Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Gesù, non lasciarmi mai sola quando soffro! Tu conosci la mia assoluta nullità , conosci l'abisso della mia miseria. La mia debolezza è tanto grande, che non c'è davvero da stupirsi se io cadrò, lasciata sola. Sono impotente, mio Signore, e non so, da sola, comportarmi bene. In te confido, e a te m'abbandono! (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 24° settimana del tempo ordinario (Santi Cornelio e Cipriano)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 23

1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:2"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattéri e allungano le frange;6amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente.8Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.9E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.10E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.11Il più grande tra voi sia vostro servo;12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

13Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci14.
15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
16Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.17Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?18E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.19Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?20Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;21e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.22E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
23Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.24Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.28Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
29Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,30e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;31e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.32Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!

33Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?34Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città;35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l'altare.36In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.

37Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!38Ecco: 'la vostra casa vi sarà lasciata deserta!'39Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".


Primo libro dei Maccabei 6

1Il re Antioco intanto percorreva le regioni settentrionali e seppe che c'era in Persia la città di Elimàide, famosa per ricchezza e argento e oro;2che vi era un tempio ricchissimo, dove si trovavano armature d'oro, corazze e armi, lasciate là da Alessandro figlio di Filippo, il re macedone, che aveva regnato per primo sui Greci.3Allora vi si recò e cercava di impadronirsi della città e di depredarla, ma non vi riuscì, perché il suo piano fu risaputo dagli abitanti della città,4che si opposero a lui con le armi; egli fu messo in fuga e dovette partire di là con grande tristezza e tornare in Babilonia.5Poi venne un messaggero in Persia ad annunciargli che erano state sconfitte le truppe inviate contro Giuda,6che Lisia si era mosso con un esercito tra i più agguerriti ma era rimasto sconfitto davanti a loro e che quelli si erano rinforzati con armi e truppe e bottino ingente, riportato dagli accampamenti che avevano distrutti;7che inoltre avevano demolito l'idolo da lui innalzato sull'altare in Gerusalemme, che avevano circondato con mura alte come prima il santuario e anche Bet-Zur, che era una sua città.8Il re, sentendo queste novità, rimase sbigottito e scosso terribilmente; si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo i suoi desideri.9Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire.10Allora chiamò tutti i suoi amici e disse loro: "Se ne va il sonno dai miei occhi e ho l'animo oppresso dai dispiaceri;11ho pensato: in quale tribolazione sono giunto, in quale terribile agitazione sono caduto io che ero sì fortunato e benvoluto sul mio trono!12Ora mi ricordo dei mali che ho fatto in Gerusalemme, portando via tutti gli arredi d'oro e d'argento che vi erano e mandando a sopprimere gli abitanti di Giuda senza ragione.13Riconosco che a causa di tali cose mi colpiscono questi mali: ed ecco muoio nella più nera tristezza in paese straniero".
14Poi chiamò Filippo, uno dei suoi amici, lo costituì reggente su tutto il suo regno15e gli diede il diadema e la veste regia e l'anello con l'incarico di guidare Antioco suo figlio e di educarlo al regno.16Il re Antioco morì in quel luogo nel centoquarantanove.17Lisia fu informato che il re era morto e dispose che regnasse Antioco figlio di lui, che egli aveva educato fin da piccolo, e lo chiamò Eupàtore.
18Ora coloro che risiedevano nell'Acra impedivano il passaggio degli Israeliti intorno al tempio e cercavano di molestarli continuamente e di sostenere gli stranieri.19Giuda si propose di eliminarli e radunò in assemblea tutto il popolo per stringerli d'assedio.20Si organizzarono dunque e posero l'assedio attorno all'Acra nell'anno centocinquanta e Giuda fece costruire terrapieni e macchine.21Ma alcuni di loro sfuggirono all'assedio e si unirono ad essi alcuni rinnegati d'Israele22e andarono dal re e gli dissero: "Fino a quando non farai giustizia e vendetta dei nostri fratelli?23Noi siamo stati lieti di servire tuo padre e di comportarci secondo i suoi comandi e di obbedire ai suoi editti.24A causa di questo i figli del nostro popolo hanno posto assedio alla fortezza e si sono estraniati da noi; inoltre uccidono quanti di noi capitano nelle loro mani e si dividono i nostri averi.25E non soltanto contro di noi allungano le mani, ma anche su tutto il tuo territorio.26Ed ecco, ora hanno posto il campo contro l'Acra in Gerusalemme per espugnarla e hanno fortificato il santuario e Bet-Zur.27Se tu non sarai sollecito nel prevenirli, faranno peggio e non li potrai più arrestare".
28Il re si adirò, quando ebbe sentito ciò, e radunò tutti i suoi amici, comandanti dell'esercito e della cavalleria.29Anche dagli altri regni e dalle isole del mare gli giunsero truppe mercenarie.30Gli effettivi del suo esercito assommavano a centomila fanti, ventimila cavalli e trentadue elefanti addestrati alla guerra.31Passarono per l'Idumea e posero il campo contro Bet-Zur; attaccarono per molti giorni e allestirono macchine; ma quelli uscivano, le incendiavano e contrattaccavano con valore.32Giuda allora levò il campo dall'Acra e lo trasferì a Bet-Zaccaria di fronte al campo del re.33Ma il re si mosse alle prime luci del mattino e trasferì lo schieramento con impeto lungo la strada di Bet-Zaccaria; le truppe si disposero a battaglia e suonarono le trombe.34Posero innanzi agli elefanti succo d'uva e di more per stimolarli al combattimento.35Distribuirono le bestie tra le falangi e affiancarono a ciascun elefante mille uomini protetti da corazze a maglia e da elmi di bronzo in testa e cinquecento cavalieri scelti disposti in ordine intorno a ciascuna bestia:36questi in ogni caso si tenevano ai lati della bestia e, quando si muoveva, si spostavano insieme senza allontanarsi da essa.37Sopra ogni elefante vi erano solide torrette di legno, protette dagli attacchi, legate con cinghie, e su ogni torretta stavano quattro soldati, che di là bersagliavano, e un conducente indiano.38Il resto della cavalleria si dispose di qua e di là sui due fianchi dello schieramento, per terrorizzare i nemici e proteggere le falangi.39Quando il sole brillava sugli scudi d'oro e di bronzo, ne risplendevano per quei riflessi i monti e brillavano come fiaccole ardenti.40Un distaccamento delle truppe del re si dispose sulle cime dei monti, un altro nella pianura e avanzavano sicuri e ordinati.41Tremavano quanti sentivano il frastuono di quella moltitudine e la marcia di tanta gente e il cozzo delle armi: era veramente un esercito immenso e forte.42Giuda con le sue truppe si avvicinò per attaccare lo schieramento e caddero nel campo del re seicento uomini.43Eleàzaro, chiamato Auaran, vide uno degli elefanti, protetto di corazze regie, sopravanzare tutte le altre bestie e pensò che sopra ci fosse il re;44volle allora sacrificarsi per la salvezza del suo popolo e procurarsi nome eterno.45Corse dunque là con coraggio attraverso la falange e colpiva a morte a destra e a sinistra, mentre i nemici si dividevano davanti a lui, ritirandosi sui due lati.46Egli s'introdusse sotto l'elefante, lo infilò con la spada e lo uccise; quello cadde sopra di lui ed Eleàzaro morì.
47Ma vedendo la potenza delle forze del re e l'impeto delle milizie, i Giudei si ritirarono.
48Allora i reparti dell'esercito del re salirono per attaccarli a Gerusalemme e il re si accampò contro la Giudea e il monte Sion.49Fece pace con quelli che erano in Bet-Zur, i quali uscirono dalla città, non avendo più vettovaglie per sostenere l'assedio: la terra infatti era nel riposo dell'anno sabbatico.50Il re s'impadronì di Bet-Zur e vi pose un presidio a guardia.51Intanto si accampò contro il santuario per molto tempo e allestì terrapieni e macchine, lanciafiamme e baliste, scorpioni per lanciar frecce e fionde.52Anche i difensori opposero macchine alle loro macchine e i combattimenti durarono molti giorni.53Ma non c'erano più viveri nei depositi poiché era in corso l'anno sabbatico e coloro che erano arrivati in Giudea per sfuggire ai pagani avevano consumato il resto delle provviste.54Furono allora lasciati pochi uomini nel santuario, perché li aveva sorpresi la fame, e gli altri si dispersero ciascuno al suo paese.
55Lisia poi venne a sapere che Filippo, designato dal re Antioco, ancora in vita, per educare Antioco suo figlio e prepararlo al regno,56era tornato dalla Persia e dalla Media; c'era con lui l'esercito partito con il re ed egli cercava di prendere in mano il governo.57Allora mostrò fretta e accennò di voler partire e disse al re e ai comandanti dell'esercito e ai soldati: "Noi ci esauriamo di giorno in giorno: il cibo è scarso e il luogo che assediamo è ben munito, mentre gli affari del regno ci premono.58Ora dunque offriamo la destra a questi uomini e facciamo pace con loro e con tutto il loro popolo59e permettiamo loro di seguire le loro tradizioni come prima; proprio per queste tradizioni che noi abbiamo cercato di distruggere, essi si sono irritati e hanno provocato tutto questo".60La proposta piacque al re e a tutti i capi e mandò a negoziare la pace con loro ed essi accettarono.61Il re e i capi giurarono davanti a loro ed essi a tali patti uscirono dalla fortezza.62Ma quando il re fece l'ingresso sul monte Sion e vide le fortificazioni del luogo, violò il giuramento che aveva fatto e impose la distruzione delle mura all'intorno.63Poi partì in fretta e fece ritorno ad Antiochia; vi trovò Filippo padrone della città, gli fece guerra e s'impadronì della città con la forza.


