Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 24° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 22
1Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua,2e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano come toglierlo di mezzo, poiché temevano il popolo.3Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici.4Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani.5Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro.6Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla.
7Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua.8Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare".9Gli chiesero: "Dove vuoi che la prepariamo?".10Ed egli rispose: "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà11e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?12Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate".13Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua.
14Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,15e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,16poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio".17E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi,18poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio".
19Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me".20Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi".
21"Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola.22Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!".23Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.
24Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande.25Egli disse: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori.26Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove;29e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me,30perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
31Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano;32ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli".33E Pietro gli disse: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte".34Gli rispose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi".
35Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla".36Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.37Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: 'E fu annoverato tra i malfattori'. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine".38Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!".
39Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.40Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione".41Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:42"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà".43Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.44In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.46E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".
47Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo.48Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?".49Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?".50E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro.51Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate, basta così!". E toccandogli l'orecchio, lo guarì.52Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre".
54Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.55Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro.56Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui".57Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!".58Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!".59Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo".60Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò.61Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte".62E, uscito, pianse amaramente.
63Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano,64lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito?".65E molti altri insulti dicevano contro di lui.
66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:67"Se tu sei il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete;68se vi interrogo, non mi risponderete.69Ma da questo momento starà 'il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio'".70Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio?". Ed egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono".71Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca".
Esodo 4
1Mosè rispose: "Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore!".2Il Signore gli disse: "Che hai in mano?". Rispose: "Un bastone".3Riprese: "Gettalo a terra!". Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire.4Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano e prendilo per la coda!". Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano.5"Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe".6Il Signore gli disse ancora: "Introduci la mano nel seno!". Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve.7Egli disse: "Rimetti la mano nel seno!". Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne.8"Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo!9Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta".
10Mosè disse al Signore: "Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua".11Il Signore gli disse: "Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore?12Ora va'! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire".13Mosè disse: "Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!".14Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: "Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo.15Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare.16Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio.17Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi".
18Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: "Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!". Ietro disse a Mosè: "Va' pure in pace!".19Il Signore disse a Mosè in Madian: "Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!".20Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.
21Il Signore disse a Mosè: "Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo.22Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito.23Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!".
24Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire.25Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue".26Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.
27Il Signore disse ad Aronne: "Va' incontro a Mosè nel deserto!". Andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò.28Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l'aveva accreditato.
29Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti.30Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo.31Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.
Proverbi 23
1Quando siedi a mangiare con un potente,
considera bene che cosa hai davanti;
2mettiti un coltello alla gola,
se hai molto appetito.
3Non desiderare le sue ghiottonerie,
sono un cibo fallace.
4Non affannarti per arricchire,
rinunzia a un simile pensiero;
5appena vi fai volare gli occhi sopra,
essa già non è più:
perché mette ali come aquila
e vola verso il cielo.
6Non mangiare il pane di chi ha l'occhio cattivo
e non desiderare le sue ghiottonerie,
7perché come chi calcola fra di sé, così è costui;
ti dirà: "Mangia e bevi",
ma il suo cuore non è con te.
8Il boccone che hai mangiato rigetterai
e avrai sprecato le tue parole gentili.
9Non parlare agli orecchi di uno stolto,
perché egli disprezzerà le tue sagge parole.
10Non spostare il confine antico,
e non invadere il campo degli orfani,
11perché il loro vendicatore è forte,
egli difenderà la loro causa contro di te.
12Piega il cuore alla correzione
e l'orecchio ai discorsi sapienti.
13Non risparmiare al giovane la correzione,
anche se tu lo batti con la verga, non morirà;
14anzi, se lo batti con la verga,
lo salverai dagli inferi.
15Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio,
anche il mio cuore gioirà.
16Esulteranno le mie viscere,
quando le tue labbra diranno parole rette.
17Il tuo cuore non invidi i peccatori,
ma resti sempre nel timore del Signore,
18perché così avrai un avvenire
e la tua speranza non sarà delusa.
19Ascolta, figlio mio, e sii saggio
e indirizza il cuore per la via retta.
20Non essere fra quelli che s'inebriano di vino,
né fra coloro che son ghiotti di carne,
21perché l'ubriacone e il ghiottone impoveriranno
e il dormiglione si vestirà di stracci.
22Ascolta tuo padre che ti ha generato,
non disprezzare tua madre quando è vecchia.
23Acquista il vero bene e non cederlo,
la sapienza, l'istruzione e l'intelligenza.
24Il padre del giusto gioirà pienamente
e chi ha generato un saggio se ne compiacerà.
25Gioisca tuo padre e tua madre
e si rallegri colei che ti ha generato.
26Fa' bene attenzione a me, figlio mio,
e tieni fisso lo sguardo ai miei consigli:
27una fossa profonda è la prostituta,
e un pozzo stretto la straniera.
28Essa si apposta come un ladro
e aumenta fra gli uomini il numero dei perfidi.
29Per chi i guai? Per chi i lamenti?
Per chi i litigi? Per chi i gemiti?
A chi le percosse per futili motivi? A chi gli occhi rossi?
30Per quelli che si perdono dietro al vino
e vanno a gustare vino puro.
31Non guardare il vino quando rosseggia,
quando scintilla nella coppa
e scende giù piano piano;
32finirà con il morderti come un serpente
e pungerti come una vipera.
33Allora i tuoi occhi vedranno cose strane
e la tua mente dirà cose sconnesse.
34Ti parrà di giacere in alto mare
o di dormire in cima all'albero maestro.
35"Mi hanno picchiato, ma non sento male.
Mi hanno bastonato, ma non me ne sono accorto.
Quando mi sveglierò? Ne chiederò dell'altro".
Salmi 72
1'Di Salomone.'
Dio, da'al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
2regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
3Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
4Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l'oppressore.
5Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
6Scenderà come pioggia sull'erba,
come acqua che irrora la terra.
7Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
8E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
9A lui si piegheranno gli abitanti del deserto,
lambiranno la polvere i suoi nemici.
10Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,
i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.
11A lui tutti i re si prostreranno,
lo serviranno tutte le nazioni.
12Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
13avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
14Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso,
sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
15Vivrà e gli sarà dato oro di Arabia;
si pregherà per lui ogni giorno,
sarà benedetto per sempre.
16Abbonderà il frumento nel paese,
ondeggerà sulle cime dei monti;
il suo frutto fiorirà come il Libano,
la sua messe come l'erba della terra.
17Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui saranno benedette
tutte le stirpi della terra
e tutti i popoli lo diranno beato.
18Benedetto il Signore, Dio di Israele,
egli solo compie prodigi.
19E benedetto il suo nome glorioso per sempre,
della sua gloria sia piena tutta la terra.
Amen, amen.
Geremia 50
1Parola che il Signore pronunziò contro Babilonia, contro il paese dei Caldei, per mezzo del profeta Geremia.
2"Proclamatelo fra i popoli e fatelo sapere,
non nascondetelo, dite:
Babilonia è presa,
Bel è coperto di confusione,
è infranto Marduch;
sono confusi i suoi idoli,
sono sgomenti i suoi feticci.
3Poiché dal settentrione sale contro di essa un popolo che ridurrà la sua terra a un deserto, non vi abiterà più nessuno; uomini e animali fuggono, se ne vanno.4In quei giorni e in quel tempo - dice il Signore - verranno gli Israeliti insieme con i figli di Giuda; cammineranno piangendo e cercheranno il Signore loro Dio.5Domanderanno di Sion, verso cui sono fissi i loro volti: Venite, uniamoci al Signore con un'alleanza eterna, che non sia mai dimenticata.6Gregge di pecore sperdute era il mio popolo, i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle, avevano dimenticato il loro ovile.7Quanti le trovavano, le divoravano e i loro nemici dicevano: Non commettiamo nessun delitto, perché essi hanno peccato contro il Signore, pascolo di giustizia e speranza dei loro padri.
8Fuggite da Babilonia,
dalla regione dei Caldei,
uscite e siate come capri
in testa al gregge.
9Poiché, ecco io suscito e mando contro Babilonia
una massa di grandi nazioni
dal paese del settentrione;
queste le si schiereranno contro,
di là essa sarà presa.
Le loro frecce sono come quelle di un abile arciere,
nessuna ritorna a vuoto.
10La Caldea sarà saccheggiata,
tutti i suoi saccheggiatori saranno saziati.
