Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 23° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 27
1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'
11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Levitico 12
1Il Signore aggiunse a Mosè: "Riferisci agli Israeliti:2Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole.3L'ottavo giorno si circonciderà il bambino.4Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione.5Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue.
6Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all'ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione.7Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; essa sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna, che partorisce un maschio o una femmina.8Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l'olocausto e l'altro per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed essa sarà monda".
Salmi 96
1Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
2Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.
3In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi.
4Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
5Tutti gli dèi delle nazioni sono un nulla,
ma il Signore ha fatto i cieli.
6Maestà e bellezza sono davanti a lui,
potenza e splendore nel suo santuario.
7Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
8date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri,
9prostratevi al Signore in sacri ornamenti.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
10Dite tra i popoli: "Il Signore regna!".
Sorregge il mondo, perché non vacilli;
giudica le nazioni con rettitudine.
11Gioiscano i cieli, esulti la terra,
frema il mare e quanto racchiude;
12esultino i campi e quanto contengono,
si rallegrino gli alberi della foresta
13davanti al Signore che viene,
perché viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e con verità tutte le genti.
Salmi 92
1'Salmo. Canto. Per il giorno del sabato.'
2È bello dar lode al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
3annunziare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte,
4sull'arpa a dieci corde e sulla lira,
con canti sulla cetra.
5Poiché mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie,
esulto per l'opera delle tue mani.
6Come sono grandi le tue opere, Signore,
quanto profondi i tuoi pensieri!
7L'uomo insensato non intende
e lo stolto non capisce:
8se i peccatori germogliano come l'erba
e fioriscono tutti i malfattori,
li attende una rovina eterna:
9ma tu sei l'eccelso per sempre, o Signore.
10Ecco, i tuoi nemici, o Signore,
ecco, i tuoi nemici periranno,
saranno dispersi tutti i malfattori.
11Tu mi doni la forza di un bùfalo,
mi cospargi di olio splendente.
12I miei occhi disprezzeranno i miei nemici,
e contro gli iniqui che mi assalgono
i miei orecchi udranno cose infauste.
13Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
14piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.
15Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno vegeti e rigogliosi,
16per annunziare quanto è retto il Signore:
mia roccia, in lui non c'è ingiustizia.
Naum 3
1Guai alla città sanguinaria,
piena di menzogne,
colma di rapine,
che non cessa di depredare!
2Sibilo di frusta, fracasso di ruote,
scalpitio di cavalli, cigolio di carri,
3cavalieri incalzanti, lampeggiare di spade,
scintillare di lance, feriti in quantità,
cumuli di morti, cadaveri senza fine,
s'inciampa nei cadaveri.
4Per le tante seduzioni della prostituta,
della bella maliarda, della maestra d'incanti,
che faceva mercato dei popoli con le sue tresche
e delle nazioni con le sue malìe.
5Eccomi a te, oracolo del Signore degli eserciti.
Alzerò le tue vesti fin sulla faccia
e mostrerò alle genti la tua nudità,
ai regni le tue vergogne.
6Ti getterò addosso immondezze,
ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio.
7Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da te
e dirà: "Ninive è distrutta!". Chi la compiangerà?
Dove cercherò chi la consoli?
8Sei forse più forte di Tebe,
seduta fra i canali del Nilo,
circondata dalle acque?
Per baluardo aveva il mare
e per bastione le acque.
9L'Etiopia e l'Egitto erano la sua forza
che non aveva limiti.
Put e i Libi erano i suoi alleati.
10Eppure anch'essa fu deportata,
andò schiava in esilio.
Anche i suoi bambini furono sfracellati
ai crocicchi di tutte le strade.
Sopra i suoi nobili si gettarono le sorti
e tutti i suoi grandi furon messi in catene.
11Anche tu berrai fino alla feccia e verrai meno,
anche tu cercherai scampo dal nemico.
12Tutte le tue fortezze sono come fichi
carichi di frutti primaticci:
appena scossi, cadono i fichi
in bocca a chi li vuol mangiare.