Sapienza 3

1Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
2Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
3la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
4Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
5Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
6li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto.
7Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
8Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli
e il Signore regnerà per sempre su di loro.
9Quanti confidano in lui comprenderanno la verità;
coloro che gli sono fedeli
vivranno presso di lui nell'amore,
perché grazia e misericordia
sono riservate ai suoi eletti.
10Ma gli empi per i loro pensieri riceveranno il castigo,
essi che han disprezzato il giusto
e si son ribellati al Signore.
11Chi disprezza la sapienza e la disciplina è infelice.
Vana la loro speranza e le loro fatiche senza frutto,
inutili le opere loro.
12Le loro mogli sono insensate,
cattivi i loro figli,
maledetta la loro progenie.

13Beata la sterile non contaminata,
la quale non ha conosciuto un letto peccaminoso;
avrà il suo frutto alla rassegna delle anime.
14Anche l'eunuco, la cui mano non ha commesso iniquità
e che non ha pensato cose malvage contro il Signore,
riceverà una grazia speciale per la sua fedeltà,
una parte più desiderabile nel tempio del Signore;
15poiché il frutto delle opere buone è glorioso
e imperitura la radice della saggezza.
16I figli di adulteri non giungeranno a maturità;
la discendenza di un'unione illegittima sarà sterminata.
17Anche se avranno lunga vita, non saran contati per niente,
e, infine, la loro vecchiaia sarà senza onore.
18Se poi moriranno presto, non avranno speranza
né consolazione nel giorno del giudizio,
19poiché di una stirpe iniqua è terribile il destino.


Salmi 33

1Esultate, giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.
2Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate.
3Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.

4Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
6Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.

8Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.
10Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
11Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.

12Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.
13Il Signore guarda dal cielo,
egli vede tutti gli uomini.
14Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
15lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere.

16Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.
17Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.
18Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
19per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

20L'anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
22Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.


Gioele 4

1Poiché, ecco, in quei giorni e in quel tempo,
quando avrò fatto tornare i prigionieri di Giuda
e Gerusalemme,
2riunirò tutte le nazioni
e le farò scendere nella valle di Giòsafat,
e là verrò a giudizio con loro
per il mio popolo Israele, mia eredità,
che essi hanno disperso fra le genti
dividendosi poi la mia terra.

3Hanno tirato a sorte il mio popolo e hanno dato un fanciullo in cambio di una prostituta, han venduto una fanciulla in cambio di vino e hanno bevuto.

4Anche voi, Tiro e Sidòne, e voi tutte contrade della Filistea, che siete per me? Vorreste prendervi la rivincita e vendicarvi di me? Io ben presto farò ricadere sul vostro capo il male che avete fatto.5Voi infatti avete rubato il mio oro e il mio argento, avete portato nei vostri templi i miei tesori preziosi;6avete venduto ai Greci i figli di Giuda e i figli di Gerusalemme per mandarli lontano dalla loro patria.7Ecco, io li richiamo dalle città, dal luogo dove voi li avete venduti e farò ricadere sulle vostre teste il male che avete fatto.8Venderò i vostri figli e le vostre figlie per mezzo dei figli di Giuda, i quali li venderanno ai Sabei, un popolo lontano. Il Signore ha parlato.

9Proclamate questo fra le genti:
chiamate alla guerra santa,
incitate i prodi,
vengano, salgano tutti i guerrieri.
10Con le vostre zappe fatevi spade
e lance con le vostre falci;
anche il più debole dica: io sono un guerriero!11Svelte, venite, o genti tutte, dai dintorni
e radunatevi là!
Signore, fa' scendere i tuoi prodi!
12Si affrettino e salgano le genti
alla valle di Giòsafat,
poiché lì siederò per giudicare
tutte le genti all'intorno.
13Date mano alla falce,
perché la messe è matura;
venite, pigiate,
perché il torchio è pieno
e i tini traboccano...
tanto grande è la loro malizia!
14Folle e folle
nella Valle della decisione,
poiché il giorno del Signore è vicino
nella Valle della decisione.

15Il sole e la luna si oscurano
e le stelle perdono lo splendore.
16Il Signore ruggisce da Sion
e da Gerusalemme fa sentire la sua voce;
tremano i cieli e la terra.
Ma il Signore è un rifugio al suo popolo,
una fortezza per gli Israeliti.
17Voi saprete che io sono il Signore
vostro Dio
che abito in Sion, mio monte santo
e luogo santo sarà Gerusalemme;
per essa non passeranno più gli stranieri.

18In quel giorno
le montagne stilleranno vino nuovo
e latte scorrerà per le colline;
in tutti i ruscelli di Giuda
scorreranno le acque.
Una fonte zampillerà dalla casa del Signore
e irrigherà la valle di Sittìm.
19L'Egitto diventerà una desolazione
e l'Idumea un brullo deserto
per la violenza contro i figli di Giuda,
per il sangue innocente sparso nel loro paese,
20mentre Giuda sarà sempre abitato
e Gerusalemme di generazione in generazione.
21Vendicherò il loro sangue, non lo lascerò impunito
e il Signore dimorerà in Sion.


Atti degli Apostoli 26

1Agrippa disse a Paolo: "Ti è concesso di parlare a tua difesa". Allora Paolo, stesa la mano, si difese così:2"Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi discolpare da tutte le accuse di cui sono incriminato dai Giudei, oggi qui davanti a te,3che conosci a perfezione tutte le usanze e questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza.4La mia vita fin dalla mia giovinezza, vissuta tra il mio popolo e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei;5essi sanno pure da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione.6Ed ora mi trovo sotto processo a causa della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri,7e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. Di questa speranza, o re, sono ora incolpato dai Giudei!8Perché è considerato inconcepibile fra di voi che Dio risusciti i morti?
9Anch'io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno,10come in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l'autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch'io ho votato contro di loro.11In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all'eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere.
12In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con autorizzazione e pieni poteri da parte dei sommi sacerdoti, verso mezzogiorno13vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio.14Tutti cademmo a terra e io udii dal cielo una voce che mi diceva in ebraico: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo.15E io dissi: Chi sei, o Signore? E il Signore rispose: Io sono Gesù, che tu perseguiti.16Su, alzati e rimettiti in piedi; ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora.17Per questo ti 'libererò' dal popolo e 'dai pagani, ai quali ti mando'18'ad aprir' loro 'gli occhi', perché passino 'dalle tenebre alla luce' e dal potere di satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l'eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me.
19Pertanto, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste;20ma prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di convertirsi e di rivolgersi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione.21Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi.22Ma l'aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null'altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere,23che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani".

24Mentr'egli parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: "Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!".25E Paolo: "Non sono pazzo, disse, eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge.26Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso che niente di questo gli sia sconosciuto, poiché non sono fatti accaduti in segreto.27Credi, o re Agrippa, nei profeti? So che ci credi".28E Agrippa a Paolo: "Per poco non mi convinci a farmi cristiano!".29 E Paolo: "Per poco o per molto, io vorrei supplicare Dio che non soltanto tu, ma quanti oggi mi ascoltano diventassero così come sono io, eccetto queste catene!".
30Si alzò allora il re e con lui il governatore, Berenìce, e quelli che avevano preso parte alla seduta31e avviandosi conversavano insieme e dicevano: "Quest'uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene".32E Agrippa disse a Festo: "Costui poteva essere rimesso in libertà, se non si fosse appellato a Cesare".


Capitolo III: L'ammaestramento della verità

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 1.     Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.

   2.     Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.

   3.     In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.


LETTERA 34: Agostino si lamenta con Eusebio perché un giovane furibondo e snaturato sia stato ribattezzato dai Donatisti

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta dopo la precedente.

