Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 22° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 4
1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.2E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.3Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane".4Ma egli rispose: "Sta scritto:
'Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".'
5Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio6e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:
'Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,
perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede'".
7Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:
'Non tentare il Signore Dio tuo'".
8Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:9"Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai".10Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto:
'Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto'".
11Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.
12Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea13e, lasciata Nàzaret, venne ad abitare a Cafàrnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,14perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15'Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali,
sulla via del mare, al di là del Giordano,
Galilea delle genti;'
16'il popolo immerso nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte
una luce si è levata.'
17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".
18Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
19E disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini".20Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.22Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.
23Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.24La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.25E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.
Giuditta 7
1Il giorno dopo, Oloferne diede ordine a tutto l'esercito e a tutta la moltitudine di coloro che erano venuti come suoi alleati, di iniziare l'azione contro Betulia, occupando le vie d'accesso alla montagna e attaccando battaglia contro gli Israeliti.2In quel giorno effettivamente ogni uomo valido fra loro si pose in marcia. Il loro esercito si componeva di centosettantamila fanti e dodicimila cavalieri, senza contare gli addetti ai servizi e molti altri uomini che erano a piedi con loro, in numero ingente.3Essi si accamparono nella valle vicina a Betulia oltre la sorgente, allargandosi dalla zona sopra Dotain fino a Belbaim ed estendendosi da Betulia fino a Kiamon, che è di fronte a Esdrelon.4Gli Israeliti, quando videro la loro moltitudine, rimasero molto costernati e si dicevano l'un l'altro: "Ora costoro inghiottiranno tutta la terra, né i monti più alti, né le valli profonde, né i colli potranno resistere al loro peso".5Ognuno prese la sua armatura e, accesi i fuochi sulle torri, stettero in guardia tutta quella notte.6Il giorno seguente Oloferne fece uscire tutta la cavalleria contro il fronte degli Israeliti che erano in Betulia,7osservò le vie di accesso alla loro città, ispezionò le sorgenti d'acqua e le occupò e, dopo avervi posto attorno guarnigioni di uomini armati, fece ritorno tra la sua gente.8Allora gli si avvicinarono tutti gli Idumei e tutti i capi del popolo di Moab e gli strateghi della costa e gli dissero:9"Voglia ascoltare il signor nostro una parola, perché siano evitati inconvenienti nel tuo esercito.10Questo popolo non si affida alle sue lance, ma all'altezza dei monti, sui quali essi si sono appostati, e certo non è facile arrivare sulle creste dei loro monti.11Quindi, signore, non attaccare costoro come si usa nella battaglia campale e non cadrà un sol uomo del tuo esercito.12Rimani fermo nel tuo accampamento avendo buona cura di ogni uomo del tuo esercito: intanto i tuoi gregari vadano ad occupare la sorgente dell'acqua che sgorga alla radice del monte,13perché di là attingono tutti gli abitanti di Betulia; vedrai che la sete li farà morire e verranno alla resa della loro città. Noi e la nostra gente saliremo sulle vicine alture dei monti e ci apposteremo su di esse e staremo a guardia per non lasciare uscire dalla città alcun uomo.14Così cadranno sfiniti dalla fame essi, le loro donne, i loro figli e, prima che la spada arrivi su di loro, saranno stesi sulle piazze fra le loro case.15Avrai così reso loro un terribile contraccambio perché si sono ribellati e non hanno voluto venire incontro a te con intenzioni pacifiche".16Piacque questo discorso ad Oloferne e a tutti i suoi ministri e diede ordine che si facesse come avevano proposto.17Si mosse quindi il reparto dei Moabiti e cinquemila Assiri con loro, si accamparono nella valle e occuparono gli acquedotti e le sorgenti d'acqua degli Israeliti.18A loro volta gli Idumei e gli Ammoniti, con dodicimila Assiri, salirono e si appostarono sulla montagna di fronte a Dotain. Spinsero anche contingenti dei loro a meridione e a oriente di fronte a Egrebel, che si trova vicino a Chus, situata sul torrente Mochmur. Il rimanente esercito degli Assiri restò accampato nella pianura ricoprendo tutta l'estensione del terreno. Le tende e gli equipaggiamenti costituivano una massa imponente, perché essi erano in realtà una turba immensa.
19Allora gli Israeliti alzarono suppliche al Signore loro Dio, con l'animo in preda all'abbattimento, perché da ogni parte li avevano circondati i nemici e non c'era modo di passare in mezzo a loro.20Il campo degli Assiri al completo, fanti, carri e cavalli, rimase fermo tutt'attorno per trentaquattro giorni e venne a mancare a tutti gli abitanti di Betulia ogni riserva d'acqua.21Anche le cisterne erano vuote e non potevano più bere a sazietà un giorno solo, perché distribuivano da bere in quantità razionata.22Incominciarono i bambini a cadere sfiniti, le donne e i ragazzi venivano meno per la sete e cadevano nelle piazze della città e nei passaggi delle porte e ormai non rimaneva più in loro alcuna energia.23Allora tutto il popolo si radunò presso Ozia e i capi della città, con giovani, donne e fanciulli, e alzarono grida e dissero davanti a tutti gli anziani:24"Sia giudice il Signore tra voi e noi, perché voi ci avete recato un grave danno rifiutando di proporre la pace agli Assiri.25Ora non c'è più nessuno che ci possa aiutare, perché Dio ci ha venduti in balìa di costoro per essere abbattuti davanti a loro dalla sete e da terribili mali.26Ormai chiamateli e consegnate la città intera per il saccheggio al popolo di Oloferne e a tutto il suo esercito.27È meglio per noi esser loro preda; diventeremo certo loro schiavi, ma potremo vivere e non vedremo con i nostri occhi la morte dei nostri bambini, né le donne e i nostri figli esalare l'ultimo respiro.28Chiamiamo a testimonio contro di voi il cielo e la terra e il nostro Dio, il Signore dei nostri padri, che ci punisce per la nostra iniquità e per le colpe dei nostri padri, perché non ci lasci più in una situazione come questa in cui siamo oggi".29Successe allora un pianto generale in mezzo all'adunanza e gridarono suppliche a gran voce al Signore loro Dio.30Ozia rispose loro: "Coraggio, fratelli, resistiamo ancora cinque giorni e in questo tempo il Signore Dio nostro rivolgerà di nuovo la misericordia su di noi; non è possibile che egli ci abbandoni fino all'ultimo.31Ma se proprio passeranno questi giorni e non ci arriverà alcun aiuto, farò secondo le vostre richieste".32Così rimandò il popolo ciascuno al proprio posto ed essi tornarono sulle mura e sulle torri della città e rimandarono le donne e i figli alle loro case; ma tutti nella città erano in grande abbattimento.
Qoelet 10
1Una mosca morta guasta l'unguento del profumiere:
un po' di follia
può contare più della sapienza e dell'onore.
