Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

È impossibile essere ombroso o nervoso se sei convinto che Cristo sia veramente risorto. La fiducia in Dio ed un pizzico di ottimismo sono la naturale cura contro malcontento. Fidarsi di Dio è gratis, e non richiede la prescrizione del medico. Se hai fiducia in Dio, saprai ammettere il proprio errore senza timore di ricevere critiche. Avere fiducia in Dio è toccasana per il cuore e il tuo buonumore. Uniti nella preghiera. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 24° settimana del tempo ordinario (Esaltazione della Santa Croce)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 3

1In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea,2dicendo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!".
3Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:
'Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!'

4Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.5Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano;6e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.
7Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente?8Fate dunque frutti degni di conversione,9e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre.10Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.11Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco.12Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile".

13In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?".15Ma Gesù gli disse: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Allora Giovanni acconsentì.16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui.17Ed ecco una voce dal cielo che disse: "Questi è il 'Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto'".


Primo libro dei Re 21

1In seguito avvenne il seguente episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna vicino al palazzo di Acab re di Samaria.2Acab disse a Nabot: "Cedimi la tua vigna; siccome è vicina alla mia casa, ne farei un orto. In cambio ti darò una vigna migliore oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale".3Nabot rispose ad Acab: "Mi guardi il Signore dal cederti l'eredità dei miei padri".
4Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: "Non ti cederò l'eredità dei miei padri". Si coricò sul letto, si girò verso la parete e non volle mangiare.5Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: "Perché mai il tuo spirito è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?".6Le rispose: "Perché ho detto a Nabot di Izreèl: Cedimi la tua vigna per denaro o, se preferisci, te la cambierò con un'altra vigna ed egli mi ha risposto: Non cederò la mia vigna!".7Allora sua moglie Gezabele gli disse: "Tu ora eserciti il regno su Israele? Alzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la darò io la vigna di Nabot di Izreèl!".
8Essa scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai capi, che abitavano nella città di Nabot.9Nelle lettere scrisse: "Bandite un digiuno e fate sedere Nabot in prima fila tra il popolo.10Di fronte a lui fate sedere due uomini iniqui, i quali l'accusino: Hai maledetto Dio e il re! Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia".11Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i capi che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedite.12Bandirono il digiuno e fecero sedere Nabot in prima fila tra il popolo.13Vennero due uomini iniqui, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: "Nabot ha maledetto Dio e il re". Lo condussero fuori della città e lo uccisero lapidandolo.14Quindi mandarono a dire a Gezabele: "Nabot è stato lapidato ed è morto".15Appena sentì che Nabot era stato lapidato e che era morto, disse ad Acab: "Su, impadronisciti della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di vendertela, perché Nabot non vive più, è morto".16Quando sentì che Nabot era morto, Acab si mosse per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderla in possesso.
17Allora il Signore disse a Elia il Tisbita:18"Su, recati da Acab, re di Israele, che abita in Samaria; ecco è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderla in possesso.19Gli riferirai: Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi! Per questo dice il Signore: Nel punto ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue".20Acab disse a Elia: "Mi hai dunque colto in fallo, o mio nemico!". Quegli soggiunse: "Sì, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore.21Ecco ti farò piombare addosso una sciagura; ti spazzerò via. Sterminerò, nella casa di Acab, ogni maschio, schiavo o libero in Israele.22Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebàt, e come la casa di Baasa, figlio di Achia, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele.23Riguardo poi a Gezabele il Signore dice: I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl.24Quanti della famiglia di Acab moriranno in città li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna li divoreranno gli uccelli dell'aria".
25In realtà nessuno si è mai venduto a fare il male agli occhi del Signore come Acab, istigato dalla propria moglie Gezabele.26Commise molti abomini, seguendo gli idoli, come avevano fatto gli Amorrei, che il Signore aveva distrutto davanti ai figli d'Israele.
27Quando sentì tali parole, Acab si strappò le vesti, indossò un sacco sulla carne e digiunò; si coricava con il sacco e camminava a testa bassa.28Il Signore disse a Elia, il Tisbita:29"Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò piombare la sciagura durante la sua vita, ma la farò scendere sulla sua casa durante la vita del figlio".


Giobbe 30

1Ora invece si ridono di me
i più giovani di me in età,
i cui padri non avrei degnato
di mettere tra i cani del mio gregge.
2Anche la forza delle loro mani a che mi giova?
Hanno perduto ogni vigore;
3disfatti dalla indigenza e dalla fame,
brucano per l'arido deserto,
4da lungo tempo regione desolata,
raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli
e radici di ginestra per loro cibo.
5Cacciati via dal consorzio umano,
a loro si grida dietro come al ladro;
6sì che dimorano in valli orrende,
nelle caverne della terra e nelle rupi.
7In mezzo alle macchie urlano
e sotto i roveti si adunano;
8razza ignobile, anzi razza senza nome,
sono calpestati più della terra.
9Ora io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
10Hanno orrore di me e mi schivano
e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
11Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha
abbattuto,
essi han rigettato davanti a me ogni freno.
12A destra insorge la ragazzaglia;
smuovono i miei passi
e appianano la strada contro di me per perdermi.
13Hanno demolito il mio sentiero,
cospirando per la mia disfatta
e nessuno si oppone a loro.
14Avanzano come attraverso una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
15I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia grandezza
e come nube è passata la mia felicità.
16Ora mi consumo
e mi colgono giorni d'afflizione.
17Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
18A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe per l'accollatura della mia tunica.
19Mi ha gettato nel fango:
son diventato polvere e cenere.
20Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
21Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
22mi sollevi e mi poni a cavallo del vento
e mi fai sballottare dalla bufera.
23So bene che mi conduci alla morte,
alla casa dove si riunisce ogni vivente.
24Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera,
né per la sua sventura invoca aiuto.
25Non ho pianto io forse con chi aveva i giorni duri
e non mi sono afflitto per l'indigente?
26Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male,
aspettavo la luce ed è venuto il buio.
27Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d'affanno mi assalgono.
28Avanzo con il volto scuro, senza conforto,
nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto.
29Sono divenuto fratello degli sciacalli
e compagno degli struzzi.
30La mia pelle si è annerita, mi si stacca
e le mie ossa bruciano dall'arsura.
31La mia cetra serve per lamenti
e il mio flauto per la voce di chi piange.


Salmi 115

1Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome da' gloria,
per la tua fedeltà, per la tua grazia.
2Perché i popoli dovrebbero dire:
"Dov'è il loro Dio?".
3Il nostro Dio è nei cieli,
egli opera tutto ciò che vuole.

4Gli idoli delle genti sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
5Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
6hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
7Hanno mani e non palpano,
hanno piedi e non camminano;
dalla gola non emettono suoni.
8Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.

9Israele confida nel Signore:
egli è loro aiuto e loro scudo.
10Confida nel Signore la casa di Aronne:
egli è loro aiuto e loro scudo.
11Confida nel Signore, chiunque lo teme:
egli è loro aiuto e loro scudo.

12Il Signore si ricorda di noi, ci benedice:
benedice la casa d'Israele,
benedice la casa di Aronne.

13Il Signore benedice quelli che lo temono,
benedice i piccoli e i grandi.

14Vi renda fecondi il Signore,
voi e i vostri figli.
15Siate benedetti dal Signore
che ha fatto cielo e terra.
16I cieli sono i cieli del Signore,
ma ha dato la terra ai figli dell'uomo.
17Non i morti lodano il Signore,
né quanti scendono nella tomba.
18Ma noi, i viventi, benediciamo il Signore
ora e sempre.


Malachia 2

1Ora a voi questo monito, o sacerdoti.2Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Anzi le ho già maledette, perché nessuno tra di voi se la prende a cuore.

3Ecco, io spezzerò il vostro braccio
e spanderò sulla vostra faccia escrementi,
gli escrementi delle vittime
immolate nelle vostre solennità,
perché siate spazzati via insieme con essi.
4Così saprete che io ho diretto a voi questo monito,
perché c'è anche un'alleanza fra me e Levi,
dice il Signore degli eserciti.
5La mia alleanza con lui
era alleanza di vita e di benessere
e io glieli concessi; alleanza di timore
ed egli mi temette ed ebbe riverenza del mio nome.
6Un insegnamento fedele era sulla sua bocca,
né c'era falsità sulle sue labbra;
con pace e rettitudine ha camminato davanti a me
e ha trattenuto molti dal male.
7Infatti le labbra del sacerdote
devono custodire la scienza
e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione,
perché egli è messaggero del Signore degli eserciti.
8Voi invece vi siete allontanati dalla retta via
e siete stati d'inciampo a molti
con il vostro insegnamento;
avete rotto l'alleanza di Levi,
dice il Signore degli eserciti.
9Perciò anch'io vi ho reso spregevoli
e abbietti davanti a tutto il popolo,
perché non avete osservato le mie disposizioni
e avete usato parzialità riguardo alla legge.

10Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l'uno contro l'altro profanando l'alleanza dei nostri padri?11Giuda è stato sleale e l'abominio è stato commesso in Israele e in Gerusalemme. Giuda infatti ha osato profanare il santuario caro al Signore e ha sposato le figlie d'un dio straniero!12Elimini il Signore chi ha agito così dalle tende di Giacobbe, il testimone e il mallevadore, e colui che offre l'offerta al Signore degli eserciti.
13Un'altra cosa fate ancora; voi coprite di lacrime, di pianti e di sospiri l'altare del Signore, perché egli non guarda all'offerta, né la gradisce con benevolenza dalle vostre mani.14E chiedete: Perché? Perché il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che ora perfidamente tradisci, mentr'essa è la tua consorte, la donna legata a te da un patto.
15Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest'unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza.16Perché io detesto il ripudio, dice il Signore Dio d'Israele, e chi copre d'iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti. Custodite la vostra vita dunque e non vogliate agire con perfidia.