Agostino, ardentemente desideroso della pace e dell'unità della Chiesa (n. 1), si lamenta con Eusebio perché un giovane furibondo e snaturato, che aveva l'abitudine di battere la madre, minacciata perfino di morte, sia stato ribattezzato dai Donatisti (n. 2), colpendo al cuore la madre Chiesa (n. 3); Agostino lo prega d'informarsi se il fatto è avvenuto per ordine di Proculiano e di sollecitare dallo stesso un dibattito per trattare tutta la questione, pronto a farsi sostituire dal vescovo Sansucio (n. 4-6).

AGOSTINO ALL'ESIMIO, RAGGUARDEVOLISSIMO E ONORANDO FRATELLO EUSEBIO

Desiderio di pace e di unità cristiana.

1. Dio solo, cui son palesi i segreti del cuore umano, sa che quanto io amo la pace cristiana altrettanto sono addolorato delle azioni sacrileghe di coloro che, in modo indegno ed empio, persistono nella rottura di questa pace. Dio sa pure che questo mio dolore nasce da un sentimento di pace e che non agisco per costringere alcuno a tornare contro sua volontà nella comunione della Chiesa Cattolica, ma affinché a tutti gli erranti appaia chiara la verità, e, una volta resa manifesta mediante il nostro ministero con l'aiuto di Dio, persuada da se stessa a farsi abbracciare e seguire.

Lo sventurato giovane ribattezzato dai Donatisti.

2. Ora, per non parlare d'altro, ti domando che cosa può esserci di più esecrando di quel che accade in questi tempi? Un giovane dissennato vien ripreso dal proprio vescovo perché batte continuamente la madre e non tiene lontane dal seno, che gli ha dato la vita, l'empie sue mani neppure nei giorni in cui la severità delle leggi perdona perfino i più scellerati. È arrivato perfino a minacciare la madre di passare nella sètta di Donato e di toglierla di mezzo, non contento di percuoterla, al solito, con incredibile furore. La minaccia, passa nella sètta di Donato, viene ribattezzato in preda al furore, è rivestito della veste candida, mentre ancora freme d'ira contro il sangue materno. Lo si mette nel coro su d'un'alta pedana per mostrarlo all'assemblea dei fedeli, che scoppiano in gemiti, e mentre questo figlio scellerato medita il matricidio, lo si presenta come spiritualmente rigenerato!

Dovere di denunciare i misfatti d'un apostata.

3. Orbene, potresti approvare simili mostruosità tu che hai un animo così nobile? Mai e poi mai potrei credere di te una simile assurdità: conosco bene la tua saggezza! Una madre secondo la carne viene percossa nelle membra con cui ha generato e allevato il figlio snaturato; la Chiesa, madre spirituale, riprova tale comportamento; ed eccola anch'essa percossa nei sacramenti, coi quali ha dato vita e nutrimento all'ingrato! E non ti pare di averlo sentito gridare pieno di rabbia e di furore parricida: "Che farò dunque alla Chiesa, che mi proibisce di battere mia madre? Ho trovato quel che ho da fare! Sarà ferita anch'essa con tutte le offese possibili; s'avveri in me qualcosa per cui le sue membra abbiano a soffrire! Passerò nella sètta di coloro che sanno cancellare la grazia per cui divenni figlio della Chiesa, che sanno distruggere il carattere che presi nel suo grembo. In tal modo strazierò con fieri tormenti tutte e due le mie madri: per prima mi piangerà morto quella che mi ha generato dopo. Per addolorare questa, morrò spiritualmente; per torturare quella vivrò carnalmente". Cosa altro aspettiamo, stimatissimo Eusebio, se non che costui, sentendosi ormai sicuro perché Donatista, impugni le armi contro la povera donna, ormai vecchia decrepita, vedova, priva d'aiuto, di percuoterla quale gli era proibito quand'era nella Chiesa cattolica? Qual altro progetto poteva in realtà concepire nell'animo furibondo, allorché diceva alla madre: "Passerò nella sètta di Donato e berrò il tuo sangue"? Eccolo: già sanguinario nella coscienza, rivestito della veste candida, ha già mantenuto la prima parte della sua promessa; gli resta solo la seconda, cioè bere il sangue di sua madre. Se dunque si approvano certe azioni, venga pure spinto dai suoi chierici e santificatosi a compiere tutto quello che ha promesso durante gli otto giorni in cui deve portare il suo abito bianco.

L'orrendo misfatto.

4. La destra del Signore, tuttavia, è potente a tenere lontano da questa povera e desolata vedova il furore di codesto sciagurato e a distoglierlo, coi mezzi a Lui noti, da un disegno sì criminale. Io però, colpito da tanta angoscia, cos'altro potrei fare che alzare la mia voce di protesta? Dunque, gli apostati commettono tali misfatti, e a me si viene a dire: "Sta zitto"? Il Signore tenga lontano da me tale demenza, per cui, mentre Egli per bocca del suo Apostolo mi comanda dicendo che dal vescovo devono essere confutati quelli che insegnano cose sconvenienti 1, io me ne stia zitto per paura delle loro indignate minacce! Ho voluto che questa sacrilega scelleratezza fosse registrata nei verbali degli atti pubblici proprio perché specialmente in altre città, ove sarà più opportuno parlarne, nessuno abbia a pensare che io deplori dei fatti immaginari; perfino ad Ippona, infatti, si va già dicendo che non fu Proculiano a ordinare ciò, mentre la cosa è stata riferita ufficialmente nei registri municipali dagli ufficiali di pubblica sicurezza.

Invito a Proculiano per l'unità cristiana.

5. Orbene, che cosa possiamo fare con più moderazione che trattare un affare sì grave per mezzo di te, rivestito come sei di autorità tanto spiccata e dotato di profonda e tranquilla prudenza? Ti chiedo quindi, come t'ho già fatto chiedere per mezzo dei nostri fratelli, persone buone ed oneste inviate appositamente, che ti degni d'indagare se Vittore abbia ricevuto questo mandato dal suo Vescovo, come ha riferito, oppure gli ufficiali civili abbiano registrato il falso negli Atti pubblici, nonostante che appartengano alla stessa comunione. Se poi Proculiano acconsentisse a trattare insieme e pacificamente la questione dello scisma, lo farei volentieri, affinché apparisse ancor più manifesto l'errore già di per sé evidente. Ho infatti sentito dire che, per evitare qualunque tumulto popolare, propone che siano presenti alle nostre discussioni solo dieci persone serie e onorate per ciascuna delle due parti e cerchiamo quale, secondo le Sacre Scritture, sia vera dottrina. Alcuni inoltre hanno riferito che Proculiano ha avuto da ridire perché non sono andato a Costantina, dal momento che i Donatisti vi s'erano riuniti in gran numero, e dice che dovrei recarmi a Mileo, perché lì, come essi affermano, terranno prossimamente un concilio. Ma queste sono chiacchiere ridicole; come se il mio compito fosse di occuparmi di loro e non della Chiesa d'Ippona! Quanto alla presente questione, essa riguarda soprattutto me e Proculiano. Nel caso però ch'egli si ritenesse impari a cimentarsi con me, potrebbe ricorrere, qualora lo preferisse, all'aiuto di qualche collega. In realtà nelle altre città la nostra azione si svolge solo nell'interesse della Chiesa o di quel che ci permettono o ci impongono i vescovi delle medesime città, nostri fratelli nel sacerdozio.

Propone il Vescovo Sansucio, illetterato, a far le sue veci.

6. Del resto non comprendo bene che cosa costui, che dice di essere vescovo da tanti anni, possa temere da parte d'un vescovo novellino quale sono io, per rifiutarsi d'intrattenere una discussione con me. Teme per caso la mia cultura letteraria, che forse non ha imparato per nulla o solo superficialmente? Ma quale importanza può avere la cultura nella questione che si deve discutere sulla base della Sacra Scrittura o di documenti ecclesiastici o pubblici, cosa di cui egli s'occupa da tanti anni e in cui perciò dovrebbe essere ben più versato di me? C'è finalmente qui il mio fratello e collega Sansucio, vescovo della Chiesa di Turri, il quale non possiede la minima cultura letteraria, che costui dice di temere. Ebbene, sia pure questo vescovo a incontrarsi e a trattare con lui! Io lo pregherò e, come spero nel nome di Cristo, mi concederà senz'altro di far le mie veci in questa faccenda. Il Signore poi, come spero, lo aiuterà in questo dibattito per la verità, perché, anche se non è raffinato nel parlare, è però assai versato nella vera fede. Non c'è dunque alcun motivo perché Proculiano rimetta il dibattito della questione ad altri e rifiuti di trattare tra noi ciò che del resto è solo di nostra competenza. A ogni modo, come già ho detto, io non escludo neppure coloro di cui domanderà l'aiuto.