2La mente del sapiente si dirige a destra
e quella dello stolto a sinistra.
3Per qualunque via lo stolto cammini è privo di senno e di ognuno dice: "È un pazzo".
4Se l'ira d'un potente si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché la calma placa le offese anche gravi.
5C'è un male che io ho osservato sotto il sole: l'errore commesso da parte di un sovrano:6la follia vien collocata in posti elevati e gli abili siedono in basso.7Ho visto schiavi a cavallo e prìncipi camminare a piedi come schiavi.
8Chi scava una fossa ci casca dentro
e chi disfà un muro è morso da una serpe.
9Chi spacca le pietre si fa male
e chi taglia legna corre pericolo.
10Se il ferro è ottuso e non se ne affila il taglio, bisogna raddoppiare gli sforzi; la riuscita sta nell'uso della saggezza.11Se il serpente morde prima d'essere incantato, non c'è niente da fare per l'incantatore.
12Le parole della bocca del saggio procurano benevolenza,
ma le labbra dello stolto lo mandano in rovina:
13il principio del suo parlare è sciocchezza,
la fine del suo discorso pazzia funesta.
14L'insensato moltiplica le parole: "Non sa l'uomo quel che avverrà: chi gli manifesterà ciò che sarà dopo di lui?".
15La fatica dello stolto lo stanca;
poiché non sa neppure andare in città.
16Guai a te, o paese, che per re hai un ragazzo
e i cui prìncipi banchettano fin dal mattino!
17Felice te, o paese, che per re hai un uomo libero
e i cui prìncipi mangiano al tempo dovuto
per rinfrancarsi e non per gozzovigliare.
18Per negligenza il soffitto crolla
e per l'inerzia delle mani piove in casa.
19Per stare lieti si fanno banchetti
e il vino allieta la vita;
il denaro risponde a ogni esigenza.
20Non dir male del re neppure con il pensiero
e nella tua stanza da letto non dir male del potente,
perché un uccello del cielo trasporta la voce
e un alato riferisce la parola.
Salmi 3
1'Salmo di Davide quando fuggiva il figlio Assalonne'.
2Signore, quanti sono i miei oppressori!
Molti contro di me insorgono.
3Molti di me vanno dicendo:
"Neppure Dio lo salva!".
4Ma tu, Signore, sei mia difesa,
tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.
5Al Signore innalzo la mia voce
e mi risponde dal suo monte santo.
6Io mi corico e mi addormento,
mi sveglio perché il Signore mi sostiene.
7Non temo la moltitudine di genti
che contro di me si accampano.
8Sorgi, Signore,
salvami, Dio mio.
Hai colpito sulla guancia i miei nemici,
hai spezzato i denti ai peccatori.
9Del Signore è la salvezza:
sul tuo popolo la tua benedizione.
Amos 7
1Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: egli formava uno sciame di cavallette quando cominciava a germogliare la seconda erba, quella che spunta dopo la falciatura del re.2Quando quelle stavano per finire di divorare l'erba della regione, io dissi: "Signore Dio, perdona, come potrà resistere Giacobbe? È tanto piccolo".3Il Signore si impietosì: "Questo non avverrà", disse il Signore.
4Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: il Signore Dio chiamava per il castigo il fuoco che consumava il grande abisso e divorava la campagna.5Io dissi: "Signore Dio, desisti! Come potrà resistere Giacobbe? È tanto piccolo".6Il Signore se ne pentì: "Neanche questo avverrà", disse il Signore.
7Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: il Signore stava sopra un muro tirato a piombo e con un piombino in mano.8Il Signore mi disse: "Che cosa vedi, Amos?". Io risposi: "Un piombino". Il Signore mi disse: "Io pongo un piombino in mezzo al mio popolo, Israele; non gli perdonerò più.9Saranno demolite le alture d'Isacco e i santuari d'Israele saranno ridotti in rovine, quando io mi leverò con la spada contro la casa di Geroboàmo".
10Amasia, sacerdote di Betel, mandò a dire a Geroboàmo re di Israele: "Amos congiura contro di te in mezzo alla casa di Israele; il paese non può sopportare le sue parole,11poiché così dice Amos: Di spada morirà Geroboàmo e Israele sarà condotto in esilio lontano dal suo paese".12Amasia disse ad Amos: "Vattene, veggente, ritirati verso il paese di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare,13ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno".14Amos rispose ad Amasia:
"Non ero profeta, né figlio di profeta;
ero un pastore e raccoglitore di sicomori;
15Il Signore mi prese
di dietro al bestiame e il Signore mi disse:
Va', profetizza al mio popolo Israele.
16Ora ascolta la parola del Signore: Tu dici: Non profetizzare contro Israele, né predicare contro la casa di Isacco.17Ebbene, dice il Signore: Tua moglie si prostituirà nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà spartita con la corda, tu morirai in terra immonda e Israele sarà deportato in esilio lontano dalla sua terra".
Prima lettera di Giovanni 2
1Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto.2Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
3Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.4Chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;5ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui.6Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato.
7Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento antico è la parola che avete udito.8E tuttavia è un comandamento nuovo quello di cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende.9Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.10Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo.11Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
12Scrivo a voi, figlioli,
perché vi sono stati rimessi i peccati in virtù del suo nome.
13Scrivo a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Scrivo a voi, giovani,
perché avete vinto il maligno.
14Ho scritto a voi, figlioli,
perché avete conosciuto il Padre.
Ho scritto a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Ho scritto a voi, giovani,
perché siete forti,
e la parola di Dio dimora in voi
e avete vinto il maligno.
15Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui;16perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo.17E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!
18Figlioli, questa è l'ultima ora. Come avete udito che deve venire l'anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l'ultima ora.19Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri.20Ora voi avete l'unzione ricevuta dal Santo e tutti avete la scienza.21Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.22Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio.23Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.
24Quanto a voi, tutto ciò che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quel che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre.25E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna.
26Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di traviarvi.27E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna.
28E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo aver fiducia quando apparirà e non veniamo svergognati da lui alla sua venuta.29Se sapete che egli è giusto, sappiate anche che chiunque opera la giustizia, è nato da lui.
