Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 23° settimana del tempo ordinario (Natività Beata Vergine Maria)
Vangelo secondo Matteo 11
1Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
2Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli:3"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?".4Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete:5'I ciechi ricuperano la vista', gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, 'ai poveri è predicata la buona novella',6e beato colui che non si scandalizza di me".7Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?8Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re!9E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta.10Egli è colui, del quale sta scritto:
'Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero
che preparerà la tua via davanti a te.'
11In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.13La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni.14E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire.15Chi ha orecchi intenda.
16Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:
17Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
18È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.19È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere".
20Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite:21"Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere.22Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.23E tu, Cafàrnao,
'sarai' forse 'innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai!'
Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe!24Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!".
25In quel tempo Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.26Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.27Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
28Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, 'e troverete ristoro' per le vostre anime.30Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".
Giudici 8
1Ma gli uomini di Efraim gli dissero: "Che azione ci hai fatto, non chiamandoci quando sei andato a combattere contro Madian?". Litigarono con lui violentemente.2Egli rispose loro: "Che ho fatto io in confronto a voi? La racimolatura di Efraim non vale più della vendemmia di Abiezer?3Dio vi ha messo nelle mani i capi di Madian, Oreb e Zeeb; che dunque ho potuto fare io in confronto a voi?". A tali parole, la loro ira contro di lui si calmò.
4Gedeone arrivò al Giordano e lo attraversò. Ma egli e i suoi trecento uomini erano stanchi e affamati.5Disse a quelli di Succot: "Date focacce di pane alla gente che mi segue, perché è stanca e io sto inseguendo Zebach e Zalmunna, re di Madian".6Ma i capi di Succot risposero: "Tieni forse già nelle tue mani i polsi di Zebach e di Zalmunna, perché dobbiamo dare il pane al tuo esercito?".7Gedeone disse: "Ebbene, quando il Signore mi avrà messo nelle mani Zebach e Zalmunna, vi strazierò le carni con le spine del deserto e con i cardi".8Di là salì a Penuel e parlò agli uomini di Penuel nello stesso modo; essi gli risposero come avevano fatto quelli di Succot.9Egli disse anche agli uomini di Penuel: "Quando tornerò in pace, abbatterò questa torre".
10Zebach e Zalmunna erano a Karkor con il loro accampamento di circa quindicimila uomini, quanti erano rimasti dell'intero esercito dei figli dell'oriente; centoventimila uomini armati di spada erano caduti.11Gedeone salì per la via dei nomadi a oriente di Nobach e di Iogbea e mise in rotta l'esercito che si credeva sicuro.12Zebach e Zalmunna si diedero alla fuga, ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zebach e Zalmunna, e sbaragliò tutto l'esercito.
13Poi Gedeone, figlio di Ioas, tornò dalla battaglia per la salita di Cheres.14Catturò un giovane della gente di Succot e lo interrogò; quegli gli mise per iscritto i nomi dei capi e degli anziani di Succot: settantasette uomini.15Poi venne alla gente di Succot e disse: "Ecco Zebach e Zalmunna, a proposito dei quali mi avete insultato dicendo: Hai tu forse già nelle mani i polsi di Zebach e Zalmunna perché dobbiamo dare il pane alla tua gente stanca?".16Prese gli anziani della città e con le spine del deserto e con i cardi castigò gli uomini di Succot.17Demolì la torre di Penuel e uccise gli uomini della città.18Poi disse a Zebach e a Zalmunna: "Come erano gli uomini che avete uccisi al Tabor?". Quelli risposero: "Erano come te; ognuno di loro aveva l'aspetto di un figlio di re".19Egli riprese: "Erano miei fratelli, figli di mia madre; per la vita del Signore, se aveste risparmiato loro la vita, io non vi ucciderei!".20Poi disse a Ieter, suo primogenito: "Su, uccidili!". Ma il giovane non estrasse la spada, perché aveva paura, poiché era ancora giovane.21Zebach e Zalmunna dissero: "Suvvia, colpisci tu stesso, poiché qual è l'uomo, tale è la sua forza". Gedeone si alzò e uccise Zebach e Zalmunna e prese le lunette che i loro cammelli portavano al collo.
22Allora gli Israeliti dissero a Gedeone: "Regna su di noi tu e i tuoi discendenti, poiché ci hai liberati dalla mano di Madian".23Ma Gedeone rispose loro: "Io non regnerò su di voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi".24Poi Gedeone disse loro: "Una cosa voglio chiedervi: ognuno di voi mi dia un pendente del suo bottino". I nemici avevano pendenti d'oro, perché erano Ismaeliti.25Risposero: "Li daremo volentieri". Egli stese allora il mantello e ognuno vi gettò un pendente del suo bottino".26Il peso dei pendenti d'oro, che egli aveva chiesti, fu di millesettecento sicli d'oro, oltre le lunette, le catenelle e le vesti di porpora, che i re di Madian avevano addosso, e oltre le collane che i loro cammelli avevano al collo.27Gedeone ne fece un 'efod' che pose in Ofra sua città; tutto Israele vi si prostrò davanti in quel luogo e ciò divenne una causa di rovina per Gedeone e per la sua casa.28Così Madian fu umiliato davanti agli Israeliti e non alzò più il capo; il paese rimase in pace per quarant'anni, durante la vita di Gedeone.29Ierub-Baal, figlio di Ioas, tornò a dimorare a casa sua.30Gedeone ebbe settanta figli che gli erano nati dalle molte mogli.31Anche la sua concubina che stava a Sichem gli partorì un figlio, che chiamò Abimèlech.32Poi Gedeone, figlio di Ioas, morì in buona vecchiaia e fu sepolto nella tomba di Ioas suo padre a Ofra degli Abiezeriti.