17Voi avete stancato il Signore con le vostre parole; eppure chiedete: Come lo abbiamo stancato? Quando affermate: Chiunque fa il male è come se fosse buono agli occhi del Signore e in lui si compiace; o quando esclamate: Dov'è il Dio della giustizia?


Atti degli Apostoli 24

1Cinque giorni dopo arrivò il sommo sacerdote Ananìa insieme con alcuni anziani e a un avvocato di nome Tertullo e si presentarono al governatore per accusare Paolo.2Quando questi fu fatto venire, Tertullo cominciò l'accusa dicendo:3"La lunga pace di cui godiamo grazie a te e le riforme che ci sono state in favore di questo popolo grazie alla tua provvidenza, le accogliamo in tutto e per tutto, eccellentissimo Felice, con profonda gratitudine.4Ma per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di darci ascolto brevemente nella tua benevolenza.5Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della setta dei Nazorei.6Ha perfino tentato di profanare il tempio e noi l'abbiamo arrestato.7.8Interrogandolo personalmente, potrai renderti conto da lui di tutte queste cose delle quali lo accusiamo".9Si associarono nell'accusa anche i Giudei, affermando che i fatti stavano così.

10Quando il governatore fece cenno a Paolo di parlare, egli rispose: "So che da molti anni sei giudice di questo popolo e parlo in mia difesa con fiducia.11Tu stesso puoi accertare che non sono più di dodici giorni da quando mi sono recato a Gerusalemme per il culto.12Essi non mi hanno mai trovato nel tempio a discutere con qualcuno o a incitare il popolo alla sommossa, né nelle sinagoghe, né per la città13e non possono provare nessuna delle cose delle quali ora mi accusano.14Ammetto invece che adoro il Dio dei miei padri, secondo quella dottrina che essi chiamano setta, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti,15nutrendo in Dio la speranza, condivisa pure da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti.16Per questo mi sforzo di conservare in ogni momento una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini.17Ora, dopo molti anni, sono venuto a portare elemosine al mio popolo e per offrire sacrifici;18in occasione di questi essi mi hanno trovato nel tempio dopo che avevo compiuto le purificazioni. Non c'era folla né tumulto.19Furono dei Giudei della provincia d'Asia a trovarmi, e loro dovrebbero comparire qui davanti a te ad accusarmi, se hanno qualche cosa contro di me;20oppure dicano i presenti stessi quale colpa han trovato in me quando sono comparso davanti al sinedrio,21se non questa sola frase che gridai stando in mezzo a loro: A motivo della risurrezione dei morti io vengo giudicato oggi davanti a voi!".

22Allora Felice, che era assai bene informato circa la nuova dottrina, li rimandò dicendo: "Quando verrà il tribuno Lisia, esaminerò il vostro caso".23E ordinò al centurione di tenere Paolo sotto custodia, concedendogli però una certa libertà e senza impedire a nessuno dei suoi amici di dargli assistenza.
24Dopo alcuni giorni Felice arrivò in compagnia della moglie Drusilla, che era giudea; fatto chiamare Paolo, lo ascoltava intorno alla fede in Cristo Gesù.25Ma quando egli si mise a parlare di giustizia, di continenza e del giudizio futuro, Felice si spaventò e disse: "Per il momento puoi andare; ti farò chiamare di nuovo quando ne avrò il tempo".26Sperava frattanto che Paolo gli avrebbe dato del denaro; per questo abbastanza spesso lo faceva chiamare e conversava con lui.
27Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo; ma Felice, volendo dimostrare benevolenza verso i Giudei, lasciò Paolo in prigione.


Capitolo VIII: L'intima amicizia con Gesù

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1. Quando è presente Gesù, tutto è per il bene, e nulla pare difficile. Invece, quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non parla nell'intimo, ogni consolazione vale assai poco. Invece, se Gesù dice anche soltanto una parola, sentiamo una grande consolazione. Forse che Maria Maddalena non balzò subitamente dal luogo in cui stava in pianto, quando Marta le disse: "C'è qui il maestro, ti chiama?" (Gv 11,28). Momento felice, quello in cui Gesù ci invita dal pianto al gaudio spirituale. Come sei arido e aspro, lontano da Gesù; come sei sciocco e vuoto se vai dietro a qualcosa d'altro, che non sia Gesù. Non è, questo, per te, un danno più grande che perdere il mondo intero? Che cosa ti può mai dare il mondo se non possiedi Gesù? Essere senza Gesù è un duro inferno; essere con Gesù è un dolce paradiso. Non ci sarà nemico che possa farti del male, se avrai Gesù presso di te. Chi trova Gesù trova un grande tesoro prezioso; anzi, trova un bene più grande di ogni altro bene. Chi perde Gesù perde più che non si possa dire; perde più che se perdesse tutto quanto il mondo. Colui che vive senza Gesù è privo di tutto; colui che vive saldamente con lui è ricco di tutto. 

2. Grande avvedutezza è saper stare vicino a Gesù; grande sapienza sapersi tenere stretti a lui. Abbi umiltà e pace, e Gesù sarà con te; abbi devozione e tranquillità di spirito, e Gesù starà con te. Che se comincerai a deviare verso le cose esteriori, potrai subitamente allontanare da te Gesù, perdendo la sua grazia; e se avrai cacciato lui, e l'avrai perduto, a chi correrai per rifugio, a chi ti volgerai come ad amico? Senza un amico non puoi vivere pienamente; e se non hai come amico, al di sopra di ogni altro, Gesù, sarai estremamente triste e desolato.  

3. E' da stolto, dunque, quello che fai, ponendo la tua fiducia e la tua gioia in altri che in Gesù. E' preferibile avere il mondo intero contro di te che avere Gesù disgustato di te. Sicché, tra tutte le persone care, caro, per sé, sia il solo Gesù; tutti gli altri si devono amare a causa di Lui; Lui, invece, per se stesso. Gesù Cristo, il solo che troviamo buono e fedele più di ogni altro amico, lui solo dobbiamo amare, di amore particolare. Per lui e in lui ti saranno cari sia gli amici che i nemici; e lo pregherai per gli uni e per gli altri, affinché tutti lo conoscano e lo amino. Non desiderare di essere apprezzato od amato per te stesso, poiché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno che gli somigli. Non volere che uno si lasci prendere, nel suo cuore, tutto da te, né lasciarti tutto prendere tu dall'amore di chicchessia. Gesù soltanto deve essere in te, come in ognuno che ami il bene. Sii puro interiormente e libero, senza legami con le creature. Se vuoi essere pienamente aperto a gustare "com'è soave il Signore" (Sal 33,9), devi essere del tutto spoglio e offrire a Dio un cuore semplice e puro.  

4. Ma, in verità, a tanto non giungerai, se prima non sarà venuta a te la sua grazia trascinandoti, cosicché, scacciata e gettata via ogni cosa, tu possa unirti con Lui, da solo a solo. Quando la grazia di Dio scende sull'uomo, allora egli diventa capace di ogni impresa; quando invece la grazia viene meno, l'uomo diventa misero e debole, quasi abbandonato al castigo. Ma anche così non ci si deve lasciare abbattere; né si deve disperare. Occorre piuttosto stare fermamente alla volontà di Dio e, qualunque cosa accada, sopportarla sempre a lode di Gesù Cristo; giacché dopo l'inverno viene l'estate, dopo la tempesta una grande quiete.


DISCORSO 395 L'ASCENSIONE DEL SIGNORE.

Discorsi - Sant'Agostino

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La speranza cristiana.

1. Oggi celebriamo l'Ascensione al cielo del Signore. Cerchiamo di non ascoltare invano [l'invito]: " In alto il cuore " e con tutta l'anima saliamo con lui secondo l'ammaestramento dell'Apostolo che dice: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo seduto alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra 1. In terra ci sia la necessaria operosità, ma in quanto al cielo volontà di ascensione. Qui la speranza, lì la realtà. Ma verrà tempo in cui questa realtà sarà presente. Quando la realtà sarà presente lì non ci sarà più la speranza, né qui né lì. Non perché la speranza sia vana, ma perché essa è finita quando si è compiuta nella realtà. Infine ascoltate quello che dice l'Apostolo sulla speranza: Nella speranza - dice - noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, una volta che è raggiunto, non è più speranza; infatti ciò che uno già vede come potrebbe sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza 2. Osservate nel campo delle stesse cose umane e riflettete che se qualcuno spera di avere una moglie è segno che ancora non ce l'ha. Infatti, se l'avesse, a che pro spererebbe? Ha infatti sposato la donna che sperava e ormai non spera più. La speranza dunque finisce con gioia quando si realizza ciò che si sperava. Un pellegrino spera di ritornare in patria; vi spera finché non vi giunge; una volta giunto ha finito di sperare. La realtà infatti è successiva alla speranza. Felicemente finisce la speranza quando si ottiene ciò che si sperava. Ora dunque, carissimi, a proposito dell'invito che vi è stato fatto di tenere in alto il cuore, questo significhi che noi proprio col cuore solleviamo i pensieri a quella futura vita. E cerchiamo di vivere bene qui per poter vivere là.

Il corpo mistico.