Capitolo LVIII: Non dobbiamo cercar di conoscere le superiori cose del cielo e gli occulti giudizi di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, guardati dal voler disputare delle cose del cielo e degli occulti giudizi di Dio: perché quello è così derelitto e quell'altro è portato a un così grande stato di grazia; ancora, perché quello viene tanto colpito e quell'altro viene tanto innalzato. Tutto ciò va al di là di ogni umana capacità; non v'è alcun ragionamento, non v'è alcuna disquisizione che valga a comprendere il giudizio di Dio. Quando, dunque, una spiegazione ti viene suggerita dal nemico, oppure certuni indiscreti la vanno cercando, rispondi con quel detto del profeta: "tu sei giusto, o Signore, e retto è il tuo giudizio" (Sal 118,137); o con quest'altro: "veri sono i giudizi di Dio, santi in se stessi" (Sal 18,10). Tu devi venerare i miei giudizi, non discuterli, perché essi sono incomprensibili per l'intelletto umano. Neppure devi indagare e discutere dei meriti dei beati: chi sia più santo o chi sia più grande nel regno dei cieli. Sono cose che danno luogo spesso a dispute e a contese inutili e fomentano la superbia e la vanagloria; onde nascono invidie e divisioni, giacché uno si sforza, presuntuosamente, di portare innanzi un santo, un altro, un altro santo. Ma sono cose che, a volerle conoscere ed indagare, non portano alcun frutto; cose che, invece sono sgradite ai beati, poiché "io non sono un Dio di discordia ma di pace" (1Cor 14,33). Una pace che consiste nella vera umiltà, più che nella esaltazione di sé.
2. Ci sono alcuni che, quasi per un geloso affetto, sono tratti verso questi o questi altri santi, con maggior sentimento: sentimento umano, però, piuttosto che divino. Sono io che ho fatto i santi tutti; sono io che ho elargito la grazia; sono io che ho accordato la gloria; sono io che, conoscendo i meriti di ciascuno, sono andato loro incontro benedicendoli nella mia bontà (Sal 20,4): io che li sapevo eletti, prima di tutti i secoli. "Sono stato io a sceglierli dal mondo, non loro a scegliere me" (Gv 15,16.19); sono stato io a chiamarli con la mia grazia, ad attirarli con la mia misericordia; sono stato io a condurli attraverso varie tentazioni, e ad infondere loro stupende consolazioni; sono stato io a dar loro la perseveranza e a premiare le loro sofferenze. Io conosco chi è primo tra di essi, e chi è ultimo; ma tutti li abbraccio in un amore che non ha misura. In tutti i miei santi, a me va data la lode; sopra ogni cosa, a me va data la benedizione; a me va dato l'onore per ciascuno di quelli che io ho fatto grandi, con tanta gloria, ed ho predestinati, senza che ne avessero dapprima alcun merito. Per questo chi disprezza il più piccolo dei miei santi, non onora neppure quello che sia grande, perché "fui io a fare e il piccolo e il grande" (Sap 6,8). E chi diminuisce uno qualunque dei santi, diminuisce anche me e tutti gli altri che sono nel regno dei cieli. Una cosa sola costituiscono tutti i beati, a causa del vincolo dell'amore; uno è il loro sentimento, uno il loro volere, e tutti unitamente si amano. Di più - cosa molto più eccelsa - amano me più che se stessi e più che i propri meriti. Giacché, innalzati sopra di sé e strappati dall'amore di sé, essi, nell'amore, si volgono totalmente verso di me; di me godono, in me trovano pace. Non c'è nulla che li possa distogliere o tirare al basso: colmi dell'eterna verità, ardono del fuoco di un inestinguibile amore. Smettano, dunque, gli uomini carnali e materiali, essi che sanno apprezzare soltanto il proprio personale piacere, di disquisire della condizione dei santi. Essi tolgono e accrescono secondo il loro capriccio, non secondo quanto è disposto dall'eterna verità. Molti non capiscono; soprattutto quelli che, per scarso lume interiore, a stento sanno amare qualcuno di perfetto amore spirituale. Molti, per naturale affetto e per umano sentimento , sono attratti verso questi o quei santi, e concepiscono il loro atteggiamento verso i santi del cielo come quello verso gli uomini di quaggiù; mentre c'è un divario incolmabile tra il modo di pensare della gente lontana dalla perfezione e le intuizioni raggiunte, per superiore rivelazione, da coloro che sono particolarmente illuminati.
3. Guardati dunque, o figlio, dall'occuparti avidamente di queste cose, che vanno al di là della possibile tua conoscenza; preoccupati e sforzati piuttosto di poterti trovare tu nel regno dei cieli, magari anche ultimo. Ché, pure se uno sapesse chi sia più santo di un altro o sia considerato più grande nel regno dei cieli, a che cosa ciò gli gioverebbe, se non ne traesse motivo di abbassarsi dinanzi a me, levandosi poi a lodare ancor più il mio nome? Compie cosa molto più gradita a Dio colui che pensa alla enormità dei suoi peccati, alla pochezza delle sue virtù e a quanto egli sia lontano dalla perfezione dei santi; molto più gradita di quella che fa colui che disputa intorno alla maggiore o minore grandezza dei santi. E' cosa migliore implorare i santi, con devote preghiere e supplicarli umilmente affinché, dalla loro gloria, ci diano aiuto; migliore che andare indagando, con inutile ricerca, il segreto della loro condizione. Essi sono paghi, e pienamente. Magari gli uomini riuscissero a limitarsi, frenando i loro vaniloqui. I santi non si vantano dei loro meriti; non ascrivono a sé nulla di ciò che è buono, tutto attribuendo a me; poiché sono stato io, nel mio amore infinito a donare ad essi ogni cosa. Di un così grande amore di Dio e di una gioia così strabocchevole i santi sono ricolmi; ché ad essi nulla manca di gloria, nulla può mancare di felicità. I santi, quanto più sono posti in alto nella gloria, tanto più sono umili in se stessi, e a me più cari. Per questo trovi scritto che "deponevano le loro corone dinanzi a Dio, cadendo faccia a terra dinanzi all'Agnello e adorando il Vivente nei secoli dei secoli" (Ap 4,10; 5,14).
4. Molti cercano di sapere chi sia il maggiore nel regno di Dio, e non sanno neppure se saranno degni di essere colà annoverati tra i più piccoli. Ed è gran cosa essere pure il più piccolo, in cielo, dove tutti sono grandi, perché "saranno detti - e lo saranno - figli di Dio" (Mt 5,9); "il più piccolo diventerà come mille" (Is 60,22); "il più misero morirà di cento anni" (Is 65,20). Quando infatti i discepoli andavano chiedendo chi sarebbe stato il maggiore nel regno dei cieli, si sentirono rispondere così: "se non vi sarete convertiti e non vi sarete fatti come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli; chi dunque si sarà fatto piccolo come questo fanciullo, questi è il più grande nel regno dei cieli" (Mt 18,3s). Guai a coloro che non vogliono accettare di buon grado di farsi piccoli come fanciulli: la piccola porta del regno dei cieli non permetterà loro di entrare. Guai anche ai ricchi, che hanno quaggiù le loro consolazioni; mentre i poveri entreranno nel regno di Dio, essi resteranno fuori, in lamenti. Godete, voi piccoli; esultate, voi "poveri, perché il regno di Dio è vostro" (Lc 6,20); a condizione però che voi camminiate nella verità.