Parola del Signore.
11Gioite pure e tripudiate,
saccheggiatori della mia eredità!
Saltate pure come giovenchi su un prato
e nitrite come destrieri!
12La vostra madre è piena di confusione,
e coperta di vergogna colei che vi ha partorito.
Ecco è l'ultima delle nazioni,
un deserto, un luogo riarso e una steppa.
13A causa dell'ira del Signore non sarà più abitata,
sarà tutta una desolazione.
Chiunque passerà vicino a Babilonia rimarrà stupito
e fischierà davanti a tutte le sue piaghe.
14Disponetevi intorno a Babilonia,
voi tutti che tendete l'arco;
tirate contro di essa, non risparmiate le frecce,
poiché essa ha peccato contro il Signore.
15Alzate il grido di guerra contro di essa, da ogni parte.
Essa tende la mano,
crollano le sue torri,
rovinano le sue mura,
poiché questa è la vendetta del Signore.
Vendicatevi di lei,
trattatela come essa ha trattato gli altri!
16Sterminate in Babilonia chi semina
e chi impugna la falce al momento della messe.
Di fronte alla spada micidiale
ciascuno ritorni al suo popolo
e ciascuno fugga verso il suo paese.
17Una pecora smarrita è Israele,i leoni le hanno dato la caccia;
per primo l'ha divorata il re di Assiria,
poi il re di Babilonia ne ha stritolato le ossa.
18Perciò, dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io punirò il re di Babilonia e il suo paese, come già ho punito il re di Assiria,19e ricondurrò Israele nel suo pascolo, pascolerà sul Carmelo e sul Basàn; sulle montagne di Èfraim e di Gàlaad si sazierà.20In quei giorni e in quel tempo - dice il Signore - si cercherà l'iniquità di Israele, ma essa non sarà più, si cercheranno i peccati di Giuda, ma non si troveranno, perché io perdonerò a quanti lascerò superstiti.
21Avanza nella terra di Meratàim,
avanza contro di essa
e contro gli abitanti di Pekòd.
Devasta, annientali - dice il Signore -
eseguisci quanto ti ho comandato!
22Rumore di guerra nella regione,
e grande disastro.
23Perché è stato rotto e fatto in pezzi
il martello di tutta la terra?
Perché è diventata un orrore
Babilonia fra le nazioni?
24Ti ho teso un laccio e ti ci sei impigliata,
Babilonia, senza avvedertene.
Sei stata sorpresa e afferrata,
perché hai fatto guerra al Signore.
25Il Signore ha aperto il suo arsenale
e ne ha tratto le armi del suo sdegno,
perché il Signore Dio degli eserciti
ha un'opera da compiere nel paese dei Caldei.
26Venite ad essa dall'estremo limite,
aprite i suoi granai;
fatene dei mucchi come covoni, sterminatela,
non ne rimanga neppure un resto.
27Uccidete tutti i suoi tori, scendano al macello.
Guai a loro, perché è giunto il loro giorno,
il tempo del loro castigo!
28Voce di profughi e di scampati dal paese di Babilonia
per annunziare in Sion
la vendetta del Signore nostro Dio,
la vendetta per il suo tempio.
29Convocate contro Babilonia gli arcieri,
quanti tendono l'arco.
Accampatevi intorno ad essa
in modo che nessuno scampi.
Ripagatela secondo le sue opere,
fate a lei quanto ha fatto agli altri,
perché è stata arrogante con il Signore,
con il Santo di Israele.
30Perciò cadranno i suoi giovani nelle sue piazze
e tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno".
Parola del Signore.
31"Eccomi a te, o arrogante,
- oracolo del Signore degli eserciti -
poiché è giunto il tuo giorno,
il tempo del tuo castigo.
32Vacillerà l'arrogante e cadrà,
nessuno la rialzerà.
Io darò alle fiamme le sue città,
esse divoreranno tutti i suoi dintorni.
33Dice il Signore degli eserciti: Oppressi sono i figli di Israele e i figli di Giuda tutti insieme; tutti i loro deportatori li trattengono e rifiutano di lasciarli andare.34Ma il loro vendicatore è forte, Signore degli eserciti è il suo nome. Egli sosterrà efficacemente la loro causa, per rendere tranquilla la terra e sconvolgere gli abitanti di Babilonia.
35Spada, sui Caldei
e sugli abitanti di Babilonia,
sui suoi capi
e sui suoi sapienti!
36Spada, sui suoi indovini
ed essi impazziscano!
Spada, sui suoi prodi,
ed essi s'impauriscano!
37Spada, sui suoi cavalli e sui suoi carri,
su tutta la gentaglia che è in essa,
diventino come donne!
Spada, sui suoi tesori
ed essi siano saccheggiati!
38Spada, sulle sue acque
ed esse si prosciughino!
Poiché essa è una terra di idoli;
vanno pazzi per questi spauracchi.
39Perciò l'abiteranno animali del deserto e sciacalli, vi si stabiliranno gli struzzi; non sarà mai più abitata, né popolata di generazione in generazione.40Come quando Dio sconvolse Sòdoma, Gomorra e le città vicine - oracolo del Signore - così non vi abiterà alcuna persona né vi dimorerà essere umano.
41Ecco, un popolo viene dal settentrione, un popolo grande, e molti re sorgono dalle estremità della terra.42Impugnano arco e dardo, sono crudeli, non hanno pietà; il loro tumulto è come il mugghio del mare. Montano cavalli, sono pronti come un sol uomo a combattere contro di te, figlia di Babilonia.43Il re di Babilonia ha sentito parlare di loro e le sue braccia sono senza forza; lo ha colto l'angoscia, un dolore come di donna nel parto.44Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un batter d'occhio io li farò fuggire al di là e vi metterò sopra colui che mi piacerà. Poiché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me?45Per questo ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Babilonia e le decisioni che ha prese contro il paese dei Caldei. Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge e per loro sarà desolato il loro prato.46Al fragore della presa di Babilonia trema la terra, ne risuonerà il clamore fra le nazioni".
Lettera agli Ebrei 3
1Perciò, fratelli santi, partecipi di una vocazione celeste, fissate bene lo sguardo in Gesù, l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo,2il quale è fedele a colui che l'ha costituito, come lo fu anche 'Mosè in tutta la sua casa'.3Ma in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di tanta maggior gloria, quanto l'onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa.4Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è Dio.5In verità Mosè fu 'fedele in tutta la sua casa' come 'servitore', per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunziato più tardi;6Cristo, invece, lo fu come figlio costituito sopra la sua propria casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.
7Per questo, come dice lo Spirito Santo:
'Oggi, se udite la sua voce,'
8'non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione,
il giorno della tentazione nel deserto,'
9'dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,
pur avendo visto per quarant'anni le mie opere.'
10'Perciò mi disgustai di quella generazione
e dissi: Sempre hanno il cuore sviato.
Non hanno conosciuto le mie vie.'
11'Così ho giurato nella mia ira:
Non entreranno nel mio riposo'.
12Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente.13Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest''oggi', perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato.14Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio.15Quando pertanto si dice:
'Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione',
16chi furono quelli che, dopo aver udita la sua voce, si ribellarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall'Egitto sotto la guida di Mosè?17E chi furono coloro di cui si 'è disgustato per quarant'anni'? Non furono quelli che avevano peccato e poi caddero 'cadaveri nel deserto'?18E a chi 'giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo', se non a quelli che non avevano creduto?19In realtà vediamo che non vi poterono entrare a causa della loro mancanza di fede.