2. Ecco dunque quanto è grande la condiscendenza del Signore nostro! Egli ci ha fatto e poi è disceso fino a noi perché noi eravamo caduti lontano da lui. E per venire fino a noi egli è disceso, non è anche lui caduto. Se dunque è disceso ci ha innalzato. Egli, il nostro capo, ci ha sollevato in quanto siamo suo corpo: dove è lui seguiranno anche le membra. Perché dove precede il capo vengono dietro le membra. Egli è il capo, noi siamo le membra. Egli è in cielo, noi in terra. E` forse lontano da noi? No di certo. Se interroghi gli spazi, è lontano, se interroghi l'amore è con noi. Se non fosse con noi non direbbe, nel Vangelo: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo 3. Se non è con noi saremmo bugiardi quando vi diciamo: " Il Signore è con voi ". E se non fosse con noi non avrebbe gridato dal cielo, quando Saulo perseguitava non lui ma i suoi santi, i suoi servi, o, per dirla più familiarmente, le sue membra: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 4 Ecco, io sono qui in cielo, tu in terra, fra i persecutori. Perché dice: mi? Perché mie membra: e, attraverso le mie membra, ci sono io lì. Se soltanto un piede ti viene calpestato, non per questo la lingua tace. Colui dunque da cui fu fatto il cielo e la terra, discese sulla terra per colui che creò dalla terra e, partendo da qui, sollevò al cielo la terra. Quello dunque che è avvenuto in precedenza in lui, speriamolo per noi per la fine dei secoli. Ci darà quello che ha promesso: ne siamo sicuri, ci ha fatto garanzia, lo ha fatto scrivere nel Vangelo; manterrà la promessa. Ma è ancor più quello che ha speso per noi. Chi già ci ha dato la sua morte non pensiamo che ci darà anche la sua vita? Ha sopportato per noi le umiliazioni della sua passione, le ingiurie, le contumelie, tutti gli affronti più indegni, sulla terra; non ci darà il regno, la felicità, l'immortalità, l'eternità? Ha sopportato i nostri mali. Non ci darà i suoi beni? Andiamo sicuri verso questa speranza, perché chi promette è verace. E viviamo in modo da potergli dire a fronte alta: " Abbiamo fatto ciò che hai comandato, ricambia quello che hai promesso ".

 

1 - Col 3, 1-2.

2 - Rm 8, 24-25.

3 - Mt 28, 20.

4 - At 9, 4.


4. Progresso nello studio e fervore religioso (1883~1886)

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux

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Al parlatorio delle Carmelitane - Attrazione per le letture - Ritorno ad Alencon - Primo incontro con Gesù Eucaristico - Cresima - Penosa vita di collegio - Malattia degli scrupoli - Uscita di collegio e lezioni private - Stanza di studio - Leonia - Maria entra nel Carmelo - Risposta celeste.

96 - Parlando delle visite alle carmelitane, ricordo la prima, la quale ebbe luogo poco tempo dopo che Paolina era entrata. Ho dimenticato di parlarne, ma c'è un particolare che non debbo omettere. La mattina nella quale dovevo andare al parlatorio, mentre riflettevo sola sola nel mio letto (perché era li che facevo le mie orazioni più profonde, e, contrariamente alla Sposa dei cantici, vi trovavo sempre il mio Amato), mi domandai quale nome avrei avuto nel Carmelo; sapevo che c'era una suor Teresa di Gesù, e tuttavia il mio bel nome di Teresa non poteva essermi tolto. A un tratto pensai a Gesù Bambino che amavo tanto, e dissi a me stessa: «Oh, come sarei felice di chiamarmi Teresa di Gesù Bambino!». Non dissi nulla in parlatorio del sogno che avevo fatto da sveglia, ma alla buona madre Maria di Gonzaga, mentre domandava alle suore quale nome avrebbero potuto darmi, venne in mente di chiamarmi col nome che avevo sognato. Grande fu la mia gioia, e quel felice incontro di pensieri mi parve una delicatezza del mio diletto Gesù Bambino.

97 - Ho omesso anche alcuni minimi particolari della mia infanzia prima che lei entrasse nel Carmelo; non le ho parlato del mio amore per le immagini e per la lettura. Eppure, Madre mia cara, debbo alle belle immagini che lei mi mostrava come ricompensa, una delle gioie più dolci e delle impressioni più forti che mi abbiano incitata a praticare la virtù. Dimenticavo il tempo mentre le guardavo, per esempio: l'umile fiore del Prigioniero divino mi diceva tante cose che mi diventava facile immergermi nel raccoglimento. Vedendo che il nome di Paolina era scritto sotto il piccolo stelo fiorito, avrei voluto che ci fosse anche quello di Teresa, e mi offrivo a Gesù per essere il fiore suo.

98 - Non sapevo giocare, però mi piaceva molto la lettura, e avrei passato la vita leggendo; fortunatamente avevo, per guidarmi, degli angeli sulla terra, i quali mi sceglievano libri tali da divertirmi nutrendomi spirito e cuore, e poi dovevo passare soltanto un tempo limitato a leggere, ciò che mi costava sacrifici gravi: a volte dovevo interrompere proprio in mezzo al passo più avvincente. Questa attrattiva per la lettura è durata fino a quando sono entrata nel Carmelo. Dire il numero di libri che mi è passato per le mani non sarebbe possibile, e tuttavia il Signore non ha mai permesso che ne leggessi uno solo capace di farmi del male. E vero che, leggendo certi racconti cavallereschi, non sempre intendevo, in un primo momento, il vero senso della vita; ma ben presto il Signore mi faceva sentire che la gloria vera è quella che durerà eterna, e che per arrivare ad essa non è necessario compiere opere sfolgoranti, bensì nascondersi e praticar la virtù sì che la mano sinistra ignori ciò che fa la destra...

99 - Così, leggendo le gesta patriottiche delle eroine di Francia, in particolare quelle della Venerabile Giovanna d'Arco, avevo gran desiderio d'imitarle, mi pareva di sentire in me lo stesso ardore dal quale erano animate, la medesima ispirazione celeste. Allora ricevetti una grazia che ho sempre considerata come una delle maggiori per me, perché a quell'età non ricevevo luci come ora che ne sono inondata. Pensai che ero nata per la gloria e cercando il mezzo di raggiungerla, il Signore m'ispirò i sentimenti che ho scritti qui sopra. Mi fece capire altresì che la mia gloria non apparirà agli occhi degli uomini, e consisterà nel divenire una grande santa!!! Questo desiderio potrà sembrar temerario se si considera quanto ero debole e imperfetta, e quanto lo sono ancora dopo sette anni passati in religione, tuttavia sento ancora la stessa fiducia ardita di diventare una grande santa, perché non conto sui meriti miei non avendone alcuno, ma spero in colui che è la Virtù, la Santità stessa. Lui solo, contentandosi dei miei deboli sforzi, mi eleverà fino a sé e, coprendomi dei suoi meriti infiniti, mi farà santa. Non pensavo allora che bisogna soffrire molto per arrivare alla santità, ma il Signore non tardò a mostrarmelo, mandandomi le prove che ho raccontato prima. Ora debbo riprendere il mio racconto al punto in cui l'ho lasciato.

100 - Tre mesi dopo che fui guarita, Papà ci fece fare il viaggio di Alencon. Era la prima volta che ritornavo là, e la mia gioia fu grande quando rividi i luoghi nei quali era trascorsa la mia infanzia, soprattutto quando potei pregare sulla tomba di Mamma e chiederle di proteggermi sempre. il Signore mi ha fatto la grazia di non conoscere la società mondana se non quel tanto da potere disprezzarla e tenermi lontana da essa. Potrei dire che proprio durante il soggiorno in Alencon feci il mio primo ingresso nel mondo. Tutto era gioia, felicità intorno a me, ero festeggiata, carezzata, ammirata; in una parola, la vita mia per quindici giorni fu disseminata di fiori. Confesso che questa vita aveva un fascino per me. La Saggezza ha ben ragione quando dice che «la malia delle futilità mondane seduce anche lo spirito alieno dal male». A dieci anni il cuore si lascia abbagliare facilmente, e perciò considero una grande grazia di non essere rimasta ad Alencon; gli amici che avevamo là erano troppo mondani, sapevano troppo intrecciare le gioie della terra col servizio a Dio. Non pensavano abbastanza alla morte, e tuttavia la morte è venuta a visitare un gran numero di persone che ho conosciuto, giovani, ricche, felici! Mi piace tornare col pensiero ai luoghi incantatori dove esse hanno vissuto, e domandarmi dove sono, che cosa giovano loro i castelli, i parchi nei quali le ho viste godere le comodità della vita? E vedo che tutto è vanità e afflizione di spirito sotto il sole... e che l'unico bene è amare Dio con tutto il cuore, ed essere, quaggiù, poveri di spirito.

101 - Forse Gesù ha voluto mostrarmi il mondo innanzi alla prima visita che mi avrebbe fatta, affinché io scegliessi più liberamente la via sulla quale mi sarei impegnata con lui. Al tempo della mia prima Comunione mi è rimasto impresso nel cuore come un ricordo sgombro da nuvole; mi pare che non avrei potuto avere disposizioni migliori, e le mie pene d'anima mi lasciarono per quasi un anno. Gesù voleva farmi gustare una gioia più perfetta che fosse possibile in questa valle di lacrime.