33Dopo la morte di Gedeone gli Israeliti tornarono a prostituirsi a Baal e presero Baal-Berit come loro dio.34Gli Israeliti non si ricordarono del Signore loro Dio che li aveva liberati dalle mani di tutti i loro nemici all'intorno35e non dimostrarono gratitudine alla casa di Ierub-Baal, cioè di Gedeone, per tutto il bene che egli aveva fatto a Israele.
Salmi 118
1Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
2Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
3Lo dica la casa di Aronne:
eterna è la sua misericordia.
4Lo dica chi teme Dio:
eterna è la sua misericordia.
5Nell'angoscia ho gridato al Signore,
mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
6Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa può farmi l'uomo?
7Il Signore è con me, è mio aiuto,
sfiderò i miei nemici.
8È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
9È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
10Tutti i popoli mi hanno circondato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
11Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
12Mi hanno circondato come api,
come fuoco che divampa tra le spine,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
13Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato mio aiuto.
14Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
15Grida di giubilo e di vittoria,
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie,
16la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto meraviglie.
17Non morirò, resterò in vita
e annunzierò le opere del Signore.
18Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
19Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
20 È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.
21Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
22La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'angolo;
23ecco l'opera del Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
24Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.
25Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
26Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
27Dio, il Signore è nostra luce.
Ordinate il corteo con rami frondosi
fino ai lati dell'altare.
28Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
29Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
Salmi 135
1Alleluia.
Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
2voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
3Lodate il Signore: il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
4Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come suo possesso.
5Io so che grande è il Signore,
il nostro Dio sopra tutti gli dèi.
6Tutto ciò che vuole il Signore,
egli lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
7Fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce le folgori per la pioggia,
dalle sue riserve libera i venti.
8Egli percosse i primogeniti d'Egitto,
dagli uomini fino al bestiame.
9Mandò segni e prodigi
in mezzo a te, Egitto,
contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10Colpì numerose nazioni
e uccise re potenti:
11Seon, re degli Amorrèi,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Cànaan.
12Diede la loro terra in eredità a Israele,
in eredità a Israele suo popolo.
13Signore, il tuo nome è per sempre;
Signore, il tuo ricordo per ogni generazione.
14Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.
15Gli idoli dei popoli sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
16Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
17hanno orecchi e non odono;
non c'è respiro nella loro bocca.
18Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.
19Benedici il Signore, casa d'Israele;
benedici il Signore, casa di Aronne;
20Benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.
21Da Sion sia benedetto il Signore.
che abita a Gerusalemme. Alleluia.
Isaia 21
1Oracolo sul deserto del mare.
Come i turbini che si scatenano nel Negheb,
così egli viene dal deserto, da una terra orribile.
2Una visione angosciosa mi fu mostrata:
il saccheggiatore che saccheggia,
il distruttore che distrugge.
Salite, o Elamiti,
assediate, o Medi!
Io faccio cessare ogni gemito.
3Per questo i miei reni tremano,
mi hanno colto i dolori come di una partoriente;
sono troppo sconvolto per udire,
troppo sbigottito per vedere.
4Smarrito è il mio cuore,
la costernazione mi invade;
il crepuscolo tanto desiderato
diventa il mio terrore.
5Si prepara la tavola,
si stende la tovaglia,
si mangia, si beve.
"Alzatevi, o capi,
ungete gli scudi!".
6Poiché così mi ha detto il Signore:
"Va', metti una sentinella
che annunzi quanto vede.
7Se vede cavalleria,
coppie di cavalieri,
gente che cavalca asini,
gente che cavalca cammelli,
osservi attentamente,
con grande attenzione".
8La vedetta ha gridato:
"Al posto di osservazione, Signore,
io sto sempre, tutto il giorno,
e nel mio osservatorio
sto in piedi, tutta la notte.
9Ecco, arriva una schiera di cavalieri,
coppie di cavalieri".
Essi esclamano e dicono: "È caduta,
è caduta Babilonia!
Tutte le statue dei suoi dèi
sono a terra, in frantumi".
10O popolo mio, calpestato,
che ho trebbiato come su un'aia,
ciò che ho udito
dal Signore degli eserciti,
Dio di Israele,
a voi ho annunziato.
11Oracolo sull'Idumea.
Mi gridano da Seir:
"Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?".12La sentinella risponde:
"Viene il mattino, poi anche la notte;
se volete domandare, domandate,
convertitevi, venite!".
13Oracolo sull'Arabia.
Nel bosco, nell'Arabia, passate la notte,
carovane di Dedan;
14andando incontro agli assetati,
portate acqua.
Abitanti del paese di Tema,
presentatevi ai fuggiaschi con pane per loro.
15Perché essi fuggono di fronte alle spade,
di fronte alla spada affilata,
di fronte all'arco teso,
di fronte al furore della battaglia.
16Poiché mi ha detto il Signore: "Ancora un anno, contato alla maniera degli anni di un salariato, e scomparirà tutta la potenza gloriosa di Kedàr.17E il numero degli archi dei prodi di Kedàr resterà molto esiguo, perché il Signore Dio di Israele ha parlato".
Seconda lettera ai Corinzi 6
1E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.2Egli dice infatti:
'Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso'.
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
3Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga biasimato il nostro ministero;4ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce,5nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni;6con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero;7con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra;8nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri;9sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte;10afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!
11La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi.12Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto.13Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!
14Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?15Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele?16Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
'Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò
e sarò il loro Dio,
ed essi saranno il mio popolo.'
