Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

La sera del giorno in cui l'immagine del Salvatore misericordioso era stata solennemente esposta all'Ostra Brama, vidi Gesù come è raffigurato sul quadro della sua misericordia trasvolare sopra la città  che era avvolta in molte reti, benedisse la città , e scomparve. Io mi vidi circondata da numerose figure dall'aspetto orribile e malvagio, brucianti d'odio verso la mia persona; dalle loro bocche uscivano insulti e minacce d'ogni sorta. Nessuna per altro mi toccò. Allora mi feci coraggio e chiesi loro: «Da dove venite in così grande numero?». Quelle forme maledette mi risposero: «Dai cuori degli uomini! Non ci torturare con altre tue domande!». O Gesù, sono pronta ad affaticarmi ed a soffrire per tutta la mia vita in cambio di quell'istante all'Ostra Brama, dove potei mirare la tua gloria e la salvezza ricevuta dalle anime. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 22° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 4

1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.

46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.


Esodo 30

1Farai poi un altare sul quale bruciare l'incenso: lo farai di legno di acacia.2Avrà un cubito di lunghezza e un cubito di larghezza, sarà cioè quadrato; avrà due cubiti di altezza e i suoi corni saranno tutti di un pezzo.3Rivestirai d'oro puro il suo piano, i suoi lati, i suoi corni e gli farai intorno un bordo d'oro.4Farai anche due anelli d'oro al di sotto del bordo, sui due fianchi, ponendoli cioè sui due lati opposti: serviranno per inserire le stanghe destinate a trasportarlo.5Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro.6Porrai l'altare davanti al velo che nasconde l'arca della Testimonianza, di fronte al coperchio che è sopra la Testimonianza, dove io ti darò convegno.7Aronne brucerà su di esso l'incenso aromatico: lo brucerà ogni mattina quando riordinerà le lampade8e lo brucerà anche al tramonto, quando Aronne riempirà le lampade: incenso perenne davanti al Signore per le vostre generazioni.9Non vi offrirete sopra incenso estraneo, né olocausto, né oblazione; né vi verserete libazione.10Una volta all'anno Aronne farà il rito espiatorio sui corni di esso: con il sangue del sacrificio per il peccato vi farà sopra una volta all'anno il rito espiatorio per le vostre generazioni. È cosa santissima per il Signore".
11Il Signore parlò a Mosè e gli disse:12"Quando per il censimento farai la rassegna degli Israeliti, ciascuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita all'atto del censimento, perché non li colpisca un flagello in occasione del loro censimento.13Chiunque verrà sottoposto al censimento, pagherà un mezzo siclo, computato secondo il siclo del santuario, il siclo di venti 'ghera'. Questo mezzo siclo sarà un'offerta prelevata in onore del Signore.14Ogni persona sottoposta al censimento, dai venti anni in su, paghi l'offerta prelevata per il Signore.15Il ricco non darà di più e il povero non darà di meno di mezzo siclo, per soddisfare all'offerta prelevata per il Signore, a riscatto delle vostre vite.16Prenderai il denaro di questo riscatto ricevuto dagli Israeliti e lo impiegherai per il servizio della tenda del convegno. Esso sarà per gli Israeliti come un memoriale davanti al Signore per il riscatto delle vostre vite".
17Il Signore parlò a Mosè:18"Farai una conca di rame con il piedestallo di rame, per le abluzioni; la collocherai tra la tenda del convegno e l'altare e vi metterai acqua.19Aronne e i suoi figli vi attingeranno per lavarsi le mani e i piedi.20Quando entreranno nella tenda del convegno, faranno una abluzione con l'acqua, perché non muoiano; così quando si avvicineranno all'altare per officiare, per bruciare un'offerta da consumare con il fuoco in onore del Signore,21si laveranno le mani e i piedi e non moriranno. È una prescrizione rituale perenne per lui e per i suoi discendenti, in tutte le loro generazioni".
22Il Signore parlò a Mosè:23"Procùrati balsami pregiati: mirra vergine per il peso di cinquecento sicli, cinnamòmo odorifero, la metà, cioè duecentocinquanta sicli, canna odorifera, duecentocinquanta,24cassia, cinquecento sicli, secondo il siclo del santuario, e un 'hin' d'olio d'oliva.25Ne farai l'olio per l'unzione sacra, un unguento composto secondo l'arte del profumiere: sarà l'olio per l'unzione sacra.26Con esso ungerai la tenda del convegno, l'arca della Testimonianza,27la tavola e tutti i suoi accessori, il candelabro con i suoi accessori, l'altare del profumo,28l'altare degli olocausti e tutti i suoi accessori; la conca e il suo piedestallo.29Consacrerai queste cose, le quali diventeranno santissime: quanto le toccherà sarà santo.
30Ungerai anche Aronne e i suoi figli e li consacrerai perché esercitino il mio sacerdozio.31Agli Israeliti dirai: Questo sarà per voi l'olio dell'unzione sacra per le vostre generazioni.32Non si dovrà versare sul corpo di nessun uomo e di simile a questo non ne dovrete fare: è una cosa santa e santa la dovrete ritenere.33Chi ne farà di simile a questo o ne porrà sopra un uomo estraneo sarà eliminato dal suo popolo".
34Il Signore disse a Mosè: "Procùrati balsami: storàce, ònice, galbano come balsami e incenso puro: il tutto in parti uguali.35Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l'arte del profumiere, salata, pura e santa.36Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno, dove io ti darò convegno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta.37Non farete per vostro uso alcun profumo di composizione simile a quello che devi fare: lo riterrai una cosa santa in onore del Signore.38Chi ne farà di simile per sentirne il profumo sarà eliminato dal suo popolo".


Siracide 16

1Non desiderare una moltitudine di figli buoni a nulla,
non gioire per figli empi.
2Se aumentano di numero non gioire,
se sono privi del timore del Signore.
3Non confidare su una loro vita lunga
e non fondarti sul loro numero,
poiché è preferibile uno a mille
e morir senza figli che averne degli empi.
4La città potrà ripopolarsi per opera di un solo
assennato,
mentre la stirpe degli iniqui sarà distrutta.
5Il mio occhio ha visto molte simili cose;
il mio orecchio ne ha sentite ancora più gravi.
6Nell'assemblea dei peccatori un fuoco si accende,
contro un popolo ribelle è divampata l'ira.
7Dio non perdonò agli antichi giganti,
che si erano ribellati per la loro forza.
8Non risparmiò i concittadini di Lot,
che egli aveva in orrore per la loro superbia.
9Non ebbe pietà di nazioni di perdizione,
che si erano esaltate per i loro peccati.
10Così trattò i seicentomila uomini
che sono periti per l'ostinazione del loro cuore.
11Ci fosse un solo uomo di dura cervice,
sarebbe strano se restasse impunito,
12poiché misericordia e ira sono in Dio,
potente quando perdona e quando riversa l'ira.
13Tanto grande la sua misericordia,
quanto grande la sua severità;
egli giudicherà l'uomo secondo le sue opere.
14Non sfuggirà il peccatore con la sua rapina,
ma neppure la pazienza del pio sarà delusa.
15Egli farà posto a tutta la sua generosità;
ciascuno sarà trattato secondo le sue opere.

16Non dire: "Mi terrò celato al Signore!
Chi penserà a me lassù?
17Non sarò riconosciuto fra un popolo numeroso,
chi sarò io in mezzo a una creazione senza numero?".
18Ecco il cielo e il cielo dei cieli,
l'abisso e la terra sussultano quando egli appare.
19Anche i monti e le fondamenta della terra
si scuotono di spavento quando egli li guarda.
20Ma nessuno riflette su queste cose;
al suo modo di agire chi ci bada?
21Anche la bufera che nessuno contempla,
e la maggior parte delle sue opere, sono nel mistero.
22"Chi a Dio annunzierà le opere di giustizia?
Ovvero chi le attende? L'alleanza infatti è lontana".
23Tali cose pensa chi ha il cuore perverso;
lo stolto, appunto errando, pensa sciocchezze.