102 - Si ricorda, Madre mia cara, dell'incantevole libretto che lei mi aveva composto tre mesi avanti la mia prima Comunione? Proprio quelle pagine mi aiutarono a preparare il cuore in modo conseguente e rapido, perché, se da lungo tempo già lo preparavo, bisognava ben dargli uno slancio nuovo, empirlo di fiori nuovi affinché Gesù potesse riposarsi in lui gradevolmente. Ogni giorno facevo un gran numero di «pratiche», che formavano altrettanti fiori, facevo un numero anche più grande di aspirazioni che lei aveva scritte nel mio libriccino per ogni giorno, e quegli atti d'amore formavano i bocci. Ogni settimana lei mi scriveva una cara lettera che mi empiva l'anima di pensieri profondi e mi aiutava a praticare la virtù, era una consolazione per la sua figliolina la quale faceva un sacrificio tanto grande accettando di non essere preparata sera per sera sulle ginocchia di lei, Madre mia, com'era stata preparata Celina.

103 - Maria sostituiva Paolina per me: mi sedevo in grembo a lei e ascoltavo avidamente ciò che mi diceva, mi pare che tutto il cuore di lei, tanto grande, tanto generoso, si versasse in me. Come i guerrieri illustri insegnano ai loro figli il mestiere delle armi, così Maria mi parlava dei combattimenti della vita, e della palma riservata ai vittoriosi. E ancora mi parlava delle ricchezze immortali che è facile ammassare ogni giorno, e della sciagura che è passare senza allungare la mano per cogliere quei tesori, poi mi indicava il modo per essere santa per mezzo della fedeltà alle cose minime; mi dette il foglietto «Della rinuncia» che io meditavo con delizia. Com'era eloquente, la mia Madrina cara! Avrei voluto non essere sola per ascoltare i suoi insegnamenti profondi, mi sentivo così commossa da credere, nella mia ingenuità, che i più grandi peccatori si sarebbero commossi come me e che, abbandonando le ricchezze caduche, avrebbero cercato soltanto quelle del Cielo.

104 - A quel tempo nessuno ancora mi aveva insegnato a fare orazione, eppure io ne avevo gran desiderio; senonché Maria mi trovava già abbastanza pia, e mi permetteva soltanto le mie preghiere solite. Un giorno una maestra dell'Abbazia mi domandò cosa facessi nei giorni di vacanza quando mi trovavo sola. Le risposi che andavo dietro il mio letto in un po' di posto vuoto che c'era, e che potevo chiudere con la tenda: lì, «pensavo». - «Ma a che cosa pensi?» - mi domandò ancora. -«Penso al buon Dio, alla vita... all'eternità, insomma, penso!». La buona religiosa rise molto di me, più tardi le piaceva di ricordarmi il tempo in cui pensavo, e mi domandava. - «Pensi ancora?...». Capisco ora che facevo orazione senza saperlo, e che già Dio misericordioso m'istruiva in segreto.

105 - I tre mesi di preparazione passarono rapidi, ben presto dovetti entrare in ritiro e per questo diventare collegiale interna, dormendo all'Abbazia. Non posso dire il ricordo dolce che mi ha lasciato quel ritiro; veramente, se ho molto sofferto in collegio, sono stata largamente compensata dalla felicità ineffabile di quei pochi giorni passati nell'attesa di Gesù. Non credo che si possa gustare quella gioia fuori dalle comunità religiose; essendo poche le bambine, era facile occuparsi di ciascuna in particolare, e veramente le nostre maestre ci prodigavano in quel momento delle cure materne. Si occupavano ancor più di me che delle altre, ogni sera la prima maestra veniva, con la sua lucernetta, ad abbracciarmi nel mio letto, mostrandomi grande affetto. Una sera, commossa per la bontà di lei, le dissi che le avrei confidato un segreto, e tirando fuori misteriosamente il mio libretto prezioso che era sotto il guanciale, glielo mostrai con gli occhi che brillavano di gioia. La mattina, trovavo bello di veder tutte le scolare che si alzavano appena sveglie, e di fare anch'io come loro, ma non ero abituata a vestirmi e sistemarmi da sola. Maria non era li per farmi i riccioli, perciò ero costretta a presentare timidamente il mio pettine alla maestra della stanza ove ci si vestiva, che rideva vedendo una figliolona di undici anni che non sapeva sbrogliarsi; tuttavia mi pettinava, ma non con la dolcezza di Maria, e io non osavo gridare, ciò che mi accadeva tutti i giorni sotto la mano delicata della mia madrina. Ebbi modo di costatare, durante il ritiro, che ero una bambina carezzata e curata come ce ne sono poche sulla terra, soprattutto fra quelle rimaste prive di mamma! Ogni giorno Maria e Leonia venivano a trovarmi con Papà, il quale mi colmava di pensierini cari, cosicché non soffersi per la privazione della famiglia, e niente oscurò il cielo bello del mio ritiro.

106 - Ascoltavo con grande attenzione gli insegnamenti che ci dava il reverendo Don Domin, ed anche li riassumevo scrivendoli; riguardo ai miei pensieri non ne volli scrivere alcuno pensando che me li sarei ricordati bene, ciò che fu vero. Era per me gran felicità di andare con le suore a tutte le funzioni; mi facevo notare in mezzo alle compagne per un grande crocifisso che Leonia mi aveva regalato, e che io passavo nella mia cintola come fanno i missionari; quel crocifisso suscitava ammirazione nelle buone religiose le quali pensavano che io, portandolo, volessi imitare la mia sorella carmelitana. Era ben verso lei che sciamavano i miei pensieri, sapevo che la mia Paolina era in ritiro com'ero io, non già perché Gesù si desse a lei, bensì perché lei si dava a Gesù e perciò questa solitudine passata nell'attesa mi era doppiamente cara.

107 - Ricordo che una mattina mi avevano fatto andare all'infermeria perché tossivo molto (da quando ero stata malata, le mie maestre facevano una grande attenzione a me, per un leggero mal di testa mi mandavano a prendere aria o a riposarmi nell'infermeria, e lo stesso se mi vedevano più pallida del solito). Vidi entrare la mia Celina cara, aveva ottenuto il permesso di venire a vedermi nonostante il ritiro, per offrirmi un'immagine che grandi tanto, era «il fiore del divino Prigioniero». Come fu dolce per me ricevere questo ricordo dalla mano di Celina! Quanti pensieri d'amore ho avuto per merito di lei!

108 - La vigilia del gran giorno ricevetti l'assoluzione per la seconda volta, la mia confessione generale mi lasciò una grande pace nell'anima, e il buon Dio permise che nessuna nube venisse a turbarla. Nel pomeriggio chiesi perdono a tutta la famiglia che venne a trovarmi, ma riuscii a parlare soltanto con le lacrime, ero troppo commossa... Paolina non c'era, tuttavia sentivo che era vicina a me col cuore; mi aveva mandato una bella immagine per mezzo di Maria, non mi stancavo d'ammirarla e farla ammirare da tutti. Avevo scritto al buon padre Pichon per raccomandarmi alle sue preghiere, dicendogli anche che ben presto sarei stata carmelitana, e che allora sarebbe stato lui il mio direttore. (E ciò accadde davvero quattro anni dopo, poiché gli aprii l'anima quando fui al Carmelo). Maria mi dette una lettera di lui, realmente ero troppo felice! Tutte le gioie mi arrivavano insieme. Più di tutto mi fece piacere nella lettera di lui questa frase: «Domani salirò all'altare per lei e per la sua Paolina!». Paolina e Teresa furono l'8 maggio più che mai unite, poiché Gesù pareva le confondesse inondandole con le sue grazie...

109 - Un «giorno bello tra tutti» arrivò finalmente. Quali ricordi intraducibili mi hanno lasciato nell'anima i particolari minimi di quella giornata di Cielo! il risveglio gioioso dell'aurora, i baci rispettosi e teneri delle maestre e delle compagne grandi. La stanza piena di fiocchi di neve di cui ciascuna bimba veniva rivestita a turno. Soprattutto l'entrata nella cappella e il canto mattinale dell'inno tanto bello «O santo Altare che gli Angeli circondano!». Ma non voglio entrare nei particolari, ci sono cose che perdono il loro profumo appena esposte all'aria, ci sono pensieri dell'anima che non si possono tradurre in linguaggio terreno senza perdere il loro senso intimo e celeste; sono come quella “Pietra bianca che sarà data al vincitore, e sulla quale è scritto un nome che nessuno conosce se non colui che la riceve”. Ah, come fu dolce il primo bacio di Gesù all'anima mia! Fu un bacio d'amore, mi sentivo amata, e dicevo anche: «Vi amo, mi do a Voi per sempre». Non ci furono domande, non lotte, non sacrifici; da lungo tempo Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti... Quel giorno non era più uno sguardo, ma una fusione, non erano più due, Teresa era scomparsa come la goccia d'acqua nell'oceano. Gesù restava solo, era il padrone, il re. Teresa gli aveva pur chiesto di toglierle la libertà, perché la libertà le faceva paura, lei si sentiva così debole, così fragile, che voleva unirsi per sempre alla Forza divina! La sua gioia era troppo grande, troppo profonda perché lei potesse contenerla, lacrime deliziose la inondarono ben presto, con grande stupore delle compagne le quali più tardi dicevano una all'altra: «Perché ha pianto? Aveva qualche cosa che le dispiaceva?». - «No, era piuttosto per non avere la Mamma con sé, o la sorella che lei ama tanto e che è carmelitana». Non capivano che tutta la gioia del Cielo venendo in un cuore, questo cuore esiliato non poteva sopportarla senza spargere lacrime. Oh no, l'assenza di Mamma non mi dava dolore nel giorno della prima Comunione, non c'era forse il Cielo nell'anima mia? E Mamma non aveva lì il suo posto da gran tempo? Non piangevo l'assenza di Paolina: senza dubbio sarei stata felice di vedermela accanto, ma da lungo tempo il mio sacrificio era accettato; in quel giorno, soltanto la gioia mi empiva il cuore, io mi univo a colei che si dava irrevocabilmente a Gesù: e Gesù si dava a me con tanto amore!