13Ecco il tuo popolo: in te vi sono solo donne,
spalancano la porta della tua terra ai nemici,
il fuoco divora le tue sbarre.
14Attingi acqua per l'assedio, rinforza le tue difese,
pesta l'argilla, impasta mattoni, prendi la forma.
15Eppure il fuoco ti divorerà,
ti sterminerà la spada,
anche se ti moltiplicassi come le cavallette,
se diventassi numerosa come i bruchi,
16e moltiplicassi i tuoi mercenari
più che le stelle del cielo.
La locusta mette le ali e vola via!
17I tuoi prìncipi sono come le locuste,
i tuoi capi come sciami di cavallette,
che si annidano fra le siepi quand'è freddo,
ma quando spunta il sole si dileguano
e non si sa dove siano andate.
18Re d'Assur, i tuoi pastori dormono,
si riposano i tuoi eroi!
Il tuo popolo vaga sbandato per i monti
e nessuno lo raduna.
19Non c'è rimedio per la tua ferita,
incurabile è la tua piaga.
Chiunque sentirà tue notizie batterà le mani.
Perché su chi non si è riversata
senza tregua la tua crudeltà?
Atti degli Apostoli 19
1Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli2e disse loro: "Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?". Gli risposero: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo".3Ed egli disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero.4Disse allora Paolo: "Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù".5Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù6e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano.7Erano in tutto circa dodici uomini.
8Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio.9Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno.10Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.
11Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo,12al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.
13Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica".14Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo.15Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?".16E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite.17Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù.18Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche19e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.20Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.
21Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: "Dopo essere stato là devo vedere anche Roma".22Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.
23Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina.24Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artémide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani,25li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: "Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere;26ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d'uomo.27Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artémide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano".
28All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".29Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo.30Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero.31Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro.32Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.
33Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo.34Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".35Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: "Cittadini di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artémide e della sua statua caduta dal cielo?36Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti.37Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea.38Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro.39Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria.40C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento".41E con queste parole sciolse l'assemblea.
Capitolo II: La verità si fa sentire dentro di noi senza altisonanti parole
Leggilo nella Biblioteca
1. "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). "Io sono il tuo servo; dammi luce per apprezzare quello che tu proclami" (Sal 118,125). Disponi il mio cuore alle parole della tua bocca; il tuo dire discenda come rugiada. Dissero una volta a Mosè i figli di Israele: "Parlaci tu, e potremo ascoltarti; non ci parli il Signore, affinché non avvenga che ne moriamo" (Es 20,19). Non così, la mia preghiera, o Signore. Piuttosto, con il profeta Samuele, in umiltà e pienezza di desiderio, io ti chiedo ardentemente: "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). Non mi parli Mosè o qualche altro profeta; parlami invece tu, Signore Dio, che ispiri e dai luce a tutti i profeti: tu solo, senza di loro, mi puoi ammaestrare pienamente; quelli, invece, senza di te, non gioverebbero a nulla. Possono, è vero, far risuonare parole, ma non danno lo spirito; parlano bene, ma, se tu non intervieni, non accendono il cuore; lasciano degli scritti, ma sei tu che ne mostri il significato; presentano i misteri, ma sei tu che sveli il senso di ciò che sta dietro al simbolo; emettono ordini, ma sei tu che aiuti ad eseguirli; indicano la strada , ma sei tu che aiuti a percorrerla. Essi operano solamente all'esterno, ma tu prepari ed illumini i cuori; essi irrigano superficialmente, ma tu rendi fecondi; essi fanno risuonare delle parole, ma sei tu che aggiungi all'ascolto il potere di comprendere.
2. Non mi parli dunque Mosè; parlami tu, Signore mio Dio, verità eterna, affinché, se ammonito solo esteriormente e privo di fuoco interiore, io non resti senza vita e non mi isterilisca; affinché non mi sia di condanna la parola udita non tradotta in pratica, conosciuta ma non amata, creduta ma non osservata. "Parla, dunque, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10): "tu hai infatti parole di vita eterna" (Gv 6,69). Parlami, affinché scenda un po' di consolazione all'anima mia, e tutta la mia vita sia purificata. E a te sia lode e onore perpetuo.
