglio dell'anima, quasi i dolori della partoriente di cui parla la Scrittura. La parola viva e attiva di Dio, che è Gesù Cristo, arriva fino a dividere l'anima dal corpo, le giunture dal midollo, per eliminare dall'anima e dal corpo quanto ancora racchiudono di passionalità. Altri invece, sperimentano una sorta di amore e di pace indicibili verso tutti gli esseri; altri, invece, sentono un'esultanza ed un tripudio, chiamato dai Padri: movimento del cuore vivente, energia dello spirito. Fenomeno questo chiamato anche impulso e inesprimibile sospiro dello Spirito che per noi intercede davanti a Dio. Isaia lo nomina "onda della giustizia di Dio"; e il grande Efrem lo chiama "ferita"; il Signore: Sorgente di acqua che sgorga per la vita eterna, l'acqua è lo spirito che sgorga e gorgoglia potente nel cuore.
Gli inizi della grazia nella preghiera si manifestano differentemente, secondo l'Apostolo, lo Spirito divide i suoi doni conformemente al suo volere. Elia Tesbite ce ne offre l'esempio. In alcuni lo spirito del timore passa spaccando le montagne, sbriciolando le rocce, i cuori induriti, in maniera tale che al carne sembra trafitta da chiodi e lasciata morta. In altri, si produce un movimento, un'esultanza, chiamata dai Padri un balzo, immateriale ma sostanziale nell'intimo: sostanziale perchè ciò che non ha essenza o sostanza non può esistere. In altri, principalmente in coloro che sono avanti nella preghiera, Dio produce una luminosa brezza, leggera e piacevole, mentre Cristo prende dimora nel cuore e misteriosamente appare nello Spirito. Per questo sul monte Horeb Dio disse ad Elia: Il Signore non è nel primo o nel secondo stato, nelle azioni personali dei principianti, ma nell'aura lieve della luce, indicando la perfetta preghiera.
5. Bisogna tener presente che l'esultanza e il tripudio possono essere di due specie, una tranquilla ed è la pulsione, il gemito, l'intima azione dello Spirito; ed una intensa, il trasalimento, lo slancio, il volo possente del cuore vivo nel cielo divino. L'anima liberata dalle passioni riceve dallo Spirito divino le ali che la portano all'amore.
8. Nel cuore di ogni principiante operano due distinte energie: una che proviene dalla grazia, l'altra che discende dall'errore. Marco il grande eremita così ne parla: "Esiste un'energia spirituale ed un'energia satanica sconosciuta dai principianti". Ed inoltre: triplice è la fiamma che brucia nelle energie dell'uomo, una è accesa dalla grazia, la seconda è portata dall'errore e dal peccato, la terza proviene dalla sovrabbondanza del sangue. Talassio l'Africano chiama quest'ultima: temperamento, e questo può essere domato e pacificato con un'equilibrata astinenza.
9. L'energia della grazia è una forza ardente dello Spirito che si muove con gioia e diletto nel cuore; consolida, riscalda e purifica l'anima, acquieta i pensieri agitati, e per un po' estingue le pulsioni della carne. Questi sono i segni della sua presenza e i frutti che ne rivelano la verità: le lacrime, il cordoglio delle colpe, l'umiltà, il dominio delle forze fisiche, il silenzio, la pazienza, l'amore per la solitudine, tutto questo riempie l'anima di un senso di indubbia pienezza.
10. L'attività del peccato è la febbre del peccato che accende l'anima di voluttà, e aderendo vigorosamente alle bramosie carnali risveglia i movimenti del corpo. San Diadoco ci dice che essa è del tutto volgare e disordinata. Essa reca con sè la gioia irragionevole, la vanità, il turbamento, il basso piacere e com'è giusto dire, essendo priva di sostanza, agisce di preferenza in quei temperamenti che si dilettano nella tiepidezza. Procurando materia infiammata, collabora con le passioni e con l'insaziabile ventre. Ove entra in rapporto con la complessione carnale infiammandola, mette in agitazione l'anima e la surriscalda invitandola a sè, affinchè l'uomo, abituandosi ai piaceri della passione, lentamente si allontani dalla grazia.
12 - Si parla della persecuzione che scoppiò contro la Chiesa dopo la morte di santo Stefano.