110 - Nel pomeriggio fui io a pronunciare l'atto di consacrazione alla Madonna; era ben giusto che io parlassi a nome delle mie compagne alla mia Mamma del Cielo, io che ero rimasta priva così giovane della Mamma terrena. Misi tutto il cuore nel parlarle, nel consacrarmi a lei, come una bambina che si getta nelle braccia di sua madre, e le chiede di vegliare su lei. Mi pare che la Vergine Santa dovette guardare il suo fiorellino e sorridergli, non era lei che l'aveva guarito con un sorriso visibile? Non aveva proprio lei deposto nel calice dell'umile fiore il suo Gesù, il Fiore dei campi, il Giglio della valle?

111 - La sera di quel bel giorno ritrovai la mia famiglia terrena; già il mattino, dopo la Messa, avevo abbracciato Papà e tutti i miei cari parenti, ma allora fu il vero riunirsi; Papà prendendo la mano della sua piccola regina si avviò verso il Carmelo. Allora vidi la mia Paolina divenuta la sposa di Gesù, la vidi col velo bianco come il mio, con la corona di rose... Ah, la mia gioia fu senza amarezza, speravo di raggiungerla presto e attendere con lei il Cielo! Non fui insensibile alla festa di famiglia che ebbe luogo la sera della mia prima Comunione; l'orologio bello che mi regalò il mio re mi fece gran piacere, ma la gioia era tranquilla e niente turbò la mia pace intima. Maria mi prese con sé nella notte che segui quel bel giorno, perché i giorni più radiosi sono seguiti da tenebre, soltanto il giorno della prima, unica, eterna Comunione del Cielo sarà senza tramonto!

112 - Il giorno dopo fu bello anch'esso, ma improntato di malinconia. Il vestito che Maria mi aveva comprato, tutti i regali che avevo ricevuti non mi colmavano il cuore, soltanto Gesù poteva contentarmi, sospiravo il momento nel quale avrei potuto riceverlo una seconda volta. Un mese circa dopo la prima Comunione andai a confessarmi per l'Ascensione, e osai chiedere il permesso di fare la santa Comunione. Al disopra di tutte le speranze, il sacerdote me la permise ed ebbi la felicità d'inginocchiarmi alla balaustra fra Papà e Maria; che ricordo dolce ho conservato di quella seconda visita di Gesù! Le lacrime mi caddero ancora con indicibile soavità, ripetevo tutto il tempo a me stessa le parole di san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me». Dopo quella Comunione, il mio desiderio di ricevere il buon Dio divenne più e più grande, ottenni il permesso per tutte le feste principali. La vigilia di quei giorni felici Maria mi prendeva la sera sulle ginocchia e mi preparava come l'aveva fatto per la prima Comunione; ricordo una volta in cui mi parlò del dolore, dicendomi che forse non avrei camminato su quella via, ma che Dio mi porterebbe sempre come un bambino.

113 - Un giorno dopo, le parole di Maria mi tornarono alla mente, sentii nascere in me un gran desiderio di soffrire, e al tempo stesso l'intima sicurezza che Gesù mi riservava un gran numero di croci; mi sentii inondata di consolazioni così grandi che la considero come una delle grazie maggiori nella mia vita. Soffrire divenne il mio ideale, aveva un fascino che mi rapiva senza che io lo conoscessi bene. Fino allora avevo sofferto senza amare la sofferenza, da quel giorno ne provai un vero amore. Sentivo anche il desiderio di amare soltanto il buon Dio, di non trovar gioia che in lui. Spesso durante le mie comunioni ripetevo le parole della Imitazione: «O Gesù! Dolcezza ineffabile cambiate per me in amarezze tutte le consolazioni della terra!» Questa preghiera usciva dalle mie labbra senza sforzo, senza costrizione; mi pareva di ripeterla non per mio volere, ma come una bambina la quale ripeta parole suggeritele da una persona amica. Più tardi le dirò, Madre mia cara, in qual modo Gesù si è compiaciuto di attuare il mio desiderio, e come lui solo fu sempre la mia dolcezza ineffabile; se ne parlassi subito sarei costretta ad anticipare il tempo della mia vita di giovane, mentre ho ancora da darle molti particolari riguardo all'infanzia.

114 - Poco tempo dopo la prima Comunione entrai nuovamente in ritiro per la Cresima. Mi ero preparata con grande cura a ricevere la visita dello Spirito Santo, non capivo che non si desse grande importanza a ricevere questo sacramento d'Amore. Comunemente si praticava un solo giorno di ritiro per la Cresima, ma poiché Monsignore non poté venire nel giorno stabilito, ebbi la consolazione di due giorni in solitudine. Per distrarci la nostra maestra ci condusse a Monte Cassino, e là colsi a piene mani le grandi margherite per la festa del Corpus Domini. Come era gioiosa l'anima mia! A somiglianza degli apostoli attendevo con felicità la visita dello Spirito Santo. Mi rallegravo al pensiero di essere ben presto perfetta cristiana, e soprattutto di avere sulla fronte eternamente la croce misteriosa che il Vescovo traccia dando il sacramento. Finalmente arrivò il momento felice, non sentii un vento impetuoso nella discesa dello Spirito Santo, ma piuttosto quella brezza lieve, della quale il profeta Elia intese il murmure sul monte Horeb. In quel giorno ricevetti la forza per offrire, perché ben presto il martirio dell'anima mia doveva cominciare. Mi fu madrina la mia cara Leonia, era così commossa che non poté trattenersi dal piangere tutto il tempo della cerimonia. Con me ricevette la santa Comunione, perché io ebbi ancora la felicità di unirmi a Gesù in quel bel giorno.

115 - Dopo le deliziose indimenticabili feste, la mia esistenza rientrò nel quotidiano, cioè dovetti riprendere la vita di collegiale che mi era così penosa. Nel momento della mia prima Comunione amavo quella convivenza con bambine della mia età, tutte piene di buona volontà, le quali avevano preso come me la risoluzione di praticare seriamente la virtù; ma bisognava riprendere i contatti con delle scolare ben diverse, distratte, riottose alla regola, e ciò mi rendeva infelice. Ero un carattere gaio, ma non sapevo lanciarmi nei giochi dell'età mia; spesso durante la ricreazione mi appoggiavo ad un albero, e da là contemplavo il colpo d'occhio, abbandonandomi a riflessioni serie! Avevo inventato un gioco che mi piaceva, cioè di seppellire i poveri uccellini morti che trovavo sotto gli alberi; varie scolare vollero aiutarmi, cosicché il nostro cimitero divenne graziosissimo, piantato d'alberi e di fiori, il tutto proporzionato alle dimensioni dei nostri piccoli implumi. Mi piaceva anche di raccontare novelle di mia invenzione, via via che mi venivano in mente, allora le mie compagne mi circondavano premurosamente, e talvolta delle scolare grandi si univano al gruppo delle ascoltatrici. La medesima storia durava per parecchi giorni perché mi piaceva di renderla sempre più interessante, a mano a mano che vedevo le impressioni che suscitava e che si manifestavano sul viso delle mie compagne, ma presto la maestra mi proibì di continuare la mia professione di oratore, volendoci veder correre e non discorrere.

116 - Ricordavo con facilità il senso delle cose che imparavo, ma duravo fatica a imparare parola per parola; così per il catechismo durante l'anno che precedette la mia prima Comunione, chiesi quasi tutti i giorni il permesso d'imparano durante la ricreazione; i miei sforzi ottennero buon successo, e fui quasi sempre la prima. Se per caso, per una sola parola dimenticata, perdevo il mio posto, il mio dispiacere si manifestava con lacrime amare che il reverendo Don Domin non sapeva come calmare. Era ben contento di me (non quando piangevo), e mi chiamava il suo dottorino, a causa del mio nome di Teresa. Una volta la scolara che mi seguiva non seppe fare alla sua compagna la domanda di catechismo. Il reverendo Padre, avendo fatto il giro di tutte le scolare, ritornò a me, e disse che voleva vedere se meritavo davvero il mio posto di prima. Nella mia profonda umiltà, non aspettavo altro; mi alzai e dissi con sicurezza quello che mi era stato richiesto senza fare uno sbaglio, con grande stupore di tutte. Dopo la mia prima Comunione, il mio zelo per il Catechismo continuò fino a quando uscii dal collegio. Riuscivo benissimo nei miei studi, ero quasi sempre la prima, i più grandi successi miei erano la storia e lo stile. Tutte le mie maestre mi consideravano come una scolara molto intelligente, ma lo stesso non accadeva presso lo zio, ove passavo per una piccola ignorante, buona e dolce, dotata di un giudizio dritto, ma incapace e maldestra...

117 - Non mi sorprende questa opinione che gli zii avevano e che senza dubbio hanno ancora nei miei confronti, non parlavo quasi mai, essendo timidissima; quando scrivevo, la calligrafia da gatto e l'ortografia molto... naturale non erano fatte per sedurre. Nei lavoretti di cucito, ricamo e altri, riuscivo bene, è vero, secondo le mie maestre, ma il modo goffo e maldestro con cui tenevo il mio lavoro giustificava l'opinione poco vantaggiosa che avevano di me. Io considero ciò come una grazia; il buon Dio volendo per sé solo tutto il mio povero cuore, esaudiva già la mia preghiera «cambiando in amarezza le consolazioni della terra». Ne avevo tanto più bisogno in quanto non sarei stata insensibile alle lodi. Spesso vantavano dinanzi a me l'intelligenza degli altri, mai la mia, allora io conclusi che non ne avevo, e mi rassegnai a vedermene privata.