DISCORSO 319 SUL MARTIRE STEFANO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaPrudenza di Stefano nel parlare ai Giudei. Quale servo, Stefano compie prodigi nel nome di Cristo.
1. 1. Il Signore, che concesse a santo Stefano di parlare a lungo con fermezza, mi accordi di parlare efficacemente in breve. Quasi preso da timore di loro, così prese a parlare Stefano ai suoi persecutori: Fratelli e padri, ascoltate 1. Che di più conciliante? che di più pacifico? Cercava il favore degli ascoltatori perché riconoscessero il Salvatore. Iniziò amabilmente al fine di essere udito per più tempo. E, poiché gli era stata mossa accusa di aver avuto espressioni contro Dio e la sua Legge, espose loro proprio la Legge, che era accusato di sovvertire, per farsene aperto sostenitore. L'ho udito io, l'avete udito voi: da parte mia non sono necessarie tante parole perché ne avete udite molte. A edificazione della Carità vostra, mi limito ad esortarvi a questo: a capire che santo Stefano aveva cercato l'onore di Cristo, a capire che il santo martire è stato testimone di Cristo, a capire che allora egli ha compiuto molti miracoli nel nome di Cristo. Voi avete infatti questa salutare consapevolezza, che santo Stefano ha compiuto miracoli nel nome di Cristo, ma che nessun miracolo ha compiuto Cristo Signore nel nome di Stefano. In tal modo potete distinguere chi è il servo e chi è il Signore; chi rende culto e chi è Dio; chi adora e chi dev'essere adorato. Proprio allora che distinguete gli siete cari. Egli infatti non versò il sangue a proprio vantaggio, ma lo versò per Cristo.
Consegna il suo spirito a Cristo.
2. 2. Considerate a chi egli abbia consegnato la propria anima. Ecco - dice - io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio 2. Prossimo a morire per Cristo, e a giungere a Cristo, contemplò Cristo confessando Cristo; ed alla fine, quando più fitti si facevano i colpi di pietre, quando dai cuori irrigiditi venivano scavate aspre ferite, si vide vicino non alla rovina, ma alla liberazione; avvertì che la propria anima era sul punto di sprigionarsi e la consegnò. A chi? A colui che vide, a chi offrì il suo culto, a colui che servì, del quale predicò il nome, per il cui Vangelo dette l'anima, a lui consegnò la propria anima. Signore Gesù - disse - ricevi il mio spirito 3. Mi hai reso vincitore, ricevimi in trionfo. Ricevi il mio spirito. Costoro mi perseguitano, tu accoglimi: quelli mi scacciano, tu lasciami entrare. Di' al mio spirito: Prendi parte alla gioia del tuo Signore 4. Questo infatti significa: Ricevi il mio spirito.
Dove Cristo ne riceve lo spirito.
2. 3. Ma dove ha accolto Gesù lo spirito di lui? in quale dimora? in quale cielo dei cieli? chi può comprendere? chi spiegare?
3. 3. Vuoi saperlo in sintesi? Ascolta Cristo stesso: Padre, voglio che dove sono io, anch'essi siano con me 5. Quale forza di pensiero riesce a capire che sia essere dov'è Cristo? Chi è capace di discuterne fino a renderlo manifesto? Venga rimesso alla fede, non si faccia affidamento sulle risorse della lingua. Quando si leggeva il Vangelo avete ascoltato: Dove sono io, là sarà anche il mio ministro 6. Leggete da un codice in greco e vi troverete "Diacono": termine che, tradotto in latino, suona "Ministro"; il codice in greco ha "Diacono"; quindi, Diacono in greco, Ministro in latino: così come "Martire" in greco, "Testimone" in latino; "Apostolo" in greco, "Inviato" in latino. Ma abbiamo ormai l'abitudine di usare termini in greco in luogo di quelli latini. Infatti molti codici dei Vangeli riportano in questo modo: Dove sono io, là sarà anche il mio diacono. Questo pensate detto, perché questo è stato detto: Dove sono io, là sarà anche il mio diacono. Disse dunque a ragione il suo diacono: Signore Gesù, ricevi il Mio Spirito 7. Tu lo hai promesso; io ho letto il Vangelo, ho annunziato il Vangelo: Dove sono io, là sarà anche il mio diacono. Sono stato il tuo diacono, ti ho servito il mio sangue, ho dato per te la mia vita; rendimi la tua promessa.