La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca202. L 'evangelista Luca riferisce che, nel giorno della lapidazione di Stefano, si sollevò una violenta persecuzione contro la comunità ecclesiale che era in Gerusalemme. In particolare, Saulo la devastava, andando per l'intera città in cerca dei suoi membri per prenderli e denunciarli ai magistrati; così fece con molti di essi, che furono catturati, malmenati e addirittura massacrati. I sacerdoti avevano concepito un odio terribile ed egli superava tutti nel sostenere con accanimento la legge di Mosè, come confessa nella lettera ai Galati; tuttavia, la loro indignazione aveva un'altra ragione, che essi stessi ignoravano, pur sentendone gli effetti.
203. Era motivata dalla sollecitudine di Lucifero, che per una simile testimonianza pubblica si alterò e infuriò insieme ai suoi demoni contro i devoti, e assai di più contro la Regina. L'Altissimo , per confonderlo maggiormente, permise che la vedesse trasportata dagli angeli alla presenza del santo. Per questo beneficio straordinario, come anche per la costanza e la sapienza di costui, il drago infernale sospettò che ella avrebbe fatto lo stesso per quanti ancora si sarebbero offerti di versare il sangue per il nome di Gesù, o almeno li avrebbe aiutati ed assistiti con la sua protezione affinché non avessero paura dei patimenti e della morte, ma si abbandonassero ad essa con cuore invitto. La sua perfida astuzia aveva architettato proprio questo mezzo delle torture e delle sofferenze per abbatterli e farli recedere dalla sequela del Salvatore; infatti, aveva pensato che gli uomini, amando tanto la loro esistenza e temendo i dolori, soprattutto se molto intensi, per tenerli lontani avrebbero preferito rinnegare la fede ed evitare di abbracciarla. Il serpente continuò sempre a servirsi di tale espediente, anche se fu deluso in esso dalla sua malizia, come gli era accaduto con sua Maestà.
204. In questo frangente, però, dato che la Chiesa era agli inizi ed egli era enormemente irritato per avere istigato i giudei contro il protomartire, rimase sconcertato. Dopo averlo osservato perire tanto nobilmente, radunò i suoi e si rivolse loro dicendo: «Il sacrificio di questo giovane e i favori che gli sono stati elargiti dalla nostra avversaria mi hanno sconvolto. Se ella farà ugualmente con gli altri, non potremo più far cadere nessuno con i supplizi; anzi, con l'esempio si inciteranno a vicenda a patire come il loro Maestro. Saremo sconfitti per la stessa via attraverso la quale tentiamo di distruggerli, poiché, per nostra disgrazia, il trionfo più grande che possono ottenere contro di noi è farsi ammazzare per il credo che bramiamo di estinguere. Per questa strada ci perdiamo, ma non riesco ad immaginare come altrimenti opprimere questo Dio incarnato, sua Madre e i suoi seguaci. È verosimile che delle persone siano così prodighe della vita da loro profondamente desiderata e che, pur aborrendo le pene, si consegnino ad esse per conformarsi a colui che è il loro modello? Comunque, non retrocederà il mio giusto sdegno: farò in modo che altri si facciano uccidere per i miei inganni, come essi per il loro Redentore. Inoltre, non tutti meriteranno la difesa di quella nemica invincibile, né tutti saranno tanto audaci da voler sopportare i tormenti inumani che escogiterò. Muoviamoci e irretiamo i nostri amici, affinché sopprimano questa gente e cancellino dalla terra il nome del Signore».
205. Pose senza indugio in esecuzione il suo perverso disegno e con una innumerevole moltitudine di suoi ministri si recò dai capi, dai giudici e da coloro che sapeva più increduli. Li riempì di turbamento e di furibonda invidia, e con suggestioni e illusioni li infiammò di falso zelo per le antiche tradizioni dei loro padri. Non gli fu difficile seminare zizzania in quegli animi malvagi e guastati dai peccati, per cui essi gli lasciarono spazio con tutta la loro volontà e in varie riunioni stabilirono di farla finita con i cristiani. C'era chi consigliava di esiliarli da Gerusalemme, chi da tutto il regno di Israele, chi ancora di sterminarli, chi infine di punirli con rigore, per incutere spavento e dissuadere dall'unirsi ad essi, e di confiscare immediatamente i loro beni, prima che potessero metterli in comune. Come afferma san Luca, tale repressione fu tanto dura che i settantadue discepoli fuggirono disperdendosi per la Giudea e la Samarìa , anche se andarono evangelizzando il paese con coraggio. Entro le mura restò il collegio apostolico con Maria e diversi altri, sebbene questi ultimi fossero sbalorditi e intimoriti e provassero a nascondersi alle accurate ricerche di Saulo.