Capitolo XVIII: L’uomo non si ponga ad indagare, con animo curioso, intorno al Sacramento, ma si faccia umile imitatore di Cristo e sottometta i suoi sensi alla santa fede
Leggilo nella BibliotecaParola del Diletto
1. Se non vuoi essere sommerso nell'abisso del dubbio, devi guardarti dall'indagare, con inutile curiosità intorno a questo altissimo Sacramento. "Colui che pretende di conoscere la maestà di Dio, sarà schiacciato dalla grandezza di lui" (Pro 25,27). Dio può fare cose più grandi di quanto l'uomo possa capire All'uomo è consentita soltanto una pia ed umile ricerca della verità, sempre pronta ad essere illuminata, e desiderosa di muoversi entro i salutari insegnamenti dei Padri. Beata la semplicità, che tralascia le ardue strade delle disquisizioni e prosegue nel sentiero piano e sicuro dei comandamenti di Dio. Sono molti quelli che, volendo indagare cose troppo sublimi, perdettero la fede. Da te si esigono fede e schiettezza di vita, non altezza d'intelletto e capacità di penetrare nei misteri di Dio. Tu, che non riesci a conoscere e a comprendere ciò che sta più in basso di te, come potresti capire ciò che sta sopra di te? Sottomettiti a Dio, sottometti i tuoi sensi alla fede, e ti sarà dato lume di conoscenza, quale e quanto potrà esserti utile e necessario. Taluni subiscono forti tentazioni circa la fede e il Sacramento; sennonché, non a loro se ne deve fare carico, bensì al nemico. Non soffermarti su queste cose; non voler discutere con i tuoi stessi pensieri, né rispondere ai dubbi insinuati dal diavolo. Credi, invece alle parole di Dio; affidati ai santi e ai profeti (2Cor 20,20), e fuggirà da te l'infame nemico. Che il servo di Dio sopporti tali cose, talora è utile assai. Il diavolo non sottopone alle tentazioni quelli che non hanno fede, né i peccatori, che ha già sicuramente in sua mano; egli tenta, invece, tormenta, in vario modo, le persone credenti e devote.
2. Procedi, dunque, con schietta e ferma fede; accostati al Sacramento con umile venerazione. Rimetti tranquillamente a Dio, che tutto può, quanto non riesci a comprendere: Iddio non ti inganna; mentre si inganna colui che confida troppo in se stesso. Dio cammina accanto ai semplici, si rivela agli umili, "dà lume d'intelletto ai piccoli" (Sal 118,130), apre la mente ai puri di cuore; e ritira la grazia ai curiosi e ai superbi. La ragione umana è debole e può sbagliare, mentre la fede vera non può ingannarsi. Ogni ragionamento, ogni nostra ricerca deve andare dietro alla fede; non precederla, né indebolirla. Ecco, predominano allora la fede e l'amore, misteriosamente operanti in questo santissimo ed eccellentissimo Sacramento. Il Dio eterno, immenso ed onnipotente, fa cose grandi e imperscrutabili, in cielo e in terra; e a noi non è dato investigare le meravigliose sue opere. Ché, se le opere di Dio fossero tali da poter essere facilmente comprese dalla ragione umana, non si potrebbero dire meravigliose e ineffabili.
DISCORSO 314 NEL NATALE DEL MARTIRE STEFANO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaSi deve imitare Stefano nell'amare i nemici.
1. Ieri abbiamo celebrato il Natale del Signore; oggi celebriamo il Natale del suo Servo: ma, quale Natale del Signore, abbiamo celebrato il giorno in cui si degnò nascere; quale Natale del Servo, celebriamo il giorno nel quale ricevette la corona. Abbiamo celebrato il Natale del Signore, in cui egli ricevette la veste della nostra carne; celebriamo il Natale del Servo, nel quale questi lasciò la sua veste di carne. Abbiamo celebrato il Natale del Signore, nel quale egli si fece simile a noi; celebriamo il Natale del Servo, nel quale questi passò accanto a Cristo. Quindi, come Cristo, per la nascita, si unì a Stefano, così Stefano, con la morte, si unì a Cristo. Se la Chiesa celebra con uguale manifestazione di riverente pietà il giorno della Nascita e il giorno della Passione del Signore nostro Gesù Cristo è perché l'una come l'altra è medicina. Infatti egli nacque perché noi avessimo una nuova nascita; morì, perché la nostra vita fosse eterna. I martiri, invece, portando con sé il peccato originale, con la nascita, entrarono nella lotta contro il male; con la morte però, ponendo fine ad ogni peccato, passarono ai beni assolutamente certi. D'altra parte, così posti nel pieno di una persecuzione, se la ricompensa della beatitudine futura non fosse la loro consolazione, come potrebbero tollerare quei supplizi causati dai diversi generi di martirio? Se il beato Stefano, posto sotto una pioggia di sassi, non avesse avuto il pensiero alla ricompensa che lo attendeva, come avrebbe potuto sopportare quella gragnuola di colpi? Ma portava nell'animo il precetto di colui che contemplava presente in cielo; e, sollevato verso di lui da ardentissimo amore, bramava lasciare al più presto la carne e prendere il volo verso di lui: né temeva più la morte, scorgendo vivente Cristo, ucciso per lui; quindi aveva fretta di morire a sua volta per lui e di vivere con lui. Riguardo poi a che cosa dovesse contemplare il beatissimo martire, posto in quel combattimento, voi rammentate senza dubbio le sue parole che siete soliti ascoltare dalla lettura del libro sugli Atti degli Apostoli: Ecco contemplo i cieli aperti e Cristo che sta alla destra di Dio 1, egli disse. Contemplava Gesù che stava in piedi, per questo si teneva fermo, senza cadere; poiché stava in alto e dall'alto osservava quello che, in basso, era nella lotta, infondeva invincibile resistenza al suo soldato perché non cadesse. Ecco - disse - contemplo i cieli aperti. Beato quell'uomo cui si aprivano i cieli. Ma chi aprì i cieli? Colui del quale si dice nell'Apocalisse: Egli è che apre, e nessuno chiude; chiude, e nessuno apre 2. Quando Adamo fu espulso dal paradiso dopo quel primo ed empio peccato, il cielo venne chiuso contro il genere umano: dopo la passione di Cristo, per primo entrò il ladro, dopo di lui Stefano contemplò il cielo aperto. Di che ci meravigliamo? Che contemplò realmente e realmente volle indicare e conquistò con violenza?
Si tratta il medesimo argomento.
2. Coraggio, fratelli, andiamogli dietro; saremo infatti coronati seguendo Stefano. Ma soprattutto lo dobbiamo seguire ed imitare nell'amore verso i nemici. Certo, sapete che, circondato da una folta calca di nemici, percosso da ogni lato da fitti colpi di sassi, sereno e intrepido, mite e indulgente tra i sassi che gli procuravano la morte, rivolto a colui per il quale veniva ucciso, non disse: Signore, sii giudice della mia morte, ma: Ricevi il mio spirito 3. Non disse: Signore Gesù, vendica il tuo servo, che vedi sottoposto a un tale supplizio di morte, ma: Non imputare loro questo peccato 4. Quindi, costante nella testimonianza della verità, acceso di carità nello spirito, come sapete, il beatissimo Martire pervenne alla più alta gloria e il chiamato, che avrà perseverato sino alla fine, conseguì il premio per cui era stato chiamato: Stefano, a gloria del suo nome, fu condotto alla corona. Perciò, quando il beato Stefano per primo versò il sangue per Cristo, fu come venisse dal cielo una corona, perché l'avessero in premio quanti lo avrebbero seguito, quelli che avrebbero imitato nella lotta la virtù di chi aveva preceduto. In seguito, il frequente ripetersi del martirio riempì la terra. Quanti poi versarono il sangue per testimoniare Cristo, posero sul proprio capo quella corona, servandola intatta per quelli che sarebbero venuti dopo. Ed ora, fratelli, pende giù dal cielo: chiunque l'avrà desiderata, volerà rapidamente ad essa. E, per un'esortazione breve ed incisiva, alla vostra Santità non c'è bisogno di molte parole: Chiunque desidera la corona veda di imitare Stefano. Rivolti al Signore.
1 - At 7, 55.
2 - Ap 3, 7.
3 - At 7, 58.
4 - At 7, 59.
Capitolo 1 - Il cenacolo
La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick
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Vidi un grande edificio in una zona alberata sul versante meridionale del monte Sion, non lontano dalle rovine del palazzo di Davide. Nel cortile spazioso di questa soli da costruzione vidi altre case, tra le quali quella del maestro di mensa e un'altra dove si radunavano la santa Vergine e le pie donne dopo la morte di Gesù.
L'edificio si trovava in pessime condizioni, quando di venne proprietà di due buoni membri del sinedrio, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea. Essi provvidero a ristrutturare la sala principale allestendola come cenacolo per i banchetti pasquali degli stranieri. In questo locale vi avevano abitato i prodi capitani di Davide.