24Ascoltami, figlio, e impara la scienza;
e sii attento nel tuo cuore alle mie parole.
25Manifesterò con esattezza la mia dottrina;
con cura annunzierò la scienza.
26Nella creazione del Signore le sue opere sono fin
dal principio,
e dalla loro origine ne separò le parti.
27Egli ordinò per l'eternità le sue opere,
ne stabilì l'attività per le generazioni future.
Non hanno fame né si stancano,
eppure non interrompono il loro lavoro.
28Nessuna di loro urta la sua vicina,
mai disubbidiranno ad un suo comando.
29Dopo ciò il Signore riguardò sulla terra
e la riempì dei suoi doni.
30Ne ricoprì la superficie con ogni genere di viventi
e ad essa faranno ritorno.


Salmi 8

1'Al maestro di coro. Sul canto: "I Torchi...". Salmo. Di Davide.'

2O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
3Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

4Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
5che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?

6Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
7gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
8tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
9Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.

10O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.


Geremia 16

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Non prendere moglie, non aver figli né figlie in questo luogo,3perché dice il Signore riguardo ai figli e alle figlie che nascono in questo luogo e riguardo alle madri che li partoriscono e ai padri che li generano in questo paese:4Moriranno di malattie strazianti, non saranno rimpianti né sepolti, ma saranno come letame sulla terra. Periranno di spada e di fame; i loro cadaveri saranno pasto degli uccelli dell'aria e delle bestie della terra".5Poiché così dice il Signore: "Non entrare in una casa dove si fa un banchetto funebre, non piangere con loro né commiserarli, perché io ho ritirato da questo popolo la mia pace - dice il Signore - la mia benevolenza e la mia compassione.
6Moriranno in questo paese grandi e piccoli; non saranno sepolti né si farà lamento per essi; nessuno si farà incisioni né si taglierà i capelli.7Non si spezzerà il pane all'afflitto per consolarlo del morto e non gli si darà da bere il calice della consolazione per suo padre e per sua madre.8Non entrare nemmeno in una casa dove si banchetta per sederti a mangiare e a bere con loro,9poiché così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, sotto i vostri occhi e nei vostri giorni farò cessare da questo luogo le voci di gioia e di allegria, la voce dello sposo e della sposa.
10Quando annunzierai a questo popolo tutte queste cose, ti diranno: Perché il Signore ha decretato contro di noi questa sventura così grande? Quali iniquità e quali peccati abbiamo commesso contro il Signore nostro Dio?11Tu allora risponderai loro: Perché i vostri padri mi abbandonarono - parola del Signore - seguirono altri dèi, li servirono e li adorarono, mentre abbandonarono me e non osservarono la mia legge.12Voi però avete agito peggio dei vostri padri; ognuno di voi, infatti, segue la caparbietà del suo cuore malvagio rifiutandosi di ascoltarmi.13Perciò vi scaccerò da questo paese verso un paese che né voi né i vostri padri avete conosciuto e là servirete divinità straniere giorno e notte, poiché io non vi userò più misericordia.

14Pertanto, ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali non si dirà più: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto;15ma piuttosto si dirà: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi. E io li ricondurrò nel loro paese che avevo concesso ai loro padri.

16Ecco, io invierò numerosi pescatori - dice il Signore - che li pescheranno; quindi invierò numerosi cacciatori che daranno loro la caccia su ogni monte, su ogni colle e nelle fessure delle rocce;17poiché i miei occhi osservano le loro vie che non possono restar nascoste dinanzi a me, né si può occultare la loro iniquità davanti ai miei occhi.18Innanzi tutto ripagherò due volte la loro iniquità e il loro peccato, perché hanno profanato il mio paese con i cadaveri dei loro idoli e hanno riempito la mia eredità con i loro abomini".

19Signore, mia forza e mia difesa,
mio rifugio nel giorno della tribolazione,
a te verranno i popoli
dalle estremità della terra e diranno:
"I nostri padri ereditarono soltanto menzogna,
vanità che non giovano a nulla".
20Può forse l'uomo fabbricarsi dèi?
Ma questi non sono dèi!
21Perciò, ecco io mostrerò loro,
rivolgerò loro questa volta
la mia mano e la mia forza.
Essi sapranno che il mio nome è Signore.


Prima lettera ai Corinzi 5

1Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre.2E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione!3Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione:4nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù,5questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.
6Non è una bella cosa il vostro vanto. Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta?7Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!8Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.
9Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi.10Non mi riferivo però agli impudichi di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolàtri: altrimenti dovreste uscire dal mondo!11Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme.12Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate?13Quelli di fuori li giudicherà Dio. 'Togliete il malvagio di mezzo a voi'!


Capitolo XLIX: Il desiderio della vita eterna. I grandi beni promessi a quelli che lottano

Leggilo nella Biblioteca

1. Figlio, quando senti, infuso dall'alto, un desiderio di eterna beatitudine; quando aspiri ad uscire dalla povera dimora del tuo corpo, per poter contemplare il mio splendore, senza ombra di mutamento, allarga il tuo cuore e accogli con grande sollecitudine questa santa ispirazione. Rendi grazie senza fine alla superna bontà, che si mostra tanto benigna con te, venendo indulgente presso di te; ti risolleva con ardore e ti innalza con forza, cosicché, con la tua pesantezza, tu non abbia a inclinare verso le tue cose terrene. Tutto ciò, infatti, non lo devi ad una tua iniziativa o ad un tuo sforzo, ma soltanto al favore della grazia di Dio, che dall'alto guarda a te. Ti sarà dato così di progredire nelle virtù, in una sempre più grande umiltà, preparandoti alle lotte future attaccato a me con tutto lo slancio del tuo cuore e intento a servirmi con volonteroso fervore.

2. Figlio, il fuoco arde facilmente, ma senza fumo la fiamma non ascende. Così certuni ardono dal desiderio delle cose celesti, ma non sono liberi dalla tentazione di restare attaccati alle cose terrene; e perciò, quello che pur avevano chiesto a Dio con tanto desiderio, non lo compiono esclusivamente per la gloria di Dio. Tale è sovente il tuo desiderio, giacché vi hai immesso un fermento così poco confacente: non è puro e perfetto, infatti, quello che è inquinato dal comodo proprio. Non chiedere ciò che ti piace e ti è utile, ma piuttosto ciò che è gradito a me e mi rende gloria. A ben vedere, al tuo desiderio e ad ogni cosa desiderata devi preferire il mio comando, e seguirlo. Conosco la tua brama, ho ascoltato i frequenti tuoi gemiti: già vorresti essere nella libertà gloriosa dei figlio di Dio; già ti alletta la dimora eterna, la patria del cielo, pienamente felice. Ma un tale momento non è ancora venuto; questo è tuttora un momento diverso: il momento della lotta, della fatica e della prova. Tu brami di essere ricolmo del sommo bene, ma questo non lo puoi ottenere adesso. Sono io "aspettami, dice il Signore" (Sof 3,8), finché venga il regno di Dio. Devi essere ancora provato qui in terra, e travagliato in vario modo. Qualche consolazione ti sarà data talvolta; ma non ti sarà concessa una piena sazietà. "Confortati, pertanto e sii gagliardo" (Gs 1,7), nell'agire e nel sopportare ciò che va contro la natura. Occorre che tu ti rivesta dell'uomo nuovo; che tu ti trasformi in un altro uomo. Occorre, ben spesso, che tu faccia quello che non vorresti e che tu tralasci quello che vorresti. Avrà successo quanto è voluto da altri, e quanto vuoi tu non andrà innanzi. Sarà ascoltato quanto dicono gli altri, e quanto dici tu sarà preso per un nulla. Altri chiederanno, e riceveranno; tu chiederai, e non otterrai. Altri saranno grandi al cospetto degli uomini; sul tuo conto, silenzio. Ad altri sarà affidata questa o quella faccenda; tu, invece, non sarai ritenuto utile a nulla. Da ciò la natura uscirà talvolta contristata; e già sarà molto se sopporterai in silenzio.