17Perciò 'uscite di mezzo a loro
e riparatevi, dice il Signore,
non toccate nulla d'impuro.
E io vi accoglierò',
18e 'sarò' per voi 'come un padre,
e' voi 'mi' sarete 'come figli' e figlie,
'dice il Signore onnipotente'.
Capitolo XLI: Il disprezzo di ogni onore di questo mondo
Leggilo nella BibliotecaFiglio, non crucciarti se vedi che altri sono onorati ed innalzati, mentre tu sei disprezzato ed umiliato. Drizza il tuo animo a me, nel cielo; così non ti rattristerà il disprezzo degli uomini, su questa terra. O Signore, noi siamo come ciechi e facilmente ci lasciamo sedurre dall'apparenza. Ma se esamino seriamente me stesso, non c'è cosa che possa essermi fatta da alcuna creatura che sia un torto nei miei confronti: dunque non avrei motivo di lamentarmi con te. E', appunto, perché spesso e gravemente ho peccato al tuo cospetto, che qualsiasi creatura si può muovere a ragione contro di me. A me, dunque, è giusto che si dia vergogna e disprezzo; a te invece, lode, onore e gloria. E se non mi sarò ben predisposto a desiderare di essere disprezzato da ogni creatura, ad essere buttato in un canto e ad essere considerato proprio un nulla, non potrò trovare pace e serenità interiore; non potrò essere spiritualmente illuminato e pienamente a te unito.
Omelia 100: Lo Spirito Santo glorifica il Cristo.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Promettendo che verrà lo Spirito Santo, il Signore dice: Egli vi insegnerà tutta la verità, o, come si legge in altri codici: vi guiderà nella pienezza della verità, perché non parlerà da sé, ma dirà quanto ascolterà.
Su queste parole del Vangelo, con l'aiuto del Signore, ci siamo
soffermati abbastanza; adesso prestate attenzione a quelle che seguono: e vi annunzierà le cose da venire. Non è il caso di soffermarci qui, perché è chiaro; non ci sono difficoltà che richiedano spiegazioni. Ma la frase che aggiunge: Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà (Gv 16, 13-14), non si può trascurare. Egli mi glorificherà,
può intendersi nel senso che lo Spirito Santo, riversando la carità nel
cuore dei fedeli e facendoli diventare spirituali, avrebbe spiegato
loro in qual modo il Figlio è uguale al Padre, quel Figlio che sino
allora avevano conosciuto soltanto secondo la carne e che consideravano
un uomo come loro. O si può intendere anche nel senso che i
discepoli, ricolmi di fiducia e superato ogni timore grazie a quella
medesima carità, annunziarono Cristo ovunque, e quindi la sua gloria si è
diffusa in tutto il mondo. Dicendo: Egli mi glorificherà, è come
se avesse detto: Egli vi libererà da ogni timore e vi darà l'amore,
grazie al quale, annunciandomi con tutto l'ardore, espanderete per tutto
il mondo l'odore della mia gloria e immortalerete il mio onore. Ciò che
essi avrebbero fatto in virtù dello Spirito Santo, disse che lo avrebbe
fatto lo Spirito Santo stesso, come risulta anche da quelle parole: Non siete voi che parlate, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10, 20). Gli interpreti latini hanno tradotto il verbo greco , sia clarificherà, sia glorificherà; perché il vocabolo greco
, da cui deriva il verbo
, significa tanto chiarezza quanto gloria. La
gloria rende uno famoso e la fama rende uno glorioso, sicché i due
termini coincidono. Secondo la definizione di antichi e illustri autori
latini, la gloria è la fama accompagnata da lodi che uno gode
universalmente. Ora, il fatto che Cristo nel mondo abbia conseguito una
simile gloria, non è da considerare un grande vantaggio per Cristo, ma
per il mondo, perché lodare chi lo merita non giova a chi è lodato, ma a
chi lo loda.
2. C'è anche una gloria falsa, quando chi loda è tratto in inganno per quanto riguarda le cose, gli uomini, o le cose e gli uomini insieme. Ci si inganna circa le cose, quando si crede bene ciò che è male; circa gli uomini, quando si reputa buono uno che è cattivo; circa gli uomini e le cose insieme, quando un vizio si considera virtù, e si loda un uomo, che, buono o cattivo che sia, non ha ciò per cui si loda. Donare i propri beni agli istrioni, non è virtù, ma vizio nefando; eppure voi sapete come nei confronti di costoro corra la fama unita alla lode, come sta scritto: Viene lodato il peccatore nelle sue brame, e chi commette l'iniquità viene benedetto (Sal 9, 3). Qui i lodatori non si ingannano quanto alle persone ma quanto alla realtà oggettiva; poiché ciò che essi ritengono buono è cattivo. Quanti poi beneficiano di questa falsa generosità, non sono quali li considerano, ma quali li vedono coloro che li lodano. E c'è chi si finge giusto mentre non lo è, e tutto quanto compie di lodevole e di apparentemente buono agli occhi degli uomini non lo fa per Iddio, cioè per la vera giustizia, ma soltanto perché cerca e vuole la gloria degli uomini. Se coloro, presso i quali egli gode questa fama ricevendone lode, credono che solo per Iddio conduca una vita lodevole, non si ingannano sul fatto in sé, ma sulla persona. Ciò che essi, infatti, ritengono bene, è bene, ma quell'uomo che considerano buono non è buono. E se uno, ad esempio, è considerato buono per la sua competenza nelle arti magiche e si crede che abbia liberato la patria per mezzo di arti che egli assolutamente ignora, se quest'uomo ottiene presso i perversi universale fama e lode, cioè la gloria, i suoi lodatori sbagliano in ogni caso: circa la cosa in sé, perché considerano bene ciò che è male, e circa l'uomo, perché lo credono ciò che non è. In questi tre casi, quindi, la gloria è falsa. Invece, quando uno è giusto in Dio e per Iddio, cioè veramente giusto, e la sua giustizia è il fondamento consistente della fama unita a lode, allora la gloria è vera. Ma non si creda che questa gloria possa rendere felice il giusto; c'è piuttosto da rallegrarsi per quelli che lo lodano, perché dimostrano di saper giudicare rettamente e di amare la giustizia. Quanto più dunque ha giovato la gloria di Cristo Signore, non a lui, ma a coloro ai quali ha giovato la sua morte!