Perché prega in ginocchio per i suoi lapidatori.
4. 4. E per i Giudei, per i suoi lapidatori, per quelle menti avide di sangue, per quegli spiriti implacabili come pregò? In ginocchio. Profonda è l'umiltà di Stefano, grave il crimine di quel popolo. In proprio favore pregò in piedi, per loro si pose in ginocchio. Antepose loro a se stesso? In nessun modo è da credersi. Amava i nemici: ma, riguardo al prossimo, è stato detto: Amerai il prossimo tuo come te stesso 8. Perché allora si pose in ginocchio? Perché sapeva di pregare per uomini che si macchiavano di un delitto, e quanto più malvagi essi erano tanto più era a lui difficile essere esaudito. Il Signore che pendeva sulla croce disse: Padre, perdona loro 9; Stefano, in ginocchio sotto le pietre: Signore, non imputare loro questo peccato 10. Seguì le orme del suo Pastore come pecora docile: agnello mite, seguì l'Agnello il cui sangue tolse il peccato del mondo. Si compì quel che disse l'apostolo Pietro: Cristo patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme 11.
Nel martirio, Stefano imita il Cristo paziente.
5. 5. Osserva quest'uomo che segue le orme del suo Signore. Cristo, sulla croce: Padre, nelle tue mani affido il mio spirito 12; Stefano, sotto le pietre: Signore Gesù, ricevi il mio spirito. Cristo, sulla croce: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno 13. Stefano, sotto le pietre: Signore Gesù, non imputare loro questo peccato 14. Costui come avrebbe potuto non trovarsi là dov'era colui che seguì, dov'era colui che imitò?
Rinvenimento del suo corpo. Potere della sua intercessione.
6. 6. Riportò un trionfo, fu coronato. Il suo corpo rimase assai a lungo nascosto, è venuto alla luce quando Dio ha voluto, ha illuminato le terre, ha compiuto tanti miracoli: da morto, proprio perché non è morto, ha fatto tornare in vita dei morti. Perciò raccomando questo alla Carità vostra, che sappiate come le preghiere di lui ottengono molti miracoli, ma non tutti. Infatti, anche nelle relazioni che si danno, notiamo che, quanto all'essere esaudito, egli ha incontrato pure delle difficoltà e, nondimeno, ha poi ottenuto il beneficio per l'insistenza della fede in chi supplicava. Non si desistette, si pregò e, in seguito, per l'intercessione di Stefano, Dio intervenne. Le relazioni riportano le parole di Stefano in preghiera e quanto gli fu risposto: "La persona per la quale tu preghi non è degna, ha commesso questo e questo". Pur tuttavia, non desistette, pregò ed ottenne.
7. 6. Ci ha fatto comprendere che, come operava nel nome di Cristo prima di lasciare il corpo, ancora nel nome di lui egli prega, perché ottengano benefici coloro ai quali sa che si devono concedere.
Stefano nostro compagno di servizio. Solo a Dio l'adorazione.
7. 7. Egli, però, prega in qualità di servo. Un angelo era al fianco di Giovanni. Tali angeli sono con Dio e, se noi saremo stati buoni e lo avremo ben meritato, saremo uguali a loro. Ha detto Gesù: Saranno come angeli di Dio 15. L'angelo mostrava molti segni grandiosi a san Giovanni evangelista; commosso dai prodigi, si prostrò ad adorarlo. Un uomo adorò un angelo; ma l'angelo all'uomo: Alzati, che fai? è Dio che devi adorare: infatti io sono un servo come te e i tuoi fratelli 16.