LETTERA 162: Agostino occupatissimo (n. 1) risponde ad Evodio che la soluzione al quesito proposto nell'Ep. 160.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nel 414/15.
Agostino occupatissimo (n. 1) risponde ad Evodio che la soluzione al quesito proposto nell'Ep. 160 dev'essere cercata in altre opere da lui pubblicate (n. 2). Conferma l'opinione espressa nell'Ep. 159 riguardo all'anima sciolta dal corpo (n. 3) e visioni meravigliose (nn. 4-5). Infine spiega la frase biasimata da Evodio nell'ultima sua lettera: Se si cerca una ragione, non sarà meraviglioso etc. (nn. 6-9).
AGOSTINO E I CONFRATELLI SALUTANO NEL SIGNORE IL SIGNORE BEATISSIMO EVODIO, VENERABILE FRATELLO E SANTO COLLEGA DI VESCOVADO COI SUOI FRATELLI
Agostino tralascia un lavoro importante per rispondere.
1. Molte cose vuoi sapere da una persona molto occupata e, cosa più grave, credi che ti si debbano dettare in fretta e furia. Sono per giunta cose tanto difficili che, anche se dettate o scritte con la massima diligenza, si possono a mala pena far capire a persone della tua levatura. A ciò si aggiunge che si deve pensare che i miei scritti li leggerete non solo tu e altri come te, ma è fuori dubbio che anche persone d'ingegno meno acuto ed esercitato sono portate, con buona o cattiva intenzione, a conoscere la nostra lettera con tale trasporto che è impossibile sottrarla ad esse del tutto. Se pensi a questo, capisci, quanta precauzione deve usarsi nello scrivere, soprattutto quando le questioni sono tanto astruse che perfino i grandi ingegni vi si affaticano non poco. Se, allorché ho tra le mani un lavoro, devo interromperlo e differirlo per rispondere di preferenza a quesiti che sopraggiungono, che cosa accadrà se, proprio quando sto rispondendo a questi ultimi, ne giungono altri all'improvviso? Ti piacerebbe forse che, messi da parte anche questi, mi occupassi di quegli altri e così diventassero primi quelli che sorgono dopo e mi capitasse di portare a termine solo quelli ai quali mentre sto scrivendo non sopraggiunge un altro quesito? E' difficilissimo che mi succeda questo, ma credo che neppure a te piacerebbe. Non dovevo quindi interrompere altri lavori al - sopraggiungere dei tuoi quesiti, come non avrei dovuto interrompere i tuoi se nel frattempo me ne fossero piombati addosso degli altri. Eppure non mi si permette di serbare questa norma di giustizia, poiché per risponderti e ricordarti queste eventualità, ho interrotto il lavoro a cui attendevo e ho distolto la mia mente da una questione più seria, onde rivolgerla a questa tua lettera.
I quesiti di Evodio spiegati in altre opere di Agostino
2. Mi è stato facile darti per lettera una giustificazione - a mio giudizio valida - ma non è egualmente facile rispondere ai tuoi quesiti. Credo tuttavia che nelle opere che mi tengono ora oltremodo impegnato, non mancheranno dei passi, nei quali spiegherò - se Dio mi assisterà - gli argomenti dei tuoi quesiti. Molti di quelli, che ora mi hai proposti, sono stati risolti nei miei libri ancora non pubblicati Intorno alla Trinità e Intorno alla Genesi. Tuttavia se rileggerai ciò che conosci già da tempo o, se non sbaglio, conoscevi, poiché può darsi che tu l'abbia dimenticato, ciò che scrissi mentre tu conversavi e discutevi con. me Sulla grandezza dell'anima o Sul libero arbitrio, vi troverai argomenti per risolvere i tuoi dubbi anche senza il mio aiuto, purché, naturalmente, tu ti applichi con qualche sforzo di pensiero, in modo da trarre le conseguenze da quanto fu colà reso chiaramente e sicuramente intelligibile. Puoi consultare anche il libro Sulla vera religione. Se tu lo riprendessi in esame e lo studiassi attentamente, non penseresti mai ch'è la ragione a fondare l'esistenza di Dio, e non è nemmeno il ragionamento a far sì che Dio deve esistere, dal momento che nel computo dei, numeri, a cui ricorriamo di solito ogni giorno, quando diciamo: " Sette e tre devono essere dieci ", ci esprimiamo con poca riflessione poiché non " devono " essere, ma sono dieci. - Nei libri suaccennati credo d'aver sufficientemente parlato di quali cose sia detto in mode appropriato che debbono essere, tanto quelle che già lo siano quanto quelle che devono diventare. L'uomo per esempio dev'essere sapiente, se lo è già, per continuare ad esserlo; se non lo è ancora, per diventarlo. Dio, invece non. dev'essere sapiente, ma lo è realmente.
L'anima separata è senza alcun corpo.
3. Anche a proposito di ciò che t'ho scritto appena qualche tempo fa riguardo alle apparizioni, tu lo ritieni detto con precisione e acume, ma dici che ti ha irretito in difficoltà maggiori; ebbene, rileggilo più e più volte e consideralo più diligentemente, la tua attenzione non tiri via di sfuggita, ma vi si soffermi, e forse ti darà qualche possibilità di congetturare in che modo l'anima sia presente o assente. Essa è presente nelle visioni, durante i sogni, quando è lontana dai sensi del corpo e dall'atto del vedere ch'essa rende possibile agli occhi mentre veglia. Ma se questa assenza dell'anima, che avviene quando dormiamo, fosse accresciuta da qualche forza maggiore che sottraesse del tutto l'anima agli occhi, i quali sono per così dire la luce del corpo, sarebbe la morte. L'anima non si allontana dal senso della vista per. passare alle visioni nei sogni con alcun corpo, a meno di credere che le immagini, che si vedono nei sogni simili a corpi e così pure l'immagine di noi stessi, siano portate avanti e indietro e qua e là per mezzo di un corpo. Ma non credo che tale. sia la tua opinione. Allo stesso modo, se l'anima si stacca completamente e si separa dal corpo, come. succede nella morte, non bisogna credere che si porti via una sorta di corpo dal corpo ch'essa abbandona. Se infatti così fosse, certamente l'anima, anche quando dormiamo e si allontana dagli occhi, nella misura che li abbandona, dovrebbe portar via con sé gli occhi corporei, benché più sottili, cosa che però non fa. Tuttavia ne porta via con sé alcuni somigliantissimi ma incorporei coi quali vede, nei sogni, cose assai simili a oggetti corporei, ma che non sono affatto corpi.
Immagini simili a corpi le visioni.