 

1 - Tt 1, 9-11.


Le rivelazioni: Parte 2

Le rivelazioni - Santa Brigida

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Maria simile a un fiore da cui le api colgono la dolcezza

La Madre di Dio parla: «Io sono la Regina e la Madre di misericordia. Mio Figlio, Creatore di tutte le cose, è commosso da tutta la dolcezza che c'è in me che mi ha dato la comprensione spirituale di tutte le cose create. Così somiglio a un fiore, da cui le api colgono la dolcezza; sebbene esse ne prendano molta, la dolcezza non finisce mai; allo stesso modo sono in grado di prodigare le grazie a tutti, e ne ho in sovrabbondanza. I miei eletti sono come le api e, con tutta la devozione di cui sono capaci, sono sensibili a qualsiasi cosa minacci il mio onore; poiché come le api essi lavorano con grande cura, facendo tutto ciò di cui sono capaci. Essi hanno anche due ali, ossia sono talmente umili che si ritengono indegni di lodarmi, ed obbediscono a chiunque per quanto riguarda il mio onore. Essi hanno, infine, un pungiglione, e se ne sono privi, muoiono. Allo stesso modo, gli amici di Dio sono sommersi da un mare di tribolazioni mondane, di cui non saranno privati in vita, affinché possano conservare le loro virtù; ma lui, che è oceano e Dio di ogni consolazione, li consolerà». Libro IV, 86

 

Prerogative della Madre di Dio

«Dunque vi chiedete perché io abbia avvantaggiato con grandi prerogative la Madre di Dio, mettendola al di sopra e al di là di tutte le creature: ebbene in lei c'era un segno incontrovertibile e vero della virtù; infatti, così come il fuoco si accende all'improvviso quando il legno è disposto bene, così il fuoco del mio amore si accese in mia Madre con maggiore ardore, poiché ella era disposta meglio di chiunque altro: allorché l'amore divino, di per sé immutabile ed eterno, iniziò a comparire e a bruciare quando la mia divinità si incarnò, non c'era creatura più idonea e maggiormente in grado della Santa Vergine di ricevere le fiamme del mio amore, poiché nessuna aveva tanta carità come lei; e sebbene il suo amore si fosse manifestato alla fine dei tempi, ella era conosciuta prima ancora che iniziasse il tempo stesso, e come tale era predefinita da sempre nella divinità; così come nessuna la eguagliava in amore, ella non ha avuto pari in grazia e in benedizione». Libro V, 3

 

Maria incorona suo Figlio

Parla il Figlio di Dio e dice: «Sono stato incoronato re nella mia divinità, senza inizio e senza fine. Questa corona simboleggia la mia potenza, che è ineguagliabile. Ho tenuto un'altra corona in me, ossia me stesso. Ora, tale corona è stata preparata per l'anima che avrebbe provato un’immensa carità e un grandissimo amore nei miei confronti. Sei tu, Madre mia, che hai meritato e guadagnato questa corona, con la giustizia e l'amore, poiché gli angeli ne rendono testimonianza, e i santi dicono che la tua carità e il tuo amore sono stati più ardenti nei miei confronti, e la tua castità più pura e più eccelsa di quella di chiunque altro, ed essa mi è piaciuta ed è gradita più di tutte. La tua testa è come i raggi del sole, perché la tua verginità purissima in te è guida delle altre virtù, le quali si sono manifestate davanti a me e mi sono particolarmente piaciute con l'umiltà che le ha sempre accompagnate. Per questo a ragion veduta ti chiamano Regina, incoronata sopra ogni altra creatura. Tu sei Regina grazie alla tua purezza e sei stata incoronata per la tua perfezione. Il tuo viso era di una bellezza incomparabile e di un candore mirabile, simbolo del pudore della tua coscienza, in cui c'era la pienezza della scienza umana, e la dolcezza della saggezza divina risplendeva su ogni cosa nella tua bellezza. Davanti a mio Padre, i tuoi occhi erano così luminosi che ci si specchiava in essi, e gli occhi della tua anima erano così splendenti che mio Padre vedeva in essi che la tua volontà non voleva e non desiderava altri che lui. Le tue orecchie erano purissime e aperte come finestre chiarissime, quando Gabriele ti ha comunicato la mia volontà; e quando io, Dio, mi sono incarnato in te, le tue gote hanno assunto una bellezza perfetta e piacevole, dovuta alla simmetria e all'accostamento dei due colori, il bianco e il rosso, ossia alla fama delle tue lodevoli opere di bene. Il fulgore delle tue abitudini, che cresceva di giorno in giorno, mi è piaciuto in modo indicibile. Certamente, il Padre eterno si rallegrava per la bellezza dei tuoi costumi; egli non ha mai distolto gli occhi da te e, grazie alla tua carità, tutti hanno ricevuto l'amore. La tua bocca era come una lampada ardente all'interno e rilucente all'esterno, perché intimamente le parole e gli affetti della tua anima sono state ardenti grazie al fuoco della divinità, ed esteriormente splendevano per la lodevole disposizione dei gesti del tuo corpo, e per il dolce e gentile accordo delle tue virtù. In verità, Madre carissima, le parole pronunciate dalla tua bocca hanno attratto in qualche modo la mia divinità, e il favore della tua dolcezza divina non mi separava mai da te. Il tuo collo tendeva in alto in modo eccellente, poiché la giustizia della tua anima è interamente rivolta a me, e si muove secondo la mia volontà; la tua anima non è stata mai incline alla superbia, poiché, così come il collo si china sotto la testa, allo stesso modo tutte le tue intenzioni e tutte le tue opere si piegano al mio volere. Il tuo petto era colmo di dolcezza e soavità di ogni genere, tanto che sembra non ci sia del bene in me senza che esista anche in te; infatti hai attirato a te tutto il bene con la potente dolcezza del tuo comportamento allorché alla mia divinità è piaciuto entrare in te, e la mia umanità ha gradito abitare in te, e succhiare il latte dal tuo seno. Le tue braccia erano belle per lo splendore dell'obbedienza, e per la sofferenza e il compimento delle opere di bene: per questo ho voluto che le tue mani toccassero e si prendessero cura della mia umanità, ed io mi sono riposato fra le tue braccia. Il tuo ventre sacro era purissimo come l'avorio e come un vaso adorno di pietre preziose, tanto che la costanza della tua coscienza e della fede non si è mai affievolita né rilassata nella tribolazione. Le pareti di questo ventre, ossia della tua fede, erano simili all'oro purissimo, e attraverso esse si esprime la forza delle tue eminenti virtù: la tua prudenza, la tua giustizia e la tua temperanza, accompagnate da una perfetta perseveranza, poiché tutte le tue virtù sono state perfette e completate dall'amore divino. I tuoi piedi erano purissimi e come se fossero stati lavati con erbe aromatiche, poiché la tua speranza e il tuo amore erano rivolti a me, che sono il tuo Dio. Il tuo ventre, dunque, luogo sia spirituale che corporale, era per me così desiderabile, e la tua anima era per me così gradevole, che per me è stato un piacere scendere dall'alto dei cieli per raggiungerti. Perciò, carissima Madre mia, questa corona, custodita in me, non è altro che me stesso, il tuo Dio; dovendo incarnarmi, non poteva essere posta su nessun altro capo se non il tuo di Madre e Vergine, Imperatrice di tutte le regine. Esiste una specie d'uva il cui vino è così forte che esce da solo dai grappoli, senza che sia necessario pressarli. Il proprietario delle vigne, vedendo che sono giunti a perfetta maturazione, pone sotto questi grappoli dei vasi, e non è il vino che attende i recipienti bensì i vasi che attendono il vino; se si dispongono più contenitori, il vino scorre in quello più vicino. Quest'uva è la mia divinità, la quale è talmente ripiena del vino fervente della mia natura divina, che tutti i cuori degli angeli ne sono colmi, e tutte le cose ne partecipano. Ma poiché l'uomo si è ribellato, ne è diventato indegno. Il Padre ha inviato il suo vino, ossia me, suo Figlio, nel vaso più vicino e meglio disposto, che attendeva con grande desiderio l'arrivo di questo nettare. Questo vaso era il seno della Santa Vergine Maria, che più di ogni altra creatura ha nutrito un amore fervente. Ora, questa Vergine non amava altri che me e desiderava essere la mia serva, per questo ha ottenuto il vino di prima qualità. Questo vino aveva tre caratteristiche: una grande forza poiché io uscii senza contatto umano; un colore bellissimo, poiché sono disceso dal cielo per combattere, essendo io il più forte degli uomini; una soavità dolcissima, che inebria fiumi di benedizione eterna. Questo vino, dunque, che sono io, è entrato nel seno di mia Madre. Così il Dio indivisibile è diventato visibile, e l'uomo perso è stato accolto nuovamente nella salvezza. Perché sono restato tanti mesi in seno alla Santa Vergine? Io sono il Creatore della natura, ed ho disposto e distribuito ogni cosa, e le ho ordinato il modo e il momento della mia nascita. Se dunque io, che sono il Creatore di tutte le cose, avessi voluto nascere appena dopo essere stato concepito, avrei agito contro la naturale disposizione e l'ordine che avevo impartito, e si sarebbe pensato che la mia umanità non fosse reale, ma fantastica; per questo, dunque, sono rimasto in seno alla Vergine proprio come gli altri esseri umani, compiendo attraverso me stesso ciò che avevo ordinato prima del tempo». Libro V, 4

 

Perché non vi ho mostrato con segni evidenti che mia Madre era vergine e madre?

