Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 23° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 4
1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane".4Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Non di solo pane vivrà l'uomo'".5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:6"Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo".8Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui' solo 'adorerai'".9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;10sta scritto infatti:
'Ai suoi angeli darà ordine per te,perché essi ti custodiscano';
11e anche:
'essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra'".
12Gesù gli rispose: "È stato detto: 'Non tenterai il Signore Dio tuo'".13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.
14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.15Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.
16Si recò a Nàzaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
18'Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi',
19'e predicare un anno di grazia del Signore'.
20Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.21Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi".22Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?".23Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fàllo anche qui, nella tua patria!".24Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria.25Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro".28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;29si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.30Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
31Poi discese a Cafàrnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente.32Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.33Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:34"Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!".35Gesù gli intimò: "Taci, esci da costui!". E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.36Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?".37E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.
38Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.39Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.
40Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.41Da molti uscivano demòni gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.
42Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.43Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato".44E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
Primo libro delle Cronache 17
1Una volta stabilitosi in casa, Davide disse al profeta Natan: "Ecco, io abito una casa di cedro mentre l'arca dell'alleanza del Signore sta sotto una tenda".2Natan rispose a Davide: "Fa' quanto desideri in cuor tuo, perché Dio è con te".
3Ora in quella medesima notte questa parola di Dio fu rivolta a Natan:4"Va' a riferire a Davide mio servo: Dice il Signore: Tu non mi costruirai la casa per la mia dimora.5Difatti io non ho mai abitato in una casa da quando feci uscire Israele dall'Egitto fino ad oggi. Io passai da una tenda all'altra e da una dimora all'altra.6Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutto Israele non ho mai detto a qualcuno dei Giudici, ai quali avevo ordinato di pascere il mio popolo: Perché non mi avete costruito una casa di cedro?7Ora, riferirai al mio servo Davide: Dice il Signore degli eserciti: Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, per costituirti principe sul mio popolo Israele.8Sono stato con te in tutte le tue imprese; ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te; renderò il tuo nome come quello dei più grandi personaggi sulla terra.9Destinerò un posto per il mio popolo Israele; ivi lo pianterò perché vi si stabilisca e non debba vivere ancora nell'instabilità e i malvagi non continuino ad angariarlo come una volta,10come quando misi i Giudici a capo di Israele. Umilierò tutti i tuoi nemici, mentre ingrandirò te. Il Signore ha intenzione di costruire a te una casa.11Quando i tuoi giorni saranno finiti e te ne andrai con i tuoi padri, susciterò un discendente dopo di te, uno dei tuoi figli, e gli renderò saldo il regno.12Costui mi costruirà una casa e io gli assicurerò il trono per sempre.13Io sarò per lui un padre e lui sarà per me un figlio; non ritirerò da lui il mio favore come l'ho ritirato dal tuo predecessore.14Io lo farò star saldo nella mia casa, nel mio regno; il suo trono sarà sempre stabile".
15Natan riferì a Davide tutte queste parole e tutta la presente visione.
16Allora il re Davide, presentatosi al Signore disse: "Chi sono io, Signore Dio, e che cos'è la mia casa perché tu mi abbia condotto fin qui?17E, quasi fosse poco ciò per i tuoi occhi, o Dio, ora parli della casa del tuo servo nel lontano avvenire; mi hai fatto contemplare come una successione di uomini in ascesa, Signore Dio!18Come può pretendere Davide di aggiungere qualcosa alla tua gloria? Tu conosci il tuo servo.19Signore, per amore del tuo servo e secondo il tuo cuore hai compiuto quest'opera straordinaria per manifestare tutte le tue meraviglie.20Signore, non esiste uno simile a te e non c'è Dio fuori di te, come abbiamo sentito con i nostri orecchi.21E chi è come il tuo popolo, Israele, l'unico popolo sulla terra che Dio sia andato a riscattare per farne un suo popolo e per procurarsi un nome grande e stabile? Tu hai scacciato le nazioni davanti al tuo popolo, che tu hai riscattato dall'Egitto.22Hai deciso che il tuo popolo Israele sia tuo popolo per sempre. Tu, Signore, sei stato il loro Dio.23Ora, Signore, la parola che hai pronunciata sul tuo servo e sulla sua famiglia resti sempre verace; fa' come hai detto.24Sia saldo e sia sempre magnificato il tuo nome! Si possa dire: Il Signore degli eserciti è Dio per Israele! La casa di Davide tuo servo sarà stabile davanti a te.25Tu, Dio mio, hai rivelato al tuo servo l'intenzione di costruirgli una casa, per questo il tuo servo ha trovato l'ardire di pregare alla tua presenza.26Ora tu, Signore, sei Dio; tu hai promesso al tuo servo tanto bene.27Pertanto ti piaccia di benedire la casa del tuo servo perché sussista per sempre davanti a te, poiché quanto tu benedici è sempre benedetto".
Qoelet 11
1Getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai.2Fanne sette od otto parti, perché non sai quale sciagura potrà succedere sulla terra.
3Se le nubi sono piene di acqua,
la rovesciano sopra la terra;
se un albero cade a sud o a nord,
là dove cade rimane.
4Chi bada al vento non semina mai
e chi osserva le nuvole non miete.
5Come ignori per qual via lo spirito entra nelle ossa dentro il seno d'una donna incinta, così ignori l'opera di Dio che fa tutto.
6La mattina semina il tuo seme
e la sera non dar riposo alle tue mani,
perché non sai qual lavoro riuscirà,
se questo o quello
o se saranno buoni tutt'e due.
7Dolce è la luce
e agli occhi piace vedere il sole.
8Anche se vive l'uomo per molti anni
se li goda tutti,
e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti:
tutto ciò che accade è vanità.
9Sta' lieto, o giovane, nella tua giovinezza,
e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.