4. Se qualcuno sostenesse che anche le cose viste in sogno, che sembrano simili a corpi, sono corporee, crederebbe di dire qualcosa di sensato, e uno così tardo di mente non si potrebbe facilmente convincere, poiché in simile errore cadono anche ingegni non mediocremente acuti, che considerano poco quanto è grande l'efficacia delle immagini dei corpi, le quali si formano nello spirito ma non sono affatto corpi. Ma quando costoro sono costretti a considerarle se avranno ben considerato e compreso che le visioni non sono corporee ma molto somiglianti a corpi, non sanno tuttavia spiegare subito per quali cause né come si producono né infine se sussistono nella propria natura o in altro soggetto, se si formino nell'anima come lettere d'inchiostro su una pergamena, dove esistono insieme le due sostanze, la pergamena cioè e l'inchiostro, o come un sigillo nella cera o come qualsiasi altra figura in cui la cera è il soggetto e la figura è nel soggetto, o se queste immagini si producano nel nostro spirito in entrambi i modi, ora in uno, ora in un altro.
Immagini nella memoria e apparizioni dallo esterno.
5. In realtà c'impressiona il fatto che non solo pensiamo a cose che sono lontane dai sensi del corpo e si trovano nella nostra memoria, o a quelle che noi stessi formiamo, disponiamo, aumentiamo, diminuiamo, variamo di sito, di figura, di movimento, a nostro piacere dando loro innumerevoli qualità e forme. Tali sono forse anche quelle che c'ingannano nel sonno, quando non sono per noi un avvertimento divino: sennonché quelle le produciamo di nostra volontà, mentre le seconde le subiamo senza volerlo. Ma non c'impressionano solo queste immagini, che qualcuno con ragione crede che si formino nell'anima come operazioni sue proprie, benché restino abbastanza occulte anche le cause per cui si presenti all'immaginazione un oggetto a preferenza d'un altro. Ancora più ci impressionano le parole del profeta: E mi disse l'angelo, che parlava in me 1. Non è credibile che la voce giungesse dal di fuori agli orecchi del Profeta, quando dice: L'angelo parlava in me, non " a me ". Erano forse parole interne dell'anima simili a quelle fisiche come quando fra noi in silenzio andiamo ripetendo molte cose a mente e per lo più anche cantando, sebbene la voce venisse emessa dall'angelo che gli andava suggerendo nel suo intimo? Nel Vangelo sta scritto ancora: Ecco l'angelo di Dio gli apparve in sogno dicendo 2. In qual modo il corpo d'un angelo sarà potuto apparire a Giuseppe che aveva gli occhi chiusi? (ad Abramo almeno gli angeli apparvero mentre era sveglio tanto ch'egli ne percepì il corpo toccandoli, quando lavò ad essi i piedi 3), oppure l'angelo apparve come spirito allo spirito di Giuseppe, che dormiva, sotto qualche aspetto somigliante al corpo, come noi stessi in sogno abbiamo l'impressione di muoverci sotto un dato aspetto anche attraversando dei luoghi in modo ben diverso da quello con cui si muovono le membra quando stanno distese nel letto.
Spiega: " Se si cerca la ragione ecc. " dell'Ep. 137.
6. Queste insomma sono cose meravigliose, in quanto hanno una ragione troppo occulta perché uno possa penetrarla e spiegarla ad altri. Le cause della meraviglia sono in realtà o il fatto che la ragione di una cosa è nascosta, oppure la cosa è fuori del normale per la sua singolarità o per la sua rarità. Nella lettera che tu accenni d'aver letta e nella quale rispondevo a coloro i quali rifiutano di credere che Cristo è nato dalla Vergine, rimasta sempre vergine prima e dopo il parto, proprio a motivo della ragione occulta di tale avvenimento misterioso io dicevo che: " se uno vuole indagarne la ragione, non sarà più un prodigio ". Dicevo così non perché il fatto non abbia la sua ragione, ma perché tale ragione sfugge a coloro per i quali Dio ha voluto che fosse prodigioso. Per l'altra causa, quella cioè della meraviglia, che deriva dal fatto che una cosa è insolita, sta scritto nel Vangelo che il Signore fu preso da ammirazione per la fede del centurione; di nulla infatti a Cristo poteva sfuggire la ragione, ma nel Vangelo si parla di ammirazione per indicare la lode data a quell'ufficiale, di cui non aveva trovato nessuno simile nel popolo Ebraico. Che cosa fosse quell'ammirazione è spiegato assai bene dalle stesse parole del Signore che disse: In verità vi dico che non ho trovato tanta fede in Israele 4.
Da che cosa nasce la meraviglia.
7. In quella mia lettera soggiungevo: " Se si pretende un esempio, non sarà una cosa singolare "; a te invece è parso di aver trovato, ma invano, gli esempi per così dire del verme, che nasce nel pomo, e del ragno, che trae dal suo corpo, per così dire vergine, il filo della tela che tesse. Si possono dire delle cose argute e approssimativamente verisimili, più o meno rispondenti alla realtà; ma Cristo è il solo che nacque dalla Vergine. Credo che ormai tu comprenda perché ho detto che questo fatto è senza esempio. Tutte le cose che Dio ha create, siano esse solite o insolite, hanno le loro cause e ragioni giuste e irreprensibili. Ma quando queste cause e ragioni sono occulte, ci meravigliamo degli effetti: quando invece sono palesi, diciamo ch'essi accadono secondo la logica e l'armonia delle cose, e che non deve stupire che sia accaduto quanto la ragione esigeva che accadesse, oppure, se ci meravigliamo, lo. facciamo per lodare l'eccellenza d'una cosa, non perché siamo stupiti come d'una cosa inopinata. Per questa specie di ammirazione fu lodato il Centurione. Non v'è quindi nulla di riprovevole nella frase, con cui dissi: " Se si vuol trovare una ragione, non sarà cosa meravigliosa", poiché c'è un'altra specie di ammirazione, quando è manifesta anche la ragione per chi ammira, come non v'è nulla di riprovevole nella frase con cui S. Giacomo disse: Dio non tenta nessuno 5, giacché c'è un'altra specie di tentazione, per cui la S. Scrittura dice egualmente bene: Il Signore vostro Dio vi tenta 6.
Come il Figlio vede il Padre.
8. Nessuno però pensi che si possa dire con ragione che il Padre è visto dal Figlio con gli occhi del corpo, e non piuttosto come il Figlio è visto dal Padre, perché coloro che pensano così, non riuscendo a darne ragione, potrebbero dire che qualora se ne potesse rendere ragione, non sarebbe più cosa meravigliosa, mentre io ho detto così, non perché non vi sia la ragione, ma perché ci è nascosta. Chi si accinge a confutare coloro che hanno una tale opinione, deve dimostrare che non c'è alcuna ragione di un fatto che, più che un prodigio è un errore. Come infatti non c'è nessuna ragione, per cui la natura di Dio possa morire, corrompersi o peccare, e allorché diciamo che Dio non può far questo, non ne diminuiamo il potere, ma ne lodiamo l'eternità e la verità: così, allorché diciamo che non può essere visto con gli occhi del corpo, la ragione non è occulta, ma chiara a chi ben comprende che Dio non è un corpo, né altra cosa può vedersi con gli occhi del corpo fuorché quanto si vede a una certa distanza nello spazio. Ora ciò è proprio solo di un corpo e della sostanza, la quale è più piccola in una parte che nella sua interezza. Avere di Dio un'idea simile dovrebbe essere considerata un'empietà, anche da chi non è capace ancora di capirlo.