8. 7. Se tanta fu l'umiltà che si rivelò nell'angelo, quanta umiltà voi pensate debba trovarsi in un martire, quale egli è realmente? Perciò, vediamo di non ritenere superbo Stefano, credendo che egli opera quel che opera per suo potere. Per mezzo di lui, che è servo come noi, dobbiamo ricevere i benefici e dare al Signore l'onore e la gloria. A che scopo dire di più e parlarvi più a lungo? Leggete i quattro versi che ho fatto scrivere nella Cappella, leggeteli, teneteli a mente, custoditeli in cuore. Infatti, abbiamo voluto che vi fossero scritti proprio perché legga chi vuole, legga quando vuole. Perché tutti possano ricordarli, sono appunto pochi; perché tutti possano leggerli, sono perciò in vista di tutti. Non c'è bisogno che si vada a consultare un codice: quella Cappella è il vostro codice. Veramente ci siamo presentati con maggiore puntualità del solito: ma poiché è stata lunga la lettura proclamata e intenso il caldo, la relazione dei benefici di Dio, per intercessione di lui, che oggi avevamo intenzione di leggere, la rimandiamo a domenica.
1 - At 7, 1.
2 - At 7, 55.
3 - At 7, 58.
4 - Mt 25, 21.
5 - Gv 17, 24.
6 - Gv 12, 26.
7 - At 7, 58.
8 - Mt 22, 39.
9 - Lc 23, 34.
10 - At 7, 59.
11 - 1 Pt 2, 21.
12 - Lc 23, 46.
13 - Lc 23, 34.
14 - At 7, 59.
15 - Mt 22, 30.
16 - Ap 19, 10.
26 - Le meraviglie che il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe operarono ad Eliopoli in Egitto.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca664. Isaia disse che il Signore sarebbe entrato in Egitto sopra una nube leggera, per compiere meraviglie in quel regno. Nel chiamare nube la Madre santissima o, come altri dicono, l'umanità che Dio prese da lei, senza dubbio volle manifestare che, per mezzo di questa nube divina, l'Altissimo doveva rendere fertile e feconda la terra sterile dei cuori dei suoi abitanti. Ciò affinché, da allora in poi, producesse nuovi frutti di santità e di conoscenza di Dio, come avvenne dopo che questa nube celeste fu entrata in essa. Subito in Egitto si propagò la fede del vero Dio, si distrusse l'idolatria e si aprì il cammino alla vita eterna, che fino a quel momento il demonio aveva precluso, in modo che, quando arrivò in quella regione il Verbo fatto uomo, soltanto qualcuno conosceva il vero Dio, sebbene alcuni avessero appreso questa verità a causa della relazione con gli Ebrei che abitavano in quella terra. Vi mescolavano, però, grandi errori, superstizioni e culto del demonio, come in altra epoca avevano fatto i Babilonesi che erano venuti ad abitare in Samaria'. Dopo che il Sole di giustizia ebbe illuminato l'Egitto, e la nube esente da ogni colpa, Maria santissima, ebbe reso fertile, esso restò tanto fecondo di santità e di grazia, che diede copioso frutto per molti secoli, come si vide nei santi che in seguito generò e nel grande numero di anacoreti che, consacrandosi alla santità ed alla perfezione cristiana, fecero come stillare da quei monti miele dolcissimo.