«Ho dichiarato ai profeti tutti i misteri della mia incarnazione ineffabile, affinché fossero creduti con sicurezza. Ora, che la mia carissima Madre fosse vergine e madre nello stesso tempo, è provato dalla testimonianza di San Giuseppe, che è stato fedele custode e testimone della sua verginità. Benché la sua verginità fosse stata rivelata con un miracolo manifesto, le bestemmie dei malvagi e degli infedeli non sono cessate; essi, infatti, non credono che il concepimento della Santa Vergine sia stato operato dalla potenza divina, perché dimenticano che ciò è facilissimo per me, più facile dell'atto con cui il sole attraversa il vetro. La stessa giustizia divina ha voluto che il mistero ineffabile dell'incarnazione fosse nascosto al diavolo, e che venisse rivelato agli uomini al tempo della grazia. Ora, vi dico che mia Madre è veramente vergine e madre. E così come in Adamo ed Eva la potenza della divinità si mostrò in modo meraviglioso, e la loro vita in comune fu caratterizzata da una deliziosa onestà, allo stesso modo la mia natura divina scese nel vaso sigillato senza nessuna frattura né violenza. La mia dimora al suo interno fu piacevole perché io, Dio, ero contenuto nell'umanità ed ero ovunque con la mia mirabile divinità. Anche lì la mia potenza fu meravigliosa, poiché io, Dio, uscii da un ventre umano, custodendo l'inviolabilità del chiostro della verginità». Libro V, 6

 

Elogio del Padre nei confronti di Maria

Così parla il Padre: «Questo vaso di cui ti ho parlato era Maria, figlia di Gioacchino, Madre dell'umanità di Gesù Cristo, poiché ella era un vaso chiuso al diavolo e non a Dio. Come un fiume che, desiderando uscire dal suo letto, cerca i canali e le deviazioni, così il diavolo, come un fiume di vizi, ricorreva a ogni stratagemma ed astuzia per avvicinarsi al cuore della Santa Vergine; ma non ha mai potuto inclinare la sua anima verso qualche peccato, perché ella era chiusa a qualsiasi tentazione, in quanto il fiume del mio Spirito scorreva in lei ed aveva colmato il suo cuore di grazia spirituale. Maria, Madre di mio Figlio, era un vaso piccolo e grande al tempo stesso; piccolo nell'umiltà e nel disprezzo di se stessa, grande nell'amore della mia divinità. La Santa Vergine Maria era un vaso vuoto e pieno al tempo stesso; vuoto di qualsiasi genere di voluttà e di peccato, e pieno della dolcezza celeste e di ogni bontà. La Santa Vergine era un vaso luminoso e opaco; luminoso, poiché l'anima viene creata da me nel suo splendore; ma Gesù ha creato l'anima di Maria in ogni perfezione della luce, affinché mio Figlio si incarnasse nella sua anima, della cui bellezza il cielo e la terra si rallegrano; ma questo vaso divino non era luminoso davanti agli uomini, poiché Maria disprezzava gli onori e le ricchezze del mondo. Maria era un vaso puro e impuro; puro, in quanto era bellissima, e in lei non c'era nulla di immondo. Ma ella era impura perché proveniva dalla stirpe di Adamo ed era nata da peccatori, sebbene fosse stata concepita senza peccato, affinché mio Figlio nascesse da lei senza peccato. Per questo colui che andrà là dove Maria è nata ed è stata nutrita e cresciuta, non soltanto sarà purificato, ma sarà a sua volta un vaso in mio onore». Libro V, 13

 

La Santa Vergine, Madre di Dio, parla a Santa Brigida della bellezza di Gesù Cristo

La Madre di Dio parlava alla sposa, dicendo: «Io sono la Regina del Cielo. Mio Figlio ti ama con tutto il cuore. Perciò ti consiglio di non amare nulla all'infuori di lui, perché egli è così piacevole e bello che la bellezza degli elementi e della luce al confronto del suo fulgore non sono che ombra; ciò spiega perché, quando nutrivo mio figlio, lo trovavo così bello che persino chi lo guardava era sollevato dai propri dolori e consolato nella tristezza. Per questo, quando gli ebrei erano colpiti da qualche afflizione, dicevano: 'Rechiamoci a vedere il figlio di Maria, affinché ci sentiamo consolati'. E anche se ignoravano che fosse il Figlio di Dio, la sua vista era per loro una grande consolazione». Libro VI, 1

 

Maria paragonata a uno sciame d’api

La Beata Vergine parla alla sposa, dicendo: «Sposa di mio Figlio, mi saluti e mi paragoni a uno sciame d'api. In verità sono stata un alveare, poiché il mio corpo era simile a un albero, quando l'anima ne fu separata perché Dio l'elevasse nel mio corpo fino alla divinità. Quest'albero è divenuto uno sciame d'api, quando l'ape beata, mio Figlio, è uscito e disceso dal cielo, Dio vivente nel mio seno. In me, inoltre, Gesù è stato come un favo di miele dolcissimo e purissimo, preparato con ogni cura per ricevere il soavissimo miele della grazia dello Spirito Santo. Questo favo, dunque, è stato colmato, quando il Figlio di Dio è disceso in me con la sua potenza, il suo amore e la sua onestà. Egli è giunto con la sua potenza, poiché è mio Dio e mio Signore. E‘ venuto con amore, perché per amore si è incarnato ed ha ricevuto la morte sul patibolo. E’ arrivato con onestà, poiché qualsiasi bassezza del peccato di Adamo è stata allontanata da me, e per questo il Figlio di Dio purissimo è disceso in una carne umana purissima. Egli ha un pungiglione, ma non lo usa per pungere; l'ago della giustizia severa di mio 'Figlio, infatti, non punge se non è provocato dai peccati. Eppure quest'ape è stata ripagata male, perché la sua potenza è stata posta in mani inique e il suo amore in mani crudeli; la sua onestà è stata spogliata e sferzata con grande crudeltà. Benedetta sia dunque quest'ape che ha fatto del mio albero un alveare, e l'ha riempito del suo miele con così tanta abbondanza che, attraverso la dolcezza che mi ha trasmesso, tutte le bocche sono state svuotate dell'amaro veleno». Libro IV, 12

 

Sul digiuno

Parla la Madre di Dio: «Se qualcuno, desiderando fare un digiuno, avesse voglia di mangiare, ma la sua volontà resistesse al desiderio e il superiore a cui deve obbedire gli ordinasse di mangiare ed egli mangiasse per obbedienza, ebbene in questo caso mangiare sarebbe un merito più grande del digiuno». Libro VI, 49

 

La Vergine Maria dice a Santa Brigida perché si purificò e parla anche del gladio che trafisse il suo cuore