206. La beatissima Vergine, sempre presente e accorta, nel giorno della lapidazione dispose che il corpo di Stefano fosse sepolto e chiese la croce che egli teneva con sé, come i fedeli erano soliti fare ad imitazione di lei, che dopo la discesa dello Spirito aveva cominciato a portarne una. Ella la ricevette con speciale venerazione, sia per essa stessa sia poiché era appartenuta a lui. Lo chiamò con il titolo di santo e ordinò che, per quanto possibile, il suo sangue fosse raccolto e conservato con stima e riverenza, come sparso da un martire già glorioso. Lodò la sua virtù e perseveranza davanti ai Dodici e a molti altri, per consolarli e spronarli con la sua testimonianza in quella tribolazione.
207. Perché si possa intendere almeno in parte la magnanimità che ella manifestò in questa persecuzione e in quelle che si scatenarono successivamente, si deve riassumere ciò che l'Altissimo le comunicò, facendola partecipare dei suoi attributi in misura straordinaria ed ineffabile, come era necessario affinché il cuore del suo uomo potesse riposare completamente in tale donna forte ed affidare a lei tutte le opere "ad extra" dell'onnipotenza del suo braccio. La Signora , nel suo modo di agire, senza dubbio sorpassava ogni creatura ed era simile all'Eterno, del quale sembrava un'immagine unica. Nessun atto o pensiero dei mortali le era celato, capiva tutti gli intenti e le macchinazioni dei demoni e non ignorava niente di quanto era conveniente. Pur comprendendo tutto questo nella sua mente, non si agitava nel disporre tante cose, né trovava intralcio nelle une a causa delle altre, né si confondeva o affannava, né si stancava per le difficoltà, né era oppressa dalla quantità di oneri, né si dimenticava degli assenti per sovvenire ai vicini, né vi erano mancanze nella sua prudenza. Pareva immensa e priva di limiti, attenta a tutto e ad ogni particolare come se fosse stato il solo di cui avesse premura. Nella stessa maniera in cui il sole illumina, vivifica e riscalda tutto senza sforzo, stanchezza o negligenza, ella guidava i credenti e infondeva in ciascuno di loro vita e vigore.
208. Al vedere la comunità ecclesiale così scossa, sconvolta e afflitta per gli attacchi dei diavoli e delle persone da loro incitate, si mosse prontamente contro gli autori dell'iniquità ed impose loro di precipitare negli abissi, dove essi caddero subito senza poter opporre resistenza, emettendo urla terrificanti. Stettero legati e imprigionati per otto giorni interi, finché ebbero nuovamente licenza di rialzarsi. Quindi, la Principessa convocò gli apostoli, li confortò e li esortò ad essere costanti e ad aspettare il favore divino, e grazie a ciò nessuno di loro uscì dalla città. I discepoli, invece, se ne andarono, perché dato il loro numero non avrebbero potuto nascondersi come era opportuno; prima di farlo, presero congedo da lei, per partire con la sua benedizione. Ella li ammonì e animò, ed ingiunse loro di non indebolirsi per la paura e di non cessare di predicare Cristo crocifisso. Lo fecero in effetti e li soccorse nelle angustie tramite gli angeli che inviava a tale scopo a coloro che ne avevano bisogno, come accadde a Filippo sulla via verso Gaza, quando battezzò 1'Etìope, funzionario della regina Candàce. Li mandava anche ad aiutare quanti erano in pericolo di morte e aveva cura di sollevare nel purgatorio le anime che vi giungevano.