[E' necessaria un'idea giusta di Cristo.]
3. Ma non è vera la gloria di Cristo presso gli eretici, anche se presso di loro spesso egli sembra godere fama con lode. Non è vera questa gloria, perché questi si ingannano in ambedue i casi, e ritenendo buono ciò che buono non è, e credendo che Cristo sia ciò che non è. Non è bene credere che il Figlio unigenito non sia uguale al Padre; non è bene credere che il Figlio unigenito di Dio è soltanto uomo e non Dio; non è bene credere che la carne della Verità non è vera carne. Alla prima di queste tre categorie appartengono gli ariani, alla seconda i fotiniani, alla terza i manichei. Siccome nessuna di queste tre asserzioni è buona, e Cristo non è nessuna delle tre cose asserite, essi si ingannano in ogni caso, e non danno a Cristo la vera gloria, benché sembri che presso di loro Cristo goda una universale fama con lode. Decisamente tutti gli eretici, che sarebbe troppo lungo elencare, che non hanno un'idea esatta di Cristo, sono nell'errore appunto perché non giudicano il bene e il male secondo verità. Anche i pagani, che pure in gran numero sono ammiratori di Cristo, sbagliano sotto entrambi gli aspetti, perché, seguendo la loro opinione e non la verità di Dio, dicono che Cristo fu mago. Disprezzano i cristiani come degli ignoranti, mentre esaltano Cristo come un mago, mostrando così che cosa amano: certo non amano Cristo, perché amano ciò che egli non era; di conseguenza si ingannano sotto entrambi gli aspetti: perché è un male essere mago, e perché Cristo, essendo buono, non era un mago. E siccome non è il caso adesso di parlare di tutti quelli che disprezzano e bestemmiano Cristo, in quanto stiamo parlando della gloria con cui egli è stato glorificato nel mondo; diremo che soltanto nella santa Chiesa cattolica lo Spirito Santo lo ha glorificato di vera gloria. Altrove, sia presso gli eretici che presso certi pagani, egli non può ottenere qui in terra vera gloria, anche dove sembra diffusa la sua fama accompagnata da lode. Ecco come il profeta canta la sua vera gloria nella Chiesa cattolica: Innálzati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra spandi la tua gloria (Sal 107, 6). E siccome lo Spirito Santo doveva venire dopo la sua esaltazione, e glorificarlo, tanto il salmo sacro come l'Unigenito hanno annunciato ciò di cui noi vediamo la realizzazione.
4. Con orecchie cattoliche ascoltate e con intelligenza cattolica intendete queste parole: Egli prenderà del mio per comunicarvelo. Infatti, lo Spirito Santo non è inferiore al Figlio, come hanno pensato certi eretici; come se cioè il Figlio ricevesse dal Padre e lo Spirito Santo dal Figlio secondo determinati gradi di natura. Lungi dai cuori cristiani credere, affermare pensare una simile cosa. Ma egli stesso risolve la difficoltà spiegando il significato della sua affermazione: Tutto ciò che ha il Padre è mio; ecco perché vi ho detto che prenderà del mio e ve lo comunicherà (Gv 16, 15). Che volete di più? Lo Spirito Santo, quindi, riceve dal Padre da cui riceve il Figlio, perché in seno alla Trinità il Figlio è nato dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre. Solamente il Padre non è nato e non procede da alcuno. In che senso l'Unigenito ha detto: Tutto ciò che ha il Padre è mio? Non certamente nel senso che hanno le parole che quel padre, nella parabola, dice al figlio, non unico ma il maggiore dei due: Tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo (Lc 15, 31). Vedremo comunque questo passo con maggior impegno, se il Signore vorrà, quando dovremo commentare le parole che l'Unigenito rivolge al Padre: tutto ciò che è mio è tuo e ciò che è tuo è mio (Gv 17, 10). Chiudiamo così questo discorso, perché quel che viene dopo esige un commento a parte.
15 - Maria santissima continua a dimorare con il bambino Gesù nella grotta della natività fino alla venuta dei Magi.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca540. La nostra gloriosa Regina, per la scienza infusa che aveva delle divine Scritture e per le sublimi e sovrane rivelazioni che riceveva, sapeva che i re Magi dall'Oriente sarebbero venuti a riconoscere e ad adorare il suo Figlio santissimo come vero Dio. In modo speciale era stata di recente istruita circa questo mistero, poiché la notizia della nascita di Gesù era stata recata loro dall'angelo, e la vergine Madre conosceva ogni cosa. San Giuseppe non'era a conoscenza di questo mistero, perché non gli era stato rivelato, né la prudentissima sposa gli aveva comunicato il suo segreto, poiché in tutto era saggia e prudente, ed aspettava che la divina volontà operasse in questi misteri con la sua opportuna e soave disposizione. Perciò il santo sposo, celebrata la circoncisione, disse alla Regina del cielo che gli pareva necessario lasciare quel luogo disagiato e povero, ove era così difficile proteggere lei e il bambino, e che ormai in Betlemme si sarebbe trovato qualche albergo libero dove alloggiare, finché giungesse il tempo di poter portare il bambino a Gerusalemme, per presentarlo al tempio. Nella sua preoccupazione e sollecitudine, il fedelissimo sposo propose ciò perché non voleva che, a causa della sua povertà, gli mancassero l'abbondanza e gli agi che desiderava per servire il figlio e la madre, però disse che si rimetteva in tutto alla volontà della sua divina sposa.