Invisibile con occhi corporei Dio incorporeo.
9. Noi ignoriamo la ragione d'un'infinità di mutamenti e da ciò deriva il gran numero di cose visibili che ci paiono prodigiose. Ma ignoriamo forse per questo che esistono dei corpi? che noi abbiamo un corpo? che non esiste alcun corpuscolo, piccolo quanto si voglia, che non occupi uno spazio proporzionato alla sua estensione e non stia per intero nel posto che occupa, ma sia più piccolo in una delle sue parti che nell'intero? Dato che tutto questo non ci è nascosto, bisogna dedurne le conseguenze, ma ora sarebbe troppo lungo il farlo; da esse si può dedurre che la ragione non è occulta, ma che non v'è motivo alcuno che c'induca a credere o a capire che con gli occhi del corpo si possa vedere Dio, il quale è dovunque intero e non si diffonde negli spazi fisici come una massa corporea composta necessariamente di parti maggiori o minori. Su questo argomento direi di più se me lo fossi proposto nella presente lettera che, senza accorgermene, ho allungata parecchio, quasi dimenticandomi delle mie occupazioni. Può darsi che, contrariamente a quanto pensavo, io abbia soddisfatto il tuo desiderio in quanto tu, basandoti su queste mie brevi osservazioni, potrai riflettere su un maggior numero di cose analoghe; forse però non ho soddisfatto il desiderio di coloro nelle cui mani potrebbero venire non senza profitto queste mie riflessioni, se fossero discusse con più diligenza e ampiezza. Le persone provano fatica e difficoltà nell'apprendere; non riescono a capire un'esposizione concisa né amano leggerne una prolissa. Si affaticano parimenti nell'insegnare coloro che inculcano invano poche idee nei tardi di mente e molte nei pigri. Mandami anche la copia della lettera, che ho smarrita e non sono più riuscito a trovare.
1 - Zc 1, 9.
2 - Mt 1, 20.
3 - Gn 18, 4.
4 - Lc 7, 9.
5 - Gc 1, 13.
6 - Dt 13, 3.
5 - Alcune conversazioni di Maria santissima e di san Giuseppe.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca420. San Giuseppe dopo l'istruzione e il comando dell'Altissimo diede spazio alla divina Principessa nelle umili occupazioni; tutti e due ebbero occasione di offrire a Dio il grato sacrificio della loro volontà: Maria santissima esercitando sempre la più profonda umiltà ed obbedienza verso il suo sposo ed operando tutti gli atti di queste virtù con eroica perfezione, senza tralasciare nulla e san Giuseppe, d'altra parte, ubbidendo all'Altissimo con la prudente e santa umiliazione che gli veniva dal vedersi assistito e servito da colei che riconosceva per signora sua e di tutte le creature, e per Madre dello stesso Dio e creatore. In questo modo il prudente santo compensava l'umiltà, che non poteva esercitare, con altri atti servili ceduti alla sua sposa: questo l'umiliava ancora di più ed era per lui uno stimolo ad annientarsi nella stima di se stesso. E con tale timore contemplava Maria santissima, ed in lei il Signore che portava nel suo seno verginale, dove egli lo adorava tributandogli magnificenza e gloria. Alcune volte, come premio della sua santità e riverenza, gli si manifestava il bambino divino incarnato, in un modo straordinario; ed egli lo adorava nel seno della sua purissima Madre, come attraverso un cristallo tersissimo. La Regina trattava e conferiva ora più familiarmente con il glorioso santo intorno ai misteri dell'incarnazione, perché non temeva più di conversare con lui sulle cose divine, essendo egli già illuminato ed informato sui sublimi misteri dell'unione ipostatica delle due nature, divina ed umana, nel grembo verginale della sua sposa.
421. Quanto alle conversazioni ed ai ragionamenti celesti, che facevano Maria santissima ed il beato san Giuseppe, nessuna lingua umana è capace di esprimerli. Riferirò qualcosa nei capitoli seguenti, come sarò in grado di fare. Ma chi potrà dichiarare gli effetti che produceva nel dolcissimo e devoto cuore di questo santo, il vedersi non solo sposo di colei che era vera Madre del suo creatore, ma ancor più servito da lei, come se fosse stata un'umile serva, quando invece la stimava, in santità e dignità, superiore a tutti gli eccelsi serafini e solo a Dio inferiore? E se la divina destra arricchì con tante benedizioni la casa e la persona di Obed-Èdom, per aver ospitato alcuni mesi l'arca figurativa dell'antica alleanza', quali benedizioni non dovette dare a san Giuseppe, a cui aveva affidato la vera Arca e lo stesso legislatore che in lei stava racchiuso? Di certo fu incomparabile la sorte e la felicità di questo santo! E non solo perché nella sua casa teneva l'arca, viva e vera, della nuova alleanza, l'altare, il sacrificio e il tempio, giacché tutto gli fu consegnato; ma ancor più perché custodì tutto ciò degnamente come servo fedele e prudente. E venne preposto dallo stesso Signore sopra la sua famiglia, affinché avesse cura di tutto in tempo opportuno'. Tutte le nazioni e le generazioni dunque lo riconoscano e benedicano, e cantino le sue lodi; poiché l'Altissimo non operò con nessun altro popolo' ciò che fece con san Giuseppe. Io indegno e povero vermiciattolo alla luce di siffatti e grandi misteri, esalto e magnifico il Signore Iddio, riconoscendolo come santo, giusto, misericordioso, saggio ed ammirabile nella disposizione di tutte le sue straordinarie opere.