209. Le preoccupazioni e le fatiche dei Dodici furono maggiori di quelle degli altri, perché, come maestri e fondatori della Chiesa, dovevano assisterla dentro e fuori Gerusalemme. Sebbene fossero pieni di scienza e di doni dello Spirito, l'impresa era tanto ardua e l'opposizione tanto dura che sovente, senza il consiglio e la direzione della loro unica Maestra, si sarebbero arrestati e abbattuti. Perciò la consultavano frequentemente ed ella li radunava per discutere di quello che era più importante, secondo le circostanze, in quanto ella soltanto penetrava il presente e prevedeva con certezza il futuro. Per suo comando si allontanavano e si spingevano dove occorreva, come fecero san Pietro e san Giovanni allorché si recarono in Samarla dopo aver appreso che là era stata accolta la parola di Dio. Fra tutte queste attività e fra gli affanni dei fedeli, che amava e custodiva come figli, Maria rimaneva imperturbabile nella sua quiete e tranquillità, con assoluta serenità interiore.
210. Regolava i suoi impegni in modo che le restasse la possibilità di ritirarsi spesso in disparte e, anche se non veniva impedita nell'orazione dai vari doveri, nella solitudine pregava molto in segreto: si stendeva a terra, stringeva la polvere, sospirava e piangeva per la salvezza di tutti e per la caduta di coloro che le erano noti come reprobi. Nel suo cuore purissimo teneva scritta la dottrina evangelica e delineata l'immagine della Chiesa, con i progressi e le tribolazioni che l'attendevano; ne parlava con l'Altissimo e meditava per orientare tutto con la luce e la cognizione della sua volontà. Si rinnovava dunque in lei la partecipazione della sua natura e dei suoi attributi, di cui aveva necessità per compiere atti sublimi come quelli riguardanti il governo dei devoti, senza trascurarne alcuno, con tanta ponderazione e santità che pareva più che una semplice creatura, mentre non era che tale. Era eccelsa nei pensieri, inestimabile nella sapienza, estremamente prudente nel dar suggerimenti, rettissima e avveduta nei giudizi, eccezionale nelle opere, veritiera e candida nelle affermazioni, ineccepibile in ogni bontà. Era compassionevole verso i deboli, affettuosa e dolce verso gli umili, e al contrario severa con i superbi. La sua eminenza non la elevava, le avversità non la inquietavano, le pene non la vincevano; in tutto era un ritratto di sua Maestà.
211. Ella considerò che quanti erano dispersi ad annunciare la lieta novella non avevano con sé norme espresse e definite per farlo in maniera uniforme e senza contraddizioni, così che i convertiti avessero la stessa fede. Intese, poi, che era conveniente che gli apostoli si dividessero presto per proclamarla in tutto il mondo e che fossero concordi negli insegnamenti sui quali andava edificata la vita cristiana. Per queste ragioni, ritenne opportuno raccogliere in un breve compendio i misteri divini affinché, riassunti in pochi punti, fossero accessibili a tutti, unissero l'intera comunità ecclesiale senza differenze essenziali e servissero come colonne immutabili sulle quali questa potesse ergersi.
212. Per ordinare tale cosa, di cui conosceva il valore, presentò le sue aspirazioni all'Eterno, che le suscitava in lei. Per più di quaranta giorni perseverò nelle invocazioni con digiuni, prostrazioni ed altri esercizi. Mosè, come mediatore fra il Signore e il popolo, si era astenuto dal cibo e aveva fatto suppliche sul monte Sinai per la medesima estensione di tempo, perché fossero consegnate le tavole dell'alleanza, e per la legge di grazia Gesù era autore e mediatore fra il Padre e gli uomini; così, anche la Regina fu mediatrice fra questi e il suo Unigenito, perché i credenti ricevessero i nuovi decreti impressi nei cuori, sintetizzati in articoli che non sarebbero cambiati né venuti meno, essendo asserzioni celesti e indefettibili. In uno di quei giorni disse: «Sommo sovrano, artefice dell'universo, per la vostra ineffabile clemenza avete dato magnificamente principio alla Chiesa. Non si addice a voi lasciare imperfette le opere della vostra mano onnipotente; portate, dunque, alla perfezione quanto avete cominciato in modo tanto stupendo. Non vi arrestino i peccati dei mortali, mentre sopra la loro malizia grida il sangue del vostro e mio diletto: esso chiede vendetta, come quello di Abele, ma per implorare il perdono per gli stessi che lo sparsero. Volgetevi verso i nuovi figli che vi sono stati generati e verso quelli che seguiranno nei secoli futuri, ed effondete il vostro Spirito su Pietro e sui suoi compagni, affinché dispongano felicemente e in maniera adeguata i dogmi sui quali bisogna poggiarsi e che tutti devono confessare senza discordanze».