Nel cenacolo non ho visto finestre: la luce scende dai fori praticati nelle alte volte; dal soffitto pendono molte lucerne. Durante le feste le pareti vengono coperte fino a metà altezza da meravigliose stuoie e tappeti e un velo blu viene steso al di sopra di un'apertura nel tetto. Una tenda simile separa la sala principale dei banchetti dal vestibolo, al quale si accede da tre ingressi. Dietro la sala principale si trova un locale interno, ai cui lati vengono deposti gli arredi e gli oggetti del culto, e al centro c'è un focolare che serve per cuocere i pani azzimi e arrostire l'agnello pa squale, ma viene usato anche per bruciare gli incensi e gli avanzi del pasto.
La divisione del cenacolo in tre parti — vestibolo, sala centrale e sala interna — è simile alla struttura del tempio:
atrio, santuario e santo dei santi.
I locali situati nell'altra ala dell'edificio servivano da deposito per le grandi pietre tombali ed edilizie e come of ficina degli scalpellini, poiché Giuseppe d'Arimatea possedeva al suo paese cave di pietre della miglior qualità; egli commerciava in lapidi, ornamenti architettonici e colon ne, e tutto veniva lavorato sotto la sua guida.
Nicodemo collaborava con Giuseppe nell'attività com merciale, inoltre si occupava di sculture e lavori d'intaglio.
Eccetto i giorni di festa, lo si vedeva spesso in questa sa la intento a scolpire disegni e ornamenti sulla pietra.
Preparativi dell'ultima cena
«Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a prepara re per mangiare la Pasqua» (Luca 22,8).(Il giovedì santo, prima dalla sua passione, il 13 Nisan, cioè 29 arzo, Gesù aveva 33 anni e diciotto settimane meno un giorno).
A Betania, dopo il pasto in casa di Simone il lebbroso, vidi Maria Maddalena che ungeva il capo di Gesù. Questa scena scandalizzò Giuda a tal punto che corse a Gerusalemme per consegnare il Signore nelle mani dei sacerdoti del tempio.
In quella stessa giornata, poco prima dell'aurora, nostro Signore ordinò ai due più fedeli apostoli, Simon Pietro e Giovanni, di recarsi a Gerusalemme onde provvedere al banchetto pasquale nel cenacolo. Gesù disse loro che avrebbero incontrato sul monte Sion un uomo che portava una brocca d'acqua, nella cui casa l'anno precedente avevano già consumato l'agnello pasquale. Essi avrebbero dovuto seguirlo fino a questa casa e dirgli le seguenti parole:
«Il Maestro ti manda a dire che il suo tempo si avvicina e desidera consumare il pasto di Pasqua da te».
A quelle parole costui avrebbe provveduto a tutto.
I due apostoli si recarono a Gerusalemme e salirono a Sion. Essi presero un sentiero alberato che fiancheggiava un profondo ruscello. Giunti in cima al monte, presso il cortile del cenacolo, incontrarono l'uomo descritto da Gesù. Nell'apprendere il messaggio del Maestro, costui disse subito che Nicodemo aveva preparato un banchetto, ma egli non sapeva per chi fosse, adesso se ne rallegrava. L'uomo si chiamava Heli, era cognato di Zaccaria di Ebron, lo stesso che aveva comunicato a Gesù la dolorosa morte di Giovanni Battista.
Dopo che Pietro e Giovanni ebbero visitato il cenacolo, presero gli ultimi accordi con Heli e si accomiatarono da lui.
I due apostoli attraversarono un ponte e discesero per un sentiero coperto da cespugli, alla fine del quale si trovava l'abitazione del vecchio Simeone, il sacerdote morto dopo la presentazione del Signore al tempio.
Adesso la sua casa era abitata dai suoi figli, alcuni dei qua li erano segretamente discepoli di Gesù. Qui gli apostoli s'intrattennero con uno di loro che lavorava nel tempio.
I tre s'incamminarono insieme verso il mercato del bestiame, situato a nord del tempio. Sul lato meridionale del mercato vidi dei prati recintati nei quali saltellavano dei graziosi agnellini. Dopo averli scelti, il figlio di Simeone entrò nel recinto e ne prese quattro; gli animali si erano strofinati contro di lui come se lo conoscessero assai bene.
Tre agnelli furono portati al tempio e uno al cenacolo. Vidi Pietro e Giovanni mentre facevano acquisti e altre commissioni in città.
Passarono per la casa di Serafia dalla quale ricevettero degli utensili in ceste coperte e un antico calice chiuso in una borsa. Esso sarebbe servito al Signore per l'istituzione dell'Eucaristia.
Da diversi anni Serafia intratteneva ottime relazioni con la beata Vergine e la santa famiglia.
Gesù si reca a Gerusalemme
Giuda Iscariota preparò con i farisei il piano per la cattura di Gesù; a Gerusalemme conobbe perfino le guardie della spedizione e ogni minimo dettaglio. Il traditore era posseduto interamente dalle sue passioni, in modo particolare dall'invidia, dalla cupidigia e dall'ambizione, nonostante avesse operato guarigioni e miracoli nel nome del Signore.
Intanto a Betania Gesù diede l'addio alla Madre. Egli parlò con la santa Vergine, informandola che aveva inviato Simon Pietro, l'apostolo della fede, e Giovanni, l'apostolo del l'amore, a preparare la Pasqua. Di Maria Maddalena disse:
«Lei soffre molto per il suo amore indicibile, talvolta esce fuori di sé perché il dolore è ancora carnale».
Quando Gesù annunziò alla Madre santissima il compi mento della sua missione terrena e i prossimi avvenimenti, ella lo pregò teneramente di farla morire con lui. Dopo aver la ascoltata attentamente, il Redentore la esortò a restare calma nel suo dolore e le preannunciò che sarebbe risorto e poi apparso a lei e agli apostoli. Le precisò perfino il luogo dove le sarebbe apparso. La santa Madre non pianse più, ma era molto triste e si raccolse nella sua desolazione. Gesù la strinse al cuore con tenerezza e le promise di celebrare spiritualmente con lei la Pasqua e il santo Sacramento.
Il Redentore accennò anche al prossimo tradimento di Giuda. La Vergine Maria pregò compassionevolmente per il miserabile.
Il Signore si congedò amorosamente da tutti, dando gli ultimi insegnamenti.
Verso mezzogiorno Gesù si recò a Gerusalemme con no ve apostoli e sette discepoli; all'infuori di Natanaele e Sila, erano tutti di Gerusalemme e dintorni.
Durante il cammino, con un'espressione pietosa sul viso, il Redentore parlò agli apostoli e disse che finora aveva dato loro il pane e il vino, ma da quel giorno in poi avrebbe dato anche la sua carne, il suo sangue e tutto quel lo che aveva. Purtroppo i discepoli e gli apostoli, non essendo in grado di comprendere l'alto valore spirituale di questo insegnamento, credettero che egli parlasse dell'agnello pasquale.
Giunti presso un bivio, i discepoli si separarono dagli apostoli giungendo prima al cenacolo, dove, nell'atrio, lasciarono dei fardelli con le vesti cerimoniali di Pasqua; poi si recarono a casa di Maria, madre di Marco. Pietro e Giovanni s'incontrarono con Gesù e gli apostoli nella valle di Giosafat.
Le pie donne furono le ultime a raggiungere il cenacolo.
L'ultima cena
«Venuta la sera, si mise a tavola insieme ai dodici apostoli» (Matteo 26,20).
Nel cenacolo, dopo aver indossato gli abiti rituali, Gesù e i suoi commensali si prepararono a consumare l'agnello pasquale.
Tre agnelli furono sacrificati e macellati nel tempio, secondo l'uso ebraico; un quarto fu immolato e macellato nel vestibolo del cenacolo: era quello destinato alla tavola di Gesù e dei suoi apostoli.
L'uccisione di quest'agnello suscitò un'immane commozione. Il Signore fece presente che stava per aprirsi una nuova epoca e che il sacrificio di Mosè e dell'agnello pasqua le stavano per trovare compimento.