541. L'umile Regina gli rispose senza manifestargli il mistero, e gli disse: «Sposo e signor mio, io mi rimetto all'ubbidienza vostra, e dove sarà di vostra volontà, vi seguirò con vivo compiacimento: disponete ciò che vi parrà meglio». La divina Signora era in qualche modo affezionata alla grotta per l'umiltà e la povertà del luogo, e perché il Verbo incarnato l'aveva consacrata con i misteri della sua nascita e circoncisione, e con ciò che attendeva dai Magi, benché non conoscesse il tempo della loro venuta. Pio era questo affetto e pieno di devozione e venerazione, ma con tutto ciò preferì l'ubbidienza del suo sposo alla sua particolare inclinazione, e ad essa si rimise per essere in tutto esemplare e modello di perfezione altissima. Questa rassegnazione ed uguaglianza suscitò in san Giuseppe una maggiore sollecitudine, perché egli desiderava che la sua sposa determinasse ciò che dovevano fare. In questa circostanza, il Signore rispose per via dei santi principi Michele e Gabriele, che assistevano corporalmente al servizio del loro Dio e Signore, ed alla grande Regina, e questi dissero: «La volontà divina ha ordinato che in questo stesso luogo adorino il Verbo incarnato i Magi, i tre re della terra che vengono in cerca del Re del cielo dall'Oriente. Sono dieci giorni che viaggiano, perché hanno avuto immediatamente notizia del santo natale, e subito si sono messi in cammino. Essi giungeranno qui tra breve, e si adempiranno così gli oracoli dei profeti, che assai da lontano conobbero e profetizzarono questo evento».
542. Questa inaspettata notizia lasciò san Giuseppe pieno di giubilo ed informato della volontà del Signore, e la sua sposa Maria santissima gli disse: «Signor mio, questo luogo scelto dall'Altissimo per misteri così magnifici, benché sia povero e disagiato agli occhi del mondo, a quelli però della sua sapienza è ricco, prezioso, stimabile ed il migliore della terra, giacché il Signore dei cieli se ne è appagato, consacrandolo con la sua reale presenza. Egli è potente, e fa sì che in questo luogo, che è la vera terra promessa, godiamo della sua vista. Se sarà sua volontà, ci darà qualche sollievo e riparo contro i rigori del tempo per i pochi giorni in cui ancora vi dimoreremo». Si consolò san Giuseppe e si animò assai con tutte queste ragioni della prudentissima Regina, a cui rispose che, siccome il bambino avrebbe adempita la legge della presentazione al tempio come aveva fatto rispetto a quella della circoncisione, sino a quel giorno avrebbero potuto trattenersi in quel sacro luogo senza. ritornare prima a Nazaret, essendo questa così distante ed il tempo inclemente. In caso poi che il rigore del freddo li obbligasse a ritirarsi nella città per ripararsene, lo potevano facilmente fare, poiché da Betlemme a Gerusalemme non vi era distanza maggiore di due leghe.
543. Maria santissima si conformò in tutto alla volontà del suo vigilante sposo, inclinando sempre il suo desiderio a non abbandonare quel sacro luogo, più santo e venerabile del Sancta Sanctorum del tempio, finché giungesse il tempo di presentare in esso il suo unigenito, per il quale preparò tutto l'occorrente per difenderlo dai rigori del tempo. Sistemò anche la grotta per la venuta dei Magi, ripulendola tutta per quanto lo permettesse la naturale rustichezza e l'umile povertà del luogo. Quanto al bambino, la maggior diligenza e cautela che usò verso di lui fu di tenerlo sempre nelle sue braccia, quando non era necessario lasciarlo. Soprattutto usò del suo potere di Signora e regina di tutte le creature, quando infuriavano le intemperie invernali, perché comandava al freddo, ai venti, alle nevi ed ai geli di non danneggiare il loro Creatore, ma di usare su di lei sola i loro rigori, e gli aspri influssi che esercitavano. Diceva la celeste Signora: «Trattenete la vostra ira contro il vostro creatore e Signore, autore e conservatore, che vi ha dato l'essere, la forza e il principio attivo. Avvertite, o creature del mio diletto, che il vostro rigore vi è stato dato a causa della colpa, ed è indirizzato a castigare la disubbidienza del primo Adamo e della sua progenie. Però verso il secondo, che viene a riparare quella caduta e che non poteva aver parte in essa, dovete essere cortesi, portando rispetto e non facendo offesa a colui cui dovete ossequio e soggezione. Io vi comando in nome suo di non procurargli molestia alcuna».