Segui pure le vie del tuo cuore
e i desideri dei tuoi occhi.
Sappi però che su tutto questo
Dio ti convocherà in giudizio.
10Caccia la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.
Salmi 105
1Alleluia.
Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere.
2Cantate a lui canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
3Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
4Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.
5Ricordate le meraviglie che ha compiute,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca:
6voi stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
7È lui il Signore, nostro Dio,
su tutta la terra i suoi giudizi.
8Ricorda sempre la sua alleanza:
parola data per mille generazioni,
9l'alleanza stretta con Abramo
e il suo giuramento ad Isacco.
10La stabilì per Giacobbe come legge,
come alleanza eterna per Israele:
11"Ti darò il paese di Cànaan
come eredità a voi toccata in sorte".
12Quando erano in piccolo numero,
pochi e forestieri in quella terra,
13e passavano di paese in paese,
da un regno ad un altro popolo,
14non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15"Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti".
16Chiamò la fame sopra quella terra
e distrusse ogni riserva di pane.
17Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
18Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
19finché si avverò la sua predizione
e la parola del Signore gli rese giustizia.
20Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
21lo pose signore della sua casa,
capo di tutti i suoi averi,
22per istruire i capi secondo il suo giudizio
e insegnare la saggezza agli anziani.
23E Israele venne in Egitto,
Giacobbe visse nel paese di Cam come straniero.
24Ma Dio rese assai fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi nemici.
25Mutò il loro cuore
e odiarono il suo popolo,
contro i suoi servi agirono con inganno
26Mandò Mosè suo servo
e Aronne che si era scelto.
27Compì per mezzo loro i segni promessi
e nel paese di Cam i suoi prodigi.
28Mandò le tenebre e si fece buio,
ma resistettero alle sue parole.
29Cambiò le loro acque in sangue
e fece morire i pesci.
30Il loro paese brulicò di rane
fino alle stanze dei loro sovrani.
31Diede un ordine e le mosche vennero a sciami
e le zanzare in tutto il loro paese.
32Invece delle piogge mandò loro la grandine,
vampe di fuoco sul loro paese.
33Colpì le loro vigne e i loro fichi,
schiantò gli alberi della loro terra.
34Diede un ordine e vennero le locuste
e bruchi senza numero;
35divorarono tutta l'erba del paese
e distrussero il frutto del loro suolo.
36Colpì nel loro paese ogni primogenito,
tutte le primizie del loro vigore.
37Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
fra le tribù non c'era alcun infermo.
38L'Egitto si rallegrò della loro partenza
perché su di essi era piombato il terrore.
39Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte.
40Alla loro domanda fece scendere le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
41Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque,
scorrevano come fiumi nel deserto,
42perché ricordò la sua parola santa
data ad Abramo suo servo.
43Fece uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
44Diede loro le terre dei popoli,
ereditarono la fatica delle genti,
45perché custodissero i suoi decreti
e obbedissero alle sue leggi.
Alleluia.
Osea 1
1Parola del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d'Israele.
2Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:
"Va', prenditi in moglie una prostituta
e abbi figli di prostituzione,
poiché il paese non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signore".
3Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: essa concepì e gli partorì un figlio.4E il Signore disse a Osea:
"Chiamalo Izreèl, perché tra poco
vendicherò il sangue di Izreèl sulla casa di Ieu
e porrò fine al regno della casa d'Israele.
5In quel giorno
io spezzerò l'arco d'Israele nella valle di Izreèl".
6La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea:
"Chiamala Non-amata,
perché non amerò più
la casa d'Israele,
non ne avrò più compassione.
7Invece io amerò la casa di Giuda
e saranno salvati dal Signore loro Dio;
non li salverò con l'arco, con la spada, con la guerra,
né con cavalli o cavalieri".
8Dopo aver divezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio.9E il Signore disse a Osea:
"Chiamalo Non-mio-popolo,perché voi non siete mio popolo
e io non esisto per voi".
Prima lettera ai Corinzi 11
1Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
2Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse.3Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio.4Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo.5Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata.6Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.
7L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo.8E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo;9né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo.10Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli.11Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna;12come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio.13Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto?14Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli,15mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo.16Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.
17E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio.18Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo.19È necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi.20Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore.21Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco.22Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
23Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane24e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me".25Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me".26Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga.27Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.28Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice;29perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.30È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti.31Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati;32quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo.
33Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri.34E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.
Capitolo XIV: Pensare all’occulto giudizio di Dio, per non insuperbirci del bene
Leggilo nella Biblioteca1. Come tuono fai scendere sopra di me i tuoi giudizi, Signore; timore e terrore scuotono tutte le mie ossa; l'anima mia si ritrae spaventata. Sbigottito penso che neppure i cieli sono puri, di fronte a te. Se hai trovato dei malvagi persino tra gli angeli e non li hai risparmiati, che cosa accadrà di me? Caddero le stelle del cielo, ed io, che sono polvere, che cosa presumo di me? Caddero nel profondo certuni, che sembrava avessero compiuto opere degne di lode; certuni che mangiavano il pane degli angeli, li ho visti contentarsi delle carrube che mangiavano i porci. Invero, non c'è santità se tu, o Signore, togli la tua mano; la sapienza non serve a nulla, se tu cessi di reggerci; la fortezza non giova, se tu cessi di custodirla; la castità non è sicura, se tu non la difendi; la vigilanza su se stessi non vale, se tu non sei presente con la tua santa protezione. Infatti se tu ci abbandoni, andiamo a fondo e moriamo; se tu, invece, ci assisti ci teniamo ritti e viviamo. In verità, noi siamo malfermi, ma tu ci rafforzi; siamo tiepidi, ma tu ci infiammi.