3. In questi, e in consimili vari modi, il servo fedele del Signore viene si solito sottoposto a prova, come sappia rinnegare e vincere del tutto se stesso. Altro, forse, non c'è, in cui tu debba essere così morto a te stesso, fuor che constatare ciò che contrasta con la tua volontà, e doverlo sopportare; specialmente allorché ti viene imposto di fare cosa che non ti sembra opportuna o utile. Non osando opporre resistenza a un potere superiore, tu, che sei sottoposto, trovi duro camminare al comando di altri, e lasciar cadere ogni tua volontà. Ma se consideri, o figlio, quale sia il frutto di queste sofferenze, cioè il rapido venire della fine e il premio, allora non troverai più alcun peso in tali sofferenze, ma un validissimo conforto al tuo soffrire. Giacché, invece di quella scarsa volontà che ora, da te, non sai coltivare, godrai per sempre nei cieli la pienezza della tua volontà. Nei cieli, invero, troverai tutto ciò che vorrai, tutto ciò che potrai desiderare; nei cieli godrai integralmente di ciò che è bene e non temerai che esso ti venga a mancare. Nei cieli il tuo volere, a me sempre unito, a nulla aspirerà che venga di fuori, a nulla che sia tuo proprio. Nei cieli nessuno ti farà resistenza, nessuno si lamenterà di te, nessuno ti sarà di ostacolo e nulla si porrà contro di te; ma tutti i desideri saranno insieme realizzati e ristoreranno pienamente il tuo animo, appagandolo del tutto. Nei cieli, per ogni oltraggio patito, io darò gloria; per la tristezza, un premio di lode; per l'ultimo posto, una dimora nel regno, nei secoli. Nei cieli si vedrà il frutto dell'obbedienza; avrà gioia il travaglio della penitenza; sarà coronata di gloria l'umile soggezione. Ora, dunque, devi chinarti umilmente sotto il potere di ognuno, senza preoccuparti di sapere chi sia colui che ti ha detto o comandato alcunché; bada sommamente - sia un superiore, o uno più giovane di te o uno pari a te, a chiederti o ad importi qualcosa - di accettare tutto come giusto, facendo in modo di eseguirlo con buona volontà. Altri vada cercando questo, altri quello; che uno si glori in una cosa, e un altro sia lodato mille volte per un'altra: quanto a te, invece, non in questa o in quest'altra cosa devi trovare la tua gioia, ma nel disprezzare te stesso, nel piacere soltanto a me e nel darmi gloria. E' questo che devi desiderare, che in te sia glorificato sempre Iddio, "per la vita e per la morte" (Fil 1,20).


LETTERA 32: Paolino scrive a Romaniano, gli esprime la gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa

Lettere - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

Scritta dopo la precedente.

Paolino scrive a Romaniano, facoltoso concittadino e benefattore di Agostino (che ne parla con riconoscenza in C. Ac. 2, 2, 3 s.), gli esprime la gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa (n. 1) congratulandosi con la chiesa d'Ippona per aver meritato Agostino come vescovo coadiutore (n. 2). Esorta poi Licenzio, figlio di Romaniano (n. 3) a disprezzare il fasto della corte e a dedicarsi a Dio per consolare in tal modo il suo maestro, Agostino (n. 4-5). Acclude un carme, in cui esprime i suoi ammonimenti ed esortazioni al giovanetto.

PAOLINO E TERASIA ALLO STIMATISSIMO SIGNORE E RAGGUARDEVOLISSIMO FRATELLO ROMANIANO

Gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa.

1. Il giorno precedente che spedissimo la presente, son tornati dall'Africa i nostri fratelli, che aspettavamo con l'impazienza che hai potuto capire tu stesso, carissimo tra i servi di Dio e le persone più care. Per loro mezzo abbiamo ricevuto lettere di Aurelio, Alipio, Agostino, Profuturo e Severo, tutti ormai diventati vescovi. Felici quindi di aver ricevuto notizie così fresche di tanti e sì qualificati servi di Dio, ci siamo affrettati a farti partecipe della nostra contentezza, per condividere con te, per mezzo delle presenti consolanti notizie, la nostra gioia derivante dalla conclusione di quel viaggio che ci ha tenuti in ansia. Se per caso sei venuto a sapere le stesse notizie circa i nostri venerabili e amatissimi amici per l'arrivo di altre navi, accoglile confermate anche da noi, e di nuovo esulta, per così dire, di gioia rinnovata. Se invece saremo noi i primi a darti questa notizia, rallègrati che nella tua patria ci siamo procurato, per grazia di Cristo, tanto affetto per cui siamo i primi o tra i primi a sapere quanto ivi compie la Divina provvidenza, sempre mirabile - come sta scritto - nei suoi santi 1.

Agostino elevato a Vescovo Coadiutore d'Ippona.

2. Non vi scriviamo però soltanto per rallegrarci che Agostino abbia ricevuto l'episcopato, ma che le Chiese d'Africa abbiano meritato questa prova di sollecitudine da parte di Dio, di sentire cioè le parole del cielo per bocca di Agostino : questi, elevato in modo insolito a un più alto ufficio della religione cristiana, è stato consacrato non per essere il sostituto del vescovo nella cattedra, ma per essergli d'aiuto; in realtà, essendo ancora vivente il vescovo Valerio, Agostino è solo vescovo coadiutore della Chiesa d'Ippona. Così quel santo vecchio, la cui purissima coscienza non fu mai offuscata d'alcuna macchia d'invidia o di gelosia, riceve ora dall'Altissimo frutti degni dei suoi sentimenti pacifici, meritando cioè d'avere ora per collega colui che desiderava semplicemente per suo successore. Si sarebbe mai potuto credere una simile cosa prima che avvenisse? Ma anche a proposito di quest'opera dell'Onnipotente può ripetersi quel detto del Vangelo: Ciò è difficile per gli uomini, a Dio invece tutto è possibile 2. Esultiamo perciò e rallegriamoci in Lui, che solo sa compiere meraviglie 3 e fa vivere nella sua casa coloro che hanno uno stesso spirito 4; poiché rivolse il suo sguardo sulla nostra miseria 5 e visitò con benefici il suo popolo 6; egli, che suscitò un potente Salvatore nella casa del suo servo David 7, ha ora suscitato un potente strumento della Chiesa in mezzo ai suoi eletti, per abbattere, come promette per mezzo del Profeta, la potenza dei peccatori 8, cioè dei Donatisti e dei Manichei.

Sollecitudine per il giovanetto Licenzio.