665. Il Signore, come si è detto, si stabilì ad Eliopoli per preparare questa grazia che voleva fare agli Egiziani. Questa era una città molto popolata, piena di idoli, templi ed altari eretti al demonio e, quando il Signore vi entrò, tutti questi sprofondarono con grande strepito e terrore per chi vi era vicino. Il turbamento e l'emozione di tutta la città, per questa inaspettata novità, furono grandi. Camminavano tutti come attoniti e fuori di sé e, aggiungendosi la curiosità di vedere i forestieri da poco arrivati, molti uomini e donne si recarono a parlare con Maria, nostra regina, e con il glorioso san Giuseppe. La divina Madre, che sapeva il mistero e la volontà dell'Altissimo, rispose a tutti prudentemente, saggiamente e dolcemente, parlando molto al loro cuore. Esponeva loro gli errori nei quali si trovavano, traendoli dal disinganno e lasciandoli meravigliati della sua incomparabile dolcezza ed illuminati con il suo altissimo insegnamento. Inoltre guariva alcuni infermi di quelli che andavano da lei; aiutava e consolava tutti. Questi miracoli si diffusero in tal modo che, in breve tempo, ci fu un così grande affollamento di gente a trovare la divina forestiera che l'obbligò a chiedere al suo santissimo Figlio di ordinarle come, secondo la sua volontà, avrebbe dovuto comportarsi con quella gente. Ed il bambino Dio le rispose di informare tutti della verità e della conoscenza della Divinità, e di insegnare loro il suo culto e come avrebbero dovuto uscire dal peccato.
666. La nostra celeste Principessa esercitò questo compito di predicatrice e maestra degli Egiziani facendosi strumento del suo santissimo Figlio, il quale dava forza alle parole della vergine Madre. Tanto fu il frutto portato in quelle anime che sarebbero necessari molti libri, se si dovessero riferire le meraviglie che accaddero e le anime che si convertirono alla verità, nei sette anni in cui dimorarono in quella regione, poiché questa restò tutta santificata, piena di benedizioni e di soave dolcezza. Sempre la divina Signora ascoltava e rispondeva a quelli che venivano a lei, e prendeva nelle sue braccia il bambino Gesù, autore di quella grazia e di tutte le altre che ricevevano i peccatori. Parlava a tutti secondo il bisogno che ciascuno aveva, secondo la sua capacità di percepire ed intendere la dottrina della vita eterna. Non solo diede loro conoscenza e luce della Divinità, ma rivelò anche che Dio era uno solo ed era impossibile che vi fossero altri dei. A loro insegnò anche tutte le verità di fede che riguardavano Dio e la creazione del mondo. Poi manifestò loro come, ugualmente, lo stesso Dio dovesse redimerlo e rinnovarlo; insegnò loro tutte le norme che appartengono al decalogo e che sono precetti della stessa legge naturale, ed il modo in cui dovevano rendere culto a Dio, adorarlo ed aspettare la redenzione del genere umano.
667. Fece loro comprendere che vi erano demoni nemici del vero Dio e degli uomini; li disingannò sull'errore della venerazione agli idoli e sulle risposte fantastiche che questi davano loro; fece loro conoscere i gravissimi peccati ai quali erano indotti ed istigati nell'andare a consultarli; infine, come li tentassero nascostamente con suggestioni e sentimenti disordinati. Benché la Signora del cielo fosse del tutto pura e libera da qualunque imperfezione, per la gloria dell'Altissimo e per la salvezza di quelle anime non sdegnava di dissuaderle dai peccati immondi e gravissimi nei quali tutto l'Egitto era sommerso. Disse anche che il Redentore di tanti mali che avrebbe vinto il demonio, come era scritto di lui, era già venuto, benché non dicesse loro che lo teneva nelle sue braccia. Affinché accogliessero meglio questo insegnamento e si affezionassero di più alla verità, lo confermava con grandi miracoli, sanando ogni sorta di infermità e liberando gli indemoniati che venivano da diverse parti. Alcune volte ella stessa andava nei ricoveri per i malati, dando sorprendente sollievo agli infermi. In ogni luogo consolava i mesti, sollevava gli afflitti e soccorreva i bisognosi; tutti conduceva con soave amore e ammoniva con piacevole serenità.