2. Oh!, come devo essere conscio della mia bassezza e della mia abiezione; e come devo considerare un nulla quel poco di bene che mi possa sembrare di aver fatto. Con quale pienezza di sottomissione devo accettare, o Signore, i tuoi profondi giudizi, giacché mi trovo ad essere nient'altro che nulla e poi nulla. E' cosa grande, invalicabile, questo riscontrare che di mio non c'è assolutamente niente. Dove mai si nasconde la mia boria, dove finisce la sicurezza che riponevo nella mia virtù. Ogni mia vuota vanteria è inghiottita nella profondità dei tuoi giudizi sopra di me. Che cosa mai è l'uomo di fronte a te? Forse che la creta può vantarsi nei confronti di colui che la plasma? (cfr. Is 45,9). Come può gonfiarsi, con vane parole, colui che, in verità, nell'intimo è soggetto a Dio? Neppure il mondo intero lo potrebbe far montare in superbia, poiché la Verità stessa lo ha soggiogato. Neppure un elogio da parte di tutti gli uomini lo potrebbe smuovere, poiché ha posto interamente la sua speranza in Dio: infatti, quelli che fanno tanti elogi, ecco, non sono che nulla, e scompariranno con il suono delle loro parole. Mentre la "parola del Signore resta in eterno" (Sal 116,2).
LETTERA 256: Cortese biglietto di Agostino a Cristino cui espone un motto adatto al progresso spirituale.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta dopo il 395.
Cortese biglietto di Agostino a Cristino cui espone un motto adatto al progresso spirituale.
AGOSTINO INVIA RELIGIOSI SALUTI A CRISTINO, SIGNORE MERITAMENTE ILLUSTRE, FRATELLO SINCERAMENTE CARISSIMO E DEGNISSIMO D'ESSERE AMATO
1. Dalla tua lettera vengo a sapere che tu desideri riceverne una mia. Quale testimone poi ancora più autorevole del tuo affetto verso di me è sopraggiunto il fratello Giacomo, poiché mi ha rivelato di te qualità amabili ed esperimentate nei propri confronti più numerose di quante non avrebbe potuto rivelare quel tuo biglietto. Mi congratulo quindi con la Benignità tua e ringrazio Dio, nostro Signore, dei tuoi sentimenti cristiani i quali sono doni suoi, mio signore meritamente illustre e fratello sinceramente carissimo e degnissimo d'essere amato. Quanto a quel che mi chiedi, che cioè io ti venga a trovare con una lettera, io lo faccio (piuttosto) con l'affetto, il quale è superiore a tutte le lettere e so bene che tu comprendi in che cosa io cerco di raggiungerti. Quanto invece al desiderio che avete di leggermi, temo che nelle vostre mani venga criticata la mia loquacità anziché ricercato il mio eloquio. Potrei dirti brevemente una verità, che se tu la ruminerai di continuo nella tua mente, ne comprenderai il significato. Mentre nelle vie di Dio sono fuggite, con vile paura, le cose più facili e fruttuose, nelle vie del mondo sono tollerate con affanno e fatica le cose più dure e infeconde. Conservati sano in Cristo e progredisci, meritamente illustre signore e fratello sinceramente carissimo e degnissimo d'affetto.
18 - Si continua a parlare di altre tribolazioni della nostra Regina
La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca686. L'Altissimo continuava a rimanere nascosto agli occhi della Principessa del cielo. A tale tormento, che era il maggiore, ne aggiunse anche altri, perché, infiammandosi sempre più il castissimo amore della divina Signora, le si accrescesse il merito, la grazia e la corona. Intanto il grande drago e serpente antico Lucifero stava attento alle opere eroiche di Maria santissima e, sebbene di quelle interne non potesse essere testimone oculare, perché gli rimanevano nascoste, tuttavia guardava a quelle esteriori troppo sublimi e perfette per non tormentare la superbia e lo sdegno di questo invidioso nemico. Soprattutto lo crucciavano inconcepibilmente la purezza e la santità della bambina Maria.
687. Mosso dunque da questo furore, radunò un conciliabolo nell'inferno per consultare su questo affare i più ragguardevoli principi delle tenebre e, riunitili, propose loro questo ragionamento: «Il gran trionfo che oggi abbiamo nel mondo con la possessione di tante anime che abbiamo soggiogato alla nostra volontà, temo e sospetto che si debba vedere disfatto e annientato per mezzo di una donna e non possiamo ignorare questo pericolo, avendolo saputo al momento della nostra creazione ed essendoci stata in seguito notificata la sentenza che la donna ci avrebbe schiacciato il capo. Per questo ci conviene stare all'erta e non essere affatto trascurati. Avete già notizia di una bambina che è nata da Anna, va crescendo in età e ad un tempo si va segnalando nelle virtù. Io ho posto tutta la mia attenzione alle sue azioni ed opere e non ho riconosciuto, nel tempo in cui comunemente gli altri cominciano a ragionare e a sentire le passioni naturali, che in lei si scoprano gli effetti del nostro seme e della nostra malizia, come si scorge negli altri figli di Adamo. La vedo sempre composta e perfettissima, senza poterla piegare né indurre ai trastulli peccaminosi ed umani o naturali agli altri bambini. Da questi indizi sospetto che questa sia l'eletta ad essere la Madre di colui che deve farsi uomo».