118 - Il cuore mio sensibile e affettuoso si sarebbe dato facilmente se avesse trovato un altro cuore atto a capirlo. Cercai di fare amicizia con le bambine dell'età mia, soprattutto con due, volevo loro bene, e da parte loro esse mi amavano quanto sapevano e potevano; ma ahimè! com'è angusto e volubile il cuore delle creature! Ben presto vidi che il mio affetto non era compreso. Una delle amiche dovette rientrare in famiglia, e tornò qualche mese dopo; durante la sua assenza io avevo pensato a lei conservando preziosamente un anellino che mi aveva regalato. Quando la rividi, la gioia mia fu grande, ma ahimè! ottenni soltanto uno sguardo indifferente... Il mio amore non era stato capito, lo sentii, e non mendicai un'affezione che mi veniva rifiutata, ma il buon Dio mi ha dato un cuore così amante e sensibile che, quando ha voluto bene puramente, vuol bene sempre, e così continuai a pregare per la mia compagna, e l'amo ancora.

119 - Vedendo che Celina voleva bene ad una delle nostre maestre, volli imitarla, ma, non sapendo ingraziarmi le creature, non ci riuscii. Oh, felice ignoranza! Quanti mali mi ha evitati! Come ringrazio Gesù di avermi fatto trovare «soltanto amarezze nelle amicizie della terra»! Con un cuore come il mio, mi sarei lasciata prendere e tagliare le ali, allora in qual modo avrei potuto «volare e riposarmi»? Un cuore abbandonato agli affetti delle creature come può unirsi intimamente con Dio? Sento che questo non è possibile. Senz'aver bevuto alla coppa avvelenata dell'amore troppo ardente delle creature, sento che non posso ingannarmi; ho visto tante anime sedotte da quella falsa luce volare come povere farfalle e bruciarsi le ali, poi tornare verso la vera dolce luce dell'amore che dava ad esse ali nuove più brillanti e più leggere, affinché potessero volare a Gesù, Fuoco divino «che brucia senza consumare» Ah, lo sento, Gesù mi sapeva troppo debole per espormi alla tentazione. Forse mi sarei lasciata bruciare tutta dalla luce ingannatrice se l'avessi vista brillare ai miei occhi... Non è stato così, ho incontrato solamente amarezza là dove anime più forti incontrano la gioia e se ne distaccano per fedeltà. Io non ho dunque alcun merito per non essermi abbandonata all'amore delle creature, poiché da esso fui preservata per grande misericordia del Signore! Riconosco che senza lui avrei potuto cadere in basso quanto santa Maddalena, e la profonda parola di Nostro Signore a Simone mi echeggia nell'anima con grande dolcezza.

120 - Lo so, «colui al quale si rimette meno, ama meno» ma so anche che Gesù mi ha rimesso più che a santa Maddalena perché mi ha rimesso in anticipo, impedendomi di cadere. Ah, come vorrei poter chiarire ciò che sento! Ecco un esempio che spiegherà il mio pensiero. Suppongo che il figlio d'un medico abile incontri sul suo cammino una pietra che lo faccia cadere; cadendo, egli si rompe un arto, e subito il padre corre a lui, lo rialza con amore, cura le ferite impegnando tutte le risorse della sua arte, e ben presto il figlio completamente guarito gli dimostra la propria riconoscenza. Certamente questo figlio ha ben ragione d'amare suo padre! Ma farò ancora un'altra ipotesi. Il padre, avendo saputo che sulla strada di suo figlio si trova una pietra, si affretta, va innanzi a lui, la rimuove senza che nessuno lo veda. Certamente questo figlio, oggetto della sua tenerezza previdente, non sapendo la sventura dalla quale è liberato per mezzo di suo padre, non testimonierà a lui la propria riconoscenza e l'amerà meno che se fosse stato guarito da lui. Ma se viene a conoscere il pericolo al quale è stato sottratto, non amerà di più suo padre? Ebbene, io sono quel figlio, oggetto dell'amore previdente di un Padre il quale non ha mandato il Verbo a riscattare i giusti bensì i peccatori. Vuole che io lo ami perché mi ha rimesso non già molto, bensì tutto. Non ha atteso che io lo amassi molto, come santa Maddalena, ma ha voluto che io sappia com'egli mi ha amata d'un amore d'ineffabile previdenza, affinché ora io ami lui alla follia! Ho inteso dire che non si è mai incontrata un'anima pura la quale ami più di un'anima penitente; ah! come vorrei smentire questa parola!

121 - Mi accorgo di essere ben lontana dal mio soggetto, e perciò mi affretto di tornare ad esso. L'anno che seguì la mia prima Comunione trascorse quasi tutto senza prove intime per l'anima mia, fu durante il mio ritiro per la seconda Comunione che mi vidi assalita dalla terribile malattia degli scrupoli. Bisogna essere passati attraverso questo martirio per capirlo bene: dire quanto ho sofferto per un anno e mezzo, mi sarebbe impossibile. Tutti i miei pensieri e le mie azioni più semplici divenivano per me oggetto di turbamento; non avevo riposo se non dicendoli a Maria, e ciò mi costava molto, perché mi credevo obbligata a dire i pensieri stravaganti che avevo riguardo a lei stessa. Appena deposto il fardello, gustavo un attimo di pace, ma questa pace passava come un lampo, e ben presto il martirio ricominciava. Che pazienza è stata necessaria a Maria cara, per ascoltarmi e non darmi segni di noia! Appena tornavo dall'Abbazia, lei si metteva ad arricciarmi i capelli per il giorno dopo (perché tutti i giorni, per far piacere a Papà, la piccola regina aveva i capelli arricciati, con grande stupore delle compagne e soprattutto delle maestre le quali non vedevano bambine così curate dai loro genitori), durante la seduta non smettevo di piangere e di raccontare tutti i miei scrupoli. Alla fine dell'anno Celina, avendo finito i suoi studi, rientrò a casa, e la povera Teresa, obbligata a tornare sola a scuola, non tardò ad ammalarsi: l'unica attrattiva che la tratteneva trì collegio era vivere con la sua Celina inseparabile, senza lei la «figlioletta» non poté restarci.

122 - Uscii dunque dall'Abbazia all'età di tredici anni, e continuai la mia istruzione prendendo varie lezioni per settimana da «Madame Papinau». Era un'ottima persona erudita, ma aveva un po' il tono della zitella; viveva con sua madre, ed era incantevole vedere il ménage che facevano in tre (perché la gatta era di famiglia ed io avevo da tollerare che mi facesse le fusa sopra i quaderni, e mi toccava anche ammirare la sua eleganza). Avevo il vantaggio di vivere nell'intimità della famiglia; i Buissonnets essendo troppo lontani per le gambe un po' invecchiate della mia docente, lei aveva chiesto che andassi a casa sua. Quando arrivavo, generalmente trovavo soltanto la vecchia signora Cochain la quale mi guardava «con i suoi grandi occhi chiari», e poi chiamava con voce calma e sentenziosa: «M.me Papinau... Ma.. .d'mòizelle Thè.. .rèse è qui». La figlia rispondeva prontamente con voce infantile: «Eccomi, Maman». E la lezione cominciava.

123 - Queste lezioni avevano in più il vantaggio (oltre all'istruzione che ricevevo) di farmi conoscere il mondo... Chi l'avrebbe creduto! In quella stanza arredata all'antica, ingombra di libri e quaderni, assistevo spesso a visite di ogni genere: preti, signore, giovanette, ecc. La signora Cochain faceva il più possibile le spese della conversazione per lasciare alla figlia il modo di darmi lezione, ma in quei giorni non imparavo molto; col naso nel libro udivo tutto ciò che dicevano, ed anche quello che sarebbe stato meglio per me non udire; la vanità s'insinua tanto facilmente nel cuore! Una signora diceva che avevo bei capelli... un'altra, uscendo, e credendo di non essere intesa, domandava chi fosse quella giovanetta così carina; e così tali parole, tanto più lusinghiere quanto meno erano dette in presenza mia, mi lasciavano nell'anima una compiacenza dalla quale capivo facilmente di essere piena di amor proprio.

124 - Oh, come ho compassione delle anime che si perdono! E così facile smarrirsi nei sentieri fioriti di questo mondo... senza dubbio per un'anima un poco elevata, la dolcezza che il mondo offre è mescolata con amarezza, e il vuoto immenso dei desideri non potrebbe essere colmato dalle lodi d'un istante... Ma se il mio cuore non fosse stato innalzato verso Dio fin dal primo risveglio, se il mondo mi avesse sorriso fin dal mio entrare nella vita, che sarei divenuta? Oh, Madre mia cara, con quanta riconoscenza canto le misericordie del Signore! Egli mi ha, come dice la Sapienza, «ritirata dal mondo prima che il mio spirito fosse corrotto dalla sua malizia e che le sue apparenze ingannevoli avessero sedotta l'anima mia». La Vergine Santa vegliava anche lei sul suo fiore umile, e non voleva vederlo appassire al contatto delle cose terrene, perciò lo portò sopra il suo monte prima che esso sbocciasse. Aspettando quel momento felice la piccola Teresa cresceva in amore verso la sua Mamma del Cielo; per provarle questo amore ella fece un atto che le costò molto, e che io cercherò di raccontare brevemente, nonostante la lunghezza di esso.