3. Volesse il cielo che la tromba del Signore che risuona per mezzo di Agostino, arrivi a percuotere l'udito del nostro figliuolo Licenzio, che però dovrebbe udire con l'orecchio interiore per cui entra Cristo, dal quale il nemico non può rapire il seme di Dio 9. Allora sì che ad Agostino potrà sembrare d'essere veramente sommo pontefice di Cristo, perché allora si reputerebbe esaudito dall'Altissimo, se potesse cioè generarlo al Cristo qual figlio degno di sé, come lo generò degno di te nelle discipline letterarie. Da non molto - credilo - ci ha scritto una lettera bruciante di ansia per lui. Noi confidiamo in Cristo onnipotente che sui desideri carnali del nostro giovanetto prevalgano i desideri spirituali di Agostino. Sarà vinto anche suo malgrado; sarà vinto, credimi, dalla fede del suo tenerissimo padre, perché non riporti una cattiva vittoria, qualora preferisse vincere con suo danno piuttosto che lasciarsi vincere per la propria salvezza. E perché il dovere della fraterna gentilezza non sembrasse una parola priva di contenuto, mandiamo a te e al nostro figliuolo Licenzio cinque gallette dei soldati cristiani, con la cui tenuta da combattimento lottiamo per fare ogni giorno rifornimento di temperanza. Non abbiamo infatti potuto escludere dalla nostra benedizione il tuo figliuolo, che desideriamo sia a noi intimamente congiunto per la medesima grazia. Vogliamo però rivolgere brevi parole anche a lui, perché non abbia a dire che non è indirizzato a lui quanto ti abbiamo scritto di lui. Parliamo ad Eschino, perché intenda Micione. Ma perché usare parole d'altri, quando possiamo esprimere ogni cosa con parole nostre e quando usare un linguaggio non proprio suole essere segno di mente non sana? Grazie a Dio la nostra è sana, poiché abbiamo per capo Cristo. Facciamo voti che tu viva in Cristo sano ancora per moltissimi anni e sempre felice con tutta la tua casa, onoratissimo e desideratissimo signore e fratello.

Esortazione a Licenzio.

4. Ascolta dunque, o figlio, la legge di tuo padre, ossia la fede di Agostino: non respingere i consigli di tua madre 10; termine questo che il tenero amore di Agostino può ben rivendicare ugualmente a giusto titolo nei tuoi riguardi. Ti ha portato, egli, ancor piccino nel suo seno, ti ha nutrito col latte della sapienza terrena fin dalla prima fanciullezza, e adesso brama ardentemente di allattarti e allevarti per il Signore col latte spirituale. Poiché, per quanto tu sia già adulto fisicamente, egli ti vede vagire ancora nella culla della vita spirituale, ancora balbettare la parola di Dio, tentare a stento i primi passi nella via di Cristo trascinando il piede incerto, anche se ti sostiene la dottrina di Agostino come la mano d'una madre guida un bimbo incapace di reggersi in piedi e una nutrice lo porta nelle sue braccia. Se tu lo ascolterai e lo seguirai, riceverai, o figlio, una corona di grazie sul tuo capo 11 per usare ancora una espressione di Salomone con cui vorrei attrarti. Tu sarai allora veramente un console e un pontefice, non sognato dalla fantasia ma plasmato dalla verità in persona, cioè da Cristo, il quale realizzerà in te, coi sicuri effetti della sua azione, i vani sogni d'una falsa immaginazione. Sicuro: sarai davvero pontefice e console, o Licenzio, se camminerai sulle orme profetiche e osserverai gl'insegnamenti apostolici di Agostino, come il beato Eliseo fece col beato Elia 12 e il giovane Timoteo con l'illustre Apostolo 13; se non ti staccherai mai dal suo fianco sulla via del Signore, per meritare, mediante la pura e retta intenzione, di diventar sacerdote e di procurare ai popoli la salvezza col magistero della parola.

Paolino esorta Licenzio a seguire Cristo.

5. Ma basta con gli avvertimenti e le esortazioni; poche parole e poca fatica son sufficienti a mio avviso, caro Licenzio, per spronarti a seguire Cristo, infiammato come fosti fin da ragazzo dallo spirito e dalle esortazioni del venerabile Agostino all'amore della verità e della sapienza (l'una e l'altra sono in realtà Cristo) e al sommo di tutti i beni. S'egli poté esercitare sì scarsa influenza su di te, qual risultato potrei conseguire io, che sono di tanto a lui inferiore e tanto meno dotato delle sue risorse spirituali? Ma poiché, convinto come sono della efficacia della sua parola e della bontà del tuo carattere, io voglio sperare che a tuo favore sia stato fatto più e meglio di quanto sia da fare, ho osato parlare aspirando a un doppio merito: ad esser cioè paragonato con la dovuta carità a quel grand'uomo nella sollecitudine che sente verso di te e ad esser annoverato, almeno con questo mio attestato d'affetto, tra coloro che hanno a cuore la tua salvezza. So bene d'altronde che la palma di portare a termine la tua perfezione è destinata soprattutto ad Agostino. Temo, o figlio, d'aver offeso le tue orecchie col rude e temerario mio parlare e, attraverso le orecchie, d'aver ferito anche il tuo animo con l'annoiarti. M'è venuta però in mente la tua lettera indirizzata ad Agostino, dalla quale ho conosciuto la tua familiarità coi ritmi poetici; anch'io provai attrazione per essi quando ero anch'io nella tua età. Ecco quindi che, nel ricordarmi della tua lettera, ho trovato nell'armonia dei versi il rimedio più adatto per placare il dolore che per caso avessi potuto arrecare alla tua anima e insieme richiamarti al Signore, creatore di qualsiasi specie di armonia. Porgi l'orecchio a quanto ti dico, te ne prego, e non disprezzare l'affare della tua salvezza attraverso le mie parole; per quanto esse possano essere disprezzabili, accogliere come prova del mio amorevole desiderio e della paterna mia sollecitudine. Esse sono rese degne di rispetto dal fatto che v'è inserito il nome di Cristo, tanto superiore a qualsiasi altro nome 14, che a nessun fedele è lecito disprezzarlo.

CARME DI PAOLINO A LICENZIO

Orsù, dunque, rompi gli indugi 1 e spezza le dure catene del mondo: non temere il mite giogo del benigno Signore.

Le cose di quaggiù son belle, è vero, ma ammaliano soltanto gli spiriti frivoli: l'animo del saggio invece non rimane a bocca aperta davanti ad esse.

Adesso Roma, capace d'abbattere anche i forti, quale cattiva consigliera ti seduce, ahimé, con le varie sue bellezze. Ma di fronte a tutte le attrattive dell'Urbe ti venga in mente ognora, o figlio, l'immagine paterna di Agostino.

Avendo lui presente al tuo sguardo e nel tuo cuore, potrai essere sicuro fra tanti pericoli della fragile vita. Non cesserò tuttavia di ripeterti più volte ed ammonirti 2 di fuggire gli aspri scogli della carriera militare.

Una gloriosa carriera è bensì affascinante, ma è pure prezzo di una dura schiavitù e la sua fine è piena di afflizione: a chi adesso piace raggiungerla, tosto dispiace averla desiderata.

È bello ascendere alle più alte cariche, ma si teme sempre di doverne discendere. Se metterai il piede in fallo, più funesta sarà la caduta dalle più alte vette.

Adesso ti piacciono i falsi beni, adesso l'ambizione ti trascina con tutti i suoi soffi seducenti e ti porta nel suo grembo, fragile come il vetro, la vuota fama; ma una volta che il cinturone che non si cinge senza pericolo ti avrà circondato di grande affanno e una vana fatica ti avrà infiacchito, allora sarà troppo tardi e inutile accusare le vane speranze, allora vorrai spezzare le catene che ora ti prepari.

Allora ti ricorderai, ma invano, e ti affliggerai di aver disprezzato i veridici ammonimenti d'Agostino, tuo padre.

Perciò, se sei saggio e buono, o figliolo, ascolta e accogli le parole di due padri e il consiglio di due vecchi.

Perché sottrai l'orgoglioso collo al giogo di Cristo? Il mio peso è leggero, soave è il mio giogo 3, dice la voce della bontà divina; affidati a Dio, imponi sul tuo capo il giogo, porgi la bocca al così delicato freno 4 e abbassando le spalle sottomettile a un peso così leggero.

Adesso lo puoi ancora fare, mentre sei ancora libero e non ti trattiene alcun legame né alcuna preoccupazione di matrimonio, né alcuna alta carica.