688. «Però non posso persuadermi del tutto di ciò, perché ella è nata come gli altri, soggetta alle leggi comuni della creatura e i suoi genitori hanno fatto l'offerta e hanno pregato affinché a loro e a lei fosse condonata la colpa, quando è stata portata al tempio come tutte le altre bambine. Ciononostante, benché non sia l'eletta contro di noi, nella sua infanzia si scorgono grandi principi che promettono per l'avvenire celebre virtù e santità. Né io posso tollerare il suo modo di procedere con tanta prudenza e discrezione. La sua sapienza mi fa ribollire, la sua modestia mi irrita, la sua pazienza mi fa sdegnare, la sua umiltà mi opprime e mi annienta e in tutto ella mi provoca ad un intollerabile furore, cosicché io l'aborrisco più di tutti gli altri figli di Adamo. Ha un non so che di virtù speciale, per cui alcune volte, volendo avvicinarmi a lei, non posso, e se le insinuo delle suggestioni, non le riceve. Insomma, tutta la mia solerzia con lei sinora si è vanificata, rimanendo senza effetto alcuno. Qui importa a tutti trovare un rimedio ed impiegare la massima cura affinché il nostro principato non vada in rovina. Io desidero più la distruzione di quest'anima sola che non quella di tutto il mondo. Or dunque ditemi voi: quali mezzi, quali provvedimenti prenderemo noi per superarla e per farla finita una volta per tutte con costei? Io da parte mia offro i premi della mia liberalità a chi sappia farlo».
689. Si esaminò il caso in quel confuso conciliabolo, organizzato soltanto a nostro danno, e, tra i molti pareri, uno di quegli orribili consiglieri disse: «Principe e signore nostro, non ti crucciare per una cosa così da poco, perché una debole donnicciola non sarà tanto potente e invincibile quanto lo siamo noi tutti che ti seguiamo. Tu ingannasti Eva, precipitandola dal felice stato in cui si trovava, e per mezzo di lei vincesti il suo capo Adamo. Dunque, come non supererai questa sua discendente nata dopo la sua prima caduta? Ripromettiti fin d'ora la vittoria e per ottenerla si determini, benché resista molte volte, di perseverare nel tentarla; se sarà necessario che deroghiamo perciò in qualche cosa alla nostra grandezza e presunzione, non vi si badi, purché la inganniamo; e se ciò non bastera, faremo in modo di toglierle l'onore o anche di troncarle la vita».
690. Altri demoni rivolsero ancora a Lucifero le seguenti parole: «Abbiamo esperienza, o principe potente, che per rovinare molte anime è mezzo efficace il valerci di altre creature. Questo è un ottimo espediente per operare tutto ciò che con le nostre sole forze non possiamo. Per questa via disporremo e provocheremo la rovina di questa donna, osservando perciò il tempo e le circostanze più opportune che ci presenterà ella medesima col suo procedere. Ma soprattutto importa che applichiamo la nostra sagacia ed astuzia a far sì che cominci a perdere una volta la grazia con qualche peccato. Così, appena le mancherà questo appoggio e questo scudo dei giusti, la perseguiteremo e tra tutti la cattureremo come colei che, trovandosi sola senza Dio in se stessa, non ha chi possa liberarla dalle nostre mani. Quindi ci daremo da fare per farla disperare del rimedio».
691. Lucifero gradì questi consigli e incoraggiamenti che gli diedero i suoi seguaci, cooperatori nella malvagità. Ed egli a sua volta inculcò e comandò loro che i più astuti nella malizia accompagnassero lui che si costituiva di nuovo condottiero di così ardua impresa, non volendo affidarla ad altre mani che alle proprie. Così, quantunque assistessero altri demoni, Lucifero in persona fu sempre il primo nel tentare Maria e il suo Figlio santissimo: questi nel deserto ed entrambi nel corso della loro vita, come vedremo più avanti.
692. Per tutto questo tempo la nostra divina Principessa permaneva nelle sue pene ed afflizioni per la lontananza del suo amato, quand'ecco che la squadra infernale la investì in gran numero per tentarla. Ma la virtù divina, che le faceva scudo, impedì gli sforzi di Lucifero perché non potesse avvicinarsi troppo a lei, né mettere in opera tutto ciò che intentava; solo, col permesso dell'Altissimo, le insinuava nella mente molte suggestioni e vari pensieri di somma iniquità e malizia. Infatti il Signore non impedì che la Madre della grazia, sebbene senza peccato, fosse tentata in tutto, come doveva succedere in seguito al suo Figlio santissimo.
693. In questo nuovo conflitto non si può facilmente concepire quanto patisse il purissimo e candidissimo cuore di Maria vedendosi circondata da suggestioni così aliene e lontane dalla sua ineffabile purezza e dall'altezza dei suoi divini pensieri. E poiché il serpente antico vide la gran Signora piangente e afflitta, si animò grandemente e concepì maggiori speranze, essendo accecato dalla sua stessa superbia, perché non conosceva il segreto del cielo. Perciò, animando i suoi infernali ministri, disse loro: «Perseguitiamola adesso, perseguitiamola, poiché si scorge che già otteniamo il nostro intento e già ella sente la tristezza, strada alla disperazione». In tale inganno l'assalirono con nuovi pensieri di scoraggiamento e di diffidenza, combattendola con terribili immaginazioni. Ma tutto invano, dato che la pietra della virtù generosa, quanto più è percossa con forza, tanto più manda fuori scintille e fuoco di amore divino. La nostra invincibile Regina rimase talmente superiore e immobile contro le squadre dell'inferno, che dentro di sé non si alterò affatto, né si lasciò influenzare da tante suggestioni, se non in quanto ne prese occasione per confermarsi ancor più nelle sue incomparabili virtù e per far avvampare maggiormente la fiamma del divino incendio di amore che ardeva nel suo cuore.