668. Nella cura però degli infermi e dei piagati, la divina Signora fu presa da due sentimenti: l'uno della carità, che la obbligava a curare le piaghe con le sue proprie mani; l'altro della modestia, per non toccare alcuno. Perché tutto avvenisse come era conveniente, il suo santissimo Figlio le rispose che gli uomini avrebbe potuto curarli con le sole parole, esortandoli al bene, poiché così sarebbero rimasti sani; le donne, invece, avrebbe potuto medicarle con le sue mani, toccando e pulendo le loro piaghe. Così fece da quel momento, svolgendo rispettivamente i servizi di madre e di infermiera fino a quando, dopo due anni, cominciò anche san Giuseppe a curare gli infermi, come si dirà. La Regina assisteva maggiormente le donne con carità davvero incomparabile, lei che era la medesima purezza, tanto delicata e libera da infermità e da pesantezze; tuttavia medicava le loro piaghe, per quanto fossero ulcerose, ed applicava ad esse con le proprie mani i panni e le fasce necessarie; inoltre le compativa come se soffrisse le malattie di ognuna. Alcune volte succedeva che, per medicarle, domandava al suo santissimo Figlio il permesso di poterlo deporre dalle sue braccia e coricarlo nella culla per soccorrere i poveri. In questa assistenza, il Signore dei poveri rimaneva, in modo diverso, con la caritatevole ed umile Signora'. In queste opere e cure - cosa ammirabile - mai la modestissima Signora guardava il volto di alcun uomo o donna. Quando anche vi fosse stato in esso qualche piaga, la sua riservatezza era così estrema che per la sola cura fatta non avrebbe potuto in seguito riconoscere alcuno dal viso, se non li avesse conosciuti tutti per mezzo della luce interiore.
669. A causa del caldo eccessivo e dei molti disordini di quella misera gente, le infermità, in Egitto, erano gravi e abituali. Negli anni in cui vi dimorarono il bambino Gesù e la sua santissima Madre, scoppiò la peste in Eliopoli ed altri luoghi. A causa di ciò e per la fama dei prodigi da essi operati, a loro accorreva molta gente da tutta la regione e ritornavano guariti nel corpo e nell'anima. Affinché la grazia del Signore si diffondesse con maggiore abbondanza, e la Madre piena di carità avesse un aiuto nelle opere di misericordia che compiva come strumento vivo del suo Unigenito, sua Maestà decise, come ella aveva richiesto, che anche san Giuseppe si dedicasse alla cura spirituale e corporale degli infermi. A tal fine la sua divina sposa gli ottenne nuova luce interiore e grazia di santità. Nel terzo anno in cui dimorarono in Egitto, il santo sposo cominciò ad esercitare questi doni del cielo. Egli insegnava, catechizzava e medicava ordinariamente gli uomini; la grande Signora le donne. Erano incredibili i frutti ottenuti per questi benefici così continui, per la grazia ed efficacia diffuse sulle labbra della nostra Regina, e per l'affetto che tutti sentivano, innamorati della sua modestia ed attirati dalla virtù della sua santità. Le offrirono molti doni affinché se ne servisse, ma ella non accettò mai, né riservò alcuna cosa per sé, perché sempre si sostennero con il lavoro delle loro mani. Quando talvolta sua Altezza riceveva qualche dono da persona da cui ella conosceva essere giusto e conveniente l'accettarlo, tutto lo distribuiva ai poveri ed ai bisognosi. Soltanto per questo fine accondiscendeva alla carità ed all'aiuto di alcuni devoti; anche a questi molte volte dava in contraccambio dei lavori che faceva. Da queste opere meravigliose si può dedurre quali e quante abbiano dovuto essere tutte quelle che fecero in Egitto durante i sette anni in cui dimorarono in Eliopoli, poiché è impossibile contarle e riferirle tutte singolarmente.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
670. Figlia mia, sei meravigliata nel conoscere le opere di misericordia che io compivo in Egitto, assumendomi la cura dei poveri e degli ammalati di tante infermità, per dare loro la salute nel corpo e nell'anima. Capirai, però, come e quanto ciò si accordasse con la mia riservatezza e con il mio desiderio di starmene in solitudine, se considererai l'immenso amore col quale il mio santissimo Figlio volle portare, appena nato, la salvezza in quella terra, e recare ai suoi abitanti i primi cenni del fuoco della carità, che ardeva nel suo petto per la redenzione dei mortali. Egli mi, comunicò questa carità, mi fece strumento di essa e della sua potenza, senza la quale non avrei osato, da sola, mettere mano a tante opere. Io ero sempre incline a non parlare e a non conversare con alcuno; tuttavia, la volontà del mio Figlio e Signore era per me ordine in tutto. Da te, mia cara, io voglio che, a mia imitazione, lavori per il bene e la salvezza del tuo prossimo, facendo in modo di seguirmi in questo, con la perfezione e con le condizioni con le quali io operavo. Non devi cercare tu le occasioni, ma il Signore te le manderà, ad eccezione di quando per grave motivo sarà necessario che ti offra tu stessa. In tutte, però, lavora, ammonisci ed illumina quelli che potrai, con la luce che hai; non come chi assume ufficio di maestra, ma come chi consola e si dispiace delle sofferenze dei suoi fratelli, e vuole far apprendere loro la pazienza, usando molta umiltà e prudente riserbo insieme con la carità.