La vera e bella libertà è quella di servire Cristo e in Lui essere superiore a tutti: non è soggetto ai padroni né alle passioni degli uomini, non ai superbi tiranni solo chi si consacra a Cristo Signore.

E non credere che sia libera la nobiltà che ora vedi altera essere portata in lettiga tra lo stupore dei Romani, mentre vedi che essa si dà l'aria di essere tanto libera, che disdegna di piegare il collo a Dio. Degni d'essere compianti da molti mortali son proprio i nobili 5, essendo schiavi pure di schiavi e comprano domestiche, perché facciano le padrone.

Coloro che hanno sperimentato con amarezza la prepotenza degli eunuchi e le pene dei grandi palazzi, sanno bene quanto sudore e quanto danno alla dignità rechi lì il mantello militare, qui una carica pubblica.

Neppure chi è diventato potente e si è guadagnato con denaro d'essere più alto su tutti gli altri, arriva allo scopo di non servire ad alcuno. Anche se si comporterà da padrone per tutta l'Urbe, se adora gli idoli è schiavo dei demoni. E tuttavia, ahimé, proprio per servire a costoro tu, o Licenzio, rimani nell'Urbe e disprezzi il regno di Cristo per piacere ad essi? E tu li chiami tuoi padroni e li saluti curvando la fronte mentre vedi che sono schiavi d'un pezzo di legno o di pietra?

Sotto il nome di Dio essi adorano l'argento e l'oro; la loro religione è l'oggetto amato dalla passione della cupidigia.

Auguro la disgrazia di amare costoro a chi non ama Agostino, di non adorare Cristo a chi piace adorare costoro.

Ecco perché Dio in persona afferma che non si può servire a due padroni 6, poiché a Dio piace una sola disposizione d'animo; non v'è che una sola fede, un unico Dio 7, un unico Cristo, Figlio del [l'unico] Padre, e [perciò] non può essere diviso con altri il culto dovuto all'unico Signore.

Quanto infatti è distante il cielo dalla terra, altrettanto lo è il regno e il dominio di Cristo da quello di Cesare.

Distàccati dunque dalla terra adesso, finché il soffio vitale anima queste membra 8, elèvati con l'animo fino al cielo; il peso della carne non potrà essere d'ostacolo.

Muori fin d'ora alle azioni carnali e pensa seriamente con animo sgombro da passioni ai beni del cielo.

Sei persona spirituale, quantunque trattenuto dai legami del corpo, se adesso vincerai e soffocherai le azioni carnali con religiosa disposizione di spirito.

Se tu, caro figliuolo, accoglierai queste esortazioni che t'ho scritto con fiducioso amore, sarai accolto da Dio. Fa' conto che parlandoti così, io ti parli pure per bocca di Agostino; accogli, animati dal medesimo affetto per te, due padri; se ci respingerai, sarai strappato con maggior dolore da due persone; se invece ci ascolterai, sarai dolce vincolo d'affetto per l'uno e per l'altro. Per il tuo bene due padri sopportano volentieri ansie e fatiche e sarà per te grande onore far contente due anime. Ma quando mi metto accanto ad Agostino, non è per vanto d'essere a lui uguale, bensì m'associo a lui solo per l'amore che ti porto.

Poiché, qual ristoro mai potrei versarti irrorandoti con le gocce del povero rigagnolo che sono io? Oltre a me, tu sei bagnato da due veri fiumi di sapienza: da Alipio cioè, ch'è tuo congiunto, e da Agostino, ch'è il tuo maestro; unito a te con vincoli di sangue il primo, padre del tuo ingegno il secondo.Puoi contare sul valido aiuto di un parente e di un maestro così qualificati, o Licenzio, ed esiti, sostenuto dalle loro ali, ad innalzarti al cielo?

Qualunque cosa tu faccia (poiché neppure il mondo speri d'averti amico) non sarai sacrificato alla terra, o anima consacrata a Cristo.

Sebbene ora tu pensi alle nozze e alle alte cariche, un giorno sarai restituito al tuo Signore.

Son convinto che due persone vinceranno un sol peccatore e le preghiere di due fratelli sperderanno al vento le tue aspirazioni.

Torna dunque sulla strada, sulla quale t'invitano a tornare il padre dell'anima tua con la parola e il tuo congiunto col vincolo di parentela, entrambi vescovi.

Essi desiderano ricondurti ai tuoi beni, poiché tu ora agogni a beni indegni di te. Questi sono i beni contenuti nei tuoi possessi, questi sì che son degni di te. Torna a questi e brama sol questi, non perdere tempo nel desiderar i beni altrui. Se rifiuterai i tuoi beni, chi ti darà gli altrui? In tal modo non sarai più padrone di te stesso e, come se fossi bandito in lidi lontani, vivrai esule, ahimé, dagli affetti del tuo cuore!

Questi versi indirizzati con ansia paterna al figliuolo, bastino a farti comprendere che quanto auguro o temo per te, lo auguro e lo temo per me stesso. Se accoglierai questo scritto ti apporterà un giorno la vita; se invece lo rifiuterai, sarà un testimonio d'accusa. Cristo mi conceda, carissimo figliuolo, di vederti incolume e ti renda suo servo per sempre. Vivi, ti prego, ma vivi per Iddio; poiché vivere per il mondo è una fatica che dà la morte; vita vera invece è vivere per Iddio.

 

1 - Sal 67, 36.

2 - Lc 18, 27; Mt 19, 26; Mc 10, 27.

3 - Sal 71, 18.

4 - Sal 67, 7.

5 - Dt 26, 7; Lc 7, 16.

6 - Lc 1, 68.

7 - Lc 1, 69.

8 - Sal 74, 11.

9 - Mt 13, 4 19; Mc 4, 4 15; Lc 8, 5 12.

10 - Prv 1, 8.

11 - Prv 4, 9.

12 - 2 Re 2, 1 s.

13 - At 16, 1-3.

14 - Fil 2, 9.

Carmen elegiacum Paulini ad Licentium

1 - VERG., Aen. 4, 569; Georg. 4, 412.

2 - VERG., Aen. 3, 436,

3 - Mt 11, 30.

4 - VERG., Georg. 3, 188.

5 - HOR., Carm. 1, 24, 9.

6 - Mt 6, 24; Lc 16, 13.

7 - Ef 4, 5 s.

8 - VERG., Aen 4, 336.


17 - Il saluto della Regina del cielo a santa Elisabetta e la santificazione di Giovanni.

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

215. Compiuto il sesto mese della gravidanza di santa Elisabetta, il futuro precursore di Cristo nostro bene se ne stava nel suo grembo, quando la madre santissima Maria arrivò alla casa di Zaccaria. Il corpo del bambino Giovanni era più perfetto di quello degli altri, sia per il miracolo intervenuto nel suo concepimento da madre sterile, sia perché veniva destinato a ricevere la santità più grande tra i figli di donna, che Dio gli teneva preparata. Tuttavia, la sua anima era ancora immersa nelle tenebre del peccato che aveva contratto in Adamo, come gli altri figli di questo primo e comune padre del genere umano. E non potendo i mortali, per legge comune a tutti, ricevere la luce della grazia prima di uscire a quella materiale del sole, dopo il primo peccato che si contrae con la natura, il grembo materno viene a servire come da carcere di tutti noi che fummo rei nel nostro padre e capo Adamo. Cristo Signore nostro volle graziare il suo grande profeta e precursore con il grande beneficio di anticipargli la luce della grazia e la giustificazione sei mesi dopo che santa Elisabetta l'ebbe concepito, affinché la sua santità fosse privilegiata come doveva esserlo la missione di precursore e di battista.