422. L'umile casa di Giuseppe era ripartita in tre stanze, nelle quali si svolgeva la vita ordinaria dei due sposi; e questo spazio era sufficiente per loro, perché non avevano servitori. In una stanza dormiva san Giuseppe; nell'altra egli lavorava e vi teneva gli strumenti del mestiere di falegname; e nella terza, dove c'era una predella fatta a mano da san Giuseppe, abitualmente s'intratteneva e dormiva la Regina del cielo. E da quando si sposarono e vennero ad abitare in questa casa, mantennero questo modo di vivere. Il santo sposo, prima di conoscere la dignità della sua sposa e signora, rarissime volte andava a visitarla perché, mentre ella se ne stava in ritiro, egli s'impegnava nei suoi lavori. E così non entrava nella sua stanza, se non perché mosso dalla necessità di chiederle consiglio. Dacché, però, fu informato della causa della sua felicità, cioè del mistero in lei nascosto, il santo uomo si mostrò più attento e sollecito verso di lei; e per sua consolazione si recò più spesso nella stanza della sovrana Signora per visitarla e sapere se avesse qualcosa da ordinargli. Ma lo faceva sempre con estrema umiltà e timore riverenziale; e prima di parlare spiava in silenzio se la divina Regina si trovasse affaccendata in qualche occupazione. Molte volte la vedeva in estasi, sollevata da terra, avvolta da una luce che emanava un grande splendore; altre volte la vedeva invece accompagnata dai suoi santi angeli e con loro intrattenuta in divini colloqui; ed altre volte ancora la trovava prostrata in terra a forma di croce, mentre discorreva col Signore. Di tutte queste grazie fu partecipe lo sposo Giuseppe. Quando però la celeste Signora si trovava in questo stato e in siffatte occupazioni, egli non ardiva fare altro che ammirarla con profonda riverenza; e aveva la gioia, talvolta, di sentire la soavissima armonia dei concerti celesti, che gli angeli facevano alla loro regina, e di percepire una fragranza dolcissima che lo confortava e lo riempiva di giubilo e di allegrezza spirituale.
423. Vivevano soli nella loro casa, perché come ho già riferito non tenevano alcun servo, e non solo per la loro profonda umiltà, ma anche perché sembrò loro conveniente così, affinché non vi fossero testimoni delle grandi e visibili meraviglie che succedevano fra di loro, né estranei potessero prendervi parte. E per questo la Principessa del cielo non usciva di casa, se non per l'urgentissima causa di servire Dio e beneficare il prossimo; giacché se altra cosa le era necessaria, vi accudiva quella fortunata donna, sua vicina che, come dissi sopra, servi san Giuseppe mentre Maria santissima dimorò nella casa di Zaccaria. E questa per tali servizi ricevette una ricompensa così grande che non solamente lei fu santa e perfetta, ma anche tutta la sua famiglia fu resa felice dalla protezione della Regina e signora del mondo. Inoltre, proprio perché vicina di casa, Maria santissima l'assistette e la curò nelle sue infermità; e infine colmò di celesti benedizioni lei e tutti i suoi familiari.
424. Mai san Giuseppe vide dormire la divina sposa, né seppe per esperienza se dormiva, benché il santo la supplicasse di riposarsi un po', soprattutto nel tempo della sua santa gravidanza. Il riposo della Principessa era sopra la predella, come ho già riferito, fatta a mano dallo stesso san Giuseppe; ed in essa ella teneva due coperte, con le quali s'avvolgeva per prendere un po' di santo sonno. La sua sottoveste era una tonaca o camicia di tela di bombace, più morbida del panno comune. Questa tonaca, però, mai se la cambiò, da quando uscì dal tempio, né questa si logorò, né si sporcò, né la vide alcuno, né san Giuseppe seppe se la portava. La veste esterna era di colore cenere, come ho riferito sopra; Maria santissima soleva qualche volta cambiarla insieme alle cuffie, non perché tali vesti fossero sporche, ma perché, essendo esposte agli occhi di tutti, conveniva evitare che la gente parlasse riguardo al vederla vestita sempre allo stesso modo. Nessuna cosa, infatti, di quelle che portava sopra il suo purissimo e verginale corpo si insudiciò o si macchiò, perché ella non sudava né lamentava altri disagi di cui soffrono i corpi dei figli di Adamo soggetti al peccato. Era in tutto purissima ed i lavori delle sue mani erano estremamente ordinati e puliti; con la stessa perfezione e pulizia si prendeva cura del vestiario di san Giuseppe e di tutto ciò che gli era necessario. Il suo cibo era poco e parco, e ogni giorno lo prendeva con lo stesso santo; non toccò mai carne, benché egli ne mangiasse ed ella gliela preparasse. Il suo pasto consisteva in frutta, pesce, ed ordinariamente pane ed erbe cotte; ma di tutto prendeva, con peso e misura, solamente quello, che richiedevano il sostentamento vitale ed il calore naturale, senza che avanzasse o si alterasse alcuna cosa. Lo stesso modo osservava nel bere, sebbene dagli atti fervorosi traspariva qualche ardore fuor del naturale. Quest'ordine nel cibo, quanto alla quantità, fu da lei sempre seguito; ma quanto alla qualità, per vari motivi che spiegherò in seguito, subì un cambiamento.
425. Maria purissima fu in tutto perfetta, senza che le mancasse alcuna grazia; possedeva con pienezza tutte le doti, sia naturali che soprannaturali. Ma mi mancano le parole per descrivere tale ricchezza, infatti mai mi soddisfano, constatando che non riescono ad esprimere ciò che conosco e, tanto più, ciò che un oggetto così sublime contiene in se stesso. Ho sempre timore della mia insufficienza e mi lamento dei limitati termini e delle scarse parole. Temo infatti di ardire, più di quanto non sia lecito, nel portare avanti ciò che eccede le mie forze; ma l'ubbidienza me lo fa fare, e - non so con qual soave violenza - anima la mia timidezza e mi impedisce di ritirarmi dall'impresa, come invece mi consiglierebbe l'attenta riflessione sulla grandezza dell'opera e la povertà del mio discorrere. Per l'ubbidienza opero e per essa mi vengono elargiti tanti beni: si farà innanzi per discolparmi.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
426. Figlia mia, nella scuola dell'umiltà ti voglio studiosa e diligente, come ti insegnerà tutto il corso della mia vita; questo deve essere il primo e l'ultimo dei tuoi pensieri, se vuoi prepararti ai dolci amplessi del Signore, ed assicurarti i suoi favori godendo dei tesori della luce nascosta ai superbi. Infatti senza la solida garanzia dell'umiltà non si possono affidare tali ricchezze a nessuna creatura. Tutte le tue preoccupazioni voglio che consistano nell'umiliarti sempre di più nel concetto e nella stima di te stessa. Pensa come agisci e agisci come pensi di te. Insegnamento e motivo di umiliazione deve essere per te e per tutte le anime, che tengono il Signore per Padre e sposo, il vedere che la presunzione e la superbia hanno più potere sopra i figli della sapienza mondana', che non l'umiltà e la vera conoscenza di sé sopra i figli della luce. Considera gli sforzi, la sollecitudine e la vigilanza infaticabile degli uomini alteri ed arroganti. Guarda quanto si danno da fare per valere nel mondo: le loro pretese mai soddisfatte, benché vane! Guarda come operano conforme a ciò che falsamente presumono di se stessi; come presumono ciò che non sono; e mentre non sono quelli che si credono, appunto perché non lo sono, operano come se lo fossero, per acquistare quei beni terreni di cui non sono meritevoli. Sarà dunque motivo di vergogna per gli eletti che l'inganno abbia più potere sopra i figli della perdizione di quanto la verità in essi; e che siano pochi di numero nel mondo coloro che vogliono gareggiare nel servizio di Dio, loro creatore, rispetto a quelli che servono la vanità: tutti sono i chiamati e pochi gli eletti.