544. Degna sarebbe stata della nostra ammirazione ed imitazione la pronta ubbidienza delle creature irrazionali alla volontà divina, intimata ad esse dalla Madre di Dio, poiché accadeva, quando ella comandava, che la neve e la pioggia non le si avvicinassero più di tanto, rimanendo a oltre otto metri di distanza, e i venti si contenessero, e il clima si mitigasse fino a cambiarsi in un caldo temperato. A questa meraviglia se rie aggiungeva un'altra. Infatti, nello stesso tempo in cui il bambino nelle sue braccia riceveva quest'ossequio dagli elementi, come se se ne stesse al coperto, la vergine Madre ne sperimentava gli influssi, e veniva ferita dal freddo e dall'asprezza delle inclemenze con tutta l'intensità che potevano raggiungere con la loro forza naturale. Ciò accadeva perché essi in tutto le ubbidivano, ed ella non voleva liberarsi dal peso da cui preservava il suo tenero bambino e magnifico Signore, come madre amorosa e Signora delle creature, su cui dominava. Il privilegio del dolce bambino si estendeva al santo e fortunato Giuseppe, e questi conosceva il cambiamento del tempo rigido in temperato, ma non sapeva che quegli effetti si verificassero per comando della sua divina sposa, e che fossero opera della sua potenza, perché ella non gli manifestava questo privilegio, finché non ne avesse avuto ordine dall'Altissimo.
545. Il modo che osservava la grande Regina del cielo, nell'alimentare il suo bambino Gesù, era di allattarlo con il suo latte verginale tre volte al giorno, e sempre con così grande venerazione, che prima gliene chiedeva il permesso, e lo pregava di perdonarle la sua indegnità, umiliandosi e riconoscendosi inferiore. Per lunghi intervalli, quando lo teneva nelle sue braccia, stava genuflessa adorandolo e, se era necessario sedersi, gliene domandava sempre il permesso. Con la medesima riverenza lo porgeva a san Giuseppe, e lo riceveva da lui. Molte volte gli baciava i piedi e, quando doveva baciarlo più volte, gli chiedeva interiormente il consenso. A queste carezze di Madre il suo dolcissimo Figlio le corrispondeva, non solamente mostrando gratitudine nel riceverle, accompagnata sempre da maestà, ma ancora con altre azioni che faceva al modo degli altri bambini, benché con differente serenità e serietà. Era sua consuetudine reclinarsi amorosamente sul petto della purissima Madre ed altre volte sulla spalla, stringendole il collo con le sue braccine. In queste carezze era così attenta e prudente l'imperatrice Maria, che non lo sollecitava a farle vezzeggiamenti e coccole, come sogliono le altre madri, né l'obbligava a ritirarsi con timore. In tutto era prudentissima e perfetta, senza difetto né eccesso riprovevole, ed il maggior amore del suo Figlio santissimo, e la manifestazione di questo amore, non serviva che a farla ancor più chinare verso la polvere, lasciandola con una profonda riverenza, che misurava i suoi affetti e dava ad essi maggiori risalti di magnificenza.
546. Un'altra maniera di carezze più sublime si scambiavano il bambino divino e la vergine Madre, perché, oltre al fatto che grazie alla luce divina ella conosceva sempre gli atti interni dell'anima santissima del suo unigenito, accadeva anche molte volte che, mentre lo teneva tra le braccia, con un altro nuovo beneficio le si manifestasse l'umanità del figlio come un vetro cristallino, e per essa ed in essa contemplava l'unione ipostatica, l'anima di Gesù, e tutti gli atti interiori che faceva quando pregava l'eterno Padre per il genere umano. La nostra Signora andava imitando queste intime disposizioni e suppliche, restando tutta assorta e trasformata nel suo medesimo Figlio. Perciò sua Maestà la guardava con inaspettata delizia, come ricreandosi nella purezza di tale creatura, e rallegrandosi d'averla creata. Inoltre si compiaceva del fatto che la Divinità si fosse incarnata per formare una così viva immagine di se stessa, e dell'umanità che aveva preso dalla sua sostanza verginale. In questo mistero mi venne alla mente ciò che dissero ad Oloferne i suoi generali, quando videro la bella Giuditta nelle campagne di Betulia: «Chi potrebbe disprezzare un popolo che ha delle donne così belle? Certo non sarebbe vantaggioso lasciare in vita anche un solo uomo!». Misteriosa e vera pare questa ragione nel Verbo incarnato, poiché egli poté dire lo stesso al suo eterno Padre, e a tutto il resto delle creature, con più giusta causa: «Chi non riterrà ben predisposto e calcolato l'essere io venuto dal cielo a prendere carne umana sulla terra, e ad abbattere il demonio, il mondo e la carne, superandoli ed annientandoli, se tra i figli di Adamo si trova una donna tale quale mia Madre?». O dolce amor mio, virtù della mia virtù, vita dell'anima mia, Gesù amoroso, quale stupore che solo Maria santissima, nella natura umana, sia fornita di tale e tanta bellezza! Perciò è unica ed eletta, e così perfetta per il vostro compiacimento, mio Signore e padrone, che non solo uguaglia, ma eccede, senza confronti o limiti, tutto il resto del vostro popolo, ed ella sola compensa la bruttezza di tutta la posterità di Adamo.