Disse inoltre che l'agnello era stato immolato come fu un tempo in Egitto, «paese dal quale egli stava per condurli fuori»
Il sangue dell'agnello fu raccolto in una bacinella, in cui Gesù immerse un ramo d'issopo e tinse la serratura e i due stipiti della porta del cenacolo, infine fissò al di sopra di essa il ramoscello bagnato di sangue. A questo punto gli apostoli e i discepoli intonarono un salmo: «Beati coloro la cui via è immacolata, che camminano nella legge di Dio. Beati quelli che osservano i suoi precetti e lo cercano di tutto il cuore; che non commettono iniquità, ma camminano nelle sue vie... » Il Signore dichiarò che l'angelo sterminatore non sarebbe entrato là e che lui stesso era il vero Agnello pasquale.
Aggiunse che stava per compiersi un nuovo sacrificio e che iniziava una nuova epoca, la quale sarebbe durata sino alla fine del mondo.
Così dicendo, Gesù, seguito dagli apostoli, versò il sangue dell'agnello sul focolare, consacrandolo come altare, indi l'intero cenacolo fu consacrato quale nuovo tempio.
Subito dopo gli apostoli e i discepoli si divisero in tre gruppi, ciascuno formato da dodici persone più un capo tavola avente funzioni di capofamiglia.
Gesù prese posto con i dodici apostoli nella sala centrale del cenacolo. Nelle due sale laterali, divise da portici, si disposero rispettivamente i due gruppi di discepoli: uno con Natanaele a capotavola e l'altro con Eliachimo, figlio di Cleofa e di Maria Heli. Quest'ultimo era stato discepolo di Giovanni Battista.
Dopo la preghiera, il maestro della mensa pose dinanzi al Redentore il coltello d'osso per tagliare l'agnello pasquale. L'animale, preparato dal figlio di Simeone, era stato infilzato in uno spiedo; le zampe anteriori erano state legate a un pezzo di legno posto trasversalmente e quelle posteriori erano distese lungo lo spiedo. L'agnello, così servito, mi ricordò nostro Signore sulla croce!
Ogni commensale ne ebbe una parte su un pezzo di focaccia. Staccarono la carne servendosi di un coltello d'osso; più tardi le ossa dell'agnello furono bruciate.
Il Signore fece a pezzi un altro agnello, che fu servito a Maria santissima e alle pie donne riunite in un'altra sala; la santa Vergine infondeva serenità a tutte.
La tavola principale era a semicerchio: alla destra di Gesù erano seduti Giovanni, Giacomo il Minore e Giacomo il Maggiore, all'estremità del tavolo c'era Bartolomeo e, dall'altra parte, Tommaso e Giuda Iscariota. Alla sinistra del Signore si trovavano Pietro, Andrea e Taddeo, dall'altro lato Simeone, Matteo e Filippo. Giuda era appena arrivato, non aveva assistito alla cerimonia di consacrazione perché si era attardato a complottare con i farisei.
Il Salvatore spezzò un pane azzimo e lo distribuì, tenendone per sé una parte, quindi benedisse per la seconda volta il vino e disse:
«prendete e bevete il frutto della vite, poiché io non ne berrò più finché non sarà venuto il regno di Dio».
Durante il pasto Gesù parlò con lieta tenerezza, ma ad un tratto si oscurò in volto, la sua voce si fece grave e, rivolto agli apostoli, disse:
«Uno di voi sta per tradirmi. Costui è oggi a mensa con me!».
Gli apostoli furono sconvolti e a turno domandarono a Gesù:
«Signore, sono forse io?».
Guardando Giuda mentre inzuppava il pane nel piatto, come facevano gli altri apostoli, il Signore soggiunse:
«Ora, come è stato scritto, il Figlio dell'uomo sta per andarsene, ma guai all'uomo che lo tradirà! Sarebbe meglio per lui se non fosse mai nato!».
Pietro e Giovanni gli chiesero preoccupati:
«Chi è costui?».
Giovanni, che sedeva alla destra di Gesù, appoggiò spontaneamente il capo sul petto del Signore e ne udì la voce dentro di sé:
«Quello a cui porgerò questo boccone di pane intinto». Subito dopo Gesù intinse il pane nella lattuga e lo porse a Giuda con grande amore Giovanni rassicurò Pietro con uno sguardo.
Giuda era completamente posseduto da un demonio; per tutto il tempo della cena vidi un piccolo mostro giacere ai suoi piedi, talvolta gli si allungava fino al suo cuore.
La lavanda dei piedi
«Se dunque vi ho lavato i piedi io, Signore e Maestro, dovete anche voi lavarvi i piedi l'un l'altro» (Giovanni 13,14).
Consumato l'agnello pasquale, essi recitarono la preghiera solenne. Subito dopo, il maestro della mensa con due servi sparecchiarono la tavola; Gesù li pregò di por tare dell'acqua nel vestibolo.
Rimasto solo con gli apostoli, il Signore riprese a istruirli amorevolmente, parlò del suo regno, del suo ritorno al Padre e disse che lasciava a loro tutto quanto aveva. Poi parlò della penitenza, dell'esame di coscienza e della confessione dei peccati, del dolore e della purificazione.
Compresi che questo insegnamento aveva qualche relazione con la lavanda dei piedi. Vidi che tutti si erano profondamente pentiti dei loro peccati, tranne Giuda.
Quando ebbe finito di parlare, il Signore inviò Giovanni e Giacomo il Minore a prendere i catini d'acqua che i servitori avevano deposto nel vestibolo. Allorché i due apostoli gli portarono i catini, Gesù si cinse alla vita un asciugatoio e comandò agli apostoli che si ponessero a sedere in modo che egli potesse lavare loro i piedi.
Obbedienti, essi sedettero, dopo aver disposto le sedie a semicerchio secondo l'ordine in cui erano seduti a tavola. Mentre Gesù si cingeva con l'asciugatoio, gli apostoli si chiedevano quale fra loro sarebbe stato il più grande, per ché il Maestro era prossimo a lasciarli.
Gesù li riprese, dicendo che egli stesso era il loro servo e nessuno era più grande di un altro; poi li esortò a restare tranquilli.
Durante la lavanda dei piedi il cuore del Signore traboccava di amore e di carità verso i suoi apostoli. Quando giunse a Pietro, questi sobbalzò esclamando:
«Non mi laverai mai i piedi!».
Gli rispose Gesù:
«Se io non te li lavo, non sarai di me partecipe; più tardi capirai meglio quello che sto facendo!».
Sottovoce, mi sembrò che gli dicesse:
«Simone, tu hai meritato che il mio Padre celeste ti rivelasse chi veramente io sono e dove vado, tu solo lo hai professato e dichiarato; perciò io voglio edificare la mia Chiesa su di te e le porte dell'inferno non prevarranno mai su di essa. La mia forza resterà nei tuoi successori fino al la fine dei tempi».
Allora il Signore lo indicò agli apostoli come suo successore quando lui non ci sarebbe più stato.
A questo punto Pietro replicò:
«Signore, lavami i piedi, non solo, ma le mani e il capo»
Gesù aveva parlato della lavanda dei piedi quale purificazione dai peccati quotidiani, perché i piedi sono a con tatto continuo con la terra e soggetti a sporcarsi, se si cammina senza fare attenzione. Questo gesto del Signore, come tutti gli altri, aveva un profondo significato spirituale e valeva come assoluzione generale dei peccati. Ma Pietro vide nell'azione del Maestro un'umiliazione troppo grande; egli ignorava che entro breve Gesù si sarebbe umiliato perfino alla morte in croce.
Lavando i piedi a Simon Pietro, il Signore disse:
«Chi ha fatto il bagno, è già del tutto puro, e ha bisogno solo di lavarsi i piedi. Voi siete puri, ma non tutti!».
Pronunciate queste parole, il Redentore passò a lavare i piedi a Giuda. Oltremodo commosso, Gesù fece l'ultimo tentativo di salvarlo: abbassando il suo volto sui piedi del l'Iscariota, gli sussurrò di riflettere bene che cosa stesse per fare, perché già da un anno concepiva il tradimento. Giuda fingeva di non sentire e continuava a discutere con Giovanni; Pietro ne fu scandalizzato e lo richiamò:
«Giuda, il Maestro ti parla! »
E l'iscariota rispose evasivo:
«Signore, lungi da me ciò che pensi!».
Gli altri non avevano udito le parole di Gesù, perché ave va parlato sottovoce.