427. Cerca dunque, figlia mia, di guadagnare questa scienza e con essa la palma sopra i figli delle tenebre; ed in opposizione alla loro superbia considera ciò che io feci per vincerla nel mondo con l'esercizio dell'umiltà. In questo il Signore ed io ti vogliamo molto saggia e dotta. Non perdere mai l'occasione di fare opere umili, né permettere che alcuno te lo impedisca; e se ti mancheranno le occasioni per umiliarti o non le avrai tanto frequenti, vanne in cerca e chiedi a Dio che te le conceda, perché sua Maestà gradisce e desidera vedere questa sollecitudine. E solamente per questo suo compiacimento dovresti essere in ciò molto attiva e sollecita, come figlia e sposa sua, poiché a tal fine anche l'ambizione umana t'insegnerà a non essere negligente. Considera infatti l'ansia che afferra una donna nella sua casa per aumentare e migliorare la sua roba, non perdendo alcuna occasione per guadagnarne altra: niente le pare molto e se perde qualcosa, pur piccola che sia, il suo cuore va dietro ad essa9. Se l'avidità mondana insegna tanto, non è giusto che la sapienza del cielo debba essere ritenuta più sterile, a causa della negligenza di chi la riceve. E così voglio che non si trovi in te trascuratezza né alcuna dimenticanza in questa cosa che tanto ti interessa; e che non perda occasione, in cui umiliarti e lavorare per la gloria del Signore: affinché quale figlia fedelissima e sposa trovi grazia agli occhi del Signore e ai miei, come il tuo cuore desidera.
26-16 Giugno 14, 1929 Conti con Gesù. L’anima banco della Divina Volontà. Ricordi indimenticabili. L’eden.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo seguendo il mio giro nel Fiat Supremo, e la mia piccola mente giunta nell’eden stava dicendo: “Maestà adorabile, vengo innanzi a te per portarti il mio tenue interesse del mio ti amo, ti adoro, ti glorifico, ti ringrazio, ti benedico, per darti il mio piccolo interesse ché mi hai dato un cielo, un sole, un’aria, un mare, una terra fiorita e tutto ciò che hai creato per me. Tu mi dicesti che ogni giorno vuoi fare i conti con me e ricevere questo mio tenue interesse per starci sempre d’accordo, e tenere al sicuro nel piccolo banco dell’anima mia tutta la Creazione datami da Te come piccola figlia del tuo Volere”. Ma mentre ciò facevo, il pensiero mi ha detto: “Ma come puoi tu soddisfare ad un’interesse sì grande? E poi, che gran che è un tuo ti amo, ti adoro, ti ringrazio?” Ma mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, questo fu un’accordo tra Me e te, che Io mettevo nel banco dell’anima tua la Creazione tutta, e tu dovresti darmi l’interesse di riempirla col tuo ti amo, ti adoro, ti ringrazio; e siccome ti vide impacciata di un capitale sì grande, e temendo volevi respingermi il gran dono, Io per incoraggiarti a riceverlo ti dissi: “Mi contento d’un tenue interesse, e faremo i conti tutti i giorni qui nell’eden, così staremo d’accordo e sempre in pace, e tu non starai in pensiero che il tuo Gesù ha messo nel banco tuo un capitale sì grande”. E poi, non sai tu il valore d’un ti amo nella mia Divina Volontà? Essa riempie il cielo, il sole, il mare, il vento, dovunque stende la sua Vita, onde come tu dici il tuo ti amo, ti adoro e tutto il resto che puoi dire, il mio Fiat stende il tuo ti amo nel cielo, ed il tuo ti amo si fa più esteso del cielo; il tuo ti adoro si stende nel sole, e si fa più largo e più lungo della sua luce; il tuo ti glorifico si stende nel vento, e gira per l’aria, per tutta la terra, ed i suoi gemiti, le ondate di vento, ora carezzevole e ora impetuose, dicono ti glorifico; il tuo ti ringrazio si stende nel mare e le gocce dell’acqua, ed i guizzi dei pesci dicono: ti ringrazio, ed Io veggo il cielo, le stelle, il sole, il mare, il vento, riempiti del tuo ti amo, delle tue adorazioni e simile e dico: “Come sono contento che tutto ho messo nel banco della piccola figlia del mio Volere, perché lei mi paga l’interesse da Me voluto, e siccome vive in Esso, mi dà un’interesse divino ed equivalente, perché il mio Fiat stende i suoi piccoli atti e li rende più estesi di tutta la Creazione”. Ed Io quando ti veggo venire nell’eden per darmi il tuo tenue interesse, ti guardo e veggo in te la mia Divina Volontà raddoppiata, una in te e l’altra in Me, mentre è una, e mi veggo pagare l’interesse dalla mia stessa Volontà, ed Io ne resto soddisfatto, ed oh! come sono contento nel vedere che il mio Fiat ha dato virtù alla creatura di farsi raddoppiare, per farla soddisfare al suo Creatore. Figlia mia, quante cose indimenticabili ci sono in questo eden: Qui il nostro Fiat creò l’uomo e sfoggiò tanto in amore, che a torrente si riversò sopra di lui, tanto che sentiamo ancora il dolce mormorio con cui ci riversavamo sopra di lui; qui cominciò la Vita del nostro Fiat nella creatura, ed il dolce e caro ricordo degli atti del primo uomo fatti in Esso, questi atti esistono tutt’ora nel nostro Volere e sono come pegni, che lui rinasca per riavere il regno del nostro Fiat; in quest’eden c’è il doloroso ricordo della caduta dell’uomo, l’uscita che fece dal nostro regno, sentiamo ancora i passi quando uscì dal nostro Fiat Divino, e siccome questo eden era stato dato a lui affinché vivesse in esso, perciò fummo costretti a metterlo fuori, ed avemmo il dolore di vedere l’opera a Noi più cara, senza regno suo, ramingo e dolorante, l’unico nostro sollievo furono i pegni degli atti suoi rimasti nel nostro Volere, questi chiamavano i diritti dell’umanità a rientrare da dove uscì. Ecco perciò ti aspetto nell’eden per ricevere il tuo tenue interesse, per rinnovare ciò che facemmo nella Creazione, e ricevere il ricambio d’un tanto amore, non compreso dalle creature, e per trovare un amoroso pretesto di dare il regno della nostra Divina Volontà. Perciò voglio che sia anche a te caro questo eden, affinché ci preghi, ci pressi che ritorni il principio della Creazione, la Vita del nostro Fiat, in mezzo all’umana famiglia”.