547. La dolce Madre, fra queste delizie del suo unigenito bambino vero Dio, sentiva effetti tali, che la lasciavano tutta spiritualizzata e nuovamente divinizzata. Nei voli in cui il suo spirito purissimo era rapito, molte volte si sarebbero rotti i legami del corpo terreno, e da esso, come in deliquio, sarebbe sprigionata la sua anima per l'incendio del suo amore, se miracolosamente non fosse stata confortata e preservata. Scambiava col suo Figlio santissimo, interiormente ed esteriormente, parole tanto degne e di tal peso, che non entrano nel nostro grossolano linguaggio. Tutto quello che io potrei riferire sarebbe molto poco in confronto a ciò che mi è stato manifestato. Ella gli diceva: «O amor mio, dolce vita dell'anima mia, chi siete voi e chi sono io? Che cosa volete fare di me, giacché la vostra grandezza e magnificenza tanto si umilia per favorire la polvere inutile? Che farà la vostra schiava per amor vostro, e per tutto quanto riconosce di dovervi? Che cosa vi potrò dare in cambio del molto che avete dato a me? Il mio essere, la mia vita, le mie capacità, i sensi, i desideri, gli aneliti più profondi, tutto questo è vostro. Consolate questa serva e madre vostra, affinché non venga meno nell'affettuoso desiderio di servirvi, vedendo la propria insufficienza, e che non muore per amarvi. O quanto è limitata la capacità umana, quanto coartato il potere, quanto limitati gli affetti, che non possono giungere a soddisfare con equità il vostro amore! Però sempre voi dovete vincere nell'essere magnifico e misericordioso con le vostre creature, e cantar vittorie e trionfi di amore; e noi altri, riconoscenti, dobbiamo arrenderci e confessarci superati dal vostro potere. Così noi resteremo umiliati e confusi con la polvere, e la vostra grandezza magnificata ed esaltata per tutta l'eternità». La celeste Signora, nella scienza del suo Figlio santissimo, conosceva alcune volte le anime, che nel corso della nuova legge di grazia si dovevano specializzare nell'amore divino, le opere che dovevano fare, i martiri che dovevano patire per imitare lo stesso Signore, e per questa conoscenza si andava infiammando di un'emulazione d'amore così forte, che era maggior martirio quello del desiderio della Regina che non tutti gli altri consumati in concreto. Allora le capitava ciò che disse lo sposo nel Cantico dei Cantici, cioè che l'emulazione dell'amore era forte come la morte, e tenace come l'inferno. Quanto al desiderio che l'amorosa Madre nutriva di morire perché infatti non moriva, le rispose il Figlio santissimo con le parole che ivi si riferiscono: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, dandole l'intendimento di come realizzarlo. Con questo divino martirio, Maria santissima fu martire prima di tutti i martiri. Fra questi gigli pascolava l'agnello mansuetissimo Gesù, mentre faceva nascere il giorno della grazia, e declinavano le ombre della legge antica.
548. Il bambino divino non si cibò di cosa alcuna, finché ricevette il nutrimento dal seno verginale della sua Madre santissima, perché si alimentò solo col latte. E questo era estremamente soave, dolce e sostanzioso, poiché generato in un corpo così puro, perfetto, e di raffinatissime caratteristiche somatiche e proporzioni, con qualità ben ordinate in parti uguali. Nessun altro corpo fu simile al suo e nessun'altra salute alla sua, e il sacro latte, benché conservato per molto tempo, fu preservato dalla corruzione per le sue stesse qualità naturali, e per speciale privilegio rimase sempre inalterato e incorrotto, mentre il latte delle altre donne, come insegna l'esperienza, subito insipidisce e si altera.
549. Il felicissimo sposo Giuseppe non solo godeva, come testimone oculare, dei favori e delle carezze che passavano tra il figlio e la madre santissimi, ma anche fu degno di riceverne immediatamente dallo stesso Gesù. Molte volte infatti la divina Madre glielo poneva tra le braccia, quando era necessario che ella facesse qualcosa per cui non poteva tenerlo con sé, come preparare il pranzo, accomodare le fasce del bambino e spazzare la casa. In tali occasioni lo teneva san Giuseppe, che sempre sentiva effetti divini nell'anima sua, mentre esteriormente, con l'espressione del volto, il bambino Gesù gli mostrava il suo compiacimento; poi si reclinava sul petto del santo e, pur nella sua serietà e maestà di Re, gli faceva alcune carezze in segno d'affetto, proprio come sogliono fare i bambini con i loro padri. Però con san Giuseppe ciò non avveniva così spesso né con tanta tenerezza, come con la vergine Madre, la quale, quando lo lasciava, teneva con sé la reliquia della circoncisione, che ordinariamente il glorioso san Giuseppe portava con sé, affinché gli servisse di conforto. I due santi sposi erano sempre nella ricchezza: ella col Figlio santissimo, ed egli con il suo sacro sangue e la sua carne divinizzata. Tenevano questa reliquia in una caraffina di cristallo, che san Giuseppe aveva acquistato col denaro inviato loro da santa Elisabetta. In essa la gran Signora rinchiuse il prepuzio ed il sangue che si sparse nella circoncisione, dopo aver ritagliato dal pannolino utilizzato per la circostanza, i pezzetti su cui era caduto. E per meglio assicurare tutto, poiché la caraffina era guarnita di argento nella bocca, la potente Regina la serrò col solo suo potere. A tale pressione, si unirono e si saldarono le labbra d'argento nella superficie, assai meglio che se le avesse aggiustate l'artefice che le fece. In questa forma, la prudente Madre conservò per tutto il tempo della sua vita queste reliquie, poi consegnò tale prezioso tesoro agli Apostoli, e lo lasciò loro come vincolato alla santa Chiesa. Nel mare immenso di questi misteri, mi trovo così sommersa ed impossibilitata per la mia ignoranza di donna e per l'inadeguatezza dei termini usati per spiegarli, che molti di essi li rimetto alla fede e alla pietà cristiana.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
550. Figlia mia, sei stata avvertita nel capitolo precedente di non ricercare per via soprannaturale cosa alcuna dal Signore, né per alleggerirti dal patire, né per naturale inclinazione, e molto meno per vana curiosità. Ora ti avverto, che nemmeno per uno di questi motivi devi abbandonarti ai tuoi affetti nel bramare ansiosamente o nell'eseguire cosa alcuna naturale od esteriore, perché in tutte le attività delle tue facoltà, e negli atti dei sensi, devi moderare e domare le tue inclinazioni, senza concedere loro ciò che domandano, quand'anche fossero in apparenza colorate di virtù o di pietà. Io non correvo pericolo di eccedere in questi affetti per la mia incolpabile innocenza, e neppure mancava di pietà il desiderio che io avevo di rimanere nella grotta, dove il mio Figlio santissimo era nato ed aveva ricevuto la circoncisione. Tuttavia non volli manifestare il mio desiderio, sebbene interrogata dal mio sposo, perché preferii l'ubbidienza a questa pietà, ed imparai che è più sicuro per le anime, e di maggior compiacimento del Signore, ricercare la sua volontà per via dei consigli e del parere altrui, che per mezzo della propria inclinazione. Ciò in me fu maggior merito e perfezione, ma in te, e nelle altre anime che corrono pericolo di errare col proprio giudizio, questa legge deve essere più rigorosa per prevenirlo e deviarlo con accorgimento e diligenza. Infatti, la creatura ignorante e di cuore limitato, si riposa facilmente con i suoi affetti e con le sue fanciullesche inclinazioni su piccole cose, e talvolta si occupa tutta tanto del poco, quanto del molto, e ciò che è niente le sembra qualche cosa. Tutto ciò la inabilita, e la priva di grandi beni spirituali, di grazia, luce e merito.