213. Per risponderle, il Redentore discese personalmente dall'empireo e, manifestandosi a lei nello splendore, dichiarò: «Mia colomba, abbiate pace nelle vostre ansietà e saziate con la mia vicinanza l'ardente sete della mia esaltazione e dello sviluppo della mia Chiesa. Io sono colui che posso e voglio elargirle quello che bramate. Siete voi che potete vincolarmi a questo, non vi negherò niente». Quindi, fece alzare la Principessa , che giaceva al suolo in adorazione della sua divinità e umanità, e la colmò di straordinario gaudio, concedendole la sua benedizione e con essa ulteriori doni della sua destra. Ella per un po' si rallegrò di mirabili colloqui con lui, placando i suoi affanni e le sue preoccupazioni, poiché le furono garantiti grandi benefici per i devoti.
214. In questa occasione, non ebbe solo l'assicurazione che sarebbe stata data assistenza ai Dodici perché riuscissero a scrivere il simbolo della fede, ma le furono rivelati anche i termini e le proposizioni che dovevano comporlo. Come si è spiegato era già istruita completamente, eppure, ora che quanto da anni aveva capito andava eseguito, l'Altissimo desiderò rinnovarlo nel suo purissimo intimo, affinché dalla bocca del Salvatore stesso uscissero le verità infallibili sulle quali si basa il cristianesimo. Fu, inoltre, bene preparare ancora una volta la sua modestia, perché con essa si conformasse alla volontà superna nel trovarsi nominata nel "Credo" come Madre di Dio e come vergine prima e dopo il parto, vivendo nella carne peritura tra coloro che avrebbero predicato e professato ciò. Non ci furono da temere inconvenienti se avesse udito annunciare di se stessa una così singolare eccellenza colei che aveva ottenuto che il Creatore guardasse appunto la sua umiltà per compiere in lei la maggiore delle sue meraviglie; e ha più peso sapere di essere madre e vergine che sentirlo affermare da altri.
215. Sua Maestà si separò da lei e tornò presso il trono regale, da dove subito ispirò al suo vicario e agli altri apostoli di stendere il simbolo. Essi si recarono immediatamente dalla loro Maestra per discutere della necessità di prendere questa risoluzione e fu stabilito che digiunassero per dieci giorni senza interruzione perseverando nella preghiera, come esigeva un compito tanto arduo, per essere rischiarati in proposito. Terminati quei giorni, e i quaranta da quando ella aveva iniziato a parlarne con il Signore, si radunarono alla presenza di lei, e Pietro pronunciò questo discorso:
216. «Fratelli miei carissimi, la misericordia dell'Eterno, per la sua infinita bontà e per i meriti di Gesù, ha favorito la nostra comunità moltiplicando i suoi membri così considerevolmente come presto abbiamo conosciuto e sperimentato. Perciò, ha fatto eccezionali prodigi e li ripete incessantemente tramite noi, da lui eletti, benché indegni, ad essere ministri del suo volere, per la sua gloria e il suo onore. Con tali grazie ci ha inviato tribolazioni e persecuzioni del demonio e del mondo, perché lo imitiamo come nostro capo e perché la nave della Chiesa con questa zavorra si inoltri più sicura verso il porto del riposo e della gioia perenne. I discepoli si sono dispersi per le città della regione a causa dell'odio dei sacerdoti e diffondono dappertutto la lieta notizia del Messia. Dovremo andare senza indugio a portarla a tutti i popoli, come egli ci ha comandato prima della sua ascensione. Ora, affinché tutti annunciamo una stessa dottrina, dal momento che la fede deve essere una come uno è il battesimo nel quale la si riceve, è opportuno che, raccolti in lui, fissiamo le definizioni da proporre esplicitamente così che siano confessate in ogni nazione. Ci ha promesso che, dove due o tre saranno riuniti nel suo nome, egli sarà in mezzo a loro; su questa parola speriamo con fermezza che adesso il suo Spirito ci soccorra perché intendiamo e decretiamo immutabilmente gli articoli sui quali la Chiesa deve fondarsi fino alla fine dei tempi».