125 - Quasi subito dopo il mio ingresso nell'Abbazia, ero stata ricevuta nell'Associazione dei santi Angeli; mi piacevano molto le pratiche di devozione che essa imponeva, poiché provavo un'attrattiva particolare a pregare gli spiriti beati del Cielo e soprattutto quello che il buon Dio mi ha dato come compagno nel mio esilio. Qualche tempo dopo la mia prima Comunione, il nastro d'aspirante alle Figlie di Maria sostituì quello dei santi Angeli, ma io lasciai l'Abbazia quando ancora non ero stata accolta nell'associazione della Santa Vergine. Essendo uscita prima di aver compiuto i miei studi, non avevo il permesso di entrare come ex-allieva; confesso che questo privilegio non eccitava il mio desiderio, ma pensando che tutte le mie sorelle erano state «Figlie di Maria», temetti di essere meno di loro figlia della mia Madre dei Cieli, e andai molto umilmente (benché mi costasse), a chiedere di essere ricevuta nell'associazione della Santa Vergine all'Abbazia. La prima maestra non volle rifiutarmi, ma mise come condizione che io rientrassi due giorni per settimana nel pomeriggio per dimostrare se ero degna di essere ammessa. Ben lungi dal farmi piacere, questo permesso mi costò moltissimo; non avevo come le altre ex-allieve, una maestra amica con la quale passare varie ore; così mi contentavo di andare a salutare la maestra, poi lavoravo in silenzio per tutta la lezione di cucito o ricamo. Nessuno faceva attenzione a me, e così salivo alla tribuna della cappella, e rimanevo davanti al Santissimo fino al momento in cui Papà veniva a prendermi; era la sola consolazione: Gesù non era forse il mio unico amico? Non sapevo parlare che a lui, le conversazioni con le creature, perfino le conversazioni pie, mi stancavano l'anima. Sentivo che è meglio parlare a Dio che di Dio, perché si mescola tanto amor proprio nelle conversazioni spirituali! Ah, proprio per la Santa Vergine soltanto venivo all'Abbazia... talvolta mi sentivo sola, molto sola, come nei giorni della mia vita di collegio quando passeggiavo triste e malata nel cortile grande, ripetevo le parole che mi facevano sempre rinascere nel cuore la pace e la forza: «La vita è la tua nave e non la tua dimora». Già da piccolissima ritrovavo coraggio in questo verso; ancora oggi, nonostante gli anni che cancellano tante impressioni di pietà infantile, l'immagine della nave affascina l'anima mia e l'aiuta a sopportare l'esilio. Anche la Sapienza dice che: «La vita è come la nave che rompe le acque agitate e non lascia dietro sé traccia del proprio passaggio». Quando penso a queste cose, l'anima ia s'immerge nell'infinito, mi sembra già di toccare la riva eterna. Mi pare di ricevere l'abbraccio di Gesù, di vedere la mia Madre del Cielo venirmi incontro con Papà... Mamma... i quattro angeli... Credo di godere finalmente e per sempre della vera, dell'eterna vita in famiglia...

126 - Prima di veder la famiglia riunita al focolare paterno dei Cieli, dovevo passare attraverso tante separazioni! L'anno nel quale fui accolta tra le Figlie della Vergine Santa, mi rapì la mia cara Maria, l'unico sostegno della mia anima... Era Maria che mi guidava, mi consolava, mi aiutava a praticare la virtù; era il mio solo oracolo. Senza dubbio, Paolina m'era rimasta bene addentro nel cuore, ma Paolina era lontana, così lontana da me! Avevo sofferto il martirio per assuefarmi a vivere senza lei, per accettare tra lei e me dei muri impenetrabili; ma finalmente avevo riconosciuto la triste realtà. Paolina era perduta per me, quasi allo stesso modo come se fosse morta. Mi amava ancora, pregava per me, ma, agli occhi miei, la mia Paolina cara era divenuta una Santa, la quale non doveva più capire le cose della terra; e le miserie della povera Teresa, se lei le avesse conosciute, avrebbero dovuto farla stupire e impedirle di amar tanto la sorellina. D'altra parte, quand'anche avessi voluto confidarle i miei pensieri come ai Buissonnets, non avrei potuto farlo, i «parlatori» erano riservati a Maria. Celina ed io avevamo il permesso di venire alla fine, appena in tempo per sentirci stringere il cuore... Così avevo realmente Maria sola, ella mi era indispensabile, dicevo i miei scrupoli unicamente a lei, ed ero tanto obbediente che il mio confessore non ha conosciuto mai la mia brutta malattia; gli dicevo soltanto il numero di peccati che Maria mi aveva permesso di confessare, non uno di più, e in tal modo avrei potuto passare per l'anima meno scrupolosa della terra, nonostante che lo fossi all'ultimo grado. Maria sapeva dunque tutto ciò che accadeva nell'anima mia, conosceva anche il desiderio di entrare nel Carmelo, e io l'amavo tanto che non potevo vivere senza lei.

127 - Tutti gli anni la zia c'invitava a turno da lei a Trouville, a me sarebbe piaciuto tanto andarci, ma con Maria! Quando non ce l'avevo, mi annoiavo molto. Tuttavia una volta ebbi veramente piacere a Trouville, fu l'anno del viaggio di Papà a Costantinopoli; per distrarci un poco (perché eravamo tanto dispiaciute sapendo Papà così lontano), Maria ci mandò, Celina e me, a passare quindici giorni in riva al mare. Mi ci divertii molto perché avevo la mia Celina. La zia ci procurò tutti i piaceri possibili: passeggiate sul somaro, pesca delle triglie, e così via. Ero ancora molto bambina, nonostante i miei dodici anni e mezzo; ricordo la mia gioia quando mi misi dei bei nastri azzurro-cielo che la zia mi aveva regalato per i capelli; ricordo anche di essermi confessata proprio a Trouville di quel piacere fanciullesco che mi pareva un peccato. Una sera ebbi un'esperienza che mi sorprese molto. Maria (Guérin) la quale era quasi sempre malaticcia, piangiucchiava spesso; allora la zia l'accarezzava, le dava i nomi più teneri, e la cara cuginetta continuava, nonostante ciò, a dire lacrimando che aveva mal di capo. Io che avevo mal di testa quasi ogni giorno, e non me ne lamentavo, una sera volli imitare Maria, e mi sentii in dovere di lacrimare sopra una poltrona in un angolo del salotto. Subito Giovanna e la zia si occuparono di me: «Che cos'hai?». - «Ho mal di testa». Ma pare che non mi si addicesse lamentarmi, non potei mai persuaderle che il mal di capo mi facesse piangere; invece di coccolarmi, mi parlarono come a una persona grande, e Giovanna mi rimproverò la poca fiducia nella zia, perché pensava che avessi una inquietudine di coscienza: insomma, fui pagata a mie spese, ben risoluta a non imitar più gli altri, e capii la favola «dell'asino e del canino». Ero l'asino che, viste le carezze prodigate al canino, era venuto a mettere le sue povere zampe sulla tavola per ricevere la sua parte di baci; ahimè! se non ricevetti le bastonate come il povero animale, ricevetti davvero il soldino adatto per me, e quel soldino mi guarì per sempre dalla voglia d'attirar l'attenzione; l'unico sforzo che avevo fatto per questo scopo mi era costato troppo! L'anno seguente, cioè quello in cui la mia cara Madrina partì, la zia m'invitò ancora, ma questa volta sola, e mi trovai tanto spaesata, che entro due o tre giorni ero malata, e bisognò che mi riconducessero a Lisieux; la malattia che temevano fosse grave, in realtà era soltanto nostalgia dei Buissonnets, appena ebbi messo piede a casa, tornò la salute... Ed era a quella bimba li che il buon Dio stava per togliere l'unico appoggio che l'attaccasse alla vita!

128 - Appena seppi la decisione di Maria, risolsi di non prendere più svago né piacere su questa terra. Da quando ero uscita dal collegio, mi ero installata nella ex stanza di pittura di Paolina e l'avevo accomodata a gusto mio. Era un vero bazar, un'accozzaglia di pietà e di curiosità, un giardino e una voliera... Così, sul fondo si stagliava una grande croce di legno nero senza il Cristo, alcuni disegni che mi piacevano; sopra un altro muro, un canestro guarnito di mussola e di nastri rosa con erbe fini e fiori; sulla quarta parete troneggiava, solo, il ritratto di Paolina a dieci anni; sotto esso c era una tavola sulla quale era posata una gabbia ampia che racchiudeva un gran numero di uccelletti, e questi, col loro cinguettio melodioso rompevano il capo ai visitatori, ma non già alla loro padroncina che li amava tanto. C'era anche il «mobiletto bianco» pieno di libri miei di studio, quaderni, ecc... Su quel mobile era posata una statua della Vergine Santa con dei vasi sempre ornati di fiori naturali, e dei candelieri; intorno varie piccole statue di santi e sante, panierini in conchiglie, scatole di carta bristol, ecc.! Finalmente il mio giardino era sospeso davanti alla finestra nella quale curavo alcuni vasi da fiori (i più rari che potessi trovare); avevo ancora una giardiniera nell'interno del «mio museo», e ci mettevo la mia pianta privilegiata. Davanti alla finestra era situata la mia tavola coperta con un tappeto verde, e su quel tappeto avevo posto, proprio in mezzo, una clessidra, una statuetta di san Giuseppe, un porta-orologi, dei panieri di fiori, un calamaio, ecc... Alcune seggiole zoppe, e l'incantevole letto per la bambola di Paolina completavano tutto il mio arredamento. Davvero quella povera soffitta era un mondo per me, e come il signore de Maistre potrei comporre un libro chiamandolo «Viaggio intorno alla mia stanza». In questo ambiente restavo sola per ore intere studiando e meditando davanti alla bella vista che mi si stendeva dinanzi.