216. Dopo il primo saluto di Maria a santa Elisabetta, le due cugine si ritirarono insieme in disparte, come ho già detto. Subito la Madre della grazia salutò di nuovo la sua parente e le disse: «Dio ti salvi, mia carissima cugina; la sua divina luce ti comunichi grazia e vita». A queste parole di Maria santissima, santa Elisabetta fu piena di Spirito Santo e tanto illuminata nel suo intimo che in un momento conobbe altissimi misteri. Quésti effetti, come anche quelli che nel medesimo tempo sentì il bambino Giovanni nel grembo di sua madre, derivarono dalla presenza del Verbo incarnato nel talamo di Maria. Da qui, servendosi della voce di lei come strumento, cominciò a fare uso della potestà che il Padre eterno gli aveva dato per salvare e giustificare le anime come loro redentore. Siccome, poi, se ne serviva come uomo, stando nel grembo verginale quel corpicino concepito da otto giorni si mise - cosa mirabile! - in posizione umile per pregare il Padre. Chiese la giustificazione del suo futuro precursore e la ottenne dalla santissima Trinità.

217. San Giovanni nel grembo materno fu la terza persona per cui il nostro Redentore pregò in particolare, stando in Maria santissima. Sua madre fu la prima per la quale egli ringraziò, supplicò e pregò il Padre; come sposo di lei, san Giuseppe fu il secondo nelle preghiere del Verbo incarnato; il precursore Giovanni, poi, fu il terzo ad entrare nelle domande particolari per persone determinate, nominate dal Signore. Tanta fu la felicità e tali i privilegi di san Giovanni! Cristo Signore nostro presentò all'eterno Padre i meriti e la passione e morte che veniva a patire per gli uomini ed in virtù di questo domandò la santificazione di quell'anima; scelse il bambino, il quale doveva nascere santo, come suo precursore, perché rendesse testimonianza della sua venuta nel mondo e preparasse i cuori del suo popolo a conoscerlo e riceverlo. Chiese, quindi, che per un compito così sublime si concedessero a tale persona eletta le grazie, i doni ed i favori adeguati; il Padre concesse tutto ciò che il suo Unigenito incarnato domandò.

218. Questo avvenne prima del saluto di Maria santissima. Quando l'umile Signora pronunciò le parole riferite, Dio guardò con benevolenza il bambino nel grembo di santa Elisabetta e gli concesse il perfetto uso della ragione, illuminandolo con aiuti speciali della luce divina, affinché con quelli si preparasse conoscendo il bene che gli veniva fatto. Giovanni fu purificato dal peccato originale, costituito figlio adottivo del Signore e riempito dallo Spirito Santo con abbondantissima grazia e con pienezza di doni e virtù; inoltre, le sue facoltà furono santificate e rese soggette alla ragione. Si adempiva così ciò che l'angelo san Gabriele aveva detto a Zaccaria, cioè che suo figlio sarebbe stato pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre. Il fortunato bambino vide il Verbo incarnato, servendogli quasi da vetrata le pareti dell'utero e da cristallo purissimo il talamo del grembo verginale di Maria santissima; qui adorò, in ginocchio, il suo redentore e creatore. Questo fu il movimento ed il giubilo che sua madre santa Elisabetta riconobbe e senti nel suo bambino e nel suo grembo. Giovanni fece molti altri atti nel ricevere questo beneficio, esercitando le virtù di fede, speranza, carità, culto divino, gratitudine, umiltà, devozione e tutte le altre che lì poteva operare. Da quell'istante cominciò ad acquistare meriti e a crescere nella santità, senza mai perderla né cessare di operare con tutto il vigore della grazia.

219. Santa Elisabetta conobbe nel medesimo tempo il mistero dell'incarnazione, la sanrificazione di suo figlio ed il fine e i misteri di questa nuova meraviglia, nonché la purezza verginale e la dignità di Maria santissima. In questa occasione la santissima Regina, stando tutta assorta nella visione di questi misteri e di Dio che li operava nel suo Figlio santissimo, restò tutta divinizzatà e piena della luce e dello splendore delle doti di cui partecipava. Santa Elisabetta la vide con questa maestà e come attraverso un vetro purissimo contemplò il Verbo incarnato nel talamo verginale, come in una lettiga di cristallo infiammato. Di tutti questi ammirabili effetti fu strumento efficace la voce di Maria santissima, tanto forte e potente quanto dolce all'udito dell'Altissimo. Tutta questa virtù era come partecipata da quella che ebbero le onnipotenti parole Avvenga di me quello che hai detto, con le quali attirò il Verbo eterno dal seno del Padre alla sua mente ed al suo grembo.

220. Meravigliata di quello che sentiva e scopriva in misteri così divini, santa Elisabetta fu mossa tutta da giubilo dello Spirito Santo e, guardando la Regina del mondo e ciò che in lei scorgeva, ad alta voce proruppe in quelle parole che riferisce san Luca: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto ègiunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore. In queste parole profetiche santa Elisabetta riassunse la grandezza di Maria santissima, conoscendo con la divina luce quanto in lei il potere divino aveva operato ed attualmente operava e anche ciò che doveva succedere in futuro. Intese tutto ciò anche il bambino Giovanni nel grembo di lei, da dove sentiva le parole di sua madre, la quale, illuminata in occasione della santificazione di lui, magnificò Maria santissima come strumento della loro felicità in nome suo e del figlio, che ancora non poteva lodarla e benediila con la propria bocca.

221. Alle parole con cui santa Elisabetta magnificò la nostra grande Regina, la maestra della sapienza e dell'umiltà rispose riferendole tutte al loro Autore e con voce molto dolce intonò il cantico del Magnificat, che san Luca riferisce. Disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili: ha ncolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre ».

222. Come santa Elisabetta fu la prima che udì questo dolce cantico dalla bocca di Maria santissima, così pure fu la prima che lo comprese e lo commentò. Vi intese grandi misteri tra quelli racchiusi in così poche parole. Con esse lo spirito di Maria santissima magnificò il Signore per l'eccellenza del suo essere infinito, riferi e diede a lui tutta la gloria e la lode, come a principio e fine di tutte le sue opere, conoscendo e proclamando che solo in Dio si deve gloriare e rallegrare ogni creatura, poiché egli solo è tutto il suo bene e la sua salvezza. Celebrò anche l'equità e la magnificenza dell'Altissimo nel guardare agli umili e porre in essi con abbondanza il suo divino amore ed il suo spirito. Confessò, inoltre, quanto sia cosa degna che i mortali vedano, conoscano e ponderino come, per mezzo di questa umiltà, ella conseguì che tutte le nàzioni la chiamassero beata e come con essa meriteranno la medesima fortuna anche tutti gli altri umili, ciascuno nel suo grado. Lodò ancora il nome santo e ammirabile dell'Onnipotente e tutte le misericordie e grazie che le aveva concesso, chiamandole cose grandi, perché nessuna fu piccola in una capacità e disposizione tanto immensa quanto quella di questa grande Regina e signora.

223. Siccome le miseric6rdie dell'Altissimo dalla pienezza di Maria santissima ridondarono a tutto il genere umano ed ella fu la porta del cielo attraverso la quale tutti salirono e salgono e attraverso la quale noi tutti dobbiamo accedere alla partecipazione della Divinità, ella confessò che la misericordia del Signore con lei si sarebbe estesa a tutte le generazioni, comunicandosi a quelli che lo temono. Come le misericordie infinite di Dio innalzano gli uomini e cercano quelli che lo temono, così al contrario il potente braccio della sua giustizia disperde i superbi nei pensieri del loro cuore e li rovescia dai loro troni per collocare su di essi i poveri e gli umili. Questa giustizia del Signore diede le prime prove di se stessa con meraviglia e gloria in Lucifero, capo dei superbi, e nei suoi seguaci, quando il braccio onnipotente dell'Altissimo li allontanò e gettò fuori, perché essi stessi si precipitarono, da quel sublime posto nella natura e nella grazia che avevano nella volontà originaria della mente divina e del suo amore, con il quale vuole che tutti siano salvi. In verità, ciò che li fece precipitare fu il vaneggiamento con il quale pretesero di salire dove non potevano né dovevano; con questa arroganza urtarono contro i giusti ed imperscrutabili giudizi del Signore, che così allontanarono e fecero cadere il superbo angelo e tutti quelli del suo seguito. Al loro posto furono collocati gli umili per mezzo di Maria santissima, madre ed archivio delle antiche misericordie.