Il tradimento di Giuda fu il motivo del dolore più grande provato dal Signore nella sua passione.
Quando il Salvatore lavò i piedi a Giovanni e a Giacomo parlò dell'umiltà, disse che chi è servo di tutti è il grande, e che essi dovevano seguire il suo esempio e lavarsi i piedi reciprocamente.
Istituzione dell'Eucaristia.
Un antico rito d'accoglienza
«Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Giovanni 6,51).
Dopo la lavanda dei piedi, il maestro di mensa, eseguendo l'ordine del Signore, coprì la tavola con un panno su cui distese una tovaglia rossa, sopra ne mise una bianca traforata e quindi vi posò due anfore, una colma d'acqua e l'altra di vino.
Pietro e Giovanni presero la borsa contenente il calice di Serafia e la posero sulla tavola davanti a Gesù. Quasi mi sembrò che avessero trasportato un tabernacolo. Sulla tavola vidi anche un piatto ovale con tre pani azzimi, bianchi e sottili, striati a righe regolari.
Leggermente incisi da Gesù, essi erano stati coperti e posti accanto al resto del pane del banchetto pasquale. Vidi anche due vasetti, uno d'acqua e l'altro di vino, e tre piccoli contenitori, uno vuoto, uno contenente olio grasso e l'altro olio liquido.
Compresi che Gesù stava per istituire il santo sacramento dell'Eucaristia, prendendo spunto da un antico rito simbolico di amore fraterno.
Più tardi, fra i numerosi capi d'accusa, il Signore fu imputato dinanzi a Caifa di eresia per aver introdotto un nuovo rituale nelle celebrazioni pasquali. Ma Nicodemo, con le Scritture alla mano, provò che dividere il pane e bere allo stesso calice faceva parte di un'antica cerimonia d'accoglienza. Era un segno d'amore e di massimo riguardo verso gli ospiti; infatti la cerimonia, in uso nella tradizione giudaica, aveva luogo all'arrivo e alla partenza di questi ultimi.
Il posto del Signore a tavola era fra Giovanni e Pietro. Le porte erano state ben chiuse e l'atmosfera si fece intima e solenne; allora Gesù disse agli apostoli:
«Ho ardentemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire...».
Tolto il velo dal calice, il Signore pregò e parlò solennemente, spiegando il significato e lo svolgimento della celebrazione.
Poi benedisse il pane e gli oli ed elevò al cielo la patena con i pani azzimi, quale sublime offerta al Padre celeste.
Deposta la patena sull'altare, la ricoprì e prese il calice, nel quale Pietro versò il vino e Giovanni l'acqua, indi Gesù Io benedisse aggiungendovi dell'acqua con il cucchiaino.
Con indicibile amore, donando tutto se stesso, il Signore pregò e sollevò il calice per istituire il santissimo Sacramento.
Subito dopo, deposto il calice sull'altare, Gesù spezzò il pane che aveva segnato, pregò e mise i pezzettini sulla patena, lasciandone cadere uno nel calice.
Nello stesso istante vidi la santa Vergine che riceveva spiritualmente il Sacramento. Il Signore mi apparve trasfigurato, pregò e parlò di nuovo.
Mi parve che ogni parola da lui pronunciata penetrasse come un fuoco spirituale nel cuore degli apostoli.
Li vidi tutti estasiati nell'udire le parole del suo insegnamento, eccetto l'Iscariota.
Gesù prese la patena con i frammenti del pane e pronunziò le parole della consacrazione:
«Prendete e mangiate: questo è il mio corpo che dono a voi». Quando mise il pane sulla lingua degli apostoli, che si avvicinavano a due a due, vidi il volto di Giuda oscurarsi. Egli era stato il terzo a prendere il corpo di Cristo. Il Signore, posandogli il bocconcino sulla lingua, gli aveva sussurrato:
«Fai presto ciò che vuoi fare! »
Ogni cosa era circonfusa di luce, il pane scese nella bocca degli apostoli come un bocconcino luminoso, riempiendoli di gioia. Solo Giuda restava nella sala come un'ombra oscura e torbida. Mentre Gesù proferiva le parole del la consacrazione e Giovanni versava il sangue divino nelle sei coppe, una per ogni coppia di apostoli, il traditore uscì dal cenacolo e corse via. Vidi tre demoni che lo guidavano.
Nell'orto degli Ulivi. L'angoscia mortale di Gesù
«Cristo Gesù, pur possedendo la natura divina, non pensò valersi della sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso pren dendo la natura di schiavo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fi no alla morte, e alla morte in croce...» (Filippesi 2,6-8).
Dopo l'istituzione del santissimo Sacramento, in cui Gesù aveva offerto se stesso immolato misticamente, il Signore e gli apostoli intonarono un canto di ringraziamento e lasciarono il cenacolo.
Nel vestibolo incontrarono Maria, la Madre di Gesù, con Maria figlia di Cleofa e Maria Maddalena. Le pie donne esortarono il Signore a non recarsi nell'orto degli Ulivi per ché correva voce sulla sua cattura. Ma Gesù le confortò e lasciò il cenacolo, dirigendosi verso il monte degli Ulivi. Compresi che la sua anima era profondamente turbata. Attraversando la valle di Giosafat, Gesù parlò agli apostoli metaforicamente, ma essi non capirono e attribuirono al la stanchezza quel modo strano di esprimersi.
Quando giunsero al monte degli Ulivi era già notte. La luna, benché non fosse ancora piena, illuminava tutta la montagna e rifletteva la sua luce sul volto di Gesù e degli apostoli. Con aria afflitta il Signore disse:
«Questa notte sarete indignati con me e vi disperderete, poi ché è scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore si disperde ranno”... Ma quando sarò risuscitato vi precederò in Galilea».
Gli apostoli, che da quando avevano ricevuto il santo Sacramento vivevano la pace dello spirito, si strinsero affettuosamente attorno a lui e lo rassicurarono della propria fedeltà. Pietro intervenne più di tutti gli altri:
«Se anche tutti si scandalizzassero, io non ti lascerà mai,Signore!».
Con il volto afflitto Gesù gli predisse:
«In verità, in verità ti dico che questa notte stessa, prima ancora che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte».
Ma Pietro non si diede per vinto e replicò:
«Dovessi morire con te, Signore, non ti rinnegherò mai!'».
Così ribadirono pure tutti gli altri.
Attraversarono un ponte sul torrente Cedron e si fermarono nel giardino del Getsemani. Era questo un luogo adatto alla meditazione e alla preghiera; qualche volta veniva anche utilizzato dalle persone prive di un proprio giardino per organizzarvi feste e banchetti.
Il Getsemani è ampio, circondato da una siepe, pieno di alberi e di fiori. Vidi anche alcune capanne di frasche. Gli apostoli avevano la chiave del giardino. Nelle notti precedenti Gesù vi si era ritirato con i suoi apostoli per istruirli circa la scienza divina; quella notte, però, scelse di pregare solo nell'orto degli Ulivi, che è lì vicino, cinto da un muro.
Il Signore lasciò otto apostoli all'ingresso del Getsemani e portò con sé soltanto i prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Giunto nell'angolo più incolto dell'orto interno, in cui si trovano piccole grotte e molti ulivi, Gesù di venne molto triste perché sentì vicina la sua ora. L'angoscia di quel momento si rispecchiava chiaramente sul suo volto. Allora Giovanni gli domandò perplesso:
«Signore, come mai sei così triste, tu che ci hai sempre dato conforto e coraggio e ci hai consolato nei tempi peggiori?».
Egli gli rispose:
«La mia anima è triste fino a morire!»
Guardandosi intorno vide avanzarsi nubi cariche d'immagini orrende: erano le tentazioni della vicina prova. La sua passione spirituale stava per avere inizio. Prima di ritirarsi nella solitudine orante, Gesù disse ai tre:
«Mentre io vado a pregare nel luogo che ho scelto, resta te qui e vegliate: pregate per non cadere nella tentazione. Ricordate che lo spirito è pronto, ma la carne è debole!».
Così dicendo, nella sua sconfinata angoscia interiore, Gesù scese per un piccolo sentiero ed entrò in una grotta profonda sei piedi. Vidi spaventose figure affollare minacciose la stretta caverna dove il Signore si era ritirato a pregare.