129 - Quando seppi della partenza di Maria, la mia stanza perse per me tutto il suo fascino, non volevo lasciare un solo attimo la sorella carissima che sarebbe partita presto. Quanti atti di pazienza le ho fatto fare! Ogni volta che passavo davanti alla porta di camera sua, bussavo fino a farmi aprire, e l'abbracciavo con tutto il cuore, volevo far provvista di baci per tutto il tempo che dovevo rimanerne priva. Un mese prima che lei entrasse nel Carmelo, Papà ci condusse ad Alencon, ma questo viaggio non somigliò lontanamente al primo, tutto fu tristezza e amarezza per me. Non posso dire le lacrime che piansi sulla tomba di Mamma, perché avevo dimenticato di portare un mazzo di fiordalisi colti per lei. Mi addoloravo veramente per tutto! Ero il contrario di ora! perché il buon Dio mi ha fatto la grazia di non abbattermi per veruna cosa passeggera. Quando ricordo il passato, l'anima mia trabocca di riconoscenza vedendo i favori ricevuti dal Cielo, in me si è operato un cambiamento tale che non sono riconoscibile. E vero che desideravo la grazia «di avere un dominio pieno sulle mie azioni, di essere la padrona di me, e non la schiava». Queste parole della Imitazione mi commuovevano profondamente, ma io dovevo acquistare direi quasi con i miei desideri questa grazia inestimabile; ero ancora soltanto una bambina la quale pareva non avesse altra volontà se non quella degli altri, e ciò faceva dire alla gente di Alencon che ero debole di carattere…

130 - Fu durante quel viaggio che Leonia compì un tentativo presso le clarisse; a me fece dispiacere il suo ingresso straordinario perché l'amavo molto, e non avevo potuto abbracciarla prima che partisse. Mai dimenticherò la bontà e l'impaccio del mio carissimo Babbo quando ci annunciò che Leonia aveva già l'abito di clarissa. Come noi trovava che la cosa era assai strana, ma non voleva dir niente, vedendo quanto Maria era scontenta. Ci condusse al convento e là sentii una stretta al cuore come mai avevo provato all'aspetto di un monastero, provavo l'effetto opposto a quello del Carmelo, ove tutto mi dilatava l'anima. La vista delle religiose non mi disse gran che di più, e non fui tentata di rimanere fra loro; quella cara Leonia era carina davvero nel suo nuovo abito, ci disse di guardar bene i suoi occhi perché non li avremmo più rivisti (le clarisse non si fanno vedere se non a occhi bassi), ma il buon Dio si contentò di due mesi di sacrificio, e Leonia tornò a mostrare i suoi occhi blu spesso velati di lacrime. Lasciando Alencon credevo che sarebbe rimasta con le Clarisse e perciò mi allontanai col cuore grosso grosso dalla triste via della Mezzaluna. Eravamo tre sole, ormai, e ben presto la nostra cara Maria ci avrebbe lasciate anche lei... Il 15 ottobre fu il giorno della separazione Della gioiosa e numerosa famiglia dei Buissonnets rimanevano soltanto le due ultime... Le colombe erano fuggite dal nido paterno, quelle che restavano avrebbero voluto sciamare con loro, ma le ali erano ancor troppo deboli perché potessero spiccare il volo. Il buon Dio che voleva chiamare a sé la più piccola e debole di tutte, si affrettò a svilupparle le ali. Lui che si compiace di mostrare la sua bontà e la sua potenza servendosi degli strumenti meno degni, volle ben chiamarmi prima di Celina la quale senza dubbio meritava più di me questo favore; ma Gesù sapeva quanto ero debole, e perciò mi nascose per prima nel cavo della roccia.

131 - Quando Maria entrò nel Carmelo ero ancora molto scrupolosa. Non potendo più confidarmi con lei, guardai verso il Cielo. Mi rivolsi ai quattro angeli che mi avevano preceduta lassù, perché pensavo che quelle anime innocenti non avendo mai conosciuto turbamenti né timori, dovevano aver pietà della loro sorellina la quale soffriva sulla terra. Parlai loro con semplicità di bambina, feci notare che, essendo l'ultima della famiglia, ero stata sempre la più amata, la più colmata di tenerezza da parte delle sorelle; che se fossero rimasti essi sulla terra, mi avrebbero certamente dato altrettante prove di affetto... La loro partenza per il Cielo non mi pareva una buona ragione per dimenticarmi, anzi, trovandosi essi a potere attingere dai tesori divini, dovevano prendere per me la pace, e dimostrarmi così che in Cielo si sa ancora amare! La risposta non si fece attendere, ben presto la pace inondò l'anima mia con le sue acque deliziose, e capii che, se ero amata sulla terra, lo ero anche nel Cielo... Da quel momento in poi la devozione crebbe verso i miei fratellini e sorelline, e mi piace di conversare spesso con loro parlando delle tristezze di questo esilio... del desiderio di raggiungerli presto nella Patria celeste!




Porto Alegre (Brasile), 2 febbraio 1988. Presentazione di Gesù Bambino al Tempio. In voi Io sono glorificata.

Don Stefano Gobbi

«Camminate con Me, figli prediletti, mentre porto fra le braccia il mio Bambino Gesù al Tempio della sua luce e della sua gloria. Lasciatevi condurre anche voi fra le mie braccia materne con umiltà, con docilità e con mansuetudine. Io vi conduco al Tempio del Signore. Io vi porto alla piena manifestazione della sua luce e della sua gloria.Questi sono i tempi della vostra piena manifestazione. Sono giunti i giorni della vostra pubblica testimonianza. Mostratevi a tutti come i piccoli bambini a Me consacrati e come i grandi apostoli della vostra Mamma Celeste in questi ultimi tempi. È giunta l'ora in cui Io voglio essere glorificata in voi, davanti alla Chiesa ed al mondo.

- Mi glorifico in voi se camminate con Me nella luce della fede. Accogliete con umiltà la Parola di Dio; meditatela nella mente; custoditela nel cuore; vivetela nella quotidiana esistenza. La Divina Scrittura, soprattutto il Vangelo di Gesù, sia la sola luce che vi illumina in questi tempi di oscurità. Credete al Vangelo; vivete il Vangelo; annunciate il Vangelo nella sua integrità. Contro gli errori che si diffondono; contro il grande tradimento operato da tanti miei figli, che hanno dilaniato il Vangelo di Gesù per mezzo di umane, razionalistiche e naturali interpretazioni, oggi siate voi, miei prediletti, solo Vangelo vissuto e predicato alla lettera. Così, per mezzo di voi, torna a risplendere la luce della fede ed in voi Io sono glorificata.

- Mi glorifico in voi se camminate con Me nella luce dell'amore. Amate con il palpito del mio Cuore Immacolato la Santissima e divina Trinità. Amate il Padre che vi circonda della sua tenerezza, vi porta fra le sue braccia e sempre vi assiste con la sua Provvidenza. Amate il Figlio che si è fatto vostro fratello e vi ha donato un cuore nuovo ed uno spirito nuovo, affinché possiate diventare voi stessi espressione vissuta del suo divino amore. Gesù da voi attende solo amore. Amate lo Spirito Santo, che dimora in voi per portarvi alla perfezione della carità e vi si comunica con i suoi sette santi Doni perché possiate diventare oggi forte testimonianza di amore. Poi amate, con il cuore stesso di Gesù, tutti i vostri fratelli, specialmente i più poveri, i peccatori, i lontani, gli ammalati, i feriti, i colpiti, gli emarginati, i deboli, i più piccoli. Allora, in questi giorni di violenza e di odio, di egoismo sfrenato e di aridità, fate scendere sull'immenso deserto del mondo la rugiada celeste della divina misericordia. Così, per mezzo di voi, torna a risplendere la luce dell'amore ed in voi Io sono glorificata.

- Mi glorifico in voi se camminate con Me nella luce della santità. Perché, in questi tempi, Io mi rendo presente fra voi in maniera nuova, continua e straordinaria? Perché questi sono i tempi del dominio del mio Avversario, il Dragone rosso, Satana, l'antico serpente a cui Io schiaccerò la testa. Sotto il peso del suo dominio aumentano per voi le prove e le sofferenze, le ferite e le cadute e così si fa più grande per tutti il pericolo di perdersi. Allora Io mi manifesto a voi, in maniera straordinaria, per invitarvi alla fiducia, alla speranza, a rifugiarvi in Me con il vostro atto di consacrazione al mio Cuore Immacolato.

Ormai la mia presenza si fa ancora più forte quanto più si avvicina la mia vittoria nella definitiva sconfitta di Satana. Per questo invito tutti a guardare a Me con fiducia e con grande speranza. Il Signore mi manda a voi per portarvi la Sua salvezza. Ringraziatelo di questo dono ed accoglietelo con umiltà e gratitudine. Io vengo come annuncio della Sua vittoria. Io sono inviata a preparare la strada al glorioso ritorno di Gesù. Camminate nella mia luce e diventate gli apostoli della vostra Mamma Celeste in questi ultimi tempi.Diffondete ovunque il profumo della mia presenza e della mia tenerezza materna. Con gioia tutti vi benedico».