694. Il drago ignorava l'imperscrutabile sapienza e prudenza della nostra celeste Principessa, per cui, sebbene la riconoscesse forte e imperturbabile nelle sue facoltà e sebbene sentisse la resistenza della virtù divina, con tutto ciò perseverava nella sua antica superbia, dando assalto alla Città di Dio in diversi modi. Così questo astuto nemico, senza cambiare l'intenzione, cambiava le insidie e, tuttavia, le sue macchinazioni venivano sempre ad essere come quelle di una debole formica contro un muro diamantino. La nostra Principessa era quella donna forte, di cui il cuore del marito può fidarsi senza timore di restare deluso nei suoi desideri. Suo ornamento era la fortezza che la colmava di bellezza; sua veste, che aumentava il suo splendore, erano la purezza e la carità. L'immondo ed arrogante serpente non poteva soffrire questo oggetto, la cui vista lo accecava e turbava con sempre nuova confusione. Così decise di toglierle la vita e in ciò molto si sforzò tutta quella imponente schiera di spiriti maligni. In tale impresa impiegarono un certo tempo, senza però migliore riuscita che nelle altre.
695. La conoscenza di questa segreta e sacra battaglia mi causò grande ammirazione, considerando da una parte il grande furore di Lucifero contro Maria santissima nei suoi primi anni e, dall'altra, l'occulta e vigilante protezione dell'Altissimo per difenderla. Vedo quanto il Signore stesse attento alla sua eletta ed unica sposa fra le creature e osservo, allo stesso tempo, tutto l'inferno rivolto con furore contro di lei con un tale sdegno, quale fino allora non aveva posto in opera contro alcun'altra creatura; e la facilità con la quale il potere divino rendeva vana tutta la potenza e l'astuzia infernale. O più che infelice e misero Lucifero! Quanto è più grande la tua arroganza e superbia della tua forza! Per certo sei debole e inabile ad un'impresa così stolta; diffida ormai di te stesso e non ti ripromettere tanti trionfi, poiché una tenera bambina ti ha schiacciato il capo ed in tutto ti ha lasciato vinto e deluso. Confessa che poco vali e meno sai, poiché non hai conosciuto il più grande mistero del Re, dalla cui potenza sei stato umiliato con lo strumento stesso che hai disprezzato, cioè una donna per sua condizione naturale debole e bambina. Oh, come sarebbe grande la tua ignoranza, se i mortali si valessero della protezione dell'Altissimo, nonché dell'esempio, dell'imitazione e dell'intercessione di questa vittoriosa e trionfatrice Signora degli angeli e degli uomini!
696. Fra queste tentazioni e battaglie che si andavano alternando, era incessante e fervorosa l'orazione di Maria santissima, che diceva al Signore: «Ora, Dio mio altissimo, che sono nella tribolazione, starete con me; ora, che con tutto il mio cuore vi chiamo e custodisco i vostri precetti, arriveranno le mie domande ai vostri orecchi; ora, che patisco così gran violenza, risponderete per me. Voi, Signore e Padre mio, voi siete la mia fortezza e il mio rifugio e per il vostro santo nome mi libererete dal pericolo e mi guiderete per il cammino sicuro, sostenendomi come figlia vostra». Ripeteva anche molti misteri della sacra Scrittura, specialmente i salmi che parlano contro i nemici invisibili, e con queste armi insuperabili, senza perdere un atomo della pace, uniformità e conformità interna, anzi, confermandosi ancor più in essa, tenendo sollevato il suo purissimo spirito nelle altezze, combatteva, respingeva e vinceva Lucifero, con incomparabile compiacimento del Signore e con accrescimento dei suoi meriti.
697. Superate queste tentazioni e lotte, incominciò un nuovo duello del serpente per mezzo ed intervento delle creature. A questo scopo egli gettò nascostamente alcune scintille d'invidia e di gelosia contro Maria santissima nel cuore delle giovani sue compagne, che vivevano nel tempio. Il rimedio a questo contagio era ancor più difficile in quanto provocato dalla precisione con cui la nostra divina Principessa attendeva all'esercizio di tutte le virtù, crescendo in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini. Infatti, quando punge l'ambizione, gli stessi splendori della virtù, che si vede in altri, abbagliano e offùscano l'intelletto, accendendo la fiamma dell'invidia. Il drago infondeva nell'animo di quelle ignare giovani molte suggestioni interiori, persuadendole che in presenza di quel sole, che era Maria santissima, esse restavano oscurate e poco stimate, che le loro negligenze venivano ad essere maggiormente notate dalla maestra e dai sacerdoti e che solo Maria sarebbe stata preferita nello stato e nelle richieste di matrimonio e nella stima di tutti.
698. Le compagne della nostra Regina accolsero nel loro cuore questa cattiva semente ed essendo poco pratiche ed esercitate nelle battaglie spirituali, la lasciarono tanto crescere che arrivò a mutarsi in una ripugnanza interiore contro la purissima Maria. Questo odio poi passò a sdegno, con cui la guardavano e trattavano non potendo soffrire la modestia della candida colomba, perché il drago incitava quelle incaute, rivestendole dello stesso furore che egli aveva concepito contro la madre delle virtù. Continuando poi la tentazione, venne a manifestarsi negli effetti, e le giovani giunsero a parlarne fra loro, non sapendo da quale spirito erano spinte. Perciò concertarono di molestare e perseguitare la Principessa del mondo, non conosciuta da loro per tale, sino a farla cacciare dal tempio. Per questo, chiamandola in disparte, le dissero parole molto offensive, trattandola in modo assai imperioso da simulatrice ed ipocrita, quasi che mirasse soltanto a guadagnarsi con artificio la grazia della maestra e dei sacerdoti e a screditare le altre compagne, mormorando contro di esse ed esagerando le loro mancanze, mentre ella era la più inutile di tutte; le dissero anche che per questo l'aborrivano come il demonio.