La Santa Vergine Maria dice alla sposa di suo Figlio: «Figlia mia, sappi che non avevo bisogno di essere purificata come le altre donne, perché lo aveva già fatto mio Figlio, che è nato da me, ed io non avevo contratto la benché minima macchia quando generai Gesù, che è la purezza fatta persona. Tuttavia, affinché la legge e i profeti fossero soddisfatti, ho desiderato vivere nella legge, non secondo i grandi del secolo, e conversavo umilmente con gli umili. Non ho voluto avere in me cose particolari, tale era il mio amore per tutto ciò che si esprimeva con umiltà! Un giorno come tanti, il mio dolore crebbe, perché, malgrado sapessi per ispirazione divina che mio Figlio avrebbe sofferto, quando Simeone disse che per me Gesù sarebbe stato il gladio del dolore e il segno che gli uomini avrebbero contraddetto, il dolore trafisse il mio cuore con maggiore amarezza - benché fosse temprato dalle consolazioni dello Spirito Santo - e non lo abbandonò finché nell'anima e nel corpo non fui assunta in cielo. Desidero che tu sappia che quel giorno il mio dolore si espresse in sei modi: nella conoscenza, poiché ogni volta che guardavo mio Figlio, che lo vestivo, che vedevo le sue mani e i suoi piedi, il mio spirito sprofondava in nuovo dolore, perché pensavo a come lo avrebbero crocifisso. Nell'udito, poiché ogni volta che sentivo gli obbrobri che la gente vomitava su mio Figlio, le menzogne e le insidie, il mio spirito era sopraffatto dal dolore, tanto che solo a stento riuscivo a contenerlo; ma la virtù divina mi indicò il giusto modo e l'onestà, affinché in me non si notasse nulla d'imperfetto. Nella vista, perché quando vidi che flagellavano mio Figlio, che lo inchiodavano e lo appendevano alla forca, rimasi in piedi accanto a lui e sopportai tutto ciò con tale pazienza che in me i miei nemici e gli altri videro solo dolore. Nel tatto, poiché quando io e gli altri calammo mio Figlio dalla croce lo avvolsi in un sudario e lo posi nel sepolcro e così facendo il mio dolore crebbe a tal punto che le mie mani e miei piedi mi reggevano a stento. Come avrei voluto essere sepolta con mio Figlio! Soffrivo per il desiderio ardente di andare in cielo, dopo che mio Figlio fu salito in paradiso, perché il lungo soggiorno sulla terra dopo la sua partenza accresceva enormemente il mio dolore. Soffrivo a causa della tribolazione degli apostoli e degli amici di Dio, il cui dolore era il mio, temendo in continuazione che soccombessero alle tentazioni e alle pene; ero addolorata perché ogni cosa contraddiceva le parole di mio Figlio. Ora, sebbene la grazia di Dio fosse con me e la mia volontà fosse consona alla sua, il mio dolore fu continuo, malgrado la consolazione, finché non venni assunta nel corpo e nell'anima accanto a mio Figlio. Per questo, figlia mia, che questo dolore non venga mai meno nel tuo cuore, perché senza le tribolazioni si salverebbero solo in pochi». Libro VI, 57

 

La Santa Vergine racconta i dolori provati quando dovette fuggire in Egitto

La Santa Vergine Maria parla alla sposa di suo Figlio, dicendo: «Ti ho parlato dei miei dolori; ma anche il dolore che ho provato durante la fuga in Egitto con mio Figlio è stato grande, soprattutto quando udii che ammazzavano dei bambini innocenti e che Erode perseguitava Gesù; benché sapessi ciò che stava scritto di mio Figlio, per la grandezza dell'amore che provavo nei suoi confronti il mio cuore era colmo di dolore e d'amarezza. Forse ti chiederai cosa fece Gesù per tutto quel tempo, prima della Passione, ed io ti rispondo come il Vangelo: era sottomesso ai suoi genitori, e si comportava come gli altri bambini, fino a quando non raggiunse l'età adulta. In gioventù fece dei miracoli, mostrando il modo in cui le creature servivano il loro Creatore. Di come tacquero gli idoli e di come diversi di essi caddero al suo arrivo in Egitto; di come i Magi annunciarono che mio Figlio sarebbe stato il segno di grandi cose future; di come apparve anche il ministero degli angeli; di come nel suo corpo e sui capelli non ci fosse mai nulla di immondo: di tutto questo non è necessario che tu abbia conoscenza, poiché il Vangelo contiene segni della divinità e dell'umanità che possono edificare te e gli altri. Ora, diventato più grande, si dedicava costantemente alla preghiera e obbediva sempre. Venne con noi alle feste indette a Gerusalemme e in altri luoghi; il suo aspetto e la sua parola erano piacevoli e suscitavano ammirazione, tanto che molte persone afflitte dicevano: 'Rechiamoci a vedere il figlio di Maria, affinché troviamo consolazione'. Man mano che cresceva, faceva dei lavori manuali; discorreva su Dio con noi e in particolare aveva per noi parole di conforto, e in questo modo eravamo continuamente colmi di gioie indicibili. Ma quando ci facevamo cogliere dal timore della povertà, non ci dava né oro né denaro e ci esortava, invece, alla pazienza; inoltre ci difese e ci protesse dagli invidiosi. Quanto alle necessità, ci aiutavano la gente per bene e il nostro lavoro, cosicché eravamo soccorsi solo nel necessario e non avevamo nulla di superfluo perché tutto quello che cercavamo di fare era servire Dio. Gesù, poi, conversava di buon grado con chi veniva a trovarlo a casa per la difficile interpretazione della legge e il significato delle figure, e talvolta disputava pubblicamente con i saggi, destandone l'ammirazione, al punto che essi dicevano: 'Ecco che il figlio di Giuseppe insegna ai maestri: che spirito grande parla in lui'. Un giorno ero intenta a pensare alla sua Passione e provavo un'immensa tristezza. Allora egli disse: 'Madre mia, non credi che io sia in mio Padre e che mio Padre sia in me? Cosa è successo? Sei triste? Sai che il Padre mio vuole che io patisca la morte e la mia volontà è quella del Padre mio. Quello che ricevo da mio Padre non può soffrire, ma soffre la carne che ho ricevuto da te, affinché la carne altrui sia riscattata e il suo spirito salvato'. Infine, era così obbediente che quando Giuseppe gli diceva qualcosa senza pensarci: 'Fai questo o fai quello' egli lo faceva e in questo modo nascondeva il potere della sua divinità, di cui eravamo al corrente solo Giuseppe ed io; infatti lo abbiamo spesso visto circondato da una luce stupenda, ed abbiamo udito le voci e i concerti degli angeli che cantavano sopra di lui. Abbiamo visto anche gli spiriti immondi, che non temevano gli esorcisti riconosciuti dalla legge, uscire alla vista di mio Figlio. Che queste cose siano continuamente presenti alla tua memoria, e ringrazia Dio di aver voluto manifestare attraverso te la sua infanzia». Libro VI, 58

 

La Santa Vergine racconta ciò che accadde durante la visita a Santa Elisabetta...

La Madre di Dio dice a Santa Brigida: «Quando l'angelo mi annunciò che il Figlio di Dio sarebbe nato da me, non appena ebbi acconsentito avvertii in me qualcosa di mirabile ed inconsueto; stupita, decisi immediatamente di recarmi in visita da Santa Elisabetta, mia cugina, che era incinta, per starle vicino e parlare con lei di quello che mi aveva detto l'angelo; ma quando giunsi alla fontana e ci baciammo ed abbracciammo, il bambino che ella portava in grembo gioì in modo meraviglioso. Allora in cuor mio provai di nuovo felicità, tanto che la mia lingua proferì parole divine incomprensibili, che la mia anima capì a sténto, tale era la gioia che provava! Ora, Elisabetta contemplava il fervore dello Spirito che parlava in me, ed io contemplavo similmente in lei la grazia di Dio; così, trascorremmo alcuni giorni insieme, benedicendo Dio. Poi un pensiero iniziò a interrogare la mia mente su quale devozione e quale comportamento avrei dovuto assumere dopo aver ricevuto una grazia del genere; cosa dovevo rispondere a quanti mi avrebbero chiesto come avessi concepito il bambino e chi fosse suo padre, e cosa avrei detto a Giuseppe, qualora il nemico avesse insinuato in lui dei sospetti nei miei confronti. Mentre nella mia mente si susseguivano questi pensieri, un angelo, simile a quello che mi era apparso in precedenza, mi disse: 'Nostro Dio, che è eterno, è con te e in te: dunque non temere, perché egli ti darà la grazia della parola; guiderà i tuoi passi e ti condurrà, compirà la sua opera con te con potenza e saggezza. Ora, Giuseppe, cui sei stata affidata, si stupirà quando saprà che aspetti un figlio, e riterrà indegno vivere con te'. E poiché Giuseppe era stato in ansia e non sapeva cosa fare, l'angelo gli comparve in sogno, dicendogli: 'Non allontanarti dalla Vergine che ti è stata affidata, perché, come ti ha detto lei stessa, ha concepito il bambino con lo Spirito di Dio, e darà alla luce un Figlio che sarà il Salvatore del mondo. Per questo servila fedelmente, e sii testimone e custode del suo pudore'. Da quel giorno, Giuseppe mi servì come la sua padrona, ed io mi umiliai fino a compiere le sue opere più umili. Pregai in continuazione». Libro VI, 59

 