671. Ammonisci, correggi e governa le tue suddite, indirizzandole alla virtù perfetta e ad una maggiore approvazione da parte del Signore. Infatti, la maggiore soddisfazione dell'Altissimo sarà che, dopo averla vissuta in te con perfezione, tu animi ed ammaestri gli altri secondo le tue forze e la grazia che hai ricevuto. Per quelli ai quali non puoi parlare, prega ed invoca incessantemente per la loro salvezza; così diffonderai la carità a tutti. Supplisci al fatto che non puoi soccorrere gli ammalati di fuori, servendo e portando tu stessa sollievo alle inferme che hai in casa. Non credere di essere esonerata da ciò, perché sei abbadessa. Proprio per questo sei madre, e devi mostrarti tale nella sollecitudine e nell'amore verso tutte; per il resto, ti devi sempre considerare la minore di tutte. Il mondo, come colui che ignora, non conosce l'altezza di questo ministero; per questo impiega, in genere, i più poveri e miseri per servire gli ammalati. Io, perciò, affido a te, come alla più povera e piccola di tutte, l'ufficio di infermiera, affinché tu lo eserciti imitandomi.
23 febbraio 1974. Inizierà con i miei Sacerdoti.
Don Stefano Gobbi
"Mi domandi se sono contenta? Oh, tu non sai, figlio, la gioia che mi dai! La gioia della mamma è quella di stare con i suoi figli. Il mio paradiso è quello di stare accanto a ciascuno di voi.I Sacerdoti sono i figli che Io prediligo, perché, per vocazione, sono chiamati ad essere Gesù. E mio il compito di formare in essi l'immagine di mio Figlio. Mai li abbandono, mai li lascio soli. Non si scoraggino per i loro difetti, per le loro cadute, perché anch'essi sono tanto fragili. Io sono Mamma: il mio piacere più grande è quello di perdonare, perché, dopo, posso donare un amore più grande. Non abbiano paura questi miei figli di donarsi completamente a Me. Ora essi vivono momenti di grande confusione; in molti di loro viene meno la fede in mio Figlio e la fiducia in Me. Aumentano i cattivi esempi da ogni parte e molti di essi quanto si scoraggiano! Questo è il momento di chiamarmi, di volermi: Io attendo solo questo per rivelarmi ad essi. La cosa che più intenerisce il mio Cuore è quando li sento piangere come bambini. Può la mamma non commuoversi di fronte al suo bimbo che piange? Ecco: quando sarà tutto crollato, resterà solo la forza del loro pianto che mi costringerà ad intervenire in maniera prodigiosa e terribile. E il mio trionfo inizierà con questi figli prediletti, con i miei Sacerdoti. Ti dovrai abituare a vedere cose sempre più grandi. Poiché Il mio Cuore Immacolato è fonte inesauribile di misericordia e di perdono, e non riesce più a trattenere la piena di questo fuoco. Presto Dio inizierà a far scorrere nel mondo intero torrenti di perdono e di misericordia verso i suoi e miei poveri figli».