699. La prudentissima Vergine ascoltò queste e molte altre ingiurie senza turbarsi affatto e, con umiltà, rispose: «Amiche e signore mie, avete certamente ragione nel dire che io sono la più piccola e la più imperfetta di tutte, ma voi mie sorelle, come più avvedute, dovete perdonare i miei difetti ed ammaestrare la mia ignoranza, dirigendomi in modo che riesca a fare ciò che è meglio e a darvi soddisfazione. Io vi supplico, amiche, che quantunque sia tanto inutile, non mi neghiate la vostra grazia, né crediate di me che non desideri meritarla, perché vi amo e riverisco come serva, e lo sarò in tutto ciò in cui vi piacerà fare esperienza della mia buona volontà. Comandatemi, dunque, e ditemi ciò che da me volete».
700. Queste umili e soavi parole della modestissima regina Maria non ammorbidirono il cuore indurito delle sue amiche e compagne, possedute già dalla furiosa rabbia che il drago aveva contro di lei; anzi, questi, sdegnandosi maggiormente, le incitava ed irritava ancor più, come se col dolce antidoto s'inasprisse di più la morsicatura e il veleno serpentino sparso contro la donna, che gli era stata mostrata come segno grande nel cielo. Questa persecuzione continuò molti giorni, senza che l'umiltà, la pazienza, la modestia e la tolleranza della divina Signora bastassero a moderare l'odio delle sue compagne. Anzi, il demonio si spinse a infondere loro molte suggestioni piene di temerità, cioè che mettessero le mani sulla mansuetissima agnellina, la maltrattassero e le togliessero persino la vita. Ma il Signore non permise che pensieri tanto sacrileghi avessero effetto e il massimo a cui si spinsero fu l'ingiuriarla a parole, dandole alcune spinte. Questa battaglia avveniva in segreto senza che ne giungesse notizia alla maestra e ai sacerdoti; nel frattempo la santissima Maria acquistava incomparabili meriti e doni dall'Altissimo, per la materia che le si offriva di esercitare tutte le virtù verso sua Maestà e verso le creature che la perseguitavano e aborrivano. Verso queste fece atti eroici di carità ed umiltà, rendendo bene per male, benedizioni per maledizioni, fervide preghiere per bestemmie e praticando la divina legge in ciò che ha di più perfetto e sublime. Verso l'Altissimo esercitò le più eccellenti virtù, pregando per le creature che la perseguitavano, umiliandosi con ammirazione degli angeli, come se fosse stata la più vile dei mortali e meritevole di ciò che operavano contro di lei. Ella eseguiva tutte queste opere con tale perfezione da superare ogni giudizio umano, e con un tal merito da superare il merito più alto dei serafini.
701. Avvenne un giorno che quelle donne, invasate dalla tentazione diabolica, condussero la principessa Maria in una stanza isolata e, giudicando di poter agire indisturbate, la caricarono d'ingiurie e di offese smisurate per irritare la sua mansuetudine e distoglierla dalla sua immutabile modestia, facendole fare qualche gesto sgarbato. Ma non potendo la Regina delle virtù essere schiava di vizio alcuno nemmeno per un istante, mostrò più invincibile la sua pazienza quando era più necessaria, per cui rispose loro con tanta maggior grazia e dolcezza. Quelle, offese di non conseguire il loro malvagio intento, alzarono così alte grida che furono udite nel tempio, dove l'insolito baccano provocò grande sorpresa e confusione. Al rumore accorsero i sacerdoti e la maestra e, permettendo il Signore questa nuova afflizione della sua sposa, chiesero con gran severità la ragione di quella inquietudine. Poiché la mansuetissima colomba taceva, le altre giovani risposero con molto sdegno e dissero: «Maria di Nazaret, con la sua indole orribile, ci disturba e ci inquieta tutte e, quando non siete presenti, ci affligge e provoca; per cui, se non uscirà dal tempio, non sarà possibile mantenerci tutte in pace con lei. Se la sopportiamo diventa altera, se la riprendiamo si burla di tutte prostrandosi ai nostri piedi con finta umiltà, e poi con le sue mormorazioni semina la discordia e la confusione tra tutte noi».
702. I sacerdoti e la maestra condussero in un'altra stanza la Signora del mondo, e qui la ripresero con severità corrispondente al credito che avevano prestato in quel momento alle sue compagne e, avendola esortata ad emendarsi e a procedere come chi viveva nella casa di Dio, la minacciarono che, se non l'avesse fatto, l'avrebbero congedata e cacciata via dal tempio. Questo era il maggior castigo che potevano darle, quand'anche avesse avuto qualche colpa, mentre invece era innocente in tutto ciò che le si imputava. Chi avesse intelligenza per conoscere almeno in parte la profondissima umiltà di Maria santissima, intenderebbe qualcosa degli effetti che questi misteri operavano nel suo candidissimo cuore, perché ella si giudicava la più vile delle creature e la più indegna di vivere fra loro, indegna persino di calpestare la terra. A questa minaccia la prudentissima Vergine, tra le lacrime, rispose ai sacerdoti dicendo: «Signori, io gradisco il favore che mi fate col correggere ed istruire me, così imperfetta e vile, ma vi supplico di perdonarmi, giacché siete ministri dell'Altissimo, e di guidarmi in tutto, non tenendo conto dei miei difetti, in modo che io riesca meglio per l'avvenire a compiacere sua Maestà, nonché le mie sorelle e compagne, perché con la grazia del Signore propongo di nuovo di fare così e comincerò da oggi in poi».