Perché Maria ha vissuto a lungo dopo l'Ascensione di Gesù

«Secondo la volontà divina, ho vissuto a lungo dopo l'Ascensione di mio Figlio, affinché le anime si convertissero a Dio, dopo aver visto la mia pazienza invincibile e la regolatezza dei miei costumi, ed affinché i miei apostoli e i miei eletti si rafforzassero. La naturale predisposizione del mio corpo era tale che mi permise di vivere duramente, in modo che la mia corona aumentasse, perché durante il tempo che ho vissuto dopo l'Ascensione di mio Figlio ho visitato i luoghi in cui egli ha sofferto o ha manifestato le sue meraviglie, tanto la sua Passione era impressa nel mio cuore. I miei sensi erano astratti e lontani dalle cose del mondo, perché ero costantemente infiammata da nuovi desideri e vicendevolmente afflitta dai dolori; tuttavia, il mio dolore e la mia gioia erano così temprati che non omettevo nulla di quello che riguardava il servizio di Dio. Conversavo con gli esseri umani, ma partecipavo pochissimo a ciò che piaceva loro. La mia assunzione non era nota a molti e non era stata annunciata tramite Dio, che è mio Figlio; egli così ha voluto, affinché la fede nella sua Ascensione al cielo fosse maggiormente radicata e temprata nel cuore degli uomini». Libro VI, 61

 

La dormizione della Santa Vergine

Parla la Madre di Dio e dice: «Un giorno, diversi anni dopo l'Ascensione di mio Figlio, provai molta afflizione per il desiderio di andare in cielo e vedere mio Figlio. Allora vidi un angelo luminoso, come già mi era capitato in passato, che mi disse: 'Tuo Figlio, Dio e nostro Signore, mi manda a te per annunciare che è arrivato il momento in cui devi raggiungerlo con il corpo, per ricevere la corona che è stata preparata per te. Al che, risposi: 'Sai il giorno e l'ora in cui devo andarmene da questo mondo per passare nell'altro?' E l'angelo disse: 'Gli amici di tuo Figlio seppelliranno il tuo corpo. Dopo aver pronunciato queste parole, l'angelo scomparve ed io mi preparai all'evento, visitando, come di consueto, ogni luogo in cui aveva sofferto mio Figlio. Un giorno il mio spirito era sospeso nell'ammirazione della carità divina, quando la mia anima, in contemplazione, fu colma di così tante delizie che le sosteneva a stento, e in tale contemplazione e gioia essa fu separata dal corpo. Quante cose magnifiche vide la mia anima in quel momento, e con che onore fu accolta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, e che moltitudine d'angeli la innalzò! Purtroppo non puoi capirlo, ed io non posso esprimerlo senza che anche la tua anima si separi dal corpo, sebbene ti abbia indicato qualcosa in questa preghiera, che ti ha ispirato mio Figlio. Ora, chi era in casa con me quando resi l'anima capì immediatamente, per via dell'insolita luce, le cose divine che si stavano compiendo in me in quel momento. In seguito, gli amici di mio Figlio, inviati da Dio, seppellirono il mio corpo nella valle di Giosafat, e con loro c'era un'infinità di angeli simile agli atomi del sole. Ma i numerosi spiriti non osavano avvicinarsi. Il mio corpo restò qualche giorno sulla terra, poi fu rapito e fu portato in cielo da una moltitudine d'angeli». Libro VI, 62

 

Il gladio di dolore che trafisse l’anima della Santa Vergine

Il giorno della purificazione della Santa Vergine, quando Brigida, sposa di Cristo si trovava a Roma, la Santa cadde in estasi e vide che in cielo si facevano tanti preparativi per questa grande festa; e vide una specie di Tempio dalla mirabile bellezza, in cui si trovava il venerabile Simeone, anziano e giusto, preparato a ricevere il bambin Gesù fra le proprie braccia con un desiderio grande e una gioia indicibile; ella contemplò anche la Santa Vergine che avanzava con grande maestà, portando il piccolo Gesù per offrirlo al Tempio, secondo la legge del Signore; poi, una grande moltitudine di angeli, di santi di ordini diversi, di vergini sante e di altre donne precedevano la Santa Vergine, circondandola con grande esultanza e devozione; davanti a lei un angelo reggeva un gladio molto lungo e largo, coperto di sangue, simbolo dei dolori che la Santa Vergine aveva patito alla morte del Figlio, quel gladio che, come aveva predetto il giusto Simeone, aveva trafitto il suo cuore. Perciò con grande gioia di tutta la corte celeste, alla sposa venne detto: «Vedi quanto onore e gloria si rendono oggi alla Regina del cielo con questa festa, per il gladio di dolore che ella ha sofferto durante la Passione del suo caro Figlio». E a quel punto la visione scomparve. Libro VII, 2

 

L’umiltà del Figlio di Dio e della Vergine

Parla la Madre di Dio e dice: «Grande è l'umiltà di mio Figlio che nella potenza della sua divinità, giaceva nella mangiatoia, fra due animali e benché sapesse ogni cosa secondo la natura divina, parlava secondo quella umana. Allo stesso modo, ora, seduto alla destra del Padre, sente tutti coloro che gli parlano con amore, e risponde loro attraverso lo Spirito Santo. Come lui, anch'io che sono Madre di Dio, sono umile nel mio corpo, che è superiore a tutte le creature, proprio come lo ero quando mi sposò Giuseppe. Sappi che lo Spirito Santo informò Giuseppe che avevo fatto voto di verginità a Dio, e che ero pura nelle parole, nei pensieri e nelle intenzioni; ed egli mi sposò non come moglie ma per trattarmi come la sua padrona e servirmi. Lo Spirito Santo mi fece sapere, inoltre, che la mia verginità si sarebbe conservata in eterno, sebbene, per una segreta disposizione divina, fossi sposata; ma dopo che ebbi dato il mio consenso all'ambasciatore di Dio, vedendo che il ventre cresceva in virtù dello Spirito Santo, Giuseppe si spaventò molto - non che meditasse qualcosa contro di me - ma si ricordò di quello che avevano annunciato i profeti, ossia che il Figlio sarebbe nato da una Vergine; egli si ritenne indegno di servire una Madre come me, finché l'angelo non gli apparve in sogno ordinandogli di non avere timore e di servirmi con carità. Giuseppe ed io non accumulammo nessuna ricchezza, se non il necessario per vivere in onore di Dio; lasciammo il resto per l'amore divino. Ora, poiché si avvicinava il tempo della nascita di mio Figlio, che avevo previsto con precisione, mi recai a Betlemme, secondo la prescienza divina, portando con me un abito purissimo e dei panni per mio Figlio, nessuno dei quali era stato usato e avvolsi colui che nacque da me con ogni purezza. E sebbene ignorassi che da sempre Dio aveva deciso che mi sarei seduta sui sublimi scanni, al di sopra di tutte le creature e di tutti gli uomini, quando ne fui informata, non disdegnai di preparare e di servire per San Giuseppe e per me tutto ciò di cui avevamo bisogno; e poiché ero umile, conosciuta solo da Dio e da San Giuseppe, mi sono mantenuta umile, seduta sullo scanno più sublime, pronta a presentare a Dio tutte le orazioni e le domande assennate. Ad alcuni rispondo con ispirazioni divine, ad altri con parole più intime come piace a Dio». Libro VII, 25

 

Maria paragonata a un giardiniere

«Sono io, la Regina del cielo, che vi parlo. Sono come un giardiniere in questo mondo, poiché quando il giardiniere vede soffiare il vento impetuoso che danneggia le piante e gli arboscelli, si reca subito in giardino, e li lega e li sorregge con pali e sostegni, prendendo ogni precauzione possibile affinché non si rovinino, non si rompano e non si sradichino. Ebbene io faccio lo stesso: essendo Madre di misericordia nel giardino di questo mondo, quando vedo che si alzano i venti impetuosi delle tentazioni, che le tempeste di Satana soffiano contro i cuori degli uomini, mi rivolgo subito a Dio, mio Figlio, con le preghiere, per aiutarli e implorandolo di versare nei loro cuori l'ispirazione dello Spirito Santo, affinché siano sostenuti, confermati, e infine protetti dai venti impetuosi delle tentazioni del demone infernale; perché il diavolo non domini gli uommi, dissipandone le anime e lo spirito di devozione, e gli uomini, accettando il mio aiuto e il mio soccorso con cuore umile, siano immediatamente liberati dalle tentazioni del diavolo e, rimanendo costanti nello stato di grazia, portino a Dio e a me il loro frutto soave quando è tempo e stagione. Ma chi disprezza l'aiuto di mio Figlio e il mio, si lascia portare via dal vento delle tentazioni. Libro VII, 28

 