551. Questo insegnamento, con tutto quello che mi resta da darti, tu lo scriverai nel tuo cuore, e procura di formare in esso un libro di memorie di tutto quello che io ho fatto, perché nella misura in cui lo conosci, tu lo comprenda ed esegua. Rifletti alla riverenza, all'amore, alla sollecitudine ed al timore santo e circospetto, con cui io trattavo il mio Figlio santissimo. Anche se ho sempre vissuto con questa vigilanza, dopo averlo concepito nel mio grembo, non l'ho mai perso di vista, né mi sono intiepidita nell'amore che allora mi comunicava l'Altezza sua. Per questo ardore di compiacerlo di più, il mio cuore non riposava, fino a che unita ed assorta nella partecipazione di quel sommo Bene ed ultimo fine, mi quietavo a certi intervalli, trovando in lui il mio centro. Però subito ritornavo alla mia continua sollecitudine, come chi prosegue il suo viaggio senza trattenersi in ciò che non aiuta, ritardando così il suo desiderio. Tanto era lontano il mio cuore dall'attaccarsi a cosa alcuna di quelle della terra, e dal seguire qualsiasi inclinazione sensibile, che, in ordine a questo, io vivevo come se non fossi stata della comune natura terrena. Se poi le altre creature non si vedono libere dalle passioni, o non le superano nel grado a loro possibile, non si lamentino della natura, ma della loro stessa volontà, dal momento che, anzi, la natura debole si può lamentare di esse, perché potrebbero, col potere della ragione, reggerla ed indirizzarla, ma non lo fanno, lasciandole al contrario seguire i suoi disordini, e la aiutano in ciò con la libera volontà, e con l'intelletto le procurano un maggior numero di oggetti pericolosi e di occasioni nelle quali si perde. Per questi precipizi, che offre la vita umana, ti avverto, o mia carissima, di non bramare né cercare alcuna cosa sensibile, anche se all'apparenza molto giusta. Rispetto a tutto ciò che usi per necessità, come la cella, il vestito, il sostentamento ed il resto, usane per ubbidienza, e col beneplacito dei superiori, perché il Signore lo vuole ed io l'approvo, affinché ne usi a servizio dell'Onnipotente. Per tanti accorgimenti, quanti sono quelli che ti ho suggerito, deve passare tutto ciò che opererai.
27 marzo 1944
Madre Pierina Micheli
Quanto tempo ho lasciato passare senza scrivere!... quante lotte, quante pene, quante angosce!... Gesù ci ha preservato da tanti pericoli... attorno a noi bombardamenti, distruzione, morte... la scuola ridotta a poche ore, le figliuole sfollate... Il Signore ci provvide un appartamento atto alle nostre opere al Palazzo Altieri, Piazza del Gesù n. 49 e oggi incominciammo qui il liceo e Ginnasio. Ora pare tornata la calma a Roma, ma i tempi tristi che si attraversano non lasciano sicurezza, ed è bene avere un locale sicuro dai pericoli che porta con sé la periferia.
Ieri 26 abbiamo fatto il Ritiro mensile.
La meditazione del mattino sopra le parole di Gesù: Se non avessi fatto le opere, che ho fatto non sareste colpevoli ma dopo quello che ho fatto non avete scuse, mi hanno eccitato a una considerazione più profonda della vita di Gesù in tutti i suoi particolari, essere come ha detto il Padre: operaia delle opere del Signore - considerarle spesso per unirsi a Lui conoscerlo e ricopiarlo. Dalla poca considerazione deriva la mancanza di fedeltà, il raffreddamento e spesso le cadute disastrose...
Istruzione: Silenzio esterno e silenzio interno. Il silenzio esterno è facile, il silenzio interno non deve essere un silenzio apatico o musone, ma un silenzio fruttuoso attivo, che ci eleva al Signore e ci fa operare il bene. Far tacere ragionamenti d'amor proprio, mormorazioni, pensieri vani... e unirsi al Signore quando il lavoro non ci occupa l'intelletto con preghiere e santi ragionamenti...
Per grazia del Signore ne ho fatto l'abito e cercherò di intensificare il raccoglimento sempre più.