217. Tutti si dissero d'accordo con lui, che celebrò l'eucaristia e comunicò loro e la Signora ; quindi, si prostrarono insieme a lei in orazione, invocando il Paràclito. Dopo un po', risuonò un tuono simile a quello di Pentecoste, il cenacolo si riempì di splendore e furono illuminati e colmi di Spirito Santo. Allora, la Regina chiese che ognuno di loro dichiarasse un mistero o ciò che gli era suggerito. Cominciò san Pietro e gli altri continuarono nella seguente maniera:
SAN PIETRO Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra.
SANT'ANDREA E in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore.
SAN GIACOMO IL MAGGIORE Il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine.
SAN GIOVANNI Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto.
SAN TOMMASO Discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte.
SAN GIACOMO IL MINORE Salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente. SAN FILIPPO Di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
SAN BARTOLOMEO Credo nello Spirito Santo.
SAN MATTEO La santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi.
SAN SIMONE La remissione dei peccati.
SAN TADDEO La risurrezione della carne.
SAN MATTIA La vita eterna. Amen.
218. Questo simbolo, che generalmente chiamiamo "Credo", fu composto dopo il martirio di Stefano, prima che si compisse un anno dall'uccisione del nostro Redentore. Successivamente, nei concili convocati contro Ario ed altri eretici, furono spiegati più dettagliatamente gli arcani in esso contenuti e fu formulato quello che cantiamo nella Messa. In sostanza, però, l'uno e l'altro affermano lo stesso e racchiudono i quattordici articoli che ci sono prospettati per catechizzarci nella fede, con la quale siamo tenuti a crederli per essere salvi. Allorché i Dodici terminarono di enunciarlo, si udì una voce con cui lo Spirito Santo lo approvò: «Avete stabilito saggiamente». Subito, l'eccelsa sovrana dell'universo rese grazie con loro all'Altissimo e a loro per aver meritato tale assistenza per parlare come strumenti superni, con un esito tanto felice ad esaltazione di sua Maestà e a favore dei cristiani. Per maggior conferma ed esempio di questi ultimi, la prudentissima Madre si pose ai piedi di Pietro e, a nome suo e di tutti, professò la dottrina cattolica come è espressa nel simbolo, rivolgendoglisi così: «Vi riconosco come vicario del mio Unigenito e nelle vostre mani io, vile vermiciattolo, a nome mio e di tutti i devoti confesso quanto avete determinato come verità infallibile, benedicendo colui dal quale ciò procede». Quindi, baciò la mano a lui e agli altri apostoli, dopo aver proclamato per prima il "Credo" appena definito. Insegnamento della Regina del cielo.
219. Carissima, per tua ulteriore istruzione e consolazione, voglio manifestarti ancora dei segreti su quello che hai raccontato in questo capitolo. Da allora io presi a recitare molte volte al giorno il simbolo, prostrandomi e con immensa riverenza. Quando arrivavo a dire "nacque da Maria Vergine", mi stendevo al suolo con ineffabile umiltà, gratitudine e lode di Dio, tenendo presenti tutti gli uomini al fine di supplire alla mancanza di riguardo con cui avrebbero fatto uso di frasi tanto venerabili. Per mia intercessione, la Chiesa è stata illuminata affinché ripeta spesso nell'ufficio divino il "Credo", l'Ave Maria" e il "Padre nostro", gli ordini religiosi abbiano la consuetudine di chinarsi nel pregarli e tutti durante la celebrazione eucaristica si inginocchino alle parole "si è incarnato..."; in questo modo, sarà in parte soddisfatto il debito contratto per la rivelazione di misteri così degni di onore e di ringraziamento.
220. In altri momenti, i miei angeli rallegravano il mio spirito nel Signore intonando per me con sublime armonia e dolcezza il "Credo" oppure l'Ave Maria" sino a "benedetto il frutto del tuo seno, Gesù". Nel pronunciare questo santissimo nome o il mio facevano un inchino profondissimo, infiammandomi nuovamente di sentimenti di amore e abbassamento, ed io stringevo la polvere intuendo la grandezza dell'Onnipotente a paragone della mia pochezza. Figlia mia, tieni a mente l'avvertimento che ti ho dato circa la pietà richiesta per le summenzionate orazioni e non incorrere nella comune sconsideratezza. Non deve diminuire l'ossequio per esse a motivo della frequenza con la quale si proferiscono; una simile insolenza deriva dal farlo solo con le labbra, senza riflettere sul loro significato. Quanto a te, desidero che siano oggetto di incessante meditazione: l'Eterno ti ha donato un tenero affetto per la dottrina cattolica e a lui, come anche a me, piace che tu la porti con te e la legga sovente, come sei solita fare. Da oggi te lo impongo, e consiglialo anche alle tue suddite, poiché questo è un gioiello che adorna le spose di Cristo e ogni fedele lo dovrebbe indossare.