703. La nostra Regina aggiunse altre ragioni, piene di soavissimo candore e dolcissima modestia, dopodiché la maestra e i sacerdoti la lasciarono, avvertendola di nuovo con lo stesso insegnamento nel quale ella era sapientissima maestra. Subito se ne andò dalle sue compagne e, prostrandosi ai loro piedi, domandò loro perdono, come se i difetti che le imputavano avessero potuto entrare in lei che era madre dell'innocenza. Esse allora l'accolsero meglio, giudicando che le sue lacrime fossero effetto del castigo e della riprensione dei sacerdoti e della maestra, che avevano attirati al loro intento sregolato. Di conseguenza il drago, che nascostamente ordiva questa tela, innalzò a maggior alterigia e presunzione gli incauti cuori di tutte quelle donne e, come avevano già fatto con i sacerdoti, proseguirono con maggiore audacia a screditare e a mettere loro contro la purissima Vergine. A tal fine escogitarono nuove frottole e menzogne con l'istinto del medesimo demonio, ma l'Altissimo non permise mai che si dicesse o si presumesse cosa molto grave o disdicevole di colei che egli aveva eletto Madre santissima del suo Unigenito. Permise solamente che lo sdegno e l'inganno delle giovani del tempio arrivasse ad esagerare molto alcuni piccoli, seppur finti, difetti che le imputavano, e al massimo che esse facessero alcuni gesti femminili e scomposti sufficienti a dichiarare la loro inquietudine. E ciò affinché, per tale irrequietezza e per i rimproveri della maestra e dei sacerdoti, la nostra umilissima Signora avesse occasione di esercitare le virtù, aumentare i doni dell'Altissimo e giungere al colmo dei meriti.
704. Ciò appunto faceva la nostra Regina con pieno compiacimento agli occhi del Signore, che si ricreava all'odore soavissimo di quell'umile nardo, maltrattato e disprezzato dalle creature che non lo conoscevano. Ella ripeteva i suoi lamenti e gemiti per la lontananza prolungata del suo diletto e in una di queste occasioni gli disse: «Sommo bene e Signore mio di misericordia infinita, se voi che siete il mio padrone e il mio creatore mi avete abbandonata, non è molto che tutto il resto delle creature mi aborrisca e si rivolti contro di me. Ben lo merita la mia ingratitudine ai vostri benefici, ma sempre vi riconosco e vi confesso mio rifugio e mio tesoro. Voi solo siete il mio bene, il mio amore, il mio riposo, e se siete tale, ed io invece vi tengo lontano, come potrà riposare il mio cuore afflitto? Le creature fanno con me ciò che devono, ma non giungono a trattarmi come merito, perché voi, Signore e Padre mio, nell'affliggere siete parco e nel premiare liberalissimo. Serva, o Signore, a scontare le mie negligenze il dolore di avervi io costretto a nascondervi al mio cuore, pagate con larga mano il bene che le vostre creature mi fanno guadagnare, obbligandomi a conoscere meglio la vostra bontà e la mia vita. Sollevate, o Signore, questa indigente dalla polvere della terra e rinnovate colei che è povera e vilissima tra le creature; veda io il vostro divino volto e sarò salva».
705. Non è possibile né necessario riferiré tutto ciò che accadde alla nostra grande Principessa in questa prova delle sue virtù. Basti dire per ora che ella può servire a noi da vivo esempio per sopportare con generosità di cuore qualunque tribolazione; a noi, dico, che abbiamo bisogno di pene e di duri colpi per soddisfare ai nostri peccati e per domare la nostra dura cervice col giogo della mortificazione. Non commise colpa, né si trovò inganno nella nostra innocentissima colomba, eppure con umile silenzio e tolleranza si contentò di essere disprezzata e perseguitata senza aver provocato ciò. Vergognamoci dunque, alla sua presenza, noi tutti che reputiamo insopportabile ingiuria, fino al punto di vendicarci, un'offesa insignificante! L'Altissimo avrebbe certamente potuto allontanare dalla sua eletta e Madre qualunque persecuzione e contrarietà; se però in questo avesse usato del suo potere, non lo avrebbe potuto manifestare nel conservarla illesa tra le persecuzioni, né le avrebbe dato pegni così sicuri del suo amore, né ella avrebbe ottenuto il dolce frutto di amare i nemici e i persecutori. Noi invece ci rendiamo indegni di tanto bene quando nelle prove alziamo il grido contro le creature ed il cuore superbo contro Dio, che in tutto le governa, non volendo assoggettarci al nostro creatore e salvatore, che sa ciò di cui abbiamo bisogno per la nostra salvezza.
Insegnamento della regina del cielo Maria santissima
706. Poiché tu, figlia mia, vai riflettendo sull'esempio che si vuole ricavare da questi avvenimenti, io voglio appunto che questo ti serva da ammaestramento dottrinale da racchiudere nel tuo cuore con stima, allargandolo per ricevere con letizia le persecuzioni e le calunnie delle creature, se parteciperai a questo beneficio. I figli della perdizione, i quali servendo alla vanità non sanno qual tesoro sia il patire ingiurie e il perdonarle, si fanno un onore della vendetta, quantunque essa, anche nei termini della legge naturale, sia la maggiore viltà e il più brutto di tutti i vizi, perché si oppone più degli altri alla ragione naturale e nasce da cuore non umano, ma brutale e ferino. Al contrario, colui che perdona le ingiurie e le dimentica, benché non abbia la fede divina né la luce del Vangelo, per mezzo di questa magnanimità si fa superiore e come re della medesima natura, perché conserva di questa ciò che essa ha di più nobile ed eccellente e non paga il vilissimo tributo di farsi bestia irrazionale con la vendetta.
707. Infatti, se il vizio della vendetta si oppone tanto alla natura, considera ora, o carissima, quale opposizione avrà con la grazia e quanto odioso e spregevole sarà il vendicativo agli occhi del mio Figlio santissimo, che si fece uomo, morì e patì solo per perdonare e perché il genere umano ottenesse il perdono delle ingiurie commesse contro il medesimo Signore. A questa sua intenzione e alle sue opere, anzi alla sua stessa natura e bontà infinita, si oppone il vendicativo. Così facendo, egli distrugge completamente, per quanto dipende da lui, Dio stesso insieme con le sue opere. Perciò egli merita con questo peccato, in modo tutto particolare, che Dio distrugga lui. Tra colui che perdona e sopporta le ingiurie e il vendicativo, vi è la stessa differenza che c'è tra il figlio unico ed erede e il nemico mortale: questo provoca tutta la forza dell'indignazione divina e l'altro merita tutti i beni e li acquista, perché in questa grazia è immagine perfettissima del Padre celeste.