Maria paragonata a un vaso colmo che riempie

La Regina del cielo apparve alla sposa e disse: «Ascolta, tu che capisci ciò che è spirituale e vieni con me ad assistere alle conversazioni dello Spirito Santo. Sono un vaso colmo che riempie a sua volta, poiché come un vaso si riempie quando viene immerso in un fiume, così la mia anima, quando fu creata e congiunta al corpo, venne riempita dal torrente dello Spirito Santo, di cui non si è mai vuotata. Per questo chiunque venga a me con umiltà e purezza di cuore avrà l'aiuto dello Spirito Santo. Ecco perché sono definita a ragione un vaso colmo: quando ero al mondo, il Figlio di Dio è disceso nel mio corpo con il suo torrente, assumendo attraverso me la carne e il sangue; egli è rimasto in me fino alla nascita e quando è nato ed io l'ho tenuto fra le mani, gli angeli hanno gioito e annunciato la pace in terra». Libro VIII, 47

 

La Santa Vergine si è rimessa alla volontà di Dio

«Le Scritture dicono che la città assediata da una grande potenza, sarà liberata con la saggezza del povero e nessuno si ricorderà di lui. Questa città è la creatura umana, che il diavolo ha stretto d'assedio su ogni lato con quattro tipi di peccati: la ribellione ai comandamenti divini; la trasgressione della legge naturale; la malvagia cupidigia e l'ostinazione dello spirito. Mia Madre», dice Gesù Cristo, «in un certo senso ha liberato tale creatura, quando si è rimessa alla mia volontà ed ha voluto patire ogni genere di tribolazione per la salvezza delle anime, perché la vera saggezza consiste nel sottomettere la propria volontà alla volontà divina, e nel compiacersi di soffrire per l'amore di Dio. Dunque, attraverso questa volontà, io, Figlio di Dio, sono stato fatto uomo attraverso la Santa Vergine, il cui cuore era come il mio; in questo modo posso dire che mia Madre ed io abbiamo salvato l'uomo con un cuore solo, io soffrendo nel mio cuore e nella mia carne e lei con il dolore del cuore e dell'amore. Questa Vergine era davvero povera; non desiderava nessuna ricchezza terrena e il suo spirito non ha commesso mai il minimo peccato. Alcuni non hanno beni, ma in cuor loro li desiderano perché sono mossi da cupidigia e superbia; questi non sono i poveri di cui parla il mio Vangelo. Altri abbondano in ricchezze, ma sono poveri di spirito. Ritengono di non essere altro che polvere e cenere e di dover morire di li a poco; desiderano essere con Dio e possiedono solo il necessario e quanto è utile al prossimo. Sono questi i veri poveri e i veri ricchi di Dio, fra questi era mia Madre».

Le rivelazioni supplementari, 3

 

La Vergine disputa un luogo al diavolo

La Vergine disse al diavolo: «Devi andartene perché sei il signore delle pene e il principe della collera; io, invece, sono la Madre di misericordia e la Regina del cielo, per questo ho pietà di tutti coloro che mi invocano». Poi la Vergine chiese al Giudice: «Figlio mio, un servitore è seduto in una casa ed entra il suo padrone; se questi desidera restare nella stessa casa o sedersi su quella stessa sedia, cosa farà il servitore?». Il Giudice rispose: «E’ giusto che il servitore si alzi e che il padrone si sieda dove vuole». Allora la Vergine disse al diavolo: «Poiché sei servo e suddito di mio Figlio ed io sono la tua padrona, è giusto che tu te ne vada e che io mi sieda dove voglio». Poi il Giudice disse alla Vergine: «Madre mia, questo luogo è tuo e ti è dovuto di diritto ed essendoti dovuto di diritto io te lo assegno. Così come in questo luogo sono stati uditi i singhiozzi e la miseria di quanti venivano a me dalla terra gridando vendetta, così ora in questo luogo, che è stato luogo di tormenti e di oppressione terreni, si sentirà la voce di chi ti loderà, e qui si riuniranno coloro che chiederanno misericordia e indulgenza per i vivi e per i defunti, ed essi placheranno la mia ira, quando sarò irritato nei confronti degli uomini». Poi il Giudice aggiunse, parlando alla Vergine: «Madre mia, il tuo nemico è stato a lungo padrone di questo luogo, ma d'ora innanzi qui tu sola sarai padrona e Regina».

Le rivelazioni supplementari; 24

 

Maria madre e figlia

«Maria, mia Madre, può essere chiamata madre e figlia: madre perché mi ha generato, figlia perché ha imitato la mia volontà, in quanto la somiglianza del suo corpo splendeva nella mia carne e la somiglianza di tutte le virtù ha brillato alla perfezione nel suo cuore e nelle sue opere».

Le rivelazioni supplementari, 37

 

Lode di Gesù nei confronti di sua Madre

«Sii benedetta, Madre del Re di gloria e Regina degli angeli! Le tue parole sono vere e dolcissime. Madre mia carissima hai detto a ragione che ho fatto ogni cosa in misericordia e giustizia. Sii benedetta, poiché sei stata così dolce che la Divinità si è compiaciuta di scendere in te e di non separarsi mai da te! Sei stata come una casa purissima e assolutamente linda, profumata con le virtù, abbellita da un fulgore straordinario. Hai brillato come una stella luminosa che brucia senza consumarsi: hai bruciato con il fuoco dell'amore senza consumarti. Per questo ti chiamano piena di carità e di misericordia, perché tutta la carità fiorisce in te e tutti trovano la misericordia attraverso te; infatti hai circondato e custodito in te l'autore della misericordia, e saresti persino capace di avere misericordia del diavolo, se lo chiedesse con umiltà! Per questo io ti darò tutto quello che mi domanderai e che desidererai». La Madre rispose: «Figlio mio, conosci la richiesta che ti faccio da sempre. Dunque, affinché questa sposa capisca ciò che è spirituale, ti supplico perché le parole che mi dici siano radicate nel cuore dei tuoi amici e permettano loro di raggiungere la perfezione estrema». Il Figlio riprese: «Sii benedetta da tutti gli abitanti celesti! Sei come un'aurora che si eleva in un amore ricco di virtù. Sei come un astro che si dirige verso il sole, che precede la mia giustizia con la sua pietà. Sei una mediatrice saggia, che pacifica il dissenso degli uomini e di Dio stesso; per questo le tue richieste saranno esaudite e le mie parole si compiranno, come desideri».

Le rivelazioni supplementari 50


MAGGIO 1880.

Suor Maria della Croce

Lavorate senza posa e con tutte le forze alla vostra perfezione. Quando lo volete, avete abbastanza fermezza di carattere per superare tutte le difficoltà che ostacolano la vostra unione con Gesù, fino ad arrivar là ov'Egli vi vuole.

La vostra vita sarà un continuo martirio. Costa il rinnegarsi ad ogni istante, è un martirio continuo; ma, in tale martirio, si provano, ciò non di meno, le più dolci gioie. L'anima soffre, ma Colui per il quale essa soffre, ad ogni sacrificio, ad ogni rinunzia, le concede una grazia che l'incoraggia ad andare sempre avanti, a dar tutta se stessa. Nessuna cosa diletta tanto Gesù, quanto il vedere un'anima che, nonostante tutti gli ostacoli che incontra sul suo cammino, si sforza di sacrificarsi sempre maggiormente per la sua gloria e per il suo amore.

Voi siete addolorata al vedere che il buon Dio è insultato a Parigi, ma coloro che così agiscono, non sanno quel che fanno e, nonostante le loro bestemmie, Gesù è più offeso dai peccati che commettono le anime che a Lui son consacrate o dovrebbero esserlo, che dalle sanguinose ingiurie di coloro che non sono suoi amici.

Quante anime che Gesù chiama ad un'alta perfezione e che rimangono misere per non aver corrisposto alle grazie divine! Bisogna farsi violenza, riprendersi e richiedere molto da se stessi ogni giorno per essere felici nel servizio del buon Dio!

Quanto poco spirito interiore vi è nel mondo!... Anche nelle Comunità!... Si cercan troppo i propri comodi, non ci si vuol imporre violenza in checchessia, e nondimeno il buon Dio sarebbe sì contento (se così si può dire) che Lo si amasse, ma senza costrizione e di buon cuore. S'Egli potesse ottenere tale soddisfazione nella Comunità, quante grazie riverserebbe su di essa! Dal canto vostro, cercate a tutto potere di vincervi, d'amare Gesù, com'Egli attende da voi da sì lungo tempo!

Gesù vorrebbe che Lo amaste d'un amore di fanciullo, vale a dire con la tenerezza d'un fanciullo che cerca di far piacere ad amati genitori, e al contrario siete tanto fredda a riguardo di Gesù. Eppure non è questo che Egli attende da voi, Egli che vi ama tanto!