221. Ti sia di ammonimento pure la premura che io ebbi affinché si scrivesse il simbolo, appena ciò fu utile. È una freddezza davvero riprensibile sapere che cosa è a gloria e servizio del Creatore, nonché a beneficio della propria coscienza, e non metterlo subito in atto, o almeno non fare ogni sforzo per conseguirlo. Questa confusione sarà ancora peggiore perché i mortali, quando sono sprovvisti di qualche bene temporale, non tollerano ritardi nel procurarselo, ma immediatamente supplicano che sia concesso loro in abbondanza, come accade se sono privi di salute, dei prodotti della terra o anche di cose meno necessarie, o superflue e pericolose; nel contempo, però, benché sia loro noto il beneplacito celeste, fanno finta di niente o rinviano con disprezzo e noncuranza. Valuta tale disordine per non commetterlo: come io fui tanto sollecita in quello che era conveniente, anche tu fai in maniera di essere puntuale in quanto intenderai essere volontà dell'Altissimo, sia a vantaggio della tua anima sia a vantaggio delle altre, a mia imitazione.
RINNOVERÓ IL MONDO E LA MIA CHIESA PC- 13. 4
Catalina Rivas
Oh, figlia amatissima, il Mio Cuore è schiacciato e saturo di obbrobri. Che cosa dovrei fare ancora che non abbia già fatto, per salvarvi? Se in qualcosa ho mancato, riguardo voi, desidererei saperlo. Io ho dato Me stesso e continuo a darmi in sacrificio perpetuo, ma questo sembra che non basti. Potrei richiamare l’attenzione dell’uomo con il castigo... Ma no, Io sono Dio-Amore. Dio che salva colui che è perduto. La vittoria sarà Mia. Confonderò il male con il bene, la perfidia con la bontà e il perdono. Dimenticherò tutto per ricominciare tutto di nuovo. Rinnoverò il mondo. Ma prima di rinnovare il mondo, rinnoverò la Chiesa, i Miei Ministri... Le Mie anime consacrate... Le Mie Spose ...
Darò alla Chiesa un volto nuovo, fresco, giovane. Essa rivestirà la sua veste di nozze, l’adornerò con pietre preziose e si presenterà bella e ringiovanita nel cammino dei secoli. I Miei Ministri la seguiranno, ornamento indiscutibile di Verità di Fede; e le Mie vere Spose, caste e modeste. La nuova Gerusalemme canterà l’inno della liberazione, come ai tempi dell’Antico Testamento. Canterà l’Exsultet. Ma, figlia Mia, tutto questo è desiderabile quanto rischioso, poiché Io ho creato l’uomo libero e per rinnovare il mondo, ho bisogno della cooperazione dei buoni. Un poco più di fede basterà per accendere nel cuore dell’uomo l’amore che può tutto. Io non aspetterò di ricompensarvi nel cielo per questo vostro sforzo. Ve ne darò qui la ricompensa, pur se per breve tempo.
È questo un tempo in cui la carità nel mondo si è raffreddata. È anche il tempo del rinnovamento. Così come dopo il tempestoso inverno, appare la dolce e soave primavera che risveglia la natura addormentata, nello stesso modo la creazione tutta intera si risveglierà al nuovo soffio di vita che la farà uscire dalla letargia di un mondo vecchio. Allora apparirà una umanità nuova e una nuova Chiesa nel suo più esuberante rinascere di una eterna giovinezza nella perenne Carità del suo Fondatore. Tutto un mondo nuovo di pace, di concordia e di amore, come eterna lode a Dio. Tale sarà il mondo rinnovato nel sacrificio dei dolori del parto.
Io che sono il tuo Dio, il tuo Creatore, ho bisogno di te, Mia creatura, per fare giungere questo messaggio. Ho fatto lo stesso con i Miei Profeti, nei tempi passati.