Fu qui, ai piedi del monte degli Ulivi, che Adamo ed Eva piansero disperati il loro peccato. Vidi i nostri progenitori nello stesso luogo in cui Gesù depose la sua divinità nelle mani della santissima Trinità, affidando la sua innocente umanità alla giustizia di Dio. Con questo sublime atto di carità il Redentore si donava interamente al Padre quale vittima riparatrice dei nostri peccati.
Tutte le colpe del mondo, commesse dall'uomo fin dal la sua prima caduta, gli apparvero a miriadi nella loro completa mostruosità. Nella sua sconfinata angoscia, Gesù supplicò il Padre celeste di perdonare i pensieri malvagi e le offese degli uomini, offrendogli in cambio la sua suprema espiazione.
La grotta si era affollata di forme spaventose, immagini delle passioni, dei vizi e delle malvagità del genere umano. Vidi il Redentore abbandonarsi alla sua natura umana e prendere sopra di sé le nefandezze del mondo. Era su dato, stremato e angosciato di fronte agli innumerevoli peccati che Satana continuava a mostrargli come sue conquiste, mentre gli diceva:
«Come?!... Anche questo vuoi prendere sopra di te e sopportarne la pena?».
La sua umanità stava già per soccombere sotto l'enorme peso dei nostri peccati, quando un solco di luce chiarissima scese dal cielo, da oriente. Erano le schiere angeliche del paradiso inviate dal Padre celeste per infondere rinnovato vigore al suo Figlio divino. Gesù era al limite del le sofferenze spirituali, il peso delle colpe umane continuava a gravare immensamente su di lui e a causargli dolori atroci, mentre gli spiriti malvagi lo deridevano e i demoni gli facevano sentire la loro orribile voce. Infine, nonostante le spaventose visioni, rincuorato dagli angeli, Gesù misericordioso seppe accogliere tutto su di sé. Egli amò immensamente Dio e anche gli uomini, vittime delle loro stesse passioni.
Il demonio ignorava che Gesù fosse il Figlio di Dio; credendolo soltanto un uomo giusto, lo tentò in tutti i modi come già aveva fatto nel deserto. Satana lasciò scorrere'dinanzi alla santa anima del Signore le sue opere di carità facendole apparire come colpe contro il mondo e contro Dio. Tentò di dimostrargli che esse non sarebbero valse a nulla e non erano state adatte a soddisfare la giustizia divina, anzi erano state causa di scandalo e di rovina per molti.
Come un arguto fariseo, Satana gli rimproverò le mancanze e gli scandali che avevano suscitato i suoi apostoli e i discepoli, i disordini che essi avevano provocato abolendo le antiche usanze e, tra l'altro, incolpò Gesù di aver causato la strage degli innocenti e una vita di tribolazioni ai suoi genitori. Inoltre l'accusò di essersi rifiutato di operare diverse guarigioni e di non aver salvato Giovanni Battista, e così continuò a lungo.
Gesù era rimasto perseverante nell'orazione, pur continuando a sudare con tremiti convulsi. Egli aveva lasciato prevalere la sua infinita misericordia permettendo al demonio di fargli soffrire le pene dei comuni mortali, in particolare dei giusti, i quali in punto di morte dubitano per fino delle loro sante opere.
Atterrito dall'immensa ingratitudine degli uomini verso Dio, il Signore sentì piagare la sua anima e cadde in un violento dolore; allora si alzò e rivolse la sua pena al Padre:
«Abbà, Padre mio, se puoi, allontana da me quest'amaro calice!».
Ma subito soggiunse:
«Sia fatta, però, non la mia, ma la tua volontà!». Sebbene la sua volontà e quella del Padre fossero strettamente congiunte, la natura umana di Gesù tremava di fronte alla morte. Lo vidi sfigurato in volto e le sue labbra erano livide. Barcollando, uscì dalla grotta e si diresse verso i tre apostoli che aveva lasciato fuori.
Vedendoli addormentati, il Signore, estenuato e sopraffatto dalla tristezza, incespicò e cadde vicino a loro.
Ancora circondato dalle tremende visioni, rialzandosi lentamente, Gesù disse:
«Perché dormite? Non potete vegliare nemmeno un'ora? ».
I tre, che frattanto si erano svegliati e si erano levati in fretta, vedendo il Signore trafelato e madido di sudore, sta vano per chiamare gli altri apostoli, ma Gesù fermò Pietro dicendo:
«Non chiamare gli altri, non voglio che mi vedano in queste condizioni, dubiterebbero di me e cadrebbero in tentazione. Ma voi che avete veduto il Figlio dell'uomo nello splendore, potete pure vederlo nell'oscurità e nell'abbandono. Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è sveglio, ma la carne è debole e inferma».
Gesù non ignorava che anche i suoi amati apostoli erano caduti in preda all'angoscia e alla paura. Allora parlò loro con amorevole tristezza, mettendoli al corrente circa la dura lotta della natura umana contro la morte. Dopo un quarto d'ora fece di nuovo ritorno alla grotta. Erano quasi le undici di notte.
I tre apostoli, afflitti, si chiedevano:
«Cosa gli accade per essere così smarrito?».
Si coprirono la testa e si misero a pregare.
Frattanto, nella notte silenziosa di Gerusalemme, Ma ria santissima, Maria Maddalena, Maria figlia di Cleofa, Maria Salomè e Salomè avevano lasciato il cenacolo e si erano recate a casa di Maria, la madre di Marco. Tutte erano molto preoccupate per la sorte di Gesù, in modo particolare Maria santissima, la quale non dubitava più sul tradimento di Giuda.
Con il cuore colmo d'amara tristezza, Gesù dunque era ritornato nella grotta. Si gettò col viso al suolo e, con le braccia distese, pregò il Padre in cielo.
Allora gli angeli consolatori gli mostrarono l'immagine beata dei nostri progenitori nello stato di santa innocenza, ossia quando Dio dimorava ancora nel loro cuore, facendogli vedere come la loro caduta l'avesse deturpata.
In tale contesto il Salvatore vide le indicibili sofferenze che la sua anima avrebbe dovuto superare per redimere l'uomo dal peccato d'origine, causa di tutti i patimenti.
Gli angeli gli fecero notare che l'unica natura umana esente dal peccato era quella del Figlio di Dio, il quale per prendere sopra di sé il debito dell'intera umanità doveva superare la ripugnanza umana per la sofferenza e la morte.
La sua santa anima vide le pene future che sarebbero gravate sugli apostoli, sui discepoli e sui santi martiri. La crescita della Chiesa tra ombre e luci, le eresie, gli scismi e tutte le forme di vanità e le colpe scandalose del clero. La tiepidezza e la malvagità di numerosi sedicenti cristiani. E ancora: la desolazione del regno di Dio sulla terra e le or rende raffigurazioni dell'ingratitudine e degli abusi degli uomini. Con il suo martirio egli avrebbe instaurato nel mondo il precetto salvifico dell'amore e sarebbe stato il Salvatore divino per quanti, nei secoli, avrebbero voluto sfuggire alle fiamme dell'inferno e avvicinarsi alla luce beatifica di Dio.
L'umanità, corrotta dal peccato, che lui si preparava a riscattare col proprio tributo di sofferenze indicibili, si sarebbe potuta salvare solo alla sequela della sua imitazione. Era quindi necessario che egli bevesse quest'amaro calice per trasfigurarsi nella “verità”, nella “porta” e nella “via” al Padre.
Vidi Gesù versare lacrime di sangue di fronte all'immane ingratitudine degli uomini; per quelle moltitudini che l'avrebbero odiato e si sarebbero rifiutate di portare la croce con lui. Egli pativa affinché la sua Chiesa fosse fondata sulla roccia, contro la quale le porte dell'inferno non avrebbero prevalso.
Ecco perché il demonio per provocano gli aveva detto:
«Vuoi davvero soffrire per questa massa d'ingrati?».