224. Per questa medesima ragione, la clementissima Signora afferma anche che Dio arricchì i poveri ricolmandoli dell'abbondanza dei suoi tesori di grazia e gloria. Quanto a coloro che sono ricchi di stima di sé, di presunzione e di arroganza e quanto a quelli che riempiono il loro cuore dei falsi beni che il mondo ritiene ricchezza e felicità, invece, l'Altissimo cacciò e caccia tutti costoro lontano da sé, lasciandoli privi della verità, la quale non può entrare in cuori tanto occupati e pieni di menzogna e falsità. Accolse il suo servo e figlio Israele, ricordandosi della sua misericordia, per insegnargli dov'è la prudenza, dov'è la forza, dov'è l'intelligenza, dov'è la longevità e la vita, dov'è la luce degli occhi e la pace. A lui insegnò il cammino della prudenza e gli occulti sentieri della sapienza e della disciplina, che si nascose ai capi delle nazioni e non fu conosciuta dai potenti che dominano le belve che sono sulla terra, si divertono e giocano con gli uccelli del cielo ed ammassano tesori d'argento e d'oro. E non giunsero a trovarla i figli di Agar e gli abitanti di Teman, che sono i superbi sapienti e prudenti di questo mondo. Ma l'Altissimo l'affida a quelli che sono figli della luce e di Abramo per mezzo della fede, della speranza e dell'ubbidienza, perché così promise a lui ed alla sua posterità e generazione spirituale, per il benedetto e fortunato frutto del grembo verginale di Maria santissima.

225. Santa Elisabetta all'udire la Regina' delle creature penetrò questi arcani misteri e ne intese anche molti altri maggiori ai quali non arriva il mio intelletto; non solo questi che io posso manifestare. Non mi voglio dilungare su tutto quello che mi è stato rivelato, perché estenderei troppo questo discorso. Le dolci conversazioni divine di queste due signore sante e prudenti, Maria santissima e sua cugina Elisabetta, mi rammentano i due serafini che Isaia vide davanti al trono dell'Altissimo, i quali proclamavano l'uno all'altro quel cantico divino e sempre nuovo Santo, santo, santo..., mentre con due ali si coprivano il capo, con due i piedi e con le altre due volavano. È chiaro che l'ardente amore di queste donne superava tutti i serafini; e Maria purissima da sola amava più di tutti loro. Bruciavano in questo incendio divino, stendendo le ali dei loro cuori per manifestarli l'una all'altra e per volare alla più sublime penetrazione dei misteri dell'Altissimo. Con altre due ali di rara sapienza coprivano il proprio capo, perché tutte e due proposero e concertarono di mantenere il segreto del re, custodendolo per tutta la vita, ed anche perché sottomisero e ridussero in servitù la propria ragione, credendo con docilità, senza alterigia né curiosità. Coprirono similmente i piedi del Signore ed i propri con ali di serafini, stando umiliate ed annientate nella bassa stima di se stesse alla vista di tanta maestà. E se Maria santissima racchiudeva nel suo grembo verginale il Dio della maestà, con ragione e con tutta verità diremo che copriva il trono dove il Signore aveva la sua sede.

226. Quando fu ora che le due signore uscissero dal loro ritiro, santa Elisabetta offrì alla Regina del cielo la sua persona come schiava e tutta la sua famiglia e la sua casa per il suo servizio; chiese, poi, che per sua quiete e per potersi raccogliere accettasse una cameretta che usava ella stessa per l'orazione, come più appartata ed adatta a tale scopo. La divina Principessa con umile riconoscenza accettò quella stanza e la scelse per suo ritiro e per dormirvi; così, nessuno vi entrava tranne le due cugine. Nel resto del tempo si offrì per assistere santa Elisabetta come serva; per questo, infatti, come le disse, era venuta a visitarla e consolarla. Oh, che dolce amicizia fu mai quella e quanto sincera ed inseparabile, essendo unita con il più grande vincolo dell'amore divino! Vedo che il Signore fu ammirabile nel manifestare questo grande mistero della sua incarnazione a tre donne prima che ad alcun altro del genere umano: la prima fu sant'Anna, come ho detto a suo luogo; la seconda fu sua figlia, cioè la madre del Verbo, Maria santissima; la terza fu santa Elisabetta e suo figlio con lei, però nel grembo di sua madre, per cui egli non si reputa come un'altra persona a cui sia stato manifestato. La ragione di questo fu che la stoltezza di Dio è più saggia degli uomini, come disse san Paolo.

227. Maria santissima ed Elisabetta uscirono dal loro ritiro quando già era cominciata la notte, essendovisi trattenute a lungo. La Regina vide Zaccaria che se ne stava nel suo mutismo, gli domandò la sua benedizione ed il santo gliela diede. Sebbene lo guardasse con compassione e tenerezza vedendolo muto e conoscesse il mistero che era racchiuso in quella sofferenza, per il momento non si mosse a porvi rimedio; ma pregò per lui. Santa Elisabetta, la quale già conosceva la buona sorte del castissimo sposo Giuseppe - benché egli ne fosse ancora ignaro - lo onorò e festeggiò con grande stima e riverenza. Egli, però, dopo che ebbe dimorato per tre giorni nella casa di Zaccaria, chiese alla sua umilissima sposa licenza di fare ritorno a Nazaret, lasciandola in compagnia di santa Elisabetta perché l'assistesse nella sua gravidanza. Il santo sposo prese congedo rimanendo d'accordo che sarebbe ritornato a prendere la nostra Regina quando ella gliene avesse mandato avviso. Santa Elisabetta gli offrì alcuni doni da portare a casa sua. Egli di tutto accettò molto poco, e questo poco per l'insistenza di lei, essendo uomo di Dio e non solo amante della povertà, ma anche di cuore magnanimo e generoso. Tornò, quindi, a Nazaret con l'animale che aveva portato con sé. Li lo servi, in assenza della sua sposa, una vicina, sua parente, la quale, anche quando si trovava in casa Maria santissima signora nostra, soleva prestare la sua opera portando ciò che le veniva chiesto.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

228. Figlia mia, affinché nel tuo cuore si accenda maggiormente la fiamma del tuo costante desiderio di conseguire la grazia e l'amicizia di Dio, voglio che tu conosca la dignità, l'eccellenza e la felicità grande di un'anima, quando giunge a ricevere questa bellezza. È, però, tanto ammirabile e preziosa che non la potrai comprendere, sebbene io te la manifesti; molto meno, poi, è possibile che tu la spieghi con le tue parole. Fissa lo sguardo nel Signore e contemplalo con la luce divina che ricevi; in essa conoscerai come è più gloriosa opera per il Signore giustificare un'anima sola che avere creato il cielo e la terra, con tutta la loro perfezione naturale. Se le creature, per mezzo di queste meraviglie che percepiscono in molta parte per mezzo dei sensi, conoscono che Dio è grande ed on nipotente, che cosa direbbero mai e che cosa penserebbero se vedessero con gli occhi dell'anima quanto vale e quanto conta la bellezza della grazia in tante creature capaci di riceverla?