708. Voglio, o anima, che tu comprenda come il patire le ingiurie con uniformità di cuore e il perdonarle interamente per il Signore è cosa più gradita ai suoi occhi che se di tua volontà facessi rigide penitenze e spargessi il tuo stesso sangue. Umiliati, dunque, davanti a quelli che ti perseguitano, amali e prega per loro di vero cuore e con questo indurrai il cuore di Dio ad amarti, giungerai alla perfezione della santità e vincerai tutto l'inferno. Con l'umiltà e la mansuetudine io confondevo quel dragone che tutti perseguita: non potendo il suo furore tollerare quelle virtù, fuggiva dalla mia presenza più veloce della folgore. Così, mediante tali virtù, ottenni vittorie grandi per l'anima mia e gloriosi trionfi a esaltazione della Divinità. Quando qualche creatura si muoveva contro di me, io non mi sdegnavo contro di lei, perché sapevo per certo che quella era uno strumento dell'Altissimo, guidato dalla sua provvidenza per il mio stesso bene e questa consapevolezza, come anche il considerare che quella era creatura del mio Signore e capace della sua grazia, mi portava ad amarla con sincerità e forza, né mi acquietavo fino a che non l'avessi ricompensata di tale beneficio col procurarle, per quanto mi era possibile, la salvezza eterna.
709. Con tutto l'impegno, dunque, sforzati di imitarmi in ciò che hai compreso e scritto. Mostrati mansuetissima, pacifica e grata verso coloro che ti saranno molesti; stimali sinceramente nel tuo cuore e non vendicarti del Signore, vendicandoti dei suoi strumenti; non disprezzare la stimabile gemma delle ingiurie; ma, per quanto dipende da te, rendi loro sempre bene per male, benefici per offese, amore per odio, lode per insulti, benedizioni per maledizioni; così sarai figlia perfetta del tuo Padre, sposa amata del tuo Signore, mia carissima e mia amica.
13-23 Ottobre 13, 1921 Tutte le parole di Gesù sono fonti che portano e zampillano alla Vita Eterna.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo oppressa nel pensare che sono costretta a dire e scrivere anche le più piccole cose che il buon Gesù mi dice. Onde nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, ogni volta che Io ti parlo intendo di aprire una fontanina nel tuo cuore, perché tutte le mie parole sono fonti che portano e zampillano alla Vita Eterna, ma per formarsi queste fonti nel tuo cuore, tu ci devi mettere anche del tuo, cioè, devi masticarle ben bene per poterle trangugiare nel tuo cuore ed aprirvi la fonte. Col pensarle e ripensarle tu formi la masticazione; col dirle a chi tiene autorità su di te, e venendoti assicurato che è parola mia, tu senza dubbio la ingoia ed apri la fonte per te, ed alle occasioni del tuo bisogno te ne servi e bevi a larghi sorsi alla fonte della mia verità; con lo scriverle apri i canali che possono servire a chiunque vorrebbe dissetarsi, per non farli morire di sete. Ora, col non dirle tu non ci pensi, e col non masticarle non puoi ingoiarle, perciò passi pericolo che la fonte non si formi e l’acqua non sorga, e quando avrai bisogno di quell’acqua, la prima a soffrire la sete sarai tu, e se non scrivi, non aprendo i canali, di quanti beni non priverai gli altri?”
(3) Ora, mentre scrivevo pensavo tra me: “Il mio dolce Gesù è da qualche tempo che non mi parla della sua Santissima Volontà, ma di altre verità, io mi sento più portata a scrivere sul suo Santissimo Volere, ci sento più gusto e come se fosse cosa esclusivamente mia, e mi basta il suo Volere per tutto”. Ed il mio sempre benigno Gesù nel venire mi ha detto:
(4) “Figlia mia, non ti devi meravigliare se provi più gusto e ti senti più portata a scrivere sul mio Volere, perché sentire, dire, scrivere sul mio Volere è la cosa più sublime che può esistere in Cielo e in terra, è quello che più mi glorifica e prende tutti i beni insieme e tutta la santità d’un colpo, invece le altre verità racchiudono ciascuna il suo bene distinto, si bevono a sorsi a sorsi, si salgono scalino a scalino, si adattano al modo umano, invece la mia Volontà, è l’anima che si adatta al modo divino, non sono sorsi che si bevono, ma mari; non scalini che si salgono, ma voli che prendono d’un battere d’occhio il Cielo, oh! la mia Volontà, la mia Volontà! Solo al sentirla da te mi porta tanta gioia e dolcezza, e sentendomi circondato dalla mia Volontà che contiene la creatura, come da un’altra mia immensità, sento tanto gusto che mi fa dimenticare il male delle altre creature, perciò devi sapere che grandi cose ti ho manifestato della mia Volontà; onde, non ancora le hai masticato bene e digerito, in modo da prendere tutta la sostanza, da formare tutta la massa del sangue dell’anima tua. Quando ne avrai formato tutta la sostanza, ritornerò di nuovo e ti manifesterò altre cose più sublimi della mia Volontà, e mentre aspetterò che tu digerisca bene, ti terrò occupata sulle altre verità che mi appartengono, e che se le creature non si vogliono servire del mare, del sole della mia Volontà per venire a Me, si possano servire delle fontanine, dei canali per venire a Me e prendere per loro bene le cose che mi appartengono”.