Con forte dolore, vidi una fitta schiera di nemici del mio Sposo divino mossi dal fanatismo, dall'idolatria e dall'o dio contro la Chiesa: ciechi, paralitici, sordi, muti e persino fanciulli. Ciechi che non volevano vedere la verità, paralitici che con la verità non volevano camminare, muti per ché si rifiutavano di trasmetterla agli altri e sordi perché rifiutavano di ascoltare le ammonizioni di Dio. I fanciulli crescevano insensibili alle cose divine, istruiti dai genitori e dai maestri alla vana sapienza del mondo. Questi mi fecero maggior compassione perché erano stati oggetto del massimo amore di Gesù.
Non potrei mai finire se volessi raccontare tutti gli oltraggi fatti a Gesù, dai sacerdoti indegni, nel santissimo Sacramento...
Vidi gli angeli che seguivano con il dito le diverse immagini che essi stessi producevano, ma non udivo quel che dicevano; compresi solo che avevano molta compassione per le sofferenze del Signore. Le sofferenze interiori di Gesù, per tali orribili peccati e concupiscenze, furono così intense che il suo corpo versò fiotti di sangue.
Nello stesso tempo vidi la Vergine Maria patire a sua volta l'agonia spirituale del Figlio. La Madre di Gesù si trovava ancora nel giardino di Maria di Marco e veniva con solata dalle pie donne, particolarmente dalla padrona di casa e dalla fedele Maria Maddalena. Perse più volte i sensi mentre sollevava le mani imploranti verso il Getsemani.
Anche Gesù, con molto trasporto, contemplava nello spirito le pene della sua santa Madre.
Fu una visione intensa e molto commovente.
Gli Otto apostoli, sbigottiti e afflitti dal dubbio, teme vano per la sorte di Gesù e per la loro. Essi si chiedevano:
«Che faremo, se il Maestro verrà arrestato e morirà? Abbiamo rinunciato a tutto per seguirlo e adesso siamo poveri ed esposti al ridicolo. Forse abbiamo sbagliato affidandoci completamente a lui».
Fu così che gli apostoli entrarono in tentazione e si misero a cercare un nascondiglio. Anche i discepoli furono assaliti da un grande sconforto e andavano in giro per Gerusalemme con l'intento di apprendere qualche notizia in torno alla sorte del Redentore.
Mancava poco alla mezzanotte. Gesù continuava l'intimo colloquio con il Padre celeste, allorché si aprì la terra sotto di lui e si trovò all'improvviso su un sentiero luminoso che scendeva nel limbo. Il Maestro divino scorse Adamo ed Eva, gli antichi patriarchi, i profeti e i giusti, i genitori di sua Madre, Giovanni Battista e una moltitudine di sacerdoti, di martiri, di beati e di santi della futura Chiesa. Tutti avevano il capo cinto dalle corone del santo trionfo, conseguite grazie alle sofferenze patite e alla perseverante lotta contro il male. Lo splendore ditale trionfo era legato unicamente ai meriti della sua prossima passione. Essi lo circondarono, esortandolo a compiere il sacrificio del suo sangue, sorgente di redenzione e di vita spirituale per tutti gli uomini di buona volontà. Questa visione rinvigorì Gesù che stava soggiacendo all'abbattimento umano. Dopo quelle confortanti scene, gli angeli gli mostrarono in tutti i particolari la passione che avrebbe subito tra poco. Quando il divino sofferente si vide inchiodato sulla croce completamente nudo per espiare l'impudicizia degli uomini, pregò fervorosamente il Padre di risparmiargli quell'immane umiliazione. Questa preghiera sarebbe stata esaudita per l'intervento di un uomo pietoso che l'avrebbe coperto.
Dopo la visione del suo martirio sulla croce anche gli angeli lo abbandonarono. Egli cadde a terra sfinito come se fosse moribondo: il suo corpo era agonizzante e in preda a un tremito convulso. Vidi la grotta illuminata da tenui raggi lunari.
All'improvviso un'altra luce illuminò la grotta: era un angelo inviato da Dio, indossava abiti sacerdotali e aveva nelle mani un piccolo calice. Senza discendere al suolo, la creatura celeste accostò il calice alle labbra di Gesù e, ciò fatto, disparve. Così il Signore aveva accettato il calice delle sue pene, dal quale ne trasse straordinarie energie. Restò ancora per alcuni minuti in atto di gratitudine verso il Padre celeste, poi si rialzò, si asciugò il volto con un sudario e fece ritorno dagli apostoli. Quando Gesù uscì dal la grotta, vidi la sua faccia pallidissima e spettrale: destava profonda compassione; notai però che il suo passo era diritto. La luce lunare e lo splendore delle stelle mi apparvero molto più naturali.
Pietro, Giacomo e Giovanni, spossati dall'angoscia, era no caduti di nuovo nel torpore e si erano assopiti con la te sta coperta. Gesù, pieno di amarezza, li chiamò ancora una volta e disse loro che non era il momento di dormire ma di pregare, perché l'ora della verità era venuta. Li avvertì che egli si sarebbe consegnato ai suoi nemici senza opporre resistenza; chiese che assistessero sua Madre ed ebbe parole di compassione per il traditore. Ma Pietro gridò:
«Noi ti difenderemo, vado a chiamare gli altri!».
Gesù lo fermò e gli fece segno di guardare nella valle,dall'altra parte del torrente Cedron, dove una masnada di armati si avvicinava alla luce di una lanterna.
6-56 Agosto 4, 1904 La gloria dei beati in Cielo sarà a seconda dei modi come si sono comportati con Dio sulla terra. Dallo stesso modo che Dio è per l’anima, si può vedere come l’anima è per Dio.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina, avendo venuto il benedetto Gesù mi ha trasportato fuori di me stessa, e prendendomi con la mano mi ha condotto fin sotto la volta del cielo, da dove si vedevano i beati, si sentiva il loro canto. Oh! come i beati nuotavano in Dio, si vedeva la vita loro in Dio, e la vita di Dio in loro, solo questo pare a me tutto l’essenziale della loro felicità. Mi pare pure che ciascun beato è un nuovo cielo in quel beato soggiorno, ma tutti distinti tra loro, non c’è uno simile ad un altro, e questo ne avviene a secondo dei modi che si sono comportati con Dio sulla terra: Uno ha cercato d’amarlo di più, questo l’amerà di più in cielo e riceverà da Dio sempre nuovo e più crescente amore, da restare questo cielo con una tinta e lineamento divino tutto speciale. Un altro ha cercato di glorificarlo di più, Iddio benedetto le darà sempre più crescente gloria, da restare questo nuovo cielo più glorioso e glorificato dalla stessa gloria divina. E così di tutti gli altri modi distinti che ciascuno ha tenuto con Dio in terra, che se io volessi dire tutto, andrei troppo per le lunghe. Sicché si può dire che ciò che per Dio si fa in terra, lo continueremo in Cielo, ma con perfezione maggiore, onde il bene che facciamo non è temporaneo, ma durerà in eterno e risplenderà innanzi a Dio ed intorno a noi continuamente. Oh! come saremo felici vedendo che tutto il nostro bene e la gloria che diamo a Dio, e la nostra, ne viene da quel poco di bene principiato imperfettamente sulla terra; se tutti lo potessero vedere, oh! come si affretterebbero di più ad amare, lodare, ringraziare, ed altro il Signore, per poterlo fare con maggiore intensità in Cielo. Ma chi può dire tutto? Anzi mi pare che sto dicendo tanti spropositi di quel beato soggiorno, la mente lo tiene in un modo, la bocca non trova le parole per sapersi manifestare, perciò passo innanzi.
(2) Onde dopo mi ha trasportato in terra. Oh! come i guai della terra sono raccapriccianti in questi tristi tempi, eppure pare niente ancora a confronto di quello che verrà, tanto nello stato religioso, che pare che lacereranno a brani a brani questa buona e santa madre, la Chiesa, i suoi stessi figli; tanto nello stato secolare. Onde, dopo ciò mi ha ricondotto in me stessa e mi ha detto:
(3) “Dimmi un po’ in qual modo, figlia mia, Io sono per te?”
(4) Ed io: “Tutto, tutto sei per me, nessuna cosa mi entra, tutto scorre fuori, fuorché Tu solo”.
(5) E Lui: “Ed Io sono tutto, tutto per te, niente di te esce fuori di Me, ma tutto mi delizio in te. Sicché dallo stesso modo che Io sono per te, puoi vedere come tu sei per Me”.
(6) Detto ciò ha scomparso.