229. Non ci sono parole adeguate per quello che è in se stessa quella partecipazione del Signore e delle sue perfezioni, che la grazia santificante contiene; è poco chiamarla più pura e bianca della neve, più risplendente del sole, più preziosa dell'oro e delle gemme, più cara, amabile e piacevole di tutti i regali e le carezze più dilettevoli, perché è più bella di tutto quanto può immaginare il desiderio delle creature. Considera similmente la bruttezza del peccato, per giungere ad una maggiore conoscenza della grazia alla vista del suo contrario, poiché né le tenebre, né la corruzione, né ciò che c'è di più orribile, spaventoso e ripugnante arriva a potersi comparare con il peccato e con il suo cattivo odore. Molto conobbero di questo i martiri ed i santi, i quali, per conseguire questa bellezza e non cascare in quella infelice rovina, non temettero il fuoco, né le fiere, i rasoi, i tormenti, le carceri, le ignominie, le pene, i dolori, né la medesima morte, né il prolungato e continuo patire; infatti, tutto questo è meno, pesa meno e vale meno che un solo grado di grazia, per conseguire il quale non si deve tenere conto di tutto il resto. Un'anima può avere questo e molti altri gradi, benché sia la più abbandonata del mondo. Non conoscono ciò gli uomini che stimano e bramano solamente la fuggitiva ed apparente bellezza delle creature e ritengono vile e spregevole colui che non ne ha.

230. Da questo conoscerai alquanto il grande beneficio che il Verbo incarnato fece al suo precursore Giovanni nel grembo di sua madre; egli lo conobbe e questo lo fece esultare di gioia. Conoscerai similmente quanto devi fare e patire per ottenere questa felicità, per non perdere né macchiare una così stimabile bellezza con colpa alcuna, per leggera che sia, e per non ritardarla con nessuna imperfezione. Voglio, inoltre, che tu, ad imitazione di quello che io feci con Elisabetta mia cugina, non accetti né stringa amicizia con creature umane e tratti solamente con coloro con i quali puoi e devi parlare delle opere dell'Altissimo e dei suoi misteri e con chi ti può insegnare il cammino vero del suo divino beneplacito. Anche se avessi grandi impegni e preoccupazioni, non devi dimenticare né lasciare le tue devozioni e l'ordine della vita perfetta; infatti, questo non si deve conservare ed osservare solo quando ci è comodo, ma anche nelle maggiori contraddizioni, difficoltà ed occupazioni, perché alla natura imperfetta basta poco per rilassarsi.


36-32 Ottobre 2, 1938 E’ decreto divino che il regno della Divina Volontà deve venire sulla terra. La Regina Celeste piange e prega. La Divina Volontà è come la linfa alle piante.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Sono sempre nel Voler Divino, sebbene tra amarezze indicibili, come se volessero rendere torbido il suo stesso mare, ma questo mare del Fiat forma le sue onde, mi copre, mi nasconde dentro, mi raddolcisce le amarezze, mi ridona la forza e mi fa continuare la via nella sua Volontà. La sua Potenza è tanta, che mi riduce nel nulla le mie amarezze, e mi fa risorgere da dentro di esse la sua Vita piena di dolcezza, tutta bella e maestosa; ed io l’adoro, la ringrazio, la prego che non mi lasci mai sola e abbandonata. Onde il mio dolce Gesú, ripetendomi la sua visitina, mi ha detto:

(2) “Figlia mia buona, coraggio, se tu ti abbatti perderai la forza di vivere sempre nel mio Volere, né ti dar pensiero di ciò che dicono e fanno, tutta la nostra vittoria è che non ci possono impedire di fare quello che vogliamo; quindi Io posso parlarti del mio Volere Divino, e tu puoi ascoltarmi, nessuna potenza ce lo può impedire. Ciò che Io ti dico sul mio Volere non è altro che lo svolgimento del nostro decreto, fatto ab eterno nel concistoro della nostra Trinità Sacrosanta, che Esso deve tenere il suo regno sulla terra; ed i nostri decreti sono infallibili, nessuno ce li può impedire che non vengano effettuati. Come fu decreto la Creazione, la Redenzione, così è decreto nostro il regno della nostra Volontà sulla terra, quindi, per compiere questo nostro decreto, Io dovevo manifestare i beni che ci sono in esso, le sue qualità, le sue bellezze e meraviglie. Ecco la necessità per cui Io dovevo parlarti tanto, per poter compiere questo decreto. Figlia, per giungere a ciò, Io volevo vincere l’uomo a via d’amore, ma la perfidia umana me lo impedisce, perciò userò la Giustizia, spazzerò la terra, toglierò tutte le creature nocive, che come piante velenose avvelenano le piante innocenti. Quando avrò tutto purificato, le mie verità troveranno la via per dare ai superstiti la Vita, il balsamo, la pace che esse contengono, e tutti la riceveranno, le daranno il bacio di pace, e a confusione di chi non la ha creduto, anzi condannato, regnerà, e avrò il mio regno sulla terra: Che la mia Volontà si faccia come in Cielo così in terra. Perciò ti ripeto: Non ci spostiamo in nulla, facciamo la via nostra e canteremo vittoria, e loro facciano la via loro, in cui troveranno confusione e vergogna di loro stessi. Succederà di loro come ai ciechi che non credono alla luce del sole perché loro non la vedono, loro resteranno nella loro cecità, e quelli che la vedono e credono godranno, sfoggeranno nei beni della luce con sommo loro contento”.

(3) Gesú ha fatto silenzio, e la mia povera mente è restata funestata dai tanti mali raccapriccianti di cui è investita e sarà investita la terra. In questo mentre si faceva vedere la Sovrana Regina con gli occhi rossi e come insanguinati dal tanto pianto che aveva fatto; ma che stretta al cuore nel veder piangere la mia Mamma Celeste, e col suo accento materno, con una tenerezza indicibile, piangendo mi ha detto: “Figlia mia carissima, prega insieme con Me. Come mi duole il cuore nel vedere i flagelli in cui sarà ravvolta l’umanità intera. La volubilità dei capi, oggi dicono e domani disdicono, getterà i popoli in un mare di dolori, e anche di sangue; poveri figli miei; prega figlia mia, non mi lasciare sola nel mio dolore; che il tutto avvenga per il trionfo del regno della Divina Volontà”.

(4) Onde seguivo la Divina Volontà nei suoi atti, tutta abbandonandomi nelle sue braccia, ed il mio dolce Gesú ha ripreso a dire:

(5)Figlia mia, come la creatura entra nella nostra Volontà per farla sua, essa fa sua la nostra e Noi facciamo nostra la sua; ed in tutto ciò che fa, se ama, se adora, se opera, se soffre, se prega, il nostro Volere forma il germe divino negli atti suoi, ed oh! come cresce bella, fresca, santa. La nostra Volontà è come la linfa alle piante, se c’è la linfa, le piante crescono belle, sono verdi, folte di foglie, e producono frutti maturi, pingui e saporiti; se invece incomincia a mancare la linfa, la povera pianta perde il verde, le foglie cadono, non ha virtù di produrre i suoi bei frutti, e finisce col seccare, perché la linfa è come l’anima della pianta, come gli umori vitali che sostengono e fanno fiorire la pianta. Tale è l’anima senza della mia Volontà, perde il principio, la vita, l’anima del bene, perde la vegetazione, la freschezza, il vigore, si scolorisce, si abbrutisce, si debilita, e finisce col perdere il seme del bene. Se tu sapessi quanto mi fa compassione un’anima che vive senza della mia Volontà, potrei chiamarla “le mie scene dolorose della Creazione”. Io, che tutte le cose creai con tale bellezza ed armonia, sono costretto dall’ingratitudine umana a vedere le mie più belle creature che creai, povere, deboli, coperte di piaghe da far pietà. Eppure la mia Volontà sta a disposizione di tutti, non si nega a nessuno; solo chi la respinge, chi ingrato non la vuol ricevere, volontariamente si priva di Essa con sommo